DOTTORATO DI RICERCA DIRITTO DEI CONTRATTI
Università degli Studi di Cagliari
DOTTORATO DI RICERCA DIRITTO DEI CONTRATTI
Ciclo XXVII
TITOLO TESI
I negozi collegati nel diritto societario
Settori scientifico disciplinari di afferenza
IUS/01 e IUS/04
Presentata da: Dott. Francesco Ciusa Coordinatore Dottorato: Chiar.ma Prof.ssa Valeria Caredda
Tutor: Chiar.ma Prof.ssa Elisabetta Loffredo
Esame finale anno accademico 2014 – 2015
La presente tesi è stata prodotta durante la frequenza del corso di dottorato in Diritto dei Contratti dell’Università degli Studi di Cagliari, a.a. 2014/2015 - XXVII ciclo, con il supporto di una borsa di studio finanziata con le risorse del
P.O.R. SARDEGNA F.S.E. 2007-2013 - Obiettivo competitività regionale e occupazione, Asse IV Capitale umano, Linea di Attività l.3.1 “Finanziamento di corsi di dottorato finalizzati alla formazione di capitale umano altamente specializzato, in particolare per i settori dell’ICT, delle nanotecnologie e delle biotecnologie, dell'energia e dello sviluppo sostenibile, dell'agroalimentare e dei materiali tradizionali”.
Francesco Ciusa gratefully acknowledges Sardinia Regional Government for the financial support of his PhD scholarship (P.O.R. Sardegna F.S.E. Operational Programme of the Autonomous Region of Sardinia, European Social Fund 2007- 2013 - Axis IV Human Resources, Objective l.3, Line of Activity l.3.1.)”.
ABSTRACT
The aim of the research is to analyse the connections between agreements under Company law and the study of legal consequences of such bonds.
The research is organized in three main sections.
The first part is dedicated to reconstruct the theories of linked contracts and economic operations.
It emerges the tendency of the legislator to legislate hypothesis of linked contracts in Business Law in order to achieve more certainty in business transactions.
The second section is concentrated over hypothesis of linked contracts in Company Law provided by the legislature.
It is therefore analysed the relationship between Company’s Agreements and Shareholders' Agreements, the relationship between Cooperative’s Agreement and Agreements with its own shareholders, the leveraged buy-out operations, the regulation of funding in relation to a specific transaction and the payment for share capital secured in Limited Liability Partnerships (In Italian Company's Law defined as «società a responsabilità limitata»).
The third part concentrates on the analysis of a series of court judgements regarding hypothesis of linked contracts created pursuant to the power of autonomy of the parties: the connection between a Company’s Agreement and the agreement to sell a property to the same company; the connection between a Company’s Agreement and a contract between the company and his own shareholder; the connection between a Company’s Agreement and the stipulation of a shared property agreement with a shareholder. The analysis proceeds by focusing on three situations in which the connection is set up in a way to circumvent the law: in the first it is violated the rule to protect the integrity of the share capital, in the second the proper fulfilment of taxes and in the third one the pre-emption clause.
The conclusions point out the characteristics of linked contracts in Company Law.
INDICE SOMMARIO
CAPITOLO I – Collegamento negoziale e operazione economica | ||
1. L’inquadramento delle problematiche relative al collegamento negoziale: la delimitazione e la prospettiva dell’indagine…………………………………………………………… | p. | 1 |
2. La teoria del collegamento negoziale: introduzione……………………………………………. | » | 4 |
3. La rilevanza del collegamento negoziale: qualificazione della causa e frode alla legge…………………………………………………………………………………………………………………….. | » | 6 |
4. segue: l’applicazione del brocardo simul stabunt, simul cadent………………………… | » | 9 |
5. La classificazione dei collegamenti:…………………………………………………………………… | » | 11 |
5.1. Il collegamento occasionale………………………………………………………………… | » | 13 |
5.2. Il collegamento necessario o legale…………………………………………………….. | » | 15 |
5.3. Il collegamento volontario………………………………………………………………….. | » | 17 |
6. La realizzazione dell’operazione economica attraverso i negozi collegati………….. | » | 20 |
6.1. Collegamento negoziale e operazione economica: una relazione non biunivoca…………………………………………………………………………………………………… | » | 22 |
7. La tendenza alla tipizzazione legislativa delle ipotesi di negozi collegati nell’ambito dell’impresa……………………………………………………………………………………….. | » | 24 |
7.1. La tipizzazione in funzione di tutela del contraente debole e la trasmissione dei vizi: credito al consumo, multiproprietà e vendita di immobili da costruire…………………………………………………………………………………. | » | 26 |
7.2. L’art. 182bis l. fall.: accordo e accordi di ristrutturazione dei debiti…………………………………………………………………………………………………………. | » | 28 |
CAPITOLO II – I legami negoziali nel diritto societario: tipicità legale e volontarietà | ||
1. La prospettiva dell’indagine: l’applicazione della teoria del collegamento negoziale nel diritto societario………………………………………………………………………………. | » | 31 |
2. Le tradizionali ipotesi di collegamento e la tipizzazione legislativa……………………… | » | 33 |
2.1. I patti parasociali…………………………………………………………………………………. | » | 33 |
2.2. Società cooperative: la connessione tra partecipazione sociale e rapporto mutualistico.................................................................................... | » | 36 |
2.3. Il leveraged buy out: il collegamento in funzione della declaratoria di invalidità dell’operazione economica perché in frode alla legge prima del nuovo art. 2501bis c.c………………………………………………………………………………… | » | 41 |
3. Le ipotesi di collegamento create dal legislatore:……………………………………………….. | » | 48 |
3.1. Il finanziamento destinato ad uno specifico affare: l’art. 2447decies c.c.. | » | 48 |
3.2. Il conferimento garantito: l’art. 2464 c.c…............................................... | » | 52 |
4. Autonomia statutaria e collegamento negoziale: le operazioni economiche al vaglio della giurisprudenza (rinvio)………………………………………………………………………… | » | 58 |
5. L’applicazione dei principi in tema di collegamento negoziale alle delibere assembleari collegate……………………………………………………………………………………………. | » | 60 |
6. Riflessioni sull’applicazione della teoria del collegamento negoziale ai rapporti tra contratti di società…………………………………………………………………………………………… | » | 64 |
CAPITOLO III – I negozi collegati in ambito societario tipizzati dal legislatore: approfondimento sul collegamento nell’ambito dei patti parasociali e nell’area della cooperativa | ||
1. I patti parasociali…………………………………..…………………………………………………………… | » | 68 |
1.1 La distinzione del sociale dal parasociale……………………………..……………… | » | 70 |
1.2 Le tipologie di patti..…………………………………………………………………………….. | » | 72 |
1.3 La prima regolamentazione nel T.U.F.: gli articoli 122 e 123..………………… | » | 75 |
1.4 La disciplina nella riforma del diritto societario..…………………………………… | » | 78 |
1.5 L’efficacia dei patti..……………………………………………………………………………… | » | 82 |
1.6 Le conseguenze della sussistenza del collegamento……………………………… | » | 87 |
2. Rapporto sociale e scambio mutualistico..…………………………………………………………. | » | 92 |
2.1. La normatività del contratto sociale…………………………………………………….. | » | 94 |
2.2 Le conseguenze del riconoscimento del collegamento negoziale tra rapporto sociale e rapporti mutualistici……………………………………………………… | » | 96 |
2.2.1. La rilevanza del collegamento negoziale nelle cooperative di abitazione………………………………………………………………………………………. | » | 98 |
2.2.2. L’influenza del rapporto sociale sul rapporto mutualistico nelle cooperative di lavoro..……………………………………………………………. | » | 101 |
CAPITOLO IV – Le ipotesi di collegamento volontario al vaglio della giurisprudenza | ||
1. Il collegamento volontario in ambito societario.………………………………………………… | » | 107 |
2. Collegamento tra contratto di costituzione di società (preliminare o in forma privata) e vendita immobiliare in favore della società: la sorte della vendita in caso di mancata costituzione della società..…………………………………………………………………… | » | 108 |
3. Conferimento e contratto d’appalto: le conseguenze in caso di mancata stipulazione del contratto d’appalto..……………………………………………………………………. | » | 110 |
4. Il collegamento potenzialmente in frode: ………………………………………………………….. | » | 111 |
4.1. Gli «acquisti pericolosi».……………………………………………………………………… | » | 111 |
4.2. Conferimento e successiva cessione della partecipazione sociale alla società al fine di ottenere vantaggi fiscali..…………………………………………………. | » | 115 |
4.3. L’elusione della clausola di prelazione attraverso lo schermo societario. | » | 117 |
5. La multiproprietà azionaria: il collegamento negoziale tra il contratto di società e il contratto che attribuisce il diritto personale di godimento turnario………………….. | » | 119 |
6. Riflessioni conclusive: il collegamento negoziale e il diritto societario ……………….. | » | 121 |
Bibliografia…………………………………………………………………………………………………………… | » | 126 |
Giurisprudenza……………………………………………………………………………………………………… | » | 138 |
Capitolo I
Collegamento negoziale e operazione economica
SOMMARIO: 1. L’inquadramento delle problematiche relative al collegamento negoziale: la delimitazione e la prospettiva dell’indagine. – 2. La teoria del collegamento negoziale: introduzione. – 3. La rilevanza del collegamento negoziale: qualificazione della causa e frode alla legge. – 4. segue: l’applicazione del brocardo simul stabunt, simul cadent.
– 5. La classificazione dei collegamenti. – 5.1. Il collegamento occasionale. – 5.2. Il collegamento necessario o legale. – 5.3. Il collegamento volontario. – 6. La realizzazione dell’operazione economica attraverso i negozi collegati. – 6.1. Collegamento negoziale e operazione economica: una relazione non biunivoca. – 7. La tendenza alla tipizzazione legislativa delle ipotesi di negozi collegati nell’ambito dell’impresa. – 7.1. La tipizzazione in funzione di tutela del contraente debole e la trasmissione dei vizi: credito al consumo, multiproprietà e vendita di immobili da costruire. - 7.2. L’art. 182bis l. fall.: accordo e accordi di ristrutturazione dei debiti.
1. L’inquadramento delle problematiche relative al collegamento negoziale: la delimitazione e la prospettiva dell’indagine.
Il primo lavoro monografico del Professor Oppo ebbe ad oggetto l’allora innovativo – era il 1942 – tema dei contratti parasociali1.
Nello scritto venne studiata tale tipologia contrattuale, al tempo non ancora oggetto di disciplina legislativa, soprattutto alla luce del rapporto con il contratto sociale.
L’illustre autore rilevò che tra il contratto parasociale e quello sociale corre un nesso di dipendenza di tipo accessorio, ma che oltre a tale dipendenza unilaterale può intercorrere fra i due negozi un nesso di dipendenza reciproca quando il negozio accessorio assume veste essenziale in rapporto all’intento perseguito in concreto dalle parti, sicché non si sarebbe voluto il contratto sociale senza il negozio parasociale2.
Il rapporto tra il sociale e il parasociale venne così classificato tra le ipotesi di collegamento negoziale, che viene definito come il collegamento che si presta
1 OPPO, Contratti parasociali, Milano, 1942 e in Scritti giuridici. Diritto delle società, Padova, 1992, a cui si riferiscono i numeri di pagina nelle successive citazione dell’opera.
2 Così OPPO, op. ult. cit., p. 85.
ad assumere rilevanza giuridica sulla vita e lo svolgimento dei negozi e dei relativi rapporti3.
Nel corso del secolo scorso il tema del collegamento negoziale è stato oggetto di importanti studi dottrinali nell’ambito della teoria generale del contratto, dapprima focalizzati sulla classificazione delle ipotesi di collegamento4 e successivamente, una volta rilevata la disomogeneità delle tematiche afferenti la casistica delle connessioni, concentrati sull’unica forma cui viene riconosciuta effettiva rilevanza giuridica: quella del collegamento funzionale volontario, che si determina quando più negozi vengono posti in essere dalle parti al fine di realizzare un’operazione economica strutturalmente complessa, ma funzionalmente unitaria5.
Scopo della ricerca è allora studiare sull’esempio della monografia di Giorgio Oppo come applicare i principi desunti dalla dottrina in tema di collegamento negoziale ai legami che si ravvisano tra il contratto di società e terzi negozi e valutare quali conseguenze giuridiche derivano dalla sussistenza del legame.
Tale scelta si giustifica per il fatto che è in atto una tendenza legislativa a tipizzare le operazioni economiche realizzate mediante la connessione tra due o
3 Ancora OPPO, op. ult. cit., p. 71.
4 Ci si riferisce a VENDITTI, Appunti in tema di negozi collegati, in Giust. civ., 1954, p. 264; GASPERONI, Collegamento e connessione tra negozi, in Riv. dir. comm., 1955, I, p. 357; DI SABATO, Unità e pluralità di negozi (contributo alla dottrina del collegamento negoziale), in Riv. dir. civ., 1959, I, p. 437; MESSINEO, voce Contratto collegato, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, p. 48; SENOFONTE, In tema di negozi collegati, in Dir. giur., 1960, p. 273.; GANDOLFI, Sui negozi collegati, in Riv. dir. comm., 1962, II, p. 342; SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 375.
5 Con l’eccezione di GIORGIANNI, Negozi giuridici collegati, in Riv. it. scienze giur., 1937, p. 328 e in Scritti minori, Napoli, 1988, p. 1 che per primo evidenziò la primaria rilevanza del collegamento volontario, da lui definito tecnico rispetto agli altri casi in cui si ravvisa una semplice influenza o reazione di un negozio su un altro, è a partire dagli anni settanta del novecento che la dottrina ha studiato essenzialmente il solo collegamento volontario, in tal senso: DI NANNI, Collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. dir. comm., 1977, I, p. 280; SCHIZZEROTTO, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983; FERRANDO, I contratti collegati, in Nuova giur. civ. comm., 1986, II, p. 260; CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, in Enc. giur. Treccani, IX, Roma, 1988; CAMARDI, Economie individuali e connessione contrattuale, Milano, 1997; RAPAZZO, I contratti collegati, Milano, 1998; COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale, Padova, 1999; LENER, Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999; TROIANO, Il collegamento contrattuale volontario, Roma, 1999; BUONFRATE, Contratti collegati, in Digesto delle disc. priv. - sez. civile, agg. 3, Torino, 2007, p. 286; BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, in Riv. trim. dir. e proc. civile, 2008, p. 791 e 1167; CREA, Connessioni tra contratti e obblighi di rinegoziare, Napoli, 2013.
più negozi nell’area del diritto dell’impresa, dove si avverte maggiormente un’esigenza di certezza nei rapporti tra le parti e di tutela del contraente debole6. Sono un esempio in tal senso la disciplina del codice del consumo in materia di accertamento della vessatorietà di una clausola contrattuale (art. 34), di multiproprietà (art. 77) e di credito al consumo (art. 125quinquies), nonché le norme in tema di patto di famiglia (art. 768quater c.c.), di immobili da costruire (art. 2 del d.lgs. n. 122/2005) e nell’ambito della crisi dell’impresa degli accordi di
ristrutturazione dei debiti (art. 182bis l.f.)
Ecco che allora appare opportuno studiare, nell’ambito del diritto dell’impresa, il tema del collegamento negoziale nella più circoscritta area dell’impresa in forma societaria, in quanto la riforma del diritto delle società ha notevolmente ampliato i margini di autonomia incidenti a vario titolo sulla vita dell’ente: ciò è avvenuto non solo riconoscendo ai soci ampia discrezionalità in ambito statutario, ma anche legittimando patti e rapporti tra soci o con terzi che coinvolgono in modo più o meno diretto lo svolgimento del rapporto sociale.
Ci si riferisce in particolare ai patti parasociali, tipizzati dall’art. 2341bis c.c., ai rapporti mutualistici derivanti dalla partecipazione in cooperativa, all’operazione di fusione in seguito ad indebitamento (art. 2501bis c.c.), ai finanziamenti destinati ad uno specifico affare (art. 2447decies c.c.) e al conferimento garantito nelle s.r.l. (art. 2464 c.c.)7.
Il potere di autonomia privata permette inoltre di creare nuove ipotesi di collegamento tra contratto di società e terzo negozio: sono significative in tal senso alcune decisioni giurisprudenziali che si sono espresse in merito alla liceità delle operazioni economiche realizzate per effetto della connessione tra detti negozi8.
La ricerca si concentrerà dunque sulla analisi delle singole ipotesi di collegamento negoziale tipizzate dal legislatore nonché su quelle create volontariamente dalle parti, che sono state oggetto di pronunce giurisprudenziali. Dall’esame di tali fattispecie si potranno così individuare dei principi interpretativi che permettono di identificare le ipotesi di collegamento negoziale volontario, non
6 Sul concetto di operazione economica si veda GABRIELLI, voce Contratto ed operazione economica, in Digesto delle discipline privatistiche, sez. civile, agg. 6, 2011, p. 243.
7 Le fattispecie di collegamento negoziale tipizzate dal legislatore saranno oggetto di studio nel secondo e nel terzo capitolo della ricerca.
8 Tali ipotesi di collegamento negoziale volontario saranno analizzate nel corso del quarto capitolo della ricerca.
regolamentate, né attualmente note, tra contratto di società e negozio extrasociale e quali effetti giuridici possono derivare in conseguenza di tale legame.
2. La teoria del collegamento negoziale: introduzione.
La complessità del dato economico al quale l’attività contrattuale delle parti dà forma giuridica induce, con frequenza sempre maggiore, ad operazioni risultanti da una pluralità di contratti e atti tra loro autonomi ma collegati in vista della realizzazione di un risultato unitario, ulteriore rispetto a quello prodotto da ciascuno di essi autonomamente9.
Si pone così il problema di costruire tecniche di interpretazione e valutazione capaci di andare oltre il limite di un giudizio condotto con esclusivo riferimento agli elementi interni ai singoli contratti posti in essere dalle parti al fine di rintracciare, alla luce della complessiva valutazione dell’operazione posta in essere dalle parti, il risultato effettivamente perseguito.
L’interprete deve pertanto spostare l’attenzione dalla struttura alla funzione del singolo negozio realizzato, al fine di superare la rigidità dell’unitaria forma contrattuale10: tale risultato può ottenersi attraverso la categoria dogmatica del collegamento negoziale.
Tale figura può definirsi come una tecnica di organizzazione concordata e voluta dalle parti nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, mediante la quale i privati non si limitano a costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici patrimoniali, ma costituiscono un affare mettendo insieme una serie di rapporti giuridici patrimoniali autonomi, ciascuno formalizzato in singoli contratti, connessi o collegati da una logica economica risultante soltanto dall’insieme di questi contratti, ciascuno dei quali è un pezzo necessario e leggibile soltanto nell’insieme11.
E’ opportuno però sin da subito evidenziare che il carattere unitario dell’operazione non deve far nascere il dubbio che l’insieme dei contratti tra loro collegati realizzi un nuovo contratto: ciascuno di essi infatti rimane assoggettato
9 Sul punto NUZZO, Contratti collegati e operazioni complesse, in Collegamenti negoziali e forme di tutela, Milano, 2007, p. 43.
10 Si veda BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, cit., p. 792.
11 Così CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge. Un classico alla prova di esperienze recenti, in Contratti, 2011, p. 1047.
alla disciplina del tipo corrispondente, caratterizzandosi in funzione della propria causa e conservando la propria individualità12.
Questo aspetto permette di distinguere il collegamento negoziale dal contratto misto: se infatti nella prima ipotesi la pluralità dei negozi è condizione necessaria per la realizzazione della fattispecie, nella seconda si ha un unico negozio in cui sono presenti più elementi autonomi, combinati però in un nuovo assetto unitario13.
Si precisa poi che il collegamento negoziale non realizza un’ipotesi di contratto atipico, che porrebbe invece una serie di problematiche in termini di giudizio di meritevolezza ex art. 1322 c.c. e di disciplina applicabile14.
Ciò non esclude però l’assenza di criticità connesse al tema del collegamento che vertono essenzialmente su due questioni: la prima è relativa alla configurazione ed esistenza della causa e porta a domandarsi se un negozio apparentemente privo di causa o dotato di una certa causa, in realtà trovi causa o integrazione di essa in un altro negozio ad esso collegato15.
La seconda criticità riguarda invece il se e come le vicende di un negozio influenzino il negozio collegato ed in particolare se un negozio, di per sé immune da vizi capaci di pregiudicarne la validità e l'efficacia, possa venire travolto dall'invalidità e dall'inefficacia che colpiscano un altro negozio sulla base del collegamento tra i due.
12 Si veda FERRANDO, Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, in Nuova giur. civ. comm., 1997, II, p. 237. Anche in giurisprudenza viene ribadito tale assunto, da ultimo Cass., 10 ottobre 2014, n. 21417 in Dir. e giust., 2014, p. 56 in cui si afferma che il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo autonomo negozio, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato non per mezzo di un singolo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti. Questi conservano una causa autonoma e una distinta individualità giuridica, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi.
13 Sul punto CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, cit., p. 4 che ritengono che ciò che contraddistingue il contratto misto da quelli collegati non è tanto la unitarietà o meno del negozio o della causa quanto piuttosto il modo con cui le parti organizzano il raggiungimento dell’affare voluto.
14 Sulla qualificazione di una fattispecie contrattuale non espressamente disciplinata dal legislatore la dottrina ha tradizionalmente individuato tre distinte ipotesi: a) che si tratti comunque di un unico contratto riconducibile ad uno dei tipi disciplinati; b) che si tratti di un unico contratto atipico; c) che non si tratti di una fattispecie a struttura unitaria, ma bensì che sia un’ipotesi di collegamento negoziale. Sul punto si veda COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale, cit., p. 66. 15 Su tali questioni v. ROPPO, Il contratto, Milano, 2011, p. 370.
3. La rilevanza del collegamento negoziale: qualificazione della causa e frode alla legge.
Come è stato anticipato, la rilevanza del collegamento negoziale è funzionale per due distinte problematiche: una attinente la causa dei singoli negozi, l’altra relativa alla trasmissione dei vizi tra i contratti collegati.
Con riferimento alla prima problematica si evidenzia che il ricorso al collegamento funge da utile strumento per la qualificazione giuridica dei singoli negozi alla luce dell’operazione economica complessiva che le parti hanno inteso porre in essere: si pensi ad esempio alle conseguenze in termini di possibilità di ottenere l’usucapione di un bene a seconda che il contratto che ne dispone la consegna attribuisca il possesso o la mera detenzione dello stesso16.
Il collegamento avrebbe quindi funzione ermeneutica della effettiva volontà dei contraenti, perché permetterebbe di individuare la reale causa dell’operazione realizzata, integrando quella relativa ai singoli elementi della stessa.
Ma è soprattutto in relazione al fenomeno della fraus legi che il ricorso al collegamento negoziale svolge una funzione essenziale: i negozi collegati infatti, seppur individualmente considerati possono apparentemente avere causa lecita, possono palesare la frode alla legge per effetto della loro combinazione17.
In tali ipotesi l’illiceità non si coglie ex ante, attraverso una valutazione della causa dichiarata dalle parti nel singolo contratto, ma dal risultato che si realizza attraverso l’operazione complessiva. A tal fine diviene allora necessario considerare, senza limiti formali, tutti gli atti e i comportamenti nei quali si svolge
16 Su tale questione si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione, Cass., sez. unite, 27 marzo 2008, n. 7930, in Rass. dir. civ., 2010, p. 531, risolvendo il caso assai frequente nella pratica del contratto preliminare ad effetti anticipati. La corte, pur non negando che dal punto di vista dell’operazione economica tale fattispecie costituisca un unico affare, rifiuta la tradizionale qualificazione della consegna come anticipazione degli effetti della vendita, che attribuirebbe il possesso del bene al promissario acquirente con possibilità di usucapirlo trascorsi venti anni. Per la corte invece l’unicità dell’operazione deriva da tre contratti ciascuno con una sua causa autonoma: il preliminare e due contratti accessori, dei quali l’uno, inteso a rendere disponibile il bene, è qualificato come comodato; l’altro, inteso alla corresponsione di una somma di denaro, come mutuo. In tal modo il promissario acquirente è mero detentore del bene consegnato e ciò gli impedisce di acquistarne la proprietà per usucapione.
17 Già GIORGIANNI, Negozi giuridici collegati, cit., p. 59 aveva rilevato che il ricorso al collegamento negoziale è un potenziale strumento per conseguire finalità elusive; più di recente si veda NARDI, Frode alla legge e collegamento negoziale, Milano, 2006. Sulla frode alla legge in generale, si veda da ultimo CICERO, Frode alla legge in Digesto delle disc. priv. - sez. civile, agg. 9, Torino, 2014, p. 263.
in concreto il potere di autonomia dei privati in vista del risultato pratico unitario18.
Ciò è permesso dall’art. 1344 c.c. che, di fatto, legittima il collegamento negoziale come strumento ermeneutico deputato a salvaguardia del principio di legalità19.
Collegamento e frode appaiono quindi allo stesso tempo strumenti di azione e valutazione. Per frodare la legge le parti dividono – anche nel tempo – in singoli atti quanto invece è un affare unico. Per smascherare la frode l’interprete, e precisamente il giudice, riconnette i singoli atti e valuta la conformità dell’unitaria operazione economica alle norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume.
Ebbene se il risultato è vietato dalla legge l’illiceità finisce per permeare tutta l’operazione contrattuale, ripercuotendosi sui singoli contratti e determinando la caducazione dell’insieme, anche se le cause di ciascuno appaiono in sé lecite.
La frode alla legge opera quindi come misura di salvaguardia interna al diritto e non come un ampliamento delle disposizioni proibitive legali fino a reprimere operazioni che, in mancanza di previsioni contrarie, non si identifichino con il meccanismo elusivo e con la possibile produzione del risultato proibito20.
La casistica di tale problematica è relativa essenzialmente a due filoni: uno è quello dei negozi collegati in frode al divieto del patto commissorio, l’altro alla discussa operazione di leveraged buy out, sulla quale ci si soffermerà nel successivo capitolo della ricerca.
In tale fase appare invece opportuno evidenziare che la giurisprudenza ha spesso fatto ricorso al collegamento negoziale per giustificare l’applicazione estensiva dell’art. 2744 c.c. a tutte le ipotesi di trasferimenti in funzione di garanzia (vendite con clausole di riscatto o di retrovendita, vendita e mandato irrevocabile a vendere, contratti collegati di credito e vendita, sospensivamente o risolutivamente condizionata, o vendita e leasing o più in generale tutte le volte in cui l’assetto finale degli interessi rileva la strumentalità del trasferimento della
18 In tal senso NUZZO, Contratti collegati e operazioni complesse, cit., p. 46.
19 Sul punto si veda CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge, cit., p. 1054. 20 Per approfondire tale questione si rinvia a BRECCIA, Frode alla legge, in Il contratto in generale, a cura di Alpa, Breccia, Liserre, in Trattato di diritto privato, diretto da Bessone, XII, Torino, 1999, p. 259.
proprietà di un bene alla garanzia del creditore per il caso di inadempimento del debitore)21.
In dottrina si è sottolineato invece come tale estensione del divieto conduca a conseguenze eccessive, non corrispondenti né agli interessi delle parti, né a quelli dell’ordinamento. Ed infatti, mentre l’art. 2744 c.c. comporta soltanto la nullità del patto commissorio e lascia sopravvivere il rapporto di credito e la garanzia reale, si è per contro rilevato che l’applicazione estensiva dello stesso alle operazioni menzionate di collegamento negoziale travolgerebbe tutti i contratti oggetto dell’operazione22.
Ecco che allora è stata prospettata la soluzione di considerare lecita la combinazione di negozi di credito e di alienazione in funzione di garanzia tutte le volte in cui venga assicurato, con appropriate clausole di cautela, il rispetto di una regola di proporzione e di equilibrio tra valore del credito garantito e valore del bene dato in garanzia. In tal modo si escluderebbero gli effetti caducatori derivanti dalla sussistenza del collegamento nei casi in cui l’operazione economica abbia l’intento di rafforzare la posizione del creditore, senza arrecare un pregiudizio effettivo al debitore: quest’ultimo infatti riuscirebbe ad ottenere l’erogazione di un credito, che altrimenti presumibilmente non gli sarebbe stato concesso23.
Come si vedrà, ad una soluzione fondata su tali medesimi principi di equità e proporzionalità, è pervenuto il legislatore quando con il d.lgs. n.6 del 2003 ha legittimato l’operazione di leveraged buy out, introducendo nel codice civile l’art. 2501bis c.c.
21 Così Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, in Dir. e giust., 2004, p. 41 che afferma che la violazione del divieto di patto commissorio può essere perpetrata, oltre che in modo diretto, anche indirettamente, attraverso il collegamento di più negozi; in questo caso, la nullità della causa si estende a tutti i contratti collegati. Si vedano anche: Cass., 30 ottobre 1991, n. 11638, in Giust. civ. mass., 1991, p. 1552; Cass., 20 luglio 1999, n. 7740, in Giust. civ. mass., 1999, p. 1674; Cass., 19
maggio 2004, n. 9466, in Contratti., 2004, p. 979; Cass., 10 marzo 2011, n. 5740, in Vita not., 2011,
II, p. 984.
22 Si veda in particolare CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge, cit., p. 1057.
23 Così, ancora, CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge, cit., p. 1057, che sostiene tale soluzione sulla base di tre argomentazioni: la disciplina della clausola penale, che in caso di eccessività della stessa prevede la riduzione ad un importo proporzionato e non la nullità della clausola; il d.lgs. n.170 del 2004 che, nell’ambito dei contratti di garanzia finanziaria, ammette la validità dei contratti di trasferimento della proprietà di attività finanziarie in funzione di garanzia; infine, nella prospettiva del diritto europeo dei contratti, il draft CFR che esclude la nullità dei trasferimenti in funzione di garanzia se il creditore è autorizzato ad appropriarsi soltanto della quota corrispondente al valore del suo credito.
4. segue: l’applicazione del brocardo simul stabunt, simul cadent.
Il meccanismo del collegamento negoziale, come è stato anticipato, oltre che per la qualificazione dell’operazione economica posta in essere dalle parti, assume rilevanza in merito alle relazioni intercorrenti tra i singoli contratti sotto il profilo patologico.
Tradizionalmente infatti l’esistenza di un nesso giuridicamente rilevante tra due negozi distinti viene raffigurato dal brocardo simul stabunt, simul cadent, in forza del quale i diversi contratti sono posti tra loro in un rapporto per cui la validità o l’efficacia o la continuazione dell’esistenza dell’uno, influenzano la validità o l’efficacia o la continuazione dell’altro24.
