DELIBERA N. 11/09/CIR
DELIBERA N. 11/09/CIR
Definizione della controversia Eros / H3G S.p.A. L’AUTORITA’
NELLE riunioni della Commissione per le infrastrutture e le reti del 19 febbraio 2009 e del 14 maggio 2009;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”, in particolare l’articolo 1, comma 6, lettera a), n.14;
VISTA la legge 14 novembre 1995, n. 481, “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”;
VISTO l’articolo 84 del decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”;
VISTA la delibera n.173/07/CONS “Adozione del regolamento per la risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di telecomunicazioni e utenti” e successive modificazioni e integrazioni;
VISTO il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, approvato con delibera n. 316/02/CONS del 9 ottobre 2002, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTA l’istanza del 9.01.2008 (acquisita al Prot. n. 864/08) con la quale il sig. XXX ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la definizione della controversia in essere con la società H3G S.p.A.;
VISTA la nota del 25.02.2008 (Prot. n. 10256/08) con la quale la Direzione tutela dei consumatori ha comunicato alle parti, ai sensi dell’articolo 15 del citato regolamento, l’avvio di un procedimento istruttorio finalizzato alla definizione della controversia, invitando le parti stesse a presentarsi all’udienza di discussione del 1°.04.2008, poi anticipata al 31.03.2008 con nota Prot. 14896 del 17.03.2008;
VISTA la documentazione aggiuntiva trasmessa dall’utente acquisita con Prot. 17258 del 28.03.2008;
UDITE entrambe le parti nell’udienza del 31.03.2008;
VISTA la memoria trasmessa dalla società H3G S.p.A., acquisita con Prot. 26305 del 2.05.2008;
VISTE le memorie trasmesse dall’utente, acquisite, rispettivamente, con Prot. 31032 e Prot. 31037 del 26.05.2008;
VISTA la richiesta istruttoria formulata con nota Prot. 30088 del 21.05.2008 dal responsabile del procedimento ai sensi dell’art. 18, comma 2, del regolamento adottato con delibera 173/07/CONS;
PRESO ATTO del riscontro fornito da entrambe le parti e, precisamente, delle memorie trasmesse dall’utente acquisite ai Protocolli 33096 del 4.06.2008, 45750 del 24.07.2008, 48996 del 31.07.2008 e 67093 del 23.10.2008 e dalla società H3G S.p.A.
acquisite ai Protocolli 43842 del 17.07.2008, 50692 del 7.08.2008, 51130 del 12.08.2008 e
70592 del 7.11.2008;
CONSIDERATO quanto segue:
1. Oggetto della controversia e svolgimento istruttorio
Il sig. XXX, titolare di 7 utenze con la società H3G S.p.A. (YYY, YYY, YYY, YYY, YYY, YYY e YYY) ha lamentato, in sintesi, il mancato rispetto della normativa di settore da parte del gestore sia in occasione della famosa rimodulazione tariffaria di svariate offerte commerciali, annunciata da luglio 2007 e divenuta efficace il 1°.09.2007, che ha investito tutte le sue utenze, sia nella successiva operazione di “messa in scadenza” del credito da autoricarica per il piano SuperTuaPiù (che ha investito due delle sue utenze), annunciata con un SMS del 5.10.2007 che avvisava gli utenti che il credito da autoricarica maturato fino a tutto il 2006 sarebbe scaduto il 31.12.2007.
Sulla questione della rimodulazione dei piani tariffari dell’estate 2007, in particolare, l’utente – approfondendo quanto già espresso nel reclamo inviato direttamente alla società H3G in data 10.10.2008 – ha contestato l’operazione in sé e le modalità informative utilizzate dal gestore, che gli avrebbero in pratica impedito di valutare in maniera consapevole la facoltà di recesso dai contratti (l’utente ha richiamato varie fonti normative, tra cui le delibere 7/02/CIR e 9/06/CIR, l’art. 70, comma 4, del Codice delle comunicazioni elettroniche, CCE, la disciplina in tema di clausole vessatorie nei contratti del consumatore e la cosiddetta legge Bersani n. 40/2007).
