CIRCOLARE N. 40/E
Roma, 19 ottobre 2005Rr
Direzione Centrale Normativa e Contenzioso
CIRCOLARE N. 40/E
Roma 18 aprile 2008
OGGETTO: | D.Lgs. n. 169 del 2007, recante disposizioni integrative e correttive al R.D. n. 267 del 1942, nonché al D.Lgs. n. 5 del 2006 - Concordato preventivo e transazione fiscale |
INDICE
3
5
2.2 Approvazione del concordato 8
2.3 Omologazione del concordato 13
3 ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
14
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4.2.1 Tipologia dell’imposta 21
4.2.2 Crediti aventi ad oggetto un recupero di aiuti di Stato 22
4.2.4 Natura chirografaria e privilegiata del credito – Crediti iscritti e non iscritti a ruolo 24
4.2.5 Crediti tributari muniti di prelazione 26
4.2.6 Crediti tributari privilegiati 27
29
5.1 Presentazione della proposta di transazione 29
5.2 Consolidamento del debito fiscale 32
5.3 Adempimenti dell’agente della riscossione 35
5.4 Procedura prevista dall’ultimo comma dell’articolo 182-ter 36
5.5 Valutazione della proposta di transazione 38
5.6 Proposta di dilazione del pagamento – Contenuto e valutazione 40
5.7 Pagamento dei tributi oggetto di transazione 41
La disciplina delle procedure concorsuali applicabili alle imprese in crisi, contenuta nel regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito: L.F.), è stata oggetto di riforma per effetto di vari provvedimenti legislativi.
In particolare, il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, ha apportato alcune modifiche in materia di revocatoria fallimentare e di concordato preventivo, introducendo altresì, nella L.F., l’articolo 182-bis relativo agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Inoltre, l’articolo 1, comma 5, della predetta legge di conversione n. 80 del 2005 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali previste dalla L.F..
In attuazione di tale delega, è stato emanato il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, recante “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n.
80”.
Come risulta dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 5 del 2006, con la delega di cui all’articolo 1, comma 5, della legge n. 80 del 2005, il legislatore “ha inteso allinearsi agli altri Stati membri dell’Unione europea ed introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell’insolvenza che semplifichi le procedure attualmente esistenti e sopperisca in modo agile e spedito alla conservazione dell’impresa e alla tutela dei creditori”, seguendo la tendenza a considerare preminente, ove possibile, la conservazione dei mezzi organizzativi dell’impresa.
Successivamente, l’articolo 1, comma 3, della legge 12 luglio 2006, n. 228, ha aggiunto il comma 5-bis all’articolo 1 della legge n. 80 del 2005, disponendo che “Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato nell’esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo può
adottare disposizioni correttive e integrative, nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi di cui al comma 6 e con la procedura di cui al medesimo comma 5”.
In attuazione di quest’ultima delega, è stato emanato il decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, in vigore dal 1° gennaio 2008.
Al riguardo, nella relazione illustrativa al predetto D.Lgs. n. 169 del 2007, è stato precisato che “La necessità di apportare delle modifiche al decreto legislativo n. 5 del 2006 è emersa sin dai primi mesi di applicazione delle nuove norme, atteso che dottrina e giurisprudenza hanno evidenziato numerosi aspetti critici e problematici della ‘riforma organica’ delle procedure concorsuali, i quali non possono che essere superati attraverso gli interventi correttivi ed integrativi previsti dal presente decreto”.
Tra i principali obiettivi perseguiti dalla riforma, assume rilevanza la composizione concordata della crisi, attraverso la valorizzazione degli accordi negoziali.
Ciò premesso, con la presente circolare si forniscono chiarimenti in merito ai profili fiscali dei citati accordi negoziali che trovano espressione, tra l’altro, nelle disposizioni relative alla transazione fiscale.
In tale contesto, l’istituto della transazione fiscale costituisce una particolare procedura “transattiva” tra il fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo, potendo essere parte integrante del piano di risanamento di cui all’articolo 160 della L.F. e della domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, nonché delle trattative che precedono la stipula degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della L.F..
Si ritiene, pertanto, opportuno procedere preliminarmente ad una disamina delle disposizioni sul concordato preventivo e sugli accordi di ristrutturazione dei debiti, in base alla nuova disciplina di cui al D.Lgs. n. 169 del 2007.
Il concordato preventivo è un istituto che consente all’imprenditore in crisi di eliminare tutti i debiti in capo alla sua impresa, tramite un piano di ristrutturazione dei debiti e di pagamento di parte di essi attraverso qualsiasi forma.
Si tratta, in sostanza, di una particolare procedura concorsuale finalizzata a prevenire e ad evitare il fallimento. Essa si differenzia, quindi, dal concordato fallimentare in quanto, mentre quest’ultimo interviene nell’ambito della procedura fallimentare e costituisce una particolare forma di chiusura della stessa, il concordato preventivo si sostanzia in una procedura a sé stante, disciplinata dal titolo III della L.F..
Ai sensi del nuovo articolo 1 della L.F., come sostituito dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 169 del 2007, sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo “gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici”. Non sono, invece, soggetti a dette disposizioni gli imprenditori commerciali che “dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila.”.
Pertanto, come evidenziato nella relazione al D.Lgs. n. 169 del 2007, “per delimitare l’area dei soggetti esonerati dal fallimento, non viene più utilizzata la nozione di piccolo imprenditore commerciale, ma vengono indicati direttamente una serie di requisiti dimensionali massimi che gli imprenditori commerciali (resta quindi fermo l’esonero dalle procedure concorsuali di tutti gli imprenditori agricoli, piccoli e medio grandi) devono possedere congiuntamente per non essere assoggettati alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo. In questo modo, si superano i contrasti interpretativi sorti in ordine all’individuazione dei criteri di qualificazione delle nozioni di piccolo imprenditore (art. 2083 del codice civile), da una parte, e di imprenditore non piccolo (art. 1 L.F.), dall’altra: concetti entrambi contemplati dall’articolo 1 della legge fallimentare, come modificato dal decreto legislativo n. 5 del 2006. Con le introducende disposizioni, la non fallibilità dell’imprenditore commerciale viene ancorata alla sussistenza congiunta … anche del nuovo parametro della esposizione debitoria complessiva … . Inoltre, il parametro alquanto vago … dell’ammontare degli ‘investimenti’ viene sostituito con quello dell’‘attivo patrimoniale’, il quale consente di far riferimento alla precisa elencazione contenuta nell’art. 2424 del codice civile”.
Di seguito, si illustrano le principali fasi della procedura di concordato preventivo.
2.1 Domanda di concordato
Il primo comma dell’articolo 160 della L.F. individua i presupposti per l’ammissione al concordato preventivo, disponendo che l’imprenditore in stato di crisi (oppure in stato di insolvenza, ai sensi dell’ultimo comma dello stesso articolo 160) ha la possibilità di sottoporre ai propri creditori un piano che preveda la ristrutturazione dei debiti ed il soddisfacimento dei crediti.
Il contenuto del piano è lasciato alla libera determinazione dell’impresa, che può individuare le concrete modalità di soddisfacimento dei crediti, “anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”. Inoltre, il piano può prevedere l’attribuzione delle attività delle imprese che hanno formulato la proposta di concordato ad un assuntore e la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, nonché “trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse”.
Il D.Lgs. n. 169 del 2007 ha introdotto nell’articolo 160 della L.F. un secondo comma, in base al quale “La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato, in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella perizia giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione”.
