Capitolo Vii
Capitolo Vii
I VINCOLI PRECONTRATTUALI
Sommario: 1. I negozi preparatori: classificazioni. – 1.1. Efficacia dei vincoli precontrattuali. – 2. La proposta irrevocabile. – 3. Il patto di opzione. – 4. La prelazione. – 5. Il contratto preliminare: nozioni introduttive e natura giuridica. – 5.1. Esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e poteri di intervento del giudice. – 5.2. Contratto preliminare ad effetti anticipati. – 5.3.Trascrizione. – 6. Il contratto normativo.
1. I negozi preparatori: classificazioni
A volte nel corso delle trattative si inseriscono negozi giuridici preparatori (c.d. “vincoli precontrattuali”) con cui le parti assumono impegni o, in qualche misura, obblighi in relazione ad una futura stipulazione contrattuale.
Tali negozi costituiscono veri e propri limiti convenzionali all’autonomia nego- ziale, variamente incidenti sull’esplicazione della stessa.
Sotto il profilo funzionale, sono individuabili tre tipologie di vincoli precontrattuali:
1) in primo luogo, vengono in rilievo vincoli diretti a rendere irrevocabile la proposta, privando il soggetto proponente del diritto di revocarla fino al momento in cui venga portata a sua conoscenza l’accettazione dell’oblato. Rientrano in quest’ambito la proposta irre- vocabile di cui all’art. 1329 c.c. e l’opzione, con la quale viene attribuito ad una delle parti il diritto potestativo di concludere il contratto (art. 1331 c.c.);
2) un’altra categoria di negozi preparatori è rappresentata dai vincoli incidenti sulla libertà di decidere l’an della stipulazione: si pensi al contratto preliminare;
3) vi sono, infine, xxxxxxx precontrattuali che incidono sulla libertà di scelta della controparte, quale, ad es., il patto di prelazione, con cui un soggetto (c.d. “promittente”) si obbliga nei confronti di un altro (c.d.“prelazionario”) ad attribuirgli preferenza, a parità di condizio- ni, rispetto ad altri eventuali interlocutori, nella stipulazione di un contratto, se e quando deciderà di contrarre.
1.1. Efficacia dei vincoli precontrattuali
In dottrina e giurisprudenza si è posta la questione dei rimedi esperibili dal titolare del diritto nascente da un vincolo prenegoziale, laddove la controparte, violando quest’ultimo, stipuli un contratto con un terzo.
Secondo l’orientamento tuttora prevalente, detti vincoli hanno rilevanza esclusiva- mente inter partes, con la conseguenza che il contratto stipulato con il terzo, in violazione
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degli stessi, è valido ed efficace, fatto salvo il diritto al risarcimento del danno della parte lesa. Trattasi quindi di vincoli ad efficacia obbligatoria e privi di effetti reali a danno di terzi.
Il maggior ostacolo all’opponibilità di tali vincoli precontrattuali nei confronti dei terzi è rappresentato dalla non trascrivibilità degli stessi.
Con riferimento alla natura della responsabilità del soggetto vincolato:
a) secondo taluno si tratta di responsabilità precontrattuale rispetto al contratto finale che le parti intendevano concludere;
b) secondo altri (tesi preferibile) si è in presenza di una responsabilità contrattuale, venendo in rilievo non un generico comportamento scorretto nella fase delle trattative, ma la violazione di un vincolo negoziale.
Nei confronti del terzo che abbia cooperato dolosamente all’inadempimento della par- te vincolata è esperibile, invece, l’azione di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.
2. La proposta irrevocabile
Nel novero dei vincoli precontrattuali è generalmente ricondotta anche la proposta irrevocabile, espressamente prevista dall’art. 1329 c.c. che ha risolto in positivo una disputa dottrinaria sorta sotto la vigenza del Codice civile del 1865 in ordine all’ammissibilità di una proposta contrattuale accompagnata da una dichiarazione di irrevocabilità.
Ai sensi dell’art. 1329 c.c., se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto. In tal caso, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell’affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
Tale istituto presenta un’evidente utilità. Il destinatario di una siffatta proposta fruisce, infatti, di un lasso di tempo entro il quale decidere se concludere o meno l’affare, nella certezza che, medio tempore, il proponente non modificherà i termini della proposta stessa.
Laddove il proponente non rispetti il suddetto vincolo e stipuli il contratto con un sog- getto diverso dall’oblato, la sua condotta integrerà inadempimento dell’obbligo assunto ed egli dovrà, pertanto, rispondere dei danni cagionati al destinatario della proposta.