Sul punto, nelle conclusioni, l’utente ha chiesto il ripristino dei vecchi piani tariffari e, stante la mancata risposta al reclamo inviato, la corresponsione di un indennizzo che ha quantificato in euro 1.000 per ognuna delle USIM di cui è titolare (per un totale di euro 7.000 per 7 USIM).
Con riguardo, invece, alla questione della scadenza dell’autoricarica maturata fino al 2006 nel piano SuperTuaPiù, l’utente – in maniera articolata – ha lamentato innanzitutto il mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 70, comma 4, CCE, nonché la illegittimità di una modifica retroattiva delle condizioni economiche del contratto (poiché l’autoricarica originariamente non aveva scadenza). Inoltre lo stesso ha ritenuto la violazione delle norme di cui alla delibera 7/02/CIR e il ritardo nell’adeguamento della contrattualistica alla legge Bersani, per non avere H3G S.p.A. differenziato nel corso del rapporto gli importi di credito “acquistati” tramite ricarica da quelli invece maturati con meccanismi di autoricarica.
Dalla mancata differenziazione degli importi deriverebbe, nella ricostruzione dell’utente, l’equiparazione tra le due tipologie di credito, con la conseguenza che – viste le disposizioni della legge Bersani in tema di restituzione e portabilità del credito residuo “acquistato” – anche il credito da autoricarica sarebbe monetizzabile o portabile fra gli operatori.
Su questa linea l’utente ha formulato le proprie domande, chiedendo, oltre alla restituzione monetaria del credito messo a scadenza, un rimborso “a titolo di risarcimento” pari al 25% o più del suo importo, allo scopo indicando che sulle sue utenze, alla data del 31.12.2007, l’importo totale dell’autoricarica scaduta è stato pari a euro 18.625,00, così suddiviso:
▪ utenza n. YYY: scaduti euro 10.757,00 (residui euro 3.136,26, in quanto maturati successivamente al 2006);
▪ utenza n. YYY: scaduti euro 7.868,00 (residui euro 2.487,61).
Sulla rimodulazione dei piani tariffari, la società H3G ha contestato le argomentazioni dell’utente, confermando la bontà del proprio operato ai sensi dell’art. 70, comma 4, CCE e ricordando l’archiviazione di alcuni procedimenti sanzionatori “per insussistenza della violazione” deliberata dall’Autorità in occasione delle medesime rimodulazioni tariffarie dell’estate 2007 per cui l’utente oggi ha lamentato la violazione delle norme di settore (delibera 649/07/CONS).
Riguardo alla doglianza sulla mancata risposta al reclamo ricevuto in occasione delle predette rimodulazioni, inoltre, H3G ha depositato un fax datato 31.10.2007 inviato presso l’associazione Movimento dei Consumatori che rappresentava l’utente per il tentativo obbligatorio di conciliazione. Il delegato dell’Associazione, presente in udienza, ne ha però contestato la ricezione ed il gestore non è stato in grado di fornire la prova della spedizione.
Con riferimento alla operazione di scadenza del credito, invece, nelle prime memorie H3G – dopo aver illustrato le motivazioni che avevano indotto la società a far scadere importi
elevati di credito da autoricarica maturati fino all’anno 2006 da alcuni clienti – ha allegato due tabelle riassuntive delle somme maturate mensilmente dal sig. XXX nel corso del rapporto, alcune delle quali erano di alcune migliaia di euro (anche oltre 7.500 euro).
E’ stato allora disposto un approfondimento istruttorio ai sensi dell’art. 18, comma 2, del Regolamento, per richiedere ad entrambe le parti spiegazioni sulle modalità per maturare importi simili di autoricarica tramite i (soli) servizi offerti dal gestore H3G e alla luce di quanto disposto dagli articoli 11 (Modalità di prestazione dei servizi) e 12 (Modalità di fruizione dei servizi) delle Condizioni Generali di Contratto (ove, ad esempio, è previsto un divieto di utilizzo “per scopo di lucro, anche indiretto”, cfr. art. 12, comma 3).
