COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) MELI Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SCIUTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CARATELLI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) COLOMBO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 07/07/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso del 16 febbraio 2016, la s.r.l. istante ha adito questo Arbitro, chiedendo l’accertamento e la dichiarazione dell’illegittimità della segnalazione a sofferenza del proprio nominativo presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, operata dalla banca resistente, e ciò: (i) sia perché non preceduta da un’analisi della propria complessiva situazione finanziaria; (ii) sia perché intervenuta successivamente all’accollo, da parte di altra società, del mutuo oggetto di segnalazione, in guisa tale che la ricorrente avrebbe dovuto essere segnalata come garante, e non quale debitrice principale. Ha inoltre concluso la ricorrente per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in ragione della predetta segnalazione.
Questi, nel dettaglio, i fatti riferiti dall’istante:
- in data 12.05.2010 la società ricorrente stipulava con l’intermediario un contratto di mutuo fondiario dell’importo di € 960.000,00, iscrivendo ipoteca su un immobile di sua proprietà;
- in data 28.03.2014, tuttavia, l’istante vendeva il predetto immobile ad altra società, e nell’ambito del contratto di compravendita era stabilito, in riferimento al pagamento del prezzo, che l’importo residuo di € 753.718,97 sarebbe stato corrisposto mediante accollo del corrispondente importo in linea capitale, quale residuato dopo il pagamento della rata in scadenza al 31 marzo 2014, del predetto mutuo concesso alla società venditrice dalla resistente e – come detto – garantito dall’ipoteca gravante sull’immobile;
- ciò posto, con raccomandata a/r del 14.07.2014 la società acquirente chiedeva all’intermediario di addebitare le rate del mutuo sul proprio conto corrente a mezzo RID, ed in assenza di riscontro da parte della banca, con bonifico del 12.08.2014 la società acquirente provvedeva ad accreditare, sul conto corrente dell’odierna ricorrente ove erano prelevate dall’intermediario le rate di ammortamento, una somma corrispondente all’importo delle rate dei mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 2014;
- con nota del 05.09.2014 – prosegue l’istante – l’intermediario richiedeva alla società acquirente di prendere contatti con la filiale di incardinamento del rapporto, al fine di valutare la possibilità di accollo del predetto mutuo, salvo però poi comunicare alla ricorrente, in data 29.12.2014, l’avvenuta decadenza dal beneficio del termine a causa del mancato pagamento di quattro rate del mutuo;
- la banca chiedeva dunque all’istante il pagamento, entro dieci giorni dalla ricezione, dell’intero capitale residuo (di importo pari ad € 715.387,10);
- stante il mancato pagamento, poi, nel mese di gennaio 2015 l’intermediario segnalava a “sofferenza” la posizione dell’odierna ricorrente presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia: “sofferenza” comprensiva sia del mancato pagamento delle rate di ammortamento del mutuo fondiario, sia di un ulteriore scoperto relativo ad un conto corrente, conseguente alla revoca di un’apertura di credito precedentemente concessa;
Ciò premesso in fatto, e chiarito che in relazione al debito derivante dal rapporto di conto corrente, la resistente aveva ottenuto dal Tribunale di Roma un provvedimento monitorio provvisoriamente esecutivo, tempestivamente opposto dalla ricorrente (con giudizio tuttora pendente), l’istante ha dedotto l’illegittimità della segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi:
- in primo luogo in quanto, nell’effettuarla, l’intermediario non avrebbe tenuto conto della “complessiva situazione finanziaria del cliente”, così come previsto dalla Circolare della
Banca d’Italia n. 139/1991, sottolineando che al mese di dicembre 2014, risultassero scadute e impagate solo quattro rate del contratto di mutuo (mentre – come detto – l’altro debito era stato puntualmente contestato dinanzi all’A.G.O.);
- in secondo luogo, in virtù del fatto che, a seguito dell’intervenuto accollo del debito derivante dal contratto di mutuo, l’istante avrebbe dovuto essere iscritta solamente quale garante della società accollante, così come pure affermato dal Collegio di coordinamento ABF, con decisione n. 611 del 31.01.2014.
