SOMMARIO
E-Commerce Tax & Legal
SOMMARIO
Premessa pg.4
SEZIONE I:
Imprese ed E-Commerce: gli aspetti legali del contratto telematico.
1. LE DOT-COM E L’E-COMMERCE 8
1.1. Le Dot-Com 8
1.2. L’e-commerce: definizione, classificazione e principale quadro normativo 9
2. IL CONTRATTO TELEMATICO: PROFILI LEGALI E OBBLIGHI INFORMATIVI 11
2.1. Il contratto telematico 11
2.2. Obblighi informativi 12
2.3. Obblighi informativi precontrattuali 14
2.4. Ulteriori obblighi informativi a tutela dei consumatori 17
3. LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO TELEMATICO E GLI ALTRI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO: LA “FORMA” NEL CONTRATTO TELEMATICO 21
3.1. La conclusione del contratto telematico 21
3.2. Le modalità di conclusione del contratto telematico 23
4. GLI ALTRI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO 26
4.1. La causa e l’oggetto 26
4.2. La “forma” nel contratto telematico 28
5. LE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO E L’ACCETTAZIONE DELLE CLAUSOLE VESSATORIE 32
5.1. Condizioni generali di contratto 32
5.2. L’accettazione delle clausole vessatorie 33
5.3. Esercizio del diritto di recesso 37
6. LE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI 40
6.1. Pratiche commerciali scorrette 40
6.2. Pratiche commerciali ingannevoli e aggressive 42
6.3. Tutela amministrativa e giurisdizionale 44
SEZIONE II:
E-Commerce: oltre le insidie del regime fiscale.
7. L’E-COMMERCE E LA FISCALITÁ DIRETTA: I PROFILI DI CRITICITÁ 47
7.1. La “dematerializzazione” dei beni scambiati 48
7.2. La “delocalizzazione” delle operazioni 49
7.3. La configurabilità della stabile organizzazione 50
8. L’IVA NEL COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO 54
8.1. La qualificazione oggettiva delle operazioni telematiche 54
8.2. La territorialità IVA dei servizi elettronici 58
8.3. Casi pratici e soluzioni operative 61
9. IL REGIME SPECIALE DEI SERVIZI RESI DA OPERATORI EXTRA-UE 64
9.1. La disciplina e gli obblighi fiscali 64
10. RIEPILOGI: E-COMMERCE DIRETTO E DISCIPLINA IVA 67
11. LA DISCIPLINA IVA NELL’E-COMMERCE INDIRETTO 68
11.1. Casi pratici e soluzioni operative 68
12. RIEPILOGO: E-COMMERCE INDIRETTO E DISCIPLINA IVA 73
13. GLI OBBLIGHI DI FATTURAZIONE 74
13.1. Nel commercio elettronico “indiretto” 74
13.2. Nel commercio elettronico “diretto” 74
14. E-COMMERCE NEWS: LE NOVITÁ FISCALI 77
Premessa
La presente guida si propone di illustrare, alle imprese ed ai professionisti, i principali aspetti legali del commercio elettronico (c.d. “e-commerce”) sia sotto il profilo civilistico che fiscale.
Nel momento in cui si decide di intraprendere l’attività di vendita di prodotti on line, l’imprenditore si trova a dover prendere una serie di importanti decisioni, quali la scelta del target di acquirenti (professionisti/imprese o consumatori) e del mercato di riferimento (italiano o estero), le modalità di conclusione dei contratti (tramite scambio di e-mails o direttamente tramite sito di vendita).
Nelle pagine che seguono forniremo, quindi, una serie di indicazioni utili e soluzioni pratiche sull’argomento. Sebbene, infatti, la materia abbia una disciplina organica fin dall’anno 2003, la stessa appare a molti operatori tutt’oggi ancora non del tutto chiara e intellegibile.
Con questo intento Unioncamere Lombardia ha ritenuto opportuno sviluppare insieme allo Studio Loconte & Partners la presente guida che tratterà la materia come segue.
Una prima sezione affronterà l’analisi degli aspetti legali del contratto telematico, illustrandone la normativa vigente, con particolare attenzione ai vincoli informativi previsti dalla normativa di settore ed individuando i principali requisiti per il valido perfezionamento dell’accordo.
Una seconda parte approfondirà, invece, il regime fiscale del commercio elettronico, partendo dall’esame dei principali profili di criticità delle operazioni ai fini fiscali fino a delineare il trattamento ai fini IVA delle transazioni telematiche intracomunitarie ed extra-UE, gli adempimenti Intrastat e Black List e la disciplina della fatturazione elettronica.
Per ogni specifica esigenza aziendale, vista la complessità della materia e le evoluzioni normative in corso, Unioncamere Lombardia raccomanda di utilizzare in aggiunta a questa pubblicazione il proprio servizio di assistenza consulenziale o, in alternativa, di acquisire comunque altro parere qualificato.
Nessuna responsabilità derivante da un utilizzo improprio dei contenuti della presente pubblicazione, da eventuali modifiche intervenute nella normativa o da possibili imprecisioni potrà essere pertanto imputata a Unioncamere Lombardia o agli estensori della guida stessa.
La guida è stata curata, su commissione di Unioncamere Lombardia, da LOCONTE & PARTNERS, STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO
Predisposta a ottobre 2014 Pubblicazione fuori commercio.
È consentita la riproduzione con citazione della fonte.
Sezione I
Imprese ed E-Commerce:
gli aspetti legali del contratto telematico
1. LE DOT-COM E L’E-COMMERCE.
1.1. Le Dot-Com.
Le Dot-Com sono le aziende che sviluppano il proprio business attraverso il web (dall’inglese, punto-com), vendendo on line i propri prodotti anche fuori dai confini nazionali.
In Italia, negli ultimi anni, si è assistito ad un sensibile aumento del numero delle aziende (sostanzialmente piccole o medie imprese) che ha deciso di rivolgersi al mercato digitale per tentare di implementare le proprie vendite, probabilmente spinte dalla crisi economica ed, in ogni caso, dal desiderio di rinnovarsi. In particolare, si registra un forte sviluppo dell’e-commerce nei settori dell’abbigliamento, dell’editoria e delle assicurazioni.
I potenziali vantaggi che il commercio elettronico può offrire appaiono evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Innanzitutto, per le imprese offerenti, siano esse imprese tradizionali che intendano vendere on line avvalendosi di venditori specializzati che offrono piattaforme di rete, oppure imprese di servizi o beni immateriali che offrono direttamente on line i loro prodotti; sia per gli stessi consumatori.
Per le imprese, si riscontra difatti un risparmio dei costi della rete distributiva, nonché lo sviluppo della clientela potenzialmente illimitata, l’apertura a nuovi mercati, la riduzione dei tempi di vendita, la creazione di rapporto più diretto con la clientela.
Per i consumatori, si rileva, in primo luogo, il vantaggio di poter acquistare una vasta gamma di prodotti o servizi di aziende che si trovano in qualsiasi parte del mondo, nonché la possibilità di acquisire informazioni (tramite i siti internet sulle aziende e sui prodotti), di verificare le condizioni contrattuali praticate e, spesso, di ottenere un risparmio sui costi e tempi di acquisto, anche mediante la comparazione delle varie offerte sul mercato.
1.2. L’e-commerce: definizione, classificazione e principale quadro normativo.
L’e-commerce consiste nello svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica. Esso comprende numerose attività quali: la vendita di beni o servizi, la distribuzione di contenuti digitali, l’effettuazione di operazioni finanziarie e di borsa, la partecipazione a transazioni con le pubbliche amministrazioni.
Si è soliti distinguere tra:
E-commerce indiretto → compravendita di beni materiali on line e consegna, agli acquirenti, in modo tradizionale attraverso posta o corrieri
E-commerce diretto → compravendita di beni immateriali ossia “digitali” (quali software, immagini, musica, testi, film) che possono essere ottenuti, dagli acquirenti, direttamente in via telematica.
E’ opportuno premettere che la materia dell’e-commerce è in continua evoluzione, così come il suo impianto normativo che tuttavia appare spesso incompleto data l’ampiezza del settore. Pertanto, frequente è il ricorso, da parte degli operatori del diritto, alla regolamentazione prevista per fattispecie analoghe e all’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, anche comunitaria. Oltre alla disciplina contenuta nel codice civile italiano (in particolare, Libro IV del Codice Civile, Titolo I: delle obbligazioni in generale, Titolo II: sui contratti in generale e Titolo III: sui singoli contratti), il quadro normativo civilistico è essenzialmente così composto:
commercio elettronico: D. Lgs. n. 70 del 2003 che ha recepito, in Italia, la Direttiva 2000/21/CE;
obblighi informativi rinforzati nel commercio elettronico: D. Lgs.
n. 21 del 2014 che ha recepito, in Italia, la Direttiva 2011/83/CE;
codice del consumo: D. Lgs. n. 206 del 2005;
codice dell’amministrazione digitale (con particolare riguardo alla “forma” del contratto: disposizioni sulla firma digitale): D. Lgs. n. 82 del 2005 e D. Lgs 196/2006 riguardante le disposizioni integrative e correttive del codice dell’amministrazione digitale;
codice della privacy (con particolare riguardo al trattamento dei dati personali da parte dell’impresa che svolge attività di e-commerce): D. Lgs. n. 196 del 2003;
per le transazioni internazionali: Convenzione di Vienna del 1980 (ratificata dall’Italia con la L. n. 765 del 1985) sulla vendita internazionale dei beni mobili;
per le transazioni a livello europeo: Regolamento CE 593/2008 (c.d. Roma I) sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, Regolamento CE 864/2007 (c.d. Roma II) sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali.
2. IL CONTRATTO TELEMATICO: PROFILI LEGALI E OBBLIGHI INFORMATIVI.
2.1. Il contratto telematico.
Il contratto telematico è il contratto concluso mediante l’uso di computers (o altri strumenti informatici) tra loro collegati. Si tratta, dunque, di un accordo tra soggetti reciprocamente assenti (non presenti nello stesso luogo) poiché la loro interfaccia è costituita dallo strumento informatico utilizzato.
Vi sono diverse tipologie di contratti telematici. In base alle parti coinvolte si distinguono in:
B2B (ossia business to business): le transazioni tra imprese o tra professionisti (i.e. il partner commerciale, il fornitore, le istituzioni). Le transazioni elettroniche consentono in questo caso alle aziende di mantenere un canale di comunicazione più agevole ed efficiente (ad esempio negli ordini, nei pagamenti on line e nell’invio delle fatture) con i soggetti con cui si sono instaurate relazioni commerciali stabili. Sono pertanto spesso impiegati per l’acquisto di prodotti e servizi che vengono utilizzati direttamente in azienda quali: materiali grezzi, componenti, prodotti intermedi.
B2C (ossia business to consumer): le transazioni commerciali di beni e servizi tra imprese e consumatori. Vantaggi: i prodotti sono offerti a tutti coloro che accedono alla rete internet con conseguente accesso, per il venditore, ad un vastissimo numero di potenziali clienti; possibilità, per le imprese, di un contatto diretto con i clienti; riduzione dei costi di intermediazione. Per queste tipologie di contratti, si applica la normativa dettata a tutela dei consumatori (Codice del Consumo) che vedremo infra.
P2P (ossia peer to peer): le transazioni realizzate direttamente tra privati.
B2A (ossia business to administration): le transazioni che avvengono in rete tra le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese.
Come osservato sopra, il contratto telematico è regolato, oltre che dalle norme sui contratti stabilite dal Codice Civile, specificatamente dalla normativa ad hoc sul commercio elettronico di cui al D. lgs. n. 70 del 2003.
L’art. 1 del D. Lgs. n. 70 del 2003 stabilisce infatti le finalità di detta normativa: “Il presente decreto è diretto a di promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione, fra i quali il commercio elettronico”.
La disciplina del commercio elettronico, ai sensi dell’art. 11 D. lgs. 70/2003,
non si applica tuttavia:
ai contratti che istituiscono o trasferiscono diritti relativi a beni immobili, diversi da quelli in materia di locazione;
ai contratti che richiedono per legge l’intervento di organi giurisdizionali, pubblici poteri o professioni che implicano l’esercizio di pubblici poteri;
ai contratti di fideiussione o di garanzie prestate da persone che agiscono ai fini che esulano dalle loro attività commerciali, imprenditoriali o professionali;
ai contratti disciplinati dal diritto di famiglia o di successione.
2.2. Obblighi informativi.
L’impresa che svolge commercio elettronico è tenuta a rispettare una serie di stringenti obblighi informativi disposti dalla legge essenzialmente a tutela della parte acquirente. Si tratta di informazioni di carattere generale volte ad identificare l’azienda venditrice, i prodotti ed i servizi offerti, nonché a
fornire informazioni più specifiche in particolare sulla conclusione del contratto e sulle informazioni commerciali e pubblicitarie.