Entrambe le parti hanno fornito riscontro con varie memorie. L’utente tra l’altro si è opposto all’utilizzo delle tabelle riportanti gli importi di credito autoricaricato, richiamando la disciplina di cui all’art. 123, comma 2, del D.lgs. 196/2003, cosiddetto Codice della privacy. Al riguardo è opportuno precisare sin d’ora che tali importi non rientrano nella specifica definizione di dati di traffico fornita dal predetto Codice.
2. Valutazioni
Le due doglianze oggetto dell’istanza di definizione della controversia (rimodulazione di alcuni piani tariffari dell’estate 2007 e scadenza del credito da autoricarica sul piano SuperTuaPiù dell’ottobre 2007), che l’utente ritiene essere espressione di un’unica volontà del gestore di modificare regimi contrattuali molto favorevoli per gli utenti, meritano in realtà una trattazione distinta.
Dagli esiti dell’istruttoria è infatti emerso che mentre la rimodulazione di vari piani tariffari ha interessato la totalità dei loro sottoscrittori, rientrando dunque nell’ambito della disciplina delle modifiche alle condizioni contrattuali di cui all’art. 70, comma 4, CCE, l’operazione della messa in scadenza di una parte dell’autoricarica maturata con il piano SuperTuaPiù ha, invece, riguardato una percentuale marginale del numero di sottoscrittori di detto piano e, pur avendo in sostanza integrato una modifica delle condizioni del piano, è più che altro da ricondurre alla disciplina contrattuale ed alla esecuzione del singolo rapporto utente/gestore.
Per quanto riguarda il primo punto (rimodulazione delle offerte commerciali), è noto che la facoltà del gestore telefonico di apportare modifiche alle condizioni contrattuali è sancita dall’art. 70, comma 4, CCE e, tra l’altro, sui relativi adempimenti nella specifica vicenda relativa alle rimodulazioni tariffarie dell’estate 2007, l’Autorità è già intervenuta con la delibera 649/07/CONS, di archiviazione “per insussistenza della violazione” dell’articolo citato. Ne consegue che la domanda dell’utente al riguardo, volta al ripristino del vecchio piano tariffario, non può trovare accoglimento.
Tuttavia, in qualsiasi momento del rapporto contrattuale (e, quindi, anche in quello della riscrittura di piani tariffari), se un utente – ancorché informato delle variazioni ai sensi dell’art. 70, comma 4, CCE – decide di rivolgersi all’operatore tramite reclamo per richiedere precisi e dettagliati chiarimenti sul suo singolo caso, contestando peraltro le modifiche per svariate motivazioni, la pratica va gestita secondo la normale procedura.
Rileva allora il disposto degli artt. 8, comma 4, e 11, comma 2, della delibera 179/03/CSP (nonché dell’art. 25, commi 1 e 2, delle CGC), secondo cui la risposta al reclamo deve essere motivata e fornita entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta, in forma scritta nei casi di rigetto. Ne consegue che il sig. XXX ha diritto ad un indennizzo per la mancata risposta ricevuta, che è equo calcolare una sola volta, sia perché fra le parti vi furono comunque contatti perlomeno telefonici per l’attivazione di varie nuove opzioni sulle utenze rimodulate, sia perché la mancanza di ascolto, di dialogo e contraddittorio con il gestore, che fonda il diritto all’indennizzo da mancata risposta al reclamo (in quanto è inadempimento contrattuale), fu unica poiché unico fu il fatto-reclamo.
Lo stesso utente XXX ritenne invero di inoltrare una sola missiva per tutte le utenze, così agendo in applicazione di un principio generale di correttezza e di buona fede che consiste nel non frazionare o parcellizzare le domande, in modo da non aggravare il debitore per ottenere più di quanto si dovrebbe (cfr. Cass. n. 15476 dell’11.06.2008). Non vi è spazio, dunque, per imporre oggi al gestore di riparare per 7 volte quell’unica mancanza che, peraltro, avrebbe potuto essere evitata con l’invio di una sola lettera di risposta.
