ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO NEL SETTORE DELLA RICERCA
Ministero dell'Economia e delle Finanze
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Regione del Veneto
INTESA ISTITUZIONALE DI PROGRAMMA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA
E LA GIUNTA DELLA REGIONE DEL VENETO
ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO NEL SETTORE DELLA RICERCA
Roma, 2004
PREMESSE
VISTO l’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni e integrazioni, che disciplina gli istituti della programmazione negoziata;
VISTA in particolare la lettera c) dello stesso comma 203, che definisce e delinea i punti cardine dell’Accordo di programma quadro, quale strumento promosso in attuazione di una Intesa istituzionale di programma e per la realizzazione di un programma esecutivo di interventi d’interesse comune o funzionalmente collegati;
VISTA la delibera del CIPE 21 marzo 1997, n. 29, concernente la disciplina della programmazione negoziata e, in particolare, il punto 1 sull’Intesa Istituzionale di Programma nel quale, alla lettera b), è previsto che gli Accordi di programma quadro da stipulare dovranno coinvolgere nel processo di negoziazione gli organi periferici dello Stato, gli enti locali, gli enti sub-regionali, gli enti pubblici ed ogni altro soggetto pubblico e privato interessato al processo e contenere tutti gli elementi di cui alla lettera c), comma 203, dell’articolo 2 della legge n. 662/1996;
VISTA la delibera CIPE del 21 aprile 1999, n. 55 recante “Integrazione del Comitato istituzionale di gestione e del Comitato paritetico di attuazione” previsti dalla delibera del CIPE del 21 marzo 1997, n. 29;
VISTA la delibera CIPE del 25 maggio 2000, n. 44, “Accordi di programma quadro - Gestione degli interventi tramite applicazione informatica”;
VISTA la delibera CIPE del 2 agosto 2002, n. 76, “Accordi di programma quadro – modifica scheda-intervento di cui alla delibera n. 36 del 2002 ed approvazione schede di riferimento per le procedure di monitoraggio”;
VISTA la circolare sulle procedure di monitoraggio degli Accordi di programma quadro emanata dal Servizio per le Politiche di Sviluppo Territoriale e le Intese e trasmessa alle Amministrazioni regionali con nota n. 0032538 del 9 ottobre 2003;
VISTA la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni concernente: "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto d’accesso ai documenti amministrativi";
VISTA la legge 11 febbraio 1994, n. 109 in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni e integrazioni;
VISTO il decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 e successive modificazioni e integrazioni, recante “Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art.2 della legge 23 ottobre 1992 n. 421”;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367, e successive modificazioni ed integrazioni, concernente: "Regolamento recante semplificazione e accelerazione della procedura di spesa e contabili";
VISTA la legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, recante: "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni e agli
enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa";
VISTA la legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni ed integrazioni, recante: “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”;
VISTO l’art. 15, comma 4, del decreto legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito con
modificazioni dalla legge 30 marzo 1998, n. 61, che integra l’articolo 2, comma 203, lett. b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e l’articolo 10, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica del 20 aprile 1994, n. 367;
VISTO il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, concernente: "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59";
VISTA la legge 30 giugno 1998 n. 208 (Prosecuzione degli interventi per le aree depresse);
VISTO l’art. 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, in cui si prevede, tra l’altro, la costituzione di un sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici (MIP) e della relativa banca dati da costruire presso il CIPE;
VISTO il Decreto Legislativo n. 297 del 27 luglio 1999 recante: "Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori";
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, “Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici, 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni”;
VISTO il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, "Testo unico delle leggi dell'ordinamento delle Autonomie locali";
VISTO il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante: “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” e successive modifiche e integrazioni;
VISTA la legge 16 gennaio 2003 n. 3 del “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”, la quale prevede all’art. 11 (Codice unico di progetto degli investimenti) che ogni nuovo progetto di investimento pubblico, nonché ogni progetto in corso di attuazione alla data del 1° gennaio 2003, ai fini del monitoraggio previsto dall’art. 1 della legge 17 maggio 1999 n. 144, sia dotato di un “Codice unico di progetto”, che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatari richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE;
VISTA la vigente normativa nazionale e comunitaria in materia di aiuti di Stato;
VISTA la delibera CIPE del 6 agosto 1999, n. 134 che, recependo l’intesa della Conferenza Stato-Regioni nella seduta del 5 agosto 1999, fornisce indirizzi per la
costituzione e disciplina del sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici (MIP) con l’individuazione di un gruppo di coordinamento presso il CIPE;
VISTA la delibera CIPE del 15 febbraio 2000. n. 12 (banca dati investimenti pubblici: codifica) che prevede l’approfondimento delle problematiche connesse all’adozione del codice identificativo degli investimenti pubblici e la formulazione di una proposta operativa;
VISTA la delibera CIPE del 27 dicembre 2002, n. 143 che disciplina le modalità e le procedure per l’avvio a regime del sistema CUP in attuazione dell’art. 11 (Codice unico di progetto degli investimenti pubblici) della legge citata n. 3 del 16 gennaio 2003, con cui viene sancita l’obbligatorietà del codice CUP;
CONSIDERATO che in data 09 maggio 2001, è stata firmata a Roma l’Intesa Istituzionale di Programma, tra il Governo e la Regione Veneto, approvata dal CIPE il 3 maggio 2001;
VISTO in particolare l’articolo 6, numero 3 dell’Accordo di programma quadro, intitolato “Disposizioni generali”, il quale recita “….L’Accordo ha durata fino al completamento delle opere previste, è prorogabile e può essere modificato o integrato per concorde volontà dei partecipanti in conformità ai principi di verifica e aggiornamento dell’Intesa di cui all’articolo12 della stessa Intesa.”
VISTO l’art. 73 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (finanziaria 2002), che stabilisce criteri e modalità di assegnazione delle risorse aggiuntive disponibili per interventi nelle aree depresse, a titolo di rifinanziamento della legge n. 208/1998, volti a promuovere lo sviluppo economico e la coesione e a superare gli squilibri economici e sociali presenti nel Paese, assumendo che tali criteri privilegiano – tra gli altri - gli obiettivi dell’avanzamento progettuale e della coerenza programmatica;
VISTA la delibera CIPE 36 del 3 maggio 2002, “Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate, triennio 2002-2004 (Legge Finanziaria 2002)”, ed in particolare il punto 4.5 che in merito alle risorse da utilizzare nelle aree del Centro-Nord nei campi della ricerca e della formazione, pari a 67,400 milioni di euro, al netto della quota del 10%, pari a 7,940 milioni di euro, stabilisce siano gestiti direttamente dalle Regioni del Centro-Nord, mantenendo il vincolo di destinazione e sentendo, in merito al loro utilizzo, rispettivamente il Ministero dell’istruzione, università e ricerca scientifica e tecnologica e il Dipartimento funzione pubblica. Il provvedimento di riparto, più precisamente, dedotta la quota del 10% da accantonare al “fondo premialità”, stabilisce che 6,861 milioni di €, pari al 10,18%, siano destinati alla Regione Veneto. ;
VISTO l’art. 61, comma 3, lett. a), della legge 27 dicembre 2002 n. 289 (legge finanziaria 2003), il quale dispone che il fondo per le aree sottoutilizzate istituito presso il MEF sia utilizzato, fra l’altro, per gli investimenti pubblici ex lege n. 208/1998, art. 1, comma 1, come integrato dall’art. 73 della citata legge finanziaria 2002, attraverso il finanziamento delle intese istituzionali di programma e di programmi nazionali;
VISTA la delibera CIPE del 9 maggio 2003, n. 17, “Ripartizione delle risorse per interventi nelle aree sottoutilizzate – rifinanziamento legge 208/1998 per il triennio 2003/2005 (legge finanziaria 2003, art. 61)”, e in particolare il punto 3.1 che in merito alle risorse da utilizzare nelle aree del Centro-Nord nei campi della ricerca e della società dell’informazione, pari a 130 milioni di euro, i soggetti attuatori degli interventi sono le Regioni e le Province Autonome e l’allegato 2 che, definendo la ripartizione settoriale e regionale delle predette risorse, prevede una somma pari a 7,940 milioni di euro per interventi nel campo della Ricerca nella Regione Veneto;
VISTO la Legge 9 maggio 1989, n. 168 Istituzione del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica;
VISTO il Decreto Legislativo 204/98 “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 151 del 1° luglio 1998;
VISTO il Decreto Legislativo 5 giugno 1998, n. 204 con il quale, in base alla delega contenuta negli articoli 11, comma 1 lettera d) e 18, comma 1, lettere a), d), e), f), della legge 15 marzo 1997, n. 59 per il riordino e la razionalizzazione del settore della ricerca scientifica, nonché dei relativi organismi, strumenti e procedure, sono state emanate le disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica;
VISTO il Decreto ministeriale 8 agosto 2000, n. 593 recante: “Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
297”, ed in particolare l’art. 13 (specifiche iniziative di programmazione), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2001, con cui si è provveduto al riordino e la razionalizzazione di tutto il sistema di agevolazione alla ricerca industriale gestito dal MURST;
VISTE le “Linee Guida del Programma Nazionale di Ricerca proposte dal Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, approvate dal C.I.P.E. nella seduta del 25 maggio 2000 e recepite nel D.P.E.F. approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 giugno 2000;
VISTE le “Linee Guida per la Politica scientifica e tecnologica del Governo” approvate dal CIPE, ai sensi del predetto Decreto Legislativo 204/98 con la Deliberazione n. 35 del 19 aprile 2002;
VISTA la L.R. 5/2000 (Legge regionale Finanziaria 2000) che sulla scorta dell’art. 22, prevede il “cofinanziamento regionale degli interventi previsti dagli accordi di programma quadro delle intese istituzionali di programma”;..
VISTO il Documento Unico di Programmazione della Regione Veneto Obiettivo 2 (2000-2006) approvato dalla Commissione Europea il 26/11/2001 – decisione 2889, con particolare riferimento all’ASSE 2 – “Infrastrutture per la competitività del sistema produttivo regionale” – Misura 2.3 “Attività di ricerca e trasferimento di tecnologia”
VISTO il Complemento di Programmazione del DOCUP approvato con DGR 3025 del 9/11/2001;
VISTA la delibera n. 834 del 12 aprile 2002, con la quale la Giunta regionale del Veneto ha approvato, relativamente alla misura 2.1 “Aree attrezzate per l’ubicazione di servizi alle imprese”, prevista dal DOCUP e dal Complemento di Programmazione Ob.
2 2000/2006, un finanziamento di 4,6 Meuro per un progetto a regia regionale finalizzato alla creazione di un laboratorio sulle nanotecnologie nell’ambito del Parco scientifico Xxxx, ubicato a Marghera (VE);
VISTA la delibera della Giunta Regionale n. 3466 del 10 dicembre 2002, con la quale le risorse del “Fondo aree sotto utilizzate” per il triennio 2002/2004 assegnate al Veneto, con vincolo di destinazione, di cui alla delibera CIPE 36/2002, sono state attribuite per il 70% al settore ricerca e per il 30% al settore formazione;
VISTA la delibera della Giunta Regionale n. 2656 del 12 settembre 2003, con la quale sono stati finanziati progetti di ricerca e sperimentazione nelle nanotecnologie applicate ai materiali ed il “Progetto International Master in Nanotechnologies”, rispettivamente per Euro 4.821.000,00 e per Euro 2.040.00,00 per un totale di Euro 6.861.000,00;
VISTA la delibera della Giunta Regionale n. 3926 del 19 dicembre 2003, con la quale le risorse del “Fondo aree sotto utilizzate” per il triennio 2003/2005 assegnate al Veneto in materia di ricerca, di cui alla delibera CIPE 17/2003, sono state ripartite, quanto a Euro 5.000.000,00, ad interventi di ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie e, quanto a Euro 2.940.400,00, a progetti di ricerca nel campo delle biotecnologie;
VISTO l’Accordo di Programmazione Negoziata sottoscritto il 17 marzo 2004 tra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Regione del Veneto, con il quale, in attuazione dei filoni di intervento previsti dal Protocollo d’Intesa del 17 dicembre 2002 tra le medesime Amministrazioni e altri soggetti, sono stati assunti specifici impegni per la realizzazione del “Distretto tecnologico veneto delle nanotecnologie”;
VISTA la Delibera della Giunta Regionale n. 2129 del 16 luglio 2004, con la quale la Giunta regionale del Veneto ha approvato la proposta di integrazione dell’Intesa Istituzionale di Programma sottoscritta dal Governo e dalla Regione Veneto, in data 9 maggio 2001, mediante l’inserimento di un nuovo asse di intervento denominato “Asse 4 Innovazione” e suddiviso nei seguenti sottoassi: 4.1 Ricerca e sviluppo, 4.2 Società dell’informazione e 4.3 Formazione;
VISTA la Deliberazione di Giunta Regionale n. 2702 del 10 settembre 2004 che approva la sottoscrizione del presente Accordo di Programma Quadro;
il Ministero dell'Economia e delle Finanze,
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
la Regione del Veneto,
STIPULANO IL SEGUENTE
ACCORDO DI ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO IN MATERIA DI RICERCA
Articolo 1 - Recepimento delle premesse
1. Le premesse e gli allegati formano parte integrante del presente Accordo di Programma Quadro, più oltre denominato anche Accordo.
Articolo 2 - Finalità, obiettivi oggetto dell'Accordo
1. Il presente Accordo di Programma Quadro in materia di Ricerca ha ad oggetto programmi di intervento nei settori delle Nanotecnologie e delle Biotecnologie.
2. Le principali linee strategiche sono illustrate nella Relazione tecnica di cui all’Allegato 1 e riguardano, in sintesi:
- il sostegno della ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie strategiche di impatto pervasivo sui sistemi economici, ambientali e sociali;
- la valorizzazione dei risultati della Ricerca Scientifica, favorendo lo “spin – off” della ricerca e momenti di Alta formazione, non solo scientifica ma anche manageriale;
- il sostegno alla ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie chiave abilitanti a carattere multisettoriale.
Articolo 3 - Programma degli interventi
1. La Regione Veneto si impegna ad attuare gli interventi secondo le seguenti linee di intervento:
• Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali e/o nanodispositivi;
• Alta Formazione nel campo delle Nanotecnologie;
• Ricerca nel settore delle biotecnologie applicate, con riferimento alle seguenti aree tematiche:
⮚ Diagnostico
⮚ Ambientale
⮚ Agroalimentare
⮚ Chimico Farmaceutico
2. Gli interventi sono elencati ed opportunamente descritti nella Relazione Tecnica predisposta dalla Regione (Allegato 1 ) e nelle Schede intervento (Allegato 2 )
redatte ai sensi della Delibera del CIPE n. 76 del 2 agosto 2002 e secondo le modalità previste dalla Circolare sulle procedure di monitoraggio degli Accordi di programma quadro citata in premessa
3. Ogni scheda intervento riporta l’indicazione del soggetto pubblico attuatore, che ha redatto la scheda stessa e ne assicura la veridicità. Nel caso in cui il soggetto attuatore non sia stato ancora individuato, tali responsabilità sono state assunte dal soggetto proponente l’intervento, indicato nella stessa scheda intervento.
4. Gli interventi oggetto del presente Accordo sono compatibili con la Programmazione comunitaria, nazionale e regionale di settore.
Articolo 4 - Copertura finanziaria degli interventi dell'Accordo
1. Il costo degli interventi è pari a 14.801.400,00 euro, la cui copertura finanziaria è riportata nella seguente tabella:
Fonte di finanziamento | Totale |
STATO | |
Delibera CIPE 36/02 (quota D.2. Ricerca e Formazione nelle | 6.861.000,00 |
Regioni del Centro-Nord) | |
Delibera CIPE 17/03 (quota F.1.2 – Ricerca nelle Regioni | |
Centro-Nord) | 7.940.400,00 |
TOTALE | 14.801.400,00. |
2. Il quadro finanziario dei singoli interventi è riportato nella relazione tecnica .
3. La disponibilità delle risorse a valere sulla delibera CIPE n. 36/02 e 17/03 sono vincolate al rispetto dei criteri delineati nelle stesse delibere. In particolare, se eventuali decurtazioni legate al mancato impegno delle risorse - mediante obbligazioni giuridicamente vincolanti dei beneficiari finali – entro le scadenze indicate nella delibera CIPE – dovessero ridurre la disponibilità effettiva delle risorse finanziarie dei singoli interventi, all’interno della procedura di monitoraggio si potrà procedere all’integrazione delle risorse ovvero alla sospensione dell’intervento.
4. Il trasferimento delle risorse CIPE avverrà nel rispetto delle autorizzazioni annuali di stanziamento, in particolare il trasferimento delle annualità fino al 2004 compresa verrà disposto in un'unica soluzione entro 120 giorni dalla data di stipula, previa disponibilità di cassa.
5. Il trasferimento della quota delle annualità successive di cui alle Delibere CIPE richiamate nel presente Accordo è subordinato alla chiusura dei monitoraggi dell'anno precedente.
6. Il trasferimento delle risorse finanziarie agli Enti attuatori degli interventi avverrà da parte della Regione Veneto sulla base dello stato di avanzamento lavori, secondo le modalità indicate in apposite convenzioni nei termini e comunque secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
7. La gestione finanziaria degli interventi può attuarsi secondo le procedure e le modalità previste dall’articolo 8 del Decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 367, secondo quanto disposto dall’articolo 15, comma 4, del decreto legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 marzo 1998, n. 61.
8. Le risorse derivanti da economie di spesa, ribassi d’asta o degli interventi revocati sono riprogrammate con le modalità previste dagli articoli 7 e 12 dell’Intesa Istituzionale di Programma.
Articolo 5 - Impegni dei soggetti sottoscrittori
1. Ciascun soggetto sottoscrittore del presente Accordo si impegna, nello svolgimento dell’attività di propria competenza, a:
a) rispettare i termini concordati ed indicati nelle schede-intervento di cui all’Allegato
n. 2 del presente Accordo;
b) utilizzare forme di immediata collaborazione e di stretto coordinamento, con il ricorso, in particolare, agli strumenti di semplificazione dell’attività amministrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo previsti dalla vigente normativa;
c) procedere periodicamente alla verifica dell’Accordo, sulla base delle relazioni di monitoraggio e proporne, se necessario, iniziative correttive, per il tramite del Soggetto responsabile dell’Accordo, al Comitato paritetico di attuazione dell’Intesa istituzionale di programma;
d) fornire al Xxxxxxxx responsabile tutte le informazioni e il supporto necessari per l’adeguato e tempestivo svolgimento delle attività pianificate nel presente Accordo e in particolare per l’espletamento delle funzioni di monitoraggio dell’attuazione;
e) attivare e utilizzare a pieno e in tempi rapidi, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, tutte le risorse finanziarie individuate nel presente Accordo, per la realizzazione delle diverse attività e tipologie di intervento;
f) rimuovere ogni ostacolo procedurale ad esso imputabile in ogni fase procedimentale di realizzazione degli interventi e di attuazione degli impegni assunti, accettando, in caso di inerzia, ritardo o inadempienza, l’intervento sostitutivo del Soggetto responsabile dell’attuazione dell’Accordo.
g) segnalare ogni ostacolo amministrativo, finanziario o tecnico che si frapponga alla realizzazione degli interventi e la proposta delle relative azioni da intraprendere, la disponibilità di risorse non utilizzate ai fini dell’assunzione di eventuali iniziative correttive o di riprogrammazione revoca e/o rimodulazione degli interventi.
2. I sottoscrittori si impegnano a dar vita ad un flusso informativo sistematico e costante al fine di consolidare un processo stabile di concertazione e condivisione dei reciproci programmi di attività relativamente all’ambito territoriale della Regione. Lo scambio di informazioni avverrà in coincidenza con il monitoraggio di cui al successivo art. 6.
3. La Regione Veneto, si impegna a garantire che l’attuazione degli interventi sia coerente con gli indirizzi tecnici a livello nazionale, elaborati dal Ministro per l’Istruzione dell’Università e Ricerca e dagli uffici di cui si avvale, condivisi nelle strutture di cooperazione operanti con le regioni e gli enti locali.
Articolo 6 - Soggetto responsabile dell’Accordo
1. Ai fini del coordinamento e della vigilanza sull'attuazione del presente Accordo si individua, quale soggetto responsabile dell'attuazione, il Segretario generale della Programmazione della Regione Veneto, Dr. Xxxxxxx Xxxx Xxxxxxxx.