Rilevato, infine, di avere subito ingenti danni a seguito dell’illegittima segnalazione dell’intermediario, a causa dell’incremento degli oneri gravanti sui rapporti intrattenuti con il sistema creditizio, nonché della ripercussione sulla propria reputazione ed immagine professionale, ha concluso la ricorrente chiedendo all’Arbitro di ordinare la cancellazione della predetta segnalazione presso la Centrale Rischi, ovvero di ordinarne la correzione, indicando la ricorrente quale mera garante e non quale debitrice principale, nonché per la condanna dell’intermediario al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dalla segnalazione.
Nelle proprie controdeduzioni, la banca ha sollevato in via preliminare l’eccezione di irricevibilità del ricorso, essendo attualmente pendente tra le parti un controversia dinanzi all’A.G.O.
Ciò posto, e passando al merito, l’intermediario ha fornito una versione dei fatti sostanzialmente corrispondente a quella riferita dall’istante, specificando come la ricorrente non avesse formalizzato alcuna richiesta di accollo del finanziamento (tanto che la banca ne era venuta a conoscenza solo in data 02.07.2014), né avesse preso ulteriori contatti con la filiale di radicamento del rapporto.
Più in generale – prosegue la banca – non avendo essa mai dichiarato di aderire all’accollo, tanto meno liberando l’accollato, e dovendosi comunque ritenere la complessiva posizione dell’istante sicuramente tale da rendere legittima la segnalazione a “sofferenza”, la resistente ha concluso per il rigetto del ricorso.
DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato nei termini che seguono.
In via preliminare, occorre procedere all’analisi dell’eccezione di irricevibilità sollevata dalla banca, ai sensi dell’art. 2 c. 6 della Delibera CICR n. 275 del 29.07.2008, recante “Disciplina dei sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela ai sensi dell’art. 000 xxx xxx xxxxxxx legislativo 1° settembre 1993 n. 385, e successive
modificazioni”.
Sul punto, osserva l’intermediario che le questioni di cui alla presente controversa sarebbero già state sottoposte – e lo sarebbero tuttora – al vaglio dell’A.G.O.
Tuttavia, a ben vedere, l’oggetto dei due procedimenti non pare coincidere, avendo in questa sede la ricorrente inteso contestare la segnalazione a sofferenza operata nel 2015 dall’intermediario e basata su una valutazione dell’intera situazione economica della ricorrente (segnalazione, peraltro, in via subordinata contestata anche sotto il profilo relativo all’omessa rettifica da “debitore principale” a “garante” del mutuo ipotecario), mentre oggetto del decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca ed opposto dall’istante sarebbe esclusivamente la vicenda relativa allo scoperto sul conto corrente, già in essere tra le medesime parti del procedimento.
Ciò posto, ed entrando nel merito delle doglianze sollevate dalla ricorrente, ritiene il Collegio di dover prendere le mosse da quella che, cronologicamente, fu la prima delle condotte dell’istante censurate dalla ricorrente, e cioè l’omessa rettifica della segnalazione, a seguito dell’accollo, da “debitore principale” a “garante”.
Sul punto, tra le parti è pacifico sia che l’accollo intervenne, sia che la banca non vi aderì. Orbene, in materia di accollo di mutuo ipotecario, come è noto la Circolare n. 139/91 (e successivi aggiornamenti) della Banca d’Italia, formula sostanzialmente tre ipotesi:
1) qualora vi sia stata adesione all’accollo da parte del mutuante, senza efficacia liberatoria nei confronti dell’originario debitore (c.d. accollo cumulativo), la segnalazione dell’esposizione per cassa va comunque effettuata a nome del terzo accollante, mentre la posizione dell’accollato va segnalata come garanzia;
2) se invece, aderendo all’accollo, il creditore liberi l’accollato (c.d. accollo liberatorio), la segnalazione va effettuata unicamente a nome dell’accollante.
3) quando, infine – ed è questo il caso che ci occupa – non vi sia stata adesione all’accollo da parte dell’istituto mutuante, la segnalazione deve essere effettuata solo nei confronti dell’accollato.
Sulla scorta di tale disciplina (di rango sub-primario), dunque, il comportamento tenuto dall’intermediario parrebbe essere stato, prima facie, corretto.
Tuttavia, il Collegio di coordinamento di questo Arbitro (nell’ambito della decisione n. n. 611 del 31.01.2014, richiamata dalla ricorrente) ha già avuto modo di rilevare come la soluzione offerta dalla su richiamata circolare, secondo cui l’avvenuto perfezionamento di un accollo meramente interno sarebbe completamente priva di effetti, non possa ritenersi condivisibile, in guisa tale che – avutane conoscenza, sia pur senza aderirvi – la banca
sarebbe comunque tenuta alla rettifica della posizione dell’accollato, segnalandola come “garanzia”.