NOTA BENE |
Sono fatte in ogni caso salvo le leggi speciali in materia di obblighi informativi propri dei singoli beni e servizi, le quali dovranno sempre e comunque essere rispettate dal venditore on line (ad esempio le norme sulla vendita di beni alimentari). |
Le parti di un contratto telematico sono, ad ogni modo, anche soggette agli obblighi precontrattuali di correttezza e buona e fede disposti dal Codice Civile (artt. 1337 e 1338) che dovranno essere rispettati durante tutta la fase delle trattative (e nel corso dell’esecuzione del contratto).
La violazione del dovere di correttezza comporta, infatti, una forma di responsabilità (con il conseguente dovere di risarcire il danno) che prende il nome di responsabilità precontrattuale o culpa in contraendo.
Il danno risarcibile, in caso di accertamento di responsabilità precontrattuale da parte del Tribunale adito comprende:
- le spese e le perdite strettamente connesse alle trattative (i.e. spese di viaggio e di corrispondenza): danno emergente;
- il vantaggio che la parte avrebbe potuto procurarsi con le contrattazioni:
lucro cessante.
Il termine di prescrizione per l’azione di accertamento di tale forma di responsabilità e del relativo risarcimento del danno è di 5 anni.
Tipico esempio di comportamento scorretto che può determinare una responsabilità precontrattuale, è quello di abbandonare le trattative
all’improvviso e senza giusta causa, nonostante l’altra parte abbia fatto ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto.
NOTA BENE |
Qualora si tratti di vendita tra parti contrattuali che appartengono a Paesi diversi all’interno dell’Unione Europea, si applicherà (per disciplinare la responsabilità precontrattuale) la legge che sarebbe applicabile al contratto qualora lo stesso venisse concluso (Regolamento CE 539/2008, art. 12). |
In base alla normativa vigente, è possibile distinguere tra obblighi informativi precontrattuali e contrattuali che il venditore è tenuto a rispettare.
2.3. Obblighi informativi precontrattuali.
L’art. 7 D. Lgs. 70/2003 indica una serie di obblighi informativi precontrattuali generali. Colui che intende esercitare un’attività di e-commerce deve rendere facilmente accessibili e sempre aggiornate, sia ai destinatari dei servizi sia alle autorità competenti, le seguenti informazioni:
il nome, la denominazione o la ragione sociale;
il domicilio o la sede legale;
gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l’indirizzo e-mail;
il numero di iscrizione al repertorio delle attività economiche (REA) o al registro delle imprese;
gli elementi di individuazione, nonché gli estremi della competente autorità di vigilanza, qualora un’attività sia soggetta a concessione, licenza o autorizzazione;
per quanto riguarda le professioni regolamentate:
l’ordine professionale o istituzione analoga presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione;
il titolo professionale e lo Stato membro in cui è stato rilasciato;
il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalità di consultazione dei medesimi.
il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un’attività soggetta a imposta;
l’indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna e altri elementi aggiuntivi da specificare;
l’indicazione delle attività consentite al consumatore e al destinatario del servizio e degli estremi del contratto, qualora un’attività sia soggetta ad autorizzazione oppure l’oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d’uso.
In caso di violazione dei predetti obblighi informativi generali, il venditore è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 Euro, raddoppiabile in caso di recidiva (art. 21 D. Lgs. 70/2003).
Vi sono, poi, una serie di obblighi informativi relativi alla conclusione del contratto che il venditore è tenuto a rispettare.
In base all’art. 12 del D. Lgs. 70/2003, il venditore (a prescindere dalla qualifica di consumatore dell’altro contraente) deve fornire in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile, prima dell'inoltro dell'ordine da parte del destinatario del servizio, le seguenti informazioni:
a) le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
b) il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
c) i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore;
d) gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
e) le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano;
f) l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
Le clausole e le condizioni generali del contratto (che meglio esamineremo al § 5.1) proposte al destinatario devono essere messe a sua disposizione in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione.
Gli xxx.xx 8 e 9 del D. Lgs. 70/2003 stabiliscono le caratteristiche che devono avere le comunicazioni commerciali, parte integrante relativa all’attività svolta on line. Esse devono contenere, sin da loro primo invio, in modo chiaro ed inequivocabile le seguenti indicazioni:
a) che si tratta di informazione commerciale;
b) chi sia la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione commerciale;
c) che si tratta di un’offerta promozionale come sconti, premi o omaggi e le relative condizioni di accesso;
d) che si tratta di concorsi o giochi promozionali e le relative condizioni di partecipazione.
Le comunicazioni commerciali non sollecitate, ossia il c.d. “spam”, inteso come materiale pubblicitario non richiesto trasmesso per posta elettronica, devono:
in modo chiaro ed inequivocabile essere identificate come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve;
contenere l’indicazione che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tali comunicazioni.
Anche in caso di violazione dei predetti obblighi informativi sulle informazioni commerciali, il venditore è soggetto al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 Euro, raddoppiabile in caso di recidiva (art. 21 D. Lgs. 70/2003).
NOTA BENE |
In base alle disposizioni in materia di privacy (D. Lgs. 196/2003), l’invio di messaggi pubblicitari deve essere preceduto dalla prestazione del consenso da parte dei destinatari, anche se il loro nominativo è stato estratto da fonti pubbliche. |
2.4. Ulteriori obblighi informativi a tutela dei consumatori.
Con il D. Lgs n. 21/2014, sono state apportate rilevanti modifiche al Codice del Consumo (art. 45 e ss.) introducendo ulteriori obblighi informativi che il venditore è tenuto a fornire, al consumatore, sia in fase precontrattuale sia contrattuale.
Il novellato art. 51 del Codice del Consumo stabilisce, in primo luogo, l’obbligo del professionista di fornire o comunque mettere a disposizione del consumatore, in modo appropriato al mezzo di comunicazione a distanza
impiegato, in un linguaggio semplice e comprensibile, gli obblighi informativi stabiliti dalla legge per i contratti a distanza e per quelli negoziati fuori dai locali commerciali di cui all’art. 49, comma 1, lettere da a) a v) del Codice del Consumo.
In secondo luogo, detta norma stabilisce che, se si tratta di un contratto a distanza concluso con mezzi elettronici contenete un obbligo di pagare in capo al consumatore, il professionista dovrà comunicargli in modo chiaro ed evidente, prima che il consumatore inoltri l’ordine le lettere a), e), q) e r) dell’art. 49, comma 1, del Codice del Consumo:
le caratteristiche principali dei beni o servizi, nella misura adeguata al supporto e ai beni o servizi;
il prezzo totale dei beni o dei servizi comprensivo delle imposte, ovvero le modalità di calcolo del prezzo (se la natura dei beni o servizi comporta l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo) e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali. Nel caso di un contratto a tempo indeterminato o di un contratto comprendente un abbonamento, il prezzo totale include i costi totali per periodo di fatturazione;
la durata del contratto, se applicabile, o, se il contratto è a tempo indeterminato o è un contratto a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto;
se applicabile, la durata minima degli obblighi del consumatore a norma del contratto.
Il professionista dovrà inserire nel modulo d’ordine del prodotto o del servizio che il consumatore intende acquistare la formula «ordine con obbligo di pagamento» o altra formula analoga che faccia comprendere chiaramente al medesimo consumatore che sta effettuando una transazione commerciale.
NOTA BENE |
Qualora tale procedura non venisse osservata dal professionista, il consumatore non sarà infatti vincolato al contratto o all’ordine. |
Il professionista sarà, inoltre, tenuto a pubblicare sul sito internet di vendita in modo chiaro e leggibile, al più tardi all’inizio del processo di ordinazione, se si applicano delle restrizioni relative alla consegna e del prodotto acquistato e quali sono i mezzi di pagamento accettati.
La legge prevede, poi, ulteriori obblighi informativi precontrattuali in capo al professionista nell’ipotesi in cui il contratto è concluso mediante un mezzo di comunicazione a distanza che consente uno spazio o un tempo limitato per visualizzare le informazioni. In tale ipotesi, il professionista dovrà fornire su tale mezzo almeno le seguenti informazioni di cui alle lettere a), b), e), h) e q) dell’art. 49, comma 1, del Codice del Consumo:
le caratteristiche principali dei beni o servizi, nella misura adeguata al supporto e ai beni o servizi;
l’identità del professionista;
il prezzo totale dei beni o dei servizi comprensivo delle imposte, ovvero le modalità di calcolo del prezzo (se la natura dei beni o servizi comporta l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo) e, se del caso, tutte le spese aggiuntive di spedizione, consegna o postali. Nel caso di un contratto a tempo indeterminato o di un contratto comprendente un abbonamento, il prezzo totale include i costi totali per periodo di fatturazione;
in caso di insussistenza di un diritto di recesso, le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto conformemente all’art. 54, comma 1, del Codice del Consumo, nonché il modulo tipo di recesso di cui all’allegato I, parte B, del Codice del Consumo;
la durata del contratto, se applicabile, o, se il contratto è a tempo indeterminato o è un contratto a rinnovo automatico, le condizioni per recedere dal contratto.
3. LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO TELEMATICO E GLI ALTRI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO: LA “FORMA” NEL CONTRATTO TELEMATICO.
3.1. La conclusione del contratto telematico.
Al contratto telematico si applicano le norme stabilite dal Codice Civile in materia di formazione dell’accordo contrattuale, nonché la “Convenzione di Vienna” ratificata dall’Italia con L. 765/1985 qualora si tratti di vendita internazionale.
La formazione del contratto avviene con l’incontro delle volontà (c.d. accordo delle parti):
una volontà che propone: proposta;
una volontà che accetta: accettazione.
Il contratto si intende stipulato nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. Il proponente può richiedere, inoltre, una forma determinata per l’accettazione (art. 1326 c.c.).
NOTA BENE |
L’accettazione deve essere conforme alla proposta, altrimenti deve intendersi come nuova proposta. |
La proposta deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto, diversamente varrebbe quale mero invito a proporre. La legge indica gli elementi essenziali per l’esistenza del contratto:
l’accordo delle parti;
la causa;
l’oggetto;
la forma (ove sia prescritta dalla legge, art. 1325 c.c.).
Nei contratti telematici, la proposta consiste essenzialmente in una descrizione sul sito internet del bene o del servizio offerto, del prezzo e delle relative modalità di pagamento. Essa può assumere la forma dell’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c. quando non è diretta a delle persone determinate, bensì indistintamente al pubblico, ossia ai visitatori del sito internet.
Per i contratti B2B tra imprese con sede sia in Italia che all’estero, in base all’art. 15 della Convezione di Vienna sulla vendita internazionale, il contratto si conclude nel momento in cui l'accettazione della proposta perviene al proponente. Inoltre, in base all’art. 24 di tale Convenzione, la proposta, l’accettazione e qualsiasi altra manifestazione di volontà si considerano pervenute al destinatario quando gli siano rivolte verbalmente o consegnate mediante qualsiasi altro mezzo presso la sua sede di affari, al suo indirizzo postale o, in mancanza, presso la sua dimora abituale.
Nella vendita internazionale, una proposta di contratto rivolta a una o più persone determinate vale quale offerta a condizione che sia sufficientemente precisa (ossia indichi le merci ed, espressamente o implicitamente, ne fissi, anche indirettamente, quantità e prezzo) e che indichi la volontà del proponente di essere vincolato in caso di accettazione. Qualora tale proposta sia rivolta a persone indeterminate è considerata solo un invito a offrire, a meno che il proponente non abbia chiaramente indicato di voler essere vincolato in caso di accettazione (art. 14 Convenzione di Vienna).
L'accettazione di una proposta che contenga aggiunte, limitazioni o altre modifiche rappresenta un rifiuto della proposta e vale come controproposta (art. 19 Convenzione di Vienna).
3.2. Le modalità di conclusione del contratto telematico.
La conclusione del contratto telematico può avvenire mediante tre modalità:
1) l’accettazione dell’utente (“point and click”) sul sito internet del proponente: che è la modalità più diffusa;
2) l’accettazione del merchant (venditore);
3) l’accettazione tramite scambio di e-mail.
- Per quanto riguarda la modalità sub. 1), il contratto telematico si conclude mediante la tecnica del c.d. “tasto negoziale virtuale” o “point and click”, cioè tramite il puntamento del mouse sul tasto di accettazione e la conseguente pressione sullo stesso mouse o, direttamente sulla tastiera del computer o, se si tratta di touch screen, di pressione sullo schermo del computer (o di altro strumento informatico).
IL CASO PRATICO |
La pressione del c.d. “tasto negoziale virtuale” è quella usata dalla nota piattaforma eBay nel proprio sito internet, in cui l’utente può accedere ai servizi di eBay registrandosi mediante la creazione di un account personale, previa attribuzione di un “ID utente” e “password” e “click” di accettazione del regolamento contrattuale. |
- Per quanto riguarda la modalità sub. 2), essa si verifica quando sul sito del venditore vi sono le indicazioni “senza impegno” o “salvo conferma”. Il contratto si considererà pertanto concluso quando il venditore, dopo un’eventuale trattativa con il potenziale acquirente, accetti la proposta ricevuta. Tale tecnica è solitamente impiegata per consentire alle aziende di gestire le domande ed ovviare alle problematiche di approvvigionamento dei magazzini.