Il parametro da utilizzare per il calcolo è quello ordinario della Carta dei Servizi di H3G S.p.A. (6 euro pro die), da moltiplicare per 89 giorni intercorrenti tra il 30 settembre 2007 compreso (scaduti i 45 giorni utili per fornire risposta scritta al reclamo ricevuto il 16 agosto 2007) e il 27 dicembre 2007, data dell’udienza di conciliazione, che è di riferimento in quanto nel corso della stessa l’utente poté infine interloquire con H3G S.p.A. sul suo specifico caso.
La doglianza dell’utente relativa alla scadenza dell’autoricarica maturata fino all’anno 2006 (per un totale di euro 18.625,00 su due utenze) è invece più complessa, perché H3G
S.p.A ha precisato di aver previsto la scadenza a causa, in sostanza, della maturazione di somme notevolmente ingenti da parte del cliente, che non solo sembravano derivare da un utilizzo non normale dell’utenza telefonica in contrasto con il divieto contrattuale di uso dei servizi a scopo lucro, ma che, tra l’altro, non venivano riutilizzate, con la conseguenza di essere accumulate ed aumentate nel tempo, tant’è che, effettivamente, gli importi poi scaduti sono risultati di migliaia di euro.
A riprova di quanto affermato, il gestore, nel fornire le tabelle degli importi mensilmente maturati per autoricarica dal sig. XXX, ha fatto notare come, ad esempio, secondo le logiche applicate (10 centesimi per ogni minuto di traffico entrante da altri operatori e 4 centesimi per ogni SMS ricevuto off net), nel mese di agosto 2006 l’autoricarica
corrispondesse, in pratica, quasi al doppio dell’importo che l’utente avrebbe potuto maturare se fosse stato in ricezione per 24 ore su 24 per i 31 giorni del mese.
Sul punto l’utente ha replicato che H3G S.p.A. prosegue oggi nell’offrire sul mercato piani tariffari con logiche di autoricarica i cui limiti e tetti massimi, pur se adesso previsti (diversamente dall’originaria formula del piano SuperTuaPiù), teoricamente ancora permettono di accumulare nel tempo importi decisamente elevati di autoricarica: si veda, ad esempio, il piano Super 7, con tetto massimo mensile di euro 5.000 e validità del credito fino al 31.12.2011 (o lo stesso piano SuperTuaPiù dopo la rimodulazione).
L’utente dunque ha affermato che “un gestore che fissa contrattualmente un tetto di autoricarica mensile in 100.000 minuti (i.e. 5.000 euro a 5 centesimi al minuto di traffico ricevuto nell’offerta del piano Super 7), non può certamente accusare un cliente di violazione del contratto”.
Stanti le reciproche affermazioni delle parti può affermarsi che l’esame della questione relativa alla scadenza dell’autoricarica sottende quantomeno la valutazione di tre distinti profili, riguardanti: a) la legittimità dell’operazione effettuata dal gestore, che ha posto un limite temporale (originariamente inesistente) all’autoricarica già maturata dall’utente; b) la conformità alle previsioni contrattuali dell’accumulo di ingenti somme di autoricarica da parte dell’utente; c) la possibilità di ottenere, in ipotesi, il riconoscimento del credito da autoricarica tramite monetizzazione o portabilità interoperatori.
Sul primo aspetto deve rilevarsi – in linea con quanto lamentato dal sig. XXX – che sebbene H3G S.p.A. abbia in pratica affermato di aver agito a causa della violazione del contratto da parte dell’utente, il gestore, per tutelarsi, ha utilizzato un’operazione che in realtà non era contemplata dal regolamento pattizio (l’art. 22 CGC consente infatti la modifica delle condizioni del piano soltanto per ragioni organizzative di carattere generale) e peraltro senza chiarire al cliente i reali motivi della innovazione sull’autoricarica (mentre, ancora secondo l’articolo citato, avrebbe dovuto indicarne le “specifiche ragioni”).