Questi, in particolare, gli argomenti – che il Collegio ritiene di dover condividere, anche a prescindere dalla funzione lato sensu nomofilattica del Collegio di coordinamento, al fine di giustificare tale orientamento: «Rileva il Collegio come la disciplina di cui alla Circolare n. 139/91 (e successivi aggiornamenti) della Banca d’Italia, relativamente alla materia dell’accollo del mutuo formuli sostanzialmente tre ipotesi. (…) Quando, infine, come nel caso che ci occupa, non vi è stata adesione all’accollo da parte dell’istituto mutuante, la segnalazione deve essere effettuata solo nei confronti dell’accollato. Con quest’ultima soluzione la Circolare finisce implicitamente per uniformarsi ad uno degli orientamenti esistenti in subiecta materia, secondo il quale la mancata adesione all’accollo da parte del creditore avrebbe come conseguenza la rilevanza esclusivamente interna (ai rapporti tra accollato ed accollante) dell’accollo. Va tuttavia rilevato sul punto come l’indirizzo interpretativo costante dei Collegi territoriali di questo Arbitro Bancario e Finanziario, indirizzo che il Collegio di Coordinamento ritiene di poter confermare, sia di diverso tenore. In particolare, è stato costantemente e condivisibilmente affermato, che “l’accollo disciplinato dall’art. 1273 c.c. si inquadra nella categoria dei contratti a favore di terzo. Tale convincimento, chiaramente espresso nella Relazione al codice civile (ivi § 589) è condiviso dalla prevalente dottrina e non è privo di riscontri nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 27.01.1992, n. 861; 23.02.1979, n. 1217; 16.09.1969, n. 3113).
L’adesione del creditore è, in effetti, prevista dal legislatore al solo fine di rendere “irrevocabile” la stipulazione “a suo favore” (art. 1273 c. 1 c.c.) la quale conseguentemente è da ritenersi, una volta perfezionato l’accordo tra il debitore e il terzo, direttamente efficace nei confronti del creditore, in linea con i principi dettati dall’art. 1411 c.c. In ciò si manifesta la rilevanza “esterna” dell’accollo contemplato dal citato art. 1273 c.c., la quale implica che l’accollante assuma come proprio il debito altrui ed adempia, eseguendo la prestazione, un debito proprio, a differenza di quanto avviene nell’accollo “interno”, che ricorre allorché il debitore convenga con il terzo l’assunzione (in senso puramente economico) del debito da parte di quest’ultimo, senza tuttavia attribuire alcun diritto al creditore né modificare l’originaria obbligazione, sicché il terzo assolve il proprio obbligo di tenere indenne il debitore adempiendo direttamente in veste di terzo o apprestando in anticipo al debitore i mezzi occorrenti, ovvero rimborsando le somme pagate al debitore che ha adempiuto (Cass. 20.09.2002, n. 13746)” (così, Collegio di Roma 05.05.2010, n. 105; Collegio di Milano 08.09.2011, n. 1809; Collegio di Roma 13.04.2012, n. 1142;
Collegio di Milano 08.02.2013, n. 767; nonché – sia pure in obiter dictum – Collegio di Napoli 13.06.2013, n. 3217). D’altra parte, come hanno esattamente posto in evidenza i menzionati precedenti (ai quali adde, sullo specifico punto, Collegio di Roma 15.04.2010,
n. 234), il rilievo comunque esterno della posizione dell’accollante, in caso di accollo aperto all’adesione del creditore, è stato recentemente accentuato proprio nell’ambito della normativa speciale bancaria (si vedano, ad esempio, l’art. 39 c. 6 TUB, in tema di diritto alla ripartizione pro quota dei mutui fondiari ed al conseguente frazionamento dell’ipoteca; gli artt. 7 e 8 d.l. 31.01.2007, n. 7 convertito con modificazioni in l. 02.04.2007 n. 40 in tema di estinzione anticipata e portabilità dei mutui; l’art. 3 d.l. 27.05.2008 n. 93 convertito con modificazioni in l. 24.07.2008, n. 126 e l’art. 2 d.l. 29.11.2008, n. 185, convertito con modificazioni in l. 28.01.2009, n. 2, in tema di rinegoziazione dei mutui “prima casa”). D’altra parte – va sottolineato – la circostanza che l’accollo ben possa essere cumulativo, unita a quella secondo cui ai fini della liberazione del debitore originario occorre necessariamente il consenso del creditore, rappresentano di per sé un presidio più che sufficiente per le ragioni di quest’ultimo, sicché non appare giustificabile, nella materia che qui viene in rilievo, una