- Per quanto riguarda la modalità sub. 3), esso si basa sullo scambio di corrispondenza e-mail tra le parti (non di posta certificata): il proponente invia un’e-mail contenente una proposta alla quale il destinatario risponde mediante l’invio con un’e-mail di accettazione. Il contratto si considera concluso nel momento in cui l’e-mail contenente l’accettazione della proposta contrattuale giunge presso il server del fornitore di posta elettronica del proponente mentre, il luogo di conclusione del contratto è quello della sede dell’azienda fornitrice o della residenza del proponente.
NOTA BENE |
Qualora si tratti di scambio di messaggi di posta elettronica certificata (pec), vi sarà altresì certezza dell’integrità del contenuto delle e-mails, della data e dell’ora di invio e ricezione delle stesse. |
Ai sensi dell’art. 13 del D. Lgs. 70/2003, una volta concluso il contratto, l’impresa deve, senza ingiustificato ritardo e per via telematica, inviare ricevuta dell'ordine del destinatario contenente le seguenti informazioni:
un riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto;
le informazioni relative alle caratteristiche essenziali del bene o del servizio;
l'indicazione dettagliata del prezzo e dei mezzi di pagamento;
l'indicazione dettagliata del recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili.
Tale norma, evidentemente pensata a tutela dell’acquirente, può essere derogata, mediante differente accordo tra le parti, solo nei contratti B2B. L'ordine e la ricevuta si considerano pervenuti quando le parti, alle quali sono indirizzati, hanno la possibilità di accedervi.
Il menzionato D. Lgs. 206/2005, modificativo del Codice del Consumo, ha inoltre stabilito, all’art. 51, 7 comma, del Codice del Consumo che, qualora vengano conclusi contratti a distanza, il professionista sarà tenuto a fornire al consumatore la conferma del contratto su un mezzo durevole, entro un termine ragionevole dopo la conclusione del contratto a distanza e, al più tardi al momento della consegna dei beni oppure prima che l’esecuzione del servizio abbia inizio, contenente gli obblighi informativi di cui all’art. 49, comma 1, del Codice del Consumo.
NOTA BENE |
La normativa stabilita dal novellato Codice del Consumo lascia, in ogni caso, impregiudicate le disposizioni relative alla conclusione dei contratti elettronici e all’inoltro degli ordini per via elettronica di cui agli art. 12-13 del D. Lgs. 70/2013. |
4. GLI ALTRI ELEMENTI ESSENZIALI DEL CONTRATTO.
4.1. La causa e l’oggetto.
Oltre all’accordo (inteso come incontro di volontà: proposta ed accettazione), ai sensi dell’art. 1325 c.c., gli altri elementi essenziali del contratto anche telematico sono la causa, l’oggetto e la forma.
La causa è la funzione economico-sociale del contratto, ossia la giustificazione concreta dell’operazione economica posta in essere dalle parti. In pratica, essa coincide con la struttura negoziale individuata dal Legislatore: nella compravendita consiste nello scambio tra bene e prezzo. Essa va tenuta ben distinta dai motivi che sottendono alla conclusione del contratto in quanto essi sono delle rappresentazioni soggettive. La causa è, invece, impersonale e oggettiva, tipica e costante.
La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume (art. 1343 c.c.): l’illiceità della causa produce la nullità del negozio (art. 1418 c.c.).
Se è stata eseguita una prestazione in esecuzione di un negozio avente causa illecita, chi l’ha eseguita ha diritto ad ottenere la restituzione di ciò che ha dato (art. 2033 c.c.: ripetizione dell’indebito). Tuttavia la ripetizione dell’indebito non è sempre ammessa: chi ha eseguito una prestazione per uno scopo che, anche da parte sua, costituisca un’offesa al buon costume, non può ripetere quanto ha corrisposto (art. 2035 c.c.).
Si considera altresì illecita la causa quando il contratto costituisce un mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa (art. 1344 c.c. contratto in frode alla legge).
Il contratto è inoltre illecito (e quindi nullo) quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe (art. 1345 c.c.).
L’oggetto o contenuto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile (art. 1346 c.c.).
Esso consiste nella prestazione/i dedotta/e in contratto, quest’ultima da intendersi in senso lato, sia come comportamento dovuto (nei contratti ad effetti obbligatori), sia come risultato giuridico programmato (nei contratti ad effetti reali).
L’oggetto del contratto è possibile quando non sussistano impedimenti, di carattere materiale o giuridico, che rendano la prestazione non realizzabile.
La mancanza dell’oggetto o di uno dei suoi requisiti individuati dall’art. 1346
c.c. comporta la nullità del contratto (art. 1418 c.c.).
L’impossibilità è causa di nullità del contratto solo se originaria, definitiva ed oggettiva. L’impossibilità successiva costituisce motivo di risoluzione del contratto per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta (a seconda che sia o meno imputabile al contraente debitore), ma non già di nullità del contratto.
Per la nozione di illiceità dell’oggetto si impiega quella individuata per la causa illecita: l’oggetto dunque è illecito quando la prestazione è contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
La nozione di determinabilità dell’oggetto è soggetta a varie interpretazioni. Secondo un’interpretazione letterale, la determinabilità equivale alla mera possibilità di determinazione successiva: l’oggetto è determinabile quando il contratto preveda i criteri, le modalità per determinarlo.
In base a questa impostazione, il contratto è valido anche se le parti si siano rimesse ad un loro successivo accordo per la determinazione successiva dell’oggetto inizialmente mancante. Secondo invece un’altra interpretazione, se la determinazione dell’oggetto non è certa ex ante, il contratto è nullo per indeterminabilità dell’oggetto.
IL CASO PRATICO |
Non si possono vendere beni che la legge non considera commerciabili quali gli organi umani; non si possono vendere beni (ad esempio creme o prodotti di bellezza miracolosi con effetti istantanei che spesso circolano su internet) la cui esistenza ed efficacia non sia documentata al momento della loro commercializzazione. |
Tra le diverse modalità di determinazione successiva dell’oggetto del contratto, il Codice Civile disciplina l’arbitraggio. A mezzo della clausola di arbitraggio inserita in un contratto, le parti deferiscono ad un terzo la determinazione della prestazione (art. 1349 c.c.).
NOTA BENE |
La nullità del contratto si distingue dall’annullabilità dello stesso. Il contratto è, ad esempio, annullabile nei casi di incapacità di una delle parti a contrattare; di consenso a contrarre prestato per errore, dolo o estorto con violenza; di errore sulla natura o sull’oggetto del contratto o sulle sue qualità ovvero sull’identità o qualità dell’altro contraente. Il diritto a richiedere l’annullamento del contratto spetta alla parte che sostiene di aver subito i raggiri o la minaccia. |
4.2. La “forma” nel contratto telematico.
La forma costituisce elemento essenziale del contratto nelle ipotesi in cui la
legge la prescriva a pena di nullità del contratto (art. 1325 c.c.).
Il nostro ordinamento giuridico di regola non impone rigidi formalismi per riconoscere effetti giuridici agli atti dei privati: principio della c.d. “libertà di forma”. Tuttavia, l’onere della forma, nei casi in cui la legge lo prevede, risponde essenzialmente alle esigenze di: responsabilizzare il consenso del dichiarante sull’atto che compie e dare certezza dell’atto che si compie.
In questi casi la legge richiede: un atto pubblico (per attuare la pubblicità) o una scrittura privata.
Per alcuni negozi, il requisito della forma ad substantiam rappresenta un onere per il dichiarante, in mancanza del quale il negozio è nullo. Ad esempio, la legge richiede la forma scritta per atto pubblico nella compravendita di immobili (art. 812 c.c.), nei contratti di società (art. 2247 x.x. x xx.) x xx xxxxxxxxxxxx (xxx. 0000 x.x. x xx.), nei contratti che costituiscono la comun unione (art. 1100 c.c.) ecc. In alcune ipotesi, le legge prevede il requisito della forma scritta solo ai fine della prova del negozio (forma ad probationem). Ad esempio, nel caso del contratto di transazione (art. 1967 c.c.).
Qual è la forma prevista per il documento informatico?
Il documento informatico può essere sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o con firma digitale.
La materia è regolata dal Codice dell’Amministrazione digitale D. Lgs. 82/2005 e sue successive modificazioni.
Essa offre le seguenti definizioni:
- per documento informatico si intende la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti;
- per firma elettronica si intende l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici,
utilizzati come metodo di identificazione informatica. Per firma elettronica avanzata è l’insieme di dati in forma elettronica allegati oppure connessi a un documento informatico che consentono l'identificazione del firmatario del documento e garantiscono la connessione univoca al firmatario, creati con mezzi sui quali il firmatario può conservare un controllo esclusivo, collegati ai dati ai quali detta firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i dati stessi siano stati successivamente modificati;
- la firma elettronica qualificata è un particolare tipo di firma elettronica avanzata che sia basata su un certificato qualificato e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma;
- la firma digitale è un particolare tipo di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato e su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici;
- il certificato qualificato è il certificato elettronico conforme ai requisiti di cui all'allegato I della direttiva 1999/93/CE, rilasciati da certificatori che rispondono ai requisiti di cui all'allegato II della medesima direttiva;
- per certificatori si intendono i soggetti che prestano servizi di certificazione delle firme elettroniche o che forniscono altri servizi connessi con queste ultime.
Ai sensi dell’art. 20 D. Lgs. 82/2005, i documenti informatici da chiunque formati, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui al medesimo decreto sono validi e rilevanti agli effetti di legge.
Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.
Ai sensi dell’art. 21 D. Lgs. 82/2005, il documento informatico sottoscritto con firma elettronica digitale o qualificata, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui al predetto decreto soddisfa il requisito della forma scritta ed ha l’efficacia della scrittura privata: esso pertanto fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta.
Ed infatti, l’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di tale dispositivo, salvo che questi dia prova contraria.
La firma digitale deve riferirsi in maniera univoca ad un solo soggetto ed al documento o all'insieme di documenti cui è apposta o associata (art. 24 D. Lgs. 82/2005).
L'apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale invece a mancata sottoscrizione. La data e l'ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformità alle regole tecniche sulla validazione temporale.
NOTA BENE |
I documenti informatici privi di firma digitale (ad esempio con un’immagine digitalizzata della propria firma) sono idonei a provare in giudizio i fatti in essi contenuti, salvo disconoscimento, e saranno tuttavia liberamente apprezzabili dal Giudice. |
5. LE CONDIZIONI GENERALI DI CONTRATTO E L’ACCETTAZIONE DELLE CLAUSOLE VESSATORIE.
5.1. Condizioni generali di contratto.
I contratti telematici possono contenere delle clausole predisposte concordemente ed oggetto di trattativa tra le parti ma, nella maggior parte dei casi, contengono nella prassi delle condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente dal venditore/gestore del sito internet.
In quest’ultima ipotesi, i contratti telematici rientrano nella fattispecie dei c.d. contratti per adesione (altrimenti detti “di massa”) caratterizzati per l’uniformità di disciplina e unilateralità nella predisposizione delle clausole da parte del proponente. Si tratta di contratti standardizzati che contengono clausole prestabilite di cui l’altro contraente non può discutere il contenuto.
Vantaggio: speditezza nella conclusione del contratto, si salta la fase delle trattative.
ESEMPI DI CONTRATTI PER ADESIONE |
Le polizze assicurative, i contratti bancari, i contratti di acquisto di automobili, i servizi essenziali quali: acqua, gas e elettricità, ecc. |
La legge pertanto, allo scopo di contemperare le suddette esigenze di speditezza e allo stesso tempo di tutela del contraente debole, stabilisce la seguente regola:
le condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente da uno dei contraenti e destinate a valere per tutti contratti conclusi con gli utenti sono efficaci nei confronti dell’altro contraente se, al momento della conclusione del contratto, erano da quest’ultimo conosciute
o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza (I comma, art. 1341 c.c.). Pertanto, l’altro contraente resta vincolato anche se non abbia conosciuto tali condizioni e non le abbia perciò volute: è infatti sufficiente che esse siano rese conoscibili.
Tale disposizione si applica a prescindere dalla qualifica delle parti siano essi professionisti o consumatori.
Nei contratti telematici, dunque, le condizioni generali dovranno essere
richiamate nel contratto e consultabili sul sito internet del venditore.
Ai fini della conoscibilità delle condizioni generali di contratto dei contratti B2B, è stato ritenuto sufficiente il risalto effettuato sul sito del venditore a tali condizioni e la loro consultabilità mediante il collegamento c.d. “link”. Tale modalità non è stata invece ritenuta sufficiente con riguardo ai contratti B2C dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza C49/11 del 5.7.2012).