3. Il patto di opzione
L’opzione è il contratto mediante il quale una parte (c.d.“concedente”) si vincola a mantenere ferma la propria dichiarazione di volontà per un certo periodo di tempo, attribuendo all’altra la facoltà di accettarla o meno.
Spesso nella realtà degli affari, l’opzione si inserisce in una trama negoziale articolata, quale clausola di un altro contratto: si pensi ad un contratto di leasing in cui si preveda il pat- to di riscatto, ovvero un’opzione di acquisto a favore dell’utilizzatore del bene esercitabile al termine dell’operazione.
La figura dell’opzione compare per la prima volta nel Codice civile del 1942. In par- ticolare, l’art. 1331, co. 1, c.c. prevede che “quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’articolo 1329”. La citata disposizione non deve, però, trarre in inganno: opzione e proposta irrevocabile sono
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istituti distinti, e proprio muovendo da tale presupposto il legislatore si è limitato a sancire un’assimilazione dell’opzione alla proposta irrevocabile esclusivamente quoad effectum, essen- do entrambe caratterizzate dalla natura definitiva dell’impegno assunto da una delle parti.
La differenza principale tra le due figure investe il piano strutturale in quanto:
– la proposta irrevocabile è un negozio unilaterale, produttivo di un peculiare effetto;
– l’opzione è un contratto.
In realtà, l’opzione è tendenzialmente onerosa essendo in genere pattuito il paga- mento di una somma (c.d. “premio”) da parte dell’opzionario al concedente quale corri- spettivo per l’attribuzione del diritto potestativo di concludere entro un dato termine il contratto finale.
Quando, però, l’opzione è inserita quale clausola in una più ampia operazione con- trattuale, può accadere che essa abbia carattere gratuito. In tal caso, l’impegno assunto dal concedente è comunque sorretto da un interesse patrimonialmente rilevante, anche in assenza di una controprestazione in senso tecnico.
La presenza di un patto di opzione incide sulla procedura di formazione del contratto finale, il quale non si perfeziona secondo lo schema proposta-accettazione di cui all’art. 1326 c.c. Il patto di opzione, infatti, attribuisce, come si è visto, all’opzionario il diritto potestativo di concludere il contratto, mentre il concedente resta in una posizio- ne di soggezione, dovendo, eventualmente, subire la conclusione del contratto finale ad iniziativa del solo opzionario.
È necessario, quindi, che il patto di opzione contenga l’intero regolamento di interessi relativo al rapporto finale che si intende costituire, in modo che l’op- zionario possa determinare il perfezionamento del contratto semplicemente esercitando il diritto potestativo di cui è titolare, senza necessità di ulteriori dichiarazioni del concedente.
Quanto detto finora consente di evidenziare il profondo divario esistente tra patto di opzione e contratto preliminare:
a) mediante il contratto preliminare le parti si impegnano a pervenire alla stipula di un suc- cessivo contratto;
b) tramite il patto di opzione una parte si vincola solo a mantenere ferma la propria dichia- razione per un certo tempo, lasciando libera l’altra di decidere se concludere o meno l’affare. In quest’ultimo caso, quindi, la stipula del contratto finale è sostanzialmente incerta, essendo rimessa alla libertà di scelta dell’opzionario.
Inoltre, sotto il profilo procedimentale, il preliminare deve essere seguito da una rinnovata manifestazione di volontà negoziale di ambo le parti; laddove, però, una di esse opponga un rifiuto, l’altra potrà, comunque, ricorrere al rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre. A fronte, invece, di un patto di opzione, il contratto finale si per- feziona per effetto del mero esercizio del diritto potestativo da parte dell’opzionario, non essendo necessario alcun comportamento di collaborazione del concedente.
4. La prelazione
Il patto di prelazione è l’accordo con cui un soggetto (c.d. “promittente”) attribuisce ad un altro (c.d.“prelazionario”) il diritto ad essere preferito rispetto a terzi, a parità di condizioni, ove decida di concludere un determinato contrat- to. Si tratta, dunque, di un negozio preparatorio da cui deriva un vincolo meno intenso
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rispetto a quello generato dal patto di opzione o dal contratto preliminare. Le parti, infatti, restano libere di stipulare o meno il contratto, e non assumono alcun impegno relativamente al contenuto del medesimo. L’intervento di un patto di prelazione, quindi, non limita l’au- tonomia negoziale in ordine all’an ed al quomodo del contratto, ma solo sul piano della scelta del contraente, a parità di condizioni.