Ciò è ribadito anche dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, dove si afferma che l’interdipendenza tra i negozi collegati produce una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi «simul stabunt, simul cadent»25.
Al fine dell’applicazione di tale principio bisogna distinguere i casi di collegamento bilaterale da quelli di collegamento unilaterale: si ricorre alla prima ipotesi quando l’esistenza di un negozio non può prescindere dalla sussistenza dell’altro e viceversa; si ha invece collegamento unilaterale, quando un negozio è dipendente da un altro, che è invece autonomo, come ad esempio il contratto di garanzia rispetto al rapporto di debito garantito.
Ebbene il brocardo trova generale applicazione solo nell’ambito del collegamento bilaterale, mentre nell’ambito di quello unilaterale si applica unicamente al verificarsi di vicende patologiche che colpiscano il contratto principale, che si trasmettono dunque a quello dipendente26.
In tali ipotesi per effetto della sussistenza del legame, l’invalidità o la risoluzione di uno dei contratti collegati possono ripercuotersi sugli altri.
Con riferimento ai casi di invalidità, la giurisprudenza ha giustificato l’operare del brocardo attraverso un’applicazione estensiva del principio di cui al primo comma dell’art. 1419 c.c. in tema di nullità parziale e ha statuito che
24 Già GIORGIANNI, Negozi giuridici collegati, cit., p. 74 aveva individuato tra le conseguenze del collegamento l’applicabilità della regola simul stabunt, simul cadent.
25 Così, da ultimo, testualmente Cass., 10 ottobre 2014, n. 21417, cit., p. 56.
26 Si veda MESSINEO, voce Contratto collegato, cit., p. 52.
l’invalidità di un contratto si trasmette a quello collegato se risulta che i contraenti non avrebbero concluso quest’ultimo senza il primo27.
In ordine alle ipotesi di risoluzione del contratto, si è invece affermato che qualora venga dichiarato risolto uno dei negozi collegati per inadempimento, impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità sopravvenuta, a richiesta dalla parte interessata possa essere dichiarato dal giudice risolto anche il contratto collegato28. La giurisprudenza ha inoltre evidenziato che il giudice nel giudizio sulla gravità dell’inadempimento deve tenere conto delle prestazioni nascenti dalla fattispecie complessiva e dell’interesse globale perseguito dalla parti attraverso la trama contrattuale collegata29.
Si ritiene infine che, per effetto della stretta relazione intercorrente tra i contratti collegati, un contraente possa anche opporre l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. con riferimento ad un contratto se vi è stato inadempimento in quello collegato30.
Sul punto la Corte di Cassazione sin dagli anni cinquanta ha infatti affermato il principio secondo il quale nel collegamento negoziale il comportamento delle parti deve essere valutato nel suo complesso e le clausole di un negozio devono interpretarsi per mezzo di quelle dell’altro, con la conseguenza che l’inadempimento delle obbligazioni relative ad uno dei negozi non può non riflettersi sull’adempimento di quelle portate dagli altri, onde l’eccezione di inadempimento può trovare applicazione anche in caso di obbligazioni derivanti da negozi diversi31.
L’eccezione di inadempimento è quindi opponibile in quanto l’inadempienza di una parte con riferimento ad un singolo negozio va messa in relazione con la valutazione unitaria e complessiva dell’operazione economica finale voluta dalla parti.
27 V. Cass., 6 luglio 2015, n. 13888, in www.iusexplorer.it; Cass., 12 dicembre 1995, n. 12733, in
Giust. civ.,1996, p. 2697; Cass., 18 gennaio 1988, n. 321, in Giust. civ., 1988, p. 1214.
28 V. Trib. Torino, 3 novembre 2008, in Giur. merito, 2009, p. 692; Cass. 16 giugno 1997, n. 5387, in www.iusexplorer.it; Cass., 23 marzo 1992, n. 3587, in Rep. foro it., 1992, voce Contratto in genere, c. 657, n. 173.
29 V. Cass., 28 giugno 2001, n. 8844, in www.iusexplorer.it e meno di recente Cass. 15 maggio 1973,
n. 1378, in Giur. it., 1975, I, p. 742.
30 Già GIORGIANNI, Negozi giuridici collegati, cit., p. 75 e in giurisprudenza Cass. 11 marzo 1981, in
Giur. it., 1982, I, c. 378 con nota di CIRILLO, Negozi collegati ed eccezione di inadempimento.
31 Così Cass., 21 giugno 1955, n. 1912, in Giust. civ., 1955, I, p. 1823. Di recente Cass., 29 luglio
2007, n. 20592, in Giust. civ. mass., 2007, p. 9 e Cass., 1 ottobre 2004, n. 19657, in Banca, borsa e tit. credito, 2005, II, p. 611 con nota di PROSPERETTI, Note di in tema di tutela dell’utilizzatore rispetto ai vizi originari del bene nel leasing finanziario.
5. La classificazione dei collegamenti.
Della locuzione «collegamento negoziale» viene fatto un larghissimo impiego: ad esso si fa riferimento, ad esempio, per spiegare i rapporti intercorrenti tra contratto preliminare e definitivo, tra contratto principale e contratto di garanzia, tra negozio astratto e rapporto fondamentale, tra contratto e subcontratto, tra contratto di società e contratto parasociale, tra contratto di leasing e successiva vendita del bene oggetto della concessione32, nell’ambito del project financing, del deposito nelle cassette di sicurezza33, delle convenzioni matrimoniali34, dei negozi fiduciari35, delle liberalità risultanti dalla combinazione di negozi36 e più in generale in tutte le ipotesi in cui ricorre un nesso tra due negozi. Dalla breve e non esaustiva elencazione delle ipotesi in cui dottrina e giurisprudenza hanno fatto ricorso a tale figura, si può desumere l’eterogeneità delle fattispecie riconducibili alla categoria «collegamento negoziale»: ciò può giustificarsi dall’esigenza di superare una concezione puramente formale di contratto, dando così rilievo allo scopo pratico che le parti hanno inteso realizzare
con l’impiego di distinti, ma collegati schemi contrattuali.
E’ infatti in particolare nella prassi dei rapporti commerciali che tale fenomeno ha tratto origine per effetto delle necessità di creare nuove figure contrattuali necessarie alla crescita dell’economia, che si sono evolute verso modelli sempre più complessi e che richiedono pertanto forme giuridiche adeguate37.
Non è un caso quindi che, come si vedrà successivamente, proprio nell’ambito del diritto dell’impresa il legislatore è intervenuto per disciplinare specifiche ipotesi di collegamento negoziale.
32 Sul punto CLARIZIA, Collegamento negoziale e vicende della proprietà. Due profili della locazione finanziaria, Rimini, 1982.
33 Si veda SCIALOJA, Il contratto di abbonamento alle cassette forti di custodia, in Contributo alla teoria del negozio giuridico, I, 1950, p. 159.
34 Così Cass., 12 maggio 1999, n. 4716, in Vita not., 2001, II, p. 75.
35 Così Trib, Roma, 29 settembre 1999, in Giur. rom., 2000, p. 252 per una fattispecie di vendita fiduciaria collegata ad un mandato.
36 In tal senso si veda in particolare CAREDDA, Donazioni indirette, in I contratti gratuiti, a cura di Palazzo e Mazzarese, Torino, 2008, p.279 che analizza una serie ipotesi in cui il legame fra negozi pone in essere una liberalità, come ad esempio l’operazione che si realizza per effetto della connessione tra il contratto di mandato e il relativo negozio gestorio, con la quale si realizza un atto di liberalità a favore del mandatario o di un terzo.
37 Così FERRANDO, I contratti collegati, in I contratti in generale, a cura di Alpa e Bessone, III, in Giur. sist. dir. civ. e comm., diretta da Bigiavi, Torino, 1991, p. 575.
In generale i legami fra negozi possono essere classificati in vario modo.
Si possono distinguere casi in cui il collegamento è puramente occasionale (mera coesistenza nel medesimo documento dei due negozi), necessario (quando la connessione sussiste in forza di un nesso obiettivo, per lo più previsto dalla legge) o volontario (quando il nesso è creato e voluto dai contraenti per realizzare un’operazione economica).
Altro criterio classificatore può essere quello tra collegamento genetico e funzionale, a seconda che l'influenza si limiti alla fase formativa del negozio ovvero coinvolga anche il rapporto che ne scaturisce. Nel primo caso il collegamento opererà come fonte del rapporto da un contratto verso l’altro, nel secondo invece direttamente nel rapporto tra i due contratti38.
Si distingue poi tra collegamento unilaterale o bilaterale, a seconda che tra i negozi vi sia un legame di dipendenza unidirezionale oppure di interdipendenza, il ché, come è stato precedentemente evidenziato, assume rilevanza in merito alla trasmissione dei vizi da un contratto all’altro.
Infine una dottrina ha proposta la classificazione sulla base della sussistenza di un nesso di concorso o di un nesso di sequenza, a seconda che i negozi siano destinati ad operare contemporaneamente ovvero in momenti diversi nella realizzazione di un complesso risultato economico sociale39.
Il primo criterio classificatorio proposto appare quello migliore per procedere alla disamina delle ipotesi di collegamento negoziale, in quanto permette di realizzare a monte una summa divisio tra i collegamenti disciplinati dal legislatore e quelli invece realizzati autonomamente dalla parti. Da una parte infatti si hanno fattispecie di collegamento, che in quanto tipizzate dal legislatore, almeno sul piano astratto, non pongono problemi in tema di liceità della causa: per esse infatti si può, in linea generale, escludere la realizzazione di un’operazione in frode alla legge; inoltre generalmente è disciplinata la trasmissione dei vizi da un negozio collegato all’altro. Nei casi di collegamento volontario spetterà invece all’interprete valutare la meritevolezza della connessione posta in essere dalle
38 Propone tale distinzione OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 71 che definisce collegamento genetico quello per cui un negozio esercita un’azione, vincolativa o meno, sulla formazione di altro o di altri negozi, come ad esempio nel rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo; è funzionale invece quel collegamento per effetto del quale un contratto opera sullo svolgimento di un altro.
39 Così BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato di diritto civile, diretto da Vassalli, Torino, 1960, p. 298.
parti e verificare quali conseguenze derivano dall’invalidità o dalla risoluzione di un contratto rispetto all’altro collegato.
All’interno poi delle due macro categorie potranno essere distinti i diversi rapporti che intercorrono tra i negozi collegati.
Sulla base di tale divisione verranno pertanto analizzate nei successivi capitoli le ipotesi di collegamento negoziale tra contratto di società e terzi contratti.
Prima di far ciò si ritiene però opportuno effettuare una ricostruzione delle figure del collegamento necessario e di quello volontario, differenziandole anzitutto dal collegamento meramente occasionale.
5.1. Il collegamento occasionale.
La locuzione collegamento occasionale è utilizzata tradizionalmente per descrivere il caso in cui più contratti vengano stipulati contemporaneamente utilizzando lo stesso supporto materiale, cioè il medesimo documento.
Dottrina40 e giurisprudenza41 ricorrono a tale figura essenzialmente per escludere che tale collegamento possa comportare sul piano delle conseguenze giuridiche l’applicabilità degli effetti tipici derivanti dal collegamento negoziale necessario o volontario ai negozi presenti nello stesso atto.
Essi infatti, pur se contemporanei, non mirano congiuntamente a realizzare un effetto ulteriore rispetto a quello prodotto in modo autonomo individualmente.
In conseguenza di ciò apparirebbe allora illogico riverberare le vicende patologiche di un contratto sull’altro per effetto della semplice contestualità dei due negozi su un medesimo supporto materiale. Così, ad esempio, la nullità di un contratto per illiceità dell’oggetto non comporta anche la nullità dell’altro contratto per effetto della mera coesistenza dei due negozi nel medesimo atto, purché ovviamente tra essi non sussistano ulteriori relazioni sul piano effettuale.
Il collegamento occasionale appare dunque idoneo a descrivere unicamente il fatto della documentazione di più contratti in un unico atto e
40 Per tutti DI SABATO, Unità e pluralità di negozi ecc., cit., p. 428.
41 V. Cass., 13 febbraio 1992, n. 1751, in Giur. it., 1993, I, c. 1082. Più di recente Cass. 18 settembre
2012, n. 15640, in Contratti, 2013, p. 339; Cass., 9 dicembre 2000. n. 15941 in Giust. civ., 2000, I,
p. 1874 e Trib. Cagliari, 4 aprile 2005, in Riv. giur. sarda, 2006, p. 69 con nota di PALMA, Note minime in tema di trasferimento di quote di s.r.l., simulazione e azione di arricchimento senza causa.
pertanto più che alla categoria del collegamento negoziale appare riconducibile alla teoria del documento giuridico, da cui può derivare un’autonoma disciplina42. Non mancano infatti nel diritto positivo esempi di figure che disciplinano la coesistenza in un unico documento di più negozi: si pensi ad esempio alla materia testamentaria nella quale il legislatore se da un lato ha espressamente vietato, comminandone la nullità, l’ipotesi del testamento congiuntivo e quella del testamento reciproco (art. 589 c.c.), ha reputato indifferente e quindi ammissibile il caso dei testamenti simultanei che ricorrono quando più dichiarazioni di ultima volontà sono contemporanee e contenute in un medesimo documento ma
autonome fra loro43.
Oppure nell’ambito del diritto tributario e precisamente dell’imposta di registro, il disposto dell’art. 21 del d.p.r. n. 131 del 26 aprile 1986 in cui si prevede che se in un atto sono contenute più negozi che non derivano necessariamente per la loro intrinseca natura gli uni dagli altri, ciascuno di essi è soggetto ad imposta come se fosse un atto distinto. Mentre, a contrario, è stabilito nel secondo comma del medesimo articolo che se le disposizioni derivano necessariamente le une dalle altre si applica l’imposta come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla tassazione maggiore.
Da tali esempi normativi si deduce allora che la coesistenza in un medesimo atto di più negozi mantiene inalterata la natura di essi ed indipendenti i loro effetti fino al limite che tra i due o più atti derivi un rapporto di dipendenza o relazione sul piano effettuale44.
In conclusione si può quindi affermare che solo in tale ultimo caso, si può parlare di vero collegamento negoziale, mentre appare preferibile ricondurre le ipotesi del cosiddetto collegamento occasionale alla teoria del documento e della documentazione giuridica45.
42 Sul punto BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, cit., p. 800.
43 Per approfondimenti sul tema dei testamenti simultanei e la loro ammissibilità, si veda CAPOZZI,
Successioni e donazioni, Milano, 2015, p. 701.
44 Sul punto Trib. Cagliari, 4 aprile 2005, cit., p. 69 in cui viene stabilito che l'unicità documentale di un atto di cessione di quote di s.r.l. di per sé non implica che le alienazioni in esso contenute diano luogo ad un solo contratto o a più contratti strettamente collegati, dal momento che ciò che rileva non è l'elemento formale della manifestazione di volontà, ma quello della loro convergenza in un intento comune volto a porre in essere un accordo simulatorio.
45 Così ancora BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, cit., p. 800. Si veda anche IRTI, Sul concetto giuridico di documento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1969, p. 484 e in Norme e fatti, Milano, 1984, p. 260.
5.2. Il collegamento necessario o legale.
Dopo aver escluso dalla categoria del collegamento negoziale quello occasionale, bisogna ora analizzare l’ipotesi del collegamento necessario, che ricorre quando i negozi sono legati tra loro da un nesso obiettivo, per lo più istituito dalla legge, per il quale almeno uno dei due contratti non potrebbe esistere senza l’altro46.
All’interno di tale categoria bisogna anzitutto distinguere i casi in cui il collegamento si manifesta nella attitudine di un negozio a influire sulla vita di un altro dai casi in cui il nesso tra più negozi si riferisce al momento della funzione e della efficacia esplicata dai negozi nella loro combinazione.
Quanto alla prima, si devono poi differenziare tre distinte sottocategorie di connessioni: genetiche, modificative e estintive.
Alla prima ipotesi si possono ricondurre il contratto preliminare rispetto a quello definitivo, l’opzione o la proposta irrevocabile rispetto al contratto da formare; rientrano invece tra i collegamenti modificativi l’accertamento, attraverso il quale si elimina attraverso un nuovo contratto l’incertezza relativa a una situazione negoziale precedente, la rinnovazione, che permette di trasfondere il vecchio negozio in uno nuovo47, e la sostituzione, in cui il nuovo negozio si sostituisce a quello precedente per modificarlo in qualche punto.
Nel terzo gruppo, quello dei negozi estintivi, si possono infine classificare le figure della revoca per gli atti unilaterali e del mutuo dissenso per i contratti.
Tali ipotesi di collegamenti appaiono statiche, in quanto ciascun negozio incide sull’esistenza dell’altro, condizionandone la nascita, la vita o l’estinzione.
La seconda categoria dei collegamenti necessari attiene invece al piano della funzione e degli effetti di un negozio verso un altro: si parla per questo di collegamento funzionale, in quanto il collegamento opera sullo svolgimento del rapporto che ne nasce.
46 Si utilizza la classificazione prospettata da SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, cit., p. 378, che appare essere la più completa, anche perché cronologicamente questo risulta essere l’ultimo lavoro del filone dottrinale che ha studiato il collegamento negoziale sotto il profilo della classificazione e che era iniziato con lo scritto del 1937 di GIORGIANNI, più volte citato in precedenza. 47 Sul contratto rinnovativo si rinvia a LAMBRINI, Novazione del contratto o contratto rinnovativo?, in Scambio o gratuità. Confini e contenuti dell’area contrattuale, a cura di Garofalo, Padova, 2011, p. 451.
Rientrano in tale area i negozi accessori, quali quelli di garanzia, ratifica e convalida, la combinazione di negozi a scopo indiretto o fiduciario, il mandato rispetto all’atto giuridico che il mandatario deve compiere e i patti parasociali48.
Si può inoltre parlare di negozi necessariamente collegati con riferimento ai casi in cui un negozio costituisca per la sua efficacia il logico antecedente di un altro: si pensi ad esempio alla designazione testamentaria e alla conseguente accettazione dell’erede oppure ai subcontratti, in cui il nesso di collegamento si coglie dal fatto che il nuovo diritto costituito attraverso il subcontratto si fonda sul rapporto posto in essere dal contratto principale, dal quale dipende49.
In definitiva la caratteristica principale che accomuna le fattispecie ricondotte alla categoria del collegamento necessario risiede, salvo qualche circostanza, al fatto che il legame intercorrente tra i negozi è posto direttamente e immediatamente dalla legge, in quanto è il legislatore che disciplina tale nesso. Sulla base di tale considerazione, sembra allora che in questi casi il collegamento negoziale risulti essere una tecnica composita di costruzione di una fattispecie complessa: il legislatore infatti nel descrivere il modello fattuale lega la vita o la funzione o gli effetti di un negozio a quelle di un altro prevedendo nella
maggior parte dei casi le conseguenze di tale collegamento50.
Si pensi, ad esempio al negozio accessorio della fideiussione, dove vige la regola accessorium sequitur principale ex art. 1939 c.c. o all’accettazione di eredità rispetto alla designazione di erede, quale atto necessario per concludere il procedimento successorio a titolo universale o ancora all’art. 1595 c.c. in tema di sublocazione in cui si prevede che la nullità o la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore e la sentenza pronunciata in una causa tra locatore e conduttore ha effetto anche contro di lui.
Le vicende dell’uno sull’altro sono quindi un effetto immediato e diretto della legge, a differenza dei casi di collegamento volontario, in cui è l’autonomia privata che realizza la connessione e l’influenza di un negozio sull’altro.
48 Così OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 78.
49 Ci si riferisce alla sublocazione (art. 1595 c.c.), al subaffitto (art. 1624 e 1649 c.c.), al subappalto (art. 1656 e 1670 c.c.), al submandato (art. 1717 c.c.), al subdeposito (art. 1770 c.c.), al subcomodato (art. 1804 c.c.) e al subnoleggio (art. 394 cod. nav.).
50 Sul punto BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale, cit., p. 804.
L’esistenza del collegamento quindi pone un problema essenzialmente normativo ponendosi comunque come un dato di interpretazione della legge e non soltanto della volontà dei contraenti51.
5.3 Il collegamento volontario.
Appare ben diversa invece la categoria del collegamento volontario, che, a differenza della precedente, si caratterizza per il fatto che il nesso tra più negozi è creato dall’autonomia contrattuale delle parti.
Tali fattispecie di collegamento sono infatti create e volute dai contraenti al fine di creare un legame tra negozi che altrimenti sarebbero del tutto indipendenti l’uno dall’altro.
I due o più atti, facenti parte dell’operazione, sono così frazione dell’intento unitario, che può essere visto nella sua interezza solo attraverso la valutazione globale di tutti i negozi coinvolti.
Al fine di individuare la sussistenza del collegamento l’evoluzione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali ha prospettato tre diversi criteri: uno soggettivo, uno oggettivo e uno soggettivo e oggettivo congiuntamente.
Per effetto dell’applicazione del criterio soggettivo, l’esistenza di una connessione fra negozi verrebbe determinata unicamente dalla volontà delle parti: i contraenti, infatti, quando ritengono di realizzare il collegamento elevano il nesso teleologico che unisce i contratti a vincolo di reciproca subordinazione52. La volontà in tal senso deve essere quindi comune, mentre il collegamento sarebbe escluso qualora la finalità di connessione fosse perseguita da una sola parte53.
I sostenitori dell’orientamento oggettivo ritengono invece che sia sufficiente che la connessione risulti sul piano funzionale dall’unitarietà della
51 Si veda in questo senso DI SABATO, Unità e pluralità di negozi ecc., cit., p. 428.
52 Così SACCO, Contratto collegato, cit., p. 241; GASPERONI, Collegamento e connessione tra negozi, cit., p. 372; RAPAZZO, I contratti collegati, cit., p. 32.
53 In tal senso ancora SACCO, Contratto collegato, cit., p. 241.
causa che l’operazione è diretta a realizzare54. La sussistenza del nesso economico funzionale verrebbe accertata attraverso lo strumento della buona fede55.
Così anche in assenza dell’elemento volontaristico, non si escluderebbe aprioristicamente l’esistenza del collegamento negoziale, ma si potrebbe desumere la sussistenza di esso dall’interesse pratico unitario e ulteriore rispetto al quale i singoli atti possano apparire strumentali56.
Il terzo criterio identificativo del collegamento ritiene infine necessaria la presenza sia dell’elemento soggettivo che di quello oggettivo: la connessione deve così risultare sia dall’intento comune dei contraenti che dal fine obiettivo perseguito, che deve essere valutato secondo buona fede57.
L’esistenza del collegamento deve quindi essere valutata non solo in relazione alle intenzioni delle parti, ma anche per come si è obiettivizzato nei singoli negozi. In assenza di tale elemento oggettivo infatti non si paleserebbe la sussistenza della connessione, che rimarrebbe confinata tra i motivi, irrilevanti per la qualificazione della causa dei singoli contratti.
Tale ultimo orientamento citato è ormai prevalente anche a livello giurisprudenziale, malgrado le corti siano pervenute a tale risultato solo di recente.
E’ infatti a partire dagli anni settanta, in concomitanza con l’intensificarsi dei traffici commerciali e con l’esigenza degli operatori economici di ricorrere a schemi contrattuali nuovi, che la giurisprudenza ha cominciato ad occuparsi diffusamente delle forme di connessione contrattuale. Il criterio utilizzato per distinguere i collegamenti negoziali dai contratti misti era di tipo causale: se il negozio misto infatti si caratterizzava per l’unitarietà della causa, il collegamento
54 Sostengono tale orientamento SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, cit., p. 375; SENOFONTE, In tema di negozi collegati, cit., p. 273, BIANCA, Diritto civile, il contratto, Milano, 2000, p. 482.
55 Così SPALLAROSSA, Contratti collegati e giudizio di buona fede, in Giur. merito, 1972, I, p. 157.
56 Così BUONFRATE, Contratti collegati, cit., p. 292 criticato da SACCO, Contratto collegato, cit., p. 241 che afferma che non esistono ragioni per adottare tale logica in quanto il collegamento esiste per effetto di una manifestazione di volontà dei contraenti.
57 Questa posizione è sostenuta da OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 81. In tal senso anche SATTA, Corrispettività tra prestazioni, collegamento fra negozi e proroga legale delle locazioni, in Giur. it., 1950, I, c. 355; DI NANNI, I negozi collegati nella recente giurisprudenza (note critiche), in Dir. giur., 1976, p. 130; RABITTI BEDOGNI, Sul collegamento di atti di società collegate, in Giur. merito, I, 1977,
p. 507 e LENER, Profili del collegamento negoziale, cit., p. 23.
negoziale veniva accertato quando si ravvisava una pluralità di cause tra loro funzionalmente connesse58.
Successivamente venne ad assumere maggiore rilevanza l’elemento volontaristico, inteso nella triplice valenza di libertà delle parti di concludere contratti non appartenenti ai tipi codificati, di volontà di conseguire l’effetto tipico dei singoli contratti collegati e di volontà di imprimere il collegamento negoziale tra i contratti del gruppo. Veniva quindi qualificato come volontario quel collegamento in cui le parti in maniera espressa o tacita creavano un nesso di interdipendenza tra contratti e subordinavano la sorte di uno a quello dell’altro59.
E’ infine dall’inizio del nuovo millennio che la giurisprudenza è arrivata a sostenere l’imprescindibilità del binomio funzionalità e volontà ai fini della configurazione del collegamento volontario60.
La giurisprudenza della Cassazione, nonché quella delle corti di merito, è infatti conforme nello statuire che affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell'ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento
58 V. Cass. 17 marzo 1978, n. 1346, in Riv. notar., 1979, p. 116 e Cass., 15 febbraio 1980, n. 1126 in www.iusexplorer.it, in cui si statuisce che le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, possono dare vita, contestualmente o no, a diversi e distinti contratti, i quali, caratterizzandosi ciascuno in funzione della propria causa e conservando l'individualità propria di ciascun tipo negoziale, vengono tuttavia concepiti e voluti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, così che le vicende dell'uno debbano necessariamente ripercuotersi su quelle dell'altro, condizionandone la validità e l'efficacia. La distinzione tra negozi funzionalmente collegati e negozi indipendenti deve essere ricercata nell'elemento causale, nel senso che nei primi ricorre una pluralità di cause distinte, ma tra loro funzionalmente connesse, si dà determinare la sopra ricordata interdipendenza reciproca, mentre nei secondi sussiste una pluralità di funzioni economico-sociali del tutto indipendenti. L'accertamento circa l'esistenza o meno del collegamento funzionale dei vari negozi rientra nell'apprezzamento incensurabile del giudice del merito.
59 V. Cass., 5 agosto 1982, n. 4401, in Mass. gius. civ., 1982, p. 1601 in cui si afferma che il collegamento negoziale deve risultare dalla volontà delle parti. Si veda anche Cass. 27 aprile 1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, p. 1093.
60 V. Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, cit., p. 685; Cass., 28 luglio 2004, n. 14244 in Giur. it., 2005, p.
1825; Cass., 14 giugno 2007, n. 13894 in www.iusexplorer.it; Cass., 17 maggio 2010, n. 11974 in
ww.iusexplorer.it; Cass., 24 marzo 2014, n. 6879, in Guida al Diritto, 2014, p. 76; Cass., 11 settembre 2014, n. 19161 in Foro it, 2014, c. 3459 con nota di Lener, La «vendita» di hardware e software tra unità e pluralità dei contratti. Per le pronunce dei tribunali di merito si vedano Trib. Arezzo, 2 ottobre 2012, in www.iusexplorer.it; Trib. Reggio Emilia, 2 ottobre 2013, n. 1463, in www.iusexplorer.it.
pratico delle parti di volere non solo l'effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale61.
Alla luce dell’analisi dei criteri individuanti il collegamento volontario prospettati da dottrina e giurisprudenza, appare allora evidente come, indipendentemente da ciascuno di essi, l’elemento che caratterizza il collegamento volontario sia l’autonomia contrattuale delle parti nella realizzazione dell’operazione complessa62.
Ebbene in forza del principio di cui all’art. 1322 c.c., i contraenti potranno realizzare le più differenti connessioni con il limite della meritevolezza degli interessi, coincidente con la non contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume; inoltre, come è stato affermato nei paragrafi precedenti, il collegamento non dovrà essere posto in essere in frode alla legge.
Il risultato del collegamento realizza così l’operazione economica, sulla quale è ora opportuno soffermarsi.
6. La realizzazione dell’operazione economica attraverso i negozi collegati.
La nozione di operazione economica, quale categoria concettuale, identifica una sequenza unitaria e composita che comprende in sé il regolamento, tutti i comportamenti che con esso si collegano per il conseguimento dei risultati voluti e la situazione oggettiva nella quale si collocano, poiché anche tale situazione concorre nel definire la rilevanza sostanziale dell’atto di autonomia privata63.
61 Così, da ultimo, Cass., 11 settembre 2014, n. 19161, cit., c. 3468.
62 Si precisa che proprio perché espressione dell’autonomia privata, l’accertamento nelle fattispecie concrete del collegamento negoziale è affidato ai giudici di merito con la conseguente insindacabilità dei fatti in Cassazione. Sul punto in giurisprudenza: Cass., 18 luglio 2003, n. 11240 in Contratti, 2004, p. 118; Cass. 16 giugno 1997, n. 5387 in Contratti, 1998, p. 337; in dottrina BUONOCORE, Contratti d’impresa e collegamento negoziale, in Collegamenti negoziali e forme di tutela, Milano, 2007, p. 26 e FERRANDO, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, in Contr. Impr., 2000, p. 132.
63 Così definisce l’operazione economica GABRIELLI, Contratto ed operazione economica, in Digesto delle disc. priv. - sez. civile, agg. 6, Torino, 2011, p. 243. Tale autore ha dedicato diversi studi al tema dell’operazione economica, raccolti in GABRIELLI, Operazione economica e teoria del contratto, Milano, 2013.
La molteplicità degli interessi che spesso caratterizza gli atti di autonomia privata può superare infatti la ristretta dimensione del tipo contrattuale, sia sul piano di valutazione della qualità degli interessi perseguiti dalle parti, sia in termini di controllo del rispetto dei limiti, qualitativi e quantitativi, che, a seconda della natura dell’affare, l’ordinamento impone all’unitario assetto di interessi fissato dalle parti nel contratto64.