5.2. L’accettazione delle clausole vessatorie.
Qualora dette condizioni generali di contratto contengano tuttavia - come accade nella maggior parte dei casi - delle clausole vessatorie, esse dovranno essere specificatamente approvate per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c., II comma. In base a tale norma si considerano vessatorie:
le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione;
le condizioni che sanciscono a carico dell’altro contraente, decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del
contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
La predetta approvazione specifica, separata ed ulteriore rispetto al contratto di dette clausole ha infatti la funzione di richiamare l’attenzione del contraente sul significato e sulla portata della singola clausola che si pone nei suoi riguardi in senso sfavorevole.
Nei contratti conclusi on line pertanto, siano essi B2B o B2C, qualora il contratto contenga una o più delle predette clausole vessatorie, esse dovranno essere specificatamente approvate. Ciò potrà avvenire con le seguenti modalità:
mediante l’invio della versione cartacea del contratto contenente la doppia firma;
mediante firma digitale o elettronica (modalità tuttavia non molto diffusa e poco pratica);
mediante un secondo “point and click”, oltre a quello di adesione al contratto (si segnala la presenza di un contrasto in giurisprudenza sulla legittimità o meno di questa modalità di approvazione).
Qualora il contratto sia concluso tra un professionista (persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che stipula il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale) ed un consumatore (ossia persona fisica che contrae per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta), si applica anche la disciplina del Codice del Consumo.
Esso indica, all’art. 33, un elenco di ulteriori clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria, in quanto, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Esse pertanto dovranno essere specificatamente approvate dal contraente.
La vessatorietà di una clausola dovrà essere valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto. Occorre inoltre fare riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto, nonché complessivamente alle altre clausole del contratto medesimo.
Si riportano qui di seguito, a titolo esemplificativo, alcune delle clausole che si considerano vessatorie ai sensi del predetto art. 33:
- imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di danaro a titolo di risarcimento del danno o di penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
- riconoscere al solo professionista e non al consumatore la facoltà di
recedere dal contratto;
- consentire al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da fornire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
- sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Il Codice, all’art. 36, individua inoltre una serie di clausole che, anche se specificatamente approvate dal consumatore sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto. E precisamente sono nulle, quantunque siano oggetto di trattativa, quelle che abbiano per oggetto o per effetto:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista;
b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.
E’ inoltre nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dalla predetta normativa, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea.
La sanzione prevista dal Legislatore è quindi una c.d. “nullità di protezione” che “opera soltanto a vantaggio del consumatore” e può essere rilevata anche d’ufficio dal Giudice.
IL CASO PRATICO |
La giurisprudenza ha ritenuto vessatorie le condizioni generali di contratto che riservano al provider la facoltà di provvedere ad una sospensione unilaterale dell’account di un c.d. negozio eBay (così ordinanza del 7.7.2010 del Tribunale di Messina). Secondo il Tribunale non appare infatti sufficiente, affinchè si possa procedere alla sospensione dell’account, la mera sussistenza dei c.d. feed-back negativi da parte degli acquirenti, dovendosi piuttosto considerare la quantità degli stessi rispetto al complesso delle segnalazioni, nonché il loro contenuto. Non si configurerebbe un inadempimento dell’utente, sotto il profilo della gravità della violazione e/o del numero di condotte denunciate non conformi alle regole contrattuali. |
Inoltre, in base al Codice del Consumo, art. 35, nel caso in cui tutte o talune clausole del contratto siano proposte al consumatore per iscritto, esse devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile. E, in caso di dubbio sul senso di una clausola, dovrà prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore.
L’art. 37 del Codice del Consumo disciplina l’azione inibitoria: le associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti, le Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura possono convenire in giudizio non solo il professionista che effettivamente utilizzi le clausole, ma anche i professionisti o le associazioni di professionisti che semplicemente ne raccomandino l’inserzione.
5.3. Esercizio del diritto di recesso.
Le condizioni generali di contratto spesso contengono la clausola sull’esercizio del diritto di recesso, la quale dovrà essere pertanto, se vessatoria, oggetto di specifica approvazione da parte del consumatore.
Il recesso può essere definito come l’atto mediante il quale una delle parti manifesta la volontà di sciogliere un precedente contratto, precludendo ovvero estinguendo i suoi effetti giuridici. Esso può essere previsto:
- dall’accordo delle parti (che liberamente ne stabiliscono il termine di preavviso e le modalità per il relativo esercizio); ovvero
- dalla disciplina legale di un tipo contrattuale.
Il recesso è un negozio giuridico unilaterale e recettizio ed i suoi effetti si producono soltanto quando esso sia portato a conoscenza del destinatario (art. 1334 c.c.), applicandosi la presunzione di conoscibilità (art. 1335 c.c.).
Ai sensi dell’art. 1373 c.c., il diritto di recesso può essere esercitato xxxxxx il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.
Mentre, nei contratti ad esecuzione continuata (es., il contratto di locazione) o periodica (es., il contratto di somministrazione di derrate), tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione. Quest’ultima è, in ogni caso, una norma derogabile per cui le parti possono convenire che il recesso abbia effetto anche per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
Il D. Lgs. 21/2014 ha apportato alcune modifiche al Codice del Consumo anche sotto questo profilo, introducendo dei termini più lunghi per l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore e, quindi, per quest’ultimo maggiormente favorevoli.
Ed infatti, ai sensi del novellato art. 52 del Codice del Consumo, per i contratti a distanza (ivi compresi, pertanto, i contratti telematici), il termine per l’esercizio del diritto di recesso, da parte del consumatore, è stato prolungato da 10 a 14 giorni, computati:
dal giorno successivo della conclusione del contratto telematico nel caso di contratti aventi ad oggetto servizi; ovvero
dall’acquisizione del possesso del bene qualora si tratti di prodotto. Qualora si tratti di beni multipli, dal giorno in cui il consumatore acquisisce l’ultimo bene.
In base all’art. 53 del Codice del Consumo, qualora il professionista abbia omesso di fornire, al consumatore, le informazioni circa l’esistenza di tale diritto o sulle modalità di esercizio dello stesso, il termine per l’esercizio del diritto è prolungato ad un anno (rispetto ai precedenti 60 giorni in base alla vecchia normativa, nel caso di contratti negoziati fuori dai locali commerciali e 90 giorni nell’ipotesi di contratti a distanza).
A seguito dell’esercitato recesso da parte del consumatore, si configureranno una serie di obblighi in capo ad entrambe le parti:
obblighi del professionista → rimborso entro 14 giorni di tutti i pagamenti ricevuti dal consumatore, eventualmente comprensivi delle spese di consegna. Laddove il rimborso dovrà essere eseguito dal professionista con lo stesso mezzo di pagamento usato dal consumatore per la transazione iniziale, salvo diversa richiesta di quest’ultimo (art. 56 del Codice del Consumo);
obblighi del consumatore → restituzione senza indebito ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dei beni al professionista o a un terzo, a meno che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni. Il consumatore può eventualmente essere responsabile della diminuzione del valore dei beni (art. 57 del Codice del Consumo).
NOTA BENE |
Il D. Lgs. 21/2014 ha altresì fornito, all’Allegato I, delle “Istruzioni tipo per il recesso”, ossia dei format che il professionista potrà impiegare - e che si consiglia di utilizzare - per adempiere agli obblighi informativi cui è tenuto in base a questa normativa. Tale allegato contiene anche il modulo tipo di recesso che il consumatore recedente potrà utilizzare per comunicare il recesso scritto al professionista. |
6. LE PRATICHE COMMERCIALI SLEALI.
6.1. Pratiche commerciali scorrette.
Il Codice del Consumo, in recepimento della Direttiva 2005/29/CE detta, al Titolo III, detta una disciplina in favore del consumatore e delle microimprese, sancendo il divieto di pratiche commerciali scorrette, ingannevoli e aggressive.
Tale disciplina si applica infatti anche alle microimprese ossia alle entità, società o associazioni che, a prescindere dalla forma giuridica, esercitano un'attività economica, anche a titolo individuale o familiare, occupando meno di dieci persone e realizzando un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro.
Ai sensi dell’art. 18 del Codice del Consumo, per pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori, si intende qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori, volta a falsare in misura rilevante il comportamento economico de consumatori.
In pratica, l'impiego di dette pratiche sarebbe idoneo ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso: relativa, ad esempio, all’acquisto o meno di un prodotto, in che modo farlo e a quali condizioni, se pagare integralmente o parzialmente, se esercitare un diritto contrattuale in relazione al prodotto.
NOTA BENE |
Secondo la giurisprudenza, possono costituire pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori anche quelle poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto. La legge quindi espressamente prevede che anche comportamenti successivi alla vendita del prodotto possono costituire pratiche commerciali scorrette, imponendo al professionista l'obbligo di correttezza anche durante l’esecuzione del contratto (si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato con sentenza n. 5368 del 26.9.2011). |
Ai sensi dell’art. 20 del Codice del Consumo, sono scorrette e, quindi vietate, le pratiche commerciali:
contrarie alla diligenza professionale, intesa come il normale grado della specifica competenza ed attenzione che ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti rispetto ai principi generali di correttezza e di buona fede nel settore di attività del professionista;
idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori;
che, pur raggiungendo gruppi più ampi di consumatori, sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista poteva ragionevolmente prevedere, sono valutate nell'ottica del membro medio di tale gruppo.
NOTA BENE |
Non sono tuttavia soggette a tale divieto le pratiche pubblicitarie che consistono in dichiarazioni esagerate o che non sono destinate ad essere prese alla lettera dai consumatori. |
6.2. Pratiche commerciali ingannevoli e aggressive.
In particolare, sono scorrette sia le pratiche commerciali ingannevoli sia quelle aggressive.
La legge distingue tra:
a) azioni ingannevoli (art. 21 del Codice del Consumo): si considerano ingannevoli quelle che contengono informazioni non rispondenti al vero, quali a titolo esemplificativo, sull’esistenza o natura del prodotto e sul suo prezzo di acquisto in modo da indurre il consumatore o la microimpresa in errore, ingenerando confusione con i prodotti, i marchi, i segni distintivi di un concorrente;
b) omissioni ingannevoli (art. 22 del Codice del Consumo): si configurano quando il professionista ometta delle informazioni rilevanti di cui il consumatore ha bisogno al fine di compiere una scelta consapevole oppure quando il professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile o ambiguo le suddette informazioni.
L’art. 23 del Codice del Consumo fornisce un elenco di pratiche che sono
considerate sempre ingannevoli, quali ad esempio:
- esibire un marchio di fiducia senza avere ottenuto la necessaria autorizzazione;
- dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che il professionista è in procinto di
cessare l’attività o traslocare: in modo da ottenere una decisione immediata e privare il consumatore della possibilità di avere del tempo a disposizione;
- promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere che il prodotto sia fabbricato dallo stesso produttore;
- affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza poi attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole.
NOTA BENE |
E’ altresì considerata sempre ingannevole dalla legge e quindi vietata (art. 57 del Codice del Consumo) la fornitura non richiesta. In relazione alla quale, peraltro, il consumatore non sarà tenuto ad alcun pagamento e laddove l’assenza di risposta da parte del consumatore non implica un suo consenso. |
Le pratiche commerciali si considerano invece aggressive quando nel caso concreto, mediante molestie, coercizione (anche fisica) o indebito condizionamento, limitano o sono idonee a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto, inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso (art. 24 del Codice del Consumo).
Anche in questo caso la legge fa un elenco delle pratiche commerciali che sono considerate sempre aggressive (art. 26 del Codice del Consumo) quali ad esempio quelle volte a:
- effettuare numerose ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali al consumatore per telefono, fax, e-mail;
- esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto;
- salvo quanto previsto dal D. Lgs. 1777/2005, includere nel messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini affinché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati.
6.3. Tutela amministrativa e giurisdizionale.
Il soggetto o l’organizzazione che ha interesse e che ritiene di aver subito una pratica commerciale scorretta può fare istanza all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato perché ne inibisca la continuazione e ne elimini gli effetti. L’Autorità potrà procedere anche d’ufficio, qualora ne ravvisi i presupposti.
Ai sensi dell’art. 27 del Codice del Consumo, detta Autorità si avvale infatti di poteri investigativi ed esecutivi anche per operazioni transfrontaliere nonché, se necessario, della collaborazione della Guardia di Finanza per l’accertamento dell’IVA e dell’imposta sui redditi.
Essa ha altresì poteri di richiedere informazioni al professionista responsabile.
L’Autorità può inoltre disporre con provvedimento motivato, la sospensione delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussista particolare urgenza.
In caso di inottemperanza senza giustificato motivo, la legge prevede l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da 2.000,00 euro a 20.000,00 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non
siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000,00 euro a 40.000,00 euro.