Più precisamente, da tale patto nascono due diversi obblighi in capo al promittente:
1) l’obbligo (positivo) di rendere nota al prelazionario l’intenzione di concludere il contrat- to a determinate condizioni;
2) l’obbligo (negativo) di astenersi dallo stipulare il contratto con soggetti diversi dal pre- lazionario, senza averlo previamente informato oppure senza attenderne la risposta nel termine all’uopo stabilito.
Dunque, il promittente deve, innanzitutto, mettere il prelazionario in condizione di poter esercitare il suo diritto: ciò avviene mediante la c.d.“denuntiatio”, ovvero la comuni- cazione del proposito di addivenire alla stipula del contratto alle condizioni offerte da terzi o fissate dallo stesso promittente.
Il patto di prelazione non è trascrivibile e non è opponibile ai terzi. Dunque, qualora il promittente concluda un contratto con un terzo omettendo la denuntiatio o in pendenza della stessa, il prelazionario avrà solo diritto al risarcimento del danno a titolo contrattuale nei confronti del promittente. Sotto il profilo del quantum il danno risarcibile viene commisurato al vantaggio patrimoniale che il prelazionario avrebbe conseguito, ove fosse stato preferito al terzo. All’entità così determinata, dovrà poi essere detratta una per- centuale in relazione alle maggiori o minori probabilità di esercizio del diritto da parte del prelazionario ove fosse stato tempestivamente informato.
Il prelazionario sarà, poi, legittimato ad agire ai sensi dell’art. 2043 c.c. anche nei con- fronti del terzo, laddove quest’ultimo sia consapevole dell’esistenza della prelazione.
Posto che dal patto di prelazione non deriva un obbligo di contrarre non sarà, invece, esperibile il rimedio di cui all’art. 2932 c.c.
È, infine, opportuno rilevare che la prelazione, oltre che volontaria, può essere anche le- xxxx.Xx sono, infatti, alcune norme di legge che riconoscono a determinati soggetti il diritto di essere preferiti ad altri nella stipula di un contratto, a parità di condizioni.
Le prelazioni legali sono disposte a tutela di vari interessi ritenuti prevalenti rispetto all’interesse alla libera scelta della controparte. Si pensi:
a) alla prelazione ereditaria (c.d.“retratto successorio” di cui all’art. 732 c.c.);
b) alla prelazione prevista a favore del conduttore di immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell’immobile medesimo (art. 38, L. 392/1978);
c) alla prelazione spettante a coloro che partecipano all’impresa familiare in caso di divisio- ne ereditaria o trasferimento dell’azienda (art. 230-bis c.c.);
d) alle prelazioni sancite in materia di contratti agrari (art. 8, L. 590/1965).
5. Il contratto preliminare: nozioni introduttive e natura giuridica
Il contratto preliminare è un vincolo negoziale preparatorio, incidente sulla libertà di contrarre. Con esso una sola parte (c.d.“preliminare unilaterale”) o entrambe (c.d.“preliminare bilaterale”) si impegnano a stipulare un successivo
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contratto (c.d. “definitivo”), il cui contenuto è determinato nel preliminare stesso.
I referenti normativi presenti già nella versione originaria del Codice sono:
a) l’art. 1351 c.c. che si limita a disporre che il preliminare abbia la stessa forma del defini- tivo;
b) l’art. 2932 c.c. che prevede il rimedio giudiziale dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto,“qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo”;
c) l’art. 2652, n. 2) c.c. che prevede la trascrizione della domanda diretta ad ottenere l’e- secuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, con funzione prenotativa rispetto alla trascrizione della sentenza.
Il D.L. 669/1996 (convertito dalla L. 30/1997) ha, poi, introdotto nell’impianto codi- cistico:
– l’art. 2645-bis c.c. che contempla la trascrivibilità di alcune specifiche tipologie di contratti preliminari, tassativamente indicate;
– l’art. 2775-bis c.c. che riconosce al promissario acquirente un privilegio speciale sul bene immobile oggetto del preliminare, nel caso di mancata esecuzione del preli- minare trascritto;
– l’art. 2825-bis x.x. xx xxxxxxx xx xxxxxxx xxx xxxx xxxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxx.
Infine, è da segnalare l’intervento legislativo (D.Lgs. 122/2005) concernente il preli- minare di vendita avente ad oggetto immobili da costruire, ispirato dall’avvertita esigenza di tutelare il promissario acquirente dal rischio di insolvenza del costruttore a causa del verificarsi di una delle situazioni di crisi normativamente predeterminate.
Il preliminare è il più intenso tra i vincoli prenegoziali ed ha la funzione di vin- colare le parti o almeno una di esse, a dare forma definitiva ad un assetto di interessi sui cui termini essenziali le parti si trovano già d’accordo ma la cui concreta operatività intendono differire nel tempo (Di majo).