differenziazione di trattamento tra le ipotesi di accollo cumulativo e le ipotesi di accollo al quale, non aderendovi, il creditore non abbia conferito irrevocabilità. In ogni caso, anche a voler diversamente ragionare (e ritenendo cioè che, in mancanza dell’adesione del creditore, l’accollo non avrebbe alcuna rilevanza esterna, sulla base della ritenuta non imponibilità, senza il suo consenso, di un mero beneficium ordinis), la differenza di disciplina non troverebbe (e non trova) certamente alcuna giustificazione razionale con riferimento ai crediti assistiti da pegno, ipoteca o privilegio speciale, stante il disposto di cui all’art. 2911 c.c., che impone al creditore di far valere le proprie ragioni in via prioritaria sui beni che ne formano l’oggetto. Dal che, in caso di accollo di un finanziamento assistito da garanzia reale ipotecaria (come nel caso di specie), sussiste comunque a carico del creditore l’onere di escutere prioritariamente il bene ipotecato, divenuto di proprietà del terzo acquirente/accollante; con la conseguenza che, anche in caso di mancata adesione all’accollo da parte del mutuante, quest’ultimo non potrà in nessun caso aggredire direttamente il patrimonio del debitore originario, se non dopo avere inutilmente (in tutto o in parte) fatto valere le proprie ragioni sul bene specificamente vincolato alla soddisfazione del suo credito. In questo senso, la posizione dell’accollato finisce per essere in tutto e per tutto analoga a quella che si determina quando il creditore abbia aderito all’accollo, sia pure non liberando il debitore originario. Sicché, sembra del tutto ragionevole a questo Collegio ritenere che, nell’ambito della specifica materia qui in
esame, la fattispecie dell’accollo cumulativo, al quale il mutuante abbia comunque aderito, e quella dell’accollo del debito assistito da garanzia reale, al quale il mutuante non abbia aderito, non possano che essere trattate allo stesso modo, presentando nei fatti una evidente eadem ratio. Del resto, ed a prescindere dalla valenza che va ricondotta, nell’ambito della gerarchia delle fonti, alla normativa qui in discussione, non c’è dubbio che gli intermediari, nel farne applicazione, non possono in alcun modo prescindere dal rispetto del principio di buona fede, e soprattutto dal rispetto del principio di eguaglianza, consacrato al più alto livello dell’ordinamento dall’art. 3 Cost. Va infatti considerato che la materia delle segnalazioni in Centrale Rischi, oltre ovviamente ad avere un rilievo sistemico di cruciale importanza, in riferimento al regolare funzionamento del mercato di credito, finisce anche per incidere, in senso gravemente negativo, su prerogative delle persone, quali il diritto alla reputazione, che la stessa Carta Costituzionale eleva al rango di diritti fondamentali, che non possono in alcun modo venire compressi o pregiudicati» (così ABF - Collegio di coordinamento n. 611 del 31.01.2014).
Alla luce dei principi suesposti, dunque, deve ritenersi che, non appena avuta notizia dell’intervenuto accollo, la banca avrebbe dovuto rettificare la posizione dell’istante, con l’ulteriore conseguenza che, non avendo così provveduto, il ricorso in parte qua appare fondato.
Non suscettibile di accoglimento, per contro, è l’ulteriore (ed anzi, principale) contestazione circa la segnalazione a “sofferenza” lamentata dall’istante, riguardando la stessa anche un’altra posizione attualmente al vaglio dell’A.G.O. con riferimento alla quale, questo Collegio, a prescindere da ogni profilo di ricevibilità, non ha alcun elemento per poterne vagliare la fondatezza.
Parimenti non meritevole di accoglimento, poi, è la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente. E ciò, sia per la surriferita impossibilità di valutare la legittimità o meno della segnalazione a sofferenza in Centrale Rischi, sia per la totale carenza di prova.
P.Q.M.
Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, dichiara l’illegittimità del comportamento della banca e dispone che la banca stessa rettifichi la segnalazione a seguito dell’accollo indicando la ricorrente come garante e non come debitrice principale.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle
spese della procedura e alla ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1