L’Autorità, se ritiene la pratica commerciale scorretta, vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata. Con il medesimo provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un'apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti.
Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l'Autorità dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 5.000.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi dell’art. 21 commi 3 e 4 del Codice del Consumo, la sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro.
In caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai commi 3, 8 e 10 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi del comma 7, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 5.000.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività d'impresa per un periodo non superiore a trenta giorni.
NOTA BENE |
Xxxx disposizioni non pregiudicano, in ogni caso, la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 del codice civile, nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore: ai quali i consumatori potranno comunque rivolgersi per la tutela dei loro diritti. |
Sezione II
E-Commerce:
oltre le insidie del regime fiscale
7. L’E-COMMERCE E LA FISCALITÀ DIRETTA: I PROFILI DI CRITICITÀ.
L’applicazione delle nuove tecnologie al commercio consente di effettuare operazioni di scambio di beni e servizi con soggetti, residenti anche in Stati diversi, prescindendo dagli elementi materiali delle operazioni, quali il bene oggetto della transazione e il luogo ove viene svolta l’attività.
Vengono così ad essere sovvertiti proprio i presupposti presi in considerazione dai tradizionali principi di diritto tributario sui quali si basano gli ordinamenti fiscali nazionali.
Proprio per questo, la possibile “dematerializzazione” dei beni scambiati, la “delocalizzazione” delle operazioni oggetto dell’e-commerce, l’uso di sistemi di pagamento elettronici, la riduzione del numero degli intermediari coinvolti costituiscono, senza dubbio, le peculiarità più rilevanti, dal punto di vista fiscale, del commercio elettronico.
I soggetti che si avvalgono del commercio elettronico hanno, altresì, la possibilità di operare mediante strumenti informatici (quali, un sito web, un provider) localizzati in un paese diverso (magari in un paradiso fiscale) da quello di residenza o da quello in cui si svolge effettivamente l’attività imprenditoriale.
L’uso delle nuove tecnologie consente, così, di superare le barriere costituite dai confini nazionali, rendendo difficoltosa l’attività di controllo da parte delle autorità fiscali competenti.
A tale risultato può condurre anche l’utilizzo di sistemi di pagamento elettronici, che in taluni casi garantiscono l’anonimato delle parti contraenti.
Anche la riduzione, nell’e-commerce, del numero degli intermediari commerciali e finanziari attraverso i quali si svolge l’attività imprenditoriale e, dunque, dei possibili soggetti qualificabili come sostituti d’imposta, è idonea di per sé ad incidere sul corretto adempimento degli obblighi tributari da parte dei soggetti coinvolti.
7.1. La “dematerializzazione” dei beni scambiati.
Le difficoltà emergenti nella tassazione dei beni immateriali sono individuabili principalmente con riguardo:
all’esatta determinazione del valore aggiunto ottenuto dagli utilizzatori di tali beni;
all’adempimento degli obblighi d’imposta.
Tali criticità hanno generato un vivace dibattito in merito alle soluzioni da adottare per assicurare l’imposizione di tali operazioni. Da una parte, i sostenitori del c.d. “status quo approach” ritengono possibile adattare alle caratteristiche della new economy i tradizionali principi di diritto tributario; dall’altra, i sostenitori del c.d “revolutionary approach” segnalano la necessità di ricorrere a forme speciali di imposizione applicabili unicamente alle operazioni riconducibili al commercio elettronico.
Le prime soluzioni proposte: la bit tax. |
Si trattava di un’imposta legata al traffico digitale interattivo, che prescindeva dal contenuto delle informazioni telematiche e si basava, invece, sull’intensità della trasmissione, prendendo come unica unità di misura il bit al quale applicare un’aliquota fissa. Con l’introduzione di tale tributo ci si proponeva di sostituire l’imposizione indiretta sui beni e servizi immateriali, basata sulla nozione di valore aggiunto, con un diverso sistema fondato sul concetto di trasmissione delle informazioni on-line. |
Le critiche avanzate. |
Le principali censure alla sua introduzione si fondano sulla possibile discriminazione dell’e-commerce rispetto al commercio tradizionale, in quanto operazioni giuridicamente identiche verrebbero sottoposte ad un diverso trattamento tributario, in potenziale violazione del principio di neutralità concorrenziale. |
Altro aspetto problematico è rappresentato dalla possibile ed ingiustificata duplicazione d’imposta, in ragione del fatto che la bit tax si aggiungerebbe alle forme di imposizione indiretta già gravanti sui costi di connessione alla rete. |
Ulteriore fattore di criticità è la mancanza di correlazione tra l’intensità del traffico digitale e l’effettivo valore economico della trasmissione informatica, non costituendo i bites una valida unità di misura del valore. |
7.2. La “delocalizzazione” delle operazioni.
La localizzazione degli strumenti informatici utilizzati per il commercio elettronico (sito web, server, provider) in un paese diverso (anche un paradiso fiscale) da quello di residenza o di effettivo svolgimento dell’attività imprenditoriale conduce a:
una difficoltosa attività di controllo da parte delle autorità fiscali;
l’impossibile applicazione del concetto di fonte per collegare la produzione del reddito ad un dato territorio;
il rischio di conflitti tra le amministrazioni finanziarie nazionali;
l’insorgenza di forme di doppia imposizione sui redditi
derivanti da operazioni transnazionali.
Le prime soluzioni proposte |
L’Unione Europea, da sempre all’avanguardia nel processo di elaborazione del regime fiscale del commercio elettronico, ha profilato la volontà di far coincidere il luogo di tassazione con quello in cui avviene il consumo del bene o del servizio ceduto, indipendentemente dal luogo di origine. |
L’intervento comunitario |
Fondamentale in tal senso è stata l’azione della Commissione Europea che nella comunicazione COM (98) 374 del giugno del 1998, ha previsto questo principio tra le linee guida elaborate per l’applicazione della disciplina delle imposte indirette al commercio elettronico, successivamente recepite dal Comitato fiscale dell’OCSE nel rapporto presentato alla conferenza di Ottawa. |
7.3. La configurabilità della stabile organizzazione.
Nell’ambito delle imposte dirette, le principali questioni riguardano l’interpretazione della nozione di stabile organizzazione e la sua configurabilità in presenza di attività economiche esercitate on-line.
In relazione alle operazioni di e-commerce, ci si domanda:
● La presenza in uno Stato di un sito web, di un server, o di un provider di impresa non residente può essere considerata una condizione sufficiente per l’esistenza di una stabile organizzazione dell’impresa stessa?
● E se si, a quali condizioni?
A tali problematiche ha cercato di dare soluzione l’OCSE, attraverso l’approvazione dei dieci paragrafi da aggiungere all’art. 5 del Commentario del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, dedicati alla nozione di stabile organizzazione nel caso specifico dell’e-commerce.
Occorre preliminarmente inquadrare l’istituto della “stabile organizzazione”.
La stabile organizzazione | |
L’Art. 162, comma 1, del TUIR 917/86 | “L’espressione stabile organizzazione designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la tua attività sul territorio dello Stato”. |
I requisiti | Resistenza nello Stato - diverso da quello di residenza – di un centro di imputazione di situazioni giuridiche, ovvero di una istallazione d’affari; |
stabilità (spaziale e temporale); | |
connessione della stessa all’esercizio normale dell’impresa; | |
idoneità a produrre un reddito. |
La stabile organizzazione opera come criterio di qualificazione e di localizzazione dei redditi prodotti da soggetti che agiscono nel territorio di più Stati, al fine di delimitare la potestà impositiva dei singoli Paesi.
La presenza di una “stabile organizzazione” permette di:
• determinare la tassazione dei servizi resi e della quota di reddito prodotto in tale territorio;
• identificare il soggetto obbligato al pagamento ed all’adempimento degli obblighi strumentali all’attuazione dell’imposta;
• eliminare i fenomeni di doppia imposizione di una medesima ricchezza;
• prevenire i “conflitti” che possono insorgere tra le norme tributarie dei diversi Paesi.
Casistica e soluzioni operative.
Ai fini della tassazione delle attività di commercio elettronico, occorre stabilire se, e a quali condizioni, la presenza in uno Stato diverso da quello di residenza di un sito web, di un server o di un provider dell’impresa, possa essere considerata una condizione sufficiente per l’esistenza in tale Paese di una stabile organizzazione.
IPOTESI N.1 | |
Il Sito Web. | è un bene immateriale (insieme di files memorizzati sul disco fisso di un server); |
non presuppone l’utilizzo di macchinari; | |
non risulta suscettibile di localizzazione; | |
permette attività meramente secondarie (es. fornitura di informazioni ai clienti); | |
non è mai idoneo a costituire una stabile organizzazione dell’impresa nei Paesi, diversi da quello di residenza della stessa, in cui il sito viene visualizzato. |
IPOTESI N.2 | |
Il Server | è un bene materiale (un computer che fornisce un servizio ad altri computer in rete); |
se è nella esclusiva o prevalente disponibilità dell’impresa non residente (non nel caso di contratto di web hosting); |
se è posizionato in un determinato luogo e per un periodo di tempo sufficientemente lungo; | |
se permette di eseguire una o più fasi essenziali del ciclo commerciale; | |
è idoneo a configurare una stabile organizzazione nel territorio di uno Stato nel quale l’impresa che se ne avvale non è residente. |
IPOTESI N.3 | |
L’ISP (Internet service provider) | è la struttura commerciale o l’organizzazione che fornisce alle imprese (content provider) i servizi inerenti Internet (es., accesso ad internet, posta elettronica, memorizzazione in rete del proprio sito web); |
tale attività è svolta tramite un server che può essere di proprietà dello stesso fornitore oppure dell’impresa; | |
le attrezzature non sono nella disponibilità del fornitore, il quale è totalmente indipendente rispetto alle imprese ospitate sul server ed è privo del potere di concludere contratti a nome delle stesse; | |
non è mai idoneo a configurare una stabile organizzazione personale delle imprese ospitate sul server. |
8. L’IVA NEL COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO.
Nel settore della fiscalità indiretta, le principali questioni poste dalle operazioni telematiche hanno avuto ad oggetto le modalità di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al commercio elettronico diretto, ove tutte le fasi della transazione (ordine, pagamento e consegna) sono effettuate interamente in modalità telematica.
Nel sistema dell’IVA, infatti, il commercio elettronico c.d. indiretto non ha dato luogo a particolari problemi applicativi: tali transazioni concludendosi sempre con la consegna fisica del bene acquistato online, vengono assimilate alle comuni vendite a distanza di beni materiali.
Diversamente, il commercio elettronico c.d. diretto, avendo ad oggetto beni “virtuali”, trasferiti direttamente attraverso le reti informatiche, mette in discussione i principi fondamentali dell’imposta sul valore aggiunto.
8.1. La qualificazione oggettiva delle operazioni telematiche.
Con riguardo al presupposto oggettivo dell’IVA, particolarmente problematico è risultato l’inquadramento delle operazioni di e-commerce diretto tra le cessioni di beni o le prestazioni di servizi.
Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, il quesito da porsi è:
Le operazioni on line sono cessioni di beni o prestazioni di servizi?
Ai fini IVA, tali operazioni, siano esse prestazioni di servizi in senso stretto, ovvero fornitura di beni virtuali, rappresentano sempre prestazioni di servizi.
L’art. 7 del Regolamento UE n. 282/2011 ha fornito una dettagliata definizione dei "servizi prestati tramite mezzi elettronici" (c.d. e-commerce). Si tratta di quelli forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata (quindi con un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione).
I commi 2 e 3 dell’art. 7, forniscono un’elencazione, seppur non esaustiva, dei servizi che senz’altro rientrano nella definizione di “servizi prestati tramite mezzi elettronici” e di quelli che invece ne sono esclusi.
OPERAZIONI INCLUSE NEL COMMERCIO ELETTRONICO DIRETTO |
a) Fornitura di prodotti digitali in genere, compresi software, loro modifiche e aggiornamenti; |
b) servizi che veicolano o supportano la presenza di un’azienda o di un privato su una rete elettronica, quali un sito o una pagina web; |
c) servizi automaticamente generati da un computer attraverso Internet o una rete elettronica, in risposta a dati specifici immessi dal cliente; |
d) la concessione, a titolo oneroso, del diritto di mettere in vendita un bene o un servizio su un sito Internet che operi come mercato online, in cui i potenziali acquirenti fanno offerte attraverso un procedimento automatizzato e in cui le parti sono avvertite di una vendita attraverso posta elettronica generata automaticamente da un computer; |
e) offerte forfettarie di servizi Internet (Internet Service Packages, c.d. “ISP”) nelle quali la componente delle telecomunicazioni costituisce un elemento accessorio e subordinato (vale a dire, il forfait va oltre il semplice accesso a Internet e comprende altri elementi, quali pagine con contenuti che danno accesso alle notizie di attualità, alle informazioni meteorologiche o turistiche, spazi di gioco, hosting di siti, accessi a dibattiti online, ecc.); |
f) servizi elencati nell’allegato I. |
SERVIZI ELENCATI NELL’ALLEGATO I |
Punto 1 dell’allegato II, Direttiva n. 2006/112/CE. a) Hosting di siti web e di pagine web; b) manutenzione automatica di programmi, remota e online; c) amministrazione remota di sistemi; d) conservazione (warehousing) dei dati online, quando dati specifici sono conservati e recuperati elettronicamente; e) fornitura online di spazio sul disco in funzione delle richieste. |
Punto 2 dell’allegato II, Direttiva n. 2006/112/CE. a) Accesso o scaricamento di software, tra cui programmi di aggiudicazione/contabilità, software antivirus e loro aggiornamenti; b) banner blocker, ossia software per bloccare la comparsa di banner pubblicitari; c) driver di scaricamento, come il software di interfaccia tra computer e periferiche quali le stampanti; d) installazione automatica online di filtri per i siti web; e) installazione automatica online di sbarramenti (firewalls). |
Punto 3 dell’allegato II, Direttiva n. 2006/112/CE. a) Accesso o scaricamento di temi dell’interfaccia grafica; b) accesso o scaricamento di fotografie e immagini o salvaschermi; c) contenuto digitalizzato di libri e altre pubblicazioni elettroniche; d) abbonamento a giornali o riviste online; e) siti personali (weblog) e statistiche relative ai siti web; f) notizie, informazioni sul traffico e previsioni meteorologiche online; g) informazioni online generate automaticamente da software sulla base di immissioni di dati specifici da parte del cliente, come dati di tipo giuridico o finanziario, compresi dati sui mercati azionari ad aggiornamento continuo; h) fornitura di spazio pubblicitario, compresi banner pubblicitari su una pagina o un sito web; i) utilizzo di motori di ricerca e di elenchi su Internet. |
Punto 4 dell’allegato II, Xxxxxxxxx n. 2006/112/CE. a) Accesso o scaricamento di musica su computer e su telefoni cellulari; b) accesso o scaricamento di sigle o brani musicali, suonerie o altri suoni; |
c) accesso o scaricamento di film; d) scaricamento di giochi su computer e su telefoni cellulari; e) accesso a giochi online automatici dipendenti da Internet o reti elettroniche analoghe, nei quali i giocatori sono geograficamente lontani gli uni dagli altri. |
Punto 5 dell’allegato II, Xxxxxxxxx n. 2006/112/CE. a) Tutte le forme di insegnamento a distanza automatizzato che funzionano attraverso Internet o reti elettroniche analoghe e la cui fornitura richiede un intervento umano limitato o nullo, incluse le classi virtuali, ad eccezione dei casi in cui Internet o una rete elettronica analoga vengono utilizzati semplicemente come uno strumento di comunicazione tra il docente e lo studente; b) libri di esercizi completati dagli studenti online e corretti e valutati automaticamente, senza intervento umano. |
SERVIZI ESCLUSI DAL E-COMMERCE DIRETTO |
Servizi di radiodiffusione e di televisione; servizi di telecomunicazione; beni per i quali l’ordine o la sua elaborazione avvengano elettronicamente; CD-ROM, dischetti e supporti fisici analoghi; materiale stampato, come libri, bollettini, giornali o riviste; CD e audiocassette; videocassette e DVD; giochi su CD-ROM; servizi di professionisti, quali avvocati e consulenti finanziari, che forniscono consulenze ai clienti mediante la posta elettronica; servizi di insegnamento, per i quali il contenuto del corso è fornito da un insegnante attraverso Internet o una rete elettronica, vale a dire mediante un collegamento remoto; servizi di riparazione materiale offline delle apparecchiature informatiche; servizi di conservazione dei dati offline; servizi pubblicitari, ad esempio su giornali, manifesti e in televisione; servizi di helpdesk telefonico; servizi di insegnamento che comprendono esclusivamente corsi per corrispondenza, come quelli inviati per posta; |
servizi tradizionali di vendita all’asta che dipendono dal diretto intervento dell’uomo, indipendentemente dalle modalità di offerta; servizi di videofonia (*); accesso a Internet e al World Wide Web(*); servizi telefonici forniti attraverso Internet (*); prenotazione in linea di biglietti d’ingresso a manifestazioni culturali, artistiche sportive e scientifiche, educative, ricreative o a manifestazioni affini (**); prenotazione in linea di soggiorni alberghieri, autonoleggio, servizi di ristorazione, trasporto passeggeri o servizi affini (**). |
(*) ipotesi soppresse dal Regolamento n. 1042/2013, con effetto dall’1 gennaio 2015; (**) ipotesi introdotte dal Regolamento n. 1042/2013, con effetto dall’1 gennaio 2015. |
8.2. La territorialità IVA dei servizi elettronici.
Con riguardo al presupposto territoriale dell’IVA, si è posta la questione dell’identificazione del luogo di imposizione delle operazioni di commercio elettronico.
Prima dell’entrata in vigore della Direttiva n. 2002/38/CE, ai servizi elettronici si applicava il criterio generale di territorialità collegato al domicilio o alla residenza del prestatore.
Tale criterio, tuttavia, non garantiva la neutralità fiscale dell’IVA: le operazioni rese da soggetti domiciliati o residenti all’estero, privi di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, sfuggivano all’imposizione, mentre i servizi prestati mediante mezzi elettronici da operatori ivi domiciliati o residenti erano sempre e comunque assoggettati all’imposta, anche se effettuati nei confronti di consumatori extracomunitari.
Criterio di territorialità collegato al luogo del destinatario finale del servizio.
In deroga a tale criterio generale, la Direttiva n. 2002/38/CE, ha introdotto il diverso criterio di territorialità collegato al luogo del destinatario finale del servizio, ossia il Paese in cui questi abbia fissato la sede della propria attività economica, un centro stabile di attività o, in mancanza, il domicilio o la residenza.
Questo principio ha trovato attuazione anche nel nostro ordinamento con il D. Lgs. 273/2003 che ha apportato alcune modifiche all’art. 7, comma 4, del
D.P.R. 633/72.
L’EVOLUZIONE NORMATIVA IN PILLOLE | |
VI Direttiva 77/388/CEE | Introduce il principio generale della tassazione dei servizi nel Paese di residenza del prestatore; |
Documento COM (1998) n. 374 | Tutte le transazioni realizzate con mezzi elettronici devono considerarsi ai fini IVA, come prestazioni di servizio e, dunque, il luogo della tassazione delle prestazioni deve coincidere con quello in cui avviene il consumo del bene o servizio ceduto, senza considerazione del luogo di origine; |
Direttiva 2002/38/CE (attuata nel nostro ordinamento con il D. Lgs. n. 273 del 1° Agosto 2003) | Le operazioni costituenti commercio elettronico diretto ai fini IVA rappresentano prestazioni di servizi; |
devono realizzarsi completamente per via telematica; | |
sono sia business to business (B2B) che business to consumer (B2C); | |
devono essere a titolo oneroso; | |
il luogo dell’imposizione è sempre ed in ogni caso quello in cui il bene o il servizio viene effettivamente fruito (es. il |
luogo in cui il cliente ha fissato la sede dei suoi affari o vi ha costruito un centro di attività stabile ovvero, nel caso di privato, il luogo del suo domicilio o della residenza abituale). | |
Regolamento UE n. 282/2011, art. 7, comma 1 | Sono servizi prestati tramite mezzi elettronici quelli forniti attraverso Internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell'informazione. |
Criterio di territorialità collegato al domicilio o alla residenza del prestatore.
Il criterio generale di territorialità collegato al domicilio o alla residenza del prestatore continua, invece, ad applicarsi per i servizi elettronici “intracomunitari”, che siano resi da un soggetto passivo nei confronti di committenti, non soggetti passivi, residenti in un diverso Stato membro.
Tale trattamento fiscale porge però il fianco ad alcuni profili di criticità, uno dei quali è rappresentato dalla cd. “distorsione alla concorrenza delle imprese”.
I soggetti che prestano servizi tramite mezzi elettronici possono infatti facilmente spostare la sede della propria attività nello Stato membro in cui l’aliquota IVA risulta più conveniente.
Nel caso di commercio elettronico “diretto” tale spostamento risulta agevolato sia dalla dematerializzazione dei beni scambiati sia dall’utilizzo di tecnologie idonee di per sé a costituire una stabile organizzazione dell’impresa.
Infatti, è sufficiente che un soggetto installi un server nello Stato membro in cui è vigente l’aliquota IVA più bassa, per costituire in tale territorio una stabile
organizzazione e applicare ai servizi resi ai consumatori degli altri stati membri l’aliquota più vantaggiosa del primo Paese.
8.3. Casi pratici e soluzioni operative.
Le prestazioni di servizio B2B (business to business):
Territorialità IVA: rientrano nell’ambito dell’applicazione dell’art. 7-ter, c.1, lett. a) del decreto istitutivo dell’IVA: sono quindi tassate nel luogo di stabilimento del committente a prescindere dalla residenza del prestatore e dal luogo in cui la prestazione viene eseguita.
Ipotesi n. 1)
Se una società italiana fornisce ad un’altra impresa italiana un pacchetto software, scaricato da Internet, quale sarà l’obbligo fiscale dell’azienda fornitrice?
Trattamento e obblighi fiscali: le prestazioni tra soggetti passivi nazionali sono sempre soggette a imposta. Pertanto, il prestatore dovrà emettere fattura assoggettata a IVA.
Ipotesi n.2)
Se è invece una società francese a fornire ad un’impresa italiana un pacchetto software, scaricato da Internet, quali saranno gli obblighi a carico dell’operatore italiano?
Trattamento e obblighi fiscali: in questo caso l’operazione è assoggettata ad imposta con autofattura ex art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972. Pertanto, l’impresa italiana dovrà prima integrare la fattura ricevuta dal prestatore con l’indicazione dell’imponibile e dell’aliquota IVA e annotarla nel registro IVA vendite e nel registro IVA acquisti.
Successivamente dovrà anche presentare il relativo mod. INTRASTAT (mod. INTRA 2-quater).
Ipotesi n.3)
Se una società italiana viene incaricata di realizzare un sito web rispettivamente per conto di un’impresa tedesca e di una impresa svizzera, quali saranno gli adempimenti fiscali che l’operatore italiano dovrà ottemperare?
Trattamento e obblighi fiscali: in entrambi i casi si tratta di un’operazione fuori campo IVA. L’operatore nazionale quindi emetterà fattura ai sensi dell’art. 7-ter, D.P.R. 633/1972. Inoltre nei confronti dell’impresa tedesca, in quanto soggetto UE, l’operatore italiano dovrà presentare anche il modello INTRASTAT (mod. INTRA 1-quater). Viceversa, nei confronti della società svizzera, in quanto soggetto passivo extra UE) non sarà necessaria la presentazione del mod. INTRASTAT.
Le prestazioni di servizi B2C (business to consumer).
Territorialità IVA: Esse rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 7-ter, c.1, lett. a) del decreto istitutivo dell’IVA. Infatti, le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello stato quando sono rese da soggetti passivi stabiliti nel territorio a committenti non soggetti passivi.
Ipotesi n. 1)
Se una società italiana vende una banca dati, scaricata da Internet, ad un privato cittadino UE, quali saranno gli obblighi fiscali da adempiere?
Trattamento e obblighi fiscali: in questo caso è
applicabile la regola generale ex art. 7-ter, c. 1, lett. b), D.P.R. 633/1972, in base alla quale rileva il luogo di stabilimento del prestatore e, quindi, la prestazione va assoggettata a IVA in Italia. Concretamente, l’operatore nazionale emetterà fattura assoggettata a IVA e non sarà tenuto alla presentazione del mod. INTRASTAT.
Ipotesi n. 2)
Se, invece, una società italiana vende una banca dati, scaricata da Internet, ad un privato cittadino extra UE, come dovrà comportarsi l’operatore italiano?
Trattamento e obblighi fiscali: L’operazione in oggetto è considerata fuori campo IVA ex art. 7-septies, c. 1, lett. i), D.P.R. 633/1972. Pertanto, l’operatore nazionale emetterà fattura fuori campo IVA e, peraltro, non sarà obbligato alla presentazione del mod. INTRASTAT.
9. IL REGIME SPECIALE DEI SERVIZI RESI DA OPERATORI EXTRA-UE.
L’art. 74-quinquies del D.P.R. 633/72 prevede la semplificazione degli adempimenti degli obblighi fiscali “…agli operatori che forniscono servizi tramite mezzi elettronici, che non sono stabiliti nella Comunità e non devono esservi altrimenti identificati ai fini fiscali…”.
Tale regime, di tipo opzionale, è subordinato alla sussistenza di alcuni requisiti:
Requisiti per applicazione del regime speciale ex art. 74-quinquies D.P.R.633/72 | |
Requisito oggettivo | l’operazione deve rientrare tra i “servizi resi tramite mezzi elettronici”. |
Requisito soggettivo | tali operazioni devono essere poste in via esclusiva da “un soggetto passivo non stabilito”, ossia “soggetto … che non ha fissato la sede della propria attività economica né ha costituito un centro di attività stabile nel territorio della Comunità né è tenuto altrimenti a identificarci ai fini fiscali ai sensi dell’art. 22”. |
9.1 La disciplina e gli obblighi fiscali.
Il prestatore extracomunitario ammesso al regime deve:
a. scegliere uno “Stato membro di identificazione” all’interno dell’Unione Europea;
b. presentare, per via telematica, apposita dichiarazione di identificazione;
c. ricevere il numero di identificazione attribuito dall’Amministrazione finanziaria;
d. notificare allo stato prescelto la data di inizio della propria attività;
e. assoggettare ogni tassazione posta in essere nell’Unione all’aliquota vigente nello Stato membro di residenza del consumatore;
f. versare l’imposta nello “Stato membro di identificazione” del prestatore, che poi provvede a restituire quanto ricevuto al Paese di residenza del committente secondo un meccanismo di “compensazione”.
CONTENUTI DELLA DICHIARAZIONE |
Per le persone fisiche: il cognome, il nome e l’eventuale ditta, il luogo e la data di nascita, il domicilio fiscale nello Stato estero in cui l’attività è esercitata; |
per i soggetti diversi dalle persone fisiche: la denominazione, la ragione sociale o ditta, la sede legale o, in mancanza, amministrativa, nello Stato estero in cui l’attività è esercitata; |
l’ufficio dell’Amministrazione dello Stato estero competente ad effettuare i controlli sull’attività del dichiarante, nonché il numero di identificazione all’imposta sul valore aggiunto ovvero, in mancanza, il codice identificativo fiscale attribuito dal medesimo Paese; |
il tipo e l’oggetto dell’attività esercitata nello Stato estero di stabilimento; |
l’impegno ad esibire le scritture contabili entro i termini stabiliti dall’Amministrazione richiedente; |
ogni altro elemento richiesto dal modello di dichiarazione. |
A decorrere dal 1º gennaio 2010, il soggetto non residente era obbligato a nominare il rappresentante fiscale se effettuava in Italia operazioni fiscalmente rilevanti nei confronti dei sotto indicati clienti (ex artt. 7 e ss., Decreto IVA):
privati consumatori;
soggetti passivi d’imposta, non dotati di partita IVA.
Fino al 31.12.2012, per effetto delle novità introdotte dal D. Lgs. 11.2.2010
n. 18, gli obblighi IVA discendenti dalle operazioni (cessioni di beni e
prestazioni di servizi) territorialmente rilevanti in Italia, effettuate nei confronti di cessionari/committenti soggetti passivi italiani, dovevano essere adempiuti da questi ultimi attraverso il sistema del reverse charge.
In particolare, per i servizi "generici", resi da un prestatore stabilito in altro Paese UE:
fino al 16.3.2012, in luogo dell'autofattura, era possibile adottare la procedura di integrazione e registrazione prevista, per gli acquisti intracomunitari, dagli artt. 46 e 47 del D.L. 331/93;
dal 17.3.2012, è diventato obbligatorio l'utilizzo della suddetta procedura di integrazione e registrazione.
Dall'1.1.2013 la procedura di integrazione e registrazione è stata generalizzata, essendo prevista per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuate da soggetti passivi stabiliti in altri Paesi UE nei confronti di cessionari/committenti soggetti passivi italiani.
10. RIEPILOGO: E-COMMERCE DIRETTO E DISCIPLINA IVA.
PRESTATORE | COMMITTENTE | REGIME IVA | OBBLIGHI CONTABILI |
ITALIANO Soggetto passivo XXX | Xxxxxxxx passivo IVA stabilito in altro Paese dell’UE diverso dall’Italia | IVA del Paese dell’UE dove è stabilito il committente | Reverse Charge da parte del committente UE |
Soggetto passivo IVA stabilito in un Paese extra UE | IVA del Paese extra UE | Autofattura da parte del soggetto extra UE (se vi è tale previsione normativa nel Paese extra UE) | |
Privato dell’UE | IVA in Italia | Fattura del prestatore | |
Privato extra UE | IVA del Paese extra UE | Verifica nel Paese extra UE degli adempimenti fiscali | |
Soggetto passivo XXX Xxxxxxxxx in altro Paese dell’UE diverso dall’Italia | Italiano soggetto passivo IVA | IVA in Italia | Reverse charge da parte del committente italiano |
Italiano privato | IVA nel Paese UE dove è stabilito il prestatore | Fattura del prestatore | |
Soggetto passivo XXX Xxxxxxxxx in un Paese extra UE | Italiano privato | IVA in Italia | Fattura con IVA in Italia previa identificazione diretta (se possibile) o rappresentante fiscale del soggetto extra UE |
Italiano soggetto passivo IVA | IVA in Italia | Autofattura da parte del soggetto italiano |
11. LA DISCIPLINA IVA NELL’E-COMMERCE INDIRETTO.
Le transazioni telematiche cd. indirette vengono assimilate alle “vendite a distanza” di beni materiali, poiché si concludono sempre con la consegna fisica del bene acquistato on line.
Internet, infatti, secondo l’Amministrazione finanziaria è solamente “un canale alternativo di vendita” il cui utilizzo “non è sufficiente a far rientrare l’operazione tra i servizi prestati tramite mezzi elettronici e quindi assoggettabili alla disciplina dell’e-commerce diretto.
Trattandosi di normali cessioni di beni, tali operazioni non soggette all’obbligo di fattura (se non richiesta dal cliente), ne all’obbligo di certificazione mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale.
I corrispettivi delle vendite devono, tuttavia, essere annotati nell’apposito registro (previsto dall’art. 24 del D.P.R. n. 663/1972).
Il luogo di effettuazione delle vendite a distanza, rilevante ai fini dell’imponibilità delle stesse, varia a seconda dei soggetti coinvolti, del luogo di provenienza e destinazione dei beni ceduti.
11.1 Casi pratici e soluzioni operative.
Le operazioni B2B intracomunitarie.
Se una vendita è conclusa on line tra soggetti passivi residenti in diversi Stati membri, con spedizione del bene dal paese del fornitore a quello dell’acquirente, a quale trattamento fiscale sarà sottoposta l’operazione?
Trattamento e obblighi fiscali: quando l’acquirente è un soggetto passivo IVA stabilito in un altro Paese UE, l’operazione segue la medesima disciplina prevista per le cessioni intracomunitarie di beni ex art. 41, D.L. 331/1993, convertito dalla legge 427/1993).
Per beneficiare della non imponibilità IVA è necessario che l’operazione soddisfi i requisiti che qualificano l’operazione come una cessione intracomunitaria di beni: onerosità dell’atto, trasferimento della proprietà del bene e trasferimento fisico del bene da uno Stato UE ad un altro.
Sarà quindi necessario emettere fattura non imponibile IVA ex art. 41, D.L. 331/1993, e presentare il mod. INTRA 1-bis (cessione di beni).
L’operazione verrà, pertanto, effettuata senza l’applicazione dell’imposta da parte del venditore, spettando all’acquirente l’adempimento degli obblighi formali e sostanziali previsti dalla disciplina degli acquisti intracomunitari secondo il meccanismo del cd. “reverse charge”, con l’applicazione dell’aliquota IVA vigente nel paese di destinazione del bene.
Le operazione B2C intracomunitarie.
Se una vendita viene effettuata on line da un soggetto passivo comunitario nei confronti di un consumatore finale, non soggetto passivo d’imposta, residente in un altro Stato membro, con spedizione del bene dal paese del fornitore a quello dell’acquirente, quale trattamento fiscale sarà applicato?
Trattamento e obblighi fiscali: l’operazione può essere assoggettata ad imposta nel Paese del consumatore finale o in quella del fornitore.
A. l’operazione è territorialmente rilevante nel Paese del cessionario, e pertanto, sarebbe necessario nominare un rappresentante fiscale o identificarsi direttamente nel Paese di destinazione del bene per assolvere l’imposta con le regole ivi vigenti. In tale ipotesi occorre anche
presentare l’elenco INTRA 1-bis, ai fini fiscali e statistici, con riferimento al mese di emissione della fattura (coincidente con quello di invio all’estero dei beni).
B. in alternativa, tuttavia, è possibile osservare la particolare disciplina dettata dall’art. 41, c. 1, lett. b), D.L. 331/1993, in base alla quale le operazioni effettuate per corrispondenza in altri Stati UE sono imponibili nel Paese di partenza (salvo specifica opzione per l’applicazione dell’Iva del Paese di destinazione) se:
i beni sono spediti o trasportati dal cedente (o per suo conto) nel territorio di un altro Paese UE;
i cessionari non sono soggetti passivi IVA;
le vendite effettuate in ciascuno Stato membro non abbiano superato, nell’anno precedente o nell’anno in corso, la soglia di € 100.000 o il minor ammontare previsto in ogni Stato dall’art. 34, Direttiva n. 2006/112/CE.
L’elenco sempre aggiornato è disponibile nel sito web della Commissione Europea al seguente link: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxx_xxxxxxx/xxxxxxxx/xxx/xxxxxxx/xxx_xxxxxxxxx/xxxxx_xx.xxx
C. Anche quando non si superano i suddetti limiti quantitativi, è comunque possibile optare per l’applicazione dell’IVA nello Stato membro di destinazione dei beni (l’opzione ha effetto fino alla revoca e, in ogni caso, per almeno 3 anni).
NOTA BENE |
L’Italia ha adottato una soglia più bassa (€ 35.000 euro) ai fini della detassazione delle operazioni «in entrata», e una soglia più elevata (€ 100.000 euro) ai fini della detassazione delle operazioni «in uscita». |
Le importazione B2B o B2C.
Se i beni acquistati on line provengono da un Paese non appartenente all’Unione Europea e sono stati immessi in libera pratica all’interno del territorio nazionale, come può essere fiscalmente configurata l’operazione?
Trattamento e obblighi fiscali: si tratta di una importazione (art. 67 del D.P.R. 633/72).
Pertanto, l’operazione è soggetta ad IVA, indipendentemente dalla qualifica dell’acquirente, sia esso un soggetto passivo o un consumatore finale.
Il pagamento dell’IVA va assolto in dogana congiuntamente al pagamento dei dazi doganali eventualmente previsti per l’immissione in libera pratica del bene importato.
NOTA BENE |
In deroga all’art. 7-bis, co. 2, D.P.R. 633/72, l’art. 40, co. 3, del D. L. n. 331/93 stabilisce che il luogo delle cessioni di beni oggetto di vendite a distanza provenienti da altri stati membri è situato in Italia anziché nel paese Ue di partenza, ossia nel luogo di destinazione anziché in quello di origine. Tale disciplina però, ai sensi del successivo comma 4, non si applica: a) alle cessioni di mezzi di trasporto nuovi, nonché alle cessioni di beni da installare, montare o assiemare, nel territorio nazionale, a cura o per conto del fornitore comunitario; b) alle cessioni di beni, diversi da quelli soggetti ad accisa, effettuate nel territorio dello stato fino a concorrenza dell’importo di 35 mila euro nel corso dell’anno solare, e sempreché tale limite non sia stato superato nell’anno precedente, a meno che il cedente comunitario non abbia comunque optato per l’applicazione dell’IVA in Italia. |
Le esportazioni B2B o B2C.
Se i beni vengono invece venduti on line ad un operatore estero extra comunitario (soggetto passivo o consumatore finale), come deve essere fiscalmente trattata l’operazione?
Trattamento e obblighi fiscali: a tali cessioni di beni si applica la disciplina delle cessioni all’esportazione con emissione di una fattura non imponibile IVA ex art. 8, DPR 633/1972.
Per fruire della non imponibilità dell’operazione è necessario comprovare l’uscita dei beni dal territorio della Comunità (con il messaggio di uscita registrato nella banca dati AIDA).
Per i beni inviati con il servizio postale all’interno di pacchi è necessario osservare le disposizioni recate dal DM 22.1.1977 (presentazione di apposita dichiarazione doganale recante la specifica dei beni ceduti).
Inoltre, nel caso in cui il cliente sia un operatore economico con sede, residenza o domicilio negli Stati o territori a fiscalità privilegiata (cc.dd. Paesi “Black list”) e l’operazione sia di importo superiore a 500 euro, il cedente avrà l’obbligo di presentare all’Agenzia delle Entrate la relativa comunicazione.
NOTA BENE |
Secondo lo schema del D. Lgs. di semplificazione fiscale stilato lo scorso 20 giugno 2014, che ha ottenuto il via libera preliminare del Consiglio dei ministri, la comunicazione delle operazioni Black List non sarà più trimestrale o mensile, ma diventerà annuale, e la soglia di esonero dall’obbligo, attualmente di 500 euro per operazione, passerà a 10 mila euro (importo riferito all’ammontare complessivo annuo rispetto a ciascun cliente e fornitore, da verificare separatamente per le operazioni attive e passive). |
La modulistica e le istruzioni per eseguire le comunicazioni Black list sono disponibili sul sito web dell’Agenzia delle Entrate al seguente link: xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx/xx/xxx/xxxxxxx/Xxxxxx/Xxx/Xxxx/XxxxXxxxXxxx/XxxxxxxxxxXxxx/Xxxxx zioni+paesi+Black+list/Modelli+e+istruzioni+black+list/
12. RIEPILOGO: E-COMMERCE INDIRETTO E DISCIPLINA IVA.
CEDENTE | CESSIONARIO | DISCIPLINA XXX |
Xxxxxxxx IVA italiano | Soggetto IVA o privato consumatore italiano | Fattura con IVA ordinaria |
Soggetto IVA UE | Cessione intracomunitaria | |
Privato consumatore UE | Vendita a distanza | |
Operatore economico o privato Extra UE | Esportazione | |
Soggetto IVA UE | Soggetto IVA italiano | Acquisto intracomunitario |
Privato consumatore italiano | Vendita a distanza | |
Operatore economico Extra UE | Soggetto IVA o privato consumatore italiano | Importazione |
13. GLI OBBLIGHI DI FATTURAZIONE.
13.1. Nel commercio elettronico “indiretto”.
Per le vendite on line riconducibili al commercio elettronico indiretto, cioè con consegna materiale dei beni secondo i canali tradizionali (es. posta, corriere, ecc.), l'assimilazione delle vendite a quelle per corrispondenza comporta:
l'esonero dall'obbligo di fatturazione, salvo che essa sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione della cessione (art. 22, comma 1, n. 1) del D.P.R. n. 633/72);
l’esonero dall’obbligo di certificazione mediante ricevuta o scontrino fiscale (in virtù dell’esonero di cui all’art. 2, lett. oo),
D.P.R. n. 696/96).
Tuttavia sussistono i seguenti obblighi contabili:
i corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’IVA, devono essere, tuttavia, annotati nel registro di cui al citato art. 24 del
D.P.R. n. 633/1972 entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione;
in sede di liquidazione periodica, si deve provvedere allo scorporo dell’IVA con il metodo matematico, e non più “percentuale (in virtù del modificato art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, a seguito del D.L. n. 138/2011, convertito dalla L. n. 148/2011).
13.2 Nel commercio elettronico “diretto”.
I corrispettivi conseguiti nell'ambito del c.d. "commercio elettronico diretto" (di cui all'Allegato II alla direttiva 2006/112/CE) invece devono obbligatoriamente essere fatturati, ai sensi dell'art. 21 del D.P.R. 633/72
(ris. Agenzia delle Entrate 3.7.2008 n. 274), anche se i corrispettivi sono incassati da intermediari finanziari (es. pagamento con carta di credito).
La risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interrogazione parlamentare n. 5- 03615 del 24 settembre 2014, ha recentemente chiarito l’obbligo di fatturazione dei c.d. “servizi di e-commerce” territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia nei termini di cui all’art. 6, comma 3 del D.P.R. n. 633/72, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.
Le operazioni in oggetto, infatti, non sono riconducibili ad alcuna ipotesi di esonero dagli obblighi di certificazione previsti dalla normativa IVA, né possono essere considerate operazioni rientranti nell'ambito applicativo dell'art. 22 del
D.P.R. 633/72, mancando le condizioni ivi previste per beneficiare dell'esonero dall'obbligo di emissione della fattura.
Inoltre con la risoluzione n. 23 (§6) del 24 luglio 2014 resa in tema di prodotti elettronici editoriali, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che alle prestazioni di servizi e-commerce si applica sempre l’aliquota ordinaria (attualmente pari al 22%).
Quando il cliente accede al sito Internet dell’impresa venditrice, prende visione dei prodotti esposti nel negozio virtuale e, se interessato, esegue la procedura di acquisto degli stessi.
Se si tratta di commercio elettronico indiretto, compila il proprio ordine e, se previsto dal sistema, esegue il pagamento dell’importo dovuto mediante carta di credito o altri sistemi.
A pagamento avvenuto l’impresa venditrice provvede a inviare la merce.
Se si tratta, invece, di commercio elettronico diretto, il cliente, una volta eseguito il pagamento, procede al download del prodotto.
Pertanto, per i beni immateriali (ovvero virtuali) le regole per la certificazione di corrispettivi sono le seguenti:
se l’acquirente è un privato (consumatore finale) o un soggetto passivo IVA, sussiste l’obbligo di emissione della fattura entro e non oltre il momento del pagamento del corrispettivo;
se l’acquirente un soggetto passivo IVA estero (UE ovvero extra-UE), la fattura andrà emessa all’ultimazione del servizio.
Nel caso in cui l’impresa italiana si trovi nella necessità di emettere fattura, inoltre, può decidere di emetterla in forma cartacea o in forma elettronica.
Ai sensi dell‘art. 21 D.P.R. 633/1972, “per fattura elettronica si intende la fattura che è stata emessa e ricevuta in un qualunque formato elettronico”.
La sua adozione è, tuttavia, subordinata all’accettazione da parte del destinatario, anche mediante comportamenti concludenti (es., contabilizzazione o pagamento della fattura).
REQUISITI DELLA FATTURA ELETTRONICA |
L’ autenticità dell’origine: prova dell’identità dell’emittente e inequivoca riferibilità della fattura allo stesso; |
l’integrità del contenuto: immutabile e inalterabile fino al termine del periodo di conservazione; |
la leggibilità nel tempo: a prescindere dal formato originale con cui è stato emesso e conservato. |
Tali requisiti possono ora essere soddisfatti con modalità lasciate alla libera scelta del contribuente (Circ. A.E. 12/E del 3/06/2013). |
La fattura elettronica si considera emessa quando viene “messa a disposizione del cessionario o committente” (es. sul sito o sul portale elettronico dell’emittente, ovvero del terzo incaricato dell’emissione per suo conto), ossia quando al destinatario venga inviato una e-mail contenente un protocollo di comunicazione e un link di collegamento al server dal quale possa effettuare, in qualsiasi momento, il download della fattura, ossia scaricare il documento elettronico (Circolare 45/E del 2005 dell’Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx).
00. E-COMMERCE NEWS: LE NOVITÀ FISCALI.
E-COMMERCE DIRETTO: LE NOVITA’ 2015 |
A partire dal 1° gennaio 2015, per effetto delle modifiche operate agli articoli 58 e 59-bis della direttiva 2006/112/Ue, cambiano i criteri di territorialità applicabili ai servizi di e-commerce erogati nei confronti di privati consumatori comunitari. In particolare, in deroga alla regola generale ex articolo 7-ter, oggi applicata, le prestazioni rese da un soggetto passivo italiano a un consumatore finale comunitario si considereranno effettuate nel luogo in cui il fruitore del servizio è stabilito, ha il suo domicilio oppure la sua residenza abituale. In definitiva, dal prossimo anno i consumatori finali comunitari pagheranno l'Iva nel proprio Paese, a prescindere dal luogo in cui è stabilito il prestatore, con notevole riduzione di tempi e oneri. Ad essere coinvolte da questa importante modifica sono molte transazioni commerciali che avvengono via Web tra cui cessioni di software, di musica e di app. |
Al fine, tuttavia, di garantire la tassazione nel luogo di effettivo consumo del servizio, agli Stati membri sarà concessa la duplice facoltà prevista dal riformulato art. 59-bis della Direttiva n. 2006/112/CE, ossia: da un lato, di escludere da imposizione i servizi che, benché territorialmente rilevanti, siano utilizzati al di fuori della Comunità; dall’altro, di assoggettare ad imposizione i servizi effettuati al di fuori della Comunità, se utilizzati all’interno dello Stato membro. |
Già a partire dal 1° ottobre 2014 gli operatori commerciali potranno registrarsi sul nuovo portale web per l’IVA del commercio elettronico, che si chiamerà XXXX (Mini One Stop Shopping), e consentirà alle aziende di dichiarare e versare l’IVA dovuta sui servizi elettronici (nonché su quelli di telecomunicazione e teleradiodiffusione) prestati a privati consumatori nell’area comunitaria. Entro il giorno 20 del mese successiva alla scadenza, (anche in assenza di operazioni), il soggetto passivo presenterà allo Stato membro di identificazione una dichiarazione trimestrale, recante l’ammontare |
imponibile dei servizi resi nel periodo di riferimento per ciascun paese e l’ammontare della relativa imposta. Di fatto, dopo aver trasmesso telematicamente al Xxxx le dichiarazioni IVA trimestrali e, nello stesso termine, effettuato il versamento dell’imposta complessivamente risultante dalla dichiarazione, sarà compito dello Stato membro ripartire l’imposta tra i vari Paesi di consumo, accreditando loro gli importi di rispettiva competenza . |
ABOLIZIONE DELLA C.D. “WEB TAX” |
Il D.L. 6.3.2014 n. 16 ha abrogato la disciplina relativa all’acquisto di servizi di pubblicità on line (c.d. “Web Tax”), introdotta dalla legge di stabilità per il 2014; la cui decorrenza era stata rinviata all’1.7.2014. |
Resta invece ferma la disciplina sul pagamento dell’acquisto dei servizi di pubblicità on line e dei servizi ad essa ausiliari, introdotta dalla legge di stabilità per il 2014. Essa prevede l’obbligo di utilizzo: del bonifico bancario o postale, dal quale devono risultare i dati del beneficiario; ovvero di altri strumenti di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni e a veicolare la partita IVA del beneficiario. |
CONTI CORRENTI ON-LINE: NEL QUADRO RW? |
Ieri Quando la transazione veniva eseguita dall’utente tramite conti virtuali come PayPal verso un soggetto estero (es., il Lussemburgo), in dichiarazione dei redditi scattava l’obbligo di indicare la consistenza del conto nel quadro RW, a prescindere dall’importo. |
Oggi la consistenza del conto corrente on-line utilizzato per transazioni verso un soggetto estero dovrà essere dichiarata nel quadro RW solo se nel corso dell’anno il saldo superi la soglia complessiva dei 10 mila euro. |
RITENUTA DEL 20% SULL’E-COMMERCE |
L’art. 4 del D.L. n. 167/1990, mod. dall’art. 9 Legge 97/2013 ha previsto che la ritenuta all’ingresso del 20% si applica qualora i flussi in ingresso siano frutto di investimenti e/o attività finanziarie estere, che concorrono a formare reddito complessivo del contribuente. Per evitarlo, il contribuente deve informare la banca che il pagamento non è riconducibile a redditi di capitale o a redditi diversi ex articolo 67 del TUIR. |
Effetti sull’E-Commerce Xxx nel caso di vendite on line sia nelle ipotesi di rimesse inviate ai propri familiari da chi lavora all’estero, per non vedersi applicato il suddetto prelievo, i contribuenti saranno costretti ad autocertificare all’intermediario che il pagamento in arrivo non è un reddito finanziario. In difetto, il rischio è quello di vedere falcidiate somme in entrata sulle quali, invece, la ritenuta non dovrebbe incidere. |
IL CASO: LE SCOMMESSE ON-LINE |
Sebbene i siti che operano in Italia e in possesso della licenza abbiano un xxxxxxx.xx, è possibile che il conto su cui poggiano i trasferimenti di denaro faccia capo a banche estere, anche solo all’interno dell’UE. Se la società: sconta a monte l’imposta sostitutiva, l’importo non dovrà essere caricato della trattenuta del 20%; non assolve la ritenuta, il giocatore potrebbe ricevere sul suo conto l’importo decurtato del 20%. |
Soluzione presentare, in ogni caso, alla propria banca un’autocertificazione nella quale si indichi la natura dell’importo come provento da vincita. Considerati gli effetti paradossali che le disposizioni intervenute rischiano di avere per i contribuente attivi sul Web, la Commissione europea si prepara ad esaminare la nuova normativa italiana. |
Oggi non essere sul web è come non esistere.
Sempre più imprese si rivolgono al mondo del World Wide Web con il preciso intento di ampliare i propri mercati, aumentare la notorietà del proprio marchio ed implementare le vendite, riducendo i costi e affrontando la crisi in maniera innovativa.
Le imprese italiane che vendono on line fuori dai confini nazionali hanno registrato mediamente il 27% del fatturato dall’estero, malgrado solo il 30% disponesse di un sito in lingua straniera.
Partendo da questo trend in continua crescita, la guida si prefigge lo scopo di fornire un sopporto pratico e di essere uno strumento di
orientamento per le imprese che intendano estendere il proprio business attraverso il mercato digitale.
L’obiettivo è quello di offrire agli operatori economici con meno esperienza le linee guida per familiarizzare con l’e-commerce, individuando e superando le insidie legali e fiscali del web, ed alle PMI che già fanno business digitale qualche indicazione utile a migliorare le proprie percentuali di successo.