Le ragioni pratiche per cui si ricorre al contratto preliminare possono essere le più varie:
a) l’indisponibilità dell’intera somma da corrispondere;
b) l’opportunità di svolgere accertamenti tecnici sul bene allo scopo di verificare lo stato in cui si trova e l’eventuale presenza di vizi;
c) la necessità di effettuare adeguate indagini all’interno dei registri immobiliari;
d) l’esigenza di integrare la documentazione riguardante il bene compravenduto.
Il contratto preliminare rileva, però, soprattutto quale strumento di controllo delle sopravvenienze.
Tendenzialmente, qualsiasi rapporto contrattuale è compatibile con la stipula di un con- tratto preliminare: l’unico caso per il quale è controversa l’ammissibilità stessa del ricorso al preliminare è quello della donazione; secondo l’orientamento prevalente, infatti, l’assunzio- ne di un vincolo preparatorio sarebbe incompatibile con lo spirito di liberalità che anima tale contratto.
Dottrina e giurisprudenza, nel corso degli anni, si sono a lungo interrogate circa la na- tura giuridica del contratto preliminare;
1) secondo l’impostazione tradizionale il contratto preliminare è un negozio meramente preparatorio, da cui deriva solo un obbligo di facere, ovverosia l’obbligo di prestare il consenso alla stipula del contratto definitivo.
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2) nel 1985 una storica pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite ha inaugurato un nuovo orientamento sul tema della natura giuridica del preliminare, facendolo assur- xxxx da promessa di consensi (pactum de contrahendo) a promessa di prestazioni (pactum de dando). Dunque, con specifico riguardo al preliminare di vendita, si può affermare che esso è fonte per il promittente alienante di un’obbligazione primaria di dare, ovverosia di far acquistare al promissario acquirente la proprietà del bene promesso, e di un’obbli- gazione secondaria di facere strumentale all’adempimento della precedente, consistente nell’acconsentire alla conclusione del definitivo.Tale impostazione, tuttora prevalente in dottrina e giurisprudenza, assestandosi lungo una linea interpretativa mediana, imple- menta il contenuto del preliminare senza svilire l’essenza negoziale del definitivo (c.d. “teoria del doppio contratto”).
Nella prassi delle vendite immobiliari è ormai da tempo invalso il ricorso al cd. preliminare di preliminare, intendendosi, con tale espressione, un accordo, solitamente redatto sugli usuali formulari proposti dagli intermediari, con cui le parti si impegnano a concludere in futuro un contratto con effetti obbligatori che le vincola a stipulare successi- vamente il contratto definitivo.
La Suprema corte di Cassazione, intervenuta a Sezioni Unite, ha affermato che, in presenza di contrattazio- ne preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve pre- liminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l’accordo deno- minato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressi- va del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclu- sione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale (Cass. civ., sez. un. 6 marzo 2015, n. 4628):
5.1. Esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e poteri di intervento del giudice
Il legislatore del 1942 ha introdotto un peculiare rimedio azionabile dalla parte non inadempiente, qualora l’altra rifiuti di pervenire alla stipula del contratto definitivo.
Si tratta dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre (art. 2932 c.c.). Ov- viamente, la parte non inadempiente ha, comunque, la facoltà di scegliere (in virtù del prin- cipio generale ricavabile dall’art. 1453 c.c.) tra risoluzione del preliminare (e/o risarcimento del danno) da un lato, e azione ex art. 2932 c.c., dall’altro; ma, indubbiamente, non esiterà ad esercitare quest’ultima laddove abbia ancora interesse all’adempimento degli obblighi derivanti dal preliminare.
In particolare, ai sensi dell’art. 2932 c.c., “se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”.
Tale sentenza:
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a) ha natura costitutiva;
b) rappresenta il titolo in forza del quale il promissario acquirente diviene proprietario del bene;
c) è soggetta a trascrizione (art. 2643 n. 14 c.c.);
d) prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre.
Vi sono, tuttavia, casi in cui per il giudice è impossibile emettere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
In particolare, gli impedimenti possono essere di fatto o di diritto. Si pensi, rispet- tivamente, al perimento del bene oppure all’alienazione dello stesso a terzi con atto oppo- nibile e, dunque, laddove si tratti di immobile, debitamente e tempestivamente trascritto contro il promittente alienante prima della trascrizione della domanda di cui all’art. 2932 x.x. (xxx. 0000, x. 0, x.x.).
Xx xx xxxx xx xxxxxxxxxxx le parti si sono impegnate a concludere un definitivo avente per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda ex art. 2932 c.c. non può essere accolta se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile.