Si osserva che la normativa precedentemente vigente non consentiva (a differenza di quanto poteva accadere nell’ambito del concordato fallimentare) di proporre il pagamento in misura ridotta dei creditori muniti di prelazione, neppure con riferimento a quella parte del loro credito destinata a rimanere comunque insoddisfatta avuto riguardo al presumibile valore di realizzo dei beni sui quali ricade il diritto di prelazione.
Come chiarito dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007, con l’inserimento dell’indicato secondo comma dell’articolo 160 della L.F. “Si è quindi voluto, al fine di incentivare ulteriormente il ricorso al concordato
Il professionista incaricato della redazione della relazione giurata, oltre a possedere i requisiti indicati dall’articolo 28, lettere a) e b) della L.F. (ovvero esercitare la professione di avvocato, dottore commercialista, ragioniere e ragioniere commercialista, sia in forma individuale che mediante studio professionale associato o società tra professionisti), deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili.
Ai sensi dell’articolo 161 della L.F., la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso al Tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale (non rileva, a tal fine, il trasferimento della stessa nell’anno antecedente al deposito), sottoscritto dal debitore e corredato dal piano e dalla documentazione elencata dallo stesso articolo 161.
2.2 Approvazione del concordato
Qualora la domanda di concordato non sia dichiarata inammissibile dal Tribunale ai sensi dell’articolo 162 della L.F., si passa alla fase di approvazione del concordato, che avviene all’adunanza dei creditori, presieduta dal giudice delegato. Nel corso dell’adunanza, i creditori possono esporre le ragioni per le quali eventualmente ritengano non ammissibile la proposta e contestare le ragioni
sui crediti concorrenti. Il debitore può, a sua volta, sollevare repliche o contestazioni sui crediti ed ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti (articolo 175 della L.F.).
Particolare rilevanza assume la fase della votazione dei creditori, disciplinata dal nuovo testo dell’articolo 177 della L.F., introdotto dal D.Lgs. n. 169 del 2007.
La norma prevede che il concordato sia approvato “dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto”, precisando che, ove siano previste diverse classi di creditori, “il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi”.
In sintesi, le nuove disposizioni stabiliscono che:
• la maggioranza richiesta per l’approvazione deve essere sia quella dei creditori nel loro complesso sia quella dei creditori nelle singole classi;
• la maggioranza riportata in ciascuna classe non è sufficiente all’approvazione del concordato, se la maggioranza non si verifica anche con riguardo a tutti i creditori ammessi al voto.
In ordine alla modifica in questione, la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007 afferma che “In tal modo, anche nel concordato preventivo si chiarisce, analogamente a quanto stabilito anche per il concordato fallimentare ed in accoglimento delle osservazioni di Camera e Senato, che il voto favorevole della maggioranza dei crediti ammessi al voto è sempre necessario per l’approvazione di qualsiasi tipo di concordato, anche quello che prevede la suddivisione dei creditori in classi. In tal caso, difatti, oltre al voto favorevole del maggior numero di classi, è comunque necessario che il concordato riporti anche il voto favorevole della maggioranza di tutti i crediti ammessi al voto”.
Altra importante innovazione attiene al diritto di voto dei creditori muniti di prelazione che, in base alla normativa precedentemente in vigore, erano esclusi dal voto se non rinunciavano al proprio diritto di prelazione. L’introduzione della
possibilità di prevedere la soddisfazione parziale dei creditori in esame, prevista dal nuovo secondo comma dell’articolo 160 della L.F., ha comportato la necessità di modificare anche la disciplina del voto.
Di conseguenza, l’attuale articolo 177, terzo comma, della L.F. dispone che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, per i quali la proposta di concordato preveda la soddisfazione non integrale, hanno diritto di voto in quanto “equiparati ai chirografari per la parte residua del credito”.
Pertanto, il creditore con diritto di prelazione, per il quale il piano di concordato preveda una soddisfazione parziale del suo credito, è ammesso a votare in sede di adunanza dei creditori limitatamente alla quota del credito oggetto di falcidia.
A titolo esemplificativo, si ipotizzi un debitore con esposizione pari a € 2.600, corrispondente alla suddivisione dei creditori nelle seguenti classi, formate tenendo conto della posizione giuridica e degli interessi economici dei creditori stessi:
VALORE DEL CREDITO | CLASSE DI APPARTENENZA | ||
A | € 1.000 | I | |
CREDITORI | B | € 500 | II |
CON DIRITTO DI PRELAZIONE | C | € 600 | III |
D | € 250 | ||
CREDITORI CHIROGRAFARI | E | € 250 | IV |
Si ipotizzi la presentazione di una proposta di concordato preventivo, nella quale è prevista la soddisfazione dei crediti nelle seguenti misure:
I classe: pagamento nella percentuale del 100%; II classe: pagamento nella percentuale del 30%; III classe: pagamento nella percentuale del 20%; IV classe: pagamento nella percentuale del 10%.
In sede di adunanza dei creditori, sono ammessi al voto i creditori chirografari appartenenti alla IV classe per il totale del loro credito.
La I classe di creditori con diritto di prelazione, per i quali è previsto il pagamento integrale del credito, non vota, salvo rinuncia alla prelazione.
La II e la III classe di creditori muniti di prelazione, per i quali è prevista la falcidia, votano limitatamente alla quota di credito oggetto di falcidia, equiparata ai crediti chirografari.
In sintesi, si avrà:
CLASSI | CREDITORI | Valore del credito | Percentuale del credito di cui si propone il pagamento | Valore del credito di cui si propone il pagamento | Percentuale del credito ammesso al voto | Valore del credito ammesso al voto | Totale nella classe |
I | A | € 1.000 | 100% | € 1.000 | Non ammesso al voto (salvo rinuncia alla prelazione) | ||
II | B | € 500 | 30% | € 150 | 70% | € 350 | € 350 |
III | C | € 600 | 20% | € 120 | 80% | € 480 | € 680 |
D | € 250 | 20% | € 50 | 80% | € 200 | ||
IV | E | € 250 | 10% | € 25 | 100% | € 250 | € 250 |
TOTALE CREDITO AMMESSO AL VOTO | € 1.280 |
Nell’esempio, ai fini dell’approvazione del concordato, occorrerà che si esprimano a favore tanti creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (ovvero il “50% + 1” di € 1.280,00, pari ad € 641,00), sempre che, oltre che nel complesso dei crediti, sia riscontrata tale maggioranza anche nel numero di classi votanti (almeno due delle tre classi devono votare a favore).
In sintesi, perché venga approvato il concordato, dovranno votare a favore i creditori che rappresentino, nell’esempio, crediti non inferiori a € 641,00 e, con riguardo alle classi, i creditori che rappresentino almeno due classi.
Qualora il creditore vanti crediti con diritto di prelazione insieme con altri di natura chirografaria, l’eventuale falcidia del credito privilegiato non comporta lo spostamento della quota dei crediti muniti di prelazione nella classe di crediti chirografari.
In altri termini, nell’esempio sopra riportato, qualora B vanti, accanto al credito con diritto di prelazione, un ulteriore credito chirografario, egli si troverà a votare sia nella classe II (per il 70% del proprio credito oggetto di falcidia) sia nella classe IV (per il 100% del proprio credito chirografario).
Infine, l’articolo 15 del D.Lgs. n. 169 del 2007 ha modificato il quarto comma dell’articolo 178 della L.F., il quale prevede attualmente che “Le adesioni, pervenute per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in calce al medesimo e sono considerate ai fini del computo della maggioranza dei crediti”.