Tramite quell’avviso, infatti, l’utente XXX non ha potuto comprendere la complessità delle contestazioni che gli venivano mosse, e di fatto è stato impedito un contraddittorio consapevole ed immediato fra le parti del rapporto, posticipandolo alla procedura di risoluzione della controversia.
La disciplina contrattuale, invece, prevedendo apposite forme di autotutela, avrebbe consentito all’operatore di disporre la sospensione dei servizi ovvero la risoluzione del contratto per usi anomali o a scopo di lucro, ai sensi dell’art. 18 e dell’art. 20 delle CGC. Pertanto, non può non essere rilevante, anche ai sensi dell’art. 1362 del Codice civile, che H3G S.p.A, pur potendolo, non ha attivato quelle clausole che le avrebbero permesso di tutelarsi per tempo senza far sorgere equivoci né aspettative di sorta rispetto ad un comportamento del cliente indubbiamente anomalo, che però era già oggettivamente riscontrabile da tempo.
Sotto altro profilo interpretativo, poi, si deve aggiungere che l’assenza originaria, nel piano SuperTuaPiù, di qualsivoglia tetto massimo o limite per l’autoricarica e la recente previsione di tetti di autoricarica (quali quelli di 5.000 euro con scadenza al 31.12.2011, richiamati dall’utente), che ancora permettono l’accumulo di somme rilevanti, rappresentano un indice della volontà originaria del gestore di consentire accumuli anche ingenti di credito da autoricarica.
Si deve quindi ritenere che il comportamento tenuto dal gestore in executivis, che avrebbe dovuto essere improntato a diligenza e perizia qualificate per evitare il verificarsi di situazioni quali quella qui in esame, è stato per contro lungamente connotato da inerzia, per poi manifestarsi con una soluzione che appare ingiustificata e sproporzionata, sia sotto il più immediato profilo contrattuale – che non contempla l’intervento effettuato – sia sul più generale piano del diritto vigente, che non consente ad una parte di imporre unilateralmente ed arbitrariamente una simile clausola nel corso dello svolgimento del rapporto.
Da ciò deriva che l’eccezione del gestore relativa all’uso anomalo rilevato non può trovare integrale accoglimento, poiché H3G S.p.A., dopo aver comunque tratto tutto il possibile vantaggio dallo svolgimento del rapporto, beneficiando del traffico generato dal cliente e lucrando, ovviamente, sotto il profilo dei prezzi di terminazione, con il disconoscimento dell’autoricarica ha mirato a riservare a sé tutti i vantaggi del contratto e a liberarsi di tutti i correlativi oneri (tra l’altro, considerato il preavviso di soli tre mesi, costringendo in pratica l’utente a rinunciare al credito).
Fermo quanto sopra, si deve comunque rilevare che neanche le argomentazioni del sig.
XXX sono pienamente condivisibili.
Se è vero, infatti, che le decisioni del gestore relative alle soglie di autoricarica, o ad altre offerte che invoglino al consumo, possono essere sindacate per valutare eventuali carenze di trasparenza nelle collegate condizioni sull’utilizzo tecnico/economico dei servizi, non può seriamente ritenersi che la mancanza di un tetto massimo di autoricarica mensile nella prima formula del piano tariffario SuperTuaPiù (cui XXX aderì nel 2005) equivalesse a legittimare qualsiasi forma di uso (o abuso) dell’utenza telefonica, a prescindere dalla naturale funzione economico-sociale del contratto, che consiste nello scambio tra un servizio di comunicazione interpersonale ed un corrispettivo, e non nell’autoricarica. Una simile affermazione, infatti, negherebbe in radice le regole basilari della società civile, in pratica presupponendo che l’assenza di un idoneo controllo legittimi qualsiasi comportamento.