In conseguenza di ciò, indipendentemente dal singolo tipo o dall’insieme dei tipi, seppur tra loro collegati o dipendenti, di contratti o di negozi che le parti hanno utilizzato per costruire il loro assetto di interessi, andrebbe considerata l’operazione nella sua unità formale65.
In questo modo l’angolo visuale rispetto al quale l’ordinamento osserva l’assetto di interessi predisposto dai privati viene fornito non solo dall’atto, ma anche dall’attività delle parti66.
I tipi contrattuali risultano infatti a volte inidonei a cogliere la rilevanza che, in concreto, la funzione dell’atto assume, mentre il concetto di operazione economica può fornire una più ampia e comprensiva espressione67.
Ciò però non esclude la rilevanza della necessaria qualificazione giuridica dell’atto o degli atti che realizzano l’operazione economica: è infatti proprio attraverso il negozio giuridico che l’operazione da fatto storico assurge a fenomeno giuridico.
E’ bene poi precisare che l’inquadramento di uno o più contratti nell’ambito dell’operazione economica non assume solo valore descrittivo, ma è anche rilevante sia in termini sistematici, sia in termini applicativi.
Il qualificare un assetto negoziale come operazione economica permette infatti di valutare le vicende che riguardano l’autoregolamento di interessi sia nella fase di formazione del vincolo68, sia di costruzione della regola69, sia della sua
64 Così ancora GABRIELLI, Contratto ed operazione economica, cit.,p. 243.
65 Cfr. PALERMO, Funzione illecita e autonomia privata, Milano, 1970, p. 36.
66 Si veda BARCELLONA, Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969, p. 288.
67 Sul punto BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969, p. 2 in cui l’autore afferma che la prospettiva dinamica permette di cogliere appieno il significato dell’autoregolamento dei privati.
68 Ci si riferisce a BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, cit., p. 1; PALERMO, Contratto preliminare, Padova, 1991, p. 39; ORESTANO, Accordo normativo e autonomia negoziale, Padova, 2000, p. 97.
69 Così FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, p. 249.
esecuzione70, sia dell’emersione di situazioni patologiche71 e soprattutto funge da criterio di selezione degli interessi rilevanti in chiave di interpretazione dell’atto di autonomia privata72.
Si evidenzia allora che anche la giurisprudenza nella ricostruzione e interpretazione dei fenomeni contrattuali che si stanno analizzando, oltre all’impiego della nozione di causa in concreto, si serve proprio della categoria dell’operazione economica73.
L’operazione economica come categoria permette, quindi, allo stesso tempo, di attribuire rilevanza costitutiva agli eventuali accadimenti che precedono o seguono la formale nascita dell’atto di autonomia e dunque al rapporto tra le parti e tra le parti e i terzi, e soprattutto di concentrarsi sulla ragione concreta del singolo affare al di là del tipo contrattuale; conseguentemente favorisce, oltre lo schema dell’atto e del contratto, la valutazione della pluralità e diversità di interessi, individuali e collettivi, che di volta in volta risultano essere, in concreto, regolati nell’atto di autonomia74.
6.1 Collegamento negoziale e operazione economica: una relazione non biunivoca.
Finora si è parlato indistintamente di operazione economica senza differenziarne le tipologie di struttura che possono rintracciarsi.
Si può infatti distinguere una struttura semplice, che si verifica quando l’emersione degli interessi sottostanti sia da ricollegare ad un singolo atto da quella complessa, quando l’operazione si compone di una pluralità di negozi, così che l’accordo di collegamento rappresenta lo strumento per il quale distinte cause
70 Sul punto PALERMO, Contratto di alienazione e titolo dell’acquisto, Milano, 1974, p. 89.
71 Si veda per l’invalidità negoziale NUZZO, Negozio illecito, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma, 1990; per il rischio dell’inadempimento BESSONE, Adempimento e rischio contrattuale, Milano, 1975, p. 17; per la rescissione PROSPERETTI, Mercato e rescissione, in Riv. dir. comm., 1999, I, p. 686.
72 Così SCOGNAMIGLIO, Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992, p. 425. 73 In particolare Cass., 11 giugno 2007, n. 13580, in Giust. civ., 2008, I, p. 279 con nota di GABRIELLI, Il contratto frazionato e l’unità dell’operazione economica e Cass. 23 aprile 2005, n. 8565, in Rep. foro it., 2005, voce Opere pubbliche, p. 274.
74 Si veda sul punto GABRIELLI, Contratto ed operazione economica, cit., p. 257 che sostiene che l’inquadramento dell’operazione economica tra le categorie ordinanti degli atti di autonomia privata consente dunque sul piano interpretativo di dare risalto al contrasto in cui l’affare si realizza, alle circostanze di fatto e di diritto che accompagnano lo svolgimento dell’affare, nonché alle caratteristiche soggettive dei contraenti.
negoziali vengono preordinate alla realizzazione di uno scopo economico unitario75.
In tale ultimo caso, l’operazione economica funge da schema unificante l’intero assetto di interessi disegnato dall’autonomia privata e penetra all’interno delle singole cause che compongono il collegamento negoziale, qualificandole in concreto, a prescindere dalla causa tipica dei singoli schemi negoziali.
E’ dunque la causa in concreto dell’operazione economica lo strumento interpretativo che deve essere utilizzato dagli interpreti per spiegare e disciplinare la complessità oggettiva degli atti di autonomia e in particolare del collegamento negoziale, ove la pluralità di negozi tra loro collegati sia diretta al conseguimento di un risultato unitario che non rappresenta la somma delle singole cause coinvolte nel disegno costruttivo, ma l’unità formale dell’operazione economica voluta dalle parti76.
I collegamenti negoziali funzionali possono quindi essere qualificati per effetto dell’individuazione dell’operazione economica che le parti intendono realizzare.
Non ci può essere quindi collegamento negoziale funzionale se esso non è sorretto dalla sussistenza del fine di realizzare un’operazione economica, così come descritta nel precedente paragrafo. E’ opportuno però, al contempo, evidenziare che non è vero il contrario: non tutte le operazioni economiche, sono anche collegamenti negoziali, in quanto anche un singolo contratto realizza un’operazione economica di struttura semplice.
Inoltre le operazioni economiche poste in essere attraverso una pluralità di negozi possono realizzare non solo un collegamento negoziale ma anche l’opposta ipotesi del frazionamento: mentre infatti col collegamento si tende ad unire, sul piano negoziale, entità tra loro indipendenti al fine realizzare un risultato ulteriore rispetto a quello tipico dei singoli negozi, nel frazionamento, si ha una scomposizione di un negozio, che avrebbe altrimenti configurazione unitaria, in più atti77.
75 Evidenzia tale distinzione GABRIELLI, Il contratto e le sue classificazioni, in Riv. dir. civ., 1997, I, p. 705. Si veda anche SCOGNAMIGLIO, Interpretazione del contratto e interessi dei contraenti, cit., p. 429.
76 V. GABRIELLI, L’operazione economica nella teoria del contratto, in Riv. trim dir. e proc. civ., 2009, p. 905.
77 Sul tema del frazionamento del negozio si vedano, tra i tanti: AZZARO, Contratto e negozio nel
«frazionamento» del rapporto giuridico, Torino, 2009; GABRIELLI, Il contratto frazionato e l’unità
La struttura molteplice caratterizza e accomuna quindi collegamento e frazionamento ed è funzionalmente destinata alla realizzazione di un’operazione economica antitetica: nell’un caso unione di negozi, nell’altro autonomia formale di contratti.
Quando però il fine dell’operazione risulti essere illecito, il risultato di tale illiceità è il medesimo in entrambi i casi: i singoli negozi saranno infatti privati della loro autonomia funzionale per effetto dell’intento ulteriore che li caratterizza e che ne impedisce una valutazione autonoma e verranno analizzati congiuntamente in virtù dell’operazione economica che li sorregge78.
7. La tendenza alla tipizzazione legislativa delle ipotesi di negozi collegati nell’ambito dell’impresa.
Si è scritto in precedenza che le principali questioni che sorgono con riferimento al collegamento negoziale afferiscono essenzialmente all’individuazione della causa dell’operazione economica realizzata e quindi all’interpretazione dei singoli contratti nella logica del collegamento, nonché alla trasmissione dei vizi da un negozio all’altro.
Ebbene tali problematiche possono essere in linea tendenziale risolte per effetto dell’intervento del legislatore.
La tipizzazione delle operazioni economiche complesse può infatti contribuire a razionalizzare le regole operative ed a rendere trasparente il legame giuridico sussistente tra i negozi sottostanti79.
Sul piano della causa, ad esempio, la previsione legislativa del collegamento permette di qualificare, almeno in astratto, come lecita l’operazione economica posta in essere dalle parti: in tal senso è emblematico il caso del leveraged buy out, che come si vedrà successivamente, è stato per lungo tempo osteggiato da parte della dottrina e della giurisprudenza che qualificavano l’operazione in oggetto come in frode alla legge, in quanto finalizzata ad eludere il divieto di assistenza finanziaria. Ebbene per effetto della disposizione di cui all’art.
dell’operazione economica, in Giust. civ., 2008, I, p. 738; DE NOVA, Frazionamento e aggregazione nei contratti alla luce del diritto comunitario, in Contratti, 1995, p. 106.
78 Si veda in particolare AZZARO, Contratto e negozio nel «frazionamento» del rapporto giuridico,
Torino, 2009, p. 45.
79 Sull’importanza della tipizzazione nell’ambito del collegamento negoziale si veda FERRANDO,
Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, cit., p. 236.
2501bis c.c., tali questioni sono state risolte senza che possa essere messa più in dubbio la liceità dell’operazione così come prevista dal legislatore.
Inoltre la tipizzazione rende possibile la valutazione dei concreti interessi in gioco nelle diverse ipotesi di contratti collegati e legittima, conseguentemente, l’operatore del diritto ad interpretare il singolo contratto alla luce di un eventuale contratto collegato.
Sul punto è significativo l’art. 34 del codice del consumo in materia di accertamento della vessatorietà di una clausola contrattuale, in cui si prevede che tale vizio debba essere valutato tenendo conto non solo del contenuto del contratto in cui è posta, ma anche delle disposizioni di un eventuale altro contratto collegato o dipendente a quello in cui è presente la clausola oggetto di valutazione. In tal modo la valutazione complessiva della clausola opera in una duplice direzione, a favore o contro il consumatore, nel senso che, come una clausola di per sé equilibrata può dar vita ad un significativo squilibrio se valutata in relazione a quelle di un contratto collegato, allo stesso modo una clausola apparentemente squilibrata può non risultare tale, se considerata in ragione dei vantaggi conseguiti dal consumatore grazie ad altra clausola presente nel contratto collegato: la regola posta dal legislatore sarebbe, quindi, non solo di tipo interpretativo, ma anche
operativo80.
In dottrina è stato prospettato che in forza di tale norma possa desumersi un principio generale applicabile a tutti i casi in cui debba interpretarsi una clausola negoziale nell’ambito di un collegamento negoziale, anche oltre l’ambito soggettivo dei contratti dei consumatori; per effetto di tale principio dunque, qualora l’interprete qualifichi come vessatoria una clausola contrattuale dovrà procedere ad una valutazione d’insieme della catena contrattuale, in modo che alle clausole dei contratti collegati vada attribuito il senso che risulta dall’operazione economica complessiva81.
Altra ipotesi di collegamento negoziale di recente espressamente prevista dal legislatore può poi desumersi dalla disciplina del patto di famiglia, il cui art. 768quater, 3° comma c.c., prevede che l’assegnazione dei beni ai partecipanti al
80 Così LENER, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nei contratti dei consumatore, in Foro it.,
1996, c. 145.
81 Prospetta tale applicazione generale della norma FERRANDO, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, cit., p. 140.
patto, non assegnatari dell’impresa di famiglia, può essere disposta con successivo contratto, che sia espressamente collegato al precedente82.
In tal caso si evidenzia però che oltre al riconoscimento dell’utilizzo di un contratto collegato al patto di famiglia, il legislatore tace sulle possibili conseguenze e sugli effetti che derivano dalla sussistenza dei due negozi collegati83.
7.1 La tipizzazione in funzione di tutela del contraente debole e la trasmissione dei vizi: credito al consumo, multiproprietà e vendita di immobili da costruire.
Significativa è invece la produzione legislativa che mette in relazione il collegamento negoziale alla tutela del contraente debole nelle relazioni commerciali in merito alla trasmissione dei vizi da un negozio ad un altro: si pensi all’art. 125quinquies del Testo unico bancario (T.U.B.) in materia di credito al consumo, all’art. 77 del codice del consumo con riferimento al contratto di multiproprietà e all’art. 2 del d.lgs. n. 122/2005 in tema di vendita di beni immobili da costruire.
In relazione alla prima norma citata, si evidenzia che già tra le definizioni della disciplina del credito al consumo assume rilevanza la fattispecie del collegamento negoziale.
La lett. d) dell’art. 121 del T.U.B. stabilisce infatti che «contratto di credito collegato» indica un contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: il finanziatore si avvale del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito oppure il bene o il servizio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di credito84.
82 Sul punto BUONFRATE, Contratti collegati, cit., p. 294. Sul patto di famiglia in generale si rinvia a MASI, Imprese minori e patti di famiglia, in Scritti in onore di Francesco Capriglione, a cura di Alpa, Amorosino, Antonucci, Conte, Pellegrini, Sepe, Troiano, Padova, 2010, II, p. 1031.
83 Si veda SACCO, Contratto collegato, cit., p. 241 che evidenzia che quando il legislatore allude al collegamento nell’area degli art. 768bis e ss. c.c. non definisce e non regola e la disciplina del collegamento rimane pertanto nell’ambito del potere di autonomia delle parti.
84 Nell’art. 3, lett. n) della direttiva europea n. 2008/48/CE recepita dal legislatore italiano con la norma in oggetto, la sussistenza del collegamento veniva desunta in modo ancor più esplicito
Successivamente il citato art. 125quinquies, introdotto con il d.lgs. n. 141/2010, disciplina le conseguenze che derivano dalla sussistenza del collegamento, prevedendo che in caso di inadempimento del fornitore di non scarsa importanza, il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora nei suoi confronti, ha diritto alla risoluzione anche del contratto di credito, stipulato al fine di adempiere il contratto di fornitura85.
Appare evidente come dal combinato disposto di tali norme si possano rintracciare gli elementi che la dottrina ha tradizionalmente individuato nell’ambito della caratterizzazione del collegamento negoziale in generale: l’accordo tra le parti, il nesso teleologico che lega i due contratti ma soprattutto, nell’ambito della fase patologica del rapporto, l’invalidità derivata86.
La previsione del brocardo simul stabunt, simul cadent in funzione di tutela del contraente debole si ritrova poi anche nella disciplina della multiproprietà: l’art. 77 del codice del consumo stabilisce infatti che il contratto di concessione di credito erogato dal venditore o da un terzo, in base ad un accordo tra questi e il venditore, sottoscritto dall’acquirente per il pagamento di un prezzo o di una parte di esso, si risolve di diritto, senza il pagamento di alcuna penale, qualora l’acquirente abbia esercitato il diritto di recesso di cui all’art. 74 del medesimo codice87.
Anche in questa norma si ravvisa quindi la rilevanza del nesso funzionale intercorso tra il contratto di acquisto e quello di finanziamento all’acquisto al fine della produzione di effetti estintivi da un contratto ad un altro collegato.
Un’altra ipotesi di collegamento negoziale prevista dalla legge in funzione di salvaguardia del contraente debole è poi presente nell’ambito della disciplina
prevedendo che esso sussiste quando i due contratti costituiscono oggettivamente un’unica operazione commerciale.
85 In dottrina in tema di collegamento negoziale nel credito al consumo si segnalano da ultimo gli scritti di ROSSI, La rilevanza del collegamento contrattuale nel credito al consumo, in Contr. e impresa, 2010, p. 36; D’ADDA, Collegamento negoziale e inadempimento del venditore nei contratti di credito al consumo, in Europa e dir. priv., 2011, p. 725; D’AMICO, Credito al consumo e principio di relatività degli effetti contrattuali (considerazioni «inattuali» su collegamento negoziale e buona fede, in Contratti, 2013, p. 713.
86 Tali elementi erano già presenti nella formulazione originaria della norma del 1993: l’art. 125, 4° comma del T.U.B. prevedeva infatti che nei casi di inadempimento del fornitore di beni e servizi, il consumatore che abbia effettuato inutilmente la costituzione in mora ha diritto di agire contro il finanziatore nei limiti del credito concesso, a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore.
87 Qualificano tale fattispecie in termini di collegamento negoziale in particolare: FERRANDO, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, cit., p. 139 e NUZZO, Contratti collegati e operazioni complesse, p. 55.
per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire: l’art. 2 del d.lgs. n. 122/2005 prevede infatti l’obbligo per il costruttore di procurare il rilascio e consegnare all’acquirente una fideiussione di importo corrispondente alle somme che egli ha riscosso; in caso di inadempimento di tale obbligo, l’acquirente potrà richiedere la nullità del contratto di acquisto: si tratti quindi di una nullità di protezione, in forza della quale sono messi in relazione dal legislatore i due contratti di vendita e fideiussione88.
7.2 L’art. 182bis l. fall.: accordo e accordi di ristrutturazione dei debiti.
Il processo di tipizzazione delle ipotesi di negozi collegati ha poi interessato anche la disciplina delle procedure concorsuali: ci si riferisce in particolare agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
L’art. 182bis della legge fallimentare prevede infatti che l’imprenditore in stato di crisi possa domandare al tribunale l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato coi creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dell’ammontare totale dei crediti, allo scopo di agevolare la continuazione dell’impresa ed evitare così il fallimento89.
L’accordo può comporsi di un unico atto oppure essere caratterizzato da una pluralità di accordi con i creditori, funzionalizzati alla composizione unitaria della crisi, in quanto unico sarà il trattamento giuridico al quale la fattispecie composita dovrà essere sottoposta.
Esso può essere così costituito da condizioni economiche e termini di adempimento differenziati in ognuna delle singole convenzioni che lo strutturano in ragione della diversità e della pluralità degli interessi in gioco, ma le singole pattuizioni, seppur separatamente concepite, devono essere tra loro
88 Sul punto BUONFRATE, Contratti collegati, cit., p. 295 ss.
89 Sugli accordi di ristrutturazione dei debiti si vedano in generale: PRESTI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, ovvero la sindrome del teleobiettivo, in Le nuove procedure concorsuali. Dalla riforma organica al decreto correttivo, a cura di Ambrosini, Bologna, 2008, p. 569; RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Il diritto fallimentare riformato. Commento sistematico, a cura di Schiano Di Pepe, Padova, 2008, p.111; FALCONE, Gli accordi di ristrutturazione, in La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di Bonfatti, Panzani, Milano, 2008, p. 772; FERRO, sub art. 182bis, Accordi di ristrutturazione dei debiti, in La legge fallimentare, a cura di Ferro, Padova, 2007, p. 1419; VALENSISE, sub art. 182bis, Accordi di ristrutturazione dei debiti, in La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro e Sandulli, II, Torino, 2006, p. 1098.
funzionalmente collegate nella prospettiva del superamento della crisi: è il realizzarsi di un’operazione economica unitaria90.
Per effetto di ciò, l’accordo, al fine della pubblicazione ed omologazione, deve essere comunque unitariamente considerato nel suo trattamento giuridico, con la conseguenza che l’omologazione, anche in presenza di un fascio di accordi, avrà ad oggetto l’accordo nella sua unità formale e non i singoli accordi atomisticamente considerati.
Queste considerazioni assumono particolare rilevanza sul piano della disciplina degli effetti patologici della fattispecie complessiva: ancorché infatti il legislatore non disciplini quali siano le conseguenze nell’ipotesi in cui uno dei singoli accordi sia viziato, può desumersi una soluzione valutando l’essenzialità o meno di esso alla luce dell’operazione nel suo insieme.
Così, se dovesse risultare invalida la singola intesa con un creditore il cui assenso garantiva il raggiungimento della soglia del sessanta per cento l’intero accordo di ristrutturazione diviene insuscettibile di omologazione; mentre, qualora l’invalidità del singolo accordo risulterà essere irrilevante al fine del raggiungimento della soglia prevista, l’operazione complessiva ben potrà comunque essere omologata91.
Alla luce di tutte le ipotesi di tipizzazione legislativa appena prospettate, si ravvisa quindi la tendenza del legislatore, al fine di perseguire i propri obiettivi regolazione di mercato, di considerare e disciplinare gli atti di autonomia privata non più e non soltanto secondo la prospettiva circoscritta del contratto e del tipo contrattuale, bensì sotto la lente del più ampio angolo visivo dell’operazione economica92.
Quest’ultima è apparsa infatti strumento migliore per qualificare fattispecie complesse permettendo di dettare regole più coerenti rispetto alle condizioni in cui si svolge la negoziazione, con particolare riferimento ai casi di
90 Qualifica così gli accordi di ristrutturazione complessa GABRIELLI, Accordi di ristrutturazione del debito e tipicità dell’operazione economica, in Riv. dir. comm., 2009, I, p. 1071, che evidenzia che la discrasia tra la rubrica della norma in cui si utilizza il termine accordo al plurale e il suo contenuto precettivo in cui si usa la formula al singolare, può essere spiegata come una scelta consapevole del legislatore che vuole configurare l’accordo quale fattispecie dotata di propria e unitaria struttura formale, anche se realizzata attraverso plurime convenzioni poste in essere dai privati in base al principio di autonomia.
91 Prospetta tale soluzione AMBROSINI, sub art. 182bis. Accordi di ristrutturazione dei debiti, in Il nuovo diritto fallimentare. Commentario, a cura di Jorio e Fabiani, II, Padova, 2007, p. 2540.
92 V. GABRIELLI, Contratto ed operazione economica, cit., p. 257.
squilibrio nei rapporti contrattuali e di raggruppare più tipi contrattuali al fine di dettare una particolare disciplina di protezione del contraente debole93.
Risulta allora significativo che l’intervento del legislatore si è concentrato in modo pressoché esclusivo nell’ambito del diritto dell’impresa, dove si avverte maggiormente la necessità di certezza nei rapporti tra le parti, nonché di tutela del contraente debole nella relazione economica.
Al contempo però appare evidente come manchi una disciplina generale con la quale venga identificata l’ipotesi «collegamento negoziale» e siano regolati gli effetti, soprattutto in chiave patologica, della sussistenza del legame tra contratti.
Anche infatti nei casi in cui il legislatore riconosce la rilevanza del collegamento non sempre disciplina le conseguenze giuridiche che derivano da esso: emblematico in tal senso è il citato art. 768quater c.c. in tema di patto di famiglia, in cui si prevede unicamente che l’assegnazione dei beni può avvenire anche attraverso un contratto successivo.
Pertanto rimane compito dell’interprete, in assenza di previsione legislativa, stabilire quali effetti derivano dalla sussistenza di un collegamento negoziale non solo nell’ambito dei cd. collegamenti volontari, ma anche di quelli necessari: su tali aspetti si concentrerà la ricerca nei prossimi capitoli.
93 Così ancora GABRIELLI, Contratto ed operazione economica, cit., p. 257.
Capitolo II
I legami negoziali nel diritto societario: tipicità legale e volontarietà
SOMMARIO: 1. La prospettiva dell’indagine: l’applicazione della teoria del collegamento negoziale nel diritto societario. – 2. Le tradizionali ipotesi di collegamento e la tipizzazione legislativa. – 2.1 I patti parasociali. – 2.2. Società cooperative: la connessione tra partecipazione sociale e rapporto mutualistico. – 2.3. Il leveraged buy out: il collegamento in funzione della declaratoria di invalidità dell’operazione economica perché in frode alla legge prima del nuovo art. 2501bis c.c. – 3. Le ipotesi di collegamento create dal legislatore. – 3.1. Il finanziamento destinato ad uno specifico affare: l’art. 2447decies c.c. – 3.2. Il conferimento garantito: l’art. 2464 c.c.
– 4. Autonomia statutaria e collegamento negoziale: le operazioni economiche al vaglio della giurisprudenza (rinvio). – 5. L’applicazione dei principi in tema di collegamento negoziale alle delibere assembleari collegate. – 6. Riflessioni sull’applicazione della teoria del collegamento negoziale ai rapporti tra contratti di società.
1. La prospettiva dell’indagine: l’applicazione della teoria del collegamento negoziale nel diritto societario.
Dopo aver evidenziato nel corso del precedente capitolo la recente tendenza del legislatore alla tipizzazione di specifiche ipotesi di collegamento negoziale nell’ambito del diritto dell’impresa, è ora opportuno focalizzare la ricerca alla più circoscritta area dell’impresa in forma collettiva.
Appare infatti significativo che la riforma del diritto societario ha notevolmente ampliato i margini di autonomia incidenti a vario titolo sulla vita della società: ciò è avvenuto non solo riconoscendo ai soci ampia discrezionalità in ambito statutario, ma anche legittimando patti e rapporti tra soci o con terzi che coinvolgono in modo più o meno diretto lo svolgimento del rapporto sociale.
Ci si riferisce ai patti parasociali, tipizzati dall’art. 2341bis c.c., ai rapporti mutualistici derivanti dalla partecipazione in cooperativa, all’operazione di fusione in seguito ad indebitamento, al conferimento garantito, ai finanziamenti destinati e più in generale a tutti i patti correlati al rapporto sociale, dal quale non sono
sempre facilmente distinguibili, anche perché a volte sembrano avere titolo nel sociale ma svolgimento fuori di esso o viceversa94.
Essi realizzano un intreccio di rapporti con il contratto sociale, che non sopprime l’individualità di ciascuno, ma li collega, facendo nascere accanto al problema della qualificazione di ognuno, quello della rilevanza del loro collegamento.
La società non appare dunque solo come un intreccio di rapporti come affermano i sostenitori della teoria anglosassone della nexus of contracts95, ma soprattutto risulta essere in un intreccio di rapporti96.
All’interno della struttura societaria, si possono quindi rintracciare vari rapporti interindividuali fra la società, i soci e i terzi, che determinano un reticolo composito di interessi e atti negoziali97.
E’ pertanto necessario individuare anzitutto tali rapporti e successivamente valutare se e quali conseguenze producono sul piano sociale98.
Le ipotesi verranno analizzate utilizzando come criterio distintivo la presenza o meno di una previsione legislativa che disciplini tale rapporto: verranno quindi studiati inizialmente i patti parasociali, tradizionalmente ricondotti nell’ambito del collegamento negoziale, il rapporto mutualistico rispetto al contratto sociale99 e il leveraged buy out. Ci si soffermerà poi su due ipotesi di connessione create dal legislatore con la riforma del diritto societario: i finanziamenti destinati ad uno specifico affare di cui all’art. 2447decies c.c. e il conferimento garantito nella s.r.l.
94 Sul punto si veda OPPO, Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, in Riv. dir. civ., 2004, II, p. 57 ss.
95 Per approfondimenti sulla teoria della nexus of contracts si vedano MARCHETTI, La «nexus of contracts theory». Teorie e visioni del diritto societario, Milano, 2000 e ANGELICI, La società per azioni. Principi e problemi, in Tratt. dir. civile e comm., fondato da Cicu e continuato da Messineo, Mengoni, Schlesinger, Milano, 2012.
96 E’ OPPO, Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, cit.,
p.57 che per primo ha affermato che la riforma del diritto societario ha collocato la società in un intreccio di rapporti, che si estende a una comunicazione del rischio, del potere e della limitazione della responsabilità.
97 Su tali aspetti si vedano RAPPAZZO, RAPPAZZO, Il collegamento negoziale nella società per azioni, Milano, 2008, p. 63.
98 L’analisi si limiterà alle ipotesi rintracciabili nell’ambito delle società di capitali e delle cooperative.
99 Tali due fattispecie saranno poi oggetto di successivo approfondimento nel terzo capitolo.
Saranno poi oggetto di studio le fattispecie di collegamento volontario tra contratto sociale e altro contratto o atto, in particolare nell’ambito della costituzione della società e del conferimento.
Sarà infine dedicato un paragrafo ai rapporti tra contratti di società da taluni qualificati come ipotesi di collegamento negoziale100 e uno in cui si vedrà come i principi desunti dalla teoria del collegamento negoziale possono trovare applicazione anche a talune ipotesi di relazione tra delibere assembleari.
2. Le tradizionali ipotesi di collegamento e la tipizzazione legislativa.
2.1. I patti parasociali.
Si definiscono patti parasociali quegli accordi stipulati da alcuni o tutti i soci, esterni all’atto costitutivo e allo statuto, per regolare inter se o anche nei rapporti con la società, con organi sociali o con terzi, un loro interesse o una loro condotta sociale101.
100 Applicano la teoria del collegamento negoziale ai rapporti di gruppo: GIOVANNINI, La responsabilità per attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, Milano, 2007 e FIMMANÒ, Abuso di direzione e coordinamento e tutela dei creditori delle società abusate, in Riv. notariato, 2012, p. 267; meno di recente GASPERONI, Collegamento e connessione tra negozi, cit., p. 357 e BRANCA, Società collegate e rapporto di lavoro, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961, p. 1271.
101 Così definisce i patti parasociali OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, in Riv. dir. civ., 1987, I 517 e in Scritti giuridici. Diritto delle società, Padova, 1992, p. 176 (al quale si riferiscono i riferimenti ai numeri di pagina nelle successive citazioni del saggio) che evidenzia come il termine parasociale sta a indicare un senso di separazione dal regolamento legale e statutario del rapporto sociale, ma anche un senso di coesistenza, di affiancamento e di collegamento con quel rapporto. Sui patti parasociali si vedano nella saggistica post riforma: BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, in Le nuove s.p.a., opera diretta da Cagnasso, Panzani, Bologna, 2010, *, p. 261; FIORIO, I patti parasociali, in Il nuovo diritto societario, commentario diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso Montalenti, Bologna, 2009, p. 67; LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, IV, Torino, 2006, p. 471; RESCIO, I patti parasociali nel quadro dei rapporti contrattuali, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, I, Torino, 2006, p.
447. Nei commentari: CASTRIOTA SCANDERBEG, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da D’Alessandro, 2010, II *, Padova, p. 123; PICCIAU, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Costituzione, conferimenti, Milano, 2008, p. 323; MANFEROCE, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2006, p. 132; LEOGRANDE, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005, p. 92; DONATIVI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in Società di capitali - Commentario, a cura di Niccolini, Stagno D'Alcontres, Napoli, 2004, p. 155; FIORIO, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in Il nuovo diritto societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, p. 132; SANTONI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, Torino, 2003, p. 84. Di particolare rilevanza nell’ambito degli scritti preriforma si segnalano: OPPO,
Da tale definizione emergono limpidamente le due principali caratteristiche dei patti parasociali: la distinzione dal contratto sociale e il collegamento col rapporto sociale.