2. Il Responsabile dell’Accordo ha il compito di:
a) rappresentare in modo unitario gli interessi dei soggetti sottoscrittori;
b) governare il processo complessivo di realizzazione degli interventi ricompresi nell’Accordo, attivando le risorse tecniche e organizzative necessarie alla sua attuazione
c) promuovere in via autonoma o di concerto con i responsabili dei singoli interventi le iniziative necessarie a garantire il rispetto degli impegni e degli obblighi dei soggetti sottoscrittori dell’Accordo
d) garantire il monitoraggio semestrale sullo stato di attuazione dell’Accordo, da effettuarsi secondo le modalità indicate nella Circolare sul monitoraggio degli Accordi di Programma Quadro citata in premessa;
e) assicurare, nel corso dei monitoraggi semestrali, il completo inserimento dei dati delle schede-intervento rispettivamente entro il 31 luglio e il 31 gennaio di ogni anno;
f) verificare, tenendo conto delle specificità del settore oggetto del presente Accordo, la completezza e la coerenza dei dati delle schede intervento, così come l’assenza per le stesse di codici di errore nell’Applicativo Intese, e comunicare al Servizio per le Politiche di Sviluppo Territoriale e le Intese del Ministero Economia e Finanze (di seguito SPSTI) la lista degli eventuali interventi che presentano modifiche rispetto alle previsioni effettuate nell’ultima versione monitorata;
g) curare, al primo monitoraggio dell’Accordo, l’inserimento del codice unico di progetto (CUP) per ciascuna delle schede intervento implementate nell’Applicativo Intese, ove non già inserito, e, a tal fine, richiederne, in tempi utili, l’attribuzione, direttamente o per il tramite di idoneo soggetto pubblico abilitato (cosiddetto concentratore);
h) inviare al Servizio per le politiche di sviluppo territoriale la lista degli interventi (SPSTI) entro il 28 febbraio e il 30 settembre di ogni anno – a partire dal primo semestre successivo alla stipula – il Rapporto di monitoraggio sullo stato di attuazione dell’Accordo, redatto ai sensi della delibera CIPE 76/2002 e secondo le modalità previste dalla Circolare sulle procedure di monitoraggio degli Accordi di programma quadro citata in premessa;
i) assegnare, in caso di ritardo, inerzia e inadempienza, al soggetto che ne è responsabile, un congruo termine per provvedere;
j) segnalare, decorso inutilmente il predetto termine, l’inadempienza al Comitato Paritetico di Attuazione, il quale provvede con le modalità previste dalla citata Intesa Istituzionale di Programma;
k) esercitare, avvalendosi dei servizi e delle strutture organizzative dell’Amministrazione procedente, ovvero di altre Amministrazioni pubbliche, e su conforme decisione del Comitato Istituzionale di Gestione, di cui alla citata Intesa istituzionale di Programma, i poteri sostitutivi necessari alla esecuzione degli interventi;
l) provvedere, mediante attività di conciliazione, a dirimere le controversie che insorgono tra i soggetti partecipanti all’Accordo.
Articolo 7 - Responsabile dell'attuazione del singolo intervento
1. Per ogni intervento viene indicato nelle apposite schede (Allegato 2) il “Responsabile di intervento”, che nel caso di lavori pubblici corrisponde al soggetto già individuato come “Responsabile unico di procedimento” ai sensi del DPR 554/1999 e successive modificazioni.
2. Ad integrazione delle funzioni previste come responsabile di procedimento dall’art. 8 del DPR 554/1999 e successive modificazioni, il Responsabile di Intervento ai fini dell’Atto Integrativo svolge nel corso dei monitoraggi semestrali i seguenti compiti:
a) porre in essere tutte le azioni opportune e necessarie al fine di garantire la completa realizzazione dell’intervento nei tempi previsti;
b) verificare l’attuazione degli impegni assunti dai soggetti che hanno sottoscritto l’Accordo e segnalare al Soggetto responsabile dell’Accordo gli eventuali ritardi ed ostacoli tecnico-amministrativi che ne impediscono l’attuazione;
c) raccogliere ed immettere nell’Applicativo Intese, secondo le indicazioni del Soggetto responsabile dell’Accordo e in ottemperanza a quanto disposto dalla citata Circolare sul monitoraggio degli Accordi di Programma Quadro, i dati delle schede intervento rispondendo della loro veridicità;
d) verificare la veridicità delle informazioni contenute nelle singole schede intervento e l’attuazione degli impegni assunti, così come porre in essere tutte le azioni
opportune e necessarie al fine di garantire la completa realizzazione dell’intervento nei tempi previsti;
e) monitorare costantemente l’attuazione degli impegni assunti dai soggetti sottoscrittori, al fine di individuare le azioni opportune e necessarie per garantire la completa realizzazione dell’intervento nei tempi previsti e gli eventuali ritardi od ostacoli tecnico-amministrativi e finanziari che ne dilazionano o impediscono l’attuazione;
f) trasmettere al Soggetto responsabile dell’Atto Integrativo la scheda intervento unitamente ad una relazione esplicativa contenente la descrizione dei risultati conseguiti, le azioni di verifica svolte, l’indicazione di ogni eventuale ostacolo amministrativo, finanziario o tecnico che si frapponga alla realizzazione dell’intervento e la proposta delle relative azioni correttive, nonché ogni altra informazione richiesta dal Responsabile dell’Atto Integrativo;
g) fornire al responsabile dell’attuazione dell’Accordo Atto Integrativo ogni altra informazione necessaria, utile a definire lo stato di attuazione dell’intervento.
Articolo 8 - Procedimenti di conciliazione o definizione di conflitti tra i soggetti partecipanti all'Accordo
1. Il soggetto responsabile dell’attuazione dell’Accordo, in caso di contrasti in ordine all’interpretazione o all’esecuzione delle obbligazioni previste nell’Accordo medesimo, su istanza di uno dei soggetti interessati dalla controversia o anche d'ufficio, invita le parti interessate a rappresentare le rispettive posizioni per l’esperimento di un tentativo di conciliazione.
2. Qualora in tale sede si raggiunga un'intesa idonea a comporre il conflitto, si redige il verbale nel quale sono riportati i termini della conciliazione. La sottoscrizione del verbale impegna i firmatari all'osservanza dell'accordo raggiunto.
3. Qualora, invece, le controversie permangano, il Comitato Paritetico di Attuazione rimette la questione al Comitato Istituzionale di Gestione.
4. Gli eventuali conflitti insorti tra soggetto attuatore e l’impresa che realizza l’intervento vanno composti così come previsto dal contratto d’appalto.
Articolo 9 - Poteri sostitutivi in caso di inerzia, ritardo ed inadempienza
1. L’esercizio dei poteri sostitutivi si applica in conformità con quanto previsto dall'ordinamento vigente.
2. L’inerzia, l’omissione e l’attività ostativa riferite alla verifica e al monitoraggio da parte dei soggetti responsabili di tali funzioni costituiscono agli effetti del presente accordo, fattispecie di inadempimento.
3. Nel caso di ritardo, inerzia o inadempimenti, il Soggetto Responsabile dell'Accordo invita il soggetto, al quale il ritardo, l'inerzia o l'inadempimento sono imputabili, ad assicurare che la struttura da esso dipendente adempia entro un termine prefissato.
4. Il soggetto sottoscrittore cui è imputabile l'inadempimento è tenuto a far conoscere, entro il termine prefissato, le iniziative a tal fine assunte ed i risultati conseguiti.
5. In caso di ulteriore inottemperanza, il Soggetto Responsabile dell’Accordo invia gli atti, con relazione motivata, al Comitato Paritetico di Attuazione, formulando, se del caso, una proposta delle misure da adottare in via sostitutiva.
6. Il Comitato Paritetico propone al Comitato Istituzionale di Gestione dell’Intesa, per la relativa decisione le misure più efficaci da adottare in relazione agli accertati inadempimenti.
7. Ove le azioni di cui ai commi precedenti non garantiscano il risultato dell’adempimento o lo garantiscano in modo insufficiente, il Comitato Istituzionale di Gestione attiva le procedure per la revoca del finanziamento in ragione della titolarità dei fondi.
8. La revoca del finanziamento non pregiudica l'esercizio di eventuali pretese di risarcimento nei confronti del soggetto cui sia imputabile l'inadempimento per i danni arrecati.
9. Ai soggetti che hanno sostenuto oneri in conseguenza diretta dell'inadempimento contestato compete comunque l'azione di ripetizione degli oneri medesimi.
Articolo 10 - Disposizioni finali
1. Il presente Accordo è vincolante per tutti i soggetti sottoscrittori.
2. Il Comitato istituzionale di gestione può proporre e adottare le misure individuate dal Comitato paritetico di attuazione o le altre che ritenesse più opportune per risolvere le controversie, ivi compresa la modifica o la ridefinizione degli interventi previsti nel presente Accordo, e la riprogrammazione delle relative risorse, così come previsto all’articolo 12 dell’Intesa istituzionale di programma, purché dalla stessa non derivino pregiudizi per gli impegni di spesa già assunti dalle parti.
3. Previa approvazione del Comitato istituzionale di gestione, possono aderire all’accordo stesso altri soggetti pubblici e privati rientranti tra quelli individuati alla lettera b) del punto 1.3 della delibera CIPE 21 marzo 1997, la cui partecipazione e azione sia necessaria per la compiuta realizzazione delle attività e degli interventi previsti dal presente Accordo.
4. Conformemente a quanto previsto dalla già richiamata Intesa, il presente Accordo rimane in vigore sino alla realizzazione degli interventi in esso previsti nonché di quegli interventi costituenti priorità programmatiche di cui all’articolo 3 e può essere modificato o integrato per concorde volontà dei partecipanti in conformità ai principi di verifica e aggiornamento di cui all’articolo 12 della stessa Intesa, previa approvazione da parte del Comitato istituzionale di gestione.
5. Alla scadenza dell’Accordo o allorquando se ne presenti la necessità, il Comitato paritetico di attuazione, su segnalazione del soggetto responsabile dell’Accordo, è incaricato della risoluzione delle eventuali incombenze derivanti dalla sussistenza di rapporti pendenti e di attività non ultimate.
Roma, 28 Settembre 2004
Ministero dell’Economia e delle Finanze
Direttore Generale del Servizio per le politiche di sviluppo territoriale e le Intese
Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxx
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica Direttore Generale del Servizio per lo sviluppo e il potenziamento delle attività di ricerca
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Regione del Veneto
Segretario Generale della Programmazione
Xxxxxxx Xxxx Xxxxxxxx
Ministero dell' Economia e delle Finanze
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Regione del Veneto
INTESA ISTITUZIONALE DI PROGRAMMA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA
E LA GIUNTA DELLA REGIONE DEL VENETO
ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO NEL SETTORE DELLA RICERCA
ALLEGATO 1 RELAZIONE TECNICA
Roma 2004
INTESA ISTITUZIONALE DI PROGRAMMA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E LA GIUNTA DELLA REGIONE DEL VENETO
ACCORDO DI PROGRAMMA QUADRO NEL SETTORE DELLA RICERCA
RELAZIONE TECNICA
1. Premessa
Da qualche tempo nel Sistema Italia, va facendosi strada la consapevolezza che occorre fare tutti di più per la ricerca, in quanto fattore strategico per “la modernizzazione del Paese ed il sostegno alla competitività del sistema industriale nazionale”.
In particolare, nei Programmi di ricerca comunitari e nazionali sta crescendo l’attenzione per la ricerca di base e applicata nei settori delle: biotecnologie, nanotecnologie, tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Infatti Bioscienza, Nanoscienza ed Infoscienza, opportunamente orientate dall’etica dei valori, tendono a caratterizzarsi come i motori della crescita e dello sviluppo sostenibile nei prossimi decenni.
Dalle analisi di studiosi ed analisti delle organizzazioni internazionali si evince che almeno due sono le ragioni che caratterizzano i settori industriali incardinati su Bioscienza, Nanoscienza ed Infoscienza, come motori della crescita economica:
• il valore aggiunto e l’occupazione crescono con ritmi di almeno tre volte superiori al tasso di crescita industriale totale, in quanto settori high-tech;
• i beni, i servizi, le conoscenze e le tecnologie offerte da questi settori hightech impattano positivamente sul sistema produttivo esistente con guadagni di produttività e di capacità nell’innovazione dei prodotti, dei processi e delle organizzazioni.
Questo impatto è già visibile nel modo in cui le ICT stanno profondamente modificando le imprese, i settori industriali esistenti e la loro organizzazione sul mercato globale.
Peraltro, le interdipendenze tra Bioscienza, Nanoscienza ed Infoscienza contribuiranno ad accrescere l’intensità dei cambiamenti strutturali sui sistemi economici e sociali.
I mercati di queste industrie sono di rilevantissime dimensioni e di alta specializzazione, non aggredibili senza un retroterra di competenze scientifiche.
Le nanotecnologie e le microtecnologie prospettano nuovi orizzonti per una pluralità di applicazioni: nuovi dispositivi elettronici, nuovi mezzi diagnostici e terapeutici, nuovi materiali con proprietà strutturali e funzionali che consentono di ottimizzare la progettazione e la fabbricazione di componenti con particolare riguardo agli aspetti di
sicurezza, affidabilità, riciclabilità, sviluppo di processi rispettosi dell’ambiente, risparmio energetico.
Vi sono però delle alte barriere d’entrata che il nostro sistema imprenditoriale e della ricerca trova, oggi, nel processo di appropriazione delle conoscenze di base e applicazioni tecnologiche nei suddetti settori di frontiera.
A tal proposito, pertanto è indispensabile un impegno maggiore che nel passato, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche organizzativo, che parta da forti momenti di collaborazione e coordinamento tra Stato, Regione, Università, Centri di ricerca e, imprese e sistema finanziario.
Nel Veneto esistono elevate competenze nella ricerca di base e applicata alle biotecnologie, alle nanotecnologie e alle tecnologie dell’informazione, le quali possono essere potenziate con adeguati finanziamenti, allo scopo di aumentare le conoscenze in tali campi e permetterne un maggiore e più ampio utilizzo in campo industriale, e questo al fine di qualificare le nostre strutture imprenditoriali a livello internazionale, e soddisfare una domanda nazionale ed internazionale.
Alcune branche della ricerca possono infatti svolgere una funzione di volano per un insieme di attività collaterali, generando effetti positivi anche sull’economia e sull’occupazione, in una fase in cui i tradizionali settori industriali e/o paradigmi produttivi dimostrano di aver esaurito il loro ciclo propulsivo. Per tali motivi, oggi più che mai, è indispensabile puntare sullo sviluppo scientifico e tecnologico, che può scaturire dalla ricerca applicata.
In questo quadro, va segnalata la decennale attenzione della Regione del Veneto per la ricerca, anche di base e, soprattutto, il trasferimento delle conoscenze in applicazioni produttive, che ha prodotto numerose esperienze di attività congiunta, tra i soggetti sopra menzionati, nei campi della ricerca, della sperimentazione industriale e dello spin- off.
Strategia che trova conferme anche nell’attuale emanando Programma Regionale di Sviluppo (PRS).
Gli obiettivi da tempo perseguiti sono principalmente rappresentati dalla creazione del network tra Poli e Nodi scientifici e la previsione di azioni di interfaccia con il sistema produttivo, anche al fine di sostenere le necessarie fasi di “incubazione” di imprese innovative, necessarie per la piccola dimensione delle unità produttive che connota il nostro tessuto economico.
E’ indubbio che il sistema veneto, per competenze industriali e manageriali, dimensione del sistema finanziario e qualità del sistema universitario e della ricerca, è dotato dei necessari fondamentali per affrontare e sostenere adeguatamente processi di sviluppo industriale basati sui paradigmi dei settori high – technologies.
A tal fine, risulta strategico, assumere come orientamento quello di finanziare, con il coinvolgimento degli enti locali e del sistema produttivo:
❑ la creazione poli di ricerca e distretti tecnologici di eccellenza;
❑ progetti che prevedano una collaborazione tra Istituti scientifici collocati nella nostra regione ed istituti di altri paesi, disposti a trasferire conoscenze utili a far nascere nuove imprese e a favorire l’insediamento di giovani ricercatori;
❑ la costituzione di reti di eccellenza per la ricerca scientifica applicata, obiettivo, tra l’altro, assunto da tempo dall’Unione Europea. A questo scopo è necessario anche coinvolgere gli enti locali per individuare anzitempo le possibili localizzazioni.
2. Obiettivi generali dell’Accordo
2.1.1 Il quadro programmatico
Il presente Accordo si colloca all’interno degli obiettivi, strategie ed assi di intervento delineati, anche recentemente, a livello comunitario, nazionale e regionale.
In primo luogo, la Politica regionale per favorire la ricerca e lo sviluppo scientifico e tecnologico si pone come vettore dei principi, obiettivi ed azioni prioritarie individuati dal VI Programma quadro per la ricerca 2002 – 2006 approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea.
In esso vale la pena di ricordare i principi e gli obiettivi cardine perseguiti:
- concentrare ed integrare la ricerca della Comunità, al fine di destinare gli sforzi della ricerca europea in sette aree tematiche prioritarie ben definite;
- strutturare lo spazio europeo della ricerca, attraverso interventi di incentivazione alla ricerca ed alla innovazione tecnologica, allo sviluppo delle risorse umane, ala realizzazione di infrastrutture di ricerca, ad attività volte ad incoraggiare rapporti armoniosi tra scienza e società;
- rafforzare le basi per lo spazio europeo della ricerca, mediante il ricorso ad azioni di coordinamento e di sostegno delle politiche di ricerca e sviluppo in Europa.
Tra le priorità tematiche di particolare interesse per il positivo impatto che può avere nel sistema produttivo regionale è necessario sottolineare la considerazione che il VI Programma quadro xxxxxxx alle “Scienze della vita, genomica e biotecnologie per la salute” “tecnologie per la società dell’informazione”, in particolare componenti e microsistemi, alle “nanotecnologie e nanoscienze”, per la definizione di materiali multifunzionali basati sulla conoscenza e sui nuovi processi e dispositivi di produzione.
In questo logica, la presente azione regionale si riferisce utilmente alle “Linee guida per il Programma nazionale di ricerca 2001 – 2003” approvato dal CIPE, del quale è utile risaltare tra le azioni prioritarie previste di medio-lungo e di breve-medio periodo, in particolare:
- tra le prime, il sostegno della ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie strategiche di impatto pervasivo sui sistemi economici, ambientali e sociali;
- tra le seconde, la valorizzazione dei risultati della Ricerca Scientifica, favorendo lo “spin – off” della ricerca e momenti di Alta formazione, non solo scientifica ma anche manageriale.
In questa logica la presente azione regionale si riferisce utilmente alle “Linee guida per il Programma nazionale di ricerca 2001 – 2003” approvato dal CIPE, del quale è utile
far risaltare tra le azioni prioritarie previste di medio-lungo e di breve-medio periodo, in particolare:
- tra le prime, il sostegno della ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie strategiche di impatto pervasivo sui sistemi economici, ambientali e sociali;
- tra le seconde, la valorizzazione dei risultati della Ricerca Scientifica, favorendo lo “spin – off” della ricerca e momenti di Alta formazione, non solo scientifica ma anche manageriale.
Più recentemente il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, ai sensi del Decreto Legislativo 204/98, ha sottoposto al CIPE le “Linee guida per la Politica scientifica e tecnologica del Governo”, che le ha approvate con la Delibera n. 35 del 19 aprile 2002.
Tra gli assi strategici prospettati, si segnala in particolare l’Asse 2, che prevede il “sostegno alla ricerca orientata allo sviluppo di tecnologie chiave abilitanti a carattere multisettoriale”.
In quest’ambito, gli indirizzi programmatici prevedono un forte sostegno pubblico ai programmi di ricerca “mission oriented”, capaci di ampliare la base di conoscenza e lo sviluppo di nuove tecnologie, quali le nanotecnologie, le biotecnologie, i materiali intelligenti e nuovi processi.
Dal canto suo, la Regione del Veneto, ha finora intrapreso una serie di azioni mirate all’innovazione e a favore della ricerca di base e applicata.
Tali azioni si sono concentrate principalmente sui versanti delle leggi di incentivazione ricomprese all’interno del Fondo Unico Regionale per lo sviluppo economico (L.R. 11/2001, art. 55) e delle misure comunitarie di competenza all’interno del Docup 2000 – 2006.
In particolare la strategia regionale si è avvalsa di:
- le leggi di incentivazione ricompresse nel Fondo Unico ( in primis la Legge 140/97 e la Legge 598/94)
- le LL.RR. n. 36/95. (Fondo per i parchi scientifici e tecnologici) e n. 12/92, art.
6. ( Fondo per l’Innovazione connesso a Veneto Innovazione per la realizzazione di studi, ricerche, costituzione e implementazione di sistemi informatici).
Inoltre, alcuni momenti programmatori importanti sono rappresentati, in ambito Docup Obiettivo 0 0000-0000, da :
• la Misura 1.7 Contributi per la ricerca e l’innovazione. Azione a) Contributi per l’attività di ricerca applicata e di innovazione. Azione b) Contributi per l’utilizzo da parte delle PMI di strutture qualificate per l’attività do ricerca;
• la Misura 2.3 Attività di ricerca e trasferimento di tecnologia. Finanziamento di progetti volti al potenziamento e sviluppo delle attività di laboratori e centri di ricerca a beneficio di PMI, loro consorzi e società anche a partecipazione mista pubblico – privata.
Giova segnalare che la Giunta, con deliberazione n. 214 dell’8 Febbraio 2002, ha approvato un Piano Regionale di Intervento finalizzato ad aumentare l’utilizzo dei fondi messi a disposizione dalla Commissione Europea nell’ambito del VI Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico, da parte di soggetti regionali.
Tale Piano di Azione regionale prevede i seguenti obiettivi specifici:
1. Promuovere la conoscenza e la condivisione di una Carta dei Valori della Ricerca, al fine di diffondere al più ampio livello possibile la consapevolezza della necessità dell’investimento in conoscenza;
2. Promuovere l’eccellenza scientifica e tecnologica e accelerare la disseminazione delle conoscenze (l’azione della Regione deve affiancarsi a quella nazionale per favorire la formazione di ricercatori operanti sia in ambito pubblico sia in ambito privato);
3. Costruire la comunità della ricerca nel Veneto, pensata come dispositivo sociale di apprendimento;
4. Creare le condizioni per incrementare stabilmente e progressivamente la partecipazione della Regione ai Programmi di Ricerca europea;
5. Sostenere l’inserimento stabile del Veneto nello Spazio Europeo di Ricerca (facilitare la creazione di partnership consolidate con aree europee con interessi complementari).
Seguendo tali obiettivi è necessario tener presente quanto la formazione di aree caratterizzate da un’elevata specializzazione tecnologica rivesta un ruolo di assoluto rilievo nella promozione della ricerca industriale e dell’avvio di nuove realtà imprenditoriali, con conseguente progresso tecnico e scientifico, nonché ricadute positive in termini di occupazione e di creazione di ricchezza. Tali obiettivi infatti risultano rispondenti al pubblico interesse tanto a livello nazionale quanto a livello locale.