La modifica normativa in esame è intervenuta sulla disciplina del voto per posta, al fine di chiarire, “in modo espresso ed in linea con gli orientamenti giurisprudenziali prevalenti, che ai fini del computo delle maggioranze si deve tener conto dei voti pervenuti nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale di adunanza dei creditori” (relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007).
2.3 Omologazione del concordato
Se il concordato viene approvato con le maggioranze prescritte, si apre la fase dell’omologazione.
Ai sensi del nuovo articolo 180 della L.F., il giudice delegato riferisce al Tribunale, che fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione delle parti e del Commissario giudiziale.
Tutte le parti interessate, compresi gli eventuali creditori dissenzienti, devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata e, nello stesso termine, il Commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Il Tribunale, se non sono proposte opposizioni, una volta verificata la regolarità della procedura nonché l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame. Se, invece, sono state proposte opposizioni, “il Tribunale assume i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti di ufficio”. Inoltre, nel caso in cui un creditore proveniente da una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, il Tribunale può comunque omologare il concordato qualora ritenga che il piano sia idoneo a soddisfare le ragioni del creditore dissenziente “in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili”.
Per l’ipotesi in cui sia respinto il concordato, l’ultimo comma dell’articolo 180 della L.F. stabilisce che “Il tribunale, se respinge il concordato, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore, con separata sentenza, emessa contestualmente al decreto”.
Pertanto, il Tribunale dichiara il fallimento con separata sentenza solo su istanza di uno dei creditori o su richiesta del pubblico ministero e, comunque, previo accertamento dei presupposti di cui agli articoli 1 e 5 della L.F. (gli stessi previsti per l’avvio del concordato).
L’ultimo comma dell’articolo 184 della L.F., infine, stabilisce che, salvo patto contrario, il concordato della società ha effetto anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.
3 ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI
Il X.Xxx. n. 169 del 2007 ha sostituito con un nuovo testo l’articolo 182-
bis, originariamente inserito nella L.F. ad opera del DL n. 35 del 2005.
Si precisa che la nuova norma, per effetto dell’articolo 22, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 169 del 2007, è entrata in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica “alle procedure concorsuali … aperte successivamente” a tale data.
Il primo comma del vigente articolo 182-bis prevede che l’imprenditore in crisi può domandare, depositando la documentazione richiesta dall’articolo 161, “l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sull’attuabilità dell’accordo stesso, con
particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei”.
Con l’istituto in esame il legislatore ha inteso valorizzare il ruolo dell’autonomia privata nella gestione della crisi dell’impresa, mediante la previsione di una procedura semplificata a carattere stragiudiziale sfociante in un accordo, stipulato dal debitore con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, la cui efficacia è garantita dal provvedimento di omologazione del Tribunale.
Più specificamente, gli accordi di ristrutturazione sono caratterizzati da due fasi: la prima, a carattere stragiudiziale, nella quale il debitore e i creditori pervengono ad un accordo sul risanamento dell’impresa mediante un regolamento consensuale della situazione debitoria; la seconda, a carattere giudiziale, nella quale l’accordo raggiunto, pubblicato nel registro delle imprese al fine di consentire la formulazione di eventuali opposizioni, è soggetto alla procedura di omologazione.
Stante il carattere contrattuale dell’accordo, il regolamento in esso previsto vincola esclusivamente i creditori che vi abbiano aderito. Per quanto concerne, invece, i creditori che non hanno aderito all’accordo, l’articolo 182-bis della L.F. prevede, come requisito di attuabilità dell’accordo stesso, la sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, vale a dire per l’intero ed alla relativa scadenza, escludendo in tal modo qualsiasi effetto remissorio del loro credito.
La percentuale minima del sessanta per cento dei crediti, indicata dalla norma come condizione per la stipula dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, va calcolata sull’intera esposizione debitoria dell’imprenditore, compresi i crediti garantiti da diritto di prelazione, e si riferisce non al numero dei creditori, ma alla complessiva entità dei crediti.
Rispetto al testo precedentemente in vigore, il primo comma dell’articolo 182-bis reca modifiche in merito ai requisiti che deve possedere l’esperto chiamato a redigere la relazione in ordine alla fattibilità dell’accordo. Come previsto anche dal nuovo secondo comma dell’articolo 160, la disposizione in commento richiede che il professionista incaricato, oltre a possedere le caratteristiche indicate dall’articolo 28, lettere a) e b) della L.F., debba essere iscritto nel registro dei revisori contabili.
Come detto, l’accordo è pubblicato nel registro delle imprese ed acquista efficacia dal giorno della pubblicazione. Si apre così la fase più propriamente giudiziale della procedura in esame, quella del procedimento di omologazione, nel corso della quale il Tribunale effettua un controllo di legalità e correttezza della procedura seguita ma anche della concreta attuabilità dell’accordo, in particolare in relazione al regolare pagamento dei creditori estranei, ovvero decide sulle opposizioni formulate dai creditori e da ogni altro interessato entro i trenta giorni successivi alla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese.
Alla omologazione il Tribunale procede, decise le eventuali opposizioni, in camera di consiglio con decreto motivato, reclamabile alla Corte d’appello entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
Il terzo comma del nuovo articolo 182-bis stabilisce, nelle more del procedimento di omologazione e comunque per sessanta giorni dalla pubblicazione dell’accordo, la sospensione automatica degli atti esecutivi e delle azioni cautelari sul patrimonio del debitore.
In proposito, la relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007 precisa che “La protezione automatica del patrimonio del debitore risulta funzionale all’attuazione dell’accordo e, in particolare, alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. Si è voluto in questo modo ovviare ad una delle questioni che maggiormente potevano avere reso poco conveniente la presentazione di un accordo di ristrutturazione, al fine di rendere più agevole l’utilizzazione di un istituto che non ha avuto, ad oggi, la diffusione auspicata”.
Occorre infine sottolineare che, ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera
e) della L.F., non sono soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione dell'accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis della L.F.
L’istituto della transazione fiscale è disciplinato dall’articolo 182-ter della L.F., come modificato dall’articolo 16, comma 5, del D.Lgs. n. 169 del 2007.
La collocazione di tale istituto nel corpo della L.F., al titolo III (“Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione”), capo V (“Dell’omologazione e dell’esecuzione del concordato preventivo. Degli accordi di ristrutturazione di debiti”), è avvenuta in forza dell’articolo 146 del D.Lgs. n. 5 del 2006.
Anteriormente alla citata disposizione legislativa, nell’ordinamento tributario era presente un’altra forma di transazione dei tributi, disciplinata dall’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, poi abrogato dall’articolo 151 del medesimo D.Lgs. n. 5 del 2006.
Va subito evidenziato che l’istituto della transazione fiscale - attualmente disciplinato dalla L.F. – presenta significative differenze rispetto alla richiamata figura delineata dall’abrogato articolo 3, comma 3, del DL n. 138 del 2002, per la quale erano stati a suo tempo forniti chiarimenti con la circolare n. 8/E del 4 marzo 2005.