Da ciò deriva anche l’ulteriore, evidente, considerazione che, in ogni caso, anche la previsione di un tetto in ipotesi elevato, per sua stessa definizione e natura, non implica affatto la necessità del suo costante raggiungimento da parte degli utenti in violazione delle più elementari regole di buona fede nella esecuzione del contratto, che impongono invece, come noto, un dovere di solidarietà reciproca, fondato sull'art. 2 della Costituzione, secondo cui ciascuna delle parti deve tenere un comportamento leale, che salvaguardi l’utilità altrui, senza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, a prescindere dall'esistenza di
specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da norme di legge (cfr. Cass. nn. 3462 del 15.02.2007, 23273 del 27.10.2006, 13345 del 7.06.2006).
Nel caso in esame, tra l’altro, l’utente XXX aveva anche aderito ad obblighi contrattuali che ponevano limiti espressi: l’art. 12, comma 3, delle Condizioni Generali applicabili, infatti, stabiliva che “Il cliente si impegna a non utilizzare o far utilizzare, direttamente o indirettamente, i servizi per scopo di lucro, anche indiretto”, mentre i successivi articoli 18 e 20 implicavano un divieto più generico di “ogni altro caso di uso improprio o illegittimo del servizio”, prevedendo la facoltà del gestore di sospendere o risolvere il contratto.
Pure il messaggio pubblicitario originariamente diffuso, tra l’altro, implicava chiaramente un uso bidirezionale dell’utenza, naturalmente anche solo potenziale. La locuzione “parlare praticamente gratis” utilizzata dal gestore, infatti, presupponeva con tutta evidenza un’attività di traffico in uscita, tant’è che la promessa di gratuità fu giudicata ingannevole dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (provvedimento n. 16010 del 27 settembre 2006, allegato dall’utente) anche perché vi erano una serie di oneri che riducevano “notevolmente la possibilità per il cliente di riuscire a compensare il costo del traffico in uscita con quello in entrata” (per esempio lo scatto alla risposta).
Non vi è dunque alcuno spazio per ritenere che il piano tariffario, per quanto contraddistinto da un’accattivante logica di autoricarica, potesse essere usato come strumento di accumulo di denaro tramite la sola ricezione ininterrotta di traffico voce o dati.
Ciononostante, il sig. XXX ha espressamente affermato nelle proprie memorie di aver “approfittato di questi piani per accumulare credito”, dopo aver anche specificato che grazie alle offerte di altri operatori (per esempio Vodafone Revolution, che con 30 euro consentiva di chiamare 1500 minuti verso tutti) si era “messo d’accordo con diversi amici e ci si chiamava a vicenda”.
L’utente ha inoltre affermato: “Invece di comprare una ricarica dal tabaccaio, io quindi ho preferito, in quanto più conveniente da un punto di vista economico, ricevere chiamate o SMS. Ad esempio, per ogni ora di telefonate effettuate spendevo 1,50 euro circa e mi autoricaricavo di 6 euro”, lasciando dunque chiaramente intendere che si chiamava anche da solo, dalla SIM di un altro gestore; d’altro canto lo stesso ha dichiarato di possedere – oltre alle 7 USIM su rete H3G – “una ventina di schede con Vodafone, 1 con Tim e 3 con Wind”).
Alla luce di tali affermazioni, pertanto, ed in applicazione delle norme contrattuali citate, si ritiene, avendo esclusivo riguardo ad un inquadramento dei fatti finalizzato alla risoluzione in via amministrativa della controversia, che nel periodo in contestazione vi siano stati più episodi di utilizzo del servizio in maniera certamente non conforme alla causa dell’accordo sottoscritto, vale a dire alla sua funzione economico-sociale, secondo un’interpretazione di buona fede dell’offerta commerciale nel suo complesso, così come pubblicizzata dal gestore.
Da ciò deriva che la domanda di restituzione del credito scaduto non può trovare pieno accoglimento, dato che anche l’utente è responsabile dell’alterazione della causa del contratto,
che dovrà essere ricondotta ad equità, riequilibrando le originarie condizioni contrattuali nel pubblico interesse.
