COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SILVETTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) GRANATA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) RABITTI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXX XXXXXX
Nella seduta del 06/05/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
I ricorrenti hanno affermato che:
-sarebbero gli unici eredi del padre, deceduto il 7 giugno 2012;
-come accertato da questo Arbitro mediante la decisione n. 1709 del 2015, la banca resistente non avrebbe dato loro alcuna informazione in ordine alla successione ereditaria dell’avo (da parte del padre), deceduto il 25 agosto 2010;
-a seguito di tale decisione di questo Arbitro, la banca resistente avrebbe loro trasmesso alcuni resoconti del dossier titoli di tale avo, precisando che, in base a un accordo tra gli eredi di quest’ultimo, quanto xxx depositato era stato trasferito alla sua coniuge;
-tale procedura sarebbe tuttavia evidentemente irregolare, per quanto eventualmente consentita dagli altri eredi;
-al padre dei ricorrenti sarebbe spettata la quota di un sesto di tale eredità.
Ciò posto, i ricorrenti hanno chiesto che:
-la banca resistente sia condannata a mettere a loro disposizione la quota di un sesto dell’asse ereditario del de cuius, loro avo (da parte del padre).
La banca ha resistito al ricorso, affermando che:
-il valore complessivo dell’asse ereditario di cui si tratta sarebbe di € 273.731,48, e pertanto superiore al limite massimo entro il quale questo Arbitro può pronunciarsi nel merito;
-sussisterebbe un litisconsorzio necessario nei confronti degli altri eredi del de cuius;
-per quanto non sia stata rinvenuta la relativa documentazione, la banca resistente si sarebbe limitata a eseguire un accordo fra tali eredi, cosicché non sarebbe ravvisabile alcuna sua responsabilità.
Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che:
-il ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto la il valore della controversia sarebbe superiore a € 100.000,00;
-il ricorso sia dichiarato altresì inammissibile a causa del difetto di contraddittorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari;
-il ricorso sia comunque rigettato, perché infondato in fatto e in diritto.
DIRITTO
A proposito della prima eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente, si deve rilevare che, per quanto qui rileva, le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d’Italia stabiliscono quanto segue: «Se la richiesta del ricorrente ha ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro a qualunque titolo, la controversia rientra nella cognizione dell’ABF a condizione che l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro» (sez. I, § 4).
Nel caso di specie, la banca resistente ha asserito che l’asse ereditario di cui si tratta avrebbe un valore di € 273.731,48. La domanda dei ricorrenti ha tuttavia a oggetto un sesto di tale valore, cosicché l’importo richiesto non è superiore a € 100.000,00. L’eccezione pregiudiziale della banca resistente a proposito del valore della controversia è pertanto respinta, perché infondata in fatto e in diritto.
Dando continuità alle precedenti decisioni di questo Arbitro, deve essere invece accolta l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente a proposito del difetto di contradditorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari.
Com’è stato più volte affermato da questo Arbitro, infatti, sussiste un litisconsorzio necessario tra i coeredi di un correntista, il quale preclude di liquidare a favore di uno di essi la quota ereditaria di sua spettanza senza il consenso degli altri ovvero in loro contraddittorio (ad es., v. la decisione del Collegio di Roma n. 283 del 2013).
Il contrasto giurisprudenziale che si era formato al riguardo è stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 24657 del 28 novembre 2007, la quale ha aderito all’orientamento interpretativo secondo il quale i crediti non si dividono automaticamente tra i coeredi, in proporzione alle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. A fondamento di tale decisione, che questo Xxxxxxx ritiene di condividere, è stato messo in rilievo che la regola tradizionale della divisione automatica delle obbligazioni tra i coeredi (nomina hereditaria ipso iure dividuntur) è stata sancita dall’art. 752 c.c. riguardo ai «debiti e pesi ereditari», e non anche riguardo ai crediti ereditari, i quali sono piuttosto specificamente disciplinati dagli artt. 727 e 757 c.c. Ne consegue che, secondo quanto è stato affermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza citata, «i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria». Tale soluzione soddisfa la duplice esigenza di conservare l’integrità dell’asse ereditario e di evitare che singole iniziative possano compromettere l’esito dello scioglimento della comunione. Né può giungersi a diversa e opposta conclusione sulla base della norma dettata dall’art. 1314 c.c., la quale riguarda la divisibilità del credito in generale, ma non attiene specificamente al credito dei coeredi. Secondo il costante orientamento di questo Arbitro, occorre tenere distinti da un lato l’accertamento del credito ereditario nei confronti di un terzo, al quale ciascun coerede è legittimato singolarmente; dall’altro lato, l’accertamento della singola quota ereditaria del condividente, che non può essere disposto se non in contraddittorio con tutti gli altri coeredi. Infatti, come le domande di divisione ereditaria devono essere proposte nei confronti di tutti gli eredi in quanto litisconsorti necessari (art. 784 c.p.c.), così anche lo scioglimento della comunione e l’accertamento delle singole quote non può avvenire che in
contraddittorio con tutti i coeredi ovvero con il loro consenso unanime. Mancando il consenso degli altri coerenti, il rifiuto opposto dalla banca resistente a liquidare ai ricorrenti la quota ereditaria che spetta a ciascuno di essi è pertanto legittimo, perché giustificato dall’esigenza di tutelare anche la propria posizione nei confronti di eventuali successive pretese da parte degli altri coeredi (in tal senso, v. già le decisioni del Collegio di Roma n. 952 del 2011 e n.1064 del 2012).
P.Q.M.
Il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.
IL PRESIDENTE
firma 1