5.2. Contratto preliminare ad effetti anticipati
Spesso nella prassi della vendita immobiliare le parti in sede di preliminare si impegnano ad anticipare l’esecuzione delle prestazioni finali, fermo restando che l’effetto traslativo si produrrà solo al momento della stipula del contratto definitivo. In particolare, l’anticipazio- ne degli effetti può consistere nel pagamento (integrale o parziale) del prezzo e/o nella consegna dell’immobile:
– secondo parte della dottrina il c.d.“preliminare di vendita ad effetti anticipati” sarebbe qua- lificabile alla stregua di un contratto di vendita definitivo ad efficacia reale diffe- xxxx o ad efficacia obbligatoria. Se così fosse esso dovrebbe essere seguito da un atto traslativo, meramente solutorio dell’obbligazione di dare precedentemente assunta dal promittente venditore;
– secondo la giurisprudenza e la dottrina prevalenti, invece, il preliminare ad effetti anticipati costituisce una species del contratto preliminare c.d.“puro” o “sempli- ce”, dal quale si differenzierebbe solo sotto il profilo delle modalità temporali di esecu- zione delle prestazioni. Di conseguenza, quanto alla natura giuridica, anche il prelimi- nare ad effetti anticipati sarebbe un contratto preparatorio, caratterizzato da un’efficacia obbligatoria complessa, cui dovrebbe seguire la stipula di un contratto traslativo, sorretto non solo da una causa solutoria, ma anche da una causa autonoma connessa alla funzione di gestione delle sopravvenienze assolta dal contratto preliminare.
5.3.Trascrizione
Il D.L. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito in L. 28 febbraio 1997 n. 30, intervenendo sull’impianto codicistico, ha ammesso nel nostro ordinamento la trascrivibilità dei
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contratti preliminari. Più precisamente, il legislatore non ha riconosciuto in via genera- lizzata alle parti la facoltà di trascrivere qualsiasi contratto preliminare dalle stesse stipulato, ma ha introdotto un vero e proprio obbligo di trascrizione per determinati contratti preli- minari, aventi specifici requisiti formali.
In particolare, l’art. 2645-bis c.c. dispone che “devono essere trascritti” i contratti prelimina- ri aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai nn. 1), 2), 3) e 4) dell’art. 2643 c.c., anche se sottoposti a condizione o relativi ad edifici da costruire o in corso di costruzione, e sempre che risultino da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.
6. Il contratto normativo
Il contratto normativo è un accordo mediante il quale le parti determinano preventivamente il contenuto di uno o più contratti che eventualmente stipule- ranno in futuro, senza impegnarsi alla conclusione dei medesimi.
In particolare, l’accordo può concernere:
– xxxxxxx xxxxxxxx (c.d.“contratto normativo” in senso stretto);
– l’intero regolamento negoziale (c.d.“contratto-tipo”).
Si tratta, dunque, di un vincolo preparatorio, incidente solo sulla libertà di stabilire il quomodo della contrattazione. È, dunque, evidente la differenza rispetto al contratto preliminare, dal quale, invece, deriva in capo alle parti l’obbligo di addivenire alla conclu- sione di un successivo contratto, avente un programma prestazionale da esse già prefissato.
Il regolamento di interessi predisposto nel contratto normativo si intende inserito nel contratto finale, senza che sia necessaria una apposita dichiarazione di volontà in tal senso e sempre che le parti non convengano, in sede di stipula, di introdurre clausole contrastanti.
La stipula di un contratto avente contenuto difforme rispetto a quello programmato nel contratto normativo è priva di conseguenze giuridiche, in quanto dovrà ritenersi che le parti abbiano voluto tacitamente estinguere il negozio preparatorio.
Xxxxxxx, invece, un solo contraente si rifiuti di contrarre alle condizioni pattiziamente prefissate, l’altro potrà avvalersi del rimedio risarcitorio. Nonostante sotto il profilo cro- nologico la condotta illecita sia antecedente rispetto alla conclusione del contratto finale, non appare condivisibile l’impostazione secondo cui essa genera responsabilità precontrat- tuale ai sensi dell’art. 1337 c.c.
Acclarata la natura contrattuale dell’accordo normativo, il mancato rispetto dello stesso integra, infatti, di per sé inadempimento, con la conseguenza che la parte interessata alla stipula di un contratto finale avente il contenuto ivi pattuito è legittimata ad agire ex art. 1218 c.c. nei confronti dell’altra. Posto che il contratto normativo non genera alcun obbligo di contrarre non sarà, invece, mai esperibile l’azione di cui all’art. 2932 c.c.