Il sig. XXX, dunque, può avere diritto esclusivamente al riconoscimento di un importo di credito che sia compatibile con il regolamento pattizio e con l’economia del relativo contratto, improntati ad un canone di “uso normale” e ragionevole del servizi.
Nella definizione concreta di questo canone, l’Autorità è tenuta peraltro a valutare i peculiari equilibri propri dello specifico rapporto in tutta la complessità dei loro risvolti, non circoscrivendoli ai soli elementi formali e tecnici della fattispecie, ma ponendo l’accento su di un’attenta analisi economica degli stessi.
Rileva, allora, al di là delle abitudini nell’uso dei servizi descritte dall’utente, sopra riassunte, il contegno dell’operatore successivo alla stipula, che – come già illustrato – non ha per lungo tempo azionato le clausole pattizie che gli avrebbero permesso di tutelarsi, lasciando che il sig. XXX accumulasse credito anche ingente (ed anzi prevedendo nei successivi Piani Tariffari limiti di autoricarica mensile decisamente elevati, con ciò evidentemente permettendo l’insorgenza di un’aspettativa per l’utente). Sotto quest’ultimo profilo, inoltre, vale anche ricordare il canone del Codice civile di cui all’art. 1370, che impone di risolvere a carico del contraente che predispone le CGC le ambiguità del loro testo, ivi compresa, nel caso specifico, quella connessa al richiamo del solo generico divieto di perseguire uno scopo di lucro, privo di qualsivoglia riferimento a soglie massime di utilizzazione e a scadenze predeterminate.
Nella specifica vicenda, pertanto, il limite di un parametro di uso normale del diritto può essere individuato, per ciascuna delle due utenze interessate dall’operazione di messa in scadenza del credito, in 3 ore giornaliere di traffico in sola ricezione, pari ad euro 540,00 di autoricarica mensile per ogni utenza. Tanto in considerazione:
1) delle caratteristiche specifiche dell’offerta, contraddistinta da una logica di autoricarica molto accattivante per gli utenti che certamente invogliava alla ricezione, pur senza prevedere limiti mensili;
2) del fatto che le utenze in ricezione erano due;
3) della disponibilità di servizi in conferenza, che permettono di moltiplicare le ore effettive di traffico ricevuto;
4) del fatto che, per parte del tempo, sulle medesime utenze è stato effettuato anche traffico in uscita, sebbene il sig. XXX effettuasse traffico anche tramite offerte di altri gestori;
5) del fatto che, in ogni caso, qualsiasi utente, durante la vita quotidiana, compie attività molteplici ed ulteriori rispetto all’utilizzo dei servizi di comunicazione interpersonale;
6) della ragionevolezza della presunzione di più pause giornaliere nell’uso dei servizi, di cui una notturna di perlomeno 7 ore.
Per applicare la soglia di 540,00 euro di autoricarica mensile al caso specifico, l’unico calcolo ad oggi possibile consiste nel verificare (tramite le tabelle fornite dal gestore) quali siano i mesi del periodo in contestazione in cui tale soglia sia stata superata, così da calcolare l’eccedenza accumulata in maniera non conforme al contratto, che dovrà essere sottratta dal totale del credito disponibile al 31.12.2006, poi fatto scadere il 31.12.2007.
Pertanto, per l’utenza n. YYY, si deve sottrarre l’importo totale di euro 10.765,70, risultante dalle eccedenze accreditate nei mesi di agosto, novembre e dicembre 2005 nonché gennaio, febbraio, marzo, aprile, agosto, settembre e ottobre 2006, dall’importo di euro 10.757,00, scaduto il 31.12.2007. La somma è negativa e pertanto il credito da riconoscere all’utente è pari a zero.
Per l’utenza n. YYY, invece, si deve sottrarre l’importo totale di euro 9.300,60, risultante dalle eccedenze accreditate nei mesi di gennaio, marzo, agosto e settembre 2006, dall’importo di euro 7.868,00 scaduto il 31.12.2007. La somma è negativa e pertanto il credito da riconoscere all’utente è pari a zero.