Nella sua precedente configurazione, sotto la vigenza del DL n. 138 del 2002, la transazione era ammessa per i tributi iscritti a ruolo a beneficio di quanti si mostrassero insolventi nel corso di una procedura di esecuzione coattiva oppure fossero assoggettati a procedure concorsuali. In quel contesto, il ricorso allo strumento della transazione dei ruoli da parte del legislatore trovava
giustificazione nell’esigenza di potenziamento dell’attività di riscossione dei tributi, attraverso il perseguimento dell’interesse pubblico rappresentato dalla maggiore proficuità dell’accordo transattivo rispetto alle procedure di esecuzione forzata. Pertanto, come precisato con la citata circolare n. 8/E del 2005, il principio di economicità dell’azione amministrativa assurgeva “ad elemento qualificante dell’istituto ed al tempo stesso elemento importante di valutazione per la sua applicazione”.
Nel suo assetto vigente, invece, la transazione fiscale rappresenta una particolare procedura “transattiva” tra fisco e contribuente, collocata nell’ambito del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, avente ad oggetto la possibilità di pagamento in misura ridotta e/o dilazionata del credito tributario privilegiato, oltre che di quello chirografario.
Al riguardo va osservato che l’istituto della transazione, tipico nel diritto civile (articolo 1965 c.c.), appare del tutto innovativo nell’ordinamento tributario, dove è tradizionalmente vigente il principio di indisponibilità del credito tributario.
Ne consegue che la relativa disciplina normativa, in quanto derogatoria di regole generali, è di stretta interpretazione e non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva (articolo 14 delle disposizioni sulla legge in generale).
Pertanto, per effetto del richiamato principio di indisponibilità del credito tributario, non è possibile pervenire ad una soddisfazione parziale dello stesso al di fuori della specifica disciplina di cui all’articolo 182-ter.
Ciò comporta che la falcidia o la dilazione del credito tributario è ammissibile soltanto qualora il debitore si attenga puntualmente alle disposizioni disciplinanti la transazione fiscale di cui all’articolo 182-ter, mentre va esclusa nel caso in cui, con il piano richiesto dall’articolo 160 della L.F. ai fini del concordato preventivo, ovvero nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della L.F., la
proposta di transazione fiscale non sia formulata in conformità alle disposizioni predette.
Tale conclusione vale in ogni caso, pur considerando che, ai sensi del nuovo secondo comma dell’articolo 160 della L.F., come illustrato al punto 2, la proposta di concordato “può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente”. Detta disposizione può riferirsi, infatti, ai crediti di natura tributaria a condizione che siano rispettate le disposizioni di cui al predetto articolo 182-ter, per cui, in assenza della proposta di transazione fiscale, i crediti tributari devono essere soddisfatti in maniera integrale ed alle scadenze prescritte dalla legge.
Si osserva inoltre che, attualmente, l’inserimento della transazione fiscale nell’ambito delle procedure di concordato preventivo e dell’accordo di ristrutturazione fa sì che la stessa risulti assistita da garanzie di controllo da parte di organi giudiziali, all’interno di una procedura che vede la partecipazione dei creditori.
La ratio che giustifica il ricorso allo strumento transattivo da parte dell’odierno legislatore si lega essenzialmente all’esigenza di voler privilegiare la composizione concordata della crisi oppure la valorizzazione degli accordi negoziali, evitando così, per quanto possibile, il dissesto irreversibile dell’imprenditore commerciale. Questa esigenza rappresenta, come già si è detto, uno tra i principali obiettivi perseguiti con la riforma delle procedure concorsuali.
In tale ottica, mentre l’articolo 3, comma 3, del DL n. 138 del 2002 attribuiva l’iniziativa della transazione all’Agenzia delle entrate (“L’Agenzia delle entrate, dopo l’inizio dell’esecuzione coattiva, può procedere alla transazione dei tributi iscritti a ruolo dai propri uffici …”), l’articolo 182-ter della L.F. stabilisce, ai commi primo e sesto, che la proposta di transazione fiscale può essere presentata dal debitore “Con il piano (di concordato preventivo, n.d.r.) di cui all’articolo 160” ovvero “nell’ambito delle trattative
che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182- bis”.
Ne consegue che, attualmente, a differenza di quanto si verificava ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del DL n. 138 del 2002, la proposta di transazione non può essere presentata dagli Uffici dell’Agenzia delle entrate, ma esclusivamente dal debitore.
4.1 Presupposti soggettivi
L’inserimento della transazione fiscale all’interno della disciplina del concordato impone una verifica preventiva dei presupposti soggettivi richiesti dalla L.F. (illustrati al punto 2) per l’accesso alla procedura del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Al riguardo si richiama l’attenzione sui requisiti qualificanti degli imprenditori commerciali soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo nonché sull’onere dell’imprenditore di comprovare la contemporanea sussistenza dei parametri di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 1 della L.F., elencati al precedente punto 2, ai fini dell’esclusione dalle procedure di fallimento e di concordato preventivo.
4.2 Presupposti oggettivi
L’articolo 182-ter, primo comma, della L.F. stabilisce che “il debitore può proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, … , ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”.
La norma individua in maniera tassativa le tipologie di crediti tributari che possono formare oggetto della transazione fiscale, sulla base dei parametri di seguito indicati.
In primo luogo, l’articolo 182-ter individua i crediti suscettibili di transazione fiscale in base alla tipologia di imposta, includendovi i soli tributi “amministrati dalle agenzie fiscali”.
Ne consegue che restano esclusi dall’ambito applicativo della disposizione in commento i tributi locali (ad esempio, ICI, TARSU, TOSAP, imposta sulle pubblicità e diritto sulle pubbliche affissioni).
Si osserva, inoltre, che l’articolo 182-ter pone l’accento sulla circostanza che il tributo sia amministrato dalle agenzie fiscali, prescindendo dalla tipologia del gettito che si origina dal tributo. Ciò costituisce ulteriore connotato di distinzione rispetto alla previgente disciplina di cui al DL n. 138 del 2002, che ammetteva la transazione per i soli tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate il cui gettito fosse di esclusiva spettanza dello Stato.
Pertanto, con riferimento all’IRAP, si ritiene che tale imposta debba essere ricompresa nell’ambito applicativo della transazione fiscale, in quanto, pur dando luogo ad un gettito non erariale, essa è amministrata dall’Agenzia delle entrate.
Infine, l’articolo 182-ter esclude espressamente dalla transazione fiscale i “tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”.
Per quanto concerne l’IVA, si osserva che l’ottavo considerando della Direttiva CEE del 28 novembre 2006, n. 112 (“Direttiva CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto”) afferma che “In applicazione della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, il bilancio delle Comunità europee, salvo altre entrate, è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità. Dette risorse comprendono, tra l’altro, quelle provenienti dall’IVA, ottenute applicando un'aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie.”.
Tuttavia, nel certificare il debito complessivo tributario, secondo le indicazioni illustrate nel successivo punto 5.2, gli Uffici indicheranno anche il debito tributario relativo all’IVA, il quale, non formando oggetto di transazione fiscale, non potrà essere falcidiato ma dovrà essere interamente assolto dal contribuente.
In base al disposto del primo comma dell’articolo 182-ter della L.F: (“ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”), è da ritenere che l’esclusione dell’IVA dalla transazione fiscale riguarda il solo tributo. Gli accessori relativi all’IVA, vale a dire gli interessi e le sanzioni, come indicato al punto 4.2.3, possono pertanto formare oggetto di transazione fiscale.
Infine, si precisa che rientrano nella transazione fiscale unicamente i crediti tributari, con esclusione, quindi, delle altre entrate di natura non tributaria gestite dall’Agenzia delle entrate, per le quali potranno trovare applicazione, al verificarsi dei presupposti previsti dalla L.F., le disposizioni in tema di concordato preventivo e di accordi di ristrutturazione dei debiti.
Nelle ipotesi, peraltro, che il piano di concordato preventivo o la proposta di accordo di ristrutturazione preveda una falcidia dei crediti non tributari, è necessario che gli Uffici valutino attentamente la natura del credito, al fine di verificare l’effettiva sussistenza del potere di disporre la remissione parziale del credito stesso. E’ da ritenere inammissibile, ad esempio, una riduzione del credito avente ad oggetto somme dovute a seguito di una sentenza di condanna per danno erariale.
4.2.2 Crediti aventi ad oggetto un recupero di aiuti di Stato
Nella Comunicazione n. 2007/C-207/05, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 15 novembre 2007 e rubricata “Verso
l’esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili”, la Commissione europea ha illustrato i principi fondamentali dell’attività di recupero degli aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune nonché il ruolo dello Stato membro in sede di esecuzione delle decisioni di recupero.
In particolare, per quanto concerne le ipotesi in cui i beneficiari degli aiuti illegali siano insolventi, è stato precisato che “Qualora al comitato dei creditori si proponga un piano di prosecuzione che comporti la continuazione dell’attività del beneficiario, le autorità responsabili dell’esecuzione della decisione possono appoggiare tale piano unicamente se garantisce che l’aiuto sarà rimborsato integralmente entro i termini stabiliti nella decisione di recupero della Commissione. In particolare, lo Stato membro non può rinunciare parzialmente alla sua richiesta di recupero né può accettare qualsiasi altra soluzione che non porti alla cessazione immediata dell’attività del beneficiario. In assenza di un rimborso integrale e immediato dell’aiuto illegittimo e incompatibile, le autorità responsabili dell’esecuzione della decisione dovrebbero prendere tutti i provvedimenti disponibili per opporsi all’adozione di un piano di continuazione e dovrebbero insistere sulla cessazione dell’attività del beneficiario entro il termine fissato nella decisione di recupero.” (punto 67 della citata Comunicazione n. 2007/C-207/05 del 2007).
Per quanto sopra, si ritiene che i crediti relativi a recuperi di aiuti di Stato dichiarati incompatibili non possono costituire oggetto di transazione fiscale, né di falcidia in sede di concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione dei debiti.
L’articolo 182-ter include tra i crediti tributari suscettibili di transazione anche gli accessori al tributo.
Al riguardo si ritiene che possano essere oggetto di transazione non solo gli accessori in senso proprio, vale a dire gli interessi relativi al tributo e l’indennità di mora, ma anche le sanzioni amministrative per violazioni tributarie, come peraltro già affermato dalla circolare n. 8/E del 2005 con riferimento alla previgente forma di transazione fiscale disciplinata dall’articolo 3, comma 3, del DL n. 138 del 2002.
4.2.4 Natura chirografaria e privilegiata del credito – Crediti iscritti e non iscritti a ruolo
Il primo comma dell’articolo 182-ter stabilisce che la proposta transattiva può avere ad oggetto i tributi amministrati dalle agenzie fiscali e i relativi accessori “limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo”.
Il corretto significato della locuzione sopra riportata deve essere colto sulla base di un’interpretazione sistematica delle norme riportate nell’articolo 182-ter, terzo e quarto periodo del primo comma, le quali contemplano l’ipotesi che alla transazione siano ammessi tanto i crediti tributari assistiti da privilegio quanto quelli di natura chirografaria, sia pure con distinti limiti e modalità di pagamento.
I citati periodi del primo comma dell’articolo 182-ter prevedono, infatti, che “Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali”, mentre “se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari”.
Partendo dall’assunto che anche i crediti tributari privilegiati possono rientrare nell’ambito applicativo della transazione fiscale, la locuzione in esame non può essere interpretata nel suo significato letterale, così che, mentre il credito
chirografario può essere oggetto di transazione indipendentemente dalla circostanza che vi sia stata iscrizione a ruolo, l’ammissione alla transazione fiscale del credito assistito da privilegio presupponga l’avvenuta iscrizione a ruolo.
Al contrario, in adesione al canone interpretativo teleologico, è dato ritenere - in sintonia con la ratio sottesa all’istituto, nella specie volta a valorizzare gli accordi negoziali per ridurre l’intervento giudiziale ed evitare, per quanto possibile, il dissesto irreversibile dell’imprenditore commerciale - che possono costituire oggetto di transazione anche i crediti privilegiati non iscritti a ruolo.
A sostegno dell’interpretazione favorevole ad estendere la transazione fiscale anche ai crediti tributari privilegiati non iscritti a ruolo, si cita la relazione illustrativa (schema di decreto 22 dicembre 2005), nella quale è stato precisato che “il debitore può proporre il pagamento anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, anche se non iscritti a ruolo”.
Pertanto, si deve concludere che nell’ambito di applicazione della transazione fiscale rientrano sia i crediti tributari chirografari sia quelli assistiti da privilegio, indipendentemente dalla circostanza che vi sia stata l’iscrizione a ruolo.
Una volta affermato che la transazione include anche i tributi non iscritti a ruolo, occorre ulteriormente evidenziare che la richiamata disposizione di cui al primo comma, secondo periodo, dell’articolo 182-ter, nel prevedere la possibilità di pagamento parziale dei crediti tributari assistiti da privilegio, vieta che agli stessi sia riservato un trattamento deteriore rispetto a quello offerto ai creditori aventi un grado di privilegio inferiore ovvero una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
4.2.5 Crediti tributari muniti di prelazione
Precedentemente sono state illustrate le principali caratteristiche della transazione fiscale e, in particolare, la possibilità di ottenere, con l’istituto in esame, il pagamento in misura ridotta o dilazionata del credito tributario privilegiato. Si è altresì affermato che la falcidia o la dilazione è ammissibile soltanto se vengono rispettate le disposizioni di cui all’articolo 182-ter della L.F..
Ciò posto, occorre precisare quanto segue in ordine ai crediti tributari muniti di diritti di prelazione diversi dal privilegio, tra i quali rilevano le ipotesi di iscrizione di ipoteca da parte dell’agente della riscossione.
L’articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, stabilisce infatti che, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati.
Tale previsione legale di una causa di prelazione rappresenta una misura, collocata all’interno del sistema dell’esecuzione esattoriale, “cui il legislatore ha ritenuto di far ricorso per facilitare la riscossione” (cfr., Cass., SS.UU., ordinanza n. 3171 dell’11 febbraio 2008, in motivazione).
Il credito tributario per il quale viene iscritta l’ipoteca risulta così, in sede di proposta di transazione fiscale, munito di un diritto di prelazione. L’articolo 182-ter della L.F., tuttavia, prevede al primo comma il solo “credito tributario … assistito da privilegio”, accanto al credito tributario chirografario.
Tanto premesso, si ritiene che la locuzione “crediti assistiti da privilegio” vada intesa in senso atecnico, come comprensiva di tutti i crediti tributari muniti di diritto di prelazione.
Una differente interpretazione, infatti, comporterebbe - per le ragioni esposte al punto 4 della presente circolare - l’esclusione della transazione fiscale, e con essa della possibilità della falcidia, per le ipotesi di crediti tributari muniti di ipoteca. Tale impostazione si porrebbe nei fatti in contrasto con la ratio
Al riguardo si osserva infatti che l’articolo 160 della L.F. stabilisce, come presupposto per l’ammissibilità alla procedura di concordato preventivo, che “Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione”.
Pertanto, si ritiene che la disciplina dei crediti tributari assistiti da privilegio di cui all’articolo 182-ter della L.F. possa essere estesa anche ai crediti tributari muniti di diritto di prelazione, per i quali è così possibile il pagamento in misura ridotta e/o dilazionata. In tale ipotesi, il trattamento in sede di transazione dei crediti tributari in esame non dovrà essere deteriore rispetto a quello offerto ai creditori aventi un grado di prelazione inferiore ovvero una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
Si osserva infine che i crediti tributari in esame sono unicamente quelli iscritti al ruolo, dal momento che “il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati” (articolo 77 del DPR n. 602 del 1973). Anche sotto tale profilo si conferma, quindi, l’interpretazione del primo comma dell’articolo 182-ter della L.F. precedentemente esposta in merito alla ammissibilità della falcidia per i crediti privilegiati iscritti a ruolo.
4.2.6 Crediti tributari privilegiati
Il privilegio è una causa legittima di prelazione (articolo 2741 del codice civile), accordata dalla legge in considerazione della causa del credito, ovvero del rapporto da cui è sorto (articolo 2745 del codice civile).
Ai sensi dell’articolo 2746 del codice civile, il privilegio può essere generale o speciale, a seconda che gravi su tutti i beni mobili del debitore oppure su determinati beni mobili o immobili.
Ciò premesso, i crediti tributari privilegiati sono, in sintesi, i seguenti:
- IRPEF, IRES, IRAP e ILOR: limitatamente all’imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile ai redditi immobiliari, i crediti IRPEF, IRES e ILOR hanno privilegio speciale sugli immobili siti nel territorio del Comune in cui il tributo si riscuote e sopra i frutti, i fitti e le pigioni degli stessi immobili (articolo 2771, primo comma del codice civile); limitatamente all’imposta o alla quota proporzionale di imposta imputabile al reddito d’impresa, i crediti IRPEF, IRES e ILOR hanno privilegio speciale sopra i beni mobili che servono all’esercizio dell’impresa e sopra le merci (articolo 2759 del codice civile); i restanti crediti IRPEF, IRES, IRAP e ILOR godono di un privilegio generale sui beni mobili (articolo 2752 del codice civile);
- IVA (si ricorda che, come precisato al precedente punto 4.2.1, l’IVA è esclusa dalla transazione fiscale, mentre vi rientrano i relativi interessi e sanzioni): il credito IVA, incluse le sanzioni, gode di un privilegio generale sui beni mobili (articolo 2752, comma 3 del codice civile), nonché, in caso di infruttuosa esecuzione, di collocazione sussidiaria con precedenza rispetto ai crediti chirografari, sul prezzo degli immobili (articolo 2776, comma 3 del codice civile); infine, in caso di responsabilità solidale del cessionario, i crediti IVA dello Stato hanno privilegio sugli immobili che hanno formato oggetto della cessione o ai quali si riferisce il servizio (articolo 2772, comma secondo del codice civile);
- Tributi indiretti: i crediti dello Stato per ogni tributo indiretto hanno privilegio speciale sui beni mobili (articolo 2758 del codice civile) e sugli immobili (articolo 2772, primo comma, del codice civile) ai quali si riferiscono;
- INVIM: il credito INVIM, incluse le sanzioni, gode di un privilegio speciale sugli immobili ai quali si riferisce (articolo 2772, primo comma, del codice civile e articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 643).
A tale conclusione si perviene osservando che il riconoscimento del privilegio, ai sensi dell’articolo 2745 del codice civile, è sottoposto a riserva di legge ed ha carattere eccezionale, in quanto derogatorio del generale principio della par condicio creditorum. Tale interpretazione si allinea altresì con l’orientamento giurisprudenziale favorevole alla “non estensione del privilegio alle soprattasse se non nelle ipotesi espressamente previste e cioè in materia di Iva e di Invim, da intendersi come disposizioni eccezionali e non applicabili in via analogica ad ipotesi tributarie diverse” (Cass., SS.UU., n. 5246 del 6 maggio 1993; Cass. n. 838 del 24 gennaio 1995).
5.1 Presentazione della proposta di transazione
Ai sensi dell’articolo 182-ter della L.F., la proposta di transazione fiscale può prevedere il pagamento, anche dilazionato, “dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori,…, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea”, anche non iscritti a ruolo.
A titolo di esempio, possono essere oggetto di transazione:
- le imposte emergenti dalle dichiarazioni fiscali presentate sino alla data di presentazione della domanda di transazione e non ancora liquidate;
- le imposte emergenti dalle dichiarazioni integrative presentate dal contribuente, ai sensi degli articoli 2 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, al fine di rettificare o integrare gli importi originariamente dichiarati;
- le imposte dovute a seguito della liquidazione delle dichiarazioni dei redditi ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e del controllo formale di cui all’articolo 36-ter del medesimo decreto;
- il debito di imposta quantificato in atti di accertamento, avvisi di liquidazione, atti di recupero, atti di contestazione e/o di irrogazione di sanzione, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo;
- i crediti tributari iscritti a ruolo dagli Uffici dell’Agenzia.
Infine, si precisa che la proposta di transazione può avere ad oggetto anche i tributi in precedenza richiamati per i quali sia pendente una lite.
Al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale, il secondo comma dell’articolo 182-ter della L.F. prevede che “Copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione ed all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda”.
Il debitore, pertanto, contestualmente al deposito presso il Tribunale, dovrà presentare copia della domanda di transazione all’Ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale, nonché al competente agente della riscossione.
Considerato che la transazione fiscale può essere proposta con il piano di cui all’articolo 160 della L.F., la domanda dovrà essere corredata della relativa documentazione, inclusa quella prevista dall’articolo 161 della L.F., nonché da copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici e delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda stessa.
La presentazione di copia della domanda debitamente documentata, sia al competente agente della riscossione sia al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, costituisce pertanto un onere il cui assolvimento rileva come requisito di ammissibilità della transazione fiscale.
Si osserva, infine, che l’articolo 182-ter della L.F. non disciplina la forma o il contenuto della domanda di transazione fiscale, in quanto il legislatore ha ritenuto di valorizzare l’autonomia delle parti nella formulazione della proposta.
Tuttavia, essendo finalizzata alla conclusione di un accordo per la ristrutturazione e la soddisfazione, anche parziale, del debito tributario, la domanda dovrà essere redatta nel modo il più possibile analitico ed esauriente, in analogia con le regole che disciplinano la redazione della proposta di concordato preventivo di cui agli articoli 160 e seguenti della L.F..
In conclusione, la domanda di transazione fiscale, redatta su carta semplice ed indirizzata al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, dovrà contenere, oltre agli allegati richiesti dalla legge (sopra richiamati), almeno:
- le indicazioni complete del contribuente che richiede la transazione (denominazione o nome, codice fiscale, rappresentante legale, ecc.);
- se del caso, gli elementi identificativi della procedura di concordato preventivo in corso (indicazione degli organi giudiziari competenti, dati identificativi del procedimento, del decreto di ammissione ecc.);
- la completa ed esauriente ricostruzione della posizione fiscale del contribuente, così come a lui nota, con indicazione di eventuali contenziosi pendenti;
- l’illustrazione della proposta di transazione, con indicazione dei tempi, delle modalità e delle garanzie prestate per il pagamento, tenendo conto di tutti gli elementi utili per un giudizio di fattibilità e convenienza della transazione;
- l’indicazione, anche sommaria, del contenuto del piano concordatario (come già chiarito, il piano andrà comunque allegato alla domanda di
- ogni altro elemento che il contribuente riterrà utile all’accoglimento della proposta e che, comunque, ponga l’Ufficio in condizione di effettuare le proprie valutazioni.
5.2 Consolidamento del debito fiscale
Entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della domanda di transazione, l’Ufficio, previa verifica del rispetto dei requisiti posti dalla legge per l’ammissibilità della proposta di transazione, dovrà provvedere, qualora ne ricorrano i presupposti, ai necessari adempimenti connessi con l’attività di controllo (liquidazione tributi risultanti dalle dichiarazioni e notifica delle relative comunicazioni di irregolarità; notifica avvisi di accertamento).
Prima che sia decorso il medesimo termine di trenta giorni, l’Ufficio dovrà quindi predisporre e trasmettere al debitore una certificazione attestante il complessivo debito tributario, di particolare importanza qualora quest’ultimo sia di importo superiore a quello indicato nella domanda di transazione fiscale presentata. Come anticipato al punto 4.2.1 nella certificazione dovrà includersi anche il debito relativo all’IVA.
Al riguardo si osserva che il secondo comma dell’articolo 182-ter non dispone, come evidenzia un recente orientamento giurisprudenziale, la perentorietà del termine di trenta giorni ivi previsto. Tuttavia, in considerazione della particolare celerità del procedimento, è necessario che eventuali richieste motivate di proroga agli organi della procedura siano formulate dagli Uffici solo in casi del tutto eccezionali.
Nell’identificare il debito di imposta gli Uffici terranno altresì conto degli atti acquisiti anche nei trenta giorni successivi alla presentazione della domanda, quali:
1) avvisi di accertamento notificati, inclusi, ovviamente, gli accertamenti parziali di cui all’articolo 41-bis del DPR n. 600 del 1973, per la parte non iscritta a ruolo;
2) ruoli vistati ma non ancora consegnati all’agente della riscossione alla data di presentazione della domanda.
Gli Uffici terranno conto a fini istruttori anche dei seguenti atti:
1) processi verbali di constatazione; per processo verbale di constatazione deve intendersi il documento redatto dai verificatori a seguito dell’ultimazione delle operazioni di ispezione e verifica e comunicato al contribuente, mediante il quale è effettuata la constatazione delle violazioni delle norme tributarie ascrivibili al contribuente;
2) inviti al contraddittorio di cui agli articoli 5 e 11 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 inviati al contribuente;
Con particolare riferimento alle somme iscritte a ruolo, è necessario sottolineare che, nel determinare l’entità del debito, l’Ufficio dovrà tener conto anche dei ruoli vistati ed eventualmente consegnati all’agente della riscossione nei trenta giorni successivi alla data di presentazione della domanda di transazione.
Di contro, l’Ufficio non dovrà tener conto delle somme iscritte in ruoli già consegnati all’agente della riscossione alla data di presentazione della domanda.
Qualora l’Ufficio competente (in ragione dell’ultimo domicilio fiscale del debitore) a valutare la proposta di transazione sia diverso da quello competente (in ragione del domicilio del contribuente alla data di presentazione della dichiarazione) ad effettuare i predetti controlli, si rende necessario un rapido coordinamento tra i due Uffici per il puntuale assolvimento delle rispettive competenze.
Nel caso in cui il Tribunale abbia emesso il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo (articolo 163 della L.F.), copia degli atti
notificati o comunicati al debitore successivamente alla data di presentazione della proposta, nonché copia della certificazione attestante il debito di imposta dovranno essere trasmessi al Commissario giudiziale, per gli adempimenti previsti dagli articoli 171, primo comma, e 172 della L.F.
È necessario precisare che la disciplina normativa non dispone la preclusione di ulteriore attività di controllo da parte dell’amministrazione finanziaria in caso di transazione fiscale. Ciò comporta che è sempre possibile per l’amministrazione finanziaria, ove ne ricorrano le condizioni, l’esercizio dei poteri di controllo, con la conseguente determinazione di un debito tributario, superiore rispetto a quello attestato nella certificazione rilasciata al debitore o altrimenti individuato al termine della procedura di transazione fiscale, che l’Amministrazione potrà far valere nei confronti dello stesso contribuente che ha ottenuto l’omologazione del concordato nonché degli obbligati in via di regresso.
Si pensi, ad esempio, ad una proposta di transazione fiscale avente ad oggetto anche il debito tributario relativo al periodo di imposta per il quale non sia stata presentata la relativa dichiarazione, in quanto non ancora scaduti i termini.
In tal caso, l’accettazione della proposta e la sua successiva omologazione, in sede di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti, non preclude all’Ufficio il successivo esercizio dei poteri di controllo della relativa dichiarazione, che il contribuente avrà presentato successivamente alla omologa della transazione fiscale.
Per quanto concerne i tributi oggetto di contenzioso, si ricorda che il quinto comma dell’articolo 182-ter stabilisce che “La chiusura della procedura di concordato ai sensi dell’articolo 181 determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma”.
Tale effetto attiene ovviamente solo alle liti riguardanti i tributi oggetto di transazione e non anche alle controversie non riferibili alla proposta di
5.3 Adempimenti dell’agente della riscossione
Anche l’agente della riscossione, nel termine di trenta giorni dalla data di presentazione della domanda e della relativa documentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo, scaduto o sospeso. Il debito di imposta dovrà essere unitariamente determinato e, quindi, deve essere comprensivo di tutte le somme (tributi, interessi e sanzioni) iscritte a ruolo, nonché degli interessi di cui all’articolo 30 del DPR n. 602 del 1973.
Nella determinazione del debito dovranno essere considerate anche le somme relative alle cartelle di pagamento notificate, per le quali non sia ancora scaduto, alla data di presentazione della domanda di transazione, il termine previsto dall’articolo 50 del DPR n. 602 del 1973.
Copia della certificazione attestante l’entità del debito, stante la previsione contenuta nel comma 4 dell’articolo 182-ter, dovrà essere inviata anche al Direttore del competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, allo scopo di consentire allo stesso di porre in essere l’attività demandatagli dalla norma. L’organo di vertice del competente Ufficio, infatti, previo conforme parere della Direzione regionale di appartenenza, deve fornire all’agente della riscossione le indicazioni necessarie al fine della partecipazione di quest’ultimo al voto in sede di adunanza dei creditori.
5.4 Procedura prevista dall’ultimo comma dell’articolo 182-ter
In xxx xxxxxxxxxxx xx precisa che, come affermato dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 169 del 2007, l’articolo 16, comma 5 di detto decreto, “in accoglimento delle osservazioni delle competenti commissioni di Camera e Senato, sostituisce l’ultimo comma dell’articolo 182-ter della L.F., così da eliminare uno dei maggiori ostacoli all’utilizzo degli accordi stragiudiziali. Rimosso l’espresso divieto di applicare ai debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali le disposizioni di cui all’art. 182-bis in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti, si prevede ora espressamente la possibilità per l’imprenditore in stato di crisi di avvalersi dello strumento della transazione fiscale …”.
Il precedente testo dell’ultimo comma dell’articolo 182-ter della L.F., vigente fino al 31 dicembre 2007, stabiliva, infatti, che “Ai debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 182-bis”.
Per effetto dell’articolo 22, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 169 del 2007, il nuovo ultimo comma dell’articolo 182-ter della L.F. è entrato in vigore il 1° gennaio 2008 e si applica “alle procedure concorsuali … aperte successivamente” a tale data.
Ciò premesso, si osserva che, per le ipotesi in cui la proposta di transazione fiscale sia effettuata nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis della L.F.,
l’ultimo comma dell’articolo 182-ter in esame prevede adempimenti analoghi a quelli contemplati dai commi precedenti.
In particolare “La proposta di transazione fiscale è depositata presso gli uffici indicati nel secondo comma, che procedono alla trasmissione e alla liquidazione ivi previste”.
In base a detta disposizione, la proposta deve essere depositata presso l’Ufficio competente in relazione all’ultimo domicilio fiscale del debitore - tenuto alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità - e presso il competente agente della riscossione – tenuto a trasmettere al debitore la certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso.
Nei trenta giorni successivi l’assenso alla proposta di transazione è espresso, in relazione ai tributi non iscritti a ruolo ovvero non ancora consegnati all’agente della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del Direttore dell’Ufficio, su conforme parere della competente Direzione regionale.
Relativamente ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati all’agente della riscossione alla data di presentazione della domanda, l’assenso è espresso con atto dell’agente della riscossione su indicazione del Direttore dell’Ufficio, previo parere conforme “della direzione generale”. In merito a quest’ultima locuzione, si ritiene che la stessa debba intendersi come “Direzione regionale”, atteso che non potrebbe giustificarsi una differenza rispetto alla corrispondente previsione del quarto comma dell’articolo 182-ter (secondo cui l’agente della riscossione “provvede ad esprimere il voto … su indicazione del direttore dell’ufficio, previo conforme parere della competente direzione regionale”) e che le Direzioni regionali costituiscono strutture di vertice dell’Agenzia.
Infine, l’ultimo periodo del comma in esame dispone che l’assenso in tal modo espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.
5.5 Valutazione della proposta di transazione
Gli Uffici, sulla base della documentazione prodotta dal debitore nonché di ogni altra informazione in loro possesso, dovranno in via preliminare effettuare un riscontro in ordine all’effettiva sussistenza dei requisiti formali e procedimentali previsti dall’articolo 182-ter della L.F.
In particolare, si ricorda che ai sensi del primo comma del predetto articolo 182-ter, “Se il credito tributario è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali; se il credito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari.”.
Per quanto concerne, invece, il merito della proposta di transazione del debito fiscale, gli Uffici dovranno valutare l’eventuale effettiva possibilità di una migliore soddisfazione del credito erariale in sede di accordo transattivo, rispetto all’ipotesi di avvio di una procedura concorsuale di fallimento, tenendo conto dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa nonché della tutela degli interessi erariali.
Al riguardo, tuttavia, è necessario altresì considerare gli obiettivi sottesi alla riforma organica delle procedure concorsuali e, di conseguenza, all’istituto della transazione fiscale.
Il legislatore ha infatti inteso evitare, per quanto possibile, il dissesto irreversibile dell’imprenditore commerciale, per promuovere le “finalità ispirate ad una maggiore sensibilità verso la conservazione delle componenti positive dell'impresa (beni produttivi e livelli occupazionali)” ed “allinearsi agli altri Stati membri dell'Unione europea ed introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell'insolvenza che semplifichi le
procedure attualmente esistenti e sopperisca in modo agile e spedito alla conservazione dell'impresa e alla tutela dei creditori (Relazione allo schema di decreto legislativo del 23 settembre 2005).
Pertanto, in considerazione delle finalità dell’istituto in esame, è opportuno che gli Uffici, in sede di valutazione dell’accordo, tengano conto anche degli altri interessi coinvolti nella gestione della crisi, quali, ad esempio, la difesa dell’occupazione, la continuità dell’attività produttiva, la complessiva esposizione debitoria dell’impresa, oltre alla sua generale situazione finanziaria e patrimoniale (ad esempio, la tipologia dell’attività svolta, le diverse componenti positive di bilancio, la consistenza immobiliare e la presenza di eventuali garanzie).
Infine, si osserva quanto segue in merito all’adesione o diniego alla proposta transattiva.
Per quanto concerne i tributi non iscritti a ruolo, ovvero iscritti in ruoli non ancora consegnati all’agente della riscossione alla data di presentazione della domanda di transazione, il terzo comma dell’articolo 182-ter stabilisce che l’adesione o il diniego è approvato con atto del Direttore dell’Ufficio, su conforme parere della competente Direzione regionale.
In ipotesi di tributi iscritti a ruolo e già consegnati all’agente della riscossione, l’adesione o il diniego alla proposta transattiva sono espressi dall’agente della riscossione mediante voto in sede di adunanza dei creditori, su indicazione del Direttore dell’Ufficio, previo conforme parere della competente Direzione regionale.
In caso di diniego alla proposta transattiva, l’Ufficio dovrà formulare - sulla base degli elementi in suo possesso e della documentazione comunque acquisita alla procedura - le opportune contestazioni alla soluzione concordataria, tenendo in particolare conto quanto osservato dal Commissario giudiziale nella relazione depositata ai sensi dell’articolo 172 della L.F. “sulle
cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori”. Le eccezioni dovranno essere formulate già in sede di adunanza, senza attendere la fase dell’opposizione per rappresentare all’organo giudiziario le ragioni alla base del diniego.
5.6 Proposta di dilazione del pagamento – Contenuto e valutazione
Ai sensi dell’articolo 182-ter della L.F. “La proposta (di transazione fiscale, n.d.r.) può prevedere la dilazione del pagamento”.
L’assenza di una espressa disciplina in ordine alle concrete modalità della dilazione di pagamento si giustifica in considerazione della valorizzazione data dal legislatore all’autonomia delle parti.
Pertanto si ritiene che, in via di principio, la proposta di rateazione formulata dal contribuente all’Ufficio potrà anche eccedere i limiti previsti dall’articolo 19 del DPR n. 602 del 1973.
Ciò posto, occorre tuttavia sottolineare quanto segue.
Nel caso in cui la dilazione di pagamento sia proposta con il piano di cui all’articolo 160 della L.F., l’Ufficio terrà conto, nel valutare l’adesione o il diniego alla transazione fiscale, di quanto previsto in generale dal concordato, in quanto il trattamento del credito tributario non potrà essere inferiore a quello offerto ai creditori che hanno un diritto di prelazione con grado inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali.
Va altresì osservato che, secondo una recente giurisprudenza di merito (Corte d’appello di Bologna, decreto del 27 giugno 2006), “la mancanza di garanzia … certamente … non costituisce più una tipologia tipica del concordato preventivo (come accadeva in passato, secondo il disposto dell’art. 160, n. 1 l.f.), ma rende difficile una valutazione positiva di fattibilità” del
Pertanto, l’Ufficio dovrà tener conto della mancata prestazione di una idonea garanzia nel valutare la proposta di rateazione formulata dal contribuente.
Anche nel caso di proposta di dilazione formulata nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis della L.F., la prestazione di una idonea garanzia costituisce, in linea generale, elemento essenziale di valutazione dell’adesione agli accordi medesimi.
5.7 Pagamento dei tributi oggetto di transazione
Per quanto attiene alle modalità di versamento dei tributi oggetto di transazione, in assenza di specifiche previsioni, si intendono applicabili le disposizioni ordinarie in materia di pagamenti.
In particolare il contribuente potrà adempiere alla propria obbligazione tributaria:
- presso l’agente della riscossione a fronte di carichi iscritti a ruolo;
- mediante mod. F24 ed F23, per i tributi non ancora iscritti a ruolo, utilizzando appositi codici tributo di prossima istituzione.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati nella presente circolare vengano applicati con uniformità.