Sono quindi accordi che accedono al regolamento del rapporto societario, pur non perdendo l’autonomia di negozi distinti, e che si differenziano pertanto dalle clausole atipiche che possono essere inserite in statuto e che divengono invece parte di esso.
Fino al 1998, i patti parasociali non erano stati oggetto di tipizzazione legislativa, sicché venivano qualificati come negozia atipici ex 1322 c.c. e sottoposti al giudizio di meritevolezza102.
Successivamente venivano per la prima volta disciplinati dal legislatore nel
T.U.F. (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) agli articoli 122 e 123, ma limitatamente alle sole società per azioni quotate. Si è dovuta poi attendere la riforma del diritto societario del 2003 affinché venisse introdotta una disciplina applicabile anche agli altri modelli di società per azioni: l’art. 2341bis c.c. ha così legittimato alcune tipologie di patti e cioè quelli che hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto in assemblea, quelli che pongono limiti al trasferimento delle azioni e quelli che hanno per oggetto o per effetto l’esercizio di un’influenza dominante sulla società. Come si vedrà meglio nel successivo capitolo, manca però tuttora una disciplina generale dei patti parasociali, in quanto le norme citate si limitano a prevederne la durata e i connessi obblighi pubblicitari, mentre la regolamentazione di essi difetta del tutto nelle società a responsabilità limitata103.
Rimane dunque compito dell’interprete studiare gli ulteriori aspetti che rilevano in termini di validità e produzione di effetti nei confronti della società.
Su tali questioni può assumere rilevanza il ricorso alla teoria del collegamento negoziale.
Tradizionalmente la dottrina, a partire dallo scritto di Giorgio Oppo del 1942, ha infatti qualificato il rapporto tra contratto sociale e patto parasociale come di collegamento funzionale unilaterale, in forza del quale le vicende del primo incidono necessariamente sul secondo, mentre tendenzialmente non
Contratti parasociali, cit.; SANTONI, Patti parasociali, Napoli, 1985; FARENGA, I contratti parasociali, Milano, 1987; BONELLI, JAEGER, Sindacati di voto e sindacati di blocco, Milano, 1993; FAUCEGLIA, voce Patti parasociali, in Enc. dir., agg. V, Milano, 2001, p. 810.
102 Sul punto v. FAUCEGLIA, voce Patti parasociali, cit., p. 811.
103 Con riferimento ai patti parasociali nella s.r.l. si segnala in particolare COSSU, I patti parasociali, in La nuova s.r.l., a cura di Farina, Ibba, Racugno, Serra, Milano, 2004, p. 51
accade il contrario nel senso che il contratto sociale resta indifferente rispetto alle vicissitudini giuridiche degli accordi dei soci concretizzatisi in un patto parasociale104.
In tale schema il contratto sociale funge da presupposto necessario per il patto parasociale, che è legato al primo da un vincolo di accessorietà giuridica: in conseguenza di ciò si può affermare che l’efficacia del contratto parasociale sia subordinata all’efficacia del contratto di società e pertanto deve ritenersi che il primo venga meno se è nullo il contratto sociale o con lo scioglimento o la risoluzione di esso105.
Si ha quindi applicazione del brocardo simul stabunt, simul cadent che si è visto in precedenza essere conseguenza tipica della sussistenza di un collegamento negoziale.
E’ opportuno però evidenziare anche l’orientamento dottrinale che ritiene superfluo qualificare il rapporto in questione come collegamento negoziale, in quanto ciò avrebbe solo valenza descrittiva. Si afferma infatti che la contiguità necessaria tra i due negozi agisce non sulla validità ed efficacia del negozio accessorio, ma piuttosto su diritti e obblighi derivanti esso: così non stipulato o venuto meno il contratto principale, quei diritti non sarebbero più esercitabili e quegli obblighi non più adempibili; si porrebbe dunque un problema di ineseguibilità, piuttosto che di collegamento strutturale fra negozi106.
In realtà però la qualificazione del rapporto in termini di collegamento negoziale non rileva solo sul piano patologico, ma permea il complesso legame tra i contratti.
104 Oltre a OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 2, affermano la sussistenza di un collegamento negoziale tra contratto di società e patto parasociale MESSINEO, voce Contratto collegato, cit., p. 48; SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, cit., p. 375; LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 485; BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, cit., p. 270; SCARPA, Parasocialità come mezzo di controllo esterno della società, in Contr. e impresa, 2011, p. 1528.
105 Così OPPO, Contratti parasociali, cit., p.78 che ritiene così estendere l’area dei negozi accessori oltre il tradizionale ambito dei contratti di garanzia.
106 Così IRTI, Note introduttive, in Collegamenti negoziali e forme di tutela, Milano, 2007, p. 3 il quale afferma che se si vuol dare al «collegamento» un significato rigoroso e preciso, bisognerebbe riferire la parola al nesso che sul terreno normativo, faccia dipendere validità o efficacia di un negozio dalla vicende di un altro e che non sia spiegabile con altri istituti di diritto privato; continua poi sostenendo che allargare il collegamento ad ogni rapporto fra due negozi è disperderne il concetto e renderlo costruttivamente inutile. In modo meno netto pervengono alle medesime conclusioni COSTI, I patti parasociali ed il collegamento negoziale, in Giur. comm., 2004, I, p. 200 ss.; CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, cit., p. 3 e RAPPAZZO, RAPPAZZO, Il collegamento negoziale nella società per azioni, cit., p.196.
Riconoscere la sussistenza del collegamento permette infatti all’operatore di interpretare il contenuto delle singole clausole del patto parasociale in funzione del contratto sociale e viceversa, soprattutto nei casi in cui al patto partecipino tutti i soci.
In tale ipotesi infatti si palesa la realizzazione di un’operazione economica unitaria, il cui intento finale non può che essere interpretato per effetto di un esame congiunto dei due contratti107.
Inoltre non sono da escludersi casi in cui sussista un rapporto di dipendenza reciproca tra contratto di società e patto parasociale, in cui viene meno il carattere di accessorietà del secondo e si realizza pertanto un collegamento negoziale bilaterale: in siffatte ipotesi un negozio assume veste essenziale nei confronti dell’altro, sicché non si sarebbe voluto il contratto sociale senza il negozio parasociale108.
Infine, la sussistenza del collegamento può desumersi dal fatto che le vicende del rapporto parasociale possono incidere pesantemente sul rapporto sociale: si pensi al caso in cui ex art. 2341bis c.c. la mancata pubblicità del sindacato di voto impedisca al socio di votare in sede assembleare e qualora abbia votato rende invalida tale deliberazione se il suo voto sia stato determinante per l’assunzione.
2.2. Società cooperative: la connessione tra partecipazione sociale e rapporto mutualistico.
Un altro ambito del diritto societario in cui si rintraccia un collegamento negoziale attiene alle società cooperative e precisamente ai rapporti mutualistici rispetto al contratto sociale.
Come è noto, lo scopo prevalente delle società cooperative consiste nel fornire beni, servizi o occasioni di lavoro ai propri soci a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero nel mercato109.
107 In senso contrario ANGELICI, La società per azioni. Principi e problemi, cit., p. 263 che ritiene che la valutazione delle regole statutarie e dei patti parasociali deve prescindere dalla circostanza che in concreto le une e le altre partecipino ad un unitario programma di autonomia privata.
108 Sul punto OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 85 che fa l’esempio del caso in cui il patto parasociale fra tutti i soci sia rivolto ad adattare il contratto sociale al perseguimento di uno scopo indiretto o fiduciario.
109 Tale definizione di scopo mutualistico si legge nella «Relazione al codice civile n. 1025». In letteratura sulla cooperativa nella disciplina postriforma si vedano, in particolare BASSI, Principi
Tali condizioni realizzano per essi il c.d. vantaggio mutualistico, che è svincolato dall’ammontare del capitale sottoscritto e che è invece proporzionato alla quantità dei rapporti mutualistici intrattenuti con la società.
Per lungo tempo, in dottrina e giurisprudenza, in assenza di specifica previsione legislativa, è stata oggetto di dibattito la natura degli scambi mutualistici: si contrapponevano infatti le posizioni di coloro che ritenevano che i rapporti mutualistici fossero complessivamente e interamente riconducibili ad una prospettiva di stretto diritto societario (teoria monistica) dall’orientamento di chi qualificava gli scambi mutualistici come distinti dal rapporto sociale, per quanto ad esso connessi (teoria dualistica).
Le teorie moniste implicavano come conseguenza che gli atti di scambio mutualistici, quali ad esempio acquisto di merci, vendita di materie prime, esecuzioni di prestazioni lavorative, non venissero assoggettati alla disciplina tipica prevista dal legislatore con riferimento al singolo contratto, ma riqualificati in funzione dell’organizzazione creata dal contratto sociale110.
Si affermava infatti che il rapporto mutualistico desse vita ad una fattispecie a contenuto complesso, caratterizzata da una pluralità di prestazioni, ma comunque riconducibile ad un unico negozio, il contratto di società, di cui i singoli atti di scambio costituiscono momenti esecutivi di specificazione e determinazione della prestazione dovuta aventi carattere non negoziale. In essi quindi non si ravviserebbe lo schema causale tipico, dato che le cause tipiche delle singole prestazioni sarebbero inglobate nella comune causa mutualistica111.
generali della riforma delle società cooperative, Milano, 2004; BONFANTE, La società cooperativa, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, V, Padova, 2014; MARASÀ (a cura di), Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, Padova, 2004; PAOLUCCI (a cura di), Le società cooperative, Torino, 2012; RACUGNO, La società cooperativa, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Buonocore, Torino, 2006; TATARANO, La nuova impresa cooperativa, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Schlesinger, Milano, 2011. Nella disciplina anteriforma per tutti BUONOCORE, Diritto della cooperazione, Bologna, 1997.
110 Posizioni riconducibili alla teoria monista sono quelle espressa da VERRUCOLI, La società cooperativa, Milano, 1958, p. 105; LILLONI, Prestazioni accessorie nelle cooperative e introduzione negli statuti, a maggioranza, delle «riserve individualizzate», in Riv. soc., 1962, p. 1040; SCORDINO, La società cooperativa, Napoli, 1970, p. 205; SCHIRÒ, Mutualità cooperativa e atti di scambio, in Il contratto. Silloge in onore di Giorgio Oppo, II, Padova, 1992, p. 726. In giurisprudenza Cass., 28 maggio 1980, n. 3527, in Riv. dir. comm., 1980, II, p. 379; Cass., 14 gennaio 1987, n. 183, in Nuova giur. civ., 1987, I, p. 449 con nota di PATRIARCA, Trib. Arezzo, 29 novembre 2000, in Foro toscano, 2001, p. 288 con nota di PACINI; Trib. Nocera Inferiore, 20 ottobre 2004, in Giur. comm., 2005, II, p. 291 con nota critica di BUONOCORE, L’abolizione, in tre capoversi, di una distinzione plurisecolare: quella tra rapporto sociale e rapporto mutualistico nelle società cooperative.
111 Così SCHIRÒ, Mutualità cooperativa e atti di scambio, cit., p. 726.
Antitetico è invece l’orientamento di coloro che affermano che i rapporti mutualistici realizzano l’instaurazione di un rapporto di scambio con la società, distinto e diverso dal mero vincolo associativo112.
Il nesso che intercorre tra il rapporto associativo e quello di scambio è ricondotto allo schema del collegamento negoziale, in cui i singoli negozi pur mantenendo una loro autonomia, sono strettamente legati in chiave funzionale.
Tale collegamento può qualificarsi come eventuale, necessario e genetico. E’ eventuale perché non vi è un obbligo per la società di instaurare un rapporto di scambio coi soci che ne facciano richiesta, né, specularmente, i soci sono obbligati ad avvalersi dei vantaggi mutualistici; è necessario, perché quando è attivato il meccanismo di scambio, il contratto che si viene ad instaurare tra il socio e la società non è scindibile dal rapporto sociale; è infine genetico perché il contratto sociale influisce sia sulla natura che sul contenuto del contratto di
scambio113.
Ebbene la disputa tra i due orientamenti appare essere stata risolta da alcuni recenti interventi legislativi in favore della tesi dualistica.
Il primo di questi è la legge 3 aprile 2001, n. 142, che costituisce il primo provvedimento legislativo organico dedicato alla disciplina della figura del socio lavoratore di cooperativa: l’art.1, comma 3 prevede infatti espressamente che il contratto di lavoro del socio sia «ulteriore» al rapporto associativo, indipendentemente dalla sua tipologia, sia esso subordinato, autonomo o di collaborazione coordinata non occasionale.
Successivamente in modo meno esplicito, ma comunque univoco, il legislatore della riforma societaria ha stabilito, con riferimento a qualsiasi tipologia
112 Favorevoli a tale ricostruzione sono: BUONOCORE, Società cooperative. I Profili generali, in Enc. giur. Treccani, XXIX, Roma, 1993, p. 19; BASSI, Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici. Artt. 2511-2548, in Il codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1988, p. 88; GALGANO, Mutualità e scambio nella società cooperativa, in Rass. dir. civ.,, 1985, p. 1051; CAMPOBASSO, Diritto commerciale, Torino, 2015, p. 590; FRANZONI, Mutualità e scambio nella società cooperativa, in Riv. crit. dir. priv., 1983, p. 831; CASALE, Scambio e mutualità nella società cooperativa, Milano, 2005, p. 55; TONELLI, Scambio mutualistico e rapporto sociale: interferenze e connessioni, in Scritti in onore di Buonocore, a cura di Aa.Vv., Diritto commerciale, Società, vol. III, t.3, Milano 2005, p. 3982. In giurisprudenza Cass., 16 aprile 2003, n. 6016, in Giur. comm., 2004, II,
p. 384 con nota di BUONOCORE, Rapporto sociale e rapporto mutualistico: una distinzione ineludibile; Cass., 5 luglio 2011, n. 14741, in Riv. crit. dir. lav., 2011, p. 710 con nota di GUARINO; Cass. 28 marzo 2007, n. 7646, in Guida al diritto, 2007, p. 40; Cass., 1 agosto 1998, n. 7559, in Giust. civ. mass., 1998, p. 1633; Trib. Bologna, 13 dicembre 2006, in Guida al diritto, 2007, p. 81.
113 Così TATARANO, Scambio e mutualità nella cooperazione edilizia, Napoli, 1984, p. 123.
di cooperativa, che il rapporto mutualistico sia distinto ancorché collegato a quello sociale.
Ciò si evince anzitutto dall’interpretazione dell’art. 2516 c.c. che prevede che nella costituzione e nell’esecuzione dei rapporti mutualistici debba essere rispettato il principio di parità di trattamento114: tale formulazione della norma lascia infatti presupporre l’esistenza distinta del contratto di scambio mutualistico rispetto al contratto sociale e al contempo il dovere per la società di attivare i rapporti mutualistici coi soci115.
Significativi in tal senso sono poi anche gli art. 2532 e 2533 c.c. in tema di recesso ed esclusione del socio cooperatore, da cui si desume l’esistenza della connessione fra i due negozi e sui quali ci si soffermerà fra breve.
Infine fa propendere per tale soluzione anche il disposto del secondo comma dell’art. 2521 c.c., in cui si prevede che i criteri e le regole inerenti allo svolgimento dell’attività mutualistica tra la società e i soci siano disciplinati nell’atto costitutivo: viene prevista dunque il carattere normativo dell’atto costitutivo nei confronti dei singoli contratti di scambio mutualistico116.
Alla luce di dette norme non paiono dunque esserci più dubbi sulla qualificazione del rapporto tra contratto di società e rapporto mutualistico in termini di collegamento negoziale e qualificarlo come necessario, in quanto è la stessa legge ad istituire la connessione.
E’ allora opportuno studiare quali conseguenze derivano dalla sussistenza di tale nesso in termini di efficacia del rapporto sociale su quello mutualistico, mentre non risultano significative influenze in senso inverso117.
114 Tale interpretazione sembra essere pacifica in dottrina, così TONELLI, sub art. 2516 c.c., in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, Torino, 2003, p. 48; BONFANTE, sub art. 2516 c.c., in Il nuovo diritto societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, p. 2640; PAOLUCCI, sub art. 2516 c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2005, p. 2658; SCHIRÒ, sub art. 2516 c.c., in La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2006, p. 33; BASSI, sub art.2516 c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Società cooperative, Milano, 2007, p. 84.
115 Così SCHIRÒ, sub art. 2516 c.c., cit., p. 33.
116 In tal senso CASALE, Scambio e mutualità nella società cooperativa, cit., p. 56 e 141 in cui afferma che il contratto sociale fornisce il presupposto logico, la cornice normativa e i dati contenutistici basilari degli instaurandi rapporti di scambio, che, presupponendo tale normatività, si possono senz’altro qualificare come contratti particolari.
117 Significativo è in tal senso TONELLI, Scambio mutualistico e rapporto sociale: interferenze e connessioni, cit., p. 3995 che ritiene che non si riscontrano gli effetti tipici del collegamento in termini di condizionamento dell’efficacia o della validità del contratto ovvero dell’esecuzione delle prestazioni dedotte nell’uno o nell’altro contratto, ma ciò non di meno si ravvisano profonde influenze del rapporto mutualistico sull’organizzazione. Vengono citati in tal senso l’art.2521, n.3)
c.c. che obbliga l’indicazione nell’atto costitutivo dell’oggetto sociale con riferimento agli interessi
Quanto alle prime si evidenzia l’art. 2533 c.c. che prevede che l’esclusione del socio comporta l’automatica risoluzione dei rapporti mutualistici in corso, salvo diversa previsione nell’atto costitutivo118. In caso di esclusione si ha quindi applicazione del brocardo simul stabunt, simul cadent, stante la stretta correlazione dei due negozi.
Un’altra influenza si ravvisa nell’ambito del recesso: l’art. 2532 c.c. stabilisce infatti che il recesso dal rapporto sociale implica anche la cessazione degli scambi mutualistici, ma al contempo distingue l’efficacia temporale del recesso sul rapporto sociale rispetto a quello mutualistico119. Se infatti sul piano societario il recesso ha effetto dal momento della comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda, sui rapporti mutualistici il recesso avrà efficacia con la chiusura dell’esercizio in corso, se comunicato tre mesi prima, altrimenti con la chiusura dell’esercizio successivo.
Si prevede quindi una compressione degli interessi del socio cooperatore che intende recedere, in favore della tutela degli interessi economici della società: egli infatti pur non essendo più socio continua ad essere obbligato all’adempimento delle prestazioni derivanti dal rapporto mutualistico fino al termine previsto normativamente120.
In entrambi i casi non opera invece il meccanismo contrario: in caso di risoluzione o di invalidità del rapporto mutualistico, rimane in essere il rapporto sociale in quanto, come si è detto in precedenza, la partecipazione ad una cooperativa non obbliga le parti al porre in essere continuativamente scambi mutualistici.
dei soci; l’art. 2526 c.c. in cui è fissato il limite del diritto di voto per i soci finanziatori in funzione di tutela dei soci che intrattengono rapporti mutualistici e l’art. 2539 c.c. che limita il rilascio della delega solo in favore di altro socio.
118 Per un commento all’art. 2533 c.c. si veda fra i tanti CALLEGARI, sub art 2533 c.c., in Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino, Bonfante, III, Bologna, 2004, p. 2531.
119 Per un commento all’art. 2532 c.c si veda fra i tanti IBBA, Il recesso nelle società cooperative. Profili problematici, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, IV, Torino, 2006, p. 853.
120 Evidenzia tale prevalenza dell’interesse sociale TONELLI, Scambio mutualistico e rapporto sociale: interferenze e connessioni, cit., p. 3992 che afferma che la divaricazione tra scioglimento del rapporto sociale e scioglimento del rapporto mutualistico è esclusivamente in favore della società, considerato che il recesso tra comunque origine da una scelta volontaria del cooperatore il quale ha valutato la propria posizione e là dove abbia optato per l’exit, ha giudicato prevalente il suo interesse allo scioglimento del rapporto sociale sulla conservazione della qualità di socio e sull’accesso alle prestazioni mutualistiche che solo tale posizione gli consente.
Quelli appena descritti sono dunque gli effetti legali che derivano dalla sussistenza del collegamento negoziale di tipo necessario nell’ambito della disciplina generale delle società cooperative: nel capitolo successivo verranno invece approfonditi tali aspetti con riferimento alle singole tipologie di contratti mutualistici (in particolare contratto di lavoro e vendita di beni prodotti dalla cooperativa) evidenziando quali conseguenze si producano su di essi per effetto dello scioglimento del vincolo sociale.
2.3. Il leveraged buy out: il collegamento in funzione della declaratoria di invalidità dell’operazione economica perché in frode alla legge prima del nuovo art. 2501bis c.c.
Un altro ambito in cui si ricorre alla teoria del collegamento negoziale per giustificare e mettere in relazione tra loro singoli contratti connessi al contratto di società è relativo alla complessa operazione del leveraged buy out (di seguito LBO).
Essa è una tecnica finanziaria, sorta negli Stati Uniti negli anni settanta e poi diffusasi anche in Europa, di acquisizione della partecipazione totalitaria o di controllo di una società di capitali mediante il ricorso a capitale di prestito, con la peculiarità, che rappresenta il tratto distintivo di questa forma di acquisizione e nel contempo il punto più critico e problematico dell’intera operazione, che il debito contratto per l’acquisizione della società viene pagato successivamente all’acquisizione stessa con il cash flow della società acquisita e spesso anche con l’alienazione di cespiti aziendali della società stessa121.
La finalità pratica dell’operazione di leva finanziaria è quella di procedere all’acquisto di una società florida con l’utilizzo di risorse finanziarie prestate da terzi e di traslare sulla società acquisita l’indebitamento contratto per l’acquisizione di essa.
121 Così definisce l’operazione di leveraged buy out il principale studioso italiano di tale figura MONTALENTI, voce Leveraged buy out in Enciclopedia giuridica Treccani, XVIII, Roma, 1990. Su tale tecnica si vedano anche: PARDOLESI, Leveraged Buy Out: una novità a tinte forti (o fosche?) in Giur. comm., I, 1988, p. 402; CHIEFFI, Il leveraged buyout, in Riv. notar., 1992, p. 546; FRIGNANI, voce Leveraged buy out, in Digesto delle discipline privatistiche – sezione commerciale, IX, Torino, 1993; BARBA, Profili civilistici del leveraged buy out, Milano, 2003; CACCHI PESSANI, PICONE, La tutela dei creditori nelle operazioni di merger leveraged buy out, Milano, 2007; CERRATO, Le operazioni di leveraged buy out, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Cottino, Le operazioni societarie straordinarie, V, Padova, 2011, p. 527.
Generalmente il LBO si realizza attraverso la costituzione di una nuova società, la newco, che ottiene il finanziamento e procede all’acquisizione della società obiettivo, la target, con la quale successivamente si fonderà.
Sul piano giuridico tale tecnica finanziaria si può qualificare come ipotesi di collegamento negoziale che si caratterizza per il concatenamento funzionale di una pluralità di fasi negoziali teleologicamente preordinate ad un unico e precisamente individuato risultato finale, che è lo scopo dell’operazione economica posta in essere122.
Nel mercato si possono distinguere diverse tipologie di LBO, in relazione alla qualifica e al ruolo dei soggetti acquirenti (può infatti trattarsi non solo di soggetti estranei alla società target, ma anche manager interni o esterni alla società obiettivo, di dipendenti della stessa, di altra società facente parte dello stesso gruppo a cui appartiene la società target, di azionisti di un'impresa a base azionaria familiare, di «semplici» speculatori, etc.), all'impiego della c.d. leva finanziaria sia sotto il profilo quantitativo (e quindi con riferimento al rapporto debito – capitale impiegato) sia sotto quello qualitativo (mediante la combinazione di diversi tipi di finanziamento), all'oggetto dell'acquisizione, che può essere costituito dal pacchetto azionario (stocks) di controllo della società target o dal suo intero capitale sociale oppure da singoli beni della stessa (assets), alle finalità perseguite dal gruppo dei compratori: ad esempio, la ristrutturazione della società target, l'acquisizione della sua gestione, la liquidazione dei suoi assets al fine del loro realizzo123.
La principale problematica giuridica sorta prima della riforma del diritto societario in merito a tale operazione economica è relativa all’art. 2358 c.c., che nella sua formulazione antecedente alla novellazione di cui al d.lgs. n. 142/2008,
122 Così MONTALENTI, voce Leveraged buy out, cit. p. 4. Qualificano il LBO in termini di collegamento negoziale anche: CHIEFFI, Il leveraged buyout, cit., p. 546; CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge. Un classico alla prova di esperienze recenti, cit., p. 1058; ROVELLI, Clausole generali e diritto societario: applicazioni in tema di gruppi, leveraged buy out, motivazione delle delibere, in Interferenze, a cura di Roppo, Milano, 2006, p. 753; ROBUSTELLA, Leveraged buy out, in Trattato di diritto dell’economia, diretto da Picozza e Gabrielli, VII, I contratti per il finanziamento dell’impresa, a cura di Dinacci e Pagliantini, 2010, p. 326. Contrario a tale ricostruzione è BARBA, Profili civilistici del leveraged buy out, cit., p. 35 che ritiene che il LBO realizzi un unico contratto, in quanto i singoli atti che lo compongono non avrebbero un loro oggetto e una loro causa autonoma.
123 Per una rassegna delle varie tipologie di LBO si legga MARABINI, I problemi sempre attuali del leveraged buy out, in Giur. comm., I, 1996, p. 165.
vietava tout court alle società per azioni di fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie.
Era dunque discusso in dottrina se il LBO violasse o meno tale divieto.
Da un lato, gli autori favorevoli alla liceità dell’operazione facevano leva sul dato formalistico, che porta ad esaminare individualmente i singoli atti dell’operazione (finanziamento, acquisizione e fusione) ed a riscontrare l’assoluta liceità di essi senza apprezzarne il risultato che deriva dal loro collegamento: il prestito non è infatti accordato dalla società target per l’acquisto delle proprie azioni, ma ad una società diversa, che al momento del finanziamento è estranea alla prima124.
Dall’altro, l’orientamento sostanzialistico che analizzava l’operazione economica nel suo complesso e riteneva che il risultato finale configurasse una frode alla legge ex art. 1344 c.c., finalizzata ad eludere il divieto di assistenza finanziaria125.
Sulla base di tale norma, veniva così affermato che qualora la fusione tra società target e newco manchi di una strategia imprenditoriale ragionevolmente praticabile in termini di progetto industriale valido e di piano finanziario equilibrato, l’intera operazione andrebbe qualificata come illecita, in quanto destinata esclusivamente all’accollo del debito della newco sulla target, e quindi al risultato vietato dall’art. 2358 c.c.126.
Ecco quindi che sarebbero legittimi solo quei LBO nei quali l’operazione di fusione sia realmente finalizzata all’integrazione economica delle due imprese, più precisamente quei LBO giustificati da reali ragioni economico-finanziarie di concentrazione ed inseriti in un quadro di patrimonializzazione della società acquirente, idoneo ad escludere che l’obiettivo primario dell’operazione sia l’utilizzo della target per ripianare il debito contratto con l’acquisizione di essa127.
124 Sostenitori della teoria formalistica sono principalmente: FRIGNANI, voce Leveraged buy out, cit.,
p. 1 e PARDOLESI, Leveraged Buy Out: una novità a tinte forti (o fosche?) in Giur. comm., I, 1988, p. 402;
125 Si veda in particolare MONTALENTI, voce Leveraged buy out, cit. p. 4. Concorde anche DOLMETTA, Il merger leveraged buyout nella legge delega n. 366/2001: la target da s.p.a. a s.r.l., in Corr. giur., 2002, p. 239.
126 Critico verso l’utilizzo del collegamento negoziale per giustificare l’applicazione dell’art. 1344 e 2358 c.c. è PARDOLESI, Leveraged Buy Out: una novità a tinte forti (o fosche?) in Giur. comm., I, 1988,
p. 407 che lo ritiene non applicabile quando la società bersaglio sia estranea alla prima fase dell’operazione.
127 In tal senso anche la rara giurisprudenza sul tema: Trib. Milano, 13 maggio 1999, in Giur. it.,1999,
p. 2106 con nota di MONTALENTI; Trib. Milano, 25 gennaio 2001, in Giur. it.,2001, p. 761 e Trib. Torino, 28 giugno 2001 in www.iusexplorer.it.
Tale stato di incertezza in ordine alla liceità delle operazioni di LBO, accompagnato dalla loro frequenza nella prassi128, ha indotto il legislatore ad intervenire nella materia con l’introduzione, nell’ambito della riforma del diritto societario, di una disposizione specifica avente ad oggetto la «fusione a seguito di acquisizione con indebitamento».
L’art. 2501bis c.c. disciplina così la fattispecie di LBO in cui una società abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra e in seguito alla fusione tra esse il patrimonio della società target venga a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti, subordinandone la liceità al rispetto di specifici obblighi procedimentali129.
Tali obblighi hanno la finalità di giustificare sul piano economico l’operazione di LBO e consistono in una serie di adempimenti più specifici rispetto a quelli previsti per le ordinarie ipotesi di fusione. Essi sono la redazione a cura degli amministratori di un progetto che indichi le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione, la specificazione nella relazione degli amministratori di cui all’art. 2501quinquies c.c. delle ragioni che giustificano l’operazione con la redazione di un accurato piano economico e finanziario, l’attestazione nella relazione degli esperti di cui all’art. 2501sexies c.c. della ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione e la stesura di una relazione sull’operazione anche da parte del soggetto incaricato della revisione legale dei conti di una delle due società130.
128 Il LBO ai primi anni 2000 rappresentava il 50% del mercato del private equity in Italia: si leggano i dati raccolti da GERVASONI, Newsletter A.I.F.I. – Speciale LBO, 2003, citata da SPOLIDORO, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out) in Rivista delle Società, 2004, I, p. 248 e da DEL GIUDICE, DONADONIBUS, MORGHEN, Il mercato italiano del leveraged buy out nel 2002, ricerca a cura dell’Università Carlo Cattaneo – LIUCC, Castellana, giugno 2003, citata da PICONE, Il Leveraged Buy Out nella riforma del diritto societario cit., p. 1394.