Approfonditi studi sulle realtà più efficienti a livello mondiale hanno dimostrato la necessità della compresenza di almeno tre fattori decisivi per il successo dei distretti tecnologici ad elevata specializzazione.
Il primo fattore è costituito dalla presenza nel territorio interessato di atenei e di centri di ricerca che raggiungano o possano raggiungere elevati livelli qualitativi nella ricerca, capaci dunque di immettere sul mercato conoscenze tecnico-scientifiche innovative e personale altamente specializzato.
Il secondo è dato dalla presenza di imprese innovative. Infatti la collaborazione fra queste ultime, gli atenei ed i centri di ricerca può assicurare il miglior equilibrio fra la ricerca di base e quella applicata. La presenza delle imprese garantisce inoltre la ricaduta economica della ricerca, attraverso l’indirizzo dei progetti verso risultati concreti.
Il terzo fattore infine è costituito dalla presenza di finanziamenti pubblici volti a favorire specifiche attività a beneficio collettivo, come la ricerca avanzata nel settore di specializzazione, nonché il supporto alla creazione di nuove realtà imprenditoriali ed al loro radicamento sul territorio.
I primi due fattori, che richiedono un lungo processo per essere costituiti ex-novo nelle aree ove non siano presenti, sono di fatto un elemento distintivo dell’area veneta, che può pertanto costituire, anche in considerazione delle forti potenzialità della ricerca, la sede ottimale per la creazione di imprenditoria capace di puntare all’eccellenza internazionale in un settore di particolare importanza strategica nell’attuale panorama produttivo globale: le nanotecnologie.
In questo quadro programmatico si colloca la più recente strategia regionale rivolta al sostegno al sostegno della ricerca applicata e industriale nei settori ad alta tecnologia, in particolare delle nanotecnologie e delle biotecnologie.
NANOTECNOLOGIE
Contesto generale
Le nanotecnologie si propongono di manipolare la materia lavorando su oggetti che hanno dimensione nanometrica. Esse rappresentano una delle frontiere più avanzate della ricerca scientifica mondiale, per questo anche l'Unione Europea le ha incluse tra le aree scientifiche chiave su cui concentrare risorse ed energie nei prossimi anni. Tali tecnologie risultano d’interesse multidisciplinare e si basano su principi e nozioni della chimica, fisica e biologia. Studiare la materia su scala nanometrica ha l’obiettivo di ampliare la conoscenza delle proprietà e delle funzioni della materia al fine di permettere di costruire materiali e prodotti con speciali caratteristiche chimico-fisiche.
Le applicazioni riguardano numerosi settori industriali e forniscono l’opportunità di migliorare prodotti e processi produttivi già esistenti oltre che di crearne di nuovi.
Per quanto concerne le innovazioni di prodotto che potranno essere implementate nel breve periodo si possono citare:
• tessuti resistenti agli strappi ed alle macchie;
• materiali trasparenti che assorbono raggi ultravioletti;
• sensori ad altissima risoluzione, da impiegare nell’industria ottica;
• strutture di nanotubi in carbonio fino a cento volte più resistenti e sei volte più leggeri e sottili dell’acciaio;
• materiali polimerici resistenti alle sollecitazioni ed alla compressione da impiegare nell’industria calzaturiera e dello sport;
• rivestimenti e vernici innovative (es. anticorrosione, autopulenti, resistenti all’usura) per il settore del vetro, dei trasporti dell’arredamento, dell’edilizia dell’oro.
Nel medio lungo termine si pensa che saranno disponibili, tra l’altro, memorie ad altissima densità, ed anche nanomedicine che possano circolare nelle arterie ripulendone selettivamente le pareti, nanorobot da impiegare nell’industria metalmeccanica, biomedicale ed elettronica.
Le nanotecnologie nell’industria e nella ricerca veneta
L’area veneta rappresenta un punto di riferimento mondiale per la sua radicata cultura imprenditoriale basata sul raggruppamento distrettuale di piccole e medie imprese focalizzate su diversi settori di attività industriali. Tra i settori di spicco nei quali il territorio regionale detiene una leadership riconosciuta a livello globale si individuano: il tessile, il calzaturiero, l’occhialeria, il vetro, il metalmeccanico, l’orafo, l’edile e l’industria dell’arredamento. Per tutti i campi di attività presenti sul territorio l’innovazione che può essere introdotta dalle Nanotecnologie nei materiali impiegati rappresenta un’opportunità per accrescere e mantenere nel lungo periodo una posizione predominante sui mercati internazionali.
Inoltre le competenze in campo scientifico e tecnologico nell’ambito della chimica, della fisica e dell’ingegneria dei materiali risultano particolarmente eccellenti, grazie ad una rete di università e di centri di ricerca che vanta un’importante tradizione nella ricerca di base ed applicata avanzata. In particolare si contano numerosi progetti di ricerca e sviluppo che impiegano ricercatori di fama internazionale focalizzati sull’analisi, modifica e creazione di nanostrutture, e sullo studio ed applicazione delle proprietà strutturali e funzionali dei materiali.
Sulla base delle caratteristiche e delle necessità del tessuto imprenditoriale locale e delle elevate competenze scientifiche e tecnologiche presenti sul territorio, partendo da un Protocollo d’Intesa sottoscritto il 17 dicembre 2002 dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) dalla Amministrazione regionale, dal sistema confindustriale, dalle Università degli Studi di Padova e Ca’ Foscari di Venezia, nonché di alcune aziende di punta della nostra Regione, è stato avviato un programma di attività volto alla realizzazione di un Distretto veneto delle Nanotecnologie applicate ai materiali, iniziativa denominata “Veneto Nanotech”, che prevede un investimento complessivo di 60 MEuro.
Tale iniziativa si propone di favorire lo sviluppo di ricerche ed applicazioni direttamente impiegabili dall’industria locale, apportando innovazione e garantendo competitività a livello internazionale.
Nel Protocollo infatti sono stati identificati alcuni filoni di intervento principali, finalizzati a creare o incrementare i fattori di cui si è parlato precedentemente. Essi sono:
• la costituzione di un polo di eccellenza, che attragga e formi i giovani talenti e ricercatori di diversi settori disciplinari;
• l’attivazione e la gestione di infrastrutture per la ricerca e la sperimentazione industriale delle Nanotecnologie;
• la promozione delle opportunità offerte dalle nanotecnologie per l’innovazione dei prodotti e dei processi industriali di aziende esistenti e per la creazione di nuove imprese;
Il Protocollo d’Intesa rappresenta un documento di alto valore ideale e programmatico, ma era necessario tradurlo in strumenti concreti che consentissero la realizzazione delle attività di progetto e il raggiungimento degli obiettivi. A questo scopo i firmatari del Protocollo hanno deciso, in una serie di riunioni tenute nel primo semestre del 2003, di
costituire una “Organizzazione di Distretto”, ossia un soggetto giuridico autonomo a cui affidare il compito di organizzare e gestire le attività da svolgere.
Questa organizzazione ha preso forma il 31 luglio 2003 con la costituzione della “VENETO NANOTECH s.c.p.a.” Società consortile per azioni finalizzata al coordinamento, la promozione e lo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo nel settore delle nanotecnologie e delle attività connesse e funzionali alle applicazioni industriali di tali tecnologie.
La società è costituita dall’Università di Padova e di Venezia ed è partecipata da numerosi Enti, da Amministrazioni Pubbliche e da Imprese private, e ha per obiettivo la realizzazione del Distretto delle Nanotecnologie nel Veneto.
L’obiettivo di medio termine di Veneto Nanotech è creare un circolo virtuoso che coinvolge Istituzioni di Ricerca, Imprese innovative ed investitori pubblici e privati allo scopo di sviluppare competenze imprenditoriali nel settore delle nanotecnologie.
Il 17 marzo 2004 tra Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Regione del Veneto è stato sottoscritto un Accordo di Programmazione Negoziata che dà attuazione ai principi ed agli impegni affermati nel Protocollo d’intesa del 17 dicembre 2002 per programmare l’attività delle comuni strutture organizzative del Distretto Veneto per le nanotecnologie.
Un’adeguata strategia regionale per l’innovazione infatti deve avere necessariamente un approccio che comprenda la predisposizione di un insieme complesso di interventi simultanei (sul fronte della ricerca, del trasferimento tecnologico, della qualità e della certificazione, della formazione, della finanza, delle politiche per le risorse umane, ecc.), il monitoraggio del loro svolgimento e il rafforzamento di quelli maggiormente incisivi.
Pertanto la scelta di creare un Distretto Veneto per le Nanotecnologie ha come finalità prima quella di superare la perdita di competitività dei prodotti più tradizionali delle imprese, che, per riacquistare posizioni nel mercato, richiedono forti passi avanti nell’ambito dell’innovazione tecnologica e una iniezione di valore aggiunto tecnologico.
Il Programma di interventi da attuarsi con le risorse ex Delibere CIPE 36/02 e 17/03
Con la Delibera 36/02 il CIPE ha assegnato alla Regione del Veneto risorse destinate alla ricerca e formazione pari a Euro 6.861.000. In attuazione delle procedure previste dal predetto Comitato Interministeriale, con DGR 3466 del 10 dicembre 2002, la Giunta Regionale del Veneto ha deliberato di sostenere un programma di formazione, ricerca e sperimentazione, nell’ambito delle attività dell’iniziativa “Veneto Nanotech”, proposto dalle Università degli Studi di Padova e di Venezia, in qualità di istituti di istruzione superiore e di alta formazione, destinando interamente detto finanziamento a valere sul Fondo aree sottoutilizzate – triennio 2002 - 2004 a specifici progetti di ricerca e di formazione, coerenti con la focalizzazione scientifica del distretto veneto per le nanotecnologie, presentati dalle suddette Università.
Le due Università hanno in seguito deciso di unire le proprie forze in un unico soggetto giuridico: l’Associazione CIVEN (Coordinamento Interuniversitario Veneto per le Nanotecnologie).
Il CIVEN è stato formalmente costituito il 17 marzo 2003 come Consorzio interuniversitario. Il 22 ottobre 2003 il CIVEN è stato trasformato in Associazione (Associazione CIVEN - Coordinamento Interuniversitario Veneto per le Nanotecnologie), associazione riconosciuta dalla Regione Veneto.
Dal marzo 2004 vi ha aderito anche l’Università degli Studi di Verona.
Il CIVEN è un veicolo societario specifico, operante in ambito regionale e senza scopo di lucro, come previsto all’art. 15 del proprio Statuto, che le tre università associate intendono utilizzare per operare in maniera coordinata nel campo delle nanotecnologie, ed avente lo scopo di progettare e realizzare iniziative di alta formazione, di ricerca, di sperimentazione industriale e di trasferimento al mondo imprenditoriale della tecnologia e della conoscenza sviluppate dai consorziati, nell’ambito del settore delle nanotecnologie, ed in particolare delle nanotecnologie applicate ai materiali.
La Giunta regionale, dopo analisi e valutazioni del proprio Nucleo regionale di Verifica e Valutazione ex Legge 144/99 (NUVV), ha approvato con dgr n. 2656/2003:
• il Progetto di ricerca e sperimentazione nelle nanotecnologie applicate ai materiali cui sono state destinate risorse per 4,821 MEuro;
• il Progetto “International Master in Nanotechnologies” per cui sono stati previsti 2,04 MEuro.
I rapporti fra i due enti (Regione Veneto ed CIVEN) sono stati quindi regolati da 2 apposite convenzioni, sottoscritte il 20 ottobre 2003, con le quali si stabilisce espressamente, tra l’altro, che i risultati della ricerca, realizzati nell’ambito dei progetti, sono di esclusiva proprietà della Regione.
Tutte le attività di ricerca e formazione, come richiamato espressamente dalle convenzioni all’art. 2, dovranno essere ubicate in zone del territorio regionale considerate “aree depresse” (ora definite “aree sottoutilizzate”), consistenti nei comuni o parti di essi ricompresi nella zonizzazione dell’Obiettivo 2 e “Sostegno transitorio” della Programmazione Comunitaria del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale periodo 2000 – 2006.
Per quanto riguarda l’assegnazione di risorse dedicate alla ricerca stabilita dal CIPE con propria delibera 17/2003, la Giunta Regionale ha inteso proseguire nell’impegno di convogliare finanziamenti in poche linee di azioni strategiche, quale la creazione del citato Distretto veneto delle nanotecnologie, “Veneto Nanotech”.
A tal fine, con DGR n. 3926 del 19/12/2003, la Giunta regionale ha stabilito di destinare una quota dei predetti fondi pari a 5 Meuro ad ulteriori iniziative di ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali.
A quest’ultima decisione regionale è conseguito l’invio di ulteriori proposte progettuali da parte del CIVEN, che l’amministrazione regionale ha provveduto a vagliare tramite il proprio NUVV e successivamente approvare con DGR n. del , destinando a 2 progetti la predetta quota di risorse CIPE, anche in considerazione della peculiare natura e delle elevate competenze accademiche contemplate dal CIVEN in qualità di ente strumentale delle summenzionate Università venete.
BIOTECNOLOGIE
Contesto Generale
Passando ora al filone di ricerca relativo alle Biotecnologie, esso dimostra di essere uno dei comparti più promettenti e più favorevoli per lo sviluppo tecnologico, per questo motivo la Regione del Veneto ha deciso di orientarvi le risorse finanziarie stanziate per la Ricerca.
A partire infatti dall’atto ufficiale di nascita, poco meno di 30 anni fa, le biotecnologie innovative sono state universalmente riconosciute come un’area interdisciplinare di altissima importanza strategica, anche se finora solo parzialmente espressa, ai fini della produzione di beni e servizi. Oltre che i risultati e i successi fino a oggi registrati nei Paesi in cui da più tempo sono state allocate risorse specifiche, diversi eventi sottolineano il ruolo trainante delle biotecnologie a fini economici, produttivi e occupazionali:
▪ l’elevata diffusività, cioè la potenzialità delle biotecnologie di innovare in misura sostanziale numerosi settori merceologici come quelli relativi alla salute umana ed animale, alla zootecnia, all'ambiente, all'agricoltura, all'energia, alla chimica, settori finora largamente basati su tecnologie meno efficienti e sicuramente obsolescenti in futuro;
▪ le fondate aspettative di un'evoluzione nel livello e nell'incisività della ricerca biotecnologica. Ciò è dovuto ad un peculiare circolo virtuoso per cui la ricerca genera alta tecnologia e l'innovazione tecnologica alimenta ricerca fondamentale. In poche aree high tech, come nelle biotecnologie, si riscontra un così indissolubile intreccio tra ricerca fondamentale, ricerca di base, ricerca applicata e ricerca di sviluppo;
▪ l’imprevedibilità, malgrado la caratteristica progettualità che ne ispira programmi ed obiettivi, della ricerca biotecnologica ai fini dello sviluppo di metodologie il cui impatto può essere esplosivo nell'ambito di produzione di beni e servizi e di conseguenza risolutivo ai fini del miglioramento della qualità della vita. Esempi classici: anticorpi monoclonali, oligonucleotidi, PCR (polymerase chain reaction) organismi transgenici, le conquiste dell'infinitamente piccolo da parte della biologia strutturale, nuovi catalizzatori. Da sottolineare, una volta di più, la versatilità di ciascuno di questi strumenti in più settori;
▪ la possibile disaggregazione dei risultati di una filiera tecnologica anche completa, con ottenimento di prodotti intermedi (componenti biologici, reagenti chimici pregiati, prototipi) di impatto potenziale in più settori merceologici;
▪ la collaudata capacità delle biotecnologie di razionalizzare processi di lavorazione con ottenimento di prodotti ad alto valore aggiunto. Ciò vale, ad esempio, per l'utilizzazione non alimentare di eccedenze agricole, problema non risolto in Europa, con conseguente necessità di dedicare notevoli risorse comunitarie per investimenti nel settore;
▪ il costo relativamente contenuto di processi affidati a sistemi biologici, anche se lo studio preliminare di tali processi può, viceversa, richiedere progetti di big science non commissionabili a singole strutture di ricerca per impegno di risorse umane e finanziarie;
▪ la possibilità di interfacciare, da un lato, professionalità eterogenee come quelle di ricercatori di base (a loro volta formatisi in diverse discipline) e di operatori industriali, utilizzando o costruendo ad hoc opportune strutture organizzative (Science Parks) che si stanno rivelando vincenti anche per lo sviluppo di nuove imprese; dall'altro, principi e strategie delle biotecnologie con quella di altre aree high tech (elettronica, informatica, nuovi materiali), con risultati impressionanti in termini di know how, di processi e di prodotti.
La partecipazione attiva dell'Italia al sistema Biotecnologie è stata tardiva nei confronti dei principali Paesi industrializzati. Si è cominciato infatti a definire le relative politiche nazionali di intervento solo a metà degli anni ‘80, quando i risultati, concreti non meno che spettacolari, delle biotecnologie negli altri Paesi suggerirono l'opportunità di iniziative tese a recuperare il tempo perduto, si è proseguito con difficoltà nella prima metà degli anni ’90, ma già a partire dal 1996 sono stati fatti notevoli passi in avanti in tale campo.
In tali iniziative ha sempre avuto un ruolo propulsivo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (da qui CNR), organo dello Stato che promuove e disciplina la ricerca, ai fini del progresso scientifico e tecnologico del Paese.
Il riconoscimento dei risultati conseguiti nell’ultimo periodo hanno portato il CNR all’attivazione di un proprio Progetto Finalizzato (in seguito P.F.) “Biotecnologie” che, esaurita la fase di selezione, è attualmente pronto a partire. Questo nuovo P. F., unitamente al Programma 5% "Biotecnologie" (MURST/CNR, legge 95/95) ed al PNR "Biotecnologie Avanzate II" (MURST), rappresenta l'investimento pubblico italiano nell'area delle biotecnologie ed, in ossequio al principio della sussidiarietà, è identificabile come seed money per le cospicue attività di ricerca previste dal V Programma-Quadro dell'U.E. in questa area strategica, va inoltre ricordato che l’offerta di ricerca italiana in ambito biotecnologico è da sempre di livello medio-alto, come puntualmente dimostrato anche dall'analisi (mediante sistematico ricorso a referees esterni) delle 1200 proposte di partecipazione al nuovo Progetto Finalizzato Biotecnologie.
Va anche evidenziato che oggi si sta vivendo una fase di totale rinnovamento del sistema produttivo in cui occorre identificare ed attivare strumenti ed attività di sostegno alla diffusione della conoscenza e necessarie per sviluppare l’imprenditoria soprattutto nei settori ad elevato livello tecnologico. Infatti il continuo progresso, aumenta le esigenze sia di innovazione che di complessità gestionale, perciò soprattutto nei comparti ad alto contenuto scientifico, come appunto quello delle biotecnologie, vi è un enorme bisogno di risorse umane altamente specializzate.
Infatti è sempre più evidente che il settore delle biotecnologie ricopre una importanza strategica enorme, rappresentando uno degli assi portanti del mondo economico imprenditoriale e scientifico per il prossimo futuro. Tale affermazione la si può facilmente evincere anche dalla lettura del principale strumento a disposizione dell’Unione Europea per il finanziamento della ricerca: il VI Programma Quadro.
Infatti esso fissa tra le priorità tematiche le scienze della vita, la genomica e le biotecnologie.
Quindi, nonostante in Europa attualmente il settore possa sembrare in ritardo rispetto a paesi come gli Stati Uniti, si stanno attivando tutti i canali e gli strumenti operativi per
cercare di eliminare questo “gap”. D’altro canto le imprese sono perennemente sottoposte a continue sfide da parte di paesi come Stati Uniti, Cina e Giappone, quindi vi è una richiesta continua di riqualificazione delle risorse umane e dei contenuti tecnologici aziendali al fine di dare origine a prodotti innovativi e competitivi in grado di affrontare il mercato globale.
L’Italia si prepara a competere nel settore del biotech, infatti il nostro paese si posizionava a fine del 2002 al settimo posto con 64 imprese di medie dimensioni (fonte Xxxxx & Xxxxx). La leadership spettava alla Germania con 504 società, seguita da Gran Bretagna (448), Francia (342) e Svezia (235), dopo questi big si scende sotto le due cifre: con 93 società troviamo la Svizzera, mentre i paesi bassi sono a quota 79, chiude la classifica la Spagna con 32 imprese.
Da rilevare che il biotech made in Italy dà comunque lavoro a 4500 persone (tutte ad elevata scolarizzazione) per un giro d’affari di 1.1 miliardi di euro e che almeno il 15% del fatturato risulta investito in R&S.
La realtà regionale
Nel territorio veneto, grazie alle competenze sviluppate dal mondo universitario (Padova, Verona, Venezia ed attualmente la vicina Ferrara) nell’ambito delle facoltà scientifiche ed alla presenza di alcune industrie farmaceutiche multinazionali e non (Glaxo, Zambon, Fidia, etc.) il settore è vivace ed in forte sviluppo. Infatti le aziende di grandi dimensioni hanno trasferito il proprio know how e spesso generato piccole realtà aziendali che oggi hanno trovato una dimensione propria e nicchie di mercato specifiche nell’ambito del quale operano.
Va inoltre considerato che altri importanti campi applicativi per le biotecnologie sono quello delle coltivazioni biotecnologiche e quello dell’agroalimentare, aree produttive fortemente presenti nella regione e che possono nel futuro trovare uno sviluppo in mercati più specialistici, ma che caratterizzeranno il futuro di un’utenza sempre più esigente ed attenta al prodotto da consumare.
In questo contesto il Veneto, pare abbia tutte le potenzialità espresse in fattori economici ed ambientali per permettere la crescita del settore, in particolare la presenza di un ambiente scientifico e culturale attivo grazie alla presenza di quattro università prestigiose e un tessuto imprenditoriale ed economico dinamico ed in progressiva crescita oltre che risorse umane altamente qualificate.
Inoltre le politiche fino ad oggi adottate hanno supportato il decollo dei comparti afferenti le biotecnologie cercando di creare un ambiente “favorevole” e “propizio” per assicurare un giusto insieme di strumenti sinergici.
In tale contesto gli Enti che istituzionalmente si occupano di ricerca e formazione, come il CNR, hanno recepito questa spinta verso lo sviluppo delle biotecnologie adottando una politica innovativa basata in gran parte sul trasferimento dei saperi e tecnologico, finalizzata a concentrare ed a coordinare le forze del mondo economico imprenditoriale con quelle della ricerca scientifica. In tal senso va ricordato che in alcuni casi, l’economia del Nord-Est può presentare alcuni aspetti di rigidità che possono essere “ammorbiditi” proprio attraverso il sostegno e l’agevolazione di attività di trasferimento tecnologico e di creazione di reti e/o di azioni di sistema aventi come riferimento le strutture della ricerca e dell’istruzione superiore tali da creare un terreno fertile per la
nascita di strutture dedicate all’innovazione e centri di competenze scientifiche riconosciute dalle imprese come il mondo accademico.
Inoltre è importante evidenziare che il settore in questione è rappresentato da numerosi comparti produttivi che nonostante si occupino solo in parte di biotecnologie hanno uno stretto rapporto con esso soprattutto per quanto riguarda l’innovazione di prodotto ed il miglioramento di processo. Infatti il coinvolgimento di diversi settori implica una forte richiesta da parte del mondo imprenditoriale di nuove figure professionali in grado di soddisfare le varie esigenze di innovazione e sviluppo per poter competere in maniera adeguata con i mercati internazionali.
In Italia e nella regione va comunque rilevata (come già evidenziato) la presenza di numerose piccole imprese operanti nei settori tradizionali intersecati dall'innovazione biotecnologica (chimica fine, farmaceutica, agroalimentare) che si sono accompagnati alla diffusa creazione di nuove piccole realtà imprenditoriali a vocazione specialistica. In particolare queste piccole e micro imprese nascono intorno ad una idea-business vincente e tendono ad occupare nicchie di sviluppo e anche di mercato difficilmente appetibili per le grandi società. Oppure svolgono attività di R&S potenzialmente interessanti per le grandi imprese (spesso su loro esplicito incarico) e costituiscono quindi l'indotto scaturito dalla dismissione della ricerca in proprio, che è oggi il tratto distintivo della grande industria per quanto concerne tutte le attività ad altissimo contenuto innovativo e ad elevato tasso di aggiornamento che non facciano immediatamente capo al loro core business.
Pertanto se l'Italia ed il Veneto appaiono in ritardo nello sfruttamento industriale delle conoscenze scaturite dalla ricerca biotecnologica, altrettanto non si può certo dire del livello delle competenze scientifiche disponibili. Competenze queste che per quanto riguarda il Veneto sono spesso messe a disposizione del territorio proprio grazie ad una spinta proveniente direttamente dalle esigenze, dalla partecipazione alle iniziative formative degli stessi attori operanti in ambito scolastico ed universitario e dalla possibilità di utilizzare fonti di finanziamento idonee per la realizzazione dei diversi percorsi formativi.
Vantaggi ed Impatto sulle Aree Sottoutilizzate Lo sviluppo economico delle biotecnologie
Il mercato delle biotecnologie sta vivendo una svolta radicale, l'evoluzione della biotecnologia assomiglia molto a quella vissuta dall’information technology. Le aziende stanno constatando che é più redditizio e vantaggioso integrarsi formando reti di alleanze nelle quali ciascun partecipante contribuisce con un elemento essenziale nello sviluppo di prodotti di alto valore e ne condivide i profitti. Nel contesto globale, il numero totale di aziende che operano nel settore delle biotecnologie é aumentato di circa il 2%, ma il numero delle aziende quotate in Borsa é effettivamente diminuito del 3%. Negli anni passati gli incrementi annuali del numero di imprese in Europa e negli Stati Uniti sono stati considerevolmente maggiori: secondo Xxxxx & Young il ciclo negativo nei mercati finanziari sta influendo negativamente sulla nascita di nuove imprese.
Tra le sfide fondamentali nella crescita globale dell'industria delle biotecnologie ci sono i costi elevati e le difficoltà che si devono affrontare per superare gli ostacoli normativi di molti Paesi. Gli sforzi volti ad armonizzare le regolamentazioni a livello mondiale abbatteranno gli ostacoli che finora hanno impedito lo sviluppo di questa industria.
Le società farmaceutiche e quelle che si occupano di biotecnologie cercano di stringere delle partnership, accordi per la Ricerca & Sviluppo e contratti di outsourcing per introdurre i prodotti sul mercato in maniera più efficiente.
I governi stanno investendo gran parte dello sviluppo economico del ventunesimo secolo sull'innovazione delle biotecnologie. Gli investitori (soprattutto le società di venture capital) stanno cercando nuove opportunità, dando minore importanza al luogo dell'investimento, e prestando invece molta attenzione sia all'esperienza delle persone coinvolte, sia alla proprietà intellettuale.
I ricercatori universitari hanno a disposizione un maggiore accesso a banche dati pubbliche ricche di informazioni. Il progresso continuerà ad accelerare e le società vincenti saranno quelle che si focalizzeranno sui propri punti di forza e che saranno più efficienti nel trasformare le scoperte scientifiche in prodotti innovativi.
Secondo alcuni esperti di settore l'industria biotech sta dimostrando capacità proprie per affermarsi come impresa economica. Infatti questo settore si trova ora all'inizio del suo sviluppo tecnologico e l'innovazione sta accelerando. In definitiva il biotech può rappresentare un motore trainante non solo nel settore sanitario (ad esempio per la diagnostica e la farmaceutica), ma anche in quello agricolo, nella produzione industriale e nella gestione dell'ambiente. Negli ultimi cinque anni, in Europa il fatturato é balzato all'845%, ha raggiunto quasi il 200% in Canada e oltre l'80% negli Stati Uniti.
Alcune possibilità di sviluppo aziendali
Anche l’Italia si prepara a competere nel settore del biotech, infatti il nostro Paese si posiziona discretamente nella graduatoria mondiale con 64 imprese di medie dimensioni che danno lavoro a 4500 persone (tutte ad elevata scolarizzazione) per un giro d’affari di 1.1 miliardi di euro dove almeno il 15% del fatturato risulta investito in R&S.
Per quanto riguarda il Veneto, l’industria biotecnologica presente nella regione, analogamente a quella nazionale, si caratterizza per la prevalenza di micro e piccole imprese (per il settore diagnostico e farmaceutico ne sono state stimate una quarantina di specialistiche con una concentrazione più alta nelle province di Padova, Venezia e Vicenza ma la potenzialità più elevata è sicuramente nel settore agroalimentare),
Analogamente a quanto avviene a livello nazionale, queste imprese operano secondo canoni di alta competenza e comunque rappresentano un numero modesto rispetto alla totalità presente in altri Paesi anche se quelle presenti nel territorio regionale presentano una elevata potenzialità di sviluppo.
In particolare le aziende biotech venete si contraddistinguono per:
a. l’ottimo livello scientifico e tecnologico;
b. le buone capacità manageriali;
c. la disponibilità a rapporti di collaborazione, joint-ventures, outsorcing;
d. il fatturato modesto;
e. la difficoltà nel reperimento e nella gestione di finanziamenti agevolati;
f. i rapporti stretti con la ricerca accademica;
g. la dipendenza dalle grandi imprese di settore;
h. la difficoltà nel disporre di competenze specifiche per gestire i contratti con i committenti.
Come risulta facilmente comprensibile dalla valutazione delle caratteristiche sopra descritte questa tipologia di piccole (spesso micro) imprese presenta alcuni punti di forza soprattutto in termini di know how scientifico e tecnologico (punti a, b, c, f), ma anche sostanziali punti di debolezza in alcune azioni di sostegno per la gestione dell’impresa (d, e, g, h).
Elementi critici caratteristici delle imprese che nascono con un forte connotato in R&D e bisognosi di miglioramento quando l’attività dell’impresa si amplia in dipendenza da collaborazioni e commesse ottenute da grandi imprese.
Per inquadrare il settore in maniera corretta e globale va inoltre evidenziato che proprio per le sue caratteristiche peculiari il campo delle biotecnologie, come altri che si contraddistinguono per l’elevato livello di competenze e per l’assoluto bisogno di mantenere qualificato il know how presente nell’impresa, è oggetto di continue evoluzioni e di consistenti investimenti. Pertanto per queste piccole imprese, che diversamente da altre effettuano una attenta analisi di mercato ed un approfondito studio sui brevetti esistenti prima di avviare l’attività, la formazione, l’identificazione di nuovi campi di attività, le collaborazioni e le sinergie tra imprese e tra imprese e Centri di Ricerca Universitari e non, diventano essenziali non solo per lo sviluppo e la crescita aziendale, ma spesso per la stessa sopravvivenza.
La presenza infatti di tre Parchi Scientifici (Galileo, Star e Xxxx) e di altre iniziative dedicate al trasferimento tecnologico nelle tre province ove hanno sede i centri universitari più importanti (Padova, Venezia e Verona) contribuisce a sostenere le attività di queste imprese particolarmente votate all’innovazione, ma vista la delicatezza e particolarità del settore spesso si fa fatica ad avviare vere e proprie azioni congiunte per la progettazione ad attività finanziate di alto spessore come quelle necessarie per la partecipazione al VI Programma Quadro.
Confrontando questo scenario e le potenzialità che esso rappresenta con le previsioni di sviluppo per il settore biotecnologico previste per i prossimi anni la Regione Veneto intende sostenere il comparto attraverso una serie di azioni, alcune già avviate da qualche anno, e che hanno generato specifiche attività sul territorio sia direttamente (percorsi formativi per disoccupati ed occupati, partecipazione diretta a progetti mirati, etc.), che attraverso azioni svolte dagli enti strumentali della Regione ed altre da avviare nel prossimo futuro.
Particolarmente significativa una recente esperienza formativa attuata sul territorio ha consentito attraverso il coinvolgimento di una cinquantina di aziende del settore, 180 discenti ed un numero stimato di circa 80 docenti provenienti dal mondo universitario e da quello delle imprese di svolgere una indagine informale sulle reali esigenze del settore e sulle competenze esistenti. L’attività svolta è stata utile sia per identificare i fabbisogni espressi sul fronte delle imprese che per una più facile identificazione di esperti di settore (di provenienza universitaria ed aziendale), basti solo citare il rapporto docenti/discenti che ad oggi è pari 1,5/1.
Va inoltre evidenziato che proprio per le sue caratteristiche peculiari il settore biotech, come altri che si contraddistinguono per l’elevato livello di competenze necessarie e per l’assoluto bisogno di mantenere qualificato il know how presente nell’impresa, è
oggetto di continue evoluzioni e di consistenti investimenti. Anche gli imprenditori si sono dimostrati sensibili a questi stimoli innovativi investendo in innovazione soprattutto dal punto di vista delle risorse umane. Infatti, per queste piccole imprese che diversamente da altre effettuano una attenta analisi di mercato ed un approfondito studio sui brevetti esistenti prima di avviare l’attività, la formazione, l’identificazione di nuovi campi di attività, le collaborazioni e le sinergie tra imprese e con l’Accademia sono essenziali per lo sviluppo dell’azienda e quindi bisognose di azioni di sostegno anche da parte della Pubblica Amministrazione.
Considerando che le maggiori applicazioni biotecnologiche ed impiego di prodotti/servizi si hanno in:
• farmacologia e medicina (produzione di farmaci, vaccini e prodotti diagnostici: attualmente oltre 50 prodotti in commercio sono ottenuti da organismi transgenici);
• agricoltura e zootecnia-veterinaria (produzione di piante e animali), anche per usi non-alimentari;
• bioindustria (produzione di vitamine, aminoacidi, bevande, enzimi, prodotti alimentari, cosmetici, fibre, ecc.);
• ambiente (smaltimento rifiuti, depurazione acque, bonifica siti contaminati) ed energia (produzione di biomasse e combustibili).
e che in ambito regionale esistono consistenti presenze imprenditoriali afferenti ai diversi settori di pertinenza (vedi tab. 1) è stata ipotizzata la possibilità con alcune aziende che operano direttamente nelle biotecnologie o campi ad esse connesse (Agroalimentare, Ambientale, Chimico-Farmaceutico, Diagnostico), di implementare alcune attività dell’azienda interessate allo sviluppo del settore.
Tab 1
Imprese settore biomedicale allargato (include ottici ed odontotecnici)
n° aziende 2.527
Imprese settore biomedicale ristretto (distribuzione e produzione anche mat. sanitario)
n° aziende 673
Agricoltura (si evidenziano 126 aziende operanti nell’acquacoltura)
n° aziende 102.700
Agroalimentare trasformazione (lavorazione carne pesce, ortaggi, lattiero-caseario, grassi animali,etc)
n° aziende 5.931
Ambiente produzione apparecchiature
n° aziende 322
Ambiente servizi (incluse le sedi 16 ARPAV)
n° aziende 1033
Va inoltre evidenziato che tutte le aziende contattate (appartenenti ai settori chimico- farmaceutico, diagnostico, agroalimentare e ambientale) hanno mostrato notevole interesse verso la possibilità di sviluppare attività attualmente in fase di progettazione o
primo sviluppo anche usufruendo di adeguate fonti finanziarie per realizzare azioni di specifica pertinenza aziendale o di comune interesse con altre aziende di settore.
In particolare sono state segnalate alcune aree per le potenziali di attività da sviluppare:
❑ area prodotti
sviluppo di programmi e progetti di R&S mirati, direttamente o in outsourcing laboratori per la caratterizzazione del DNA e creazione di Data Base per lo screening
test per l’isolamento e la produzione di microrganismi allevamento di ceppi animali geneticamente modificati
messa a punto e sviluppo di protocolli per i trias clinici di prodotto
❑ area processi
realizzazione software specifici per il settore e per la singola azienda realizzazione di laboratori per la validazione dei processi
realizzazione di celle frigorifere idonee allo stoccaggio di cellule staminali
❑ area servizi
commercializzazione prodotti
formazione e organizzazione seminari tecnici
esperti nel monitoraggio e reperimento dati di settore (scientifici e di mercato) esperti nella valutazione e preparazione brevetti
esperti per il monitoraggio dei trias clinici
Le iniziative attuali in riferimento ad alcuni ambiti regionali
Le autorità regionali hanno riconosciuto l’importanza dello sfruttamento economico dei risultati della ricerca quale motore di sviluppo locale. Le biotecnologie sono quindi state individuate da vari documenti di programmazione regionali (ad es. per la Lombardia, la Puglia, ecc) quali uno dei settori maggiormente interessanti dal punto di vista delle ricadute socio economiche.
Va però evidenziato che lo sviluppo del settore biotech avviene attraverso un processo che affonda le sue radici su elementi territoriali che devono essere adeguatamente valorizzati e promossi, quali ad esempio:
• la presenza di una base scientifica attiva e propositiva;
• la presenza di centri di formazione di eccellenza con il conseguente ottimo livello di preparazione dei laureati e la disponibilità di manodopera qualificata;
• una base imprenditoriale dinamica ed in crescita;
• la presenza di strutture e reti di supporto al trasferimento di tecnologie ed all’avvio di imprese innovative, quali Parchi scientifici, Bio-incubatori, Poli tecnologici, ecc.;
• la presenza di infrastrutture e servizi di supporto di livello internazionale e la presenza di un ambiente “favorevole” anche culturalmente alle attività di ricerca e di sfruttamento dei risultati.
Il ruolo che dovrebbe essere assunto dalle autorità regionali in questo contesto è quello di assicurare un ambiente che favorisca lo sfruttamento, da parte degli attori locali
coinvolti, delle opportunità offerte. A tale fine in molte regioni sono state avviate iniziative strategiche che puntano a:
• favorire l’avvio di nuove imprese nel settore;
• favorire le attività di trasferimento tecnologico al fine di rafforzare le imprese già esistenti;
• favorire azioni di sistema e di rete in un ottica di clustering;
• operare per l’attrazione degli investimenti;
• realizzare strutture di specializzazione;
• mappare e monitorare lo stato dell’arte delle bioscienze a livello territoriale.
In questo senso deve essere interpretato l’utilizzo, diversificato a seconda dei contesti territoriali, di risorse provenienti da fondi europei (FESR, FSE, VI Programma Quadro, ecc.) attraverso la proposizione di misure di supporto alla diffusione ed acquisizione dell’innovazione, di realizzazione di percorsi di tutoraggio per imprese innovative, di ausilio alla presenza di ricercatori in contesti imprenditoriali, di marketing territoriale, di formazione professionale ed alta formazione, di creazione di strumenti di aggregazione tra accademia ed imprese, di realizzazione di infrastrutture di supporto.
Il Programma di interventi da attuarsi con le risorse ex Delibera CIPE 17/03
Tutto ciò porta a dire che le biotecnologie possono svolgere un ruolo trainante a fini economici, produttivi, occupazionali e di sviluppo per l’area regionale.
In tal senso le politiche di intervento futuro per favorire lo sviluppo di iniziative dedicate e di un cluster di imprese afferenti al settore biotech possono essere:
✓ consolidare e sviluppare il know how esistente sia in ambito universitario che imprenditoriale attraverso opportune azioni formative;
✓ sviluppare forme di coordinamento e/o di integrazione tra imprese operanti nel settore;
✓ valorizzare imprese e prodotti frutto della competenza locale;
✓ tutelare e migliorare l’economia del settore;
✓ elevare il livello delle competenze, l’efficienza e la competitività delle imprese coinvolte direttamente o indirettamente nelle biotech;
✓ promuovere la programmazione negoziata e favorire la stipula di accordi, contratti, intese di programma, anche con altre regioni che intendano realizzare attività congiunte per agevolare lo sviluppo del settore.
Tutte queste considerazioni hanno portato il CNR – Area della Ricerca di Padova, Ente identificato per la realizzazione delle iniziative di ricerca dedicate allo sviluppo delle biotecnologie sul territorio regionale, a valutare attentamente diverse metodologie e modelli già in opera adatti alla realizzazione dell’iniziativa su un territorio con caratteristiche di specificità come quello regionale.
L’azione proposta ha inteso infatti prioritariamente identificare le necessità e le potenzialità espresse dal territorio e proporre lo sviluppo di linee di ricerca coerenti con esso e finalizzate a rispondere alle numerose esigenze espresse e latenti.
Il CNR-Area della Ricerca di Padova, infatti secondo queste recenti linee evolutive, sta prestando una particolare attenzione al tema delle biotecnologie, motivata anche dalla consistente presenza sul territorio veneto di aziende che operano direttamente o in aree di interesse limitrofe al settore biotech.
Pertanto, in relazione al contesto territoriale precedentemente descritto ed alle potenzialità che le applicazioni biotech possono rappresentare per il territorio, la Giunta Regionale del Veneto ha destinato, con DGR n° 3916 del 19 dicembre 2003, una quota pari a € 2.940.400 per la realizzazione di interventi nel settore delle biotecnologie applicate ed ha identificato nel CNR - Area della Ricerca di Padova, l’Ente idoneo quale soggetto attuatore delle attività di ricerca, e a cui demandare la formulazione di proposte progettuali coordinate e finalizzate allo sviluppo della ricerca scientifica nel contesto territoriale.
In questa linea d’azione il territorio ha manifestato le proprie istanze attraverso la presentazione di proposte di ricerca progettuali. Tali proposte sono state valutate dal CNR con la supervisione di un Comitato Tecnico Scientifico (da qui CTS), composto da Docenti di chiara fama ed esperti di chiara competenza nella materia, opportunamente identificati per le competenze possedute nel campo delle biotecnologie, con particolare riferimento ai seguenti settori: agroalimentare, ambientale, chimico e farmaceutico- diagnostico.
Operativamente il CTS, ha messo a punto uno schema organizzativo delle attività finalizzato ad agevolare il sistema di valutazione/gestione delle singole proposte progettuali provenienti dal territorio e consentire, in seconda battuta, al CNR stesso di realizzare l’iniziativa in maniera strutturata e coerente con le esigenze regionali ed i fabbisogni espressi dal territorio.
Il Comitato si è infatti impegnato non solo a valutare la congruità delle proposte stesse ma, ove necessario, a intervenire nella fase di attuazione e monitoraggio delle attività suggerendo, anche attraverso il diretto coinvolgimento di esperti di settore, metodologie idonee per aiutare i gruppi di lavoro proponenti a concretizzare le attività di ricerca proposte.
In linea infatti con quanto definito in più sedi anche dagli esperti di settore, una politica di innovazione produttiva – in particolare se basata sullo sviluppo di nuove tecnologie – per essere efficace deve essere esplicita e sostenuta come impegno stabile da quanti, individui o istituzioni sono direttamente coinvolti in prima persona nella R&S, nel rischio imprenditoriale ed in quello finanziario o nelle scelte strategiche ad esse connesse.
A maggior ragione in un contesto europeo sempre più orientato alla sussidiarietà ed alla valorizzazione delle particolari vocazioni esistenti in specifici territori, è del tutto evidente come le peculiarità e le infrastrutture locali siano un presupposto essenziale per stimolare e far crescere le risorse esistenti e sviluppare nuove opportunità, in alternativa o in collaborazione con quanto già esistente.
La complessità delle azioni previste dalle singole proposte progettuali e la necessità di accorpare le attività per ottenere risultati concreti e di massimo interesse per il territorio, hanno visto un grosso impegno nella fase di valutazione delle diverse attività da parte del CNR e del CTS.
La consistente presenza di aziende operanti o vicine ai quattro settori biotech identificati e la concreta risposta che il territorio ha dato all’iniziativa, ha indotto ad attivare una vera e propria procedura di valutazione dopo aver stabilito la definizione di Biotecnologie a cui attenersi per la valutazione delle proposte progettuali.
“Le biotecnologie consistono nell’impiego di organismi quali virus, batteri, lieviti, vegetali, animali, ecc., o loro componenti cellulari e subcellulari per ottenere un prodotto o un processo utile all’uomo.
Si considerano biotecnologie innovative quando vengono applicate le tecniche della biologia molecolare e dell’ingegneria genetica volte alla manipolazione e trasformazione dei geni, di cellule o parti di queste, di organi e tessuti.”
Ogni progetto presentato pertanto è stato oggetto di attenta e mirata valutazione tecnica ed ogni gruppo di ricerca proponente ha potuto presentare e dettagliare, nel corso di specifiche audizioni, la ricerca proposta e rispondere direttamente e dettagliatamente alle richieste del Comitato.
Le indicazioni emerse hanno consentito all’Ente proponente di costruire una proposta progettuale completa e complessivamente rispondente agli obiettivi di sviluppo della ricerca in un settore che nel Veneto, a livello di sistema produttivo, si presenta avanzato, dinamico, ma anche articolato, nella quattro aree tematiche individuate, e caratterizzato da un numero significativo di imprese di piccola e media dimensione.
La definizione del pacchetto selezionato delle 18 linee di ricerca più oltre descritte risponde, pertanto, alla necessità di raggiungere concreti obiettivi di sviluppo delle conoscenze e delle metodologie in tutte e quattro le aree tematiche di interesse identificate per l’applicazione delle biotecnologie nel Veneto: Agroalimentare, Ambientale, Chimico-Farmaceutico e Diagnostico, dando così concrete risposte coerenti con la diversificazione settoriale rilevata e le caratteristiche dimensionali delle imprese del settore.
Tutte le attività di ricerca si svolgeranno presso strutture e laboratori attrezzati ubicati in zone del territorio regionale considerate “aree sottoutilizzate”, consistenti nei comuni o parti di essi ricompresi nella zonizzazione dell’Obiettivo 2 e “Sostegno transitorio” della Programmazione Comunitaria del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale periodo 2000 – 2006.
1. Obiettivi specifici dell’Accordo - Gli interventi finanziati In maggior dettaglio le principali aree di intervento saranno le seguenti: Per le Nanotecnologie:
In particolare verranno sviluppati i seguenti progetti che vengono qui di seguito elencati:
Progetto n° 1: - Progetto Ricerca e sperimentazione nelle nanotecnologie applicate ai materiali
Il progetto ha l’obiettivo generale di condurre attività di ricerca e sperimentazione nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali allo scopo di produrre risultati eventualmente trasferibili al mondo imprenditoriale veneto.
Il programma si articola su 5 temi scientifici o sottoprogetti:
1A. Nanostrutture per sensori chimici e biochimici
Area tematica
Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
Il progetto si svilupperà presso la Nanofabrication Facility, dove saranno a disposizione le attrezzature di base per la sintesi bottom-up (PVD, PE-CVD, Plasma- spray, Sol-Gel (SG) dipping, spinning e spraying; elettrochimica) e la caratterizzazione (profilometro, nanoindentometro, microscopia elettronica, EDAX e laser light-scattering, AFM & STM &SNOM) di nanomateriali. Altrettanto dicasi per strumenti e misure disponibili presso gli atenei di Padova e di Venezia di uso non quotidiano.
Le attività si articoleranno in 4 fasi come segue:
1. Ottimizzazione sperimentale delle procedure di preparazione di nanostrutture utili a fini sensoristici per individuare quelle più adatte a produzioni di prototipi di sensori anche per produzioni su piccola scala.
2. Individuazione delle componenti chimiche e biochimiche con proprietà di riconoscimento molecolare adatte a fornire selettività e specificità ai sensori o agli array di sensori.
3. Preparazione di prototipi di sensori ed array e sviluppo dei metodi per il loro impiego per analisi su campioni reali, ovvero nei settori“target” individuati nella fase (1).
4. Sviluppo di sistemi di microfluidica atti all’automatizzazione degli stadi accessori al processo di rivelazione/trasduzione del segnale, ma necessari per lo sviluppo di sistemi di sensori chimici automatizzati o automatizzabili che consentano un uso decentrato e da parte di personale non specialistico per il controllo di parametri chimici, ambientali o biologici.
I sensori che impiegano nanofibre, nanotubi e nanocapsule e loro array verranno preparati mediante deposizione chimica, elettrochimica, CVD o sol-gel nei pori di membrane e materiali "ospite" (template) come ad es. polimeri organici o allumina. I nanomateriali prodotti potranno anche essere separati dal template per dissoluzione dello stesso in opportuno solvente o pirolizzandolo (per es. nel caso di membrane di materiali organici). Si prevede di preparare sensori a base di nanostrutture metalliche, semiconduttori, polimeri conduttori o isolanti, biomacromolecole e compositi a strati coassiali o impilati.
La funzionalizzazione chimica delle superfici delle nanostrutture (tra cui anche le pareti interne di nanotubi e nanocapsule) verrà ottenuta sviluppando ed applicando tecniche di deposizione layer-by-layer, self assembled monolayers e film di Xxxxxxxx-Xxxxxxxx.
L’implementazione di sistemi di controllo microfluidico dei flussi verrà utilizzato per l’eventuale sviluppo di dispositivi più complessi che possono impiegare i sensori nanostrutturati come elementi di rivelazione/trasduzione di segnali di tipo ottico e/o elettrochimico.
Obiettivi del progetto
Preparazione di sensori che impiegano nanostrutture e film ultrasottili atti a migliorarne significativamente sensibilità, selettività e limiti di rivelabilità. Sviluppo sia di nanosensori singoli che di array di nanosensori per analisi simultanea multianalitica sia in campo biochimico che chimico-ambientale.
Risultati attesi
L’Obiettivo finale dei progetti di ricerca è, nell’ambito delle iniziative del distretto tecnologico Veneto Nanotech, il trasferimento tecnologico ed il coinvolgimento dei soggetti privati ed in particolare aziende venete produttrici di impianti di riscaldamento ed aziende venete produttrici di sistemi per la diagnostica clinica ed il monitoraggio ambientale
Il miglioramento del rapporto segnale/rumore e le proprietà di selettività/preconcentrazione derivanti dall’uso di sensori nanostrutturati funzionalizzati con film ultrasottili consentirà lo sviluppo di dispositivi adatti al controllo diretto e decentrato della qualità ambientale e in parte anche degli alimenti. Oltre che per l’impegno da parte di operatori specializzati, per tali dispositivi si prevedono notevoli potenzialità per un uso più vasto e meno specialistico che impatta la crescente richiesta di dispositivi semplici ed economici per il controllo domestico e decentrato della qualità dell’aria, dell’acqua e degli alimenti.
Queste applicazioni tecnologiche assolutamente innovative impatteranno chi utilizza dispositivi per l’analisi ed il monitoraggio dell’inquinamento ambientale e/o degli alimenti in maniera rapida, diretta e senza necessità di indagini di laboratorio. Gli utilizzatori di tali tecnologie sono gli enti preposti al controllo ambientale (Arpa, Polizia Provinciale, Guardia Forestale ecc.) gli operatori di vari settori produttivi
quali quello agro-alimentare e delle produzioni ittiche nonché gli addetti al controllo dei processi produttivi industriali e il personale medico. La formazione del personale di CIVEN e delle aziende costituiscono altrettanti risultati di sicuro valore per il trasferimento culturale ed applicativo nel campo delle nanotecnologie per i sensori in generale.
Gli obiettivi del progetto sono: la messa a punto di dispositivi sensori per l’ossigeno in processi di combustione, basati su film sottili nanostrutturati e nanocompositi di ossidi e di metalli; la progettazione e realizzazione di sensori chimici e biochimici per diagnostica medica. Le aziende interessate sono i produttori di impianti di riscaldamento e di presidi sanitari.
1B. Deposizione di strati ad elevate proprietà tribologiche e resistenza a corrosione
Area tematica
Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
I materiali tradizionali realizzati attraverso elementi costruttivi di dimensioni nanometriche hanno dimostrato di possedere proprietà uniche e sorprendenti. Tali proprietà possono essere massive (resistenza meccanica, carico a rottura, ecc) o di superficie (inossidabilità, biocompatibilità, effetti ottici ed estetici, ecc). I rivestimenti riguardano la superficie del materiale che così modifica il proprio comportamento in funzione della nanostrutturazione, che è a sua volta modulabile a seconda delle applicazioni richieste.
Il progetto utilizzerà apparecchiature di deposizione di strati nanostrutturati e apparecchiature di caratterizzazione, in particolare tribologica..
Varie sono le tecniche per l’ottenimento di rivestimenti ormai affermate sia su scala di laboratorio che industriale: le deposizioni da e-beam, laser, plasma, CVD, PVD, sol-gel, ecc. Tuttavia la messa a punto di attrezzature manifatturiere e di processi produttivi va finalizzata al particolare oggetto della produzione.
La caratterizzazione della durezza e delle proprietà tribologiche dei rivestimenti costituirà una tematica di rilievo del progetto. Verranno approfondite le metodologie di indagine, utilizzando come sistemi di riferimento dei ricoprimenti su matrici a diversa composizione, con varie scale di durezza, resistenza all’usura e stabilità termica. Questo permetterà di approfondire le potenzialità e gli eventuali limiti delle apparecchiature disponibili e creare delle competenze avanzate specifiche per i ricercatori.
L’attività sperimentale si svilupperà in tre campi, tra loro correlati, relativi a tre tipologie (e strategie) di rivestimento eventualmente integrabili:
1) Ricoprimenti a multistrati, con proprietà di durezza superiori a 50GPa e resistenza all’usura
Le potenzialità nel settore della tribologia di strutture (strutture a superreticolo) formate da un’alternanza di strati di spessore dell’ordine del nanometro ed a diversa composizione, sono state investigate negli ultimi anni, con crescente interesse in applicazioni industriali.
Le strutture che ci si propone di studiare in una prima fase, anche sulla base dei risultati in letteratura, saranno superreticoli a base di strati alternati di nitruri metallici ad elevate proprietà di resistenza all’usura ed alla corrosione.
2) Rivestimenti nanocompositi
Un secondo tipo di rivestimento è costituito da nanocompositi isotropi costituiti da una matrice amorfa contenente nanocristalliti. Questi rivestimenti sono costituiti da due fasi: una con particolare proprietà di durezza (ad esempio nanoparticelle di carburi o nitruri di metalli di transizione) ed una seconda fase che forma la matrice legante e fornisce al sistema una flessibilità strutturale (i.e. nitruro di silicio amorfo, carbone amorfo). La formazione di questi compositi implica una separazione di fase tra i due materiali , che peraltro presentano completa immiscibilità in soluzione solida. I due materiali vengono spesso codepositati tramite ad esempio sputtering o deposizione via plasma.
Diversamente dai rivestimenti discussi nel precedente paragrafo la composizione della matrice e le dimensioni delle particelle sono vincolate dalle proprietà del materiale e dalle condizioni di deposizione.
La ricerca sarà finalizzata ad individuare la composizione ottimale dei nanocompositi, in relazione alle specifiche applicazioni industriali, facendo riferimento inizialmente allo stato dell’arte a livello internazionale, ma successivamente proponendo nuovi sistemi, a matrice DLC con nanoparticelle di WC e TiC.
3) Rivestimenti di tipo DLC (Diamond-like Carbon)
I rivestimenti di tipo DLC sono studiati da tempo per le eccellenti proprietà di resistenza all’usura ed alla corrosione e l’elevata durezza. Tali tipi di film possono essere ottenuti con diversi metodi, incluso il PECVD. Attualmente i principali problemi nell’applicazione industriale sono le elevate tensioni intrinseche di compressione tra film e substrato, che normalmente generano una scarsa adesione, e la bassa stabilità termica alle alte temperature. Le esperienze più recenti indicano che tali problematiche possono essere affrontate e risolte ricorrendo a sistemi nanocompositi, ad esempio quelli in cui coesistono due strutture reticolari interconnesse di carbonio e silicio (DLN, Diamond-like nanocomposite) o quelle basate sull’introduzione di nanoparticelle (ad es. di carburo di Ti, Ta, Nb) in matrici DLC. Poiché l’approccio riveste caratteristiche di generalità, la ricerca sarà indirizzata ad approfondire la letteratura più recente su questi tipi di film DLC non tradizionali e ad affrontare su scala sperimentale problemi specifici di tipo applicativo studiando sia gli effetti delle modalità di deposizione e dei parametri di processo, sia la possibilità di utilizzare sistemi a composizione diversa da quelle proposte in letteratura.
Obiettivi del progetto
L’obiettivo finale dei progetti di ricerca è il trasferimento tecnologico ed il coinvolgimento dei soggetti privati, poiché i risultati dell’attività di ricerca e sperimentazione saranno messi a disposizione delle aziende private interessate ad utilizzarli nella propria attività produttiva. Ciò consentirà alle imprese venete di realizzare innovazioni di prodotto e di processo e quindi di competere sulla scena
internazionale non solo grazie ai costi bassi, ma soprattutto grazie alla differenziazione qualitativa, difficilmente imitabile dai paesi a basso costo del lavoro.
Risultati attesi
Uno studio di fattibilità del distretto Veneto Nanotech, ha dimostrato che proprio i settori industriali in cui è maggiormente concentrata l’industria veneta sono quelli in cui sono maggiori le ricadute della ricerca sulle nanotecnologie applicate alle proprietà dei materiali.
Non bisogna dimenticare, peraltro, che un’importante categoria di beneficiari è costituita dalle imprese start-up (spin-off della ricerca) che nasceranno per applicare i risultati di ricerca scaturiti dal presente progetto.
I settori industriali su cui il progetto avrà il maggiore impatto sono gli stessi a cui appartengono le imprese che parteciperanno alla definizione e alla realizzazione delle attività di ricerca, ossia: aziende tessili, aziende delle materie plastiche, aziende della carta aziende alimentari aziende biomediche aziende aeronautiche
Sono molti i settori che possono beneficiare dei risultati della ricerca. In particolare possono essere citati i settori della meccanica di precisione, della produzione di manufatti in materiale polimerico, le tecnologie produttive del settore tessile, l’occhialeria, ecc. Tali settori già da qualche tempo stanno subendo una concorrenza molto acuta da parte di paesi emergenti. Lo sviluppo di tecnologie avanzate potrebbero essere di vitale importanza per la sopravvivenza di tali settori, incrementandone la competitività.
1C. Materiali nanostrutturati per rivestimenti protettivi o decorativi
Area tematica
Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
Il programma di ricerca ha lo scopo di sviluppare tecnologie per la protezione e funzionalizzazione di superfici metalliche o polimeriche, di materiali biocompatibili e per la decorazione.
Per la preparazione dei rivestimenti di interesse si impiegheranno strategie sintetiche da fase liquida (Sol-Gel) e da fase vapore plasma-assistita, la cui opportuna combinazione costituisce uno dei punti di forza delle attuali attività di ricerca nel settore. Tra i vantaggi di tali metodologie vanno annoverati: (i) le basse temperature di esercizio, che consentono l’ottenimento di rivestimenti in condizioni soft, al di fuori delle restrizioni termodinamiche; (ii) il controllo di composizione e struttura, reso possibile dall’elevato numero di parametri di processo e dalla loro mutua influenza sulle caratteristiche del sistema realizzato; (iii) il basso impatto ambientale e l’applicabilità su larga scala.
Su questa base, il conseguimento degli obiettivi di cui sopra verrà perseguito attraverso le seguenti fasi:
1. Progettazione e sintesi di opportuni precursori molecolari dotati delle caratteristiche richieste per applicazioni CVD e SG e dettagliata indagine della loro reattività e dei loro meccanismi di frammentazione;
2. Definizione e messa a punto dei protocolli di sintesi via CVD, PA-CVD, SG, sputtering per i rivestimenti di interesse;
3. Caratterizzazione di morfologia, composizione e struttura, con particolare attenzione alle correlazioni struttura-reattività ed alla loro dipendenza dalle condizioni di preparazione. In particolare, si prevede di eseguire una indagine dettagliata delle proprietà chimico-fisiche tramite XRD, XPS, XE-AES, STM, AFM, SEM, FT-IR, assorbimento ottico, nanoindentazione;
4. Indagine delle proprietà anti-corrosione e protettive dei rivestimenti prodotti.
Descrizione delle applicazioni tecnologiche e del grado di trasferimento:
a) Rivestimenti nanostrutturati protettivi anticorrosione, conduttori termici e isolanti elettrici di materiali metallici
b) Rivestimenti metallici nanodimensionati protettivi contro la cessione di elementi tossici e allergenici
c) Rivestimenti nanostrutturati per la decorazione e/o protezione di materiali metallici
Obiettivi del progetto
L’Obiettivo finale dei progetti di ricerca è, infatti, il trasferimento tecnologico ed il coinvolgimento dei soggetti privati, poiché i risultati dell’attività di ricerca e sperimentazione saranno messi a disposizione delle aziende private interessate ad utilizzarli nella propria attività produttiva. Ciò consentirà alle imprese venete di realizzare innovazioni di prodotto e di processo e quindi di competere sulla scena internazionale non solo grazie ai costi bassi, ma soprattutto grazie alla differenziazione qualitativa, difficilmente imitabile dai paesi a basso costo del lavoro.
Risultati attesi
Le attività operative prevedono il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
• rivestimenti nanostrutturati protettivi anticorrosione, conduttori termici ed isolanti elettrici sino a 150°C di materiali metallici;
• rivestimenti metallici nanodimensionali protettivi contro la cessione di elementi tossici od allergenici;
• rivestimenti nanostrutturati per la decorazione e/o protezione di materiali metallici.
Sostanzialmente i destinatari di questo tipo di prodotti sono aziende venete che operano nei seguenti settori:
• Aziende produttrici di apparati igienico-sanitari o di elettrodomestici o di engineering ambientale.
• Aziende produttrici di occhiali
• Imprese orafe, studi di design
Riteniamo che le potenzialità di questa ricerca siano elevate dato che i materiali a cui si applicano i rivestimenti nanostrutturati dimostrano di possedere proprietà uniche e sorprendenti, sia massive (resistenza meccanica, carico a rottura, ecc.) che di superficie (inossidabilità, biocompatibilità, effetti ottici ed estetici) tali caratteristiche potranno
costituire un indubbio vantaggio competitivo per le aziende che beneficeranno di tali risultati
1D. Deposizione di film sottili di dimensioni nanometriche e di rivestimenti spessi di nanocompositi di tipo inorganico, organico o ibrido
Area tematica
Nanomateriali e nanodispositivi Soggetto Attuatore: CIVEN Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
Molte proprietà dei manufatti possono essere profondamente modificate dall’applicazione di rivestimenti superficiali. Si possono migliorare le proprietà di resistenza alla corrosione, di compatibilità in ambienti diversi (inclusi quelli biologici), di resistenza all’usura. Inoltre nuove proprietà funzionali possono essere aggiunte alle proprietà massive dei materiali, conferendo caratteristiche assai diversificate (rivestimenti isolanti o conduttori, idrofilici o idrofobici, con proprietà ottiche, elettriche e magnetiche specifiche, ad elevata resistenza tribologica, con effetti estetici mirati, ecc.). Alla enorme potenzialità insita nel concetto di rivestimento si aggiunge, con la possibilità di realizzare rivestimenti nanostrutturati, un ulteriore vastissimo campo di possibilità di controllo delle proprietà e, conseguentemente, si allarga il campo delle possibili applicazioni.
Tra le tecnologie attualmente disponibili per la deposizione di film nanostrutturati (le principali delle quali già previste nella Nanofabrication Facility), la via chimica ad umido (metodo sol-gel e metodi derivati o affini) è tra le più versatili, sia in termini di materiali depositabili (inorganici non metallici e ibridi organico-inorganici), sia in termini di controllo delle nanostrutture realizzabili (attraverso approcci diversi di sintesi), sia in termini di processo. Si tratta di una tecnologia che deve essere, tuttavia, studiata e messa a punto su applicazioni specifiche, sfruttando un know-how generale che è già in parte consolidato. Il presente progetto si propone di sviluppare conoscenza in questo settore, finalizzata ad applicazioni specifiche di interesse prevalente nel territorio.
L’attività operativa di ricerca mira alla messa a punto dei processi di sintesi ad umido e dei metodi di deposizione dei seguenti tipi di film e sistemi:
• rivestimenti sottili (spessore di dimensioni submicroniche) monofasici di tipo inorganico o ibrido organico-inorganico;
• rivestimenti sottili multifasici/nanofasici;
• rivestimenti spessi multifasici (di tipo inorganico o ibrido organico- inorganico) con almeno una fase caratterizzata da dispersione nanometrica;
• rivestimenti multistrato (con strati di tipo inorganico o ibrido organico- inorganico) in cui ciascuno strato è caratterizzato da spessore nanometrico;
• rivestimenti sottili mesostrutturati e/o mesoporosi.
L’attività si propone inoltre di verificare, per i sistemi studiati, la possibilità di ottenere e controllare alcune proprietà funzionali mirate, tra le quali:
• resistenza all’ossidazione ed alla corrosione;
• barriera ai gas
• proprietà tribologiche;
• effetto autopulente secondo due approcci diversi: a) superidrofilicità e proprietà fotocatalitiche; b) effetto superidrofobico e proprietà morfologiche superficiali;
• proprietà sensoristiche (di tipo elettrochimico o ottico);
• proprietà estetiche (colore, morfologia della superficie, ecc.)
La messa a punto dei metodi di preparazione sfrutterà in modo sinergico le conoscenze disponibili relative ai metodi sol-gel (idrolitico, non idrolitico), alla scienza e tecnologia dei colloidi ed alle tecniche di autoassemblaggio supramolecolare, nonché le esperienze relative alle tecniche di deposizione (dip- coating, spin-coating, spraying, ecc.).
Il conseguimento degli obiettivi di cui sopra verrà perseguito attraverso le seguenti fasi:
• Definizione e messa a punto dei protocolli di sintesi per i rivestimenti più sopra elencati;
• Definizione e messa a punto dei protocolli di deposizione e trattamento termico;
• Caratterizzazione di morfologia, composizione e struttura, con particolare attenzione alla loro dipendenza dalle condizioni di preparazione. Si prevede di eseguire una indagine dettagliata della struttura e delle caratteristiche morfologiche superficiali.
• Studio delle proprietà dei rivestimenti prodotti. In particolare la resistenza all’ossidazione ed alla corrosione verrà effettuata su campioni metallici rivestiti con i film prodotti; le proprietà tribologiche verranno esaminate utilizzando la strumentazione disponibile presso la Nanofabrication Facility (nanoindentazione e microscratch); le proprietà sensoristiche verranno studiate in collaborazione con gli Atenei di Padova e Venezia.
Obiettivi del progetto
Obiettivo del progetto è la messa a punto di metodi e tecniche per la realizzazione e la caratterizzazione di film sottili e spessi nanostrutturati. L’Obiettivo finale dei progetti di ricerca è il trasferimento tecnologico ed il coinvolgimento dei soggetti privati, poiché i risultati dell’attività di ricerca e sperimentazione saranno messi a disposizione delle aziende venete operanti nei settori delle materie plastiche, del packaging, dell’occhialeria, del trattamento delle vetrate, della produzione di vernici speciali, degli elettrodomestici, degli apparati igienico-sanitari, del design industriale. Tali aziende avranno a disposizione materiali altamente innovativi e con caratteristiche attualmente non presenti nel mercato, tale situazione costituirà un indubbio vantaggio competitivo.
Risultati attesi
Questo progetto di ricerca è un elemento fondamentale per l’attivazione, nell’ambito delle iniziative del distretto tecnologico Veneto Nanotech, di un circolo virtuoso che porterà le PMI venete a sperimentare a costo zero le opportunità offerte della ricerca
applicata nel settore delle nanotecnologie ed in particolare il trasferimento tecnologico è orientato a conseguire i seguenti risultati :
• Miglioramento della resistenza all’ossidazione ed alla corrosione;
• Rivestimenti barriera rispetto ai gas
• Miglioramento delle proprietà tribologiche
• Rivestimenti nanostrutturati fotocatalitici autopulenti
• Rivestimenti nanostrutturati superidrofobici autopulenti
• Rivestimenti nanostrutturati e mesoporosi per applicazioni sensoristiche
• Conferimento o modifica di caratteristiche estetiche
1E. Costruzione di microarray finalizzati allo studio della genomica e della proteomica
Area tematica
Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti: (Ospedali dell’area veneta e centri di ricerca biomedica)
Descrizione del progetto
I microarray a DNA sono microscopiche griglie le cui celle contengono un gran numero di sequenze di DNA disposte su un substrato solido che a seconda della tecnologia scelta può essere di vetro o silicio. Questi nano dispositivi sono strumenti insostituibili per lo studio dei profili di espressione genica. Il vantaggio delle tecniche basate su microarray, rispetto alle tecnologie classiche di biologia molecolare, consiste nella possibilità di analizzare in parallelo decine di migliaia di geni. E’ quindi prevedibile che in futuro diventeranno strumenti ad alto utilizzo sia nella ricerca medica che nelle indagini cliniche.
Nonostante la rapida evoluzione la tecnologia dei microarray a DNA è ben lontana dall’essere soddisfacente. La principale difficoltà risiede nell’imprecisione dei dati sperimentali che essa fornisce. E’ infatti noto nella ricerca sperimentale che la quantità misurata di DNA fluorescente ibridizzato è affetta da un elevato disturbo a causa di vari fattori tra i quali il rumore di fondo operante in modo non additivo, le fluttuazioni dell’intensità del segnale all’interno dei singoli spot e artefatti dovuti al dispositivo e alle procedure sperimentali. Si deve inoltre ricordare che, nonostante la diffusione nei laboratori di ricerca, il costo dei supporti per microarray a DNA rimane elevato ed essi possono essere utilizzati una sola volta.
Il presente progetto si propone di superare queste difficoltà sviluppando nuovi tipi di supporti e materiali su cui depositare le biomolecole, in modo tale da:
a) aumentare il rapporto tra segnale specifico e rumore di fondo e
b) consentire il riuso dei supporti.
Obiettivi del progetto
La fase iniziale del progetto prevede l’identificazione di materiali con le caratteristiche policationiche e idrofobiche o di cross-linking necessarie per poter fungere da supporto
per la deposizione delle biomolecole. Laboratori di Chimica, Chimica-Fisica e Ingegneria delle Università del Veneto, con esperienza nella sintesi di materiali per il legame delle biomolecole verranno coinvolti in questa ricerca. Uno specifico indirizzo ricerca si propone di sfruttare la tecnologia microelettronica a effetto di campo (field- effect microelectronic silicon technology). Sensori a effetto di campo verranno usati per controllare direttamente l’aumento di carica superficiale quando il DNA ibridizza sulla superficie del sensore. E’ importante sottolineare che questa procedura evita la necessità di marcare il DNA (richiesta invece dalle tecnologie attualmente in uso) e inoltre il supporto è potenzialmente riutilizzabile per vari cicli di misura.
I materiali selezionati serviranno per la costruzione di microarray genetici e si potrà valutarne l’ applicazione ad array proteici. Più precisamente essi verranno applicati a supporti solidi con tecniche di coating o con deposizione di film sottili. Questa fase richiede il coinvolgimento di laboratori specializzati in queste tecnologie.
I supporti descritti sopra saranno valutati in relazione alla capacità di legare in modo stabile le biomolecole, nelle condizioni sperimentali tipicamente usate per quantificare il saggio di ibridazione. Inoltre, per valutare la stabilità del microarray e evidenziare un possibile effetto protettivo conferito dal rivestimento del supporto, verrà studiata la resistenza delle biomolecole depositate all’azione di agenti fisici e chimici. I microarray prodotti verranno analizzati per la loro specificità, ovvero per la capacità di assicurare un elevato rapporto tra segnale e rumore di fondo, e le possibilità di riuso.
Risultati attesi
I risultati ottenuti con i microarray così generati saranno confrontati con quelli ottenuti con microarray commerciali, utilizzando metodologie statistiche avanzate che verranno elaborate per il disegno sperimentale, l’analisi dell’errore e lo studio dell’ espressione genica.
La ricerca permetterà la generazione di microarray a sensibilità e specificità elevate.
I microarray costituiscono strumenti preferenziali per l’analisi dell’espressione genica e trovano largo impiego nella ricerca di base e applicata. In particolare le applicazioni possono interessare:
a) L’industria farmaceutica, per le sue diverse attività di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci in particolare nella diagnosi e cura in campo oncologico (farmacogenomica, ovvero la scoperta di nuovi bersagli molecolari, e farmacogenetica, ovvero lo studio della risposta ai farmaci e del profilo metabolico dei soggetti trattati).
b) Altre industrie del settore sanitario, per lo sviluppo di test diagnostici per malattie infettive e per patologie genetiche, per lo sviluppo di saggi tossicologici e di test per il rilevamento di allergeni.
c) Industrie alimentari e cosmetiche, per le loro attività di controllo della qualità del prodotto.
Aziende impiegate nel settore ambientale, per lo sviluppo di test per il monitoraggio dell’inquinamento
Progetto n° 2 : Formazione: “International Master in Nanotechnologies
Area tematica
Formazione nell’ambito dell’area delle nanotecnologie
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti: Università di Padova ed Università Ca’ Foscari di Venezia
Descrizione del progetto
Il CIVEN ha l’obiettivo di organizzare e gestire un corso di alta formazione in lingua inglese denominato “International Master in Nanotechnologies” finalizzato alla formazione di alcune decine di Nanotechnology Managers nell’arco di 53 anni, che è la durata temporale del progetto del distretto Veneto Nanotech.
Il Master sarà tenuto interamente in lingua inglese, sia nell’attività didattica che nei rapporti tra studenti e personale docente e non docente. E’ aperto a laureati di II livello (con almeno 5 anni di studio universitario) in chimica, fisica, ingegneria, scienza dei materiali, biologia. L’unicità del Master nel panorama internazionale deriva dal fatto che il programma di formazione comprende sia materie scientifiche che materie economico-aziendali. Inoltre la formazione in aula sarà integrata da un’esperienza sul campo sotto forma di stage aziendale.
Il programma del Master è articolato in tre moduli:
• Modulo A - Approfondimento conoscenze specialistiche nel campo della chimica, della fisica, ecc. per un totale di circa 400 ore di lezione (di cui 360 ore di nanoscienze e nanotecnologie e 40 ore di convegni e seminari), finalizzate a conferire agli allievi adeguata padronanza delle materie che vengono impattate dalle nanotecnologie.
• Modulo B - Apprendimento di conoscenze in materia di programmazione, gestione operativa, valutazione economica-finanziaria e organizzazione operativa dei progetti di ricerca industriale e/o sviluppo pre-competitivo, per un totale di circa 120 ore di lezione finalizzate a fornire gli strumenti e le conoscenze economico-gestionali necessarie ad intraprendere attività manageriali.
• Modulo C - Esperienza operativa in affiancamento a personale impegnato in attività di ricerca industriale e/o sviluppo precompetitivo, consistente in uno stage in un’azienda attiva nel settore delle nanotecnologie o in una struttura in cui viene svolta attività di ricerca applicata e trasferimento tecnologico a favore di aziende , per un totale di circa 520 ore (8 ore al giorno per 65 giorni).
Le attività di formazione coprono il periodo che va da gennaio a fine luglio e si svolgeranno sia in classe che in laboratori messi a disposizione dalle due università. A questo scopo è stata allestita una sede funzionale all’interno del Parco Xxxx di Venezia
Marghera.. Da settembre a novembre gli studenti saranno impegnati a svolgere lo stage presso le sedi delle aziende ospitanti. Nel mese di dicembre, vi sarà un breve momento di condivisione delle esperienze di stage e la cerimonia di conferimento dei diplomi.
Obiettivi del progetto
Il Master ha l'obiettivo di creare una nuova figura professionale: il “Nanotechnology Manager”, accompagnando gli studenti all’acquisizione delle conoscenze tecnico- scientifiche ed economico-gestionali necessarie a guidare percorsi strategici di sviluppo in aziende, sia tradizionali che innovative, che impiegano le nanotecnologie. In particolare, il Master ha l’obiettivo di formare manager in grado di concretizzare le attività di ricerca applicata svolte nel Distretto Tecnologico Veneto delle Nanotecnologie (Veneto Nanotech), che potranno essere impiegati come:
• Direttore Ricerca & Sviluppo di un’impresa industriale attiva in un settore in cui le nanotecnologie applicate ai materiali abbiano un impatto rilevante nei prossimi 5-10 anni
• Imprenditore high-tech di start-up nanotecnologiche
• Consulente di aziende innovative del settore delle nanotecnologie.
Risultati attesi
Grazie al Master e alle altre iniziative del distretto tecnologico per le nanotecnologie, il Veneto diventerà un polo di eccellenza internazionale in questa particolare area tecnologica di frontiera e di enorme visibilità. In tal modo la nostra regione sarà caratterizzata da un’immagine altamente innovativa ed acquisirà un indiscutibile prestigio in ambito scientifico-tecnologico.
Il progetto di Master formerà in tre anni un buon numero di “manager delle nanotecnologie”. Le professioni che essi potranno intraprendere includeranno: i dirigenti aziendali, i responsabili della ricerca e sviluppo, i consulenti di progetti di ricerca e di trasferimento tecnologico, i consulenti di venture capital o di banche d’investimento (in qualità di valutatori tecnici), gli imprenditori del settore delle nanotecnologie. La presenza di tali professionalità e competenze nelle imprese del territorio garantirà un aumento della qualità tecnica e manageriale delle aziende ed una trasformazione delle stesse in organizzazioni ad elevato impiego tecnologico.
Un notevole numero di giovani talenti sarà attratto in Veneto dalla proposta formativa del Master, generando così un circolo virtuoso di produzione dell’innovazione, che a sua volta consentirà alle imprese di crescere e di creare ulteriori opportunità di impiego per professionalità di alto profilo tecnologico necessarie a gestire l’innovazione. (formazione 🡺 ricerca 🡺 imprenditoria) sul modello della Silicon Valley californiana nel settore dei microchip. Quest’ultima, infatti, ha avuto origine non tanto per la preesistenza nella zona di imprese innovative, quanto per la presenza di talenti scientifici che, attratti dall’alta qualità delle proposte di formazione e di ricerca di università quali Stanford e California Berkeley, hanno dato vita a nuove imprese.
Per quanto riguarda le previsioni occupazionali risulta che nelle 7 province venete nel 2003 i settori produttivi potenzialmente coinvolti nella rivoluzione delle nanotecnologie (industria chimica, dei metalli, delle materie plastiche, orafa, del vetro, della ceramica, tessile, della calzatura, ottica, meccanica, elettromeccanica) esprimono un fabbisogno di
ben 838 laureati. Una previsione quanto meno analoga, se non addirittura crescente, si può ipotizzare per gli anni successivi. Appare ragionevole ipotizzare che una quota, anche piccola ma significativa in termini numerici, di questi laureati siano persone in possesso di un background formativo e professionale molto simile a quello fornito dal presente progetto di formazione.
Progetto n° 3 : Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali - Sviluppo di leghe leggere nanostrutturate
Area tematica
Ricerca e sviluppo nel campo delle leghe leggere nanostrutturate attraverso il consolidamento di polveri per la realizzazione di materiali innovativi nel campo dell’occhialeria e degli articolo sportivi.
Soggetto Attuatore: CIVEN Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
Le nanotecnologie sono indicate sia dal mondo scientifico che da buona parte di quello industriale come delle scienze di frontiera che avranno degli sviluppi e delle ricadute importantissime in una pluralità di tecnologie. Tale tecnologia permetterà sviluppi di materiali funzionali che sono il primo tassello per la realizzazione di componenti innovativi, siano essi particolari per occhiali piuttosto che elementi per articoli sportivi. Tali esempi nascono da una necessità di settori industriali che storicamente hanno formato il tessuto produttivo veneto (occhialeria, componentistica meccanica), e che vedono come necessario un posizionamento in tecnologie di frontiera da un lato per rimanere leader in un mercato minacciato da paesi con fattori socio economici vincenti rispetto ai nostri (vedi paesi asiatici); dall’altro per sviluppare conoscenze integrate e di sistema che permettano il mantenimento e l’innalzamento della cultura scientifica e manageriale all’interno delle aziende.
Le attività sono diverse per i due settori scientifici e si articolano come segue:
Settore A: Sviluppo di Leghe Leggere Nanostrutturate per Occhialeria
1) Consolidamento materiali e realizzazione dei componenti finiti attraverso tecniche di consolidamento della polvere. Saranno impiegate tecniche di compattazione innovative:
a) Piattaforma Compattazione Adiabatica: è una tecnica che permette l’ottenimento di verdi con alte densità relative (con densità relative vicine al 100%). In tal modo si possono ridurre i tempi di pressatura e salvaguardare meglio le attrezzature di stampaggio. La sinterizzazione è agevolata e per alcune applicazioni è evitabile.
b) Trattamento termico/sinterizzazione: è una tecnologia che prevede di trattare termicamente gli oggetti di forma finita o semifinita ottenuti con la tecnica suddetta. Questo al fine di attivare i processi di diffusione e sinterizzazione. È indicato un forno ad alto vuoto al fine di preservare i materiali particolarmente sensibili all’ossidazione.
c) Formatura con pressa adiabatica per la realizzazione dei consolidati. Saranno utilizzate apposite attrezzature. I componenti utilizzati avranno forme adatte ad essere caratterizzati da punto di vista chimico/fisico e funzionale in accordo con le vigenti normative.
2) Studio della funzionalità dei prodotti finiti
Questa fase risulta importante ai fini di stabilire l’applicabilità nel campo industriale e la relativa compatibilità economica oltre che tecnologica.
Sui campioni realizzati verranno effettuate ulteriori lavorazione plastiche e meccaniche per asportazione di truciolo nonché di finitura utilizzando strumenti innovativi quali PECVD e PVD (attrezzature già esistenti nella NFF) e verniciature con elementi nanostrutturati. Queste attività permetteranno di realizzare dei prodotti finiti che possano emulare l’applicazione finale
Settore B: Sviluppo di Leghe Leggere Nanostrutturate per Articoli Sportivi
1) Consolidamento materiali e realizzazione dei componenti finiti
Per ciascun tipo di composizione si procederà al consolidamento della polvere. Anche in questo caso saranno impiegate specifiche tecniche di compattazione adatte a preservare la struttura nanofasica del materiale in polvere.
a) Piattaforma Compattazione Adiabatica: Questa tecnica che permette l’ottenimento di verdi con alte densità relative risulta particolarmente indicata per le leghe contenenti elementi che hanno la tendenza ad essere molto dannose per le attrezzature di formatura. La sinterizzazione è agevolata e permette l’ottenimento di densità superiori al 95% del componente sinterizzato.
b) Trattamento termico/sinterizzazione: I trattamenti di diffusione e sinterizzazione potrebbero risultare particolarmente critici per alcuni tipi di leghe considerate. E’ indispensabile utilizzare un forno ad alto vuoto al fine di preservare i materiali particolarmente sensibili all’ossidazione. Particolari attrezzature saranno studiate e realizzate per salvaguardare le caratteristiche geometriche del particolare da trattare durante il mantenimento ad alta temperatura.
c) Formatura plastica dei materiali al fine di ottenere dai semilavorati sinterizzati dei prodotti con geometrie vicine a quelle applicabili (formati lunghi, lamiere di basso spessore, sagomati, ecc). Tale processo sarà effettuato con attrezzature di laminazione apposite (laminatoio che può lavorare a caldo, forni di riscaldo, sistemi di taglio, sistemi di decapaggio, ecc).
Per la realizzazione dei consolidati saranno realizzati più stampi secondo un disegno definito.
Le leghe ottenute saranno caratterizzate dal punto di vista della struttura tramite attrezzature esistenti nella NNF e all’interno di CIVEN. Particolare attenzione sarà posta al trattamento superficiale soprattutto dal punto di vista del risultato estetico.
2) Studio della funzionalità dei prodotti finiti
Sui campioni realizzati potranno essere effettuate ulteriori lavorazione plastiche e meccaniche in modo da realizzare dei prodotti atti a validare la tecnologia. Tale fase potrà essere svolta in collaborazione con i partner industriali che utilizzeranno i campioni di materiale nanostrutturato consolidato per attestare l’applicabilità in svariati settori quali : componentistica per cicli e motocicli , sci, scarponi ed altri articoli sportivi .
Sui campioni realizzati saranno studiati i trattamenti superficiali funzionali ed estetici.
Obiettivi del progetto
Tutte le attività saranno svolte, ove possibile, in stretta collaborazione con i partner industriali veneti al fine di:
1. Sviluppare leghe leggere nanostrutturate per occhialeria e per articoli sportivi -
Materiali con ottimo compromesso tra leggerezza e resistenza in sostituzione dei materiali comunemente reperibili sul mercato.
2. Aumentare la competitività dei prodotti impiegando tecniche di formatura che riducano lo sfrido di lavorazione, quindi con impatto ambientale positivo.
3. Innalzare le barriere tecnologiche all’ingresso per i concorrenti asiatici.
Risultati attesi
Questo progetto di ricerca è un elemento fondamentale per l’attivazione, nell’ambito delle iniziative del distretto tecnologico Veneto Nanotech, di un circolo virtuoso che porterà le PMI venete a sperimentare a costo zero le opportunità offerte della ricerca applicata nel settore delle nanotecnologie. La riuscita della presente proposta prevede la messa a punto di nuovi progetti innovativi di comune intesa con le imprese per la realizzazione di componenti in lega di vari elementi con caratteristiche di resistenza a rottura molto elevate tramite processi tecnologici innovativi che come ulteriore vantaggio assicurano un basso impatto ambientale. Si considera altrettanto importante ottenere il risultato della realizzazione di una attività imprenditoriale di spin-off o di venture capital o possibili brevetti; altro risultato importante sarà il trasferimento tecnologico culturale ed applicativo nel campo delle nanotecnologie per la formazione di leghe leggere.
Progetto n° 4 : Ricerca applicata e sperimentazione industriale nel campo delle nanotecnologie applicate ai materiali - Sviluppo di materiali polimerici nanocomposti
Area tematica
Ricerca nell’area dei nanomateriali e nanodisposidivi, sviluppo di sistemi polimerici per vernici nanocomposte e di materiali plastici nanostrutturati.
Soggetto Attuatore: CIVEN
Altri Enti coinvolti:
Descrizione del progetto
I compositi polimerici sono materiali complessi, costituiti da una matrice polimerica, caricata con vari additivi in funzione della loro applicazione finale. Nel caso specifico si intende considerare additivi formati da nanoparticelle. In particolare, questi materiali risultano superiori rispetto ai compositi tradizionali in quanto aumentano la rigidità superficiale del materiale, ne aumentano la leggerezza, ma anche la relativa resistenza meccanica e conferiscono al prodotto finale qualità estetico-tattili personalizzate. In più, i nanocompositi risultano superiori rispetto ai compositi tradizionali anche per le loro proprietà barriera. Ciò permette il loro utilizzo come film-barriera per alimenti o bottiglie per bibite gassate, serbatoi di carburante, tubazioni rigide o flessibili per benzine e gasolio.
Data la vastità del campo, si è ritenuto più utile procedere per step successivi focalizzandoci, in questa prima fase, sul tema delle vernici e dei materiali compositi per packaging le attività sono distinte per i due settori scientifici e si articolano come segue:
Settore A: Vernici composite polimeriche
1) Sintesi di materiali nanostrutturati in polvere e degli intermedi polimerici quali:
1) Nanodispersioni di ossido di zinco, di biossido di titanio, ecc.
2) Nanodispersioni di ossidi di silicio modificati (silsesquiossani) e di silicati.
2) Formulazione e realizzazione dei prodotti vernicianti
In questa fase si procederà alla realizzazione dei sistemi vernicianti abbinando monomeri e polimeri organici con i sistemi inorganici:
- Vernici fotocatalitiche autopulenti: legante silossanico (edilizia) o siliconico (industria)
- Vernici trasparenti anti-usura: sistema poliuretanico 2K (isocianato e poliolo acrilico)
- Vernici trasparenti con filtro inorganico UV: acrilati a reticolazione UV oppure leganti acrilici in dispersione acquosa.
3) Piattaforma Cold Spray
Sarà opportunamente studiata una tecnica di protezione superficiale adatta ad un vasto tipo di superfici (oltre che metalliche anche di natura organica). La tecnica consiste in un sistema di deposito a secco di polveri ad altissima velocità (fino a 4 volte la velocità del suono) permettendo quindi una adesione per effetto cinetico delle particelle alla superficie da rivestire con relativa formazione di un layer privo di porosità. La tecnica di cold spray è nelle primissime fasi di valutazione industriale. Questa tecnica si svincola dalla necessità di avere un solvente o un mezzo liquido per depositare la protezione superficiale e funziona a temperatura ambiente. Preserva inoltre la struttura nanofasica del materiale utilizzato per il deposito. Questi fattori la rendono particolarmente attrattiva oltre che per un aspetto tecnologico anche per un aspetto ambientale.
4) Studio della funzionalità dei prodotti finiti
In questa fase saranno realizzati rivestimenti in modo da studiare la funzionalità della vernice sia nel laboratorio interno della NFF sia in collaborazione con i partner industriali attraverso la validazione delle vernici e dei depositi con tecnica cold spray di cui sopra.
Settore B: Materiali compositi per packaging
1) Preparazione di film polimerici con proprietà funzionali innovative
Tali film saranno ottenuti per miscelazione intima di materiali polimerici sintetici, quali poliolefine, poliesteri e poliammidi, con fasi disperse nanostrutturate di natura inorganica, organica e metalloorganica.. La proprietà addizionali conferita , rispetto a quelle oggi ritenute indispensabili quali resistenza meccanica, recupero elastico, irrigidimento, effetto barriera ai gas e resistenza alla fiamma, sarà la capacità di risposta a stimoli ottici, elettrici e magnetici ottenuti grazie alla introduzione di cromofori coniugati, cromofori fotocromici, nanoaggregati metallici, biomolecole.
2) Modifica superficiale e nel bulk per la compatibilizzazione dei polimeri con gli additivi
Una componente essenziale del progetto consisterà nel realizzare modifiche della poliolefina, nel bulk e sulla superficie dei film per introdurre in maniera controllata i gruppi funzionali richiesti.
3) Piattaforma per la produzione continua dei compositi polimerici
I film polimerici addizionati preparati mediante processi di miscelazione verranno prodotti, inizialmente, in laboratorio con miscelatore discontinuo dove, i tempi relativamente lunghi di permanenza applicabili, portano a risultati che possono diversificarsi da quelli ottenuti in un processo continuo con estrusori, del tipo realizzato anche nell’industria. Nel presente progetto verrà effettuata anche la preparazione di campioni di dimensioni adeguate di film polimerici nanostrutturati, mono e multi strato, con processi in linea di miscelazione/estrusione, modifica delle superfici ed accoppiamento.
4) Studio della funzionalità dei prodotti
Una notevole attività sarà successivamente richiesta per la caratterizzazione dei campioni prodotti dal punto di vista del comportamento come active e intelligent packaging. Gli studi riguarderanno le caratteristiche superficiali e la risposta termica e meccanica dei film modificati; la preparazione di molecole organiche fotoreattive, nanoparticelle metalliche, polimeri conduttori e svolgerà analisi TEM e SNOM per la caratterizzazione dei nanocompositi; lo studio delle interazioni tra materiali e radiazioni elettromagnetiche; lo sviluppo di tecnologie elettroniche ed optoelettroniche necessarie per lo sviluppo di film multistrato .
Obiettivi del progetto
Nell’ambito delle iniziative del distretto tecnologico Veneto Nanotech, questo progetto favorirà un circolo virtuoso che porterà le PMI venete a sperimentare a costo zero le opportunità offerte della ricerca applicata finalizzata allo sviluppo di materiali funzionali che sono il primo tassello per la realizzazione di componenti innovativi, siano essi vernici o particolari nanocompositi polimerici. Tali esempi nascono da una necessità di settori industriali che storicamente hanno formato il tessuto produttivo veneto (edilizia, componenti in plastica, utilizzo di polimeri per packaging), e che vedono come necessario un posizionamento in tecnologie di frontiera per rimanere leader di mercato e sviluppare competenze scientifiche e manageriali adeguate a tale risultato.
Risultati attesi
Gli obiettivi del progetto, focalizzato sullo sviluppo di materiali compositi a matrice polimerica, si situano lungo due direttrici principali.
1. Sviluppo di vernici nanocomposite ad alte prestazioni e non raggiungibili con i sistemi di verniciatura convenzionali e di prodotti chimici per edilizia con caratteristiche funzionali ad impatto ambientale migliorato che consentiranno ai produttori veneti di creare prodotti innovativi con standard qualitativi oggi non presenti nel mercato.
2. Sviluppo di materiali plastici nanostrutturati per packaging capaci di reagire a sollecitazioni esterne di varia natura in modo da rispondere ed interpretare
l’ambiente esterno garantendo una modulazione delle proprietà, anche a comando, ed una efficace e prolungata conservazione del prodotto; a titolo di esempio si pensi all’impatto che potrebbe avere nella distribuzione di prodotti freschi la presenza di active/intelligent packaging in grado di monitorare la freschezza e la qualità degli alimenti ed il conseguente vantaggi competitivo che si creerebbe per i produttori veneti di imballaggi.
Per le Biotecnologie:
-Agroalimentare: L’ingegneria genetica sta dando al campo agroalimentare un grosso apporto sia per quanto riguarda l’aumento di prodotti con le caratteristiche richieste, che per la ricerca di nuove tecniche che possano permettere l’ottenimento di tali migliorie con costi e tempi notevolmente ridotti. L’obiettivo è quello di modificare il genoma nelle specie vegetali utilizzando tecniche come la fusione dei protoplasmi, la micropropagazione, l’embriogenesi somatica e la tecnica dell’agrobacterium, ma le xenopiante autorizzate ad essere coltivate senza controlli in Europa sono solo sette: il mais, la soia, il radicchio, il melone, la zucca e il tabacco. Rilevante importanza detiene oggi l’ottenimento di ortaggi che mantengono inalterate determinate caratteristiche come ad esempio il controllo dell’ammaccamento, i danni causati dal freddo o i problemi causati da enzimi endogeni. Il problema non riguarda solo l’agroalimentare ma anche la silvicoltura e la zootecnia. Per la prima si avranno dei risultati solo a lunga distanza, dato che gli alberi hanno un tempo di generazione molto lungo, mentre per la seconda i tempi sono molto più ridotti, l’importante è ottenere il fenotipo desiderato.
-Ambientale: Le biotecnologie vengono utilizzate con particolare attenzione anche nel settore ambientale e ciò è dovuto al fatto che la scoperta di nuove tecniche portano ad una maggiore sicurezza e detossificazione ambientale. L’utilizzo del biorisanamento può venire applicato ad innumerevoli settori, come il risanamento delle acque industriali, acque potabili e di processo, aria e reflui gassosi, trattamento del suolo, trattamento dei terreni agricoli ed infine rifiuti solidi. In tutte queste operazioni si possono utilizzare microrganismi o organismi geneticamente modificati mediante tecniche di ingegneria genetica. I biosensori, ovvero meccanismi biologici associati a quelli elettronici, e gli immunosaggi sono metodologie che oggi stanno cominciando ad essere utilizzate. Per tutte queste operazioni si adoperano membrane biologiche, batteri, anticorpi o enzimi che possono rimanere inalterati o possono venire opportunamente modificati in funzione del loro utilizzo. Di particolare importanza è anche la costituzione di materiali ecocompatibili, che abbiano un ridotto impatto ambientale rispetto agli analoghi costruiti con metodi tradizionali.
-Chimico Farmaceutico: Lo sviluppo del settore chimico-farmaceutico è così importante da apportare delle migliorie che inconsapevolmente si ripercuotono non solo sulla diagnostica ma anche sul settore agroalimentare. L’utilizzo di tecniche sempre più avanzate ha permesso di ottenere farmaci biotecnologici che hanno una elevata specificità d’azione e una sempre minore tossicità. Sono queste due caratteristiche da non sottovalutare e che stanno permettendo ai farmaci biotecnologici di allargarsi sempre più. D’altro canto l’ingegneria genetica permette di ottenere farmaci in quantità pressoché illimitata e in condizioni sterili, senza pericolo di contaminazioni. Con tecniche di drug-design è possibile arrivare alla costituzione di nuove molecole solo studiando opportunamente il bersaglio recettoriale. Anche la bioinformatica riveste un ruolo di considerevole importanza. Essa infatti deve seguire un percorso parallelo alle scoperte che si hanno in laboratorio, per poter permettere una sempre migliore interpretazione dei dati ottenuti e una loro utilizzazione in tempi ridotti. La chiave del successo di un’azienda farmaceutica oltre alla scoperta di nuove molecole per la cura delle malattie, sta anche nell’attività di knwoledge management dei dati ottenuti.
-Diagnostico: La diagnostica ricopre ad oggi un ruolo di particolare importanza: numerose tecniche come la Radio-Immuno Assay (RIA) e la Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay (ELISA) vengono quotidianamente utilizzate non solo in laboratorio, ma anche come metodi di analisi e prevenzione. Dopo il consolidamento della tecnica della PCR o reazione a catena della polimerasi, si sta moltiplicato il lavoro che deriva da questa metodologia: essa non viene solo utilizzata per semplici analisi di prevenzione o diagnosi di malattie, ma anche in campo farmacologico per diminuire notevolmente i tempi di presentazione del dossier per l’immissione al commercio di una specialità medicinale. Numerose malattie geniche trovano nell’utilizzo della diagnostica un considerevole apporto dato soprattutto dalla rapidità della risposta delle analisi e dalla precisione delle medesime e sono queste due qualità di notevole rilevanza che permettono di affermare come in futuro sarà la diagnostica a fare da “padrona”.
In particolare verranno sviluppati i seguenti progetti che vengono qui di seguito elencati raggruppati per singola area tematica di ricerca, il numero di progetto è invece riferito alla tabella riassuntiva di cui all’Allegato 1:
Settore Agroalimentare
Progetto n° 3: - Prodotti Lattiero caseari fermentati con utilizzo di microrganismi probiotici e protettivi
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Istituto per la Qualità e le Tecnologie Agroalimentari Sede: xxx X. Xxxxxxx - 00000 Xxxxxx (XX)
Natura giuridica: Azienda Regionale
Area Tematica di interesse Ricerca applicata: Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto si propone di sviluppare una ricerca volta ad individuare microrganismi utili alla produzione di formaggi, freschi e a media stagionatura, di elevata valenza
salutistica. A tale scopo si intendono utilizzare colture microbiche probiotiche e colture microbiche protettive. Se le prime sono infatti riconosciute per la loro capacità di influire positivamente sulla salute, le seconde possono fungere da bioconservanti, sostituendosi ai conservanti chimico-sintetici utilizzati usualmente nella pratica casearia. Il progetto vuole fornire al consumatore prodotti per i quali la valenza salutistica sia garantita da uno studio approfondito, che dimostri l’effettiva positività delle colture utilizzate. In commercio si trovano oggi varie preparazioni alimentari, anche nel settore lattiero caseario, per le quali mancano garanzie rispetto a quanto indicato in etichetta. Tutto questo essenzialmente per la mancanza di una normativa che regolamenti tale ambito. I prodotti finali saranno rivolti a quella crescente area di consumatori, attenta alle problematiche della salute e/o che predilige prodotti percepiti come più naturali, in quanto privi di conservanti.
Obiettivi della ricerca
L’obiettivo principale del progetto è di poter soddisfare la richiesta di prodotti lattiero caseari a forte impatto per il consumatore finale in quanto migliori dal punto di vista nutrizionale e percepiti più sicuri in quanto ottenuti senza utilizzare additivi conservanti. Queste sostanze sono oggi presenti in maniera più o meno massiccia nei prodotti del settore e oltre ad essere percepiti dal consumatore come “estranei ed innaturali”, sono anche rigidamente normati dalla legislazione nazionale ed europea. La possibilità di ottenere da applicazioni biotecnologiche soluzioni alternative all’utilizzo di sostanze aggiunte per la loro capacità conservante, da un lato soddisfa la richiesta di alcune categorie di consumatori, dall’altro apre la strada verso mercati esteri che non consentono l’utilizzo di tali sostanze. A questo si affianca il valore aggiunto dell’alimento ottenuto con organismi PROBIOTICI ormai univocamente riconosciuti avere effetti positivi sulla salute umana. L’applicazione di queste biotecnologie infine dovrà essere compatibile con la tecnologia produttiva in essere. I prodotti che ne deriveranno dovranno avere in ogni caso caratteristiche organolettiche positivamente percepite dal consumatore finale.
Risultati attesi
I risultati che ci si prefigge di ottenere sono legati alla possibilità di produrre su scala industriale prodotti “senza conservanti” e “con probiotici” al fine di ampliare la gamma dei prodotti disponibili in commercio. L’assenza di conservanti e l’attività probiotica sono caratteristiche vissute ed univocamente riconosciute come “plus”, e questo senza rinunciare alla sicurezza del consumatore e senza ridurre la shelf-life dei prodotti stessi. Questo in sintonia con la crescente domanda di prodotti sempre più “naturali” e “salubri” e con la necessità di reperire tali prodotti non solo in segmenti di vendita specializzati, ma alla portata di tutti sia dal punto di vista logistico che economico. E’ nell’intento di questa sperimentazione ottenere prodotti facilmente reperibili nelle grandi superfici di vendita a costi paragonabili a quelli dei prodotti “tradizionali”. Naturalmente la sostituzione dei prodotti tradizionali con quelli innovativi non deve penalizzare la qualità organolettica del prodotto né la sua economicità.
Progetto n° 5: - Approcci biotecnologici per il miglioramento degli aspetti qualitativi e salutistici del vino Prosecco d.o.c.
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Università di Padova - Dipartimento di Biotecnologie Agrarie
Sede: AGRIPOLIS, viale dell’Università 16 – 00000 Xxxxxxx (XX)
Natura giuridica: Università (Ente Pubblico)
Denominazione: Istituto per la Qualità e le Tecnologie Agroalimentari Sede: xxx X. Xxxxxxx - 00000 Xxxxxx (XX)
Natura giuridica: Azienda Regionale
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
L’avvento delle moderne biotecnologie sta dimostrando potenzialità notevoli in vari settori produttivi, compreso il comparto alimentare. Purtroppo la generalità delle aziende è piuttosto lontana da questo tema e perciò spesso non in grado di cogliere le potenzialità di questa tecnologia, o addirittura guardandola con sospetto. Il progetto si propone di applicare le moderne tecnologie alla soluzione di un problema applicativo di interesse per i produttori della zona del Prosecco DOC e Cartizze. Obiettivo principale sarà la selezione di una serie di ceppi di lievito isolati nella zona della DOC (ecotipici) in grado di apportare un miglioramento qualitativo dei prodotti, esaltando in particolare le caratteristiche aromatiche delle uve. La selezione coinvolgerà tutta la zona della DOC e, oltre all’azienda proponente, un numero di imprese di varie dimensioni e tipologie di produzione, alle quali verrà chiesta la partecipazione al progetto a vario titolo e con modalità ed impegno diversificati. La procedura sperimentale si avvarrà di metodiche microbiologiche e biochimiche tradizionali affiancate alle più moderne tecniche genetico-molecolari per un’accurata caratterizzazione e successiva identificazione dei lieviti. Metodi basati sull’analisi del DNA verranno utilizzati soprattutto nelle successive fasi di selezione con lo scopo di valutare in modo inequivocabile la presenza di caratteri tecnologici, salutistici e di qualità e di verificare la loro espressione nelle diverse tecnologie di vinificazione. A tale proposito i due gruppi scientifici partecipanti
al progetto (Dipartimento di Biotecnologie Agrarie - Università di Padova ed Istituto per la Qualità e le Biotecnologie Alimentari - Veneto Agricoltura, Regione Veneto) hanno una esperienza più che quindicinale in questo specifico ambito ed hanno già alle spalle varie collaborazioni con aziende vitivinicole della Regione. Lavorando a contatto con i tecnici aziendali sarà possibile avere un travaso di conoscenze nel settore specifico delle biotecnologie, insegnando metodiche e fornendo strumenti per un loro uso applicativo. Il progetto prevede anche la sensibilizzazione dei tecnici sulle problematiche di tipo salutistico legate all’alimentazione ed al vino in particolare, sia di tipo positivo (antiossidanti) che negativo (micotossine, ammine biogene, metalli pesanti). Questi argomenti, poco noti alle aziende sono invece al centro dell’attenzione degli organi normativi e di ricerca. Anche questi aspetti verranno affrontati con i più moderni metodi molecolari, sfruttando protocolli noti o se necessario sviluppando ex novo delle metodiche appropriate. Sia i prodotti (ceppi di lievito ecotipici) che il know how acquisito (tecniche di analisi biomolecolari) potranno essere trasferiti agli operatori dell’area coinvolta dal progetto, tramite seminari o corsi teorico-pratici. Inoltre, la possibilità di avere dei ceppi di lievito ecotipici va nella direzione di una rivalutazione della tipicità e del territorio, verso la valorizzazione del Made in Italy anche in campo alimentare, che nel caso specifico mira a ritrovare quelli che i “vecchi” della zona riferiscono come gli antichi aromi del Prosecco e Cartizze.
Obiettivi della ricerca
1. Obiettivo principale del progetto è la selezione di una serie di ceppi di lievito ecotipici, cioè isolati dalla zona DOC del prosecco, per l’utilizzo in vinificazione da parte delle aziende della zona.
2. Verranno prese anche in esame alcune caratteristiche delle uve prosecco della DOC per la definizione di profili aromatici. Sulle uve stesse verranno condotti studi relativi alle attività enzimatiche legate alla produzione di aromi. Saranno determinati i contenuti di metalli pesanti (via ICP) sia nelle uve che nei vini.
3. Verranno sviluppate/applicate tecniche biomolecolari basate sull’analisi del DNA per le seguenti applicazioni:
a. Identificazione di specie di microrganismi di interesse enologico per una rapida tracciabilità dei ceppi utilizzati in vinificazione e per la determinazione della loro capacità di dominanza (prevalenza). Questa informazione fondamentale permette al produttore di sapere se il ceppo che ha usato e sul quale ha investito economicamente è stato il protagonista della fermentazione o se la trasformazione è stata invece condotta dai lieviti indigeni dell’uva. Si tratta perciò di un dato fondamentale che normalmente le aziende non sono in grado di determinare e che può essere ottenuto esclusivamente mediante metodi molecolari.
b. Identificazione di microrganismi dannosi, come ad esempio i lieviti del genere Brettanomyces (problematica relativamente nuova ma già nota a numerosi tecnici), in grado di incidere negativamente sulla qualità dei vini.
c. Determinazione della presenza di caratteri tecnologici, salutistici e di qualità mediante l’identificazione delle corrispondenti sequenze geniche e verifica della loro espressione mediante quantificazione dell’RNA durante la fermentazione alcolica.
4. Sviluppo/applicazione di metodiche per la determinazione di sostanze tossiche/dannose prodotte nei vini da microrganismi: ammine biogene (istamina), micotossine (ocratossina), etilcarbammato (potenziale cancerogeno) ed eventuale messa a punto di metodi molecolari per individuare la presenza dei microrganismi produttori.
5 . Identificazione di sostanze ad azione antiossidante nelle uve e nei vini e loro quantificazione.
6. Attività di formazione del personale aziendale sulla conoscenza e l’uso delle tecniche biotecnologiche applicate al settore vinicolo.
7. Attività di formazione su alcune problematiche legate a presenza di sostanze tossiche ancora oggi poco conosciute, quali le micotossine e le ammine biogene (istamina) per permettere una corretta valutazione e approccio al problema.
8. Divulgazione dei risultati attraverso seminari per gli operatori e corsi teorico- pratici rivolti ai tecnici.
Risultati attesi
Il progetto si propone di arrivare alla selezione di 5-10 ceppi ecotipici in grado di dare buoni risultati, possibilmente migliorativi, nelle vinificazioni del Prosecco e Cartizze.
Si introdurrà nel laboratorio dell’azienda la possibilità di eseguire analisi biomolecolari per la caratterizzazione, individuazione e tracciabilità dei ceppi utilizzati.
Si svilupperanno dei metodi molecolari specifici per l’identificazione dei ceppi selezionati e di caratteri importanti dal punto di vista tecnologico, salutistico e della qualità di cui sarà verificata la presenza nei lieviti selezionati.
Si metteranno a punto ed utilizzeranno metodiche molecolari per l’identificazione di microrganismi dannosi, come ad esempio i lieviti del genere Brettanomyces, che costituiscono un problema ormai abbastanza diffuso e sentito anche dai produttori.
Si doterà il laboratorio aziendale della strumentazione e del know how per eseguire analisi con metodi molecolari innovativi; il laboratorio potrebbe anche fornire questo tipo di servizi anche ad altre aziende della zona. Tra le analisi importanti che si cercherà di implementare vi sarà la determinazione di micotossine, di ammine biogene, di etilcarbammato, di metalli pesanti.
Progetto n° 7: - Nuovi processi biotecnologici di allevamento della Vongola verace nostrana (Tapes decussatus )
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dipartimento di Biotecnologie Agrarie Sede: Università degli Studi di Firenze Natura giuridica: Università
Denominazione: CNR - Istituto per lo Studio degli Ecosistemi Sede: Sezione di Firenze
Natura giuridica: Ente Pubblico di Ricerca
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività:
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il presente progetto si propone di mettere a punto nuovi processi biotecnologici negli allevamenti della vongola verace nostrana Tapes decussatus al fine di ottenere un prodotto di qualità a basso costo. Queste nuove tecnologie prevedono l’uso di:
1) sospensioni concentrate e conservate di microalghe vive da utilizzare nell’alimentazione diretta delle vongole;
2) colture algali di qualità controllata ottenute da inoculi selezionati in vasche all’aperto opportunamente gestite.
I due nuovi processi biotecnologici saranno raffrontati con le tecniche comunemente utilizzate negli impianti di venericoltura della zona (uso delle acque di laguna; induzione di bloom algali). Gli inoculi e le sospensioni saranno ottenuti da colture
controllate in fotobioreattori di due microalghe marine: Tetraselmis suecica e Isochrysis
sp. clone T-ISO.
Gli inoculi per l’allestimento delle vasche presso Ittica e le sospensioni concentrate delle due microalghe verranno fornite dal Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze (in seguito denominato DiBA). Le sospensioni concentrate vive e le colture provenienti dalle vasche inoculate saranno utilizzate in prove di alimentazione di seme (ca 2 mm) di T. decussatus. Le prove di alimentazione saranno condotte in 6 bins da 700 L, contenenti ciascuno quattro tamisi. In ogni bin sarà testata una diversa tipologia di alimento ed in particolare: sospensione algale conservata di ciascuna delle due microalghe, biomassa algale di qualità proveniente dalle 2 vasche, fitoplancton della laguna, bloom algale. Nei bins alimentati con sospensioni concentrate o biomassa algale di qualità proveniente dalle vasche verrà determinata la razione giornaliera (grammi di alga secca per kg di carne per giorno) più idonea in termini di sopravvivenza e crescita della vongola, e si valuterà l’efficienza di conversione dell’alimento in carne. Al fine di validare i risultati in sistemi di dimensioni produttive, saranno infine allestite quattro vasche rettangolari in moplen di 30 m2 (30x1) ciascuna, in cui verranno condotti due cicli di allevamento della vongola verace con la microalga usando la razione che avrà fornito i migliori risultati nella precedente sperimentazione. Nel corso del progetto verranno inoltre definite le specifiche tecniche per la certificazione volontaria di prodotto sia per quanto concerne il fitoplancton che la vongola (prodotto microalgale di qualità e prodotto Tapes decussatus).
Obiettivi della ricerca
L’obiettivo generale del progetto consiste nella messa a punto di tecniche efficienti ed a basso costo per l’allevamento della vongola verace nostrana autoctona Tapes decussatus, secondo protocolli di qualità, attraverso l’utilizzo di nuovi processi biotecnologici.
Per raggiungere l’obiettivo generale si dovranno perseguire i seguenti obiettivi specifici:
1. Utilizzo nell’allevamento del novellame di vongola verace di fitoplancton di qualità controllata e costante (sospensioni algali concentrate vive e colture di qualità ottenute da ceppi selezionati) in alternativa alle tecniche tradizionali.
2. Raffronto dei risultati ottenuti con i nuovi processi biotech e le tecniche tradizionali nelle condizioni di un impianto di venericoltura produttivo.
3. Valutazione del beneficio economico dell’uso di microalghe di qualità nell’allevamento oggetto dell’indagine e per tutto il comparto, con particolare riferimento alla Regione Veneto.
4. Definizione di una specifica tecnica, inclusi gli indicatori ed i relativi piani di campionamento, per la certificazione volontaria di prodotto (prodotto microalgale di qualità e prodotto Tapes decussatus), previa indagine sullo stato dell’arte dei disciplinari tecnici relativi al prodotto vongola e al prodotto microalgale in funzione di una definizione di standard di qualità del prodotto Tapes decussatus e del prodotto microalgale.
5. Linee guida per l’applicazione del regolamento EMAS ad organizzazioni che operano nel settore della venericoltura.
6. Divulgazione dei risultati.
Il progetto si propone di mettere a punto un’alternativa sia alle attuali modalità di produzione di fitoplancton presso gli allevamenti che all’utilizzo di sospensioni algali reperibili tutt’oggi sul mercato. L’uso di prodotti commerciali (Tetraselmis 3600 della Xxxx Mariculture, USA, valore 419 €/kg, T-Isochrysis Concentrate, valore 750 €/kg e Isochrysis 1800 valore 480 €/kg) è limitato a causa dell’assenza di vitalità (che determina maggiore sedimentazione e rischi di contaminazione), del prezzo molto elevato e della qualità non sempre idonea a causa dell’inquinamento batterico che incrementa col periodo di conservazione.
Risultati attesi
Messa a punto di tecniche efficienti ed a basso costo per l’allevamento della vongola verace nostrana autoctona Tapes decussatus, secondo protocolli di qualità, attraverso l’utilizzo di nuovi processi biotecnologici.
Le colture di due ceppi microalgali, Isochrysis sp. clone T-ISO e Tetraselmis suecica, prodotte in fotobioreattori, saranno utilizzate per preparare sospensioni concentrate che verranno inviate all’impianto di venericoltura per alimentare il novellame di T. decussatus, verranno utilizzati anche gli inoculi selezionati per allestire colture in acqua filtrata proveniente dalla laguna. Le colture nelle vasche saranno mantenute in crescita per un mese circa e verranno quindi rinnovate con inoculo nuovi messi a punto dal gruppo di ricerca universitario che assicurerà il trasferimento delle conoscenze necessarie alla conduzione dei processi biotecnologici di qualità.
Progetto n° 8: - Studio di nuovi metodi analitici di tipo biotecnologico per il controllo di specie e per la tracciabilità di diversi prodotti di origine animale (latte, carne e pesce)
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dipartimento di Scienze Zootecniche di Padova Sede: Viale dell’Università, 16 – Legnaro, Padova Natura giuridica: Pubblica – Università di Padova
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
L’intento del progetto è quello di creare un più efficiente sistema per la valutazione della tracciabilità nell’ambito della filiera dei prodotti di origine animale, con specifico riferimento ai settori lattiero-caseario, delle carni bovina ed ovina e dei prodotti ittici.
Nello specifico la parte inerente il settore lattiero-caseario verrà studiato e messo a punto un metodo di analisi per la tipizzazione individuale e di razza dei prodotti (latte e formaggi) mediante l’impiego di marcatori molecolari del DNA (es. microsatelliti, AFLP, SNP ecc.). L’applicazione di questi marcatori, un volta individuati e messi a punto, permetterà di disporre di uno strumento rapido ed automatizzabile offrendo un'altra riproducibilità ed accuratezza, elementi necessari al fine di garantire anche la tracciabilità dell’individuo e della razza lungo l’intera filiera produttiva.
Per quanto riguarda la carne bovina l’obiettivo sarà quello di creare un sistema di tracciabilità basato sull’identificazione genetica dell'animale e del singolo pezzo di carne da esso ottenuto e commercializzato mediante la tecnica basata sull’uso dei marcatori genetici (microsatelliti o STR), identificando numero e tipo di marcatori più idonei ai fini della caratterizzazione individuale dell’animale. Ciò allo scopo di verificare l’esatta provenienza dei prodotti al dettaglio scoraggiando fortemente qualsiasi frode e creando dei percorsi di garanzia e tutela del consumatore.
Relativamente ai prodotti ovini, saranno messe a punto metodiche di tracciabilità di filiera che consentiranno di controllare e incentivare il miglioramento qualitativo delle singole fasi del processo produttivo (es: individuazione della specie e della razza, certificazione di sanità degli animali – scrapie free - , misurazione della presenza di residui tossici della lavorazione - benzopirene).
Per quanto riguarda infine i prodotti ittici, il lavoro di tracciabilità sarà orientato verso il prodotto trasformato, dove il riconoscimento è reso particolarmente difficile dalle fasi di filettatura, porzionamento o macinazione, che mascherano le caratteristiche morfologiche del pesce. Sia mediante il miglioramento delle attuali tecniche analitiche ufficiali (Isoelettrofocusing - metodica AOAC Official Methods of Analysis), sia mediante tecniche basate sull’identificazione genetica della specie attraverso l’uso di marcatori molecolari, saranno studiati e messi a punto sistemi in grado di attivare e controllare la filiera del prodotto ittico trasformato e fornire quindi tracciabilità in questo importante settore commerciale.
Obiettivi della ricerca
Gli obiettivi specifici della ricerca comprendono:
1. Recupero di informazioni da banche dati circa le attuali metodiche di identificazione molecolare di specie, di razza e di singolo individuo.
2. Caratterizzazione molecolare delle più importanti razze bovine e ovine del territorio nazionale e regionale e delle specie ittiche commercializzate sia a livello nazionale che sul territorio della regione Veneto, attraverso tecniche RFLP, AFLP, RAPD,
SCAR e Microsatelliti. Una volta individuata la tecnica più informativa questa verrà applicata, in modo sistematico, sul DNA estratto di tutti i campioni recuperati delle razze e specie oggetto dello studio.
3. L’identificazione di specifici panel di marcatori molecolari per ciascuna delle razze e specie studiate.
4. Verifica e validazione della tecnica dei marcatori per l’implementazione su percorsi di tracciabilità nell’ambito delle filiere.
Risultati attesi
Il progetto si propone di ottenere e sviluppare metodiche analitiche in grado di identificare, attraverso sistemi affidabili, veloci ed automatizzabili, la specie e la razza di provenienza del prodotto animale (latte, formaggio, carne e pesce), permettendo di soddisfare la necessità di creare percorsi di tracciabilità nell’ambito delle filiere interessate, consentendo anche di vigilare su possibili frodi commerciali. La messa a punto di un sistema di riconoscimento genetico di specie e razza attraverso l’uso di marcatori molecolari costituisce dunque l’offerta di un importante servizio alla domanda di tracciabilità esistente nella filiera dei prodotti animali e nel contempo permette una evoluzione tecnologica delle proposte nel settore analitico di particolare rilevanza in un momento di estrema attenzione a quelli che sono i problemi della sicurezza alimentare, considerati anche i recenti episodi della BSE e dei polli alla diossina.
Progetto n° 9: - Sviluppo di metodologie di purificazione ed analisi di proteine allergeniche
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: CRIBI Biotechnology Centre, Università di Padova Sede: Xxxxx X. Xxxxxxx 0, XXXXXX
Natura giuridica: Ente Pubblico
Denominazione: Laboratorio di Spettrometria di Massa del CNR Sede: Area di Ricerca del CNR (Camin, Padova)
Natura giuridica: Ente Pubblico
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata: Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Attualmente in Italia ed in Europa il numero di persone che presentano allergie alimentari mediate da immunoglobuline IgE è in costante aumento. Le aspettative di questi soggetti è quello di poter disporre di alimenti industriali semplici e sicuri, ovvero privi di sostanze allergeniche introdotte nel preparato alimentare soprattutto a seguito di cross-contamination. Le attuali metodiche analitiche consistono nella rivelazione di tracce di allergene e loro quantificazione attraverso sistemi ELISA (enzyme-linked inmmunosorbent assay), che utilizzano di norma anticorpi policlonali. La tecnica ELISA presenta però chiari limiti quando si vogliano saggiare alimenti semplici o complessi di natura diversa da quelli previsti dal kit ELISA fornito commercialmente. I principali limiti derivano da cross-reaction degli anticorpi policlonali di ratto o di coniglio utilizzati per la produzione dei sistemi ELISA con altre molecole in grado di interferire nel saggio. Queste reazioni collaterali portano ad analisi falsate sia in termini qualitativi che quantitativi e pertanto a gravi rischi per la salute delle persone affette da patologia allergica.
Gli obiettivi finali del presente programma sono:
• di mettere a punto e di rendere disponibile l’esecuzione di procedure innovative per l’identificazione sicura di allergeni “nascosti” in alimenti commerciali.
• di ricercare nuovi processi per la realizzazione di prodotti dolciari dedicati a soggetti con patologie allergiche.
La tecnica strumentale utilizzata in questo Progetto sia per la verifica della presenza ai livelli più bassi possibili di proteine allergeniche che per la loro quantificazione sarà l’HPLC-massa. Questo strumento permette, una volta semplificata la matrice da analizzare e dopo digestione con tripsina dell’allergene, l’identificazione dell’allergene mediante la determinazione della massa esatta di alcuni dei peptidi prodotti dalla sua digestione triptica che il sequenziamento (analisi della sequenza amminoacidica di peptidi). Questa metodologia presenta la prospettiva di essere affidabile e senza le interferenze dei kit ELISA.
L’obiettivo di questo Progetto è quello di sviluppare alcune metodologie di semplificazione degli estratti proteici primari o grezzi, cioè quelli ottenuti dalla prima estrazione dagli alimenti in analisi, e loro successiva purificazione al fine di renderli idonei alla tipologia di analisi strumentale mediante spettrometria di massa. Il Progetto si propone di analizzare alcune tra le proteine allergeniche elencate nell’Allegato 1. Le materie prime alimentari contenenti proteine allergeniche sono le seguenti: Latte vaccino – uovo – merluzzo – gamberetto – arachide – soia – frumento – orzo – mais – nocciola – mandorla – sesamo – pesca ed altre plurinoidi
Obiettivi della ricerca
Gli obiettivi finali del presente programma sono:
• di sviluppare alcune metodologie di semplificazione degli estratti proteici primari o grezzi, cioè quelli ottenuti dalla prima estrazione dagli alimenti da
analizzare. La purificazione degli estratti proteici potrà renderli adatti all’analisi mediante spettrometria di massa.
• di identificare nuove metodologie per la realizzazione di innovative linee di prodotti dolciari per soggetti con patologie allergiche.
Risultati attesi
I risultati attesi da questo Progetto sono la definizione di procedure innovative di purificazione e di analisi di proteine allergeniche presenti in quantità molto basse negli alimenti attualmente presenti nel mercato. Accoppiando procedure di purificazione a tecniche analitiche strumentali HPLC-massa si ritiene di poter identificare e quantificare allergeni di natura proteica presenti negli alimenti commerciali con elevata selettività e rilevabilità (1-5 mg/kg).
Progetto n° 13: - Identificazione e analisi di geni coinvolti nella biosintesi di antocianine e stilbeni (resveratrolo) in Vitis vinifera l.
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
(PD)
Denominazione: Dipartimento di Agronomia Ambientale e Produzioni Vegetali (DAAPV) – Università di Padova.
Sede: Agripolis – Viale dell’Università, 16 – 00000 Xxxxxxx Natura giuridica: Pubblica
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il Veneto rappresenta una delle regioni italiane più vocate per la produzione di vini di qualità e si caratterizza per l’attenta opera di salvaguardia e di valorizzazione delle tipicità locali. Il nostro territorio regionale custodisce, infatti, un patrimonio di vitigni autoctoni che rappresentano una ricchezza colturale e culturale di rilevanza mondiale. A questo ben si accompagna la costante attenzione posta dal mondo viti- vinicolo veneto alle innovazioni varietali, colturali e tecnologiche capaci di assicurare un prodotto di altissima qualità in grado di rispondere alle richieste di un mercato sempre piè esigente e competitivo. Il Progetto si propone di identificare in Vitis vinifera
L. geni che controllano caratteri agronomicamente e farmacologicamente importanti, con particolare riferimento a geni coinvolti nel metabolismo dei pigmenti antociani, la cui quantità e composizione determina il colore della bacca, e nei meccanismi di difesa della pianta da agenti patogeni attraverso la produzione di fitoalessine. In relazione a questo aspetto, l’attenzione sarà focalizzata sulla produzione di resveratrolo che, oltre alla funzione di difesa delle vite in risposta a stress di tipo biotico e abiotico, è risultato avere un’importante attività antiossidante i cui benefici effetti sulla salute umana sono attualmente oggetto di grande interesse. Il principale risultato atteso dal presente programma di ricerca è l’aumento delle conoscenze che riguardano i geni, e i relativi meccanismi di regolazione, che nella vite determinano la sintesi degli antociani e del resveratrolo. Tali conoscenze potranno contribuire a dare una risposta alle sempre più pressanti richieste del mondo viti-vinicolo relative alla necessità di disporre di vitigni con buona tolleranza ai principali patogeni fungini (Botrytis cinerea, Plasmopare viticola e Oidium tuckeri) e capaci di assicurare un prodotto di elevata qualità. L’
eseguibilità del progetto risulta garantita dalle competenze di biologia, genetica molecolare e miglioramento genetico maturate dal gruppo di ricerca del proponente e dalla disponibilità di un laboratorio completamente attrezzato per lo svolgimento di ricerche di biologia molecolare.
Obiettivi della ricerca
Il Progetto si propone di identificare in Vitis vinifera L. geni che controllano caratteri agronomicamente e farmacologicamente importanti, con particolare riferimento a geni coinvolti nel metabolismo dei pigmenti antociani, la cui quantità e composizione determina il colore della bacca, e nei meccanismi di difesa della pianta da agenti patogeni attraverso la produzione di fitoalessine. In relazione a questo aspetto, l’attenzione sarà focalizzata sulla produzione di resveratrolo che , oltre alla funzione di difesa delle vite in risposta a stress di tipo biotico e abiotico, è risultato avere un’importante attività antiossidante i cui benefici effetti sulla salute umana sono attualmente oggetto di grande interesse. L’identificazione di geni coinvolti nel controllo di tali caratteri consentirà quindi di analizzarne l’ espressione e i meccanismi di regolazione in vitigni di rilevanza nazionale e in vitigni autoctoni tipici del comprensorio euganeo. I risultati di tale studio potranno consentire a) la valorizzazione e la caratterizzazione di risorse genetiche locali che risultassero interessanti per queste caratteristiche, b) di impostare opportuni programmi di selezione per trasferire, con metodi convenzionali o non, tali caratteristiche in vitigni di rilevanza economica per il territorio veneto.
Risultati attesi
Sulla base degli obiettivi sopra esposti, il principale risultato atteso dal presente programma di ricerca è l’aumento delle conoscenze che riguardano i geni, e i relativi meccanismi di regolazione, che nella vite determinano la sintesi degli antociani e del resveratrolo. Tali conoscenze potranno contribuire a dare una risposta alle sempre più pressanti richieste del mondo viti-vinicolo relative alla necessità di disporre di vitigni con buona tolleranza ai principali patogeni fungini (Botrytis cinerea, Plasmopare viticola e Oidium tuckeri) e capaci di assicurare un prodotto di elevata qualità. Tali conoscenze potranno infatti trovare immediata applicazione, da un lato, in uno screening dei vitigni autoctoni volto alla loro caratterizzazione per le caratteristiche in esame (ad esempio, una maggiore o più prolungata sintesi del resveratrolo) e alla loro valorizzazione, dall’altro, nell’impostazione di programmi di selezione genetica, per gli stessi caratteri, che potranno avvalersi di marcatori specifici per condurre in modo mirato la selezione assistita (M.A.S., Marker Assisted Selection) ed, eventualmente, anche di tecniche non convenzionali di trasferimento genico.
Progetto n° 18 : - Miglioramento qualitativo ed utilizzo di farine provenienti da grani danneggiati da Eurygaster integriceps ed Aelia rostrata
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Università di Padova - Dipartimento di Biotecnologie Agrarie
Sede: AGRIPOLIS, viale dell’Università 16 – 00000 Xxxxxxx (XX)
Natura giuridica: Università (Ente Pubblico)
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
X Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto di ricerca utilizzerà le biotecnologie disponibili nel settore agro-alimentare per cercare di migliorare e quindi poter utilizzare le farine provenienti da grani attaccati dalle cimici.
Obiettivi della ricerca
Il principale obiettivo che il progetto di ricerca si propone è quello di aiutare l’industria molitoria a migliorare e rendere utilizzabili per la panificazione le farine ottenute dai grani importati dai paesi dell’Europa dell’Est che spesso risultano essere infestati da insetti “cimice” (ordine degli Emitteri, famiglia Pentatomidi, genere Eurygaster ed Aelia). Tali insetti attaccano la cariosside del grano prima della raccolta iniettando con la saliva un enzima proteolitico che danneggia le proteine del glutine rendendo inutilizzabile la farina ai fini della trasformazione nei prodotti da forno. Attualmente risulta molto difficile prevenire o combattere l’infestazione in campo per mancanza di risorse e attrezzature disponibili nei paesi coinvolti da questa calamità.
In particolare l’obiettivo della ricerca proposta sarà quello di individuare una tecnologia in grado di contrastare o annullare l’effetto negativo della proteasi presente nel chicco. Tale tecnologia sarà sviluppata con un approccio di tipo biotecnologico avvalendosi di sostanze di origine biologica e sicure dal punto di vista della salute umana . L’obiettivo potrà essere raggiunto attraverso due strategie: la prima basata sulla inibizione dell’attività proