CONTRATTAZIONE TERRITORIALE E BILATERALITÀ NEL SETTORE TERZIARIO IN VENETO
CONTRATTAZIONE TERRITORIALE E BILATERALITÀ NEL SETTORE TERZIARIO IN VENETO
Xxxxx Xxxxxxxx
luglio 2008
SOMMARIO
Introduzione | pag. | 3 |
Parte I: una descrizione del fenomeno in Veneto | » | 6 |
1. I CONTENUTI NORMATIVI DELLA CONTRATTAZIONE TERRITORIALE | » | 6 |
1.1 La contrattazione con Confcommercio | » | 7 |
1.2 La contrattazione nei settori artigiani | » | 19 |
1.3 La contrattazione nella vigilanza privata | » | 22 |
1.4 Una comparazione fra settori | » | 24 |
2. L’evoluzione degli Enti Bilaterali: una ricostruzione di | ||
PRESTAZIONI E CONTRIBUTI | » | 27 |
2.1 Contribuenti e contribuzioni | » | 28 |
2.2 Le prestazioni | » | 31 |
2.3 Il disegno complessivo | » | 45 |
3. Bilateralità e contrattazione | » | 49 |
Parte II: i modelli interpretativi | » | 53 |
1. Le trasformazioni nella nozione di rapporto di lavoro e la | ||
CENTRALITÀ DELLE CAPABILITIES | » | 53 |
2. Gli Enti Bilaterali del terziario come mercati del lavoro | ||
TRANSIZIONALI 3. Il governo delle transizioni: un approccio di social risk | » | 56 |
MANAGEMENT | » | 64 |
4. La flexicurity | » | 67 |
Parte III: valutazioni e possibili linee di azione | » | 77 |
1. Una valutazione degli esiti regolativi | » | 77 |
1.1 Una valutazione in termini regolativi e di politiche attive | » | 77 |
1.2 Una valutazione soggettiva della bilateralità nel terziario | » | 83 |
2. Possibili assi forti di azioni | » | 89 |
Riferimenti bibliografici | » | 91 |
Introduzione
Il presente rapporto di ricerca intende aggiornare l’evoluzione della contrattazione territoriale e della bilateralità nel terziario in Veneto, secondo i confini contrattuali della Filcams Cgil (Federazione italiana lavoratori commercio turismo e servizi), e cioè:
− commercio e la grande distribuzione organizzata;
− alberghi, ristorazione e pubblici esercizi (a livello europeo Horeca)
− vigilanza privata (piccolo ma chiaramente delimitato e regolato)
− pulimento
− acconciatura ed xxxxxxxxx
− studi professionali.
I confini appaiono tuttavia più labili per l’attrattività che offre per settori quali i servizi finanziari, informatici, di consulenza non codifi- cate nelle professioni provviste di albi professionali. Per questo diven- ta al tempo stesso eccessivo includere l’intero terziario privato nella nostra dizione (che ormai occupa oltre il 50% della forza lavoro in Ita- lia) ma restrittivo enumerarne i principali settori merceologici.
Questo rapporto si pone in continuità – anche con parziali sovrap- posizioni – con precedenti studi sulla dimensione territoriale delle re- lazioni industriali nel comparto (Falcone, Xxxxxxxx e Nanto, 1997; Xxxxxxxx e Xxxxxxx, 1997; Xxxxxxxx, 2001a) che hanno generato un significativo numero di contributi su scala nazionale e internazionale.
Questi contributi si confrontano con numerosi studi apparsi a fine anni ’90 sulla scena internazionale che hanno investigato, e in qualche caso confrontato, esperienze bilaterali e/o trilaterali. Accanto agli studi sul modello formativo tedesco, la cui efficienza è stata potentemente rappresentata da Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx (1998) come la job skill ma-
chine, vi sono stati importanti studi sul sistema formativo francese (Lallement, et al., 2001; Mériaux, 1999) e, cosa a prima vista sorpren- dente, negli stessi USA, dove a livello locale sono stati costituiti orga- nismi bilaterali (nel caso dello stato del Wisconsin trilaterale), che hanno puntato sulla formazione professionale per migliorare al con- tempo la performance competitiva dei sistemi locali, la professionalità e quindi le retribuzioni dei lavoratori. Su quest’ultimo ambito, la lette- ratura è presto diventata molto estesa e altamente qualificata (Xxxxxx- man, 2002; Xxxxxxx e Xxxxxx, 2002).
Si possono individuare i seguenti quesiti di ricerca in vari ambiti:
1. l’impatto della legge 30/03: gli Enti Bilaterali hanno soppiantato le tradizionali attività contrattuali – territoriali e aziendali – oppure si sono mossi secondo linee autonome, prescindendone in misura più o meno estesa?
2. Una logica di responsabilità sociale d’impresa: dalla codificazione delle prestazioni, qual è oggi la mission degli Enti Bilaterali identi- ficata dai loro stakeholders? Qual è la legittimazione sociale per- cepita?
3. Punto di vista delle politiche attive del lavoro: come hanno contri- buito alle trasformazioni del mercato del lavoro? In un’ottica di flexicurity, se e come hanno contribuito alla costruzione di tutele sul mercato del lavoro? In quali segmenti hanno contribuito alla costruzione di mercati transizionali?
4. La governance delle politiche attive: nella ridefinizione delle poli- tiche per il lavoro, come si sono ridefiniti i poteri e a quali livelli si sono codificate le politiche?
5. Più in generale: quale contributo offrono nella mappatura del wel- fare mix che ha come fonte il rapporto di lavoro?
6. Come interviene nelle trasformazioni settoriali, particolarmente violente nel commercio?
Una risposta soddisfacente su tutti questi versanti non può essere fornita dalla sola analisi della documentazione cartacea sviluppatasi nel periodo in esame (2000-2005), vale a dire contratti integrativi,
verbali di accordo, statuti e regolamenti, prestazioni e contribuzioni codificate, ma fornirci utili elementi per alcune di queste. In particola- re, non ci aspettiamo grandi risposte sulla 4) e sulla 5), se non di natu- ra indiziaria.
Parte prima: una descrizione nel fenomeno in Veneto
1. I contenuti normativi della contrattazione territoriale
La contrattazione territoriale è stata a lungo una caratteristica del terziario, che risale ai primi anni del dopoguerra. Com’è noto, la scala provinciale si è sviluppata, si può dire, di pari passo con la contratta- zione nelle grandi catene commerciali – in origine ben poche – ed è stata a lungo il principale livello regolativo, giungendo al primo con- tratto nazionale nel 1973 che ha riportato all’“unità nazionale” un set- tore frammentato, per costruire una regolazione uniforme al preconiz- zato sviluppo delle reti della grande distribuzione organizzata, dispie- gatosi appieno solo negli anni ’90.
Pur non costituendo il livello provinciale una sede contrattuale per oltre 25 anni, è tuttavia rimasto un importante livello regolativo, sede di confronto fra gli uffici sindacali delle Ascom1 e i sindacati innanzi- tutto per la ricomposizione delle vertenze. Nel territorio rimangono importanti pezzi di contrattazione decentrata nel turismo, nel Veneto il bacino termale euganeo, che nella locale CATE (Cassa Termale Eu- ganea) trova un importante luogo di regolazione e di compensazione delle stagionalità, e il bacino turistico di Cortina d’Ampezzo. Infine, nel settore della vigilanza privata la contrattazione trova come suo luogo naturale la provincia in quanto le tariffe sono fissate con ordi- nanza prefettizia, e pertanto su quella base – e non su quella aziendale, che copre spesso più provincie e in qualche caso più regioni – si svi- luppa la contrattazione di secondo livello.
1 ASCOM è la sigla dell’Associazione Commercio Turismo e Servizi, aderente alla Confcommercio, Confederazione Generale Italiana del Commercio del Turismo e dei Servizi.
Possiamo identificare i seguenti raggruppamenti di regolazione su scala territoriale, dove ciascuno di questi raggruppamenti si distingue per propri stili regolativi ed ambiti di specializzazione:
− la contrattazione integrativa con Confcommercio a livello pro- vinciale;
− la contrattazione di gestione degli Enti Bilaterali (EB) sempre con Confcommercio a livello provinciale;
− la contrattazione nei settori artigiani (acconciature, pulimento);
− la contrattazione a livello regionale con Confcommercio;
− la contrattazione provinciale nel settore delle guardie giurate
1.1 La contrattazione con Confcommercio
Possiamo identificare tre tipologie di accordi con Confcommercio. Il primo, di livello regionale, è apparso per la prima volta nel 2000, introducendo rilevanti novità sul piano della governance regionale; il secondo è la contrattazione integrativa provinciale, mentre il terzo è la contrattazione di gestione degli Enti Bilaterali o di singoli istituti del mercato del lavoro.
Gli accordi regionali del 2000
Fra il 2000 e il 2002 sono stati sottoscritti tre accordi regionali. I primi due il 12 gennaio 2000, rispettivamente sugli Enti Bilaterali re- gionali e sull’apprendistato, il terzo per la promozione del fondo di previdenza complementare di settore Fon.Te.
Secondo il primo accordo del 12 gennaio 2000, Accordo sindacale regionale su relazioni industriali, le parti convengono di istituire un livello regionale di relazioni industriali “atte a sviluppare in modo continuativo il confronto sulle varie materie delegate dall’accordo del luglio 1993, dai Ccnl di settore nonché dal confronto con la Regione Veneto”; di avviare un confronto sugli Enti Bilaterali regionali con la “costituzione dell’Ente Bilaterale a livello regionale”, di attuare il se-
condo livello di contrattazione, “così come previsto dal protocollo del 23/07/93 nonché dai recenti Ccnl terziario” avviando il confronto a li- vello provinciale entro il mese di maggio; di “definire intese” su commissioni paritetiche, commissione di conciliazione, formazione degli apprendisti e dei contratti formazione e lavoro (Cfl), contratti a termine e lavoro atipico, contribuzione degli Enti Bilaterali “fermi re- stando gli accordi esistenti a livello territoriale”, la previdenza integra- tiva.
Nel complesso il testo è molto breve (una pagina) ma, come ve- dremo, di grande efficacia per il salto delle relazioni industriali nel settore in Veneto e molto denso di impegni e rimandi, come spesso succede ai testi brevi2. Innanzi tutto, i rimandi al protocollo del 23 lu- glio, tanto al secondo livello negoziale su scala territoriale, quanto agli impegni in materia di politica industriale per la modernizzazione delle infrastrutture (e la rete commerciale vi rientra) e soprattutto in materia di riforma del mercato del lavoro. Per quanto riguarda gli impegni, si definisce l’agenda delle relazioni industriali su cui costruire gli scambi fra le parti.
Il contemporaneo “accordo sindacale regionale su apprendistato” costituisce il primo passo di attuazione dell’agenda appena stabilita. Si rifà al mutamento normativo seguito al Ccnl del 1999, alle leggi 196/97 e 263/99, ed infine alla delega alle Regioni dell’organizzazione delle attività formative per gli apprendisti “facendo riferimento ad e- ventuali accordi a livello regionale tra le organizzazioni datoriali e sindacali di categoria”, individuando negli Enti Bilaterali la sede natu-
2 Il prototipo è l’Accordo di Wassenaar del 1982, alla base del “miracolo olandese” (Xxxxxx e Xxxxxxxxx, 1997).
rale per agire secondo “una costante opera di concertazione fra le parti per permettere ai lavoratori ed alle aziende di usufruire di tutti i servizi che gli organismi bilaterali offrono al mercato del lavoro”.
Approvando il modello di richiesta del parere di conformità valido per l’avviamento di ogni singolo apprendista, le parti convengono:
- che la richiesta venga inoltrata alla commissione paritetica competente per territorio dell’EB;
- che l’EB disciplini la formazione degli apprendisti con la spe- rimentazione di modelli formativi individuati all’interno di un progetto quadro che integri formazione d’aula con l’appren- dimento pratico;
- di far gestire direttamente agli EB tale progetto quadro, da fi- nanziarsi con il fondo per l’occupazione gestito dalla Regione Veneto, i quali affideranno le attività formative ad enti forma- tivi individuati;
- affidando il monitoraggio all’Osservatorio di ciascun EB Come si può osservare, questo accordo invera il disegno regolativo
enunciato nel primo testo, e il fatto che l’EB non è concepito come prolungamento della volontà delle parti, ma come un soggetto dotato di proprie competenze tecniche che, sulla base di intese fra le parti, a- gisce con piena titolarità tanto verso il soggetto finanziatore (la Re- gione) quanto verso gli enti di formazione. Si tratta di un disegno che, nei fatti, ha come modello di riferimento la bilateralità nel turismo per un verso e nell’edilizia dall’altro, senza però integrare il ciclo formati- vo dentro la bilateralità: non va dimenticato che dietro l’apparente “a- pertura al mercato” ci sono le agenzie formative delle organizzazioni socie, in primis delle Ascom provinciali.
Infine, con l’accordo del 10 aprile 2002, nel constatare le difficoltà riscontrate nelle adesioni al fondo i previdenza complementare Fon.Te in Veneto, le parti convengono di promuovere una campagna informa- tiva, a partire dai rinnovi contrattuali di secondo livello ed affidando
agli EB di predisporre materiali informativi appropriati ed iniziative promozionali presso le direzioni aziendali, incontri con i lavoratori, inserendo depliants in busta paga e predisponendo uno sportello in- formativo presso gli EB, previo incontro tecnico per gli operatori di detti sportelli.
I tre accordi si caratterizzano per la brevità (una pagina il primo, tre gli altri due) eppure sono di grandissima importanza per la loro imme- diatezza di traduzione. Di fatto, segnano l’adeguamento del settore al nuovo baricentro delle politiche per il mercato del lavoro e dei Servizi per l’Impiego (SpI), che da statali diventano regionali (il ben noto dlgs 469/97 “Bassanini”). Poiché la Regione riunisce presso di sé le com- petenze di indirizzo del mercato del lavoro e della formazione profes- sionale e diventa il vero centro delle politiche decentrate delegando la gestione alle province, il settore terziario – come l’edilizia e l’agricoltura – che aveva strutturato le relazioni industriali decentrate e di conseguenza gli Enti Bilaterali sulla scala provinciale, costruisce un’interfaccia con la Regione per le politiche attive del lavoro. Nel far questo, implicitamente ridisegna i termini dello scambio che sorreg- gono l’attività degli Enti Bilaterali: la formazione dei Cfl perde di im- portanza in seguito alla l. 196/97 in favore del contratto di apprendi- stato liberando ampie risorse, in quanto la formazione degli apprendi- sti viene finanziata su base regionale con le risorse FSE per la forma- zione continua, che richiede una sede di coordinamento regionale fino a preconizzare un EB regionale. Queste risorse vengono impiegate da un lato per l’attivazione di sistemi esperti che favoriscono l’incontro domanda – offerta, sulla scia della sperimentazione del sistema INES presso l’EB di Vicenza, avviato nel 1998, e che generano informazioni
per cogliere i fabbisogni di formazione continua, dall’altro aprendo verso misure di welfare. Inoltre, l’importanza assunta dalla Regione per le aperture di nuove superfici commerciali e degli orari di apertura ha costituito un’ulteriore spinta in favore di un livello regionale di confronto, trovando su questi terreni, specie in materia di orari ed a- perture domenicali, un punto di incontro delle organizzazioni sindacali con Confcommercio, favorendo una loro azione congiunta di lobbying in modo da controbilanciare le aziende della grande distribuzione or- ganizzata.
Tuttavia, l’EB regionale rimane sulla carta perché i bandi per l’apprendistato del 2000 hanno ignorato le peculiarità dei settori più strutturati nell’offerta di formazione, e cioè edilizia e commercio, do- ve la bilateralità gioca un ruolo chiave, adattandosi al settore modello manifatturiero, dove nell’industria OBR è rimasto a lungo un mero contenitore, mentre EBAV, pur provvisto di ampi mezzi finanziari, opera come mero organo esecutivo delle organizzazioni socie, in par- ticolare di quella di maggior peso (Frav). Nonostante nei bandi suc- cessivi al primo si sia dato maggiore spazio alla dimensione settoriale, gli esiti di terziario, turismo ed edilizia si sono distinti a livello nazio- nale per esiti superiori alla media, pur presentando modalità gestionali diverse per la diversa collocazione proprietaria delle scuole di forma- zione che hanno influenzato significativamente i risultati.
Relazioni industriali, mercato del lavoro e bilateralità
La premessa dei contratti integrativi provinciali (cip) in Veneto, che tipicamente contiene le finalità ultime delle intese, presenta affer- mazioni abbastanza standardizzate. Tutti i cip condividono il ruolo di politica attiva dell’EB per favorire l’accesso al mercato del lavoro
(MdL) e all’occupazione tenendo conto delle esigenze di flessibilità delle imprese: a questo, com’è proprio anche dal disegno stesso della costruzione bilaterale del Ccnl, viene attribuito un ruolo gestionale chiave a garanzia delle parti. A questo scopo, risultano molto più im- portanti gli strumenti da un lato dell’osservatorio e della commissione paritetica provinciale, che ha la funzione di autorizzare i rapporti di lavoro non standard, monitorati quindi dall’osservatorio – che permet- te alle parti di monitorare i comportamenti delle imprese – dall’altro la commissione provinciale di conciliazione e il collegio arbitrale che sono la risorsa offerta alle imprese per minimizzare i costi della ver- tenzialità.
Questo mix è assolutamente centrale per l’accreditamento delle parti e dell’ente stesso. Com’è noto, fin dai tempi della 863/84 le Commissioni bilaterali provinciali permettevano di bypassare la Commissione regionale per l’impiego abbreviando i tempi di autoriz- zazione dei Cfl, allargandosi nel tempo agli altri rapporti di lavoro ati- pici accesi dalle imprese (salvo gli interinali perché contratto di forni- tura di manodopera con un’agenzia). Inoltre, in combinazione con la prestazione Covelco3, già attiva dagli anni ’70, permetteva un governo
– per quanto parziale e di carattere ex post – in entrata e in uscita del mercato del lavoro.
Questa standardizzazione mira a garantire un’uniformità di tratta- mento sul territorio regionale, fatto salvo il Centro per l’impiego (CIP) di Venezia del 12 aprile 2002 che attribuisce una delega al collegio
3 Covelco è il Contributo Vertenze Lavoro Collettive istituito al fine di garantire la funzionalità delle relazioni sindacali con l’attivazione di una trattenuta pari allo 0,20% della retribuzione lorda ripartita: a carico del datore di lavoro per lo 0,10% e a carico del lavoratore per lo 0,10%.
arbitrale per i provvedimenti disciplinari. Questa peculiarità riconosce implicitamente un grado molto alto di conflittualità e, spesso, di irri- ducibilità di ricomposizione di vertenze che normalmente possono es- sere risolte fra le parti: ampliando la possibilità di intervento di un col- legio arbitrale le parti si spogliano di parte delle loro prerogative, limi- tando potenzialmente il loro potere regolativo da un lato, dall’altro tendono a ridurre il ricorso alle vie giudiziarie anche per vertenzialità “minori”. Infine, le parti concordano in forma standard tanto alla pro- mozione di Fon.Te. con un apposito sportello informativo quanto alla previdenza sanitaria integrativa.
Infine, tutti gli accordi provinciali prevedono l’istituzione di un Organismo Paritetico Provinciale (OPP) per la sicurezza, non previsti nel Ccnl del 1999, che arricchiscono l’offerta dell’Ente Bilaterale su un tema spesso sottostimato ma che, nel settore, presenta ulteriori a- spetti connessi alla natura di luoghi aperti al pubblico degli esercizi commerciali e turistici, vale a dire la sicurezza antincendio e la sicu- rezza nella manipolazione degli alimenti (Haccp). Per le caratteristi- che del settore e le dimensioni delle imprese, dove le competenze dei rappresentanti per la sicurezza aziendali e dei lavoratori sono piuttosto limitate, il supporto offerto dagli OPP in materia di fabbisogni forma- tivi (azioni di informazione e formazione, tenuta degli elenchi dei rap- presentanti per la sicurezza e individuazione degli esperti) appare un fatto non marginale e con buone potenzialità di sviluppo.
Nel complesso, possiamo rilevare una sostanziale omogeneità del raggio di azione degli EB provinciali attribuiti dalla contrattazione in- tegrativa, confermandone il carattere di organi territoriali dell’Ente Bi- laterale nazionale.
Apprendistato e pari opportunità: fra bilateralità e contrattazione
La gestione dei Cfl, tanto per la parte autorizzativa che per la for- mazione d’aula, era stata una delle prime ragioni che hanno incentiva- to la costituzione degli Enti Bilaterali. Com’è noto, in seguito alla sen- tenza della Corte di Giustizia europea sugli aiuti di stato sottesi al Cfl e alla preferenza accordata dalla l.196/97 all’apprendistato come con- tratto a causa mista di riferimento, gli equilibri sono notevolmente cambiati negli EBT, il cui asse si è spostato verso il binomio forma- zione continua – incrocio domanda offerta (Xxxxxxxx, 2001a).
Il contratto di apprendistato tuttavia presenta ancora significative lacune: innanzi tutto non prevede un’indennità di malattia, anche in virtù della modesta contribuzione previdenziale a cui sono sottoposti gli apprendisti, mentre la formazione teorica si limita normalmente a quella della prima annualità, con appena cinque corsi di seconda an- nualità erogati nella regione Veneto nel periodo 2000-2005 nel solo anno 2002, di cui tre svolti nel terziario (nessuno nel turismo).
Il Ccnl del 1999 prevede che le aziende possono assumere appren- disti se nei 24 mesi precedenti il 60% degli apprendisti eventualmente assunti risulta mantenuto in servizio (art. 30 bis), con un trattamento economico pari al 70% per la prima metà del rapporto di apprendistato e l’85% nella seconda metà (art. 27). Esso inoltre prevede che l’indennità di malattia venga pagata a decorrere dal terzo mese dall’inizio del rapporto di lavoro per i primi tre giorni di malattia in misura pari al 60% della retribuzione a carico del datore di lavoro per i primi tre giorni e in caso di ricovero ospedaliero, con durate che va- xxxxx dai 12 mesi (VI livello) ai 24 mesi (V livello) fino ai 36 mesi,
lasciando alla contrattazione di livello provinciale la facoltà di deter- minare periodi più lunghi per determinate figure professionali.
L’Accordo provinciale di Treviso del 28 aprile 2000 funge da apri- pista. Si eleva a 48 mesi la durata dell’apprendistato per alcune figure professionali e a 40 per altre, nel contempo eleva all’80% la percen- tuale di mantenimento in servizio per beneficiare dell’autorizzazione della CPP e la retribuzione tabellare, elevata all’80% per i primi 12 mesi, per poi salire al 92%. L’indennità di malattia viene elevata al 100% per i primi tre giorni, viene introdotta un’indennità pari al 35% dal quarto al ventesimo giorno e quindi del 50% fino ai 180 giorni, co- finanziato al 50% dall’Ente Bilaterale fino alla disponibilità dei fondi. È evidente lo scambio fra minor costo per l’impresa derivante dal pro- lungamento del periodo di apprendistato, sopportato dalla finanza pubblica, ridistribuito sotto forma di retribuzione base più elevata e indennità di malattia, in parte direttamente e in parte mutualizzata dall’Ente Bilaterale. È tuttavia evidente che viene così reso definiti- vamente più attraente il contratto di apprendistato per entrambe le par- ti nel settore.
Gli integrativi provinciali di Vicenza e Padova si muovono nello stesso solco. La retribuzione successiva al primo anno è pari al 90% in entrambe le intese, compensata nel secondo caso da un’indennità di malattia pari al 40% dal quarto al ventesimo giorno, limitando la con- tribuzione di EB ai tre eventi morbosi, mentre a Vicenza non si preve- de la contribuzione dell’EB.
L’accordo integrativo di Venezia presenta un notevole distinguo. Nei comuni a vocazione turistica la loro durata viene elevata a 48 me- si, mentre viene portata a 18 mesi negli esercizi stagionali per periodi
non inferiori a tre mesi sull’arco massimo di 48 mesi e con una per- centuale di conferma del 100%. La retribuzione per i primi 18 mesi viene stabilita nell’85%, quindi al 90% fino ai 36 mesi e infine al 95%. L’indennità di malattia riprende il dettato di Padova. La previ- sione dell’apprendistato frammentato su più periodi ha portato alla mancata sottoscrizione da parte della Filcams-Cgil, che giunse dopo l’accordo del 29 gennaio 2004 in cui le parti convenirono di rinviare la legittimità della clausola a un lodo ministeriale, congelandone l’applicazione fino alla sua formulazione e consentendo l’apprendistato con contratti part-time verticali, orizzontali e misti. Appare evidente che consentendo un part-time verticale viene sostan- zialmente aggirato l’oggetto del contendere consentendo all’azienda stagionale di assumere apprendisti, anche se con un ben diverso livello di tutele.
Gli altri contratti provinciali non seguono l’assetto delineato a Tre- viso. Solo a Belluno si eleva al 100% l’indennità di malattia per i pri- mi 3 giorni, si introduce un’indennità forfetaria di 100 euro per assen- ze dai 6 ai 14 giorni, e di 155 euro per assenze di durata superiore.
Inoltre, solo i tre accordi provinciali di Treviso, Vicenza e Padova definiscono nel dettaglio i percorsi formativi per i Cfl superstiti (40 ore di formazione in aula e 40 ore tecnico-pratica per gli A.1 e A.2 e 12 ore di aula e 90 tecnico-pratica per quelli di tipo B), con una gene- rica menzione di specifici percorsi formativi nell’accordo di Venezia.
Nell’Accordo del 29 marzo 2006 a Treviso la regolazione degli ap- prendisti viene anticipata rispetto al rinnovo dell’integrativo, elevando il tasso di conferma per le figure qualificate e specializzate al 90% e uniformando l’indennità di malattia al 60% oltre i 3 giorni.
Orari e congedi parentali
Per tradizione, gli orari adottati nel commercio e soprattutto nel tu- rismo (pubblici esercizi e alberghi in particolare) si caratterizzano per la gravosità determinata dalla necessità di un più o meno ampio disac- coppiamento dagli orari standard degli altri settori manifatturieri e ter- ziari, con un carico particolare sul sabato e sulle ore serali, quando chi lavora negli altri settori gode del proprio tempo libero. Il nastro orario diventa pertanto un importante strumento di garanzia della sostenibili- tà di una prestazione lavorativa non continuativa in turno unico: nei contratti provinciali veneti è stabilito di norma in 11 ore e mezzo, sal- vo in provincia di Venezia dove è fissato in 11 ore, aumentabile a 12 con la corresponsione di un buono pasto di 4.13 €, mentre nelle pro- vince di Treviso e Rovigo la prestazione settimanale deve svolgersi su 10 semiturni. Si concorda inoltre (salvo Venezia) che in caso di turno unico la prestazione sia della durata di 6 ore e 40 minuti, superando la quale si ha diritto a 30 minuti di pausa retribuita. Il lavoro festivo vie- ne compensato con una maggiorazione del 45%, con diritto di godi- mento del riposo compensativo in momenti diversi da quanto previsto dal Ccnl nelle province di Vicenza, Padova e Verona. Questo disegno degli orari si traduce nell’espressione di una posizione comune nei confronti dei comuni in merito agli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Rispetto al contratto provinciale di Treviso, quello di Vicenza in- troduce un’ulteriore innovazione in favore delle lavoratrici madri, considerando i primi 5 giorni di permesso per malattia bambino fino ai 3 anni di età come presenza sul lavoro: si tratta di una misura che mi- gliora in misura più simbolica che reale, riducendo il rischio di perdita
del lavoro per la lavoratrice. Questa clausola viene replicata negli in- tegrativi di Padova, Rovigo e Verona, unitamente – salvo quest’ultima
– all’impegno alla costruzione di un protocollo per le pari opportunità, presente anche nell’integrativo di Venezia.
Infine, la regolazione del part-time è in attesa della sua ridefinizio- ne in sede nazionale. Fa eccezione Rovigo, che prevede di modificare limiti superiori ed inferiori una volta riscontrate particolari situazioni aziendali, e l’accordo del 29 marzo 2006 di Treviso che eleva i limiti da 15-30 ore a 16-32 ore e prevede la possibilità di part-time nel week end fra le 5 e 12 ore per contrastare il lavoro nero (o anche “grigio” delle collaborazioni) privilegiando studenti e casalinghe, sottoscriven- do un accordo aziendale della validità di sei mesi secondo un modulo concordato da presentare presso l’EB, con una maggiorazione del 13% per riduzione d’orario e un tetto di 70 ore al lavoro supplementare, che gode di una maggiorazione del 35%.
Le incertezze sul salario territoriale
Di fronte alla vastità dell’intervento regolativo e dei benefici con- trattuali, legati anche alle prestazioni degli EB, l’elemento retributivo territoriale passa decisamente in secondo ordine in molti integrativi provinciali. Le cifre contrattate sono infatti esigue: l’importo più ele- vato si concorda a Venezia a 258 € (130 nelle aziende con meno di 7 dipendenti), legati ad indicatori di andamento settoriali quali il Pil provinciale, variazione della consistenza dello stock di imprese com- merciali e dei suoi occupati, i consumi regionali, che riprendono il primo accordo provinciale sottoscritto in provincia di Bolzano nel 1999 e quelli concordati in provincia di Padova, dove l’importo mas- simo è 300.000 lire (150.000 sotto i 7 dipendenti) se la somma alge-
brica dei quattro indicatori supera l’1%. Tuttavia, l’accordo di Padova consente alle imprese di individuare altri indicatori (come il volume d’affari, le vendite per addetto, le ore medie lavorate) purché meccani- smo di calcolo e importi non varino, previa comunicazione all’EB che entro 15 giorni provvederà a contattarle: vedremo sotto (par. 4) l’interesse – almeno a livello teorico – di questa opportunità.
Nelle altre province, peraltro, si concordano importi fissi, che va- xxxxx fra i 92,96 € annui in provincia di Rovigo (61,97 sotto i 7 dipen- denti) e gli 11,50 € mensili a regime in provincia di Belluno.
1.2 La contrattazione nei settori artigiani
La contrattazione nei settori artigiani è fortemente influenzate dal livello confederale, che di fatto ne controlla le dinamiche e tende a ri- produrre uno schema tipo sull’intero comparto. In particolare, i rinno- vi del 2002 sono stati pesantemente influenzati dal rinnovo nella me- talmeccanica artigiana, le cui vicende, discusse in Giaccone (2003), sono qui riprese per evidenziare le criticità negoziali.
Una prima ipotesi di rinnovo viene sottoscritta nell’ottobre 2001, ma dopo pochi giorni la Fiom regionale ritira la firma per le clausole di erogazione dell’elemento economico territoriale (EET) e di gestione delle flessibilità di orario.
L’EET, riproporzionato sulle ore di presenza effettiva, esclude dal godimento tutti i dipendenti con rapporti a termine, ed è legato all’andamento del settore desunto da tre indicatori su scala regionale tratti dalle fonti interne Ebav (variazione delle imprese, dei dipendenti e le ore medie di sospensione dal lavoro), dei quali due devono essere soddisfatti a livello regionale escludendo le imprese che risultano in
crisi per aver ridotto il personale e aver fatto ricorso in misura netta- mente superiore alla media di riferimento ai sussidi per sospensione temporanea dal lavoro. La flessibilità di orario viene regolata con due istituti: la gestione dei permessi retribuiti di varia fonte viene attribuita integralmente all’azienda per coprire i vuoti temporanei di produzio- ne, mentre la definizione degli orari plurisettimanali è lasciata alla contrattazione scritta individuale fra impresa e lavoratore.
Si tratta di punti molto delicati, che riguardano la stessa architettura contrattuale artigiana, nazionale e regionale: in particolare, la gestione delle flessibilità di orario così congegnata si trova imbottigliata fra il diritto individuale al godimento delle forme di recupero, la presenza di una qualche regolazione collettiva e la tendenziale esclusione del li- vello aziendale dalle relazioni sindacali stabilito dall’intesa “tecnica” veneta del 19884. È evidente che è quest’ultima a prevalere, lasciando all’azienda la scelta fra una totale unilateralità – formale e/o di fatto – e la contrattazione individuale, che appare praticabile solo per alcuni lavoratori provvisti di effettivo potere contrattuale.
L’intesa viene rivista in alcuni punti. Xxxx apprendisti con almeno 12 mesi di anzianità viene riconosciuto un EET ridotto, e sono con- teggiate come presenza sia le ore di infortunio in azienda che quelle legate all’attività sindacale. Le regole di gestione delle flessibilità di orario sono rettificate: diventa più esplicito il diritto al godimento “per esigenze personali” di 16 ore di permessi retribuiti; per gli orari pluri- settimanali si stabilisce un tetto di 48 ore; si prevede una verifica qua-
4 È da notare che la normativa veneta sulle sospensioni temporanee dal lavoro diffe- risce da quella delle altre regioni: in Xxxxxx Xxxxxxx, ad esempio, il sussidio è ero- gato anche per un solo giorno di sospensione previo verbale di accordo, in Veneto è prevista una franchigia che varia, a seconda dei contratti, dai 10 ai 20 giorni.
drimestrale della normativa e si definisce un testo standard di accordo scritto, che deve essere sottoscritto anche dalle Rsa, ove esistenti.
Il testo finale introduce alcuni correttivi a una gestione prevalente- mente unilaterale degli orari, ed appare inoltre opinabile il rispetto dei requisiti per la decontribuzione, come in molti altri casi. Né era pen- sabile mutare radicalmente un testo che era già stato sottoscritto. Ap- pare tuttavia di un qualche significato l’obbligo di ratifica da parte delle Rsa – laddove presenti – che apre un varco all’interpretazione restrittiva delle associazioni datoriali dell’intesa tecnica del 1988, an- che se mantiene nei fatti il carattere di eccezionalità5.
Rimangono inalterati gli altri punti dell’intesa, e cioè l’incremento delle quote versate ai fondi di categoria e alcune modifiche nelle ripar- tizioni alle principali tipologie di fondi, l’utilizzo delle fonti interne elaborate dall’osservatorio Ebav per monitorare l’andamento congiun- turale e stime del Pil e del valore aggiunto prodotti, e sviluppare attivi- tà di formazione professionale fondate sulle rilevazioni EBNA ed E- xcelsior. Come si può osservare, gli importi economici presentano scarse differenze fra i due settori, con parametri abbastanza simili e contribuzioni di secondo livello inferiori.
Come si può osservare, nei settori terziari gli incrementi retributivi sono assai modesti (rispettivamente 21 e 23 € rispetto agli oltre 30€ della metalmeccanica, legno-arredo e alimentare) ed erogati con indi- catori soglia molto bassi, e cioè in caso di contrazione anche forte tan-
5 La sindacalizzazione nell’artigianato veneto è inferiore al 10% e concentrata in al- cuni distretti industriali a dominanza artigiana, come la ceramica di Nove. Buona parte delle iscrizioni avviene presso le organizzazioni sindacali in occasione della compilazione dei moduli per le prestazioni Ebav o di altri servizi individuali (patro- nato, dichiarazione dei redditi, vertenze). Sono infine incluse le tessere che non tran- sitano per l’azienda (brevi manu o RID bancario)
to del numero di dipendenti quanto delle imprese. Tuttavia, le ore me- die di sospensione sono più basse nel pulimento che nell’acconciatura (60 ore come media settoriale e 150 ore a livello aziendale nel caso del pulimento, mentre nell’estetica sono rispettivamente 80 e 180 ore) nonostante si possa presumere un flusso di attività più regolare nel se- condo caso rispetto al primo. Tenendo conto che l’erogazione viene meno solo se tre indicatori su quattro non sono raggiunti, questo even- to ha una probabilità di gran lunga più bassa nell’acconciatura che nel pulimento, dove la turbolenza aziendale, la competizione con le a- ziende in forma cooperativa sono molto più aspre.
Tab. 1 - Premio di risultato e indicatori nei settori artigiani terziari
Data stipula | EET massimo | Indicatori soglia | Fondi di categoria |
Inquadr. Appren- (moda) disti | n. n. Media Sospensio- imprese dipend. sospensione ne azienda | azienda+ lavoratore | |
Pulimento 12.06.02 | 21 (4.liv) | -10% -10% 60 ore 150 ore | 2,80 + 1,00 |
Acconciatura- 03.06.02 estetica | 23 (3.liv.) | -8% -10% 80 ore 180 ore. | 4,13 + 1,03 |
Fonte: nostre elaborazioni da xxxx://xxx.xxxx.xxxxxx.xx/
1.3 La contrattazione nella vigilanza privata
La contrattazione provinciale nella vigilanza privata presenta dei caratteri abbastanza spuri per due ragioni. Innanzi tutto le imprese in- teressate sono poche e di dimensione mediamente grande, operanti su più province o regioni, ragion per cui sarebbe più corretto parlare di contrattazione interaziendale su scala provinciale.
In Veneto, la contrattazione integrativa provinciale si è concentrata in meno di un anno, dal 18 aprile 2002 (Vicenza) al 21 marzo 2003 (Belluno) e vede come attore trasversale Assovigilanza nazionale, dando un chiaro segnale del livello di coordinamento. L’Ente Bilatera-
le, previsto dal Ccnl, è su scala regionale focalizzato sui fabbisogni formativi, sulla commissione paritetica e sulla previdenza sanitaria in- tegrativa, pertanto ha una funzione di coordinamento e di interfaccia con la Regione, ma non esaurisce l’orizzonte delle relazioni industriali in quanto monitora non solo gli andamenti del mercato del lavoro ma anche l’andamento della banca ore e degli straordinari, con incontri a cadenza quanto meno semestrale e a Treviso su richiesta di una delle parti. In questo contesto si inserisce l’informazione tempestiva sui cambi appalto, possibilmente preventiva (VI, VR) con incontro entro tre giorni dalla richiesta, con garanzie occupazionali in caso di suben- tro negli appalti a Belluno.
Si individuano le linee guida della formazione professionale in stretta interazione con EB, che includono il porto d’armi, le esercita- zioni quadrimestrali di tiro, l’uso delle ricetrasmittenti, la mappatura dei rischi ex 626 e la cultura dei rischi.
Gli orari sono un terreno delicato, da un lato per la funzione inte- grativa in famiglie monoreddito immigrate, dall’altro per i problemi di conciliazione. A Vicenza, Treviso e Verona sono previsti 4 giorni re- tribuiti per malattia bambino fino ai tre anni (3 a Verona fino ai cinque anni), a Verona questa previsione è integrato dal diritto a 15 giorni continuativi di ferie fra giugno e settembre sulla base di un piano fe- rie; un nastro orario di 12 ore con recupero entro il mese non in giorno di riposo o permesso senza maggiorazione se l’orario effettuato è infe- riore, con prospetto settimanale o quindicinale dei turni, mentre a Ve- nezia le flessibilità sono contrattabili a livello aziendale.
Per la delicatezza delle mansioni, le testimonianze processuali sono considerate orario di lavoro a Vicenza, Verona e Belluno, salvo evi-
dente conflitto di interessi, con spese legali a carico dell’azienda; a Vicenza il massimale della polizza infortuni viene elevato del 20%. A Vicenza, Verona e Belluno si regolano i rimborsi sulla base delle ta- belle ACI. A Belluno, infine, si stabilisce che le multe alla guida sono a carico del lavoratore, come pure i danni causati in sinistri con tratte- nuta sullo stipendio e quote a carico variabili con la sinistrosità.
Sul piano retributivo, si osserva l’uniformazione del buono pasto a un valore fra 5.16€ e 5.30€, e un premio di risultato legato alla presen- za, con uno zoccolo di base fra i 100 (BL) e i 120 € (TV, VE, VR) in caso di assenteismo collettivo inferiore al 10% e con incrementi per ciascuna giornata prestate in eccedenza a un numero minimo per tur- nazione (10€ a VE e TV, che diventano 25 oltre le nove), 15€ a Vero- na, 4€ a Belluno che diventano 7 oltre le 7 giornate eccedenti.
1.4 Una comparazione fra i settori
Si può osservare che, a prescindere dal livello al quale viene siglato l’accordo, questi raggruppamenti sono accomunati da un forte coordi- namento, ben superiore a quello che di norma si osserva nella contrat- tazione aziendale, dove gli stili contrattuali riflettono caratteristiche organizzative tanto hard (processo produttivo, mercato) e soft (stili re- golativi).
Nel commercio e terziario sono evidenti tanto il coordinamento re- gionale e i termini dello scambio sottostanti l’Accordo del 12 gennaio 2000: prolungamento dell’apprendistato a 48 mesi per una trentina di figure professionali contro indennità di malattia e innalzamento tanto dei tassi di conferma che delle retribuzioni loro spettanti; impegno delle risorse liberate dalla formazione per i Cfl nei sistemi di incrocio
domanda-offerta, nella formazione continua e in prestazioni degli EB, specie contribuzioni. Le clausole contrattuali si fondano su un testo standard, ripetuto spesso senza variazioni fra gli accordi (quelle con- nesse alle relazioni industriali, alle funzioni degli Enti Bilaterali e il nastro orario) e parti “in apprendimento”, che riflettono esigenze e di- sponibilità delle parti a livello locale: fra queste seconde, i giorni di congedo retribuiti, le proporzioni delle prestazioni per la carenza ma- lattia degli apprendisti, il salario territoriale, la formazione. Con ogni probabilità il ruolo di apripista giocato da Treviso non pare discendere da un’effettiva leadership a livello regionale fra le Ascom, ma fra a- genzie formative con competenze progettuali nettamente superiori ri- spetto alle altre agenzie Confcommercio, dopo che la regolazione re- gionale ha di fatto sminuito il ruolo degli Enti Bilaterali, ponendoli sullo stesso piano degli accordi fra le parti, ed identificando enti capo- fila per la progettazione settoriale. Questo fatto non è senza significato ed evidenzia l’importanza nella strategia delle associazioni di rappre- sentanza firmatarie dell’erogazione dei servizi di natura individuale – e non solo di rappresentanza collettiva e implementazione contrattuale
–, in questo caso la qualificazione della risorsa umana (imprenditori e dipendenti) per far fronte alle dinamiche competitive.
Il caso di Venezia riflette una trasgressione del patto sul tipo di tu- tele per gli apprendisti, impiegati chiaramente come fattore di conte- nimento dei costi nelle aree turistiche: questo riflette una competizio- ne fra Enti Bilaterali, fra quelli di Confcommercio e EBT-AV egemo- nizzato da AVA, che si pone fuori da Confcommercio stessa, puntan- do su una competizione fra fattori di costo e quindi al ribasso. Da qui il contenzioso fra Xxxxxxx e gli altri attori.
Nel complesso, le parti non attuate dell’accordo regionale sulle re- lazioni industriali del 2000 si riducono al solo Ente Bilaterale regiona- le, e non dipendono chiaramente da inadempienza delle parti ma dal venir meno della sua necessità, in quanto le regole stabilite dalla Re- gione Veneto sul finanziamento della formazione considerano gli Enti Bilaterali nient’altro che organismi tecnico-funzionali, la cui volontà non può essere distinta da quella delle organizzazioni socie – in primo luogo quelle datoriali – secondo il modello disegnato da Xxxxxxxxxx (1990) per Ebav. È stata pertanto una scelta di buon senso condivisa non darvi seguito perché benefici e competenze di questo nuovo orga- nismo sarebbero stati a detrimento degli EB provinciali, non proponi- bile per comprensibili ragioni, né avrebbe migliorato il livello di coor- dinamento fra gli enti stessi.
Nei settori di contrattazione artigiana si osserva una sostanziale ete- rodirezione della contrattazione da parte delle confederazioni regionali artigiane, lasciando alle organizzazioni di categoria la sola definizione delle prestazioni di secondo livello. Come già evidenziato altrove (Xxxxxxxx, 2003), per i suoi caratteri che eludono dal settore diventa un vincolo esogeno all’azione di ogni categoria sindacale nei confronti delle centrali confederali regionali, segnatamente Frav (Federazione Regionale Artigianato Veneto).
Nella vigilanza, il coordinamento è chiaramente garantito dal livel- lo nazionale delle associazioni imprenditoriali, ma di fatto circoscritto alla sola parte salariale (premio di risultato legato alla presenza e ade- guamento dei buoni pasto) e al richiamo dell’Ente Bilaterale decentra- to, la cui costituzione è annunciata in tutti gli accordi ma a tutt’oggi non ancora avvenuta, mentre per gli altri temi si osserva una “geome-
tria variabile”: se la formazione è menzionata in tutti gli accordi, cam- bia il modo in cui è enunciata – più puntuale a Vicenza, Venezia e Ve- rona, più generica altrove – la presenza e la trattazione degli altri temi è condiviso da alcuni accordi ma non da altri. L’ipotesi più plausibile è che questo dipenda dalle domande espresse a livello locale tanto da parte dei lavoratori che delle imprese, riflettendo problematiche locali.
2. L’evoluzione degli Enti Bilaterali: una ricostruzione di presta- zioni e contribuzioni
Il disegno nazionale degli EB del terziario è dato dallo statuto na- zionale, secondo il quale (xxxx://xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxx.xxx) gli enti territoriali sono emanazione dell’ente nazionale, attivati su scala pro- vinciale dalle rispettive associazioni di rappresentanza e aventi sede presso la sede provinciale dell’Ascom. Non a caso, gli EB di Vicenza, Treviso, Padova e Verona sono stati tutti costituiti in assenza di intese provinciali, ma fondandosi sul solo dettato del contratto nazionale. Tuttavia, nel caso di Belluno e Rovigo la fonte è contrattuale: nel pri- mo caso per la scelta dell’Associazione Albergatori di Cortina d’Ampezzo – che fino a tutti gli anni ’80 sottoscriveva con le organiz- zazioni sindacali un accordo integrativo territoriale – di aderire ad un ente provinciale per ragioni tanto di massa critica quanto di stretta in- terconnessione fra esercizi commerciali e turistici, come si evidenzia nella stessa denominazione dell’EB.
Nel turismo, il fondamento per la costituzione dell’EB è misto: in alcuni casi (Venezia, Terme Euganee) vi è una volontà espressa a li- vello locale, mancante in altri casi (Garda, Verona, Spiagge Venete) dove Confcommercio è egemone.
Per quanto riguarda le prestazioni, l’ordine di elencazione delle at- tività previste dallo statuto nazionale può essere considerato come un ordine di priorità.
Nell’ordine sono menzionate:
− la formazione e le attività (osservatorio progetti comunitari) fina- lizzate alla formazione (punti c-e ed l);
− l’incontro domanda-offerta (punto g);
− pari opportunità (pp. h-i);
− forme di sostegno al reddito (p. m);
− monitoraggio dei rapporti a tempo determinato (p. n);
− relazioni industriali (accordi e elezioni rappresentanti, pp. o, p, t);
− previdenza e assistenza complementare (pp. q-r);
− salute e sicurezza (p. s);
− oltre a punti di funzionalità e promozione dell’efficienza organiz- zativa (gli altri punti).
A livello locale, l’analisi dell’impatto degli Enti Bilaterali avviene sui due versanti della contribuzione e delle prestazioni previste statu- tariamente, che si fondano solitamente sulla contrattazione. Tuttavia, si tratta di un impatto tipicamente regolativo e non economico, in as- senza di informazioni aggiornate sulle contribuzioni incassate – dalle quali ricavare le effettive adesioni e il grado di consenso – e delle pre- stazioni erogate: i tentativi più recenti in tal senso sono stati condotti da Giaccone (2001a) e Gallina (2006).
2.1 Contribuenti e contribuzioni
Le imprese contribuenti nel 2005 sono oltre 25.000, mentre i lavo- ratori registrati poco meno di 70.000, di cui oltre i 60% nel turismo: la dimensione media delle imprese del commercio è di gran lunga infe- riore a quella del turismo, dovuto all’iscrizione di stabilimenti alber- ghieri di media e grande dimensione (oltre 50 addetti) concentrati
nell’area veneziana e nel bacino termale Euganeo. Appare difficile trarre delle stime di adesione per entrambi i settori e per il commercio in particolare per il difficile discrimine fra i diversi regimi contrattuali (Confcommercio, Confesercenti, Cooperative di Consumo) e per la presenza nel contratto Confcommercio delle imprese aderenti a Feder- distribuzione-Confindustria.
Tab. 2 - Numero di aziende e lavoratori iscritti
Aziende | Lavoratori | Media lavoratori per azienda | |
Commercio | 15,463 | 26,606 | 1, 72 |
Turismo | 9,734 | 42,236 | 4,34 |
Totale | 25,197 | 68,842 | 2,73 |
Fonte: Gallina (2006) |
Come si può osservare dalla tab. 3, le contribuzioni appaiono abba- stanza standardizzate. Nel turismo sono uguali in tutti gli enti, mentre nel commercio c’è una qualche variabilità nelle contribuzioni com- plessive, che oscillano dallo 0,35% in provincia di Treviso allo 0,25% nelle province di Verona e Vicenza e nell’EB Veneto di Confesercen- ti. Più ampie le oscillazioni fra dipendenti e imprese, e quindi il tasso di partecipazione alla contribuzione. Per i lavoratori è minimo in pro- vincia di Treviso e Vicenza e nell’EB Veneto (0,05%) e massimo in quelle di Venezia e Belluno (0,15%) dove le contribuzioni sono pari- tarie. In queste province ed in quella di Verona la contribuzione a- ziendale registra i valori più bassi (0,10%), segnalando una qualche difficoltà di persuasione dei propri associati da parte di Ascom. A Bel- luno e Venezia, pertanto, si rende necessaria un’elevata contribuzione da parte dei lavoratori per il finanziamento delle prestazioni: in questi casi, la mutualizzazione delle prestazioni è a carico dei lavoratori, con un cofinanziamento aziendale.
Tab. 3 Quote di iscrizione agli Enti Bilaterali
Nome completo Commercio Turismo
% Azd % Dip % Tot% Azd % Dip % Tot Assist
contr.
Sanitaria
integr
EB Provinciale di Belluno 0,15 | 0,15 | 0,30 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Padova 0,20 | 0,10 | 0,30 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
OB Xxxxx Xxxxxxxxxxx - | - | - | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB provincia di Rovigo 0,20 | 0,10 | 0,30 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Provincia di Treviso 0,30 | 0,05 | 0,35 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Terziario della 0,15 | 0,15 | 0,30 | - | - | - | ||
EB turismo spiagge venete ed entro- - | - | - | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Turismo Area Veneziana - | - | - | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB del commercio e del 0,15 | 0,10 | 0,25 | - | - | - | ||
EB del turismo del veronese - | - | - | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Turismo Gardesano, alberghi, - | - | - | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB settore terziario della 0,20 | 0,05 | 0,25 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | ||
EB Veneto 0,20 | 0,05 | 0,25 | 0,20 | 0,20 | 0,40 | 0,25 | 30 |
Ebav acconciatura estetica (€) 8,67 | 1,87 | 10,54 | |||||
Ebav pulizie (€) 7,34 | 1,84 | 9,18 |
settori terziario e turismo commercio, turismo e servizi provincia di Venezia
terra della prov. di Venezia
terziario della Provincia di Verona
campeggi e agenzie di viaggio provincia di Vicenza
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
Viceversa, laddove la contribuzione complessiva è almeno dello 0,30 e la quota a carico delle aziende almeno dello 0,20 (Padova, Ro- vigo, Treviso) è evidente che le associazioni locali sono forti ed in grado di influenzare i comportamenti dei propri associati, con un gra- do di condivisione da parte sindacale molto alto. Treviso si caratteriz- za per una quota particolarmente alta a carico delle aziende (0,30), e simbolica a carico dei lavoratori (0.05): è evidente la volontà azienda- le di mutualizzare costi aziendali (la malattia apprendisti), di farsi ca- rico di un servizio percepito benefico più per le aziende che per i lavo- ratori (incontro domanda-offerta) e di cofinanziamento delle presta- zioni per questi ultimi. Un discorso analogo vale anche per la provin- cia di Vicenza, dove le contribuzioni sono solo apparentemente basse
in quanto i costi per la malattia apprendisti e dei congedi retribuiti per malattia bambino sono a carico dell’azienda.
Va infine notato che solo nell’EB del terziario della provincia di Venezia riscuote la quota di assistenza contrattuale, non a caso frutto di un accordo separato.
2.2 Le prestazioni
Più interessante e variegato il fronte delle prestazioni, che possiamo articolare su più dimensioni:
− la formazione professionale;
− i servizi e le contribuzioni alle aziende;
− le prestazioni in favore dei lavoratori;
− le azioni degli EB in materia di mercato del lavoro.
Dal loro mix ed articolazione è possibile mappare diverse tipolo- gie di Enti Bilaterali, nonostante la presenza di nuclei importanti di prestazioni comuni eccedenti le prescrizioni nazionali. Una piena va- lutazione, tuttavia, deve comunque investigare la copertura fornita dal- le prestazioni previste, prendendo in considerazione la numerosità del- le prestazioni erogate, cosa che tuttavia fuoriesce dallo scopo del pre- sente rapporto.
2.2.1 Le prestazioni: la formazione professionale
Com’è noto, la formazione professionale è un punto qualificante degli Enti Bilaterali. In origine, era uno strumento per ottemperare ad obblighi legislativi (Cfl, sicurezza) poi si è estesa alla formazione con- tinua in via sempre più marcata grazie all’avvio dei fondi professionali nel 2003 (For.Te.).
.
Tab. 4 - Le prestazioni in favore della formazione professionale
Nome completo | FP marketing competenze relazionali | FP 626 | FP informa- zioni | FP tecnica | FP lingue | FP manageriale | Piani formativi indiv. | Fabbisogni formativi aziendali | Voucher | Cofinan- ziamento | Bilancio competenze | Ristorno FP |
EB provinciale BL | x | x | x | x | x | |||||||
EB PD | x | x | x | x | x | |||||||
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | x | x | x | x | ||||||||
EB provincia RO settori terziario e turismo | x | x | x | x | 77- max 50% | |||||||
EB provincia TV commercio, turismo e servizi | x | x | x | x | x | 200 | ||||||
EB Terziario della provincia VE | X | x | x | x | x | |||||||
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | X | x | x | x | x | |||||||
EB Turismo Area Veneziana | X | x | x | x | x | x | x | x | x | |||
EB del commercio e del terziario della provincia di VR | x | x | x | x | x | max 50% | ||||||
EB del turismo del veronese | x | x | x | x | x | |||||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | x | x | x | x | x | |||||||
EB settore terziario della provincia VI | x | x | x | x | x | x | ||||||
EB Veneto | x | x | x | 100% | 300-50% | 350-50% | ||||||
Ebav acconciatura estetica | 100% costi max 774,69 | |||||||||||
Ebav pulizie |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
L’importanza della formazione professionale è nota, specie nei si- stemi di piccola e piccolissima impresa: il costo della formazione è particolarmente forte non tanto per una ragione di costi, quanto per le incertezze ad essa associati, data l’alta mobilità del lavoro in queste imprese, e per il forte impatto sul processo produttivo della sua assen- za. Come dimostrano Xxxxxxxxx e Xxxxxx (2007) confrontando i si- stemi formativi in cinque paesi europei, in assenza di coalizioni tra- sversali alle parti sociali o di interessi convergenti fra imprese e lavo- ratori qualificati, si registra “una sostanziale incapacità di generare un’offerta stabile di lavoratori qualificati poiché gli imprenditori man- xxxx della capacità di coordinare le loro azioni nell’area della forma- zione”.
Gli Enti Bilaterali possono intervenire in questa carenza di offerta in due modi: compensando le imprese del costo e dei rischi sopportati e/o offrendo il coordinamento necessario. Quest’ultimo, in particolare si sviluppa grazie a due strumenti: la diffusione delle informazioni sul catalogo dei corsi e la disponibilità degli elenchi del personale destina- tario in generale – i lavoratori e le aziende contribuenti – ed in partico- lare laddove vi è un obbligo di legge (apprendisti, Cfl, sicurezza).
Il “nucleo duro” prevede la formazione di “base” su marketing e competenze relazionali, sicurezza sul lavoro e sicurezza alimentare, competenze informatiche, lingue straniere, competenze specialistiche. Intendiamo qui come “base” quello che sta subito dopo i corsi per ap- prendisti, spesso condividendone docenti e strutture didattiche e for- mative. Questo nucleo duro è soddisfatto da tutti gli Enti Bilaterali terziari, salvo EBAV che opera secondo logiche diverse (contribuzioni e non prestazioni di servizi).
I fattori di differenziazione sono due: la profondità dell’offerta, che permette di approfondire le competenze negli argomenti, e l’offerta di ulteriori servizi, direttamente o indirettamente connessi con le attività formative. Nel primo caso la valutazione appare problematica in quan- to l’ampiezza del catalogo varia anche nel tempo, tuttavia EBT dell’Area Veneziana si caratterizza per l’offerta di corsi per lo svilup- po di competenze manageriali, caratteristico di un sistema turistico evoluto con una forte presenza di catene alberghiere. Inoltre, questo Ente Bilaterale si caratterizza per l’offerta di servizi individuali tanto all’impresa quanto ai lavoratori per lo sviluppo di piani formativi: alle prime si offre come servizio di consulenza la valutazione dei fabbiso- gni formativi, sia pure come offerta non strutturata e codificata, ai se- condi il bilancio di competenza ai lavoratori e la redazione di un piano formativo individuale.
Quest’ultimo è pure offerto da EB Veneto, che supporta finanzia- riamente i voucher (fino a 300 euro a dipendente entro il 50) cofinan- zia progetti aziendali di formazione e integralmente l’analisi di xxxxx- sogni formativi compiute dalle strutture delle organizzazioni soci. Voucher formativi sono offerti anche dagli EB di Vicenza e Treviso, quest’ultimo nel limite di 200 euro.
Alcuni enti scelgono invece di sussidiare le aziende anziché i lavo- ratori con il rimborso dei costi: a Rovigo e Padova questo è nel limite del 50 per un massimo di 77 € per persona, mentre EBAV innalza il rimborso al 100 con il limite di 774,68 €.
Si può pertanto ritenere che EBT - Area Veneziana e EB Veneto diano luogo a infrastrutture che favoriscono notevolmente rispettiva- mente l’impresa e il lavoratore a investire in formazione, offrendo loro
adeguati supporti di servizi (nel primo) e quindi finanziari (nel secon- do caso) che rimangono comunque delle scelte individuali. Va co- munque apprezzato l’introduzione di un voucher in due province chiave come Treviso e Vicenza, due EB di grandi dimensioni e gene- ralisti, con la funzione di stimolare la domanda da parte dei lavoratori.
2.2.2 Servizi e prestazioni alle aziende
I servizi e le prestazioni alle aziende presentano la maggiore differen- ziazione. Le prestazioni più diffuse, condivisa tanto da Eb terziari ed Ebav, sono il ristorno dei costi per la formazione dei dipendenti e i contributi per i libretti e gli accertamenti sanitari. Gli schemi più strut- turati sono EBAV, che offre un ampio spettro di incentivi anche per l’assunzione di fasce a rischio (anziani e giovani), Verona che offre contributi per i congedi in prolungamento della maternità e per l’inserimento di disabili, e EB Veneto che si focalizza su contributi tanto sul versante innovativo (digitalizzazione delle imprese) che tra- dizionale (divise sul lavoro).
Ebav offre prestazioni di welfare alle famiglie degli imprendi- tori e contributi a sostegno delle imprese. Il solo punto di contatto è costituito dai contributi per gli accertamenti sanitari, condiviso con tre EB confederali (Belluno, Padova, Treviso).
Tab. 5 - I servizi alle aziende
Nome completo | Divise lavoro | Internet | Convenzioni | Accertamento sanitario | Borse di studio | Promozione categoriale | Assist. sanit. | Salute e sicurezza | Sostegno credito | Nuova imprese artigiana | Ristorno cigs in deroga | Maternità NR |
EB Provinciale BL | x | |||||||||||
EB PD | x | |||||||||||
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | ||||||||||||
EB provincia RO settori terziario e turismo | ||||||||||||
EB provincia TV commercio, turismo e servizi | x | |||||||||||
EB Terziario della provincia VE | ||||||||||||
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | ||||||||||||
EB Turismo Area Veneziana | ||||||||||||
EB del commercio e del terziario della provincia VR | 600 | |||||||||||
EB del turismo del veronese | ||||||||||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | ||||||||||||
EB settore terziario della provincia VI | ||||||||||||
EB Veneto | 100 | 300-50% | x | |||||||||
Ebav acconciatura estetica | 50% spesa | 260 | x | Fp | x | x | x | |||||
Ebav pulizie | x | Fp | x | x | x |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
Ires Veneto Paper N. 63
2.2.3 Le prestazioni di welfare per le famiglie dei dipendenti
Le prestazioni in favore dei dipendenti costituiscono uno dei capi- toli più complessi delle prestazioni erogate dagli EB. Sono comparsi a partire dal 2000, nella scelta di allocazione delle risorse lasciate libere dalla formazione per Cfl, e costituiscono una fuoriuscita rispetto alla mission originaria degli EB, che era di erogare servizi a lavoratori e imprese e non contribuzioni.
Possiamo raggruppare le prestazioni di welfare per le famiglie dei dipendenti in quattro gruppi:
1) contribuzione a spese mediche non coperte dal servizio sanita- rio nazionale, che includono le spese per protesi oculistiche, dentarie e ortopediche, e le spese per visite mediche: vi presta- no risorse particolarmente ampie gli EB di Padova (tetto mas- simo di 1.780 € annui) e di Rovigo (1.500€), seguiti da Verona e Treviso (fra gli 800 e i 955 €), mentre Belluno, Venezia e l’EB Veneto di Confesercenti si aggirano fra i 250 e i 350€; quest’ultimo tuttavia include un contributo fino a 150€ per vi- site specialistiche e spese mediche;
2) figli disabili: gli EB di Treviso e Verona erogano contributi di una certa ampiezza (rispettivamente 1.500 e 1.000€) mentre quelli di Belluno, Padova e Rovigo si attestano a 500€; di fatto è un risarcimento per i permessi handicap ex l.104 ristretto ai figli disabili;
3) contribuzioni per i figli e la famiglia. Frequente è il contributo per la nascita di un figlio (tra i 200€ di Padova e i 500€ di Ve- nezia) mentre a Verona si eroga un contributo di 1.200€ per chi fruisce dei congedi parentali, meno frequente quello per matrimonio (Belluno e Rovigo), mentre a Padova si prevede un contributo per chi ha figli agli asili nido (400€) e per i libri scolastici (400€) e borse di studio;
4) contributi per la prima casa a Venezia (600€).
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Tab. 6 - Le contribuzioni di welfare per le famiglie dei dipendenti
Nome completo | Natalità | Visite mediche | Protesi | Figli disabili | Prima casa | Matrimonio | Scuola | Asili nido | Maternità |
EB Provinciale BL | 300 | 250 | 500 | 300 | |||||
EB PD | 200 | 155+362+362 + 1000 | 500 | Borse studio, 400 libri | 400 | ||||
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | |||||||||
EB provincia RO settori terziario e turismo | 200 | 250+250+1000 | 500 | 250 | |||||
EB provincia TV commercio, turismo e servizi | 300 | 100+350+350 | 1500 | ||||||
EB Terziario della provincia VE | 500 | 100+200 | 500 | 600 | |||||
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | |||||||||
EB Turismo Area Veneziana | |||||||||
EB del commercio e del terziario della provincia VR | 155+400+400 | 1000 | 1200€ | ||||||
EB del turismo del veronese | |||||||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | |||||||||
EB settore terziario della provincia Vi | |||||||||
EB Veneto | 350€ | 150-50% | 350-50% | 150-50% | x | ||||
Ebav acconciatura estetica | |||||||||
Ebav pulizie |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
Se le contribuzioni per spese mediche non coperte dal SSN appaio- no condivise, anche se fortemente variabili come entità, le politiche per la genitorialità e la disabilità appaiono disorganiche ed abbastanza “a pioggia”: fanno eccezione Padova, che offre una copertura dalla nascita dei figli per tutto il loro percorso scolastico, sia pure con im- porti contenuti, e Verona, che viceversa si focalizza su due eventi cri- tici, posti a carico soprattutto delle donne – che non dimentichiamo, costituiscono la maggioranza dell’occupazione del settore – vale a dire la disabilità e i congedi parentali. Individuare in quest’area un approc- cio preciso può offrire, in congiunzione con i congedi retribuiti per malattia bambino, un pacchetto di indubbio interesse meritevole di ul- teriori sviluppi, anche a beneficio delle imprese.
Appare piuttosto più interessante analizzare gli EB per gamma di prestazioni offerte: molto ampie e diversificate a Padova (ben 8 pre- stazioni, fra le quali nidi e borse di studio) ed EBAV. IL primo appare più rispondente a un comparto giovane, come pure Venezia dove però i nidi fanno parte dell’offerta pubblica, mentre Verona si concentra sui soli rischi gravi (figli disabili e protesi).
Del tutto privi di prestazioni sono tutti gli enti del turismo, che privilegiano altri aspetti, e quello di Vicenza che pone oneri per la ge- nitorialità direttamente in capo alla famiglia.
2.2.4 Le azioni in materia di mercato del lavoro
In precedenti lavori, incluso il citato rapporto per Xxxxxxx del 2001, ma anche Xxxxxxxx (2001b) emergeva come nella contrattazione terri- toriale le misure di welfare abbiano un rilievo forse maggiore nelle motivazioni a contrarre.
Si possono individuare tre tipologie di misure di welfare:
- welfare legate al rapporto di lavoro in essere (formazione, congedi, permessi)
- welfare che influenza i comportamenti di aziende e lavoratori sul mercato del lavoro (ancora formazione, ma soprattutto mi- sure di sostegno al reddito, incrocio domanda-offerta, ecc.)
- welfare che non influenza i comportamenti a livello individua- le, che hanno il carattere di parte di benefits mutualistici, parte di welfare complementare.
L’importanza di queste misure varia in base ai contratti e ai settori. Possiamo articolare tre tipologie di intervento.
La prima ha una funzione sistemica, che pone al centro l’attività degli Enti Bilaterali: c’è un nucleo condiviso dagli enti di emanazione confederale (Confcommercio piuttosto che Confesercenti), composto dalle attività di incrocio domanda-offerta sul mercato del lavoro (con sistemi che hanno diverse denominazioni), conciliazione (che solo a Venezia si estende all’arbitrato per i soli provvedimenti disciplinari), commissione paritetica per la sicurezza e l’applicazione della 626, le autorizzazioni per i diversi lavori atipici e le attività di osservatorio. Tuttavia, questo sistema di intervento sul mercato del lavoro, focaliz- zato sul matching senza tenere conto delle problematiche derivanti dai rischi di scrematura dei lavoratori che si iscrivono (profiling) e delle azioni per adeguare le loro competenze all’evoluzione del settore, non appare essersi connesso con il sistema pubblico dei Servizi per l’impiego, perlomeno a livello contrattuale6, che potrebbe rimediare
6 Nell’attivazione del progetto E-labor finanziato dalla Regione Veneto, che metteva in rete SpI, associazioni di rappresentanza ed altri operatori sul mercato del lavoro, si era scelto di tenere fuori gli Enti Bilaterali con le stesse argomentazioni che si ri- trovano nei consorzi degli apprendistato, inclusi quelli del terziario e del turismo che già offrivano servizi di incontro domanda-offerta.
alle asimmetrie che si vengono a creare sul mercato del lavoro a danno dei soggetti più deboli.
Si cerca comunque di ridurre in parte di questi rischi con una se- conda tipologia di intervento, erogando incentivi alle imprese mirati a specifici segmenti di lavoratori “fasce deboli”, come l’inserimento di disabili (Verona), assunzione a tempo indeterminato di apprendisti, lavoratori anziani over 45 e giovani disoccupati da oltre tre mesi (EBAV) . Questi meccanismi “automatici” non correggono carenze nelle competenze personali, identificabili con azioni quali i bilanci di competenza ed azioni di orientamento.
L’integrazione di queste due aree, invece, appare assai promettente con le opportune interconnessioni con gli SpI e l’attivazione di misure specifiche per l’impiegabilità dei lavoratori disoccupati già iscritti agli EB, come servizi di orientamento e interventi formativi mirati, il cui riferimento è l’Eb del turismo dell’Area Veneziana
Nel turismo, OBTA e EBT-VE lasciano queste attività fuori dal dominio dell’Ente Bilaterale, contrariamente a EBT Spiagge Venete e EBT Gardesano.
Un terzo filone è costituito dai contributi ai lavoratori per il soste- gno al reddito in caso di perdita della capacità di reddito, che hanno la funzione di ammortizzatori integrativi: le tre tipologie affrontate sono la malattia per gli apprendisti (cinque casi, di cui uno integralmente a carico delle aziende), la sospensione/licenziamento per giustificato motivo (otto casi) malattia (un caso oltre il periodo di comporto, due mutualizzazione della quota a carico dell’azienda). L’EB di Belluno introduce un’indennità forfettaria di 260 euro per gli stagisti.
Tab. 7 - Azioni sistemiche sul mercato del lavoro
Nome completo | Incontro domanda -offerta | Conciliazione | Arbitrato | Commissione paritetica 626 | Autorizzazioni | Osservatorio | Altre ricerche | Inserimento disabili | Assunzioni apprendisti | Assunzioni an- ziani e giovani |
EB Provinciale BL | x | x | x | x | X | |||||
EB PD | x | x | x | x | x | |||||
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | x | |||||||||
EB provincia RO settori terziario e turismo | x | x | x | x | x | |||||
EB provincia TV commercio, turismo e servizi | x | x | x | x | x | |||||
EB Terziario della provincia VE | x | x | Solo provv. disciplinari | opp | x | x | ||||
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | x | x | ||||||||
EB Turismo Area Veneziana | x | x | x | |||||||
EB del commercio e del terziario della provincia VR | x | x | x | x | x | x | 1500 | |||
EB del turismo del veronese | x | x | x | x | ||||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | x | x | x | x | ||||||
EB settore terziario della provincia VI | x | x | x | x | x | |||||
EB Veneto | x | |||||||||
Ebav acconciatura estetica | (X) | X | 2000 1000 (giovani) | |||||||
Ebav pulizie | (X) | 2000 1000 (giovani) |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
Ires Veneto Paper N. 63
È da notare che queste forme di sostegno al reddito sono state alla base della nascita degli organismi bilaterali, non solo nella stagione delle Casse (edilizia, agricoltura, settori artigiani), e sono alla base del rilancio degli EB a fine anni ’80. L’integrazione delle indennità di di- soccupazione in caso di sospensione è uno dei capisaldi chiave di E- bav, mentre fra gli enti del terziario, in due casi (terziario Ve, turismo Gardesano) sono menzionati sui siti, ma non precisati, mentre solo in un caso (Verona, tanto commercio quanto turismo) si prevede una precisa indennità.
Appare pertanto sorprendente che uno dei capisaldi della bilaterali- tà – il sostegno al reddito in caso di perdita o sospensione - non si ri- trovi nel terziario così diffusamente come ci si sarebbe atteso: infatti è presente solo nel turismo, dove la stagionalità è una caratteristica di- stintiva, ma solo nell’area Termale Euganea presenta una chiara strut- turazione, e nelle provincie di Belluno e Verona, con un’integrazione al reddito attorno al 15.
43
Tab. 8 - Integrazioni assicurazioni lavoratori
Nome completo | Xxxxxxxx | Xxxxxxxx apprendisti | Sospensione licenziamento dal lavoro | Malattia oltre 180gg | stage |
EB Provinciale BL | 100% primi tre gg. 100€ 6-14gg; 155 oltre rimborsato da EB | 50€/settimana | 260 | ||
EB PD | 620 (turismo) | 100%-40%-50%/60% 50% EB compatib | |||
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | Prestazioni ex CATE (tipo A e tipo B) | ||||
EB provincia RO settori terziario e turismo | |||||
EB provincia TV commercio, turismo e servizi | 620 (turismo) | 100%-35%-50%/60% 50% EB compatib | |||
EB Terziario della provincia VE | 100%-40%-50%/60% 50% EB compatib | ||||
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | Non precisato | ||||
EB Turismo Area Veneziana | Presente ma desueto | ||||
EB del commercio e del terziario della provincia VR | 10€/g max 3.000 per az. | 10€/g max 120 gg. | |||
EB del turismo del veronese | |||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | Non precisato | ||||
EB settore terziario della provincia VI | 100%-35%-50%/60% A carico datore | ||||
EB Veneto | 20 € da 3-15gg 1 volta sola (D) | ||||
Ebav acconciatura estetica | x | ||||
Ebav pulizie | x |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
2.3 il disegno complessivo
Dalla mappatura delle prestazioni chiave, si può osservare:
1) gli enti confederali provinciali offrono in primo luogo servizi sul mercato del lavoro, di ricomposizione della conflittualità e della formazione professionale: in questo senso svolgono una azione in- frastrutturale ad ampio spettro. Lo spostamento del baricentro verso le azioni sul mercato del lavoro e la formazione professiona- le (assolutamente necessario) è andato tuttavia a scapito delle mi- sure “passive”, come l’integrazione delle indennità di disoccupa- zione in caso di sospensione;
2) EBT di Venezia mantiene un profilo distintivo, puntando sullo svi- luppo delle competenze, e in subordine sul sostegno al reddito; in OBTA questo mix appare ribaltato, e probabilmente in via di rie- quilibrio;
3) EBAV non offre prestazioni ma contributi, con una chiara preva- lenza per le imprese, come documentato in vari studi negli ultimi 10 anni;
4) gran parte degli EB confederali integra questa funzione infrastrut- turale con contribuzioni ai lavoratori a fronte di rischi per la salute (protesi, figli disabili) e di figli in età scolare e prescolare, ma sono mediamente carenti a fronte del rischio di perdita del lavoro. In particolare, nelle prestazioni ai lavoratori occupati l’offerta più completa ed avanzata si riscontra a Padova (nido), che ha una fun- zione implicita di incentivazione della permanenza femminile al lavoro, che propone un profilo diverso rispetto a Verona, dove le prestazioni economiche sono più orientate a “rischi rilevanti” per la carriera lavorativa, specie femminile (madre in congedo non re- tribuito per maternità, figli disabili, integrazione all’indennità di disoccupazione);
5) Vicenza integra la propria offerta di politiche attive sul mercato del lavoro con il solo voucher;
6) EBVeneto è in posizione intermedia fra EBT-Area Veneziana, for- temente orientato alla promozione dell’impiegabilità, e gli EB con- federali di Confcommercio che prevedono una quota importate di prestazioni monetarie.
Le caratteristiche delle contribuzioni permettono di ricostruire le logiche retrostanti.
Nel turismo le contribuzioni rispecchiano lo standard contrattuale. Le differenziazioni intervengono nelle prestazioni, con un estremo l’EBT-AV fortemente orientato alla formazione professionale, trala- sciando l’originaria attenzione al sostegno al reddito in caso di so- spensione e crisi aziendale, all’altro OBTA che eredita quest’ultima dalla CATE come asse portante, integrandola con attività formative specifiche, mentre EB-Spiagge venete appare il più debolmente strut- turato. La standardizzazione delle contribuzioni e l’assenza di presta- zioni di welfare per le famiglie sono il minimo comune denominatore. Gli EB del commercio e terziario possono essere distribuiti per fa-
sce di contribuzione.
Gli enti con bassa contribuzione (Verona e Confesercenti) si carat- terizzano per una chiara focalizzazione delle prestazioni, il primo su disabili e maternità, situazioni che creano forte sovraccarico alle fami- glie, specie alle donne, trascurando la malattia per gli apprendisti, il secondo sulla formazione e i servizi alle imprese, con scarso interesse al governo del mercato del lavoro e contribuzioni di malattia appren- disti e di welfare famigliari modeste. In entrambi i casi c’è una sele- zione nell’allocare risorse (relativamente) scarse.
Gli enti a media contribuzione con prevalenza aziendale sono quelli di Padova e Rovigo. Mentre il primo punta fortemente sul welfare per le famiglie, e segnatamente all’infanzia, e sulla malattia apprendisti, il secondo presenta un profilo più “grezzo” nel welfare alle famiglie e preferisce incentivare la formazione con cofinanziamento del costo del lavoro piuttosto che sanare la carenza malattia. Al contrario, quelli con
contribuzione “paritaria” presentano un disegno più “disperso” e “a pioggia”, inclusa la sospensione (nel caso di Belluno vi è la necessità di avvicinare le condizioni per commercio e turismo, fortemente in- trecciati) volto a presidiare le diverse tipologie ma trascurando l’infanzia.
Infine, si è incluso Vicenza fra gli enti ad alta contribuzione con Treviso in quanto pone a carico esclusivo delle aziende prestazioni che altrimenti sono cofinanziate in forma mutualistica, come la malat- tia per gli apprendisti. Entrambi incentivano la domanda di formazio- ne con vouchers, mentre a Treviso il welfare per le famiglie, caratte- rizzato da contribuzioni in caso di figli disabili nettamente superiore al resto della regione e il contributo alle imprese per gli accertamenti sa- nitari giustificano elevate contribuzioni a carico delle imprese. L’EB di Vicenza appare pertanto assai prudente nell’erogazione di risorse fuori degli ambiti tradizionali, anche se probabilmente compensata da un’attenzione all’offerta consolidatasi negli anni ’90.
Emerge pertanto un trade-off non solo fra diversificazione delle prestazioni offerte e “sostanziosità”, ma anche fra un’azione “promo- zionale” dell’EB con prestazioni in grado di intercettare la platea più vasta possibile di lavoratori e un approccio selettivo, concentrato su poche grandi criticità (impiegabilità piuttosto che conciliazione fra la- voro e cura).
Di solito, si adduce l’opzione “welfare complementare per gli oc- cupati” piuttosto che “welfare a fronte del rischio di perdita del lavo- ro” per la necessità di contributi “promozionali” dell’EB nei confronti di aziende e dipendenti, e quindi di “rischi ad alta sensibilità” per que- sti ultimi, fatti salvi gli Eb di Verona e Belluno che temperano i primi
Tab. 9 - Prestazioni e contribuzioni degli EB
Nome completo | Contribuzioni | Formazione professionale | Servizi aziende | Welfare famiglie | Mercato del lavoro | Contribuzioni MdL | Welfare lavoro |
EB Provinciale BL | Media – mutua- lizz lavoratori | standard | sanitaria | Basso + disabili + matrimonio | standard | Sospensione li- cenziamento stage | Malattia appren- disti (basso) |
EB PD | Media - integrati- va | standard | sanitaria | Alto + infanzia disabili | standard | Malattia appren- disti | |
Organismo Bilaterale Xxxxx Xxxxxxxxxxx | contrattuale | standard | standard | sospensione | |||
EB provincia RO settori terziario e turismo | Media - integrati- va | Standard + ristor- no | Alto + disabili ma- trimonio nascita | standard | |||
EB provincia TV commercio, t urismo e servizi | alta | Standard + voucher | sanitaria | Medio + disabili | standard | Malattia appren- disti | |
EB Terziario della provincia VE | Media – mutua- lizz lavoratori | standard | Basso + disabili prima casa | standard + As- sunz. disabili | sospensione | Malattia appren- disti | |
EB turismo spiagge venete ed entroterra della provincia VE | contrattuale | standard | D/S | Sospensione | |||
EB Turismo Area Veneziana | contrattuale | Ampia gamma | D/S osservatorio e ricerca | ||||
EB del commercio e del terziario della provincia VR | bassa | Standard + ristor- no | maternità | Medio + disabili maternità | standard | Sospensione li- cenziamento | Malattia oltre 180 gg |
EB del turismo del veronese | contrattuale | standard | standard | ||||
EB Turismo Gardesano, alberghi, campeggi e agenzie di viaggio | contrattuale | standard | standard | ||||
EB settore terziario della provincia VI | Alta (implicita) | Standard + voucher | standard | ||||
EB Veneto | bassa | Ampia gamma | promozione | Basso + disabili + figli | D/S | Malattia appren- disti (basso) | |
Ebav acconciatura estetica | |||||||
Ebav pulizie |
Fonte: nostre elaborazioni dai siti degli Enti Bilaterali (v. siti consultati)
in favore dei secondi) a fronte dei quali si ricorre alternativamente al supporto del datore di lavoro: in sostanza, una surroga che gli rende più facile essere “benevolo”.
Questa scelta è facilitata da un lato dal basso rischio occupazionale, per il basso tasso di disoccupazione, dall’altro per la competizione di EBAV. Le scelte degli EB confederali veneziani sono in chiara com- petizione su un terreno diverso dall’EBT-AV.
3. Bilateralità e contrattazione aziendale
Il nesso fra bilateralità e contrattazione aziendale è uno dei punti più critici nel modello contrattuale italiano, in quanto si fonda sul principio di alternatività, fra aziendale e territoriale, del secondo livel- lo. Questo perché inibire una regolazione scritta a livello aziendale fa rimanere sommersa una regolazione più o meno intensa che comun- que avviene nell’azienda sindacalizzata, impedendole di acquisire complessità – si pensi alla gestione degli orari, come turnazioni, part- time – dall’altro di affrontare temi nuovi in forma consensuale, come la conciliazione fra lavoro e vita privata e alla formazione continua, dove esistono importanti incentivi pubblici che xxxxxxxxxx la forma scritta.
Il caso del turismo di Venezia si colloca nel solco dell’alternatività dei livelli negoziali decentrati, dove la contrattazione aziendale convi- ve con un Ente Bilaterale istituito nel ’93 (Giaccone, 2001a, Xxxxxxxxxx e Xxxxxxxx, 2005), che si è evoluto nel tempo secondo propri binari rispondendo alle dinamiche competitive del settore a livello locale e ai cambiamenti della legislazione, al punto di accreditarsi come agenzia di formazione professionale. In questo caso, l’Ente Bilaterale e la con-
trattazione aziendale costituiscono due sfere regolative distinte, in cui l’unico nesso è costituito dalla formazione continua, inclusa la salute e sicurezza sul lavoro, ed il primo costituisce un’infrastruttura per l’attività delle aziende, non solo delle relazioni industriali.
Si possono individuare due ipotesi in cui i livelli negoziali decen- trati possono convivere secondo una logica di complementarietà
Il primo caso è la regolazione di temi non previsti dalla contratta- zione territoriale. Il caso Unicomm di Vicenza, che applica il contratto territoriale del 2000, dove a partire dal 2003 sono stati conclusi alcuni accordi per avviare un progetto ex art. 9 della l.53/00 su progetti di formazione al rientro dalla maternità ed altre assenze per congedi, e da questo si è esteso ad altri temi di regolazione aziendale, come la rap- presentanza. Si tratta di materie che, per un interesse aziendale, essa stessa richiede la forma scritta per poter godere di finanziamenti pub- blici: in questo tipo di casistiche c’è il rischio di comportamenti op- portunistici da parte aziendale, come testimoniato da altri casi simili nel terziario di Vicenza, dove la Filcams si è rifiutata di firmare (Xxxxxxxx, 2005). Tuttavia, questa eccezionalità non differisce, ad e- sempio, da casi di gestione delle crisi aziendali, anche in casi, come la chiusura del magazzino di Battaglia Terme della stessa Xxx.xxx., non si fa ricorso a dichiarazione di esuberi che richiedono per legge la forma scritta per l’attivazione delle relative procedure. Vi deve pertan- to essere un interesse aziendale alla forma scritta che prevale alle pre- scrizioni delle associazioni di rappresentanza datoriali le cui esigenze tendono a soccombere, specie nel caso di aziende di dimensioni relati- vamente grandi.
Più interessante è la situazione in cui è la stessa contrattazione ter- ritoriale a rinviare alla regolazione aziendale su temi anche di carattere sostanziali. Un primo caso è costituito dall’accordo della vigilanza privata di Venezia, che rinvia al livello aziendale la regolazione della flessibilità degli orari.
Dal canto suo, il contratto provinciale di Padova offre l’opportunità alle aziende di individuare parametri del salario variabile diversi da quelli concordati a livello territoriale, fermi restando il meccanismo di calcolo (somma algebrica del set di tassi di variazione) e implicita- mente gli importi erogati. Il contratto territoriale segnala alcuni possi- bili parametri a titolo esemplificativo, come il volume d’affari, il rap- porto fatturato per dipendente, la media delle ore lavorate per settima- na e prevede un obbligo di comunicazione a EB, che convocherà l’azienda che si avvale di questa opportunità entro 15gg. Questa op- portunità è di particolare interesse perché tiene conto delle differenze presenti fra le imprese associate a Confcommercio tanto di natura set- toriale quanto soprattutto di natura dimensionale, alcune delle quali ben strutturate e talora con una propria struttura di gestione del perso- nale. L’Ente Bilaterale svolge una funzione di coordinamento in qual- che misura avvicinabile al “metodo aperto di coordinamento” che pre- siede alle politiche del lavoro europee, in forme abbastanza simili a quanto previsto dalla contrattazione provinciale del legno-arredo in provincia di Pordenone dal 1996, dove l’accordo provinciale prevede una gamma di indicatori con valori minimi e massimi del premio, la- sciando che sia l’azienda a stabilire i primi di anno in anno comuni- xxxxxxx a una sede di coordinamento fra le parti, i quali traggono una valutazione annualmente su indicatori e valori a consuntivo. Si posso-
no osservare tuttavia tre differenze rispetto al modello pordenonese, dove si applica ad aziende mediamente più grandi che applicano il contratto delle imprese industriali:
1. la presenza di un Ente Bilaterale a Padova, che svolge una duplice funzione di erogatore di servizi/prestazioni e di regolatore secondo principi di conformità alle clausole contrattuali, nazionali e pro- vinciali;
2. gli indicatori sono comunicati in via preventiva a Padova mentre a Pordenone solo in via consuntiva al coordinamento provinciale (EB nel caso di Padova) e preventivamente solo ai propri dipen- denti (in molti casi sono negoziati, sia pure informalmente);
3. l’assenza di una valutazione a consuntivo su scala territoriale a Padova, che invece appare l’elemento di forza della governance a Pordenone, in quanto permette di esprimere tendenze competitive fra aziende relativamente omogenee per settore e spazialmente concentrate nel distretto del Livenza, e diffondere le sperimenta- zioni più interessanti (logica di mainstreaming): questo evidenzia un interesse delle parti firmatarie su scala provinciale più di natura distributiva che di promozione della competitività del settore.
Infine, l’accordo del 29 marzo 2006 a Treviso per i part-time brevi nel week end ricalca questo schema. In questo caso l’EB non svolge un ruolo di certificatore, come potrebbe essere adombrato nel caso di Padova (ma la prassi potrebbe andare in altra direzione), in quanto tali soluzioni sono rese possibili dalla contrattazione collettiva provincia- le, ma primariamente di collettore e soggetto di monitoraggio, e quindi fonte di apprendimento condiviso fra le parti.
Parte II: i modelli interpretativi
1. Le trasformazioni nella nozione di rapporto di lavoro e la cen- tralità delle capabilities
Nel valutare l’adeguatezza dei modelli di welfare alle trasfor- mazioni sociali e produttive intercorse negli ultimi 30 anni, Xxxxxx- Xxxxxxxx (2002) evidenzia come questi siano stati modellati, al mo- mento della loro costruzione, su un sistema produttivo prevalentemen- te manifatturiero e a dominanza maschile, dove l’uomo apportava gran parte se non l’intero reddito famigliare, mentre attualmente l’occupazione è prevalentemente nei servizi, nei quali l’occupazione è prevalentemente femminile. Queste istituzioni, disegnate per proteg- xxxx da grandi rischi sociali (malattia, disoccupazione, invalidità, vec- chiaia) integravano quello che Gautié e Gazier (2003) identificano come il caposaldo unificante del fordismo, i mercati interni del lavoro, e cioè l’offerta di retribuzioni crescenti con l’età anche a fronte di un calo di produttività nella fase terminale della vita lavorativa. La restri- zione di questo principio al segmento più professionalizzato della for- za lavoro7 aumenta i rischi sociali associati al lavoro fino a ripensare l’intero welfare state.
Inoltre, il declino dei sincronismi sociali e un modello produt- tivo tirato dalla domanda del mercato dove il fattore competitivo chia- ve è il time to market in luogo di un consumo “spinto” dalla produzio- ne, è ben semplificato dall’affermarsi del centro commerciale come modello tanto di organizzazione della produzione, al punto da ispirare il modello toyotista, quanto come molteplicità di orari, turni e di con-
7 Per il caso americano, cfr. Xxxxxxxxx (2002).
tratti di lavoro: si genera così una frammentazione e dispersione per tempi, orari, luoghi di lavoro e durata/tutela dei rapporti di lavoro, con percorsi lavorativi discontinui.
Le domande che si pongono sono le seguenti:
a) attrezzare le persone per il mercato del lavoro, dato che la competizione fra aziende rende problematico offrire in for- ma generalizzata mercati interni del lavoro e quindi investi- re nella crescita professionale del personale;
b) modellare un sistema di welfare che rompa la frattura lavo- ro-non lavoro, incorporando nel lavoro diritti soggettivi di cittadinanza, come la maternità, la cura della famiglia, lo studio o l’impegno politico e sindacale, con una combina- zione di tempo disponibile in grado di modificare la riparti- zione fra i generi del lavoro riproduttivo e di un’offerta di adeguati servizi;
c) offrire un mix di flessibilità e sicurezze ad imprese e lavora- tori che riduca loro il rischio (rispettivamente economico e sociale) derivante dalla discontinuità, frammentazione e di- spersione del lavoro.
Questo modello, a dire il vero, non si ritrovava nella stragrande maggioranza del settore terziario in esame, proprio per le esigenze di più o meno estesa desincronizzazione dei tempi sociali
Seguendo l’elaborazione di Xxxxxx (2002), il rapporto di lavoro si è evoluto dal binomio sicurezze-libertà che contraddistingue il mo- dello di subordinazione di matrice fordista del nostro diritto del lavoro per includere la nozione di responsabilità: questo può tuttavia avvenire sostituendo uno dei due termini del diritto del lavoro consolidato. Nel caso si sostituisca alla nozione di sicurezza, riportandolo al diritto commerciale e ad un rapporto di fornitura di beni e servizi, chiaramen- te osservabile nei rapporti parasubordinati, mentre nel caso si sostitui- sca alla libertà, abbiamo un modello di eterodirezione senza ricono- scimento di soggettività del lavoratore, propria del modello di produ-
zione snella. Xxxxxx, tuttavia, avanza l’ipotesi che la nozione di re- sponsabilità è aggiuntiva e non sostitutiva, allargando pertanto la sfera del diritto del lavoro e riconfigurando il modello di dipendenza e ridu- cendo la sfera della subordinazione a quella del coordinamento, che caratterizza il modello della learning organisation fondato sulla cre- scita professionale dell’individuo.
Nei settori del terziario dove opera Filcams, dove la sicurezza del lavoro era offerta a una porzione ridotta del lavoro dipendenti, gli Enti Bilaterali possono rispondere alle domande sopra elencate inter- venendo con una pluralità di strumenti:
a) la formazione professionale interviene in modo specifico poten- ziando quelle abilità (in particolare la comunicazione, la relazione con il cliente, la conoscenza delle lingue e dell’informatica, la ve- trinistica e il marketing) che possono servire nella mobilità fra la- voro e lavoro;
b) le contribuzioni alla spesa sanitaria e all’educazione della fami- glia, i contributi in caso di congedo parentale integrano sul versan- te del reddito le attività di cura, il contributo per i nidi attenua i co- sti dei servizi per la cura dei bambini, mentre solo i giorni retribui- ti per malattia bambino intervengono nella conciliazione dei tempi, ma solo se goduti dal padre possono riequilibrare la ripartizione fra i generi: è quest’ultimo il caso della vigilanza privata;
c) i servizi di incontro domanda-offerta riduce i rischi sul mercato del lavoro ma, in assenza di azioni in favore dei soggetti a debole impiegabilità e di un supporto alla persona disoccupata, è probabi- le che il loro impatto sui soggetti a più alta difficoltà di colloca- mento sia molto basso .
Per la loro natura mutualistica, secondo Xxxxxx (1999) gli Enti Bilaterali possono giocare un ruolo molto importante nel fruire i c.d. diritti di prelievo sociale: se questi diritti appaiono identificati corret- tamente in connessione con il mercato del lavoro, sul piano dei diritti di cittadinanza vengono erogati solo contributi monetari, che in un ca-
so (Padova) possono contribuire al riequilibrio fra i generi del lavoro di cura – il contributo per asili nido – e in un altro (Verona) incentiva- no la fruizione dei congedi parentali.
2. Gli Enti Bilaterali del terziario come mercati del lavoro transi- zionali
L’approccio dei mercati del lavoro transizionali (transitional labour markets) si è affermato, nel xxxxx xxxxx xxxx ’00, xxx xxxxxxxx- xx in modo complessivo le politiche attive per il lavoro sperimentate nei diversi paesi del centro-nord Europa, in particolare Paesi Bassi, Danimarca e Svezia,per far fronte alla disoccupazione di lunga durata e tenendo conto delle trasformazioni del lavoro e della società.
Poiché il lavoro infatti non è più uno solo per tutta la carriera lavorativa, né è diventato un mercato spot come gli altri, ma piuttosto “una sequenza di compiti e mansioni che si evolvono nel tempo, a se- conda dei bisogni sociali ed economici” (Gautié e Gazier, 2003), que- sto approccio si propone di costruire un equivalente funzionale dei mercati interni del lavoro che consenta si salvaguardare l’impiegabilità (nel senso di “capacità occupazionale” (Supiot, 1999) delle persone che transitano da un lavoro all’altro costruendo delle “passerelle” che rendano paganti le transizioni.
Si definiscono come transizioni non solo ogni passaggio da una condizione lavorativa a una non lavorativa e viceversa (disoccu- pazione, istruzione e formazione, inabilità e pensionamento) ma anche ogni allontanamento dalla tradizionale posizione di lavoro standard - full time a tempo indeterminato – tipica della persona inserita in un mercato interno del lavoro, quali i congedi parentali e formativi, i con- tratti a causa mista, i lavori temporanei e intermittenti, i programmi di
lavoro sussidiato, ma anche il passaggio al part-time. In tutti questi ca- si, l’attività lavorativa remunerata non esaurisce il suo orizzonte lavo- rativo e svolge, o può svolgere, altre attività di lavoro non remunerato e la persona vede intaccata la sua capacità reddituale presente e pro- spettica.
Le trasformazioni economiche e sociali deteriorano rapidamen- te le competenze possedute, già di per sé non particolarmente solide per molte persone. Inoltre, la crescente differenziazione sociale ed in- dividualizzazione delle situazioni non rendono più proponibili ricette indifferenziate, anche per vasti segmenti di lavoratori, e richiedono piuttosto soluzioni su misura dei lavoratori interessati.
Le forme di impieghi transizionali tipicamente individuate sono:
1. transizioni da impieghi part-time o a orario ridotto a full-time, op- pure fra lavoro dipendente e auto-impiego o una combinazione di entrambi;
2. transizioni fra occupazione e disoccupazione;
3. transizioni fra istruzione o formazione e occupazione;
4. transizioni fra lavoro privato non retribuito (come il lavoro dome- stico o il volontariato, ma anche i congedi parentali) e il lavoro re- tribuito scambiato sul mercato;
5. transizioni fra occupazione e pensione, ma anche fra occupazione e inabilità temporanee per malattia e infortunio.
Come afferma Xxxxxx (1998), i mercati del lavoro transiziona- li non sono nulla di nuovo in linea di principio, ma necessitano di un assetto istituzionale esplicito in modo da introdurre delle innovazioni in grado di ridurre in modo significativo la disoccupazione, in partico- lare quella di lunga durata, che è spesso la porta di accesso all’esclusione sociale.
Nella fig 1 sono leggibili i cinque mercati transizionali, per ciascuno dei quali è definito il problema relativo al reddito.
Nelle transizioni nel mercato del lavoro (1.) il problema è la si- curezza del reddito, sia per chi opta per un lavoro a orario ridotto, sia per chi passa per l’autoimpiego proprio dei lavoratori parasubordinati e free lance: allontanarsi dal modello di riferimento del lavoro full- time a tempo indeterminato porta con sé un segnale di limitazione del- la propria disponibilità di lavorare secondo il comando incondizionato del datore di lavoro.
Fig. 1 - I cinque campi transizionali e i loro rischi per il reddito
Fonte: Gautié e Gazier (2003)
Nelle transizioni fra mercato del lavoro e disoccupazione (2.) il problema è il mantenimento del livello del reddito, integrata tempora- neamente da indennità ma dove il problema di prospettiva è rigenera- zione delle competenze e delle capacità lavorative (le capabilities) in grado di generare reddito in misura adeguata. Si fa fronte a questo con politiche attive per il lavoro, come servizi per la ricerca di lavoro e l’incontro domanda/offerta, e con la formazione professionale.
Le transizioni fra mercato del lavoro e formazione (3.) non so- no più da ipotizzare, come nel modello keynesiano-fordista, unidire- zionali dal sistema educativo e formativo al lavoro, ma come un per- corso di frequente andirivieni per la centralità della formazione conti- nua nel mantenimento della capacità occupazionale, aggiornando non solo le skills ma anche le conoscenze teoriche sottostanti, e come tali richiedono la costruzione di un “polmone” reddituale in grado di so- stenere investimenti individuali in capitale umano non solo di breve durata. Un esempio sono i congedi per formazione, che servono per interventi di breve durata, ma possono non bastare.
Le transizioni fra lavoro e famiglie private (4.), che una volta si risolveva nel ritiro dal mercato del lavoro delle donne per le attività di cura famigliare, trova oggi un diffuso aggiornamento della divisio- ne di genere dei lavori di cura del modello socio-produttivo pre- esistente nel part-time femminile, ma assume spesso la configurazione del congedo parentale: la presenza e l’entità di un reddito di supporto e di strategie di reinserimento al lavoro giocano un ruolo chiave nella reversibilità delle scelte, tenendo conto dello stigma che questo ha agli occhi dell’imprenditore.
Infine, le transizioni fra lavoro e situazioni di inabilità lavora- tiva (5.), una volta erano definite in termini di cesura netta, almeno da un punto di vista formale, di pensionamento per anzianità, vecchia o inabilità. Mentre le prime tendono oggi a sfumarsi in un’ottica di “in- vecchiamento attivo” come parte del diritto di cittadinanza, con strate- gie di graduale riduzione dell’orario di lavoro integrato da una pensio- ne part-time che lo complementi, diffuse in molti paesi europei, l’inabilità temporanea può derivare da malattia lunga, anche di origine professionale, o da infortunio sul lavoro, e necessitano di idonee misu- re di reinserimento, in parte condivise con chi ha dovuto essere a lun- go assente dal lavoro (maternità e congedi parentali, ad esempio), in parte specifica alla perdita di capacità lavorativa.
I “buoni” mercati transizionali soddisfano almeno uno dei se- guenti criteri (Xxxxxx, 1998):
− (empowerment) mirano a rafforzare le capacità decisionali degli individui di fronte ad eventi critici della vita umana : “inviare un assegno per proteggere il reddito non è più sufficiente”;
− (reddito e occupazione sostenibili) sostengono la transizione di ri- torno verso il mercato del lavoro “regolare” incentivando l’”attivazione” delle spese passive in effettive promozioni dell’occupazione, secondo il motto “rendere le transizioni paganti” e non il lavoro, come sostengono gli approcci fondati sul libero mercato;
− (coordinamento flessibile) stabilire un nuovo equilibrio fra regola- zione centralizzata e auto-organizzazione delegando maggiori po- xxxx decisionali agli individui e ad agenzie locali per adattarsi ai bi- sogni individuali e alle condizioni locali, con l’obiettivo di rispar- miare spendendo al momento giusto e nel posto giusto;
− (cooperazione) sostenere o stimolare la crescita di networks locali e di partnerships pubblico-privato per la loro implementazione, con l’obiettivo di utilizzare le potenziali sinergie mettendo in rete le risorse disponibili.
Per perseguire questo obiettivo, affermano Xxxxxx e Gazier (2003), è fondamentale lo sviluppo di una negoziazione settoriale e/o locale, con un insieme ampio di partners locali. Il processo negoziale può essere alimentato dalla decentralizzazione delle politiche statali del mercato del lavoro, lasciando l’allocazione delle risorse e la deci- sione sui programmi a livello locale, tenendo conto della necessità di meccanismi centrali compensativi per le disparità territoriali, in assen- za delle quali le regioni relativamente povere sono condannate a tran- sizioni scarsamente finanziate. L’importanza della regolazione locale in forma coordinata è sottolineata da un lato dall’esigenza di costruire soluzioni su misura di quella persona/impresa (o di quel gruppo di persone/imprese), e la cui conoscenza è detenuta dalle rispettive asso- ciazioni di rappresentanza a livello locale: in questo sta la loro capaci- tà di far riuscire gli “incastri” delle politiche pubbliche.
Se noi applichiamo questo schema al settore terziario, osser- viamo che tanto la contrattazione territoriale quanto l’istituzione Ente Bilaterale appaiono maggiormente orientati all’ingresso sul mercato del lavoro tanto per i giovani che provengono dallo studio (Accordo di Treviso 2006 sui part-time brevi) quanto per i contratti con contenuti formativi (malattia e retribuzione degli apprendisti). Si registra un buon orientamento tanto al governo delle transizioni da lavoro a lavo- ro, con un ruolo centrale svolto dai sistemi di incontro domanda- offerta e dell’opportunità di eventi di formazione continua, sia pure non vastissimi, offerti ai soci aderenti, quanto a transizioni di breve o brevissima durata fra lavoro e cura offrire un reddito di supporto (i 5 giorni retribuiti di malattia bambino, l’integrazione dell’indennità di maternità a Verona) che si integra alla previsione contrattuale del part-
time di rientro dalla maternità. Infine, il sistema di incontro D-S – senza però l’offerta di formazione, disponibile attraverso i cataloghi degli enti di formazione finanziati dal FSE – beneficia pure i disoccu- pati. Infine, solo gli Enti Bilaterali di Verona e Belluno intervengono in caso di perdita del lavoro con integrazioni alle indennità di disoc- cupazione, ma non appaiono ancorate a misure di “attivazione” e ri- qualificazione quali quelle previste dagli EBT-AV e EB Veneto (ser- vizi specifici per i disoccupati e formazione mirata).
Fig. 2 - I cinque campi transizionali nel terziario
Legenda: bianco = assente; grigio = impatto più o meno blando, a seconda dell’intensità
Fonte: Gautié e Gazier (2003)
Nel complesso, esistono elementi importanti per la costruzione di mercati transizionali, con uno spettro ampio ma non ancora suffi- cientemente strutturati e robusti da rendere le transizioni paganti per chi incappa in questo rischio.
Nel turismo il mercato del lavoro appare sicuramente pagante la combinazione di transizione formazione – lavoro, specie nel turi- smo di Venezia, dove l’offerta formativa è abbondante e i servizi di supporto (tutoring, bilancio delle competenze, consulenza alle azien- de) ben strutturati, anche se si è andato smarrendo il pilastro del soste- gno al reddito. Per questo tipo di transizione il mercato transizionale appare sufficientemente strutturato in gran parte degli EB del turismo, salvo forse Verona e Spiagge Venete che ricadono nella tipologia pre- cedente. La presenza di servizi di supporto a Venezia e l’abbondanza di formazione disponibile anche in azienda incoraggia le transizioni da lavoro a lavoro perché le competenze sono facilmente riconoscibili e costituiscono un importante strumento di miglioramento economico e professionale. Per la minore intensità della formazione, nel Bacino termale Euganeo la strutturazione dei mercati transizionali da parte di OBTA appare meno fondata sulle competenze detenute quanto su forti legami relazionali fra associazioni di rappresentanza ed integrate da un sostegno al reddito aggiuntivo all’indennità di disoccupazione spe- ciale. Pertanto questo sistema si pone a un livello intermedio fra EBT- AV e il “modello Confcommercio”, tanto come focalizzazione quanto come strutturazione sulle competenze di rete.
Fig. 3 I cinque campi transizionali nel turismo: il caso di Ente Bilaterale del Turismo – Area Veneziana
Legenda: bianco = assente; grigio medio = impatto medio; grigio scuro = alto impat- to
Fonte: Gautié e Gazier (2003)
3. Il governo delle transizioni: un approccio di social risk management
L’approccio dei mercati transizionali può essere pienamente ap- prezzato in un’ottica di social risk management: avendo come pro- blema il mantenimento della capacità occupazionale del lavorato- re/trice nel tempo e, possibilmente, offrirgli/le qualche sviluppo di carriera, consideriamo come “rischio sociale” quegli eventi che pos- sono compromettere questi obiettivi, dalla disoccupazione all’inabilità
ad eventi della vita privata che inducano il lavoratore o la lavoratrice a ridurre la propria disponibilità al lavoro.
Nonostante si sia osservata nei decenni scorsi, e segnatamente fino ai primi anni ’80, una limitazione dell’esposizione al rischio da parte dei soggetti subordinati nel rapporto di lavoro, questo processo è av- venuto in modo diseguale fra i settori: il terziario e il turismo sono fra quelli dove questo processo è risultato meno marcato, vuoi per le ca- ratteristiche delle imprese, spesso di dimensioni piccolissime, vuoi per la presenza di ciclicità tanto annuali (stagionalità) quanto settimanali, con forti oscillazioni della domanda, che presenta una maggiore con- centrazione nei fine settimana.
Un contributo importante a questo processo di limitazione del ri- schio è stato fornito dalla mutualizzazione, istituzionalizzata a livello macro per far fronte ai rischi di perdita di capacità occupazionale (ma- lattia, infortunio, disoccupazione, invalidità permanente): non si può mancare tuttavia di osservare che il principio mutualistico sia alla base degli Enti Bilaterali, e che la loro diffusione ha contribuito a contenere la ripresa dell’esposizione al rischio derivante dalla proliferazione di rapporti a tempo determinato quando non più subordinati – ma piutto- sto parasubordinati – con un grado di tutele ancora inferiore. Un’interpretazione in termini di risk management (gestione del ri- schio), tanto per il/la lavoratore/trice quanto per l’impresa, si può rive- lare assai utile: in questo paragrafo ne sintetizziamo alcuni elementi cardine, come delineati da Xxxxxx (2006).
Il risk management si propone di trasformare il “fato” in “governo del rischio” attraverso la correzione delle distorsioni (asimmetrie in-
formative, distorsioni percettive): diventa “sociale” in quanto si fonda su “diritti sociali”. Le fasi di intervento sono tre:
- prevenzione del rischio (tipicamente: life-long learning per la- voratori, innovazione per le imprese), che per un lavoratore occupato ne aggiornano le competenze professionali evitando il rischio di obsolescenza;
- mitigazione del rischio, agendo tanto sulle skills (multiple, ge- nerali piuttosto che idiosincratiche) e su ammortizzatori tem- porali (banche ore) ed economici (indennità), che permettono di ripartire rischi a fronte di capabilities date e di attenuare, o quanto meno ritardare, l’evento “perdita del lavoro” in modo da prendere tempo prezioso per allestire azioni di fronteggia- mento del rischio;
- fronteggiamento del rischio: indennità di disoccupazione e col- locamento attivo fin dentro il posto di lavoro per favorire la ri- cerca di lavoro e, in caso di obsolescenza e rischio di transi- zione “sfavorevole” verso lavori di qualità inferiore per capa- bilities impiegate e reddito, per consentire la partecipazione a percorsi di formazione che permettano al lavoratore di aggior- nare le proprie capabilities a fronte dei mutamenti del mercato del lavoro.
Tab. 10 - Azioni di social risk management: una mappa generale
Prevenzione Mitigazione Fronteggiamento
Responsabilità individuale (scel- ta/rischio indivi- duale)
Solidarietà indivi- duale (mutualità)
Solidarietà (eventi catastrofici indivi- duali)
Solidarietà collettiva (rischi sistemici)
Autoformazione, scelte di consumo, assicurazione indi- viduale, coinvolgimento nel processo lavorativo
Sistemi regolativi (contratta- zione, partecipazione a livello aziendale
A fronte di rischi professio- nali intrinseci al lavoro
Innovazione, formazione continua, partecipazione
Utilizzo degli stru- menti di solidarietà individuale
Rotazione, polivalen- za, banca ore, sospen- sione a rotazione
Meccanismi assicurativi
Incentivazione delle azioni mutualistiche e forme di ripartizione del rischio
Attivazione nella ricerca del lavoro, capitale sociale individuale
Reti di supporto, capitale sociale fra soggetti collettivi Riabilitazione, indennizzazione e return-to-work policies
Forme di assicurazione e supporto collettivo a fronte di rischi di sistema
Fonte: Xxxxxx (2006)
L’azione degli EB e della contrattazione collettiva decentrata terri- toriale si pone senz’altro nella sfera della mutualità lungo tutta la filie-
ra per il turismo, limitatamente alla prevenzione e alla mitigazione del rischio per il commercio, che appare più focalizzato sulla dimensione solidaristica e mitigatoria. Unica area di fronteggiamento condivisa è il sistema di incontro domanda-offerta, che migliora le opportunità di ricollocamento. Nel complesso, le sfere della prevenzione soprattutto e della mitigazione dei rischi possono essere considerevolmente raf- forzate, mentre nel fronteggiamento appare necessario integrare l’incontro domanda-offerta con altri servizi, tanto raccordandosi con i servizi pubblici quanto con servizi specifici riservati a chi operava già nel settore del commercio e versava contributi al proprio Ente Bilate- rale.
Tab. 11 - Gli Enti Bilaterali del terziario e del turismo in un’ottica di social risk management
Prevenzione Mitigazione Fronteggiamento
Responsabili- tà individuale
Solidarietà individuale
Offerta formazione continua (turismo)
Formazione sicurezza Formazione (turismo)
Malattia e tassi di conferma ap- prendisti, congedi retribuiti In- tegrazione sospensioni (OBTA)
Incontro D-S Incontro D-S, procedure
sostegno per crisi o
ristrutturazione (OBTA)
Solidarietà Contribuzioni
Solidarietà collettiva
4. La flexicurity
La flexicurity è modello teorico che sta godendo di grande popola- xxxx, specie a livello europeo, dove appare il modello di riferimento per la strategia europea. Questa nozione è stata avanzata nella seconda metà (della) fine anni ’90 nei Paesi Bassi, sulla base dell’idea che una riduzione delle protezioni sul mercato del lavoro per i lavoratori per- manenti (tipicamente la flessibilità in uscita) poteva essere compensa- ta da un rafforzamento delle sicurezze sul mercato del lavoro per i la-
vori non standard, e in tal modo contribuire all’aumento dell’occupazione. La riforma olandese del mercato del lavoro del 1999 dà seguito a questa idea, riducendo il grado di protezione per i lavora- tori permanenti, specie nelle autorizzazioni amministrative agli esube- ri e introducendo una serie di presunzioni legali in favore del lavorato- re non standard, in particolare delle agenzie interinali, migliorando il suo livello di sicurezza (Wilthagen et al., 2003). Secondo molti stu- diosi, questo ha contribuito all’eccezionale performance dei tassi di occupazione nei Paesi Bassi, anche se sono stati evidenziati alcuni a- spetti critici (Skettkat e Xxxxxxxxx, 1999). Parimenti, la nozione di fle- xicurity è stata utilizzata per spiegare pure un’analoga performance in Danimarca, dove tradizionalmente un basso livello di protezione sul posto di lavoro si accompagna ad elevati standard di welfare, compre- se le indennità di disoccupazione e i congedi, a cui si sono aggiunti a partire dagli anni ’90 efficaci politiche attive per il lavoro, in partico- lare servizi per l’impiego e formazione professionale.
Seguendo la definizione di Xxxxxxxxx et al. (2003), la flexicurity
rappresenta
“una strategia di policy che tenta, sincronicamente e in modo coordina- to, di migliorare da un lato la flessibilità dei mercati del lavoro, l’organizzazione del lavoro e le relazioni di lavoro, e dall’altro di raf- forzare la sicurezza – sicurezza occupazionale e sicurezza sociale – in particolare per i gruppi più deboli dentro e fuori il mercato del lavoro”.
Va peraltro considerato che non esiste un sistema socio-economico che annulli una delle due dimensioni, che risultano essere due facce della stessa medaglia (Xxxxxxxxx e xxx Xxxxxx, 2004) adottando la no- ta tesi di Xxxxxxx (1987) dei “vincoli benefici”, e cioè laddove si gua- dagna in flessibilità, una rigidità viene creata.
Le strategie di flexicurity possono variare secondo tre dimensioni (Xxxxxxxxx e van Velzen, 2004), dando luogo a un ampio spettro di opportunità:
1) il livello al quale viene attivata, che può essere nazionale, regiona- le o locale, oppure di settore o di impresa;
2) gli attori coinvolti, e cioè i tre soggetti canonici delle relazioni in- dustriali (stato, enti locali, imprese, associazioni di rappresentanza datoriali, sindacati, singoli lavoratori) ma anche associazioni di cit- tadinanza o del terzo settore per la costruzione di reti di sicurezza che travalicano il mercato del lavoro;
3) la forma di codificazione, che può essere la legge, il contratto col- lettivo di lavoro, il patto sociale, l’accordo aziendale, il piano so- ciale, l’accordo individuale, le politiche aziendali di Human Rela- tions Management.
Per avere successo, esse richiedono tre condizioni: la fiducia reci- proca, intesa come reciproco affidamento, alla base del riconoscimen- to delle reciproche esigenze fra le parti; degli architetti, in grado di segnalare problemi e di abbozzare possibili soluzioni, e infine un sen- so di urgenza e di coscienza sociale affinché non solo le reciproche esigenze siano riconosciute, ma diano luogo a un’assunzione di re- sponsabilità in proprio da parte di ciascun attore interessato. In questo senso la loro promozione dà luogo a una forte responsabilizzazione di tutti gli attori.
Xxxxxxxxx propone (per tutti Xxxxxxxxx et al., 2003)una griglia di classificazione dei mercati del lavoro nazionali fondato su quattro dimensioni, tanto di flessibilità quanto di sicurezza (tab. 2). Sul ver- sante delle flessibilità, abbiamo:
- flessibilità numerica esterna: data dalla possibilità di aggiu- stare gli organici alle necessità aziendali sia sul versante delle assunzioni che dei licenziamenti;
- flessibilità numerica interna, data dalla possibilità di variare il tempo e la quantità di lavoro fornita dal personale stabile;
- flessibilità funzionale, che rappresenta la capacità di variare mansione, a pari contenuto professionale (polivalenza) oppure variandolo (polifunzionalità)
- flessibilità salariale, e cioè la possibilità di adattare la retribu- zione agli andamenti aziendali.
Sul versante di interesse dei lavoratori, si individuano le seguenti forme di sicurezza:
- sicurezza dell’impiego, e cioè la sicurezza di mantenere nel tempo l’attuale rapporto di lavoro;
- sicurezza del lavoro, o impiegabilità, vale a dire la possibilità di trovare un lavoro equivalente che misura la spendibilità delle competenze detenute;
- sicurezza del reddito, data dalla possibilità di mantenere gros- so modo il reddito attuale in un impiego alternativo, da poter- si trovare in un tempo sufficientemente breve da non com- prometterne le capacità professionali e il reddito percepito;
- sicurezza di combinazione, data dalla possibilità di conciliare i tempi di lavoro con i tempi da riservare ad attività non retri- buite (cura, studio, tempi sociali, tempo libero, ecc.)
Tab. 12 - Uno schema di indagine della flexicurity
Forme di flessibilità Policy focus Direzione | Direzione Policy focus Forme di sicurezza |
Numerica-esterna | Sicurezza dell’impiego |
Numerica- interna | Sicurezza del lavoro |
Funzionale-interna | Sicurezza del reddito |
Salariale | Sicurezza di combinazione |
Fonte: Xxxxxxxxx et al. 2003
Queste dimensioni sono indagate secondo un doppio binario (tab. 10): il primo, detto policy focus, descrive l’entità del cambiamento in- trodotto dagli attori coinvolti nel recente passato; il secondo, denomi- nato direzione, avanza delle ipotesi sulle possibili evoluzioni entro un
orizzonte temporale di medio periodo, partendo dalle mosse del pre- sente. Appare evidente che si tratta di una rappresentazione dei pro- cessi regolativi, dove la rappresentazione dello stato di fatto sintetizza- ta nella tab. 3 viene situata in termini dinamici e non statici. I due schemi analitici vanno pertanto letti congiuntamente, tenendo conto che al crescere della ricchezza e della complessità del dispositivo so- ciale (o flexicurity mix) aumenta il bisogno di manutenzione da parte degli attori che hanno partecipato alla sua costruzione: tuttavia, non è da escludere che in questa manutenzione la gamma degli attori coin- volti si modifichi, aggiungendo nuovi attori oppure selezionando fra quelli inizialmente interessati, sulla base dell’effettivo coinvolgimento dei diversi stakeholders interessati dalla manovra regolativa.
Questo schema è molto simile a quello avanzato da Cerruti (2000), che aggiunge ad entrambe le dimensioni il fattore normativo, peraltro indirettamente riconducibile alle dimensioni sopra illustrate. Tuttavia, esso ha il limite di non cogliere la forma regolativa che governa que- sto processo, che abbiamo visto essere di interesse congiunto delle parti, e cioè tanto la varietà di attori coinvolti che i loro comportamen- ti. A questo scopo è stato avanzato un ulteriore schema analitico in cui classificare le dimensioni escluse, vale a dire forma regolativa, livello e architetti.
La nozione di flexicurity proposta da Xxxxxxxxx è stata criticata da autori quali Tangian (2004) il quale ritiene che i lavoratori, e i sinda- cati che li rappresentano, non sono disposti ad accettare un livello maggiore di flessibilità sul mercato del lavoro: in particolare ritiene che un forte aumento delle tutele per i lavoratori non standard non è in grado di compensare una sia pur modesta riduzione delle tutele per i
lavoratori permanenti, dando pertanto luogo a uno scambio a sfavore dei lavoratori, data la composizione della forza lavoro. Egli propone la flexicurity come protezione sociale per la forza lavoro flessibile, intesa come alternativa alla pura flessibilizzazione e alle politiche di mera deregolazione.
Tab. 13 - I possibili trade-off tra flessibilità e sicurezza
Forme di flessibilità /Forme di sicurezza | Sicurezza dell’impiego | Sicurezza del lavoro | Sicurezza del reddito | Sicurezza di combinazione |
Numerica-esterna Numerica- interna Funzionale-interna Salariale |
Fonte: Xxxxxxxxx et al 2003
Nella tab. 12 il policy focus rappresenta l’importanza di quella for- ma di flessibilità/sicurezza nelle strategie passate degli attori che dete- nevano un potere regolativi specifico, mentre la direzione indica la lo- ro importanza prevista in un futuro prossimo.
Come ricorda Regalia (2005), le strategie di flexicurity sono prati- cabili solo se le aziende puntano ad ottenere l’impegno dei lavoratori e il loro coinvolgimento negli obiettivi aziendali e a utilizzare forme flessibili di impiego, che non appaiono raggiungibili in forme e misure adeguate attraverso la segmentazione dei mercati interni del lavoro se- condo il modello insider-outsider. Questo può avvenire tanto per vin- coli tecnologico-organizzativi, vuoi per esigenze poste dal mercato dei beni, vuoi infine per vincoli sul mercato del lavoro.
Per raggiungere questi obiettivi, si osservano a livello aziendale differenti strategie di flexicurity. La prima agisce principalmente sulla dimensione normativa, incentrata sull’asse flessibilità numeriche – si-
curezza dell’impiego attraverso diritti di precedenza per i lavoratori non standard, costruendo passerelle che possono preconizzare mercati interni transizionali (Xxxxxx, 1998), in grado di offrire quel sovrappiù di affidabilità della prestazione a parità di disegno organizzativo, per lo meno in una prima fase.
Dal canto suo, la seconda manovra opera sulla dimensione orga- nizzativa, flessibilizzando il rapporto di lavoro standard senza intac- carne le tutele legali ed incentrandosi sul quadrilatero della flexicurity organizzativa, vale a dire flessibilità numeriche interne – flessibilità funzionali - sicurezze di impiegabilità - sicurezze di conciliazione. Questo può avvenire interessando i soli lavoratori permanenti, secon- do il modello insiders-outsiders: può avvenire in termini di scambio a detrimento delle sicurezze di conciliazione, con un peggioramento dei tempi sociali di entrambi i segmenti della forza lavoro, senza intaccare le forme di supervisione, ma può anche osservarsi invertendo la posi- zione delle sicurezze di conciliazione nei termini dello scambio nego- ziale, introducendo cioè forme di flessibilizzazione della prestazione lavorativa che soddisfano le esigenze di tempo dei lavoratori, dalla banca ore fino a orari (full-time o part-time) a scelta individuale, il che significa intervenire sulle forme di supervisione, che si sposta dalla prestazione al risultato.
Se applichiamo questi schemi al commercio, possiamo osservare due fenomeni. Da un lato, il tradizionale rilievo della flessibilità nu- merica si è mantenuto con (++) per la pressione combinata della GDO e dei rapporti atipici, che mantiene un livello di regolazione ancorato alla nozione di monitoraggio. La flessibilità numerica interna si xxxxxx- seca principalmente nei riposi compensativi a fronte del lavoro festi-
vo, ma non in tutte le province, mentre la flessibilità salariale appare poco rilevante e quella funzionale interna non emerge dalla regolazio- ne territoriale.
Sul versante delle sicurezze per i lavoratori, la sicurezza dell’impiego viene affrontata su più fronti: i tassi di conferma per gli apprendisti, i giorni retribuiti per malattia bambino che riduce la pro- babilità di dimissioni. L’impatto sulla sicurezza del lavoro (o impie- gabilità) appare limitato alla maggiore offerta di formazione continua, incentivata in qualche caso dall’offerta di voucher, e facilità di incon- tro domanda-offerta, mentre la sicurezza del reddito viene migliorata per gli apprendisti elevando le indennità di malattia. Infine, la sicurez- za di combinazione appare limitata ai 5 giorni di congedo retribuito per malattia bambino, alla contribuzione per maternità a Verona e alla limitazione in caso di turni spezzati a 10 semiturni settimanali, che appare più stringente del nastro orario di 11 ore e mezzo.
Nel complesso, le misure concordate agiscono su più aspetti della sicurezza del lavoro ma con un impatto abbastanza contenuto, in parte dovuto alla scala territoriale di intervento e alla mancata congiunzione con altre misure di supporto che ne amplifichino l’effetto. Un buon esempio, nel caso della sicurezza di combinazione, è il caso di Verona dove i 5 giorni retribuiti di malattia bambino si combinano con l’indennità ad azienda e lavoratrice in caso di prolungamento dei con- gedi parentali.
Tuttavia, ben poche di queste misure permettono a flessibilità e si- curezza di procedere a braccetto, come auspicano i teorici della flexi- curity. Sicuramente va in questa direzione il part-time week end previ- sto dall’accordo del 29 marzo 2006 a Treviso, in quanto aumenta la
sicurezza dell’impiego, facendolo uscire dal lavoro nero o grigio, e ga- rantisce alle imprese livelli più alti di flessibilità tutelata; il combinato disposto di sistemi di incrocio domanda-offerta e formazione conti- nua, per quanto di estensione limitata, migliorano simultaneamente le esigenze di flessibilità numerica delle imprese e la probabilità di xxxx- piego dei lavoratori, migliorandone il senso si sicurezza sul mercato. Infine, le maggiori tutele per gli apprendisti (malattia e tassi di con- ferma) potrebbero andare nel senso di combinare sicurezza del reddito (ma anche dell’impiego per gli elevati tassi di conferma) se fossero combinati all’effettiva erogazione delle 120 ore di formazione sull’arco dell’intero periodo di apprendistato, e non al solo primo an- no, nella migliore delle ipotesi. Inoltre, le contribuzioni ai lavoratori tendono a compensare un livello di flessibilità numerica sicuramente molto elevato, ma si tratta di una misura più risarcitoria che intenzio- nale, che va a maggior beneficio della componente più stabile della forza lavoro del settore a causa del requisito, frequentemente presente, dell’anzianità settoriale, sia pure misurata in mesi.
Si può osservare come il livello di flexicurity complessivo rimanga basso e finalizzato al mantenimento di un alto livello di flessibilità numerica esterna in favore delle imprese, bilanciato in modo blando e scarsamente focalizzato su assi precisi, e tendenzialmente operante sul mercato del lavoro. Da un lato questo flexicurity mix sottolinea il ruolo degli Enti Bilaterali come soggetto chiave di tenuta degli equilibri set- toriali, aprendo ulteriori spazi di intervento, dall’altro le misure extra mercato del lavoro appaiono più di tipo risarcitorio (e quindi di libertà negativa) che promozionale delle capabilities e dei diritti soggettivi (libertà positiva).
Tab. 14 - La flexicurity map per il terziario in veneto
Forme di flessibilità | Policy focus | Direzione | Direzione | Policy focus | Forme di sicurezza |
Numerica-esterna | ++ | ++ | + | + | Sicurezza dell’impiego |
Numerica- interna | (+) | + | + | (+) | Sicurezza del lavoro |
Funzionale-interna | (+) | Sicurezza del reddito | |||
Salariale | (+) | (+) | (+) | Sicurezza di combinazione |
Tab.15 - I possibili trade-off tra flessibilità e sicurezza
Forme di flessibilità /Forme di sicurezza | Sicurezza dell’impiego | Sicurezza del lavoro | Sicurezza del reddito | Sicurezza di combinazione |
Numerica-esterna | Accordo sul part time Treviso | Incontro DS Formazione | Contribuzioni | |
2006 | professionale | |||
Numerica- interna |
Funzionale-interna (Tassi conferma
apprendisti)
(Indennità malat- tia apprendisti)
Salariale
Nella vigilanza privata, infine, possiamo riscontrare una maggiore attenzione alla flessibilità numerica interna e funzionale interna in ca- so di sospensione della patente, essendo un settore a limitata mobilità interaziendale se non per esigenze famigliari. Ritroviamo qui i tratti propri di aziende quanto meno di medio-piccole dimensioni dotate di una certa struttura organizzativa e gestionale.
Parte III: valutazioni e possibili linee di azione
1. Una valutazione degli esiti regolativi
1.1 una valutazione in termini regolativi e di politiche attive
Nel valutare l’esito della regolazione su scala territoriale 2000- 2005 nel settore, conclusasi con l’integrativo di Belluno, si può ritene- re che questa abbia assolto due funzioni fondamentali:
a) consolidare le azioni sul mercato del lavoro, non solo in ambi- to autorizzatorio ma di matching, dell’Ente bilaterale, raffor- zando la legittimazione fra le parti;
b) ridurre alcune importanti fonti di insicurezza per i lavoratori genitori (specie madri) e per gli apprendisti, rendendo il settore più appetibile.
A questa va aggiunta una terza nelle province di Padova e quindi Tre- viso, sia pure in forme circoscritte:
c) aprire alle relazioni industriali le aziende associate.
In apertura del presente rapporto, si erano delineati sei temi di ri- flessione sull’attività degli Enti Bilaterali nel terziario in Veneto.
Il primo è l’impatto della legge 30/03 e del successivo dlgs 276/04 che ipotizzavano per gli Enti Bilaterali una gamma di funzioni e attri- buire loro un maggior rilievo, quali:
− l’intermediazione nell’incontro fra domanda e offerta di lavoro;
− la promozione di un’occupazione regolare e di qualità;
− la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per l’inclusione dei soggetti più svantaggiati;
− la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda;
− la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito;
− la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità contributiva;
− lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro;
− ogni altra attività o funzione assegnata loro.
Di questi, i più controversi nel dibattito politico-sindacale sono sta- ti l’azione degli Enti Bilaterali come intermediari fra domanda e offer- ta di lavoro e la certificazione dei rapporti atipici. La bilateralità nel terziario e nel turismo si contraddistingue per la propria azione sul mercato del lavoro, da un lato in virtù dell’azione della commissione paritetica, che autorizza il ricorso a una vasta gamma di contratti atipi- ci e a causa mista, dall’altro con i servizi di incrocio fra domanda e of- ferta. Quest’ultima, in particolare, appare configurarsi come un’azione di intermediazione: ma si tratta di un servizio riservato ai soci in cui non c’è un ruolo attivo, da “collocatore”, da parte degli Enti Bilaterali, ma solo di inserimento di curricula da parte di persone interessate a lavorare nel settore che possono presentare un profilo professionale di interesse per le aziende: questo per precisa volontà sindacale, e segna- tamente della Filcams-Cgil, di non svolgere azione di collocamento, entrando in conflitto di interesse indiretto. La sola innovazione regola- tiva intervenuta dopo tali cambiamenti legislativi è la regolazione del part-time breve a Treviso nel 2006, che di fatto promuove una regola- rizzazione di un preciso segmento della forza lavoro, spesso in nero o in “grigio”. Di fatto, nessuna delle innovazioni previste dalla l.30 è stata recepita.
Tuttavia un Ente Bilaterale può svolgere azioni di una certa impor- tanza sul mercato del lavoro senza incorrere in questo rischio: può in- fatti offrire una serie di servizi al lavoratore per valutare la propria impiegabilità corrente, come nel caso dell’EBT-AV nel turismo e Eb Veneto che offrono bilanci di competenze, ed integrarli con corsi di formazione per cercatori di impiego – quanto meno quelli già soci come dipendenti – per acquisire ulteriori competenze e conoscenze.
In un recente contributo, Regalia (2005) interpreta la bilateralità come uno strumento per promuovere la responsabilità sociale d’impresa, in particolare nelle aree della formazione continua, della salute e sicurezza sul lavoro e del welfare per le famiglie. È innegabile che i servizi e le prestazioni degli Enti Bilaterali, specie dopo le inno- vazioni del periodo 2000-2002, abbiano costituito un importante bene- ficio in termini di qualità sociale nelle aree indicate da Regalia, ma i principi della responsabilità sociale d’impresa vanno controllati se- condo criteri di sostenibilità, anche di lungo periodo: da questo punto di vista, l’impatto in termini di sostenibilità è chiaramente visibile nel- le misure di welfare a sostegno della genitorialità, mentre nel caso del- la formazione continua dipende in misura cruciale dall’effettiva offer- ta di corsi e entità della partecipazione dei lavoratori. Spesso, infatti, le misure di welfare appaiono poco selettive e tendenzialmente “a pioggia”, con un approccio più distributivo, con qualche venatura pa- ternalistica, che di promozione dei fattori di sostenibilità.
Gli interventi in materia di politica attiva del lavoro sono stati in- dubbiamente importanti, ma scontano due limiti: il primo è lo scarso ricorso a misure di tipo passivo, con integrazione delle indennità di di- soccupazione, che – come ricordano tutti i teorici dei Mercati transa- zionali del lavoro TLM (Mercati Transizionali del Lavoro) – possono essere “attivati” in presenza di un insieme di politiche attive, forma- zione e supporto nella ricerca in primo luogo; il secondo è una mode- sta offerta di formazione continua e conseguente scarso sviluppo delle capabilities, con l’importante eccezione dell’EB del Turismo dell’Area Veneziana. Questa tesi viene avvalorata da un impatto in termini di social risk management di fatto circoscritto al solo fronteg-
giamento con le banche dati per l’incrocio di domanda e offerta e alle azioni anticipatrici della formazione continua nel turismo (specie da parte dell’EB dell’Area Veneziana), mentre secondo i modelli dei mercati transizionali appare focalizzato sulle transizioni fra lavoro e lavoro e scuola-lavoro, debolmente sulle transizioni lavoro-attività ri- produttive mentre merita un’importante menzione la continuità delle indennità di malattia per apprendisti, in qualche caso anche di lunga durata. Infine, appare limitato l’impatto secondo la teoria della flexi- curity sul mercato del lavoro (sempre a parte l’EBT-AV per la forma- zione continua), mentre di un certo rilievo è il miglioramento della si- curezza di combinazione con i congedi retribuiti per malattia bambino. Queste misure di politica attiva hanno uno scarso impatto – sempre a parte il caso del turismo veneziano – sulla governance settoriale pro- prio per il loro carattere di “piccola miglioria” del sistema. Non si può pertanto non convenire con il documento della Filcams Nazionale del 2002 quando afferma che delle quattro fasi indispensabili per una stra- tegia della formazione, (analisi dei fabbisogni formativi, conseguente identificazione e progettazione dei contenuti della formazione, gestio- ne dell’intervento e verifica delle ricadute occupazionali), l’attività degli enti sia spesso concentrata essenzialmente sulla fase gestionale: questo richiede interventi su scala perlomeno regionale.
Nel campo della formazione continua, si ravvisa un serio handicap per promuovere approcci più “alti” è l’apparente discontinuità fra For.Te. e il sistema degli Eb, che dipende in misura chiave dai rego- lamenti di comparto dei settori in cui opera Confcommercio. Dall’analisi dell’avviso 1/07 per i piani aziendali e territoriali, gli EB non sono inclusi fra i soggetti proponenti questi ultimi, a differenza
delle associazioni di rappresentanza datoriali e sindacali, mentre sem- brano giocare un ruolo di grande rilevanza nella fase di “ Assistenza al piano da parte degli Enti bilaterali partecipati dalle associazioni costi- tuenti il Fondo e/o dalle Organizzazioni alle stesse aderenti/affiliate, prestata nella fase di preparazione del Piano e/o nelle fasi di realizza- zione delle attività nello stesso previste” contribuendo per ben il 20 del punteggio. Tuttavia, la parificazione degli Enti alle organizzazioni aderenti non ne incoraggia il potenziale di luogo di incontro fra le par- ti nella promozione dei TLM, o di flexicurity bundles , specie nelle a- zioni anticipatorie. Questo andrebbe rimodulato in sede di contratta- zione nazionale, trasformandolo da punteggio “si/no” a un punteggio graduato distinguendo fra assistenza delle organizzazioni e intervento di EB che grazie all’Osservatorio elabora informazioni chiave.
Inoltre, sul piano regolativo, tanto il paradigma della flexicurity quanto i TLM sottolineano l’importanza delle partnership locali: dei tre requisiti posti dal primo, la fiducia reciproca appare un bene in consolidamento attraverso questo processo negoziale, e sul tema dell’apprendistato si è colto un senso di urgenza in termini di tutele di welfare, ma non ancora in termini di formazione e promozione delle capabilities, su cui gli architetti stanno costruendo una cultura condi- visa e i compromessi sociali che la riflettono. La forte focalizzazione dell’EBT di Venezia è dipesa in misura cruciale da una fase pressoché irripetibile in cui fiducia non solo personale ma sulle reciproche com- petenze di architetti sociali e senso di urgenza sul futuro del sistema turismo hanno coinciso, facendone la ragione del suo unicum. Questo rinvia all’ambiguo status di EB come soggetto prolungamento delle volontà delle organizzazioni socie, nel senso descritto da Xxxxxxx e Sa-
bel (1996), oppure come soggetto sul quale anche imprese e lavoratori che vi versano hanno un qualche diritto di proprietà, e quindi da que- ste ultime distinto.
Questa natura di “piccolo correttivo” appare permeare le contribu- zioni del welfare per le famiglie, di natura quasi “lenitiva” salvo lad- dove queste prevedono contribuzioni di una certa entità per maternità e figli disabili (perlomeno oltre i 1000 €). Come discusso altrove per Ebav, si tratta di prestazioni più promozionali che modifica del quadro strutturale di convenienze tanto per le imprese quanto per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie, perché intervengono su rischi so- ciali relativamente “piccoli” (come le protesi e le cure sanitarie) oppu- re in misura piuttosto limitata in caso di eventi sociali importanti sul piano della cittadinanza e della propria vita privata ma che possono avere un impatto rischioso sulla propria vita lavorativa, come la ma- ternità. Per queste ragioni appare intervenire in misura limitata, con una chiara prevalenza di una prospettiva compensativo-risarcitoria sulla effettiva promozione di diritti di cittadinanza sociale incorporata nel rapporto di lavoro, con l’importante eccezione dei 5 giorni di ma- lattia bambino retribuiti che però solo nel caso della vigilanza privata, a netta egemonia maschile, si traducono in un riequilibrio del lavoro di cura fra i generi e nell’affermazione di un diritto alla paternità, mentre nel commercio – a netta prevalenza femminile – rischia di aggravare l’asimmetria fra i generi in assenza di una sua generalizzazione all’intera economia regionale.
La percezione complessiva appare pertanto di una “fidelizzazione difensiva”, non priva di buonsenso ma di norma poco “innovativa”: appare evidente che le associazioni datoriali non hanno puntato sulla
qualificazione della forza lavoro, con conseguente riposizionamento competitivo, a parte gli Enti Bilaterali del turismo, sorti non a caso nelle aree a vocazione turistica con consistenti flussi dall’estero. Que- sto può riflettere anche sul versante del consumo un modello veneto caratterizzato dall’egemonia della produzione snella, o “produzione di massa diversificata”, piuttosto che dalla “specializzazione flessibile”, o “produzione differenziata di qualità”: non è un caso che il Veneto si sia caratterizzato da almeno un ventennio per una presenza delle gran- di superfici commerciali superiore alla media delle regioni del centro- nord Italia, con un numero considerevole di catene distributive locali che non trova riscontro nelle altre regioni italiane tanto nei comparti food quanto in quelli no-food, in particolare l’abbigliamento.
Dato questo “abito mentale” – tanto organizzativo che di consumo
– diventa più difficile per il commercio al dettaglio riposizionarsi su nicchie che appaiono troppo strette per essere sostenibili,se non in segmenti contigui all’artigianato di servizio e nel turismo più interna- zionalizzato.
1.2 una valutazione soggettiva della bilateralità nel terziario
Una recente analisi delle prestazioni degli Enti Bilaterali è stata condotta in forma aggregata a livello regionale da Gallina (2006). Il valore delle prestazioni erogati dai 13 EB del terziario e del turismo (escludendo pertanto i due fondi di categoria di Ebav) sono ammonta- te nel 2005 a € 1.274.033,64, ripartiti al 63 per la formazione, il 13 per le contribuzioni di carattere sanitario, il 12 per la famiglia e il 12 per le prestazioni di welfare lavorativo e mercato del lavoro, inclusa la commissione paritetica. Xxxxxxx prosegue investigando l’importanza
riconosciuta alle diverse aree di prestazioni e l’importanza auspicata da parte di esponenti degli Enti Bilaterali, che sono peraltro dirigenti delle associazioni di rappresentanza di ambo le parti: si può osservare che, mentre si attribuisce scarsa importanza alle contribuzioni di wel- fare famigliare e sanitario, sono ritenute molto importanti e ancor più da potenziare le azioni svolte nel campo dell’analisi dei fabbisogni formativi (rispettivamente 11 e il 13) e le banche dati, tanto per l’incrocio domanda offerta quanto per le finalità di osservatorio8.
Da questi pochi dati, e per di più a livello aggregato fra enti e setto- ri, alle prestazioni di welfare viene riconosciuta una funzione preva- lentemente promozionale, mentre la dominanza della formazione cor- risponde a una concezione “amministrativa” piuttosto che “strategica” della funzione dell’EB nel proprio territorio9. Due elementi rivelano un approccio del primo tipo: alcuni intervistati rivelano che esistono delle importanti leve, relativamente poco costose ed identificate nella necessità di un sistema esperto (analisi dei fabbisogni formativi piut- tosto che l’osservatorio), il cui corretto posizionamento può notevol- mente migliorare l’efficacia per le decisioni in materia di formazione professionale, che costituiscono il maggiore cespite di spesa; il secon- do è la scarsa attenzione sul versante della platea degli associati, che a un all’incirca coincide – nel caso del terziario – alla platea delle im- prese con dipendenti associate alle rispettive associazioni di rappre- sentanza, che rappresentano una constituency pari a circa il 50, ben in-
8 Su questi i dati non sono comparabili per la presenza di disomogeneità.
9 Tuttavia, una vera e propria valutazione dell’impatto delle prestazioni degli enti bilaterali del settore richiederebbe una analisi di livello “micro” andando a ricostrui- re gli effettivi beneficiari (aziende e lavoratori) delle prestazioni erogate, operazione che richiederebbe un’analisi in profondità dei dati amministrativi in possesso degli enti stessi.
feriore al quasi 80 registrato nell’artigianato veneto: contrariamente all’artigianato, a nulla sono servite le convenzioni fra l’Ascom di Pa- dova e la locale associazione dei consulenti del lavoro per promuovere l’adesione alla bilateralità.
Quest’ultimo evento sposta la nostra riflessione sul mix delle pre- stazioni delle due tipologie degli Enti Bilaterali. Mentre nell’artigianato le prestazioni si focalizzano su trasferimenti monetari a fronte di rischi per le aziende e per i lavoratori, in un’ottica mutuali- stica non lontana dalle casse aziendali, nel terziario abbiamo una do- minanza (dell’organizzazione) dell’erogazione di servizi reali. Questi servizi costituiscono un allargamento del raggio di azione delle orga- nizzazioni socie, tanto imprenditoriali che sindacali, secondo la tipo- logia di Perulli e Sabel (1996). In particolare, per le associazioni dato- riali l’offerta di servizi reali a carattere individuale, principalmente quelli legati agli adempimenti legali (tenuta paghe e contabilità, for- mazione professionale e libretti sanitari, salute e sicurezza, ecc.) av- viene in concorrenza con gli studi professionali, facendo leva su eco- nomie di scopo, e cioè sulla gamma dei servizi offerti: questi servizi sono offerti in tutti i settori di piccola e piccolissima impresa, e nell’artigianato si estendono al sostegno nel campo del credito, della ricerca di clienti/fornitori, nella partecipazione ad eventi e fiere, ecc.
Tuttavia, l’inclusione negli Enti Bilaterali del terziario delle attività di regolazione del mercato del lavoro tanto in entrata (autorizzazioni per i rapporti a causa mista e non standard) e in uscita, con la commis- sione paritetica di conciliazione, costituisce un corpus di servizi che non possono essere inclusi fra quelli a domanda individuale ma rien- trano nella sfera della rappresentanza collettiva in quanto amministra-
no alcuni aspetti del Ccnl, come i provvedimenti disciplinari e i licen- ziamenti: si tratta di servizi che entrano comunque in competizione con gli studi professionali, anche se non ne condividono la logica di mercato di tipo “individualistico” ma alternativa a questi, dato che si propongono di evitare la controversia legale.
In un precedente contributo (Xxxxxxxx, 2001a) si rilevava che que- sta attività non risultava di recente attivazione o addirittura non attiva- ta e si trattava di qualche decina di casi l’anno. Inoltre queste attività di ricomposizione delle vertenze non precludevano l’esercizio dell’azione legale, peraltro non infrequente, fatto salvo il ricorso all’arbitrato, previsto solo dal CIP del terziario della provincia di Ve- nezia. Nel frattempo, le controversie gestite da talune commissioni pa- ritetiche sono cresciute considerevolmente, passando da qualche deci- na a qualche centinaio, al punto che in alcuni casi si sta valutando l’introduzione dell’arbitrato in alternativa all’azione legale nel caso non si sia soddisfatti dell’esito della vertenza.
Queste attività hanno un notevole impatto. Sul versante del/la lavo- ratore/trice, rendono sicuramente più esigibili le tutele del contratto nazionale in quanto il costo di tutela si abbassa, ma lo steso impatto sui costi si osserva anche per l’impresa stessa che, a parità di prote- zione del rapporto di lavoro, riduce sensibilmente i costi accessori di un licenziamento – e cioè dell’esercizio della flessibilità in uscita – pur non rendendoli certi. Si tratta pertanto di un gioco a somma posi- tiva, per quanto in termini probabilistici, in quanto non fornisce alcuna certezza nella riduzione dei costi per l’azienda ma introduce una pro- babilità positiva per la sua riduzione, probabilità tanto maggiore quan- to maggiore è la proporzione delle controversie trattate dalla commis-
sione paritetica provinciale. Per il successo di queste misure l’atteggiamento degli attori – tanto individuali che collettivi – non è neutrale, dove l’influenza non è solo dai primi ai secondi secondo una logica di rappresentanza, ma anche delle associazioni di rappresentan- za stesse che possono svolgere un’azione pedagogica sui loro associati (Xxxxxxx e Xxxxx, 1998).
Questa azione può essere corroborata da ulteriori intese fra le parti in almeno due direzioni, perseguibili anche simultaneamente: la pri- ma, di natura volontaria, integrando la conciliazione con l’arbitrato per ogni tipo di controversia, la seconda attraverso l’introduzione di un insieme di incentivi e disincentivi al ricorso in via giudiziaria. Quest’ultima opzione potrebbe riservare degli effetti indesiderati con- troproducenti se disegnata non correttamente nel tentativo di “forzare la mano” nella direzione desiderata, mentre la persuasione di natura “pedagogica” potrebbe avere effetti più duraturi anche se più lenti: in particolare, porterebbe a un riconoscimento crescente del contributo della regolazione collettiva in settori fortemente caratterizzati dall’individualismo, tanto sul versante dell’impresa quanto della forza lavoro.
Infine, per la varietà di prestazioni previste in favore delle imprese dagli EB del terziario e del turismo, può infine essere utile condurre un’analisi in termini di “portafoglio” di prestazioni/servizi in grado di attrarre imprese non iscritte. L’applicazione di una logica di risk management diventa pertanto bilaterale: da un lato nei confronti dei lavoratori/trici, in favore dei quali intervenire con una mutualizzazio- ne dei rischi più gravi che ne possano compromettere l’impiegabilità e con questa la capacità reddituale, dall’altro le aziende alle quali, in
un’ottica di marketing, proporre quel “pacchetto” di misure che mini- mizzino quei “grandi rischi” associati alla gestione lavoro, vale a dire la difficoltà di reperire personale non adeguatamente qualificato, provvisto cioè quanto meno delle competenze di base da integrare con opportunità formative nel corso della sua carriera lavorativa, il rischio di perderlo a fronte di offerte migliori da parte di altre aziende, il ri- schio di discontinuità nella loro carriera lavorativa a fronte di scelte della vita privata (genitorialità e cura in primo luogo), infine il rischio di costi imprevisti in caso di controversie tanto in vigenza del rapporto di lavoro quanto associate alla sua interruzione.
Per le caratteristiche degli Enti Bilaterali, che di norma vedono ciascuno la partecipazione di una sola confederazione datoriale che li “ospita” fisicamente nelle proprie sedi, con la notevole eccezione di EBT-AV che vede la compresenza di aziende aderenti a Confcom- mercio ed aziende aderenti a Confindustria, si pone il problema, assai serio, che ogni politica di marketing nei confronti delle aziende non socie, che scelgono di offrire o meno ai loro dipendenti questi servizi di matrice mutualistica, si scontra con il tacito vincolo di adesione alle associazioni di rappresentanza datoriali che lo promuovono. Si tratta di un terreno assai delicato, specie in una fase di restrizione della pla- tea di riferimento delle imprese associabili: dal punto di vista sindaca- le appare pertanto opportuno proporre un approccio lungimirante, che comporta anche dei maggiori oneri come la loro collocazione fisica al di fuori delle sedi delle associazioni di rappresentanza, in modo da ri- durre la contrapposizione fra aziende associate e non associate negli interessi del loro personale. Vi è comunque un problema di free riding
– del tutto analogo a quello sopportato da parte sindacale – che va in
qualche modo governato e contenuto, con soluzioni non certo semplici per il loro impatto della relazione di rappresentanza nel mondo delle imprese.
2. Possibili assi forti di azione
La contrattazione territoriale ci rivela che la dimensione salariale non appare prioritaria, né può esserlo per la forte pressione esercitata dalla GDO. È piuttosto sull’offerta di servizi e contributi ad imprese e lavoratori che ne favoriscano la permanenza al lavoro, la crescita pro- fessionale, la stabilizzazione lavorativa e delle prospettive di vita che si gioca l’attrattività del settore, specie del turismo dove la sostituzio- ne di manodopera femminile con quella extracomunitaria è ormai molto alta. Si possono individuare tre vaste aree e i seguenti assi di a- zione:
1) politiche che favoriscano la concilazione fra lavoro e vita privata sicurezza di combinazione secondo il lessico della flexicurity - con un insieme di misure family friendly ;
2) le politiche in favore dell’impiegabilità, in particolare la formazione continua, supportata da adeguati strumenti di monitoraggio e valutazione;
3) le transizioni fra lavoro e lavoro, avendo come benchmark EBT-AV e EB Veneto;
4) la gestione della vertenzialità.
La prima area appare un asse prioritario da promuovere per la for- te femminilizzazione del settore, che richiede un pacchetto di misure integrato sia esclusivamente contrattuali – come il nastro orario e la generalizzazione dei 5 giorni di congedo per malattia bambino – sia attraverso la mutualizzazione offerta dagli Enti Bilaterali: sul versante delle imprese si potrebbe pensare la mutualizzazione dei costi per le
maternità a carico delle aziende (anche solo con co-finanziamento), mentre a beneficio dei lavoratori e delle lavoratrici si possono ipotiz- zare periodi aggiuntivi di aspettativa, oppure integrazioni dell’attuale indennità che appare molto bassa, allineandole alle indennità di disoc- cupazione. Va inoltre promossa la contrattazione aziendale per la co- struzione di forme di job sharing, rotazione e personalizzazione degli orari tanto sulla base di protocolli quanto con incentivi alle imprese che li promuovono.
Sul lato delle prestazioni ai dipendenti, queste misure possono es- sere integrate da contributi per gli asili nido, anche corposi (fra i 500 e i 1000 euro l’anno) e per l’accesso a colonie e centri estivi, magari at- tivando convenzioni con strutture ricettive. Questo tema è prioritario nel turismo, concentrato nel periodo estivo, ma pure significativo nel commercio, che finisce per scoraggiare l’accesso delle lavoratrici ma- dri. Né è da escludere un ruolo promozionale presso le aziende che in- tendono consorziarsi e attivare, con le parti sociali ed enti locali, ser- vizi all’infanzia di qualità, inclusi entrate e uscite anticipate da scuola. Infine, non vanno trascurati gli interventi in favore dei famigliari disa- bili, avendo come riferimento la casistica della legge 104/92 sull’handicap.
La sicurezza di impiegabilità è la più critica perché dipende dal ruolo degli EB nell’accesso ai fondi For.Te per la formazione conti- nua. Alcune misure di mutualizzazione dei costi del personale o – for- se meglio - di voucher possono stimolarne la domanda, ma richiedono un impegno delle parti ad attivare un sistema esperto che al settore al momento manca.
È decisiva la costruzione di percorsi formativi per gli apprendisti sull’intera durata del contratto affinché lo scambio alla base degli ac- cordi del 12 gennaio 2000 non sia “al ribasso”: è anche vero che que- sto è frenato dalla possibilità di poaching, e cioè di offerte delle a- ziende che “rubano” i lavoratori ben addestrati, che può essere ridotto da una forte focalizzazione specialistica che lo limita al settore, e quindi con costi mutualizzati.
Nella terza area accanto all’integrazione delle indennità per assen- za (congedo parentale, malattia lunga per gravi motivi) e di quelle per sospensione o perdita del lavoro (BL e VR possono essere un buon punto di partenza) è opportuno associare a forme di welfare to work per il reimpiego nel settore e la partecipazione a corsi di formazione in modo più estensivo, rispondendo a una forza lavoro fortemente fem- minilizzata, con servizi personalizzati per chi ha perso il lavoro nel settore
Va comunque tenuto conto che diventa pertanto difficile modificare il welfare mix fra occupati e non occupati. Queste aree tuttavia sono interessanti, a fronte di una congrua integrazione delle contribuzioni, che dovrebbero superare almeno lo 0,50 complessivo.
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