Il terzo aspetto della questione, infine, sulla possibilità di monetizzare o trasferire interoperatori il credito da autoricarica messo in scadenza, rimane assorbito.
Tuttavia, si ritiene utile ricordare che quest’Autorità ha già chiarito, in casi simili, che ai sensi della norma dell’art. 1, comma 1, della legge n. 40 del 2007, il credito derivante da autoricarica non può essere né monetizzato né trasferito tra diversi operatori, ma deve essere, in ipotesi, riconosciuto tramite la messa a disposizione sui sistemi del gestore (dunque, generalmente, tramite accredito sull’utenza interessata o su una diversa utenza della stessa rete).
Infatti, l’eventuale mancata differenziazione delle voci di credito da parte del gestore (nello specifico da parte di H3G S.p.A., come lamentato dall’utente XXX) non modifica la natura non monetaria (ma in genere promozionale o di bonus) del traffico da autoricarica riconosciuto dal gestore al proprio cliente.
Né vale in senso contrario la considerazione, sempre formulata dall’istante sig. XXX, che l’importo di traffico da autoricarica maturato dallo stesso sia stato comunque remunerato, per il gestore, dal sistema dei costi di terminazione, poiché trattasi di considerazione che non incide sui rapporti tra utenti e il gestori, bensì attiene a rapporti diversi, che non rientrano nell’ambito della tutela prevista dalla legge n. 40/2007 né possono rientrare nell’oggetto delle singole controversie.
CONSIDERATO per quanto precede che la domanda proposta dal sig. XXX sia da accogliere parzialmente nel senso esplicato, con affermazione del solo diritto dello stesso ad ottenere l’indennizzo per la mancata risposta al reclamo.
RITENUTO inoltre che l’accoglimento soltanto parziale delle istanze formulate dall’utente giustifichi l’integrale compensazione fra le parti delle spese di procedura sostenute dalle stesse;
RITENUTO infine che gli indennizzi e/o i rimborsi riconosciuti dall’Autorità all’esito della procedura devono soddisfare, ai sensi dell’art. 84 del Codice delle comunicazioni elettroniche, il requisito dell’equità e pertanto tenere indenne l’istante dal decorso del tempo necessario alla definizione della procedura;
VISTA la proposta della Direzione Tutela dei Consumatori;
UDITA la relazione del Commissario Xxxxxxx Xxxxxxx, relatore ai sensi dell'articolo 29 del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento;
DELIBERA
L’accoglimento parziale, nei termini di quanto esplicato nelle premesse del presente provvedimento, dell’istanza presentata dal sig. XXX in data 9 gennaio 2008.
La società H3G S.p.A. è pertanto tenuta a riconoscere in favore dell’istante la somma di euro 534,00 a titolo di indennizzo per la mancata risposta al reclamo del 10.10.2007, che dovrà essere maggiorata della misura corrispondente all’importo degli interessi legali calcolati dalla data di presentazione dell’istanza di risoluzione della controversia.
E’ fatta salva la possibilità per l’utente di richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito, come previsto dall’articolo 11 comma 4 della delibera n. 179/03/CSP.
La presente delibera è notificata alle parti, pubblicata nel Bollettino ufficiale dell’Autorità ed è resa disponibile sul sito web dell’Autorità.
La società è tenuta, altresì, a comunicare a questa Autorità l’avvenuto adempimento alla presente delibera entro il termine di 60 giorni dalla notifica della medesima.
Ai sensi dell’art. 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il presente atto può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva.
Ai sensi dell’art. 23 bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive integrazioni e modificazioni, il termine per ricorrere avverso il presente provvedimento è di 60 giorni dalla notifica del medesimo.
Napoli, 14 maggio 2009 IL PRESIDENTE
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IL COMMISSARIO RELATORE
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per visto di conformità a quanto deliberato IL SEGRETARIO GENERALE
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