129 Per un commento specifico all’art. 2501bis c.c. si vedano: ARDIZZONE, sub art. 2501 bis c.c., in Commentario alla riforma della società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Trasformazione, fusione, scissione, Milano, 2006, p. 427; MONTALENTI, sub art 2501 bis c.c., in Il nuovo diritto societario, a cura di Cottino, Bonfante, III, Bologna, 2004, p. 2323; PERRINO, sub art. 2501 bis c.c., in Società di capitali, a cura di Niccolini, Stagno d’Alcontres, III, Napoli, 2004, p. 1943; SERRAO D’ACQUINO, sub art 2501 bis c.c., in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, III, Torino, 2003, p. 424; TAMBURINI, sub art. 2501 bis c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, IV, 2005, p. 2519; nella saggistica SPOLIDORO, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out), cit, p. 229; MORANO, Il merger leveraged buy-out alla luce del nuovo art. 2501 bis, in Società, 2003, p. 952; PICONE, Il Leveraged Buy Out nella riforma del diritto societario in Contratto e Impresa, 2003, p. 1391; SALAFIA, Il Leveraged buy out nella riforma societaria in Società, 2004, p. 935; SCHLESINGER, Merger leveraged buy out e riforma societaria, in Corriere Giuridico, 2003, p. 705.
130 Per una recente e approfondita analisi sulla disciplina legislativa si legga CINCOTTI, Merger leveraged buy out, sostenibilità dell'indebitamento e interessi tutelati dall'ordinamento, in Riv. soc.,
Per effetto di tale norma il legislatore ha dunque tipizzato l’operazione economica unitaria, composta da una serie di negozi giuridici distinti, ma tra loro funzionalmente collegati, che realizza il LBO, sancendone la liceità al verificarsi delle suddette condizioni: si tratta dunque di un’ipotesi di collegamento negoziale legale, che ha appunto la funzione di dissipare qualsiasi dubbio per l’interprete in merito alla qualificazione della fattispecie complessa.
La dottrina pressoché unanime ha inteso così l’art. 2501bis c.c. come norma interpretativa che chiarisce e precisa a quali condizioni le operazioni di LBO sono legittime, in quanto non in contrasto con il divieto di fornire prestiti o prestare garanzie per l’acquisto di azioni proprie131 132.
Restano ora da chiarire essenzialmente due aspetti: quali conseguenze derivano in caso di invalidità di uno o più atti della procedura e quale disciplina applicare alle differenti ipotesi di LBO che non si realizzano con le modalità descritte dall’art. 2501bis c.c.
Con riferimento alla prima questione appare decisivo l’art. 2504quater c.c. che stabilisce che dopo che l’atto di fusione è stato iscritto nel registro delle imprese, l’invalidità di esso non può essere più pronunciata e i soggetti danneggiati potranno unicamente ottenere il risarcimento del danno.
Conseguentemente eventuali vizi che afferiscono il contratto di finanziamento o di acquisizione delle partecipazioni nella società target non inficeranno la fusione dopo la pubblicazione del relativo atto, mentre potrebbero rilevare se fatti valere antecedentemente: si pensi ad esempio al caso in cui sia nullo l’atto di acquisto della partecipazione azionaria, che comporterebbe l’annullabilità delle delibera di fusione, se assunta con il voto determinante di un soggetto non legittimato a partecipare all’assemblea.
2011, p. 634. Per un’analisi delle potenziali situazioni di conflitto di interessi di amministratori e soci nelle operazioni di leveraged buy out, nonché dei rimedi prospettabili si veda VICARI, I conflitti d’interessi di amministratori e soci della società target nel leveraged buy out, in Liber amicorum G.
F. Campobasso, diretto da Abbadessa e Portale, II, Torino, 2006, p. 269 ss.
131 Così MONTALENTI, Il leveraged buyout nel nuovo diritto penale commerciale e nella riforma del diritto societario in Giurisprudenza commerciale, 2004, p. 816; SCHLESINGER, Merger leveraged buy out e riforma societaria, cit., p. 706; ROVELLI, Clausole generali e diritto societario ecc. cit., p. 768; SPOLIDORO, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out), cit., p. 244
132 Pare opportuno evidenziare che l'unico precedente giurisprudenziale edito in materia di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento successivamente alla riforma ha affermato che la legittimità dell'operazione consegue anche alla verifica del rispetto degli interessi meritevoli di protezione che da tale operazione possono subire ingiusto pregiudizio. Così Trib. Milano, 27 novembre 2008, n. 14099, in www.iusexplorer.it.
Analoga soluzione si presenta nel caso in cui venissero violati gli obblighi informativi di cui all’art. 2501bis c.c.: in tal caso la relativa delibera di fusione sarà annullabile e impugnabile nei termini di cui all’art. 2377 c.c. Successivamente invece all’atto di fusione coloro che lamentassero un danno potranno agire solamente per il risarcimento del danno133.
E’ opportuno però precisare che, se il mancato rispetto degli obblighi sia stato fraudolentemente compiuto al fine di eludere la normativa e violare il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c., ecco che allora la delibera di fusione potrà essere impugnata ex art. 2379 c.c. in quanto nulla per illiceità dell’oggetto134. Al fine di stabilire quando la delibera di fusione sia annullabile o nulla bisogna quindi distinguere sul piano soggettivo se la violazione degli obblighi informativi sia avvenuta con finalità elusive o derivi da un comportamento
negligente degli amministratori a causa di un mero vizio procedimentale135.
Il secondo e ultimo profilo su cui è necessario soffermarsi attiene invece alla disciplina applicabile alle ipotesi di LBO, realizzate in modo differente da quella descritta dall’art. 2501bis c.c.
Sul punto appare significativa la nuova formulazione dell’art. 2358 c.c. disposta dal legislatore con il d.lgs. n. 142/2008, che recepisce la direttiva europea 2006/68/CE.
Tale norma infatti, pur confermando in linea generale il divieto di assistenza finanziaria per l’acquisto e la sottoscrizione di azioni proprie, ne consente una limitata prestazione al verificarsi di una serie di condizioni, quali in estrema sintesi l’autorizzazione preventiva dell’assemblea straordinaria della società, la redazione da parte degli amministratori di una relazione che illustri l’operazione, le condizioni, le ragioni e gli obiettivi che la giustificano e l’obbligo di iscrivere a bilancio una riserva indisponibile pari all’importo complessivo delle somme impiegate.
133 Sul punto SPOLIDORO, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out), cit., p. 270.
134 Anche in tal caso rimane però sempre valido il limite temporale dell’iscrizione nel registro dell’imprese dell’atto di fusione: successivamente ad esso infatti i soci di minoranza potranno unicamente ottenere il risarcimento del danno; potranno invece essere dichiarati invalidi i negozi conclusi a monte, riguardanti il finanziamento, fermo restando che l’obbligo di restituzione grava sulla società risultante dalla fusione. Così SERRAO D’ACQUINO, sub art 2501 bis c.c., cit., p. 427, criticato da SPOLIDORO, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out), cit., p. 273, che ritiene invece che tali atti restino validi in quanto l’elusione si materializza solo con la fusione.
135 Sostengono espressamente la necessità di tale discrimine ARDIZZONE, sub art. 2501 bis c.c., cit.,
p. 519 e ROBUSTELLA, Leveraged buy out, cit., p. 366.
La ratio della disposizione appare chiara e risiede nell’intento di permettere la praticabilità di operazioni di assistenza finanziaria, che sono viste ora dal legislatore in modo favorevole perché in grado di facilitare il cambiamento degli assetti proprietari della società, innescando conseguentemente effetti virtuosi sull’intero tessuto imprenditoriali nazionale, garantendo al contempo adeguata protezione a chi potrebbe subire da tali operazioni un pregiudizio: i soci infatti devono autorizzare l’operazione con la maggioranza richiesta per l’assemblea straordinaria e a tutela dei creditori viene imposto un sistema basato sull’analisi della sostenibilità economica dell’operazione136.
Ebbene l’ultimo comma del nuovo art. 2358 c.c. stabilisce che restano salve le disposizioni di cui all’art. 2501bis c.c.
Da tale clausola, si evince lo stretto legame che intercorre tra la fattispecie della fusione a seguito di acquisizione con indebitamento e l’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie, offrendo all’interprete un’implicita conferma che per il legislatore le operazioni di LBO non sono del tutto estranee alla problematica dell’assistenza finanziaria.
Si deve allora ritenere che le due norme abbiano ambiti di applicazione differenti: l’art. 2501bis c.c. continuerà ad applicarsi solo alla specifica ipotesi di LBO descritta nella fattispecie legislativa, mentre dovrà applicarsi l’art. 2358 c.c. a tutte le altre tipologie di LBO, in cui si ravvisi un collegamento tra i negozi, il cui risultato finale possa potenzialmente violare il divieto di assistenza finanziaria137.
Così ad esempio non c’è dubbio che, qualora la società target intervenga direttamente nell’operazione di LBO per concedere all’acquirente, in violazione dell’art. 2358 c.c., prestiti o garanzie per consentirgli o facilitargli l’acquisto della partecipazione, tali interventi saranno certamente illeciti se non vengano adempiuti gli obblighi previsti dallo stesso art. 2358 c.c.138.
Alle luce di tali osservazioni, appare dunque ancora attuale ricorrere al collegamento negoziale per identificare il legame tra i vari atti che realizzano l’operazione di LBO e conseguentemente stabilire quale disciplina applicare alla fattispecie in esame.
136 Sul punto si veda ROBUSTELLA, Prime note in merito all’adeguamento dell’ordinamento interno all’art. 1 par. 6 della direttiva 2006/68/CE: la novella dell’art. 2358 c.c. e i nuovi scenari prospettabli per le operazioni di merger leveraged buy out, in Riv. dir. impr., 2009, p. 103.
137 Così ancora ROBUSTELLA, Leveraged buy out, cit., p. 373.
138 Evidenza tale caso PICONE, Il leveraged buy out nella riforma del diritto societario in Contratto e Impresa, 2003, p. 1451.
Solo infatti riconoscendo la sussistenza del collegamento, nell’ottica dell’operazione economica voluta dalle parti, appare giustificato, nei casi diversi dall’art. 2501bis c.c., applicare il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c.
3. Le ipotesi di collegamento create dal legislatore.
3.1. Il finanziamento destinato ad uno specifico affare: l’art. 2447decies c.c.
Il legislatore della riforma del diritto societario non si è limitato a tipizzare le ipotesi di collegamento negoziale precedentemente analizzate, ma ne ha creato anche di nuove: ci si riferisce in particolare alla disciplina relativa al conferimento garantito nella s.r.l. di cui all’art. 2464 c.c. e al finanziamento destinato ad uno specifico affare, sul quale ci si sofferma ora.
Ebbene l’art. 2447decies c.c. disciplina una particolare tipologia di contratto di finanziamento, prevedendo che al rimborso totale o parziale di esso siano destinati in via esclusiva tutti o parte dei proventi di uno specifico affare139. Insieme con la normativa in tema di patrimoni destinati (art. 2447bis e ss.
c.c.), esso si colloca tra gli strumenti introdotti dal legislatore per limitare il rischio d’impresa, aventi la finalità di evitare la moltiplicazione formale delle società e i relativi costi: in tal modo infatti è possibile raggiungere risultati sostanzialmente
139 Per un commento specifico all’art. 2447decies c.c. si leggano COMPORTI, sub art. 2447decies c.c, in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, Torino, 2003, p. 1017; DE CRESCENZO, sub art. 2447decies c.c., in Codice commentato delle s.p.a., a cura di Fauceglia, Schiano di Pepe, II, Torino, 2007, p. 1401; GIANNELLI, sub art. 2447decies c.c, in La riforma delle società per azioni, a cura di Niccolini, Stagno d'Alcontres, III, Napoli, 2004, p. 1276; MIGNONE, sub art. 2447decies c.c, in Il nuovo diritto societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, Bologna, 2004, p.1674; PESCATORE, sub art. 2447decies c.c, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2007, p. 944; NIUTTA, sub art. 2447decies c.c, in Commentario romano al nuovo diritto delle società, a cura di D’Alessandro, Padova, 2011, p.108. Nella saggistica: SANTAGATA, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Il codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2014; BALZARINI, STRAMPELLI, Sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare, in Riv. soc., 2012, p. 78; CECCHERINI, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, in Le nuove s.p.a., opera diretta da Cagnasso, Panzani, Bologna, 2010, **, p. 1581; SALAMONE, I
«finanziamenti destinati» tra separazione patrimoniale e garanzia senza spossessamento, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, I, Torino, 2006, p. 877; GIORDANO, La destinazione dei proventi di un affare al rimborso di un finanziamento: prime note di commento all'art. 2447-decies c.c., in Riv. dir. banc. merc. fin., 2004, p. 416; DI SABATO, Sui patrimoni dedicati nella riforma societaria, in Società, 2002, p. 665.
identici, operando però direttamente sul patrimonio dell’impresa societaria. Questa infatti resta unica, ma nel suo ambito sono individuati uno o più patrimoni separati che rispondono solo delle obbligazioni relative a predeterminate e specifiche operazioni economiche140.
Mentre però i patrimoni destinati sono separati in forza di atti corporativi della società e dunque interessano essenzialmente la disciplina di stretto diritto societario, i finanziamenti destinati vengono separati in base a presupposti che attengono esclusivamente al piano del diritto delle obbligazioni e dei contratti, pur riflettendosi sulla disciplina societaria141.
Tale rapporto può allora studiarsi in termini di collegamento negoziale al fine di evidenziare quali effetti derogatori il contratto di finanziamento produce sull’ordinaria disciplina societaria e quali effetti si verificano in senso opposto142.
Il contratto di finanziamento destinato è un contratto tipico, che si inserisce nell’ampia categoria dei contratti di credito e che si caratterizza per il fatto che il soggetto finanziato risponde del rimborso utilizzando principalmente i proventi dell’operazione finanziata, per l’obbligo per la società di dare corso all’operazione alla quale il finanziamento è destinato e infine per la creazione di un patrimonio separato da quello della società, costituito dai proventi dell’operazione e sul quale il finanziatore ha diritto di soddisfarsi in via privilegiata rispetto agli altri creditori sociali143.
Esso realizza una complessa operazione economica, articolata in una rete di contratti, oltreché ad un insieme di procedimenti negoziali, amministrativi, finanziari e industriali reciprocamente coordinati per la realizzazione dell’affare.
Il contratto di finanziamento destinato appare quindi come contratto- quadro e costituisce lo strumento idoneo a conferire rilevanza giuridica al
140 Evidenzia tali caratteri CAMPOBASSO, Diritto delle società, Torino, 2015, p. 178.
141 Sul punto si veda DI SABATO, Strumenti di partecipazione a specifici affari con patrimoni separati e obbligazioni sottoscritte dagli investitori finanziari, in Banca, borsa e tit. credito, 2004, I, p. 22 e SALAMONE, I «finanziamenti destinati» tra separazione patrimoniale e garanzia senza spossessamento, cit., p. 877 che afferma che tale istituto attiene al diritto delle obbligazioni e che con il diritto delle società per azioni presenta una connessione molto labile, solo di ordine soggettivo.
142 Stante la sussistenza di una specifica disciplina legislativa, si tratta di un collegamento negoziale di tipo legale.
143 Sottolinea tali caratteri CECCHERINI, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 1652.
collegamento negoziale esistente fra gli eterogenei contratti bilaterali funzionali alla retrostante operazione economica144.
Il secondo comma dell’art. 2447decies c.c. disciplina sotto il profilo contenutistico i requisiti a cui è assoggettato il contratto, che possono distinguersi in essenziali, naturali e tendenzialmente accidentali145.
Si ritengono requisiti essenziali la descrizione dello specifico oggetto dell’operazione, delle sue modalità di realizzazione, del relativo piano finanziario, dei beni strumentali necessari al suo conseguimento e l’indicazione del tempo massimo del rimborso.
Sono invece requisiti naturali o di mera regolarità del contratto l’indicazione dei tempi di realizzazione dell’operazione, dei costi previsti e dei ricavi attesi.
Sono infine meri requisiti accidentali quelli che permettono di determinare la parte di proventi destinata al rimborso del finanziamento, l’eventuale assunzione di garanzie di buona esecuzione dell’operazione e/o del rimborso e la disciplina dei controlli che il finanziatore può effettuare.
Stante la previsione di tali requisiti, bisogna allora interrogarsi sulle conseguenze che derivano sia al contratto di finanziamento che al vincolo sociale in caso di assenza di uno o più di detti elementi, escludendo sin d’ora da tale analisi i requisiti della terza categoria, in considerazione della loro natura accidentale.
Si ritiene che la mancanza dei requisiti di mera regolarità non infici la validità del contratto di finanziamento, che potrà quindi essere iscritto nel registro delle imprese; ciò non di meno può derivare una responsabilità degli amministratori per i danni direttamente cagionati ai soci o ai terzi dal difetto di trasparenza e di informazione contrattuale146.
Più complesso è invece il quadro nel caso in cui non siano indicati nel contratto i requisiti qualificati come essenziali: in tale ipotesi infatti il contratto deve considerarsi nullo. Ciò però non esclude che quel medesimo contratto, pur
144 Così SANTAGATA, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 442 che ritiene che il contratto di finanziamento sia un unitario e autonomo regolamento di interessi deputato a raccogliere la disciplina convenzionale dei singoli rapporti obbligatori oltreché ad intrecciare quell’irrinunciabile tessuto connettivo per la loro funzionalizzazione al perseguimento dell’unitario intento delle parti, realizzante l’operazione economica.
145 Propone questa classificazione SANTAGATA, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 447.
146 Sul punto BALZARINI, STRAMPELLI, Sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare, in Riv. soc.,
2012, p. 88 e GIANNELLI, sub art. 2447decies c.c, cit., p. 1279.
privo degli elementi essenziali di un finanziamento destinato, possa essere comunque idoneo a produrre gli effetti di un ordinario contratto di finanziamento, del quale possegga i requisiti di sostanza e di forma: si ricadrebbe nel caso di conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c.147. In questo modo la società potrà comunque godere del contratto di finanziamento, che però non genererà il regime di separazione patrimoniale e conseguentemente il finanziatore diverrà un normale creditore societario.
Le vicende sociali influiscono invece nei confronti del contratto di finanziamento essenzialmente in due ipotesi: qualora la società non adotti o cessi di adottare in pendenza del contratto di finanziamento sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in ogni momento i proventi dell’affare e in caso di fallimento.
Ebbene il terzo comma dell’art. 2447decies c.c. subordina infatti l’efficacia della separazione patrimoniale alle condizioni che copia del contratto sia depositata presso il registro delle impresa e soprattutto che la società adotti i suddetti sistemi di contabilità.
In difetto di tale condotta, si ritiene che venga meno il regime di separazione patrimoniale, pur non pregiudicando l’esecuzione del contratto: in conseguenza di ciò la società risponderà del rimborso non più solo con i proventi dell’attività finanziata ma con tutto il suo patrimonio, sul quale concorreranno su un piano di parità sia i creditori sociali che il finanziatore. Inoltre in via solidale amministratori e organi di controllo della società saranno responsabili verso il finanziatore sia per il rimborso del finanziamento sia per l’inadempimento di eventuali ulteriori obbligazioni contratte nell’esecuzione dello specifico affare148.
Quanto invece al caso di fallimento della società, bisogna distinguere varie ipotesi disciplinate dall’art. 72ter della legge fallimentare149.
147 In tal senso GIORDANO, La destinazione dei proventi di un affare al rimborso di un finanziamento: prime note di commento all'art. 2447-decies c.c., in Riv. dir. banc. merc. fin., 2004, p. 416 e SANTAGATA, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 448.
148 Su tali questioni si vedano CECCHERINI, I patrimoni destinati ad uno specifico affare, p. 1660 e SANTAGATA, Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, cit., p. 481.
149 Per la disciplina dei profili concorsuali relativa ai finanziamenti destinati si vedano: VATTERMOLI, sub art. 72ter l.f., in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di Nigro, Sandulli, Santoro, Torino, I, 2010, p. 1027; SPIOTTA, sub art. 72ter l.f., in Il nuovo diritto fallimentare, a cura di Jori, Bologna, 2010, p. 1183; CATALANO, sub art. 72ter l.f. I contratti di finanziamento di uno specifico affare e il fallimento della società sovvenuta, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, Torino, 2010, p. 444; SANTOSUOSSO, I finanziamenti destinati di società nel nuovo diritto concorsuale, in Dir. banc. merc. fin., 2007, I, p. 389; GATTI, Finanziamenti destinati e procedure concorsuali, in Riv. dir. comm., 2004, I, p. 243; D’AMBROSIO, I patrimoni di destinazione
Qualora infatti lo stato di insolvenza impedisca la realizzazione o la continuazione dell’operazione, è previsto lo scioglimento del contratto di finanziamento: in tal caso il curatore potrà acquistare all’attivo i beni strumentali destinati allo specifico affare fino ad allora non aggredibili dai creditori sociali, mentre il finanziatore potrà insinuarsi al passivo, al netto delle somme garantite dai proventi che sino a quel momento sono stati separati.
Se invece la prosecuzione dell’affare non è divenuta impossibile, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società, assumendone gli oneri relativi. In suo difetto, lo stesso finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di continuare l’operazione in proprio o affidandola a terzi: in tal caso egli potrà trattenere i proventi dell’affare e insinuarsi al passivo per l’eventuale credito residuo.
Se infine né il curatore, né il finanziatore intendano proseguire l’affare, malgrado esso sia ancora realizzabile, si procederà allo scioglimento del contratto.
3.2. Il conferimento garantito: l’art. 2464 c.c.
L’altra ipotesi di collegamento fra negozi creata dal legislatore si ritrova nella disciplina dei conferimenti nella s.r.l., che risulta essere particolarmente innovativa.
Prima della riforma del diritto societario, le società a responsabilità limitata non avevano infatti un’autonoma regolamentazione in materia di conferimenti, ma l’originaria formulazione codicistica prevedeva un semplice rinvio alla disciplina prevista per le s.p.a.
Il legislatore del 2003, mosso dall’intento di delineare un modello sociale autonomo e più marcatamente personalistico, ha invece voluto apprestare, anche in tema di conferimenti, un corpus normativo integralmente nuovo.
Così, se il nuovo articolo 2464 c.c. si apre con l’ordinaria previsione in funzione di tutela dell’integrità del capitale sociale per la quale il valore dei conferimenti non può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale di esso, appare significativo il secondo comma in cui è stabilito che possono essere
nell’insolvenza, in Giur. comm., 2005, I, p. 559; SALAMONE, I patrimoni destinati a specifici affari nella
s.p.a. riformata: insolvenza, esecuzione individuale e concorsuale, in Riv. esecuzione forzata, 2005, I, p. 95.
conferiti tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica: in questo modo l’oggetto del conferimento non è più vincolato alle ristrette tipologie del denaro, dei beni in natura e dei crediti, ma comprende anche quei valori, che pur non consistendo in cose materiali o in crediti strictu sensu, comportano comunque il sorgere di una situazione positiva – reale o personale, materiale o immateriale – nel patrimonio della società150.
Particolarmente significative sono poi le disposizioni dei commi quarto e sesto in cui vengono disciplinate due distinte ipotesi in cui il conferimento viene collegato ad una fideiussione o ad una polizza assicurativa in funzione di garanzia dell’esatto adempimento.
Ebbene il quarto comma dell’art. 2464 c.c., che disciplina il conferimento in denaro, prevede che il versamento iniziale del capitale sottoscritto possa essere sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o da una fideiussione bancaria con le caratteristiche determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che però ad oggi non è stato ancora emanato151.
In tal modo il legislatore mira a favorire il decollo di nuove iniziative economiche pur nell’attuale mancanza di mezzi propri, consentendo in tutto o in parte alla società di costituirsi anche senza il versamento parziale o totale del denaro promesso dai soci.
E’ discussa la natura di detta garanzia: un orientamento minoritario della dottrina ne afferma infatti la natura solutoria, nel senso che essa costituirebbe una modalità alternativa dell’adempimento dell’obbligo di versamento immediato,
150 Così ZANARONE, sub art. 2464 c.c., in Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2010, p. 287. Per una specifica rassegna delle singole entità conferibili si veda AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da Marchetti, Bianchi, Ghezzi, Notari, Società a responsabilità limitata, 2462 – 2483 c.c., Milano, 2008, p. 115. Più in generale per un commento all’art. 2464 c.c., oltre agli scritti appena enunciati si vedano: OLIVIERI, Conferimenti «assicurati» e capitale di rischio nelle società a responsabilità limitata, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, III, Torino, 2006, p. 351; CINCOTTI, La nuova disciplina dei conferimenti nella s.r.l., in Società, 2003, p. 1581; MASI, sub art. 2464 c.c., in Società di capitali - Commentario, a cura di Niccolini, Stagno D'Alcontres, Napoli, 2004, p. 1422; TASSINARI, sub art. 2464 c.c., in Il nuovo diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, III, 2005, p. 1760; BERTOLOTTI, sub art. 2464 c.c., in Il nuovo diritto societario, diretto da Cottino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, 2409bis - 2483 c.c., II, Bologna, 2004, p. 1748; ROSAPEPE, sub art. 2464 c.c, in La riforma delle società, a cura di Sandulli, Santoro, Torino, 2003, p. 29; CARESTIA, sub art. 2464 c.c., in La riforma del diritto societario, a cura di Lo Cascio, Milano, 2006, p. 45.
151 E’ opportuno evidenziare che l’art. 6 della legge 18 ottobre 2001, n. 383 aveva già generalizzato tale possibilità per le società di capitali, ma la mancata emanazione del d.p.c.m. che avrebbe dovuto fissare la normativa di attuazione ha reso inattuato tale disposizione legislativa.
con la conseguenza, che una volta scelta tale alternativa, il socio avrebbe assolto il suddetto obbligo e la sua quota dovrebbe ritenersi almeno parzialmente liberata152.
La dottrina maggioritaria riconosce invece, in modo condivisibile, la natura di vera garanzia, in quanto non solo nella Relazione al d.lgs. n. 6/2003 si parla di una polizza o di una fideiussione che «garantisca» l’esecuzione del versamento, ma anche perché il dettato legislativo consente al socio di sostituire in ogni momento la polizza o la fideiussione con il versamento del corrispondente importo in denaro: ebbene tale facoltà non avrebbe alcun senso se si attribuisse funzione solutoria alla garanzia153.
La polizza o la fideiussione nelle intenzioni del legislatore svolgono quindi una funzione essenzialmente supplettiva del versamento inziale e sono così destinate a garantire l’effettività del capitale sottoscritto nonché a tutelare la società dal mancato adempimento dell’obbligazione pecuniaria che il socio assume con la sottoscrizione del conferimento154.
Inoltre si palesa in esse una funzione di agevolazione finanziaria, in quanto di fatto consentono una dilazione di pagamento in favore del socio temporaneamente sprovvisto di liquidità155.
Svolgono invece unicamente funzione di garanzia la fideiussione bancaria o la polizza assicurativa, la cui stipula è necessaria al fine del conferimento d’opera
o di servizi.
Il sesto comma dell’art. 2464 c.c. prevede infatti che il conferimento possa avvenire anche mediante la prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con la quale vengono garantiti per l’intero valore ad essi assegnati gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d’opera o di servizi a favore della società156.
152 In tal senso PORTALE, Profili dei conferimento in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali, in Corr. giur., 2003, p. 1670 e MIOLA, Capitale sociale e conferimenti nella nuova società a responsabilità limitata, in Giur. comm., 2004, I, p. 657.
153 Così ZANARONE, sub art. 2464 c.c., cit., p. 307; OLIVIERI, Conferimenti «assicurati» e capitale di rischio nelle società a responsabilità limitata, cit., p. 368; AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., cit., p. 98; ROSAPEPE, sub art. 2464 c.c, cit., p. 29; CARESTIA, sub art. 2464 c.c., cit., p. 45
154 Così AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., cit., p. 99.
155 Evidenzia tale carattere OLIVIERI, Conferimenti «assicurati» e capitale di rischio nelle società a responsabilità limitata, cit., p. 369 in contrapposizione con la funzione unicamente di garanzia della fideiussione bancaria e polizza assicurativa, collegate al conferimento d’opera o di servizi.
156 Per una completa analisi relativa ai conferimenti d’opera e di servizi nelle s.r.l. si rinvia alle monografie di NIEDDU ARRICA, Il conferimento di prestazione d’opera e servizi nella s.r.l., Milano, 2009 e MENTI, Socio d’opera e conferimento del valore nella s.r.l., Milano, 2006.
La conferibilità d’opera o di servizi, se pure con specifica regolamentazione rispondente ad ovvie esigenze di cautela, rappresenta una delle innovazioni più significative della riforma delle s.r.l., che ne evidenzia il carattere personalistico, nel quale l’apporto del socio si qualifica spesso per qualità professionali o personali piuttosto che per il valore oggettivo di beni157.
A differenza della previsione di cui al quarto comma, in tal caso i caratteri della fideiussione bancaria e della polizza assicurativa non devono essere disciplinati da un d.p.c.m. e pertanto tale facoltà è stata sin dalla sua pubblicazione direttamente utilizzabile dai soci conferenti.
Al fine della corretta esecuzione dell’obbligo di conferimento si deve allora affermare che il socio debba allegare al momento della sottoscrizione della quota la fideiussione o la polizza, che assumono dunque carattere accessorio158.
Esse infatti appaiono prive di autonomia in quanto non sostituiscono gli apporti da compiersi, ma rivestono un ruolo essenziale di supplenza, che viene in gioco solo quando gli impegni promessi non vengono assolti.
La prestazione della polizza o della fideiussione costituisce quindi presupposto essenziale del conferimento: accompagnandosi all’obbligazione assunta con la sottoscrizione del contratto sociale, permette di ritenerla liberata, almeno per le finalità di effettività e integrità previste dalla legge159.
Dall’esame delle due fattispecie appena descritte appare evidente la sussistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di società e la fideiussione o la polizza assicurativa.
Si tratta anzitutto di un collegamento legale, in quanto il vincolo tra le obbligazioni di conferimento e i negozi in funzione di garanzia è istituito dal legislatore.
Esso è inoltre eventuale in quanto con riferimento al quarto comma il socio conferente può optare per tale possibilità ma non è obbligato alla stipula della fideiussione o della polizza assicurativa: egli infatti può effettuare il conferimento
157 In tal senso MASI, sub art. 2464 c.c., cit., p. 1434.
158 La qualificazione di tale carattere è ormai prevalente in dottrina, così ZANARONE, sub art. 2464 c.c., cit., p. 322; OLIVIERI, Conferimenti «assicurati» e capitale di rischio nelle società a responsabilità limitata, cit., p. 363; AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., cit., p. 139; ROSAPEPE, sub art. 2464 c.c, cit., p. 30; MIOLA, Capitale sociale e conferimenti nella nuova società a responsabilità limitata, cit., p. 707. In senso contrario, altri autori hanno sostenuto che l’oggetto del conferimento sono proprio la fideiussione o la polizza: così PORTALE, Profili dei conferimento in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali, in Corr. Giur., 2003, p. 1669 e CASSOTTANA, POLLIO, I conferimenti di servizi, in Analisi giur. dell’economia, 2003, p. 373.
159 Così AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., cit., p. 140.
in denaro nel modo tradizionale, e cioè versando la somma dovuta direttamente in favore della società; con riferimento invece all’ipotesi di cui al sesto comma il legislatore dà la facoltà al socio conferente di sostituire la garanzia dovuta con il versamento a titolo di cauzione del corrispondente importo in denaro.
Il collegamento è poi funzionale, in quanto la connessione fra i negozi assume rilevanza non solo nella fase genetica, in considerazione del fatto che le garanzie devono essere stipulate al fine di poter correttamente adempiere all’obbligo del conferimento, ma anche sul piano dello svolgimento dei rispettivi negozi, i quali subiscono reciproche influenze per effetto delle vicende giuridiche che possono caratterizzarli.
In relazione a tale ultimo aspetto è allora necessario esaminare quali effetti derivano dalla connessione, distinguendo dapprima come le vicende giuridiche che interessano il negozio di garanzia possano incidere sul rapporto sociale e successivamente quali conseguenze si producono nel verso inverso e cioè dal rapporto sociale alla garanzia.
Con riferimento alle prime è opportuno sin da subito evidenziare che prima della iscrizione nel registro delle imprese della società deve ritenersi che, nel caso in cui la garanzia sia invalida o inefficace o comunque non sia stata stipulata nella misura e secondo le modalità di cui all’art. 2464 c.c., il notaio non possa procedere al deposito dell’atto costituivo in quanto difetterebbe il requisito di cui al punto 2) dell’art. 2329 c.c., il quale impone il rispetto delle norme previste in materia di conferimento.
Qualora invece si proceda in ogni caso all’iscrizione nel registro delle imprese della società o la garanzia divenga inefficace in un momento successivo, è ancora il legislatore a disciplinare le conseguenze: l’art. 2466 c.c. prevede infatti che si deve considerare inadempiente il socio qualora la garanzia per qualsiasi motivo scada o divenga inefficace.
Da tale norma si evince allora che le vicende patologiche che possono interessare la garanzia si riflettono sulla posizione del socio: in caso di invalidità, risoluzione o scadenza della fideiussione o della polizza, egli sarà infatti considerato moroso, salva la possibilità di sostituire le garanzie con il versamento del corrispondente importo in denaro.
Non sono invece espressamente disciplinati gli effetti che si producono nel senso opposto e cioè dal rapporto sociale alla garanzia, ad eccezione della ipotesi del fallimento della società: l’art. 151 l.f. attribuisce infatti al giudice il potere di
autorizzare il curatore all’escussione delle garanzie di cui al quarto e al sesto comma dell’art. 2464 c.c.
In forza di tale norma si deve allora desumere che il fallimento della società non produce effetti estintivi sulla fideiussione e sulla polizza.
Ad una non dissimile conclusione si deve pervenire anche in ipotesi di scioglimento della società: se cessa l’impresa, il socio rimane obbligato per il valore del conferimento sottoscritto e pertanto in caso di conferimento in denaro se la società ha debiti verso terzi egli è tenuto a corrispondere la somma sottoscritta, mentre se socio d’opera è tenuto a versare ai liquidatori il denaro corrispondente al valore della porzione residua di prestazione ineseguita.
In entrambi i casi, se il socio non dovesse adempiere a tale obbligo, ben potrà la società escutere la fideiussione o la polizza assicurativa, precedentemente stipulata dal socio160.
Analoghe considerazioni possono farsi anche in caso di recesso o esclusione del socio o, limitatamente al socio d’opera, di impossibilità sopravvenuta ad eseguire la prestazione per causa a lui non imputabile: la perdita integrale della partecipazione non esclude infatti che l’ex socio, pur non facendo ormai più parte della società, rimanga obbligato nei confronti della stessa per quanto ancora dovuto161.
Lo stesso accade poi in caso di morte del socio, in quanto l’obbligo all’adempimento del pagamento del capitale sottoscritto grava sull’asse ereditario e quindi solo in via sussidiaria sulla fideiussione o sulla polizza.
E’ importante quindi ribadire che le vicende estintive del rapporto sociale non incidono sulla validità della garanzia, che anzi, come è stato precedentemente analizzato, ha proprio la funzione di tutelare l’integrità del capitale sociale.
Resta infine da esaminare un’ultima ipotesi, relativa alla valutazione circa gli effetti sulla garanzia in caso di trasferimento della partecipazione sociale.
Potrebbe infatti astrattamente ritenersi che la cessione della partecipazione sociale liberi il garante, salvo sua diversa espressa volontà ex art. 1275 c.c.; conseguentemente il nuovo cessionario sarebbe tenuto alla prestazione immediata di analoga garanzia o, a seconda si tratti dell’ipotesi di cui al quarto o
160 Sul punto AVAGLIANO, sub art. 2464 c.c., cit., p. 150.
161 Per approfondimenti NIEDDU ARRICA, Il conferimento di prestazione d’opera e servizi nella s.r.l., cit., p. 147 ss.
al sesto comma dell’art. 2464 c.c., all’effettuazione immediata dei versamenti scoperti o al deposito di idonea cauzione.
In realtà appare però preferibile una diversa soluzione che si fonda sull’art. 2473 c.c., nel quale è previsto che l’obbligazione di conferimento permane in via solidale anche a carico dell’alienante per il periodo di tre anni dall’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.
Si deve così sostenere una sopravvivenza della garanzia per la durata di tre anni, trascorsi i quali la liberazione dell’alienante dovrebbe comportare l’estinzione della medesima, salva diversa volontà del garante, con la conseguente necessità per l’acquirente rimasto unico obbligato di prestare immediatamente una nuova analoga garanzia oppure di effettuare i versamenti rimasti scoperti in caso di conferimento in denaro o di depositare la cauzione prevista se socio d’opera162.
4. Autonomia statutaria e collegamento negoziale: le operazioni economiche al vaglio della giurisprudenza (rinvio).
Sino ad ora sono state analizzate ipotesi di collegamento negoziale tipizzate dal legislatore: come è stato più volte ribadito in precedenza, la tipizzazione ha il vantaggio di sancire la liceità, almeno sul piano astratto, dell’operazione economica realizzata, nonché, se prevista, la disciplina degli effetti che derivano dalla connessione.
Più problematiche appaiono invece quelle ipotesi di collegamento negoziale create dalle parti nell’ambito del potere di autonomia contrattuale, che pongono primariamente problematiche in termini di meritevolezza degli interessi perseguiti.
Nel quarto capitolo della ricerca verranno studiate tali tipologie di collegamento con riferimento ai casi in cui le parti creano una connessione tra il contratto di società e un terzo contratto; la casistica analizzata deriva dallo studio delle pronunce giurisprudenziali che hanno avuto oggetto ipotesi di collegamento volontario: in relazione ad esse in alcune ipotesi i giudici hanno sancito la liceità dell’operazione, mentre in altri no.
162 Propone tale soluzione ZANARONE, sub art. 2464 c.c., p. 310 e 326.
Il giudizio negativo è pervenuto per quei casi in cui la connessione fra negozi era posta in frode alla legge per eludere l’applicazione di una norma imperativa: mi riferisco alla connessione tra contratto di costituzione di società e successiva vendita alla società di un bene da parte di un socio con compensazione del prezzo col conferimento dovuto163; al collegamento tra costituzione di società con conferimento d’azienda e successiva cessione della partecipazione della stessa al fine di eludere l’imposta di registro che grava sul trasferimento d’azienda164; ed infine alle ipotesi in cui si rende inefficace un vincolo di prelazione su un bene attraverso lo schermo societario165.
In altri casi la giurisprudenza ricorre al collegamento negoziale per giustificare il legame intercorrente tra due negozi e stabilire quali effetti derivano nei confronti di uno in caso di invalidità o inadempimento dell’altro.
E’ stata così ravvisata, nell’ambito della costituzione di una società, la dipendenza di un conferimento al contratto d’appalto da stipulare tra la società e il socio conferente, titolare dell’impresa appaltatrice: per effetto della sussistenza del collegamento, è stato allora statuito che, in conseguenza della mancata stipulazione del contratto d’appalto, il socio dovesse essere liberato dall’obbligo del conferimento166.
Un altro caso attiene al collegamento tra un contratto preliminare di costituzione di società (o direttamente di costituzione della società, ma stipulato in forma privata) e una vendita immobiliare in favore della medesima costituenda società: in tale ipotesi la giurisprudenza ha sancito la risoluzione del contratto di vendita, in caso di mancata costituzione della società, stante la connessione tra i due negozi167.
Un’ultima fattispecie di collegamento negoziale volontario riscontrato dall’esame della casistica giurisprudenziale attiene infine alla multiproprietà azionaria, in cui si realizza una connessione tra il contratto di società e il contratto che attribuisce il diritto personale di godimento turnario168.
163 Ci si riferisce a App. Torino, 30 gennaio 2002, in Riv. dott. comm., 2002, p. 909 e Trib. Monza, 10 giugno 1997, in Società, 1997, p. 1433 con nota di CIVERRA.
164 Sono numerose le pronunce giurisprudenziali in tal senso, si veda da ultimo Cass., 15 ottobre 2014, n. 1770, in Riv. giur. dell’edilizia, 2014, I, p. 1097 con nota di PENNAROLA, Imposta di registro ed elusione fiscale: atti negoziali e loro collegamento.
165 Su tale ipotesi si è di recente pronunciata Cass., 17 marzo 2015, n. 5201, in www.iusexplorer.it.
166 Così Cass., 21 giugno 1985, n. 3718, in Giur. it., 1987, I, p. 350.
167 Così Cass., 30 marzo 1982, n. 1990, in Giur. comm., 1982, II, p. 575.
168 Fattispecie su cui si è pronunciata Cass, 4 aprile 1999, n. 5494 in Giur. it., 2000, p. 101.
5. L’applicazione dei principi in tema di collegamento negoziale alle delibere assembleari collegate.
In ambito societario, la teoria del collegamento negoziale opera non solo in relazione ai rapporti tra contratto di società e terzi contratti, ma ha riflessi anche nelle dinamiche interne della società e in particolare nelle relazioni tra delibere assembleari.
Il collegamento endosocietario si sviluppa infatti all’interno della struttura amministrativa della società e si manifesta nel rendere unitarie quelle decisioni dal contenuto plurimo, ma poste in essere in attuazione di un unitario e inscindibile progetto societario169.
Talune deliberazioni possono pertanto risultare oggettivamente avvinte l’una all’altra come segmenti attuativi di un’operazione economica complessiva voluta dalla società, pur mantenendo la loro rispettiva individualità.
Come nel collegamento tra negozi, si possono così distinguere due diverse tipologie di relazioni a seconda che la connessione sia frutto del potere di autonomia assembleare o sia necessitata dalla disciplina legislativa.
Con riferimento alla prima classe di ipotesi, si pongono i casi in cui il legame trae origine da una decisione dei soci di dar vita ad un collegamento tra delibere. Nella prassi societaria si possono riscontrare, in primo luogo, deliberazioni collegate finalizzate alla riorganizzazione societaria, alla concentrazione, capitalizzazione e finanziamento delle società per azioni o alla realizzazione di operazioni complesse connesse a proposte concordatarie o inserite in una logica concorsuale o liquidatoria170. Forme di collegamento volontario particolarmente frequenti si incontrano, altresì, in ipotesi di pluralità di aumenti di capitale collegati come accade nella diffusa prassi dei c.d. aumenti misti di capitale171 o di aumenti
169 Affrontano tale problematica RAPPAZZO, RAPPAZZO, Il collegamento negoziale nella società per azioni, Milano, 2008, p. 71.
170 Sul punto GUERRERA, MALTONI, Concordati giudiziali e operazioni societarie di «riorganizzazione», in Riv. soc., 2008, I, p. 17.
171 In relazione a tale ipotesi si veda FERRARA, Deliberazione complessa in tema di aumento di capitale, in Riv. soc., 1963, p. 276 che analizza un particolare aumento di capitale posto in essere da Pirelli s.p.a. e realizzato attraverso un aumento gratuito, un aumento a pagamento attraverso conferimenti in denaro e uno con conferimento in natura. L’autore evidenzia che le delibere assunte contestualmente dall’assemblea straordinaria della società sono funzionalmente tra loro collegate al fine della realizzazione di un risultato unitario; conseguentemente afferma che la nullità o vizio di una di esse genera la nullità o il vizio del tutto, perché la società ha voluto le varie ipotesi di aumento come un tutto unitario e inscindibile.
del capitale sociale finalizzati ad una trasformazione della società e, più in generale, nelle deliberazioni condizionate in vista del raggiungimento di finalità unitarie172.
Sono invece dettate direttamente dal legislatore altre ipotesi di collegamento: si pensi alla fattispecie disciplinata dall’art. 2447 c.c. in cui si prevede, in caso di perdita superiore ad un terzo del capitale, il legame necessario tra la delibera di riduzione e quella di contestuale aumento oppure all’ipotesi di cui all’art. 2420bis c.c. in cui è stabilito che alla delibera di emissioni di obbligazioni convertibili si collega una delibera di aumento del capitale sociale per un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. Un collegamento necessario sussiste poi nei casi in cui una delibera sia presupposto dell’altra, come la delibera che autorizza l’emissione o l’acquisto di azioni proprie e le successive delibere adottate sulla base di queste autorizzazioni oppure la delibera di approvazione del bilancio e le delibere approvate sulla base di quest’ultimo, in particolare quella di distribuzione degli utili.
L’individuazione di tali collegamenti tra deliberazioni è funzionale al fine di determinare quali effetti derivano dalla connessione: il collegamento diviene infatti fenomeno giuridicamente rilevante nel momento in cui permette di determinare una estensione degli effetti giuridici di una vicenda di una deliberazione assembleare ad altra delibera ad essa collegata.
In particolare esso può assumere rilevanza al ricorrere di fenomeni patologici, prospettandosi, anche nell’ambito dei rapporti tra delibere, la questione dell’applicazione o meno del brocardo simul stabunt, simul cadent173.
172 Si veda MARCHETTI, Problemi in tema di aumento di capitale, in Aumenti e riduzioni del capitale. Giornate di studio, Milano, 1984, p. 68 e ss.
173 Sul punto MEO, Gli effetti dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, in Il nuovo diritto delle Società, Liber amicorum G.F.Campobasso, diretto da Abbadessa. Portale, II, Torino, 2006, p. 297. Sull’invalidità delle delibere assembleari si vedano CENTONZE, La delibera nulla: nuove tendenze interpretative e profili di disciplina, in Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum G.F.Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, II, Torino, 2006; CIAN, Invalidità ed inesistenza delle deliberazioni e delle decisioni dei soci nel nuovo diritto societario, in Riv. soc. 2004, 759 ss.; CONTE, Osservazioni sul nuovo regime di disciplina delle invalidità delle deliberazioni assembleari, in Contr e impr. 2003, 660; GENOVESE, Le fattispecie tipiche di invalidità, in Il nuovo diritto delle Società, Liber amicorum G.F.Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, II, Torino, 2006; LENER, Invalidità delle delibere assembleari di società per azioni, in Riv.Dir.Comm. 2004, I, 79; STAGNO D’ALCONTRES, L’invalidità delle deliberazioni dell’assemblea di s.p.a. La nuova disciplina, in Il nuovo diritto delle Società, Liber amicorum G.F.Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, II, Torino, 2006; TERRUSI, L’invalidità delle delibere assembleari della s.p.a., Milano, 2007; ZANARONE, L'invalidità delle deliberazioni assembleari, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo, Portale, 3**, Torino, 1993, p. 443.
Ebbene, in assenza di una specifica disposizione legislativa in tal senso, dottrina e giurisprudenza, in modo concorde, affermano che i vizi relativi ad una manifestazione di volontà possono ripercuotersi sulle altre (successive, precedenti o contestuali), quando gli effetti prodotti da una delibera influenzino a qualsivoglia titolo l’efficacia di un'altra delibera dipendente oppure quando le delibere appaiono finalizzate al raggiungimento di un risultato unitario174.
Tale ripercussione può avvenire in due diverse modalità: la prima riguarda le ipotesi in cui il collegamento è destinato a produrre effetti giuridici sulla seconda deliberazione, senza la necessità di un’apposita successiva impugnazione, incidendo sulla esecuzione della delibera collegata; la seconda invece attiene ai casi in cui tra due delibere vi sia un rapporto di presupposizione tale da far sorgere nella deliberazione collegata un vizio, idoneo a configurare una invalidità successiva.
Rientra, ad esempio, nella prima modalità il rapporto tra la delibera di approvazione del bilancio e quella di destinazione degli utili: dichiarata nulla la prima e accertata l’inesistenza di utili, la seconda perde il suo oggetto e non potrà essere eseguita dagli amministratori. Se invece è stata già eseguita, potrà essere impugnata ex art. 2377 c.c. in quanto adottata in violazione di legge: l’art. 2433
c.c. vieta infatti la distribuzione di utili non realmente conseguiti. In tal caso la sussistenza del collegamento produce quindi un effetto viziante sulla delibera successivamente adottata175.
Appartengono invece alla seconda modalità le delibere successive modificative del capitale sociale e in particolare quelle di riduzione e contestuale aumento ai sensi dell’art. 2447 c.c.; le due operazioni, infatti, se anche astrattamente considerate possono avere una loro autonoma funzione, se
174 Sul punto in dottrina v. ZANARONE, L'invalidità delle deliberazioni assembleari, cit., p. 746; TERRUSI, L’invalidità delle delibere assembleari della s.p.a., cit., p. 294; BELLINZONI, Della invalidità derivata di delibere societarie collegate; della tutela del socio escluso dal diritto di opzione e di altri problemi, in Giust. civ., 1998, I, p. 74; in giurisprudenza: Cass., 23 marzo 2004, n. 5740, in Foro it., 2004, I, p. 3121; Cass., 6 novembre 1999, n. 12347, in Giust. civ., 2000, III, p. 739 con nota di SCHERMI, Spunti di riflessione da una deliberazione assembleare di riduzione del capitale per perdite; Trib. Catania, 23 giugno 2011, in Vita notar., 2011, I, p. 1603; Trib. Cagliari, 13 ottobre 2010, n. 3194, in Riv. Giur. Sarda, 2012, p. 50 con nota di CIUSA, Osservazioni in tema di azzeramento e ricostituzione del capitale: le conseguenze di una falsa situazione patrimoniale; App. Milano, 31 gennaio 2003, in Giur. comm., 2003, II, p. 612, con nota di SPIOTTA, Comproprietà di azioni, invalidità di delibere assembleari, perdita del capitale, finanziamento e diritti dei soci; Trib. Ancona, 18 gennaio 2002, in Giur. it., 2003, II, p. 2349; Trib. Napoli, 29 ottobre 1996, n. 8913, cit., p. 632.
175 Il quarto comma dell’art. 2433 c.c. precisa però che i dividendi erogati in violazione delle norme di distribuzione degli utili non sono ripetibili se i soci li hanno riscossi in buona fede.
analizzate alla luce del complessivo interesse societario, palesano la finalità di perseguire un'unitaria operazione imprenditoriale: la continuazione della società, che altrimenti dovrebbe essere posta in liquidazione ex art. 2484 c.c.176. Pertanto deve ritenersi che la dichiarazione di nullità della delibera di riduzione del capitale si trasmette anche a quella del contestuale aumento, in quanto, stante la nullità della riduzione, il relativo aumento non avrebbe più alcuna giustificazione causale177. E’ opportuno però sottolineare che non si verificherebbe l’inverso, non essendovi reciprocità nel collegamento: nulla la deliberazione di aumento, resterebbe valida la delibera di riduzione178.
La trasmissione dell’invalidità si verifica poi anche in relazione al legame tra la delibera di approvazione del bilancio e la contestuale delibera di riduzione del capitale179 nonché al rapporto derivante dall’operazione di emissione di obbligazioni convertibili in azioni. In tale ultimo caso infatti la delibera di aumento di capitale è oggettivamente posta al servizio della delibera di emissione delle obbligazioni, in quanto l’aumento è destinato a diventare operativo ed esecutivo se, e nella misura in cui, l’obbligazionista decide per la conversione dei suoi titoli in azioni. Pertanto appare evidente come gli atti deliberativi di emissione delle obbligazioni e di aumento di capitale siano inscindibili e interdipendenti tra loro, sicché il vizio del primo atto si deve propagare necessariamente sul secondo180.
Producono poi la caducazione a catena anche le ipotesi di deliberazione volontariamente collegate non legislativamente disciplinate, ossia le ipotesi in cui l’assemblea pone in essere più deliberazioni in modo tale che una delibera funga
176 Sul punto Cass., 6 novembre 1999, n. 12347, cit., p. 739 ss. che evidenzia che le deliberazioni di riduzione e di contemporaneo aumento del capitale sono ontologicamente e cronologicamente distinte tra loro, ma indiscutibilmente collegate sotto il profilo della subordinazione, con la conseguente astratta configurabilità di ragioni di nullità attinenti, rispettivamente alla sola delibera di riduzione ovvero alla sola delibera di ricostituzione. Pertanto la nullità della delibera di riduzione del capitale riverbera necessariamente i suoi effetti su quella di ricostituzione e, conseguentemente, la travolge, sotto il profilo della nullità derivata. Da ultimo Trib. Catania, 23 giugno 2011, cit., p. 1603.
177 Si veda SPIOTTA, Comproprietà di azioni, invalidità di delibere assembleari, perdita del capitale, finanziamento e diritti dei soci, in Giur. comm., 2003, II, p. 615.
178 Su punto SCHERMI, Spunti di riflessione da una deliberazione assembleare di riduzione del capitale per perdite, in Giust. civ., 2000, III, p. 739 ss
179 V. Cass., 18 agosto 1993, n. 8760 in Dir. fall., 1994, II, p. 448.
180 Sull’obbligazioni convertibili in azioni come operazione di collegamento negoziale si veda RAPPAZZO, RAPPAZZO, Il collegamento negoziale nella società per azioni, cit., p. 148 che evidenziano che la configurazione del rapporto trova conferma prioritariamente nella comune volontà della società e dell’obbligazionista, che si coglie nel rapporto inscindibile per la realizzazione del programma economico concepito dalla società ed accettato dall’obbligazionista.
da presupposto di altre delibere181 ovvero i casi in cui le deliberazioni appaiano unitariamente finalizzate al raggiungimento di un risultato unitario182.
Infine, in linea teorica, si ricorre in ipotesi di invalidità derivata anche in caso di una delibera di nomina di un nuovo amministratore che trova presupposto in altra delibera poi giudicata invalida, avente ad oggetto l’approvazione dell’esercizio dell’azione di responsabilità contro i precedenti amministratori oppure nel rapporto tra la delibera di nomina dei componenti l’organo amministrativo e le successive delibere assunte in occasione di assemblee dallo stesso convocate o, ancora, con riferimento alla delibera di reintegrazione e aumento del capitale sociale rispetto a quella di revoca dello stato di liquidazione. Alla luce delle ipotesi analizzate si può quindi concludere che i principi desunti dalla teoria del collegamento negoziale in termini di trasmissione dei vizi possono applicarsi anche ai rapporti tra delibere assembleari che appaiono essere
inscindibilmente collegate tra loro.
6. Riflessioni sull’applicazione della teoria del collegamento negoziale ai rapporti tra contratti di società.
Prima di procedere all’approfondimento delle ipotesi di collegamento negoziale relative ai patti parasociali e ai rapporti mutualistici precedentemente solo sommariamente descritte, appare significativo soffermarsi sui rapporti tra contratti di società183.
181 Sulle deliberazioni con presupposto condizionato si legga STELLA RICHTER, La condizione e il termine nell’atto costitutivo delle società di capitali e nelle deliberazioni modificative, Studio n. 50- 2009/I, Approvato dalla Commissione studi d’Impresa il 19 marzo 2009, in Studi e materiali – Consiglio Nazionale del notariato, http://www.notariato.it/sites/default/files/50.pdf.
182 Così in particolare Trib. Ancona, 27 dicembre 2002, cit., p. 209.
183 La bibliografia in tema di gruppi di società è particolarmente vasta: con riferimento alla disciplina successiva alla riforma societaria si vedano nella saggistica tra i tanti MONTALENTI, Direzione e coordinamento dei gruppi societari: principi e problemi, in Riv. soc., 2007, p. 317; MOZZARELLI, Attività di direzione e coordinamento e allocazione del rischio di gestione, in Liber amicorum Abbadessa, diretto da Campobasso e A., II, Torino, 2014, p. 1607; SANTAGATA, Autonomia privata e formazione dei gruppi nelle società di capitali, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, III, Torino, 2006, p. 799; TOMBARI, I gruppi di società, in Le nuove s.p.a., opera diretta da Cagnasso, Panzani, Bologna, **, 2010, p. 1741; VALZER, Il potere di direzione e coordinamento di società tra fatto e contratto, in Liber amicorum G.F. Campobasso, diretto da Abbadessa, Portale, III, Torino, 2006, p. 835; BOGGIO, L’organizzazione ed il controllo della gestione finanziaria nei gruppi di società (non quotate), in Liber amicorum Abbadessa, diretto da Campobasso e A., II, Torino, 2014, p. 148; GUERRERA, I regolamenti di gruppo, in Liber amicorum Abbadessa, diretto da Campobasso e A., II, Torino, 2014, p. 1551; SBISÀ, Responsabilità della capogruppo e vantaggi compensativi, in Contratto e impresa, 2003, p. 591.
In dottrina è infatti discusso se i rapporti di gruppo di cui all’art. 2359 c.c. siano o meno riconducibili allo schema del collegamento negoziale. Si contrappongono così le posizioni di coloro che ritengono che i contratti di società facenti parte di un gruppo possano realizzare il collegamento184 da quelle di coloro che invece escludono tale qualificazione in quanto la connessione tra le società non deriverebbe dai contratti, ma dalle regole di funzionamento di due enti autonomi185.
I sostenitori della prima posizione citata affermano che i vari contratti di società, pur caratterizzandosi ciascuno in funzione della propria autonoma causa e conservando ciascuno la propria autonomia e indipendenza, sono economicamente e teleologicamente coordinati tra loro in vista della realizzazione di uno scopo pratico unitario, che coincide con l’interesse globale del gruppo186.
Come il collegamento tra negozi, anche il collegamento tra società si caratterizzerebbe quindi per la coesistenza di due aspetti: la pluralità di contratti autonomi e distinti l’uno dall’altro e l’unità creata dallo stretto nesso finalistico tra gli stessi che si realizza attraverso l’attività unitaria di direzione e coordinamento.
Il ricorso allo schema del collegamento permetterebbe di giustificare la compressione dell’autonomia giuridica delle singole società raggruppate, che si manifesta principalmente nella loro eterogestione in vista dell’interesse complessivo del gruppo.
L'art. 2497 c.c. confermerebbe poi la sussistenza di un collegamento contrattuale tra le società del gruppo, essendo tipico di ogni ipotesi di collegamento contrattuale il riverberarsi delle conseguenze di un inadempimento da un contratto all'altro collegato. L'effetto del collegamento tra contratti sociali formanti un gruppo sarebbe quindi quello di far sorgere in capo alle società del gruppo l'obbligo di non ledere l'integrità del patrimonio della società debitrice,
184 In passato GASPERONI, Collegamento e connessione tra negozi, cit., p. 357, BRANCA, Società collegate e rapporto di lavoro, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1961, p. 1271; più di recente GIOVANNINI, La responsabilità per attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, cit., p. 26 e FIMMANÒ, Abuso di direzione e coordinamento e tutela dei creditori delle società abusate, cit., p. 267.
185 Contrari alla qualificazione in termini di collegamento negoziale del rapporto tra società DI NANNI, Collegamento negoziale e funzione complessa, cit., p. 280; CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, cit., p. 3 e RABITTI BEDOGNI, Sul collegamento di atti di società collegate, cit., p. 508.
186 Sottolinea tale rapporto GIOVANNINI, La responsabilità per attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, cit., p. 26.
ferma restando la responsabilità di quest'ultima per le obbligazioni assunte nei confronti dei creditori sociali187.
In questo modo se nei contratti di scambio la sussistenza del collegamento permette alla parte danneggiata di ottenere la risoluzione di un contratto in caso di inadempimento delle obbligazioni scaturenti da un diverso contratto collegato al primo, così nell’ambito dei contratti di società collegati, vi è la possibilità per il socio che abbia subito un danno per effetto dell’attività di direzione e coordinamento di esercitare il recesso e ottenere il risarcimento nei confronti della società capogruppo, distinta ma collegata, nei limiti e con le modalità previste dalla specifica disciplina del gruppo societario188.
Sarebbe quindi, all’inverso, la sussistenza del collegamento negoziale fra contratti di società appartenenti ad un medesimo gruppo a giustificare l’applicazione dei cd. vantaggi compensativi: l’art. 2497 c.c. prevede infatti che non sussiste la responsabilità della capogruppo quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento. Prevarrebbe quindi l’interesse del gruppo su quello della singola società per effetto del collegamento tra le stesse.
Tale orientamento non appare però esente da critiche e risultano invece preferibili le posizioni di coloro che escludono che il rapporto tra contratti di società possa qualificarsi in termini di collegamento negoziale.
E’ evidente infatti che in tale caso il collegamento non riguarda due contratti, bensì il funzionamento di due o più enti autonomi aventi personalità giuridica, che nascono da due distinti contratti costitutivi, i quali non vengono, sul piano giuridico, direttamente influenzati dal collegamento societario189.
Le società in vero conservano la propria autonomia, sicché tra esse viene ad inserirsi un rapporto di controllo soltanto economico, realizzato attraverso strutture giuridiche di vario tipo quali gruppo societario, società finanziarie, trust. Pertanto, anche se nell’art. 2359 c.c. si rinviene una definizione di società collegate, si può ritenere che queste restino fuori dalla nozione di collegamento come rapporto produttivo di propri effetti giuridici, perché il rilievo attribuito a
187 Sul punto FIMMANÒ, Abuso di direzione e coordinamento e tutela dei creditori delle società abusate, cit., p. 267.
188 Così GIOVANNINI, La responsabilità per attività di direzione e coordinamento nei gruppi di società, cit., p. 46 che ritiene che recesso e risarcimento del danno si riverberano da un contratto di società all’altro per effetto dell’inscindibile nesso economico e teleologico che stringe tra loro le distinte e autonome società del gruppo.
189 In tal senso si è espresso CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, cit., p. 3.
questa vicenda si riscontra esclusivamente sotto il profilo della tutela dei soci di minoranza della società controllata e dei terzi190.
Non si producono invece diretti effetti giuridici tra le due società, che è la caratteristica principale delle ipotesi di collegamento negoziale analizzate in precedenza.
Questa carenza porta quindi ad escludere la qualificazione del gruppo societario come fattispecie realizzante un collegamento negoziale.
190 Così DI NANNI, Collegamento negoziale e funzione complessa, cit., p. 280.
Capitolo III
I negozi collegati in ambito societario tipizzati dal legislatore: approfondimento sul collegamento nell’ambito dei patti parasociali e nell’area della cooperativa
SOMMARIO: 1. I patti parasociali. – 1.1. La distinzione del sociale dal parasociale. – 1.2. Le tipologie di patti. – 1.3. La prima regolamentazione nel T.U.F.: gli articoli 122 e 123. –
1.4. La disciplina nella riforma del diritto societario. – 1.5. L’efficacia dei patti. – 1.6. Le conseguenze della sussistenza del collegamento. – 2. Rapporto sociale e scambio mutualistico. – 2.1. La normatività del contratto sociale. – 2.2. Le conseguenze del riconoscimento del collegamento negoziale tra rapporto sociale e rapporti mutualistici. – 2.2.1. La rilevanza del collegamento negoziale nelle cooperative di abitazione. – 2.2.2. L’influenza del rapporto sociale sul rapporto mutualistico nelle cooperative di lavoro.
1. I patti parasociali.
La prima tipologia di collegamento negoziale necessario sulla quale ritengo necessario effettuare un approfondimento attiene al rapporto tra il contratto di società e il patto parasociale.
I patti parasociali costituiscono infatti la figura più antica di collegamento negoziale in ambito societario sulla cui natura dottrina e giurisprudenza si sono interrogate.
Possono definirsi patti parasociali quegli accordi, estranei all’atto costitutivo e allo statuto, stipulati da alcuni o tutti i soci per regolare inter se o anche nei rapporti con la società, con organi sociali o con terzi un loro interesse o una loro condotta sociale191.
I contratti parasociali hanno conosciuto nel corso degli ultimi decenni un’evoluzione assai significativa: dopo essere stati infatti per lungo tempo osteggiati dalla giurisprudenza192, hanno ricevuto una parziale disciplina legislativa prima nel T.U.F. e successivamente nel codice civile agli articoli 2341bis e ter.
191 Così definisce i patti parasociali OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 176.
192 Pronunce sfavorevoli alla legittimità dei patti parasociali sono state: Cass., 28 luglio 1932, in
Foro it., 1932, I, p. 1289; Cass, 25 gennaio 1965, n. 136 in Giust. civ., 1965, I, p. 1452; Cass., 23 aprile
Il tema dei patti parasociali è certamente «di taglio», in quanto essi si caratterizzano per un forte grado di ambiguità, collocandosi al confine tra le norme del diritto dei contratti e quelle di diritto societario. Non è un caso che tale carattere traspare già dalla stessa definizione: l’uso del prefisso «para» tradisce infatti la difficoltà di individuare le caratteristiche proprie di una certa figura, per cui si ricorre a metterla in relazione con un’altra, dalla quale mutua alcuni connotati identitari, senza peraltro coincidere con essa o esserne comunque completamente assorbita.
Parasociale significa quindi separazione dal regolamento sociale – legale o statutario – del rapporto ed a volte contrapposizione a tale regolamento. La separazione è relativa sia alla fonte che all’efficacia: nella fonte, perché tali accordi sono geneticamente da ricondurre a negozi distinti dal contratto di società; nell’efficacia, perché il vincolo che ne nasce non ha la consistenza propria del rapporto sociale193.
I patti parasociali sono dunque contratti, la cui causa negoziale si caratterizza per il riferimento ad una realtà negoziale diversa, il contratto di società, con il quale almeno uno dei contraenti intrattiene una ben definita relazione giuridica, di regola un rapporto di partecipazione sociale194.
La loro funzione consiste essenzialmente nel regolare convenzionalmente il modo in cui il contraente dovrà comportarsi nell’esercizio di diritti, poteri o facoltà inerenti a quella sua relazione con la società.
Malgrado i recenti interventi legislativi, che non contengono né una definizione generale di patti parasociale, né regolano i diritti e gli obblighi reciproci delle parti, gli accordi in esame devono ancora essere considerati contratti atipici
1969, n. 1290, in Giust. civ., 1969, I, p. 1695; Trib. Milano, 14 aprile 1989, in Giur. it., 1989, I, p. 625; Trib. Milano, 28 marzo 1990, ord., in Giur. comm., 1990, II, p. 789 con nota di FARENGA, Ancora in tema di validità dei sindacati di voto; App. Roma, 24 gennaio 1991, in Giur. it., 1991, I, p. 241. La prima pronuncia giurisprudenziale che ha invece riconosciuto la validità dei patti è stata Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, consultabile in Giur. it., 1996, I, p. 164 con nota di COTTINO, Anche la giurisprudenza canonizza i sindacati di voto?; in Giust. civ., 1996, I, p. 73 con nota di VIDIRI, Sui sindacati di voto a tempo indeterminato; in Società, 1996, p. 37 con nota di PERNAZZA, Validità delle convenzioni di voto: un anticipatory overrulling?; in Riv dir. privato, 1996, p. 110 con nota di RESCIO, Convenzioni di voto: note a margine di recenti provvedimenti; in Riv. dir. comm., 1996, II, p. 199 con nota di QUAGLIOTTI, Sui limiti di durati dei sindacati di voto; in Giur. comm., 1997, II, p. 58 con interventi di BUONOCORE, CALANDRA BUONAURA, CORSI, COSTI, GAMBINO, JAEGER.
193 Sul punto vedi ancora OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 180.
194 Evidenzia tali aspetti RORDORF, Il contratto sulla società: i patti parasociali, in Interferenze, a cura di Roppo, Milano, 2006, p. 777.
e, come tali, soggetti alla valutazione di meritevolezza prevista dall’art. 1322 c.c. Tale giudizio deve quindi riguardare ciascun patto parasociale e deve essere condotto con riferimento al concreto atteggiarsi delle singole clausole195.
Le problematiche che afferiscono ai patti parasociali sono essenzialmente di due ordini e si legano alla dimensione precedentemente definita «ambigua» di essi: le difficoltà nascono così da un lato dalla distinzione del parasociale dal sociale, distinzione che sospingerebbe il primo sotto le regole del diritto generale delle obbligazioni; dall’altro lato dal collegamento con il contratto sociale e dalla conseguente incidenza su di esso, che conduce a fare i conti con il diritto delle società196.
1.1. La distinzione del sociale dal parasociale.
La prima problematica relativa ai patti parasociali attiene all’individuazione di essi al fine di distinguerli dal contratto sociale.
Solo in determinati casi infatti il fondamento della distinzione appare evidente: ciò accade, ad esempio, quando il patto vincola solo alcuni soci e non tutti; in tale ipotesi la ragione di ordine soggettivo è sufficiente a constatare la separazione del parasociale dal sociale. In altri casi la distinzione può fondarsi direttamente sul contenuto: così per il patto con il quale si convengano regole diverse dalle previsioni statutarie in materia di esercizio del voto, di sopportazione della responsabilità, di attribuzione degli utili197.
Ci sono però numerose ipotesi in cui il patto può assumere sia carattere sociale che carattere parasociale: si pensi ad un patto relativo alla circolazione delle azioni, ad un patto di prelazione, ad un patto con il quale si prevedano prestazioni ulteriori rispetto al conferimento, ad un patto di non concorrenza.
195 Sulla natura atipica dei patti parasociali si veda COSTI, I patti parasociali ed il collegamento negoziale, cit., p. 200. Significativo anche BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, p. 273 che evidenzia che il riconoscimento normativo di determinati patti e la loro pur parziale disciplina consente di trarre quantomeno alcuni criteri di valutazione: ad esempio in linea di principio la stabilizzazione degli assetti proprietari e del governo societario, anche attraverso una regolamentazione pattizia dell’esercizio del voto, corrisponde ad interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.
196 Così OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 180.
197 Compie tali riflessioni OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 183.
Diviene allora necessario individuare dei criteri distintivi che possano permettere di qualificare un accordo come sociale o parasociale: la distinzione assume infatti rilevanza sia in termini di disciplina applicabile, in quanto i patti non sono direttamente soggetti alla disciplina societaria, sia in termini di efficacia, in quanto gli accordi parasociali operano su un terreno esterno a quello dell’organizzazione sociale, vincolando solo le parti del patto.
La dottrina ha prospettato diverse soluzioni198.
Un primo orientamento, di tipo formalistico, afferma che il carattere sociale di un accordo discenderebbe dalla mera circostanza che esso venga inserito materialmente nel documento statutario; mentre l’estraneità dell’accordo a tale documento ne determinerebbe il suo carattere parasociale199.
Sarebbe quindi l’inclusione o meno nel contratto di società a qualificare come sociale o parasociale una determinata clausola contrattuale.
Altra dottrina ha prospettato invece il criterio della direzione del vincolo, in base al quale la pattuizione parasociale sarebbe da individuare laddove il vincolo obbligatorio nasca destinato a spiegare la sua efficacia fra due o più soci uti singuli o anche fra un socio ed un organo sociale ed al quale resta estranea la società; conseguentemente sarebbe da qualificare come sociale la pattuizione che estenda la propria efficacia ai rapporti fra soci e società200.
Un terzo criterio distintivo suggerisce di indagare il contenuto della clausola allo scopo di verificare se essa, per il tipo di problemi cui si rivolge, può
198 Per una sintesi delle posizioni elaborate dalla dottrina si veda RESCIO, La distinzione dal sociale al parasociale (sulle c.d. clausole societarie parasociali), in Riv. soc., 1991, p. 596 e più di recente PIANTELLI, La distinzione dei patti parasociali dai patti sociali nella società di capitali riformata, in Contr. e imp., 2013, p. 771
199 Il principale sostenitore di tale criterio è COSTI, I patti parasociali ed il collegamento negoziale, cit., p. 200 che afferma che la distinzione tra sociale e parasociale si deve affidare esclusivamente ad un criterio formale, in quanto non ci può essere parasociale all’interno del contratto sociale. Tale criterio permetterebbe quindi di distinguere con certezza le clausole sociale dai patti parasociali.
200 Così OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 43 che cita come esempio di patto parasociale il patto con cui un socio garantisce in proprio ad un altro la corresponsione di un certo utile indipendentemente dal reale andamento della società: tale patto non può mai considerarsi parte dell’ordinamento sociale perché questo attribuisce e regola diritti del socio ad utili effettivi e solo verso la società che è la controparte del socio nel rapporto sociale; allo stesso modo il patto che pone a carico di un socio la corresponsione di una retribuzione minima in favore di un amministratore, anche se incluso nello statuto, non può considerarsi patto sociale perché nell’ordinamento sociale l’amministratore è mandatario della società e non ha diritti che verso di essa. Continua poi Oppo, sostenendo che in entrambi i casi citati il patto dal quale nasce l’obbligo del socio è accessorio a quello sociale, ma distinto da questo e personale alle parti che lo concludono.
effettivamente far parte dell’organizzazione societaria oppure attiene a questioni le quali concernano esclusivamente interessi individualistici dei soci. La presenza quindi dei connotati della natura organizzativa della clausola e della sua pertinenza ad interessi non esclusivamente individualistici dei soci garantirebbe la portata sociale della clausola; mentre l’assenza ne determinerebbe il carattere parasociale201.
Infine la dottrina più recente e maggioritaria propende per un ulteriore criterio classificatorio che si fonda sulla volontà dei contraenti202.
Si afferma infatti che l’inclusione di un patto nello statuto continua a rappresentare un mero indice della sua natura sociale e il giudizio finale sulla sua natura resta ancora il frutto di un’operazione qualificatoria e ricostruttiva da condurre in concreto sulla quale il discrimine è la scelta voluta e realizzata dai diretti interessati. Ciò che caratterizza il patto sociale è dunque sempre il suo dirigersi verso l’indeterminato socio, in modo che quel patto vincola tutti i soci presenti e futuri della società; mentre ciò che connota il patto parasociale è sempre la sua destinazione verso singole e determinate parti del patto, i cui effetti sviluppano situazioni giuridiche che non integrano le singole partecipazioni sociali e perciò non si propagano a chi subentra in società203.
Tale criterio appare preferibile in quanto si configura come uno strumento di agevole utilizzazione per la qualificazione del patto e la ricostruzione della relativa disciplina, assicurando nel contempo la massima espansione dell’autonomia statutaria e il massimo riconoscimento dei rapporti contrattuali tra soci nel rispetto di ogni ragionevole esigenza di certezza204.
1.2. Le tipologie di patti.
Sinora i patti parasociali sono stati esaminati in antitesi agli accordi sociali, è giunto ora il momento di studiarne la funzione: essa infatti non può cogliersi con
201 Propone tale criterio ANGELICI, La costituzione della società per azioni, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, XVI, Torino, 1985, p. 234.
202 Sostenitori di tale criterio sono RESCIO, I patti parasociali nel quadro dei rapporti contrattuali, cit., p. 470; OPPO, Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, cit., p. 60; LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 473.
203 Così RESCIO, I patti parasociali nel quadro dei rapporti contrattuali, cit., p. 475 che evidenzia che con lo spostamento del fulcro del sistema delle società di capitali verso una maggiore autonomia, devono essere le parti del patto a deciderne l’afferenza e la destinazione.
204 Così ancora RESCIO, I patti parasociali nel quadro dei rapporti contrattuali, cit., p. 477.
la sola distinzione dal sociale, ma attraverso il collegamento con questo e l’incidenza che il parasociale mira ad esercitare sul rapporto sociale, sia pure su un momento o una frazione di questo rapporto.
Si tratta di un collegamento primariamente di ordine economico, ma ciò non esclude che sia anche giuridicamente rilevante: è proprio infatti il fondamento economico del collegamento tra parasociale e sociale che segnala in che misura l’intento delle parti sia meritevole della tutela giuridica e in che misura sia compatibile con l’intento legislativo che presiede alla disciplina tipica del rapporto sociale205.
E’ dunque necessario soffermarsi anzitutto sulle tipologie di patti parasociali che possono essere conclusi dalle parti al fine di iniziare ad indagarne la validità e la funzione.
Un risalente orientamento dottrinale aveva distinto i patti in relazione agli effetti che producono verso la società: erano stati così distinti convenzioni che avvantaggiano la società, patti ad essa neutri e accordi che influiscono sui meccanismi dell’azione sociale206.
Tale classificazione non permetteva però di cogliere una distinzione certa per distinguere validità e invalidità dei patti, in quanto in ognuno dei tre criteri vi potevano astrattamente rientrare ipotesi lecite o illecite207.
Successivamente, lo stesso illustre autore della citata classificazione ne ha prospettato una nuova che si fonda sui concetti di tipicità e imperatività: sono così ritenuti validi quei patti che pur non conformi alla disciplina tipica delle società non violano un limite assoluto, imperativo, all’autonomia dei singoli. Al contrario
205 Evidenzia tale natura del collegamento OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 185.
206 Si veda OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 109 che qualifica come patti neutri per la società, ad esempio, le pattuizioni extrasociali di garanzia degli utili o di riparto degli utili in percentuale diversa da quella statutaria, le convenzioni che prevedono il diritto o l’obbligo di trasferire le azioni a determinate condizioni, il contratto con cui il socio si obbliga a garantire il compenso dell’amministratore e questi a restare in carica per un certo tempo. Sono ritenuti invece vantaggiosi per la società i patti con cui i soci si obbligano a concedere credito alla società, a reintegrare il capitale perduto, ad effettuare aumenti di capitale, ad astenersi per un certo tempo dal fare concorrenza alla società. Sono infine patti svantaggiosi per l’ente i patti con cui i soci si obbligano a deliberare lo scioglimento della società a determinati presupposti, ad approvare il trasferimento di una partecipazione sociale o il recesso che abbiano bisogno dell’assenso della società, a riconoscere la designazione di un amministratore fatta da uno di loro o da un terzo.
207 Sul punto si veda ancora OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 109.
sono invece vietati quei patti che pervengono a o eludono un divieto imposto dalla legge208.
In tale logica deve allora conseguentemente ritenersi illegittimo il patto parasociale che mira a eludere il divieto del patto leonino di cui all’art. 2265 c.c., prevedendo che un socio venga escluso dalla ripartizione degli utili: in tal caso l’accordo extrasociale cancella infatti tra le parti che lo stipulano la stessa funzione del rapporto sociale e quindi mina l’esigenza essenziale del rapporto medesimo, imperativamente garantita dall’art. 2265 c.c.209.
Sono invece generalmente ammessi i patti: sull’esercizio dei diritti corporativi del socio; sulla determinazione di particolari obblighi del socio verso la società; sulla determinazione di obblighi di certi soci verso certi altri soci, in relazione a vicende che potranno verificarsi durante la vita della società e con effetto, diretto o indiretto, sulla società stessa; su scelte organizzative interne come nomine e assunzioni di cariche; su programmi di gestione dell’impresa sociale e quindi sull’esercizio di funzioni di organi della società; sulla circolazione di partecipazioni azionarie rilevanti210.
Sotto il profilo strutturale è poi possibile distinguere diverse categorie di patti parasociali in relazione alle parti dell’accordo.
I patti fra i soci, tutti o solo alcuni di essi, sono senza dubbio i più diffusi e possono avere i contenuti più disparati col limite suddetto del divieto elusione di norme societarie imperative.
Rientrano in tali tipologie di accordi i sindacati di voto, con i quali i soci predeterminano l’indicazione di voto in sede assembleare, i sindacati di blocco, con cui si limita la circolazione della partecipazione sociale211, i patti di gestione e cioè quegli accordi che delineano un programma di azione imprenditoriale,
208 Così OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 190 che evidenzia che l’esigenza di rispetto del tipo provoca di per sé l’inefficacia della clausola sociale contrastante con il tipo, ma non provoca l’inefficacia del patto parasociale se non vi è una norma che lo condanni ad un diverso livello, cioè a livello del rispetto della causa sociale, della causa di collaborazione tra i soci.
209 Esempio citato da OPPO, Le convenzioni parasociali tra diritto delle obbligazioni e diritto delle società, cit., p. 190.
210 Propone tale elencazione LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 470. Sulle diverse tipologie di patti parasociali si veda anche PANUCCIO, I patti parasociali, in Scritti in onore di Buonocore, a cura di Aa.Vv., Diritto commerciale, Società, vol. III, t.2, Milano 2005, p. 3327.
211 Per un approfondimento sui sindacati di blocco si legga AVAGLIANO, Le clausole che incidono sulla circolazione di azioni e partecipazioni: tra norme statutarie e patti parasociali, in Le acquisizioni societarie, opera diretta da Irrera, Bologna, 2011, p. 355.
destinato a indirizzare l’azione dell’organo amministrativo212 e ancora i patti che regolano i rapporti interni fra soci, come quelli relativi alla ripartizione degli utili e delle perdite.
Sono diffusi anche i patti tra soci e società attraverso i quali i soci paciscenti si obbligano verso la società ad effettuare ricapitalizzazioni periodiche, a ricoprire o a rinunziare a determinate cariche sociali, a favorire o non ostacolare una certa operazione imposta dall’organo amministrativo.
Sono ricorrenti poi accordi fra soci e terzi, con i quali ad esempio, i soci paciscenti si impegnano a favorire l’ingresso in società o l’acquisto del controllo o di altra posizione societaria, in capo ad un terzo.
Si rintracciano infine convenzioni fra terzi e società con le quali, ad esempio, la società si impegna ad eseguire le direttive di un terzo nella determinazione di atti deliberativi213 e accordi fra terzi non soci, caratterizzati dalla finalità di acquisizione del controllo o comunque all’esercizio di qualche influenza sulla vita della società.
1.3. La prima regolamentazione nel T.U.F.: gli articoli 122 e 123.
Fino al 1998 i patti parasociali non erano stati oggetto di una specifica disciplina legislativa, malgrado la loro diffusione nelle pratiche commerciali.
In assenza di previsioni normative era stato allora compito della giurisprudenza pronunciarsi sull’ammissibilità e la liceità degli accordi parasociali: ebbene nel corso di oltre sessant’anni sono state numerose le pronunce giurisprudenziali che si sono occupate del problema, mantenendo un orientamento, abbastanza costante fino ai primi anni novanta, di tendenziale sfavor verso i patti parasociali214.
212 Sui sindacati di gestione si vedano TINA, Le pattuizioni sulla governance, in Le acquisizioni societarie, opera diretta da Irrera, Bologna, 2011, p. 461; SCARPA, Parasocialità come mezzo di controllo esterno della società, cit., p. 1528; VASSALLI, I sindacati di gestione, in Impresa e società: studi dedicati a Federico Martorano, Napoli, 2006, p. 1183.
213 Si sofferma su tali accordi MANFEROCE, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 147.
214 Si vedano Cass., 28 luglio 1932, cit., p. 1289; Cass., 25 gennaio 1965, n. 136, cit., p. 1452; Cass.,
23 aprile 1969, n. 1290, cit., p. 1695 e Cass., 27 luglio 1994, n. 7030 in Giust. civ., 1995, I, p. 1321 con nota di VIDIRI, I sindacati di voto: un antico contrasto tra approdi dottrinari e giurisprudenziali e in Giur. comm., 1997, II, p. 99 con nota di CAMILLETTI, Convenzioni di voto e conflitto di interessi. In senso parzialmente contrario la sola Cass., 22 dicembre 1969, n. 4023, in Dir. fall., 1970, II, p. 457 con nota di RAGUSA MAGGIORE, Contratto parasociale sostitutivo della procedura di scioglimento della società, che aveva ritenuto di affermare l’astratta liceità dei patti parasociali in virtù del principio di autonomia contrattuale.
La validità di tali accordi era infatti negata sulla scorta di considerazioni di natura per lo più sostanziale, sviluppate soprattutto con riferimento ai cosiddetti
«sindacati di voto» e concernenti i rischi di elusione o comunque di alterazione della disciplina normativa sul procedimento assembleare e il conseguente potenziale pregiudizio dell’interesse alla corretta formazione della volontà sociale215.
Gli anni novanta si sono aperti invece con una serie di pronunce delle corti di merito che pur confermando nella ratio decidendi l’orientamento negativo della Cassazione, a livello di obiter dictum, si sono espressi in termini meno restrittivi e categorici216.
Tali pronunce hanno fatto così da preludio alla sentenza della Cassazione, 20 settembre 1995, n. 9975 con la quale per la prima volta i giudici di legittimità hanno riconosciuto la legittimità dei patti parasociali: la Suprema Corte ha affermato infatti che il vincolo nascente da un sindacato di voto opera su un terreno esterno all’organizzazione sociale e pertanto non impedisce al socio di determinarsi liberamente nell’esercizio del voto in assemblea217.
Il lungo cammino compiuto dalla giurisprudenza, qui sommariamente descritto218, nonché le elaborazioni dottrinali che si sono susseguite per tutto il novecento e il diffuso ricorrere nella pratica commerciale degli accordi parasociali, hanno così trovato esito nel d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico della Finanza, che per la prima volta in modo organico ha riconosciuto piena validità ad alcune tipologie di patti parasociali, a condizione che vengano rispettate certe condizioni di pubblicità e trasparenza219.
215 Si veda in particolare Cass, 25 gennaio 1965, n. 136 cit., p. 1452 in cui i giudici di legittimità affermano che qualsiasi patto fra soci che stabilisca un assetto organizzativo dell’organismo societario diverso da quello fissato dal legislatore è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c. in quanto contrario a norme imperative.
216 Ci si riferisce in particolare a Trib. Milano, 28 marzo 1990, ord., cit., p. 789 e App. Roma, 24 gennaio 1991, cit., p. 241.
217 Così Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, cit., p. 164.
218 Per una esaustiva sintesi dell’evoluzione delle pronunce giurisprudenziali in tema di patti parasociali si legga RIOLFO, Dall’evoluzione giurisprudenziale e normativa, recenti spunti per una riflessione critica sulla questione della validità dei patti di sindacato, in Contr. Impresa, 2000, p. 55. 219 In precedenza i patti parasociali erano stati oggetto di specifici interventi legislativi in alcune leggi speciali: l’art. 2, l. 5 agosto 1981, n. 416 sull’editoria; l’art. 37, l. 6 agosto 1990, n. 223 sulla disciplina del sistema radiotelevisivo; l’art. 27, l. 10 ottobre 1990, n. 287, sulla tutela della concorrenza; l’art. 4, l. 2 gennaio 1991, n. 1, sull’intermediazione mobiliare; l’art. 6, l. 17 maggio 1991, n. 157 sull’insider trading; l’art. 10, l. 9 gennaio 1991, n. 20, sul controllo relativo alle imprese assicurative; l’art. 26, d.l. 9 aprile 1991, n. 127 sui bilanci consolidati; gli artt. 7 e 10, l. 18 febbraio 1992, n. 149 sulle offerte pubbliche di acquisto; l’art. 23, d.l. 1 settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria; gli artt. 1 e 2, d.l. 31 maggio 1994, n. 332, sulle privatizzazioni.
In particolare l’art. 122 del T.U.F., ancora in vigore, individua cinque diverse categorie di patti ammissibili: quelli relativi all’esercizio del voto; quelli di consultazione sull’esercizio del voto; quelli di limitazione al trasferimento di azioni o di strumenti finanziari funzionali all’acquisto o alla sottoscrizione di azioni; quelli di previsione di acquisto di azioni o di strumenti finanziari derivati; quelli, infine, aventi per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante sulla società220.
Per questi patti la legge impone, a pena di nullità, obblighi di comunicazione alla CONSOB, nonché di pubblicità sulla stampa quotidiana e presso il registro delle imprese.
La sanzione della nullità palesa la particolare volontà del legislatore di tutelare in modo significativo gli interessi in tema di trasparenza che si intendono perseguire: nell’ipotesi infatti diversa in cui la mancata pubblicazione del patto avesse comportato la mera inefficacia dello stesso, le parti non avrebbero avuto alcun incentivo all’adempimento pubblicitario, se non di fronte all’insorgere di una controversia sul contenuto o sull’esecuzione dell’accordo stesso221.
Inoltre, in caso di omesso adempimento anche di uno solo dei suddetti obblighi, è previsto il divieto di esercizio del diritto di voto per le azioni sindacate: si palesa quindi la volontà legislativa di disincentivare pratiche di occultamento e dissimulazione di posizione di controllo di derivazione parasociale222.
In sostanza dunque il legislatore ha ritenuto compatibili con il buon funzionamento dei mercati regolamentati i sindacati di voto e quelli di blocco, alla condizione che essi risultino assolutamente trasparenti nei confronti del mercato e dei soci estranei al patto.
Il testo unico del 1998 non si è però limitato ad imporre la trasparenza dei patti parasociali, ma ha inciso anche sull’autonomia delle parti: l’art. 123 disciplina infatti limiti di durata dei patti (non possono avere durata superiore a tre anni, se a tempo determinato) nonché la facoltà e i tempi del recesso da essi (nell’ipotesi in cui siano stati stipulati a tempo indeterminato, il paciscente ha diritto a recedere ad nutum).
220 Tale elencazione non costituisce tipizzazione di tutti i patti parasociali ammissibili: l’art. 122 si limita infatti ad enucleare varie categorie di accordi in base a due elementi fra loro eterogenei, che sono individuati negli obblighi nascenti dal patto ovvero negli effetti dello stesso. V. SANTONI, I patti parasociali nella nuova disciplina, in Riv. dir. priv., 1999, p. 202.
221 Sul punto FAUCEGLIA, voce Patti parasociali, cit., p. 828.
222 Si veda sul punto CARIELLO, Tutela delle minoranze e accordi parasociali nelle società quotate, in
Riv. soc., 1999, p. 718.
La finalità perseguita con tale norma è dunque quella di incidere sull’eccessiva stabilità delle convenzioni parasociali, le quali per la loro stessa natura creano vincoli tra i soci che potrebbero porsi in contrasto con il principio della libera trasferibilità delle azioni e con la contendibilità del controllo223.
Sempre in tale logica, l’ultimo comma dell’art. 123 permette infine al socio che intenda aderire ad un’offerta pubblica di acquisto o scambio di recedere senza preavviso: la dichiarazione di recesso però non produrrà effetti fino a che non si perfeziona il trasferimento delle azioni.
1.4. La disciplina nella riforma del diritto societario.
L’ambito di operatività degli articoli 122 e 123 del T.U.F. è limitato alle sole società per azioni quotate: si è dovuta invece attendere la riforma del diritto societario del 2003 per l’introduzione anche per la generalità delle s.p.a. di una disciplina in tema di patti parasociali.
L’art. 2341bis c.c., in modo similare alla previsione di cui all’art. 122 del T.U.F., individua tre tipologie di patti parasociali aventi come finalità la stabilizzazione degli assetti proprietari: i patti sull’esercizio del diritto di voto, i patti limitativi del trasferimento delle azioni e i patti di controllo individuale o congiunto224.
A differenza del testo dell’art. 122 T.U.F., non sono menzionati i patti di consultazione, ma sembra preferibile ritenere che tali fattispecie rientrano nella prima categoria elencata, data l’identità di funzione delle due tipologie di patti225. Manca poi il riferimento ai patti che limitano il trasferimento degli strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle azioni, presumibilmente perché il fenomeno è stato ritenuto estraneo al campo
delle società non quotate.
223 Evidenzia tali finalità FAUCEGLIA, voce Patti parasociali, cit., p. 833.
224 Per un commento specifico all’art. 2341bis si vedano CASTRIOTA SCANDERBEG, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 123; PICCIAU, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 323; MANFEROCE, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 132; LEOGRANDE, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 92; DONATIVI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 155; FIORIO, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 132; SANTONI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 84.
225 In tal senso SAMBUCCI, Patti parasociali e fatti sociali, Milano, 2005, p. 88.
In definitiva sembra dunque che si possano ritenere sostanzialmente identiche le fattispecie di patti parasociali rilevanti nelle due discipline226.
Come nel T.U.F., è previsto poi un limite temporale di durata dei patti fissato in cinque anni invece che tre e il diritto di recesso ad nutum in favore del paciscente, in caso di durata indeterminata del patto.
L’unica vera differenza tra le due discipline attiene al regime di pubblicità: per le s.p.a. chiuse non sussiste infatti alcun obbligo di comunicazione dei patti parasociali, mentre nelle s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale del rischio i sindacati devono essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. Inoltre tale dichiarazione deve essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato nel registro delle imprese.
In difetto di tali adempimenti, non è prevista la nullità del patto parasociale, ma unicamente il divieto di esercizio del diritto di voto e l’eventuale annullabilità della deliberazione assunta con voto determinate del socio, a cui doveva essere vietato l’esercizio del diritto di voto.
Tale sanzione deve ritenersi applicabile anche in caso di dichiarazione incompleta o tardiva, e cioè formulata non in apertura di assemblea, ma dopo l’avvenuta votazione227.
La formulazione dell’art. 2341ter c.c. non chiarisce però se i patti da comunicare e dichiarare siano tutti o solo quelli tipici elencati all’art. 2341bis c.c. o ancora solo quelli che hanno per oggetto l’esercizio del voto e che quindi possono incidere direttamente sullo svolgimento dell’assemblea.
Su tale questione sembra preferibile una soluzione intermedia: l’interpretazione più estensiva appare infatti eccessivamente gravosa in considerazione della conseguenza dell’annullabilità della deliberazione; non convince neanche la soluzione più restrittiva perché gli obblighi di trasparenza possono avere una loro giustificazione anche in presenza di quelle particolari alleanze, realizzate mediante sindacati di blocco. Appare dunque preferibile un’interpretazione letterale, che si fonda sulla stretta correlazione e dipendenza
226 Sul punto si veda LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 489 che, dopo aver affermato la sostanziale identità delle due elencazioni, ritiene che l’unica ipotesi esclusa nella disciplina codicistica rispetto a quella del testo unico attiene ai sindacati di voto che non abbiano come fine di stabilizzare gli assetti proprietari o di governo della società, in altri termini i sindacati difensivi di minoranza. In senso contrario, OPPO, Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, cit., p. 58 che osserva che anche gli accordi fra i soci di minoranza possono regolare l’assetto proprietario ed incidere sul governo della società.
227 Si esprime in tal senso DONATIVI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 198.
tra gli articoli 2314bis e 2314ter, che devono pertanto essere letti congiuntamente228.
Null’altro è previsto nella disciplina codicistica sui patti parasociali, che appare dunque scarna e non chiarificatrice delle numerosi questioni discusse dalla dottrina soprattutto in termini di efficacia dei patti, nonché di collegamento con il contratto di società.
D’altronde il legislatore delegato si è rigorosamente attenuto alle indicazioni contenute nella delega, le quali non prevedevano una regolamentazione di dettaglio del contenuto dei patti e dei rapporti derivanti dalla stipulazione degli stessi, ma esclusivamente la fissazione di un termine massimo di durata (recepito nell'art. 2341bis c.c.) e del regime pubblicitario (recepito nell'art. 2341ter c.c., per le sole società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio).
Le previsioni legislative citate hanno avuto certamente il merito di aver escluso ogni dubbio circa l’astratta legittimità dei tipi di patti parasociali espressamente previsti, ma al contempo hanno generato ulteriori problematiche relative all’applicazione analogica del limite temporale ai patti atipici e a quelli stipulati in società di tipo diverso.
Per quanto riguarda i patti «atipici» si può affermare che continua ad essere necessario esaminare, caso per caso, la meritevolezza dell’interesse perseguito in concreto dalle parti e cioè la liceità della causa negoziale.
Non è chiaro invece, se una volta che il patto abbia superato il vaglio di cui all’art. 1322 c.c., sia assoggettato al termine di durata di cinque anni, come i patti
«tipici». Secondo una prima opinione, il limite avrebbe carattere eccezionale, perché limitativo dell’autonomia privata e non potrebbe quindi estendersi in via analogica229. Secondo un altro orientamento, probabilmente preferibile, essendo i patti a loro volta strumenti di autolimitazione della libertà negoziale delle parti, un limite temporale imperativo non può considerarsi eccezionale, ma ritenersi come norma di protezione, suscettibile di applicazione analogica230.
228 Favorevoli a tale soluzione sono LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 494; FIORIO, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 154 e SANTONI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 97.
229 Sostenitore di tale orientamento è SEMINO, I patti parasociali nella riforma delle società di capitali: prime considerazioni, in Società, 2003, p. 346.
230 Così LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 492 e SANTONI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 93.
Per quanto riguarda invece le società diverse da quelle a base azionaria si evidenzia anzitutto che nessuna disciplina codicistica è stata adottata con riferimento ad esse in tema di patti parasociali. D’altronde è la stessa Relazione al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (parag. 2) a precisare che per le convenzioni parasociali riguardanti altre forme di società «resterà applicabile la disciplina generale dell'autonomia privata e dei contratti».
Ad ogni modo la dottrina si è interrogata circa l’applicabilità analogica degli articoli 2341bis e 2341ter c.c. anche alle altre tipologie di società e sembra prevalere un’opinione nettamente negativa, in ragione della maggiore rilevanza degli elementi personalistici che caratterizzano la s.r.l. e ancor di più le società di persone231.
In particolare, con riferimento alle società a responsabilità limitata la legittimità dei patti parasociali sembra trovare il proprio fondamento nel principio della rilevanza centrale dei rapporti contrattuali fra i soci proclamato dalla legge delega, nel senso che quest’ultimo implicherebbe la valorizzazione dell’autonomia contrattuale tout court, quale che sia il piano – sociale, parasociale, extrasociale – cui la regolamentazione convenzionale si dirige232.
In tal senso i patti parasociali appaiono come pura espressione di autonomia privata e pertanto in linea generale non soffrono di alcuna limitazione di tipologia e contenuto233 e risultano soggetti alle norme comuni in tema di diritto dei contratti234.
Si riconosce tuttavia la necessità di contenere il vincolo obbligatorio entro un conveniente limite di tempo, identificabile in via analogica in cinque anni, anche in considerazione del fatto che tale termine ricorre in altre norme relative
231 Si vedano in particolare DONATIVI, sub artt. 2341bis, 2341ter c.c., cit., p. 162, LOMBARDI, I patti parasociali nelle società non quotate e la riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, p. 269 e soprattutto con specifico riferimento alla s.r.l. COSSU, I patti parasociali, cit., p. 51. In senso contrario SALAFIA, I patti parasociali, in Il nuovo diritto societario, a cura di Ambrosini, I, Torino, 2005, p. 208 che ritiene applicabile anche alla s.r.l. la disciplina in tema di patti parasociali prevista nel codice civile, in base al rilievo che l’art. 2341bis c.c. si riferisce espressamente anche a società controllanti di s.p.a. e che società controllanti possono essere anche le s.r.l.
232 Così ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, in Il codice civile. Commentario, fondato da Schlesinger e diretto da Busnelli, Milano, 2010, p. 94. Su tali aspetti si veda anche LOFFREDO, sub art. 2463 c.c., in Codice civile, annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di Perlingieri, V**, 2010, p. 2072.
233 Sul punto COSSU, I patti parasociali, cit., p. 66.
234 Così ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., p. 272 che però precisa che allorquando la s.r.l. sia controllante di una s.p.a., si estende ad essa interamente, per espressa volontà del legislatore, la disciplina di cui agli art. 2341bis e 2341ter o degli articoli 122 e 123 del t.u.f., qualora la s.p.a. sia quotata.
a patti limitativi della libertà d’iniziativa economica, come l’art. 2596 c.c.; l’unica differenza è che, al di fuori della s.p.a., il limite temporale assumerebbe carattere dispositivo e potrebbe essere prolungato convenzionalmente, purché in funzione di interessi meritevoli di tutela235.
Infine è opportuno evidenziare che il patto non possa essere in frode alla legge e cioè stipulato allo scopo di eludere l’applicazione delle limitazioni all’autonomia statutaria previste dal legislatore: in tal caso, infatti, il patto parasociale, benché di per sé lecito, deve considerarsi nullo in base al combinato disposto degli articoli 1344 e 1418 c.c.236
1.5. L’efficacia dei patti.
E’ giunto il momento di affrontare il tema dell’efficacia dei patti parasociali: ebbene l’orientamento pressoché unanime della giurisprudenza e della dottrina afferma che essi hanno efficacia puramente obbligatoria tra i contraenti237.
D’altronde le convenzioni parasociali vengono correttamente qualificate come contratti atipici e questo comporta che possano produrre effetti solo tra le parti dell’accordo, come si desume dalla disciplina generale del contratto ex art. 1372 c.c.
Il vincolo che discende da tali patti opera, infatti, su un terreno esterno a quello dell'organizzazione sociale, dal che appunto il carattere parasociale, sicché non è legittimamente ammissibile ritenere che esso possa incidere direttamente
235 Su tale questione si vedano LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 492 e LENER, Appunti sui patti parasociali nella riforma del diritto societario, in Riv. dir. priv., 2004, p. 45. 236 In tal senso ZANARONE, Della società a responsabilità limitata, cit., p. 97 che afferma che la nullità del patto non è legata alla mera idoneità obiettiva di esso a raggiungere il medesimo risultato vietato dalle norme statutarie, in quanto altrimenti si avrebbe una vera e propria estensione analogica della disciplina di quest’ultime ai patti parasociali; è richiesta invece la dimostrazione di un vero e proprio consilium fraudis, vale a dire dell’intento, comune a tutti gli aderenti al patto parasociale, di aggirare il divieto riguardante la disciplina sociale.
237 In giurisprudenza la prima pronuncia che ha espressamente ammesso la legittimità dei patti parasociali e contestualmente la loro efficacia meramente obbligatoria è stata Cass., 23 novembre 2001, n. 14865, in Giur. comm., 2002, II, p. 666 con nota di COSTI, La cassazione e i sindacati di voto: tra dogmi e natura delle cose; successivamente si vedano Trib. Milano, 6 marzo 2006, in www.iusexplorer.it; Trib. Nocera, 19 giugno 2006, in www.iusexplorer.it; Cass., 5 marzo 2008, n. 5963, in Riv. notar., 2009, II, p. 460 con nota di BUCCIARELLI DUCCI, I patti parasociali: natura giuridica e profili di tutela; Trib. Belluno, 27 marzo 2010, in Giur. comm., 2011, II, p. 1490 con nota di POMELLI, Stipulazione per facta concludentia, efficacia e coercibilità dei patti parasociali di voto; Cass., 7 maggio 2014, n. 9846, in Dir. e giust., 2014, p. 9 con nota di PERROTTA, Il patto parasociale, per la sua natura giuridica, integra il contratto a favore di terzo. In dottrina si veda tra i tanti LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 482.
sulla società: conseguentemente il socio stipulante, nei rapporti verso la società, qualora essa sia estranea al patto, non sarà vincolato al rispetto del patto stesso, ma potrà, ad esempio, comunque continuare ad esercitare autonomamente il diritto di voto238.
Da tale qualificazione deriva poi che l’eventuale violazione del patto parasociale non può mai costituire ragione di invalidità di un atto di un organo della società e che, in tal caso, il paciscente inadempiente potrà unicamente essere condannato al risarcimento del danno patito dagli altri contraenti.
Ulteriore conseguenza di tale risultato è che gli obblighi derivanti dal patto parasociale non sono suscettibili di esecuzione in forma specifica con modalità inferenti con l’organizzazione societaria239.
E’ rimasta invece isolata una pronuncia cautelare del tribunale di Genova con la quale veniva riconosciuta, di fatto, efficacia reale ad un sindacato di voto240: il giudice del capoluogo ligure ha infatti ritenuto ammissibile un provvedimento ex art. 700 c.p.c. con il quale ha obbligato un socio a votare in conformità a quanto deciso dalla maggioranza dei partecipanti al sindacato di voto a cui egli stesso aderiva241.
Tale conclusione non può però essere accettata: anzitutto perché il sistema dell’invalidità delle delibere assembleari è orientato nel senso della tassatività delle cause di invalidità e tra queste non vi rientra senza dubbio l’ipotesi della violazione di un patto parasociale242; inoltre perché la Corte di Cassazione ha più volte subordinato la meritevolezza dei patti parasociali alla garanzia della libertà
238 Così Cass., 23 novembre 2001, n. 14865, cit., p. 666.
239 Sul punto SALAFIA, I patti parasociali, cit., p. 208 e più di recente POMELLI, Stipulazione per facta concludentia, efficacia e coercibilità dei patti parasociali di voto, in Giur. comm., 2011, II, p. 1490. 240 Si precisa che già App. Roma, 6 giugno 1960, in Dir. fall., 1960, II, p. 515 con nota di RAGUSA MAGGIORE, Obbligazioni sociali contenute in un contratto (meramente) parasociale? e confermata da Cass., 6 maggio 1961, n. 1058, in Dir. fall., 1961, II, 300) aveva affermato che il contratto parasociale stipulato fra tutti i soci (ed avente la medesima data del contratto di società) potesse integrare il contratto sociale ed avere per questo efficacia reale. La pronuncia del Tribunale di Genova è invece differente in quanto al sindacato di voto non partecipavano tutti i soci e per questo non appare condivisibile attribuire efficacia reale al patto in questione.
241 Così Trib. Genova, 8 luglio 2004 in Banca borsa tit. cred., II, 2006, p. 236 con nota critica di MACRÌ,
L’efficacia dei patti parasociali.
242 Sul punto si veda LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 484 che ritiene che la mancanza del rimedio invalidativo, che è un rimedio specifico ex post impedisce di ammettere un provvedimento giudiziario sostitutivo, che avrebbe carattere di rimedio specifico ex ante.
di esercizio del diritto di voto in sede assembleare, qualificando di fatto la libertà di voto tra i principi di ordine pubblico243.
Ad una non dissimile conclusione si perviene poi con riferimento ai sindacati di voto che realizzano indirettamente l’efficacia reale, perché muniti di strumenti contrattuali che comportano il trasferimento del voto ad altri soggetti o comunque impediscano al socio aderente di votare diversamente da quanto pattuito attraverso il rilascio di procure irrevocabili, la girata per procura delle azioni, la loro intestazione fiduciaria o il deposito delle stesse244.
In tali casi è infatti lo stesso legislatore che, al fine di tutelare la libertà di voto, ha previsto delle limitazioni ex art. 2372 c.c.: quanto alle società «aperte», si prevede che la rappresentanza possa essere conferita solo per singole assemblee, mentre per le s.p.a. «chiuse» è stabilito che la delega è sempre revocabile nonostante ogni patto contrario.
E’ dunque in tal modo garantito il diritto di voto per il socio, che malgrado sia parte di un sindacato di voto, potrà comunque presentarsi in assemblea ed esercitare autonomamente le sue prerogative; in caso di violazione del patto, l’unica conseguenza in cui potrà incorrere è, come è stato scritto in precedenza, l’obbligo al risarcimento del danno patito dagli altri contraenti in conseguenza del suo inadempimento.
Con riferimento all’efficacia dei patti parasociali, non si può poi non affrontare la questione circa gli effetti che essi producono nei confronti della società.
In passato, Giorgio Oppo aveva proprio classificato i patti parasociali in relazione agli effetti che riverberavano sulla società stessa, distinguendo i patti favorevoli, sfavorevoli e neutri245.
In tal sede ritengo opportuno soffermarmi sui patti in favore e su quelli in danno della società, mentre la neutralità che caratterizza la terza categoria ne esclude la necessità di un ulteriore approfondimento in termini di efficacia.
Quanto ai patti che producono effetti favorevoli per la società, come ad esempio l’obbligo di finanziamento periodico a carico dei contraenti,
243 Si veda Cass., 28 aprile 2010, n. 10215 in Banca, borsa e tit. credito, 2012, II, p. 141 con nota di CIOCCA, Patti parasociali e rinunzia dell'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori uscenti; Cass., 5 marzo 2008, n. 5963, cit., p. 460; Cass., 20 settembre 1995, n. 9975, cit., p. 164 244 Sul punto si veda BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, cit., p. 309.
245 Si veda OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 7. Le tipologie di patti classificati in tal modo sono descritte supra alla nota n. 206.
l’orientamento maggioritario della dottrina e della giurisprudenza ritiene di qualificare tale tipologia di accordi come contratti in favore di terzo – la società – ex art. 1411 c.c.246.
Da tale qualificazione discende la conseguenza per cui il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della semplice stipulazione del contratto e pertanto l’adempimento degli obblighi assunti dai soci potrebbe essere richiesto dalla stessa società o, in caso di fallimento, dal curatore, oltre che naturalmente dagli stessi stipulanti il patto.
Meno chiaro è, invece, se opera anche nelle ipotesi dei patti parasociali, l’inciso del secondo comma dell’art. 1411 c.c. che prevede che una volta che il terzo abbia dichiarato di volerne profittare la pattuizione non possa essere più revocata.
Se operasse tale clausola, infatti, i contraenti del patto parasociale non avrebbero più la legittimazione a revocare o modificare l’accordo tutte le volte in cui la società abbia, espressamente o tacitamente, dichiarato di voler approfittare dalla prestazione a suo vantaggio.
Al fine di evitare un tale limite all’autonomia dei paciscenti, anche in considerazione delle previsioni legislative che agevolano il recesso dal patto parasociale, pare opportuno indagare, caso per caso, l’effettiva volontà delle parti contraenti, distinguendo le fattispecie in cui tali soggetti hanno effettivamente voluto realizzare un contratto a favore di terzo e come tale soggetto alla disciplina di cui all’art. 1411 c.c., da quelle invece in cui hanno voluto unicamente regolare la propria condotta senza però spogliarsi della legittimazione a modificare o revocare le intese definite247.
Alla luce di tali osservazioni bisogna quindi concludere che non tutti i patti parasociali che producono effetti favorevoli per la società possano qualificarsi
246 In dottrina si veda OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 113; OPPO, Contratto parasociale a favore della società, in Giur. it., 1962, I, 2 c. 703; SANTONI, Patti parasociali, cit., p. 172; FARENGA, I contratti parasociali, cit., p. 20; LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, p. 485. In giurisprudenza, da ultimo Cass., 7 maggio 2014, n. 9846, cit., p. 9 e Cass., 11 luglio 2013, n. 17200, in Contratti, 2014, p. 233 con nota di VILLAROSA, Patto parasociale e contratto a favore di terzo; meno di recente Cass., 1 marzo 1993, n. 2493, in Giust. civ. mass., 1993, p. 404; Cass. 27 marzo
1985, n. 2155, in Dir. fall., 1985, I, p. 748; Cass., 10 aprile 1965, n. 635, in Riv. dir. comm., 1966, II,
p. 5.
247 Propone tale distinzione VILLAROSA, Patto parasociale e contratto a favore di terzo, in Contratti, 2014, p. 237 che richiama sul punto la differenziazione tra contratto a favore di terzo con efficacia esterna e contratto a vantaggio del terzo o con prestazione al terzo. Si veda sul punto GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2015, p. 958.
come contratti a favore di terzo, ma a tal fine è necessario determinare la reale volontà dei contraenti.
Con riferimento invece ai patti che producono effetti sfavorevoli per la società, si possono distinguere due tipologie: gli accordi atti a incidere sulla vita e sull’azione della società e i patti che giuridicamente invadono la sfera della società e la competenza dei suoi organi, sostituendo a questi ultimi i singoli soci operanti in veste extrasociale248.
Si tratterebbe di ipotesi di contratti potenzialmente in frode al terzo ed in entrambi i casi spetterebbe quindi all’interprete valutare anzitutto la meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti ai sensi dell’art. 1322, 2° comma.
Nell’ordinamento vigente non esiste infatti alcuna norma che sancisca la nullità del contratto in frode al terzo, il quale è tutelato o con il rimedio generale della nullità per contrarietà a norme imperative o per frode alla legge.
Ciò detto se si considera che, indipendentemente dalle indicazioni fornite dai parasoci, la responsabilità degli amministratori non può essere esclusa, in linea di principio non sussistono ragioni per negare la legittimità degli interessi dei soci a indirizzare in un senso piuttosto che nell’altro le decisioni degli amministratori, se queste rimangono oggetto di una libera e discrezionale valutazione dell’organo amministrativo249.
Del resto, infine, è la stessa riforma del diritto societario che ha in linea generale riconosciuto la legittimità dell’influenza esercitata esternamente sul controllo della gestione della società: in tal senso è infatti esemplificativa la disciplina dei rapporti di gruppo ex art. 2497 c.c. e ss.
248 Autore di tale differenziazione è OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 115. Esempio degli accordi del primo tipo sono quelle convenzioni con i quali i soci si obbligano a deliberare lo scioglimento della società a determinati presupposti; esempi del secondo tipo, sono i sindacati con i quali vengono determinate esternamente le decisioni del consiglio di amministrazione.
249 Sul punto TINA, Le pattuizioni sulla governance, cit., p. 461; CIOCCA, Patti parasociali e rinunzia dell'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori uscenti, in Banca, borsa e tit. credito, 2012, II, p. 141 e SBISÀ, Patti parasociali e responsabilità degli amministratori, in Contr. e impresa, 1996, p. 447. Sono nulli invece i patti che riducono il consiglio di amministrazione a mero esecutore di decisioni assunte dalla compagine extra societaria, così SCARPA, Parasocialità come mezzo di controllo esterno della società, cit., p. 1564. In tal senso, da ultimo in giurisprudenza Cass., 24 maggio 2012, n. 8221, in Dir. e giust., 2012, con nota di NOCERA, Gli amministratori hanno sottoscritto un sindacato di gestione? È una giusta causa di revoca.
1.6 Le conseguenza della sussistenza del collegamento.
Dopo aver analizzato le tipologie di patti parasociali e la loro efficacia, appare evidente come il negozio parasociale miri ad agire sullo svolgimento del rapporto sociale, al quale è funzionalmente subordinato.
Come è stato precedentemente affermato, si tratta di un’ipotesi di collegamento necessario, che presuppone un vincolo di accessorietà giuridica del parasociale verso il sociale250.
AI fine di produrre i loro effetti i patti parasociali necessitano infatti della esistenza di un contratto sociale, preesistente, contemporaneo o in fase di stipulazione, al quale fare riferimento; mentre in caso di assenza o invalidità dello stesso, non avrebbero alcuna ragione di esistere, in quanto sarebbero privi di causa.
A tale qualificazione è pervenuta progressivamente anche la giurisprudenza: inizialmente infatti le corti di merito hanno costantemente negato la sussistenza di un rapporto di collegamento negoziale, limitandosi ad evidenziare un mero rapporto di correlazione economica251.
Successivamente la giurisprudenza di legittimità dei primi anni sessanta ha iniziato a riconoscere la presenza di un collegamento, arrivando ad affermare che le convenzioni che la dottrina societaria definisce contratti parasociali sono contratti accessori rispetto al contratto sociale252. E’ però a partire dagli anni settanta che in modo più chiaro le corti sono arrivate ad affermare che i patti parasociali sono stipulazioni apposite e distinte dal contratto di società, ma a
250 E’ stato per primo OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 70 ha qualificare tale legame in termini di collegamento negoziale, in quanto caratterizzato da un vincolo di accessorietà giuridica. Successivamente hanno affermato la sussistenza di un collegamento negoziale tra contratto di società e patto parasociale MESSINEO, voce Contratto collegato, cit., p. 48; SCOGNAMIGLIO, voce Collegamento negoziale, cit., p. 375; MEOLI, SICA, I patti parasociali nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, I, p. 590; PANUCCIO, I patti parasociali, cit., p. 3356; LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 485; BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, cit., p. 270; SCARPA, Parasocialità come mezzo di controllo esterno della società, in Contr. e impresa, 2011, p. 1528; DIVIZIA, Circolazione della partecipazione sociale e limiti soggettivi di efficacia dei patti parasociali, in Riv. notar., 2012, p. 615. Critici a tale qualificazione sono IRTI, Note introduttive, in Collegamenti negoziali e forme di tutela, cit., p. 3; COSTI, I patti parasociali ed il collegamento negoziale, cit., p. 200; CASCIO, ARGIROFFI, Contratti misti e contratti collegati, cit., p. 3 e RAPPAZZO, RAPPAZZO, Il collegamento negoziale nella società per azioni, cit., p. 196.
251 Così App. Roma 8 maggio 1962, in Giur. it., 1962, p. 707 in cui si afferma che dall'evidente rapporto di correlazione economica non ne deriva il loro collegamento giuridico.
252 Così Cass., 29 gennaio 1964, n. 234, in Giust. civ., I, p. 524.
questo funzionalmente collegate sul piano economico e giuridico, anche per essere la loro efficacia condizionata alla costituzione della compagine sociale253.
Il carattere accessorio del legame comporta come conseguenza che le vicende della società, e in particolare quelle estintive, influiscono sugli effetti e sull’esecuzione dei patti parasociali, determinandone di volta in volta la risoluzione per impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità ovvero l’obbligo di rinegoziazione, fondato sul principio di buona fede nell’esecuzione del contratto254.
Vige quindi la regola accessorium sequitur principale con riferimento alla validità e all’efficacia del collegamento funzionale tra contratto di società e patti parasociali.
Sarebbe però riduttivo circoscrivere a tale unica conseguenza la connessione tra i due contratti: è necessario allora considerare se esistono ulteriori effetti che il legame con il contratto sociale determina sui patti parasociali, nonché se sussistono conseguenze giuridiche con riferimento alla relazione inversa tra i due negozi, e cioè stabilire quali influenze il contratto parasociale può generare su quello di società.
Con riferimento alla prima questione, si può anzitutto affermare che la sussistenza del collegamento permetta di utilizzare l’atto costitutivo o lo statuto sociale al fine di interpretare il contenuto del patto parasociale, tanto più se a tale convenzione partecipino tutti i soci.
Una seconda conseguenza derivante dall’esistenza del collegamento è relativa al fatto che le parti nella determinazione del contenuto di un patto parasociale sono assoggettate alle regole inderogabili applicabili al contratto di società255.
253 La prima pronuncia in tal senso è stata Cass. 17 dicembre 1975, n. 4143, in Giur. it., 1977, I, p. 967 con nota di DI PAOLO, Pactum de ineunda societate, promessa a favore di terzo e accordo parasociale (in margine a nuove forme di utilizzazione del contratto preliminare). Successivamente, in tal senso, anche Trib. Lodi, 12 giugno 2002, in Foro Padano, 2003, p. 581; Cass., 5 giugno 2007,
n. 13164, in Resp. civ. e prev., 2008, p. 2048 con nota di CARTA, Collegamento contrattuale, nesso di condizionamento reciproco e dipendenza unilaterale; Cons. stato, 26 novembre 2008, n. 5845, in Foro amm., 2008, p. 3038.
254 In tal senso LIBERTINI, I patti parasociali nelle società non quotate, cit., p. 485.
255 Così BADINI CONFALONIERI, I patti parasociali, cit., p. 274 che ritiene che il collegamento funzionale con il contratto sociale faccia sorgere per i patti parasociali specifici limiti di validità propri dell’ordinamento societario e comunque il divieto generale di eludere norme imperative, laddove questo sia il fine dell’accordo (art. 1344 c.c.).
Ragionando in tal modo, deve quindi qualificarsi come illecito il patto parasociale con il quale si esclude uno o più soci da ogni partecipazione agli utili e alle perdite, in quanto la convenzione accessoria raggirerebbe il divieto disposto dall’art. 2265 c.c., pervenendo in sostanza al risultato di una società in cui uno dei soci è esonerato di fronte agli altri dalla sopportazione delle perdite o dal godimento degli utili256.
Il collegamento col negozio sociale permette dunque di rivelare il vizio causale del negozio accessorio ed induce a ritenerlo invalido, comportandone la nullità per contrarietà a norme imperative257. Nessuna conseguenza si produce invece sul contratto di società, che continuerà a produrre i suoi effetti258.
Il legislatore ha poi tipizzato due ulteriori ipotesi in cui una vicenda sociale produce ripercussioni sul vincolo parasociale, in virtù del collegamento tra i negozi: la prima all’art. 123, 3° comma del T.U.F., in cui si prevede uno specifico caso di recesso senza preavviso a favore degli azionisti che intendano aderire ad un’offerta pubblica di acquisto o di scambio, a condizione che perfezionino poi il trasferimento delle loro azioni; la seconda all’art. 104bis, 2° comma, del T.U.F. in cui è disposto che nel periodo di adesione all’offerta pubblica di acquisto non hanno efficacia nelle assemblee chiamate a decidere sugli atti e le operazioni relative alle difesa dall’o.p.a. le limitazioni al diritto di voto previste da patti parasociali.
Si evidenzia allora che in entrambi i casi, in modo eccezionale rispetto alla disciplina ordinaria dei contratti, è stato prevista un’incidenza su un rapporto contrattuale, il patto parasociale, in forza di vicende ad esso esterne, relative al rapporto sociale. Tale ingerenza non può allora trovare altra giustificazione che nel collegamento negoziale sussistente tra il contratto di società e il patto
256 Evidenzia tale conseguenza illecita OPPO, Contratti parasociali, cit., p. 110.
257 Sul punto SANTAGATA, Partecipazioni in s.r.l. a scopo di finanziamento e divieto del patto leonino, in Banca, borsa e tit. credito, 2009, II, p. 750 che annota la sentenza del Tribunale di Cagliari, 3 aprile 2008, in cui era stato statuito che la nullità degli accordi parasociali per violazione dell'art. 2265 c.c. non sussiste nell'ipotesi in cui all'esonero dalla partecipazione alle perdite corrisponde la sostanziale esclusione del socio esonerato dalla gestione della società.
258 Ad una non dissimile conclusione perviene anche ANGELICI, Le basi contrattuali della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, Torino, vol. I *, 2004, p. 140 con riferimento al caso in cui una società abbia l’oggetto sociale lecito, ma accompagnato da un accordo tra i soci con il quale questi si impegnano allo svolgimento di una attività illecita. In tale fattispecie se la prospettiva dovesse imperniarsi su un’analisi dell’intento negoziale complessivo, si dovrebbe affermare la nullità di entrambi gli accordi; il penultimo comma dell’art. 2332 c.c. permette invece di ritenere che la società rimanga di per sé valida, mentre deve essere dichiarata la nullità dell’accordo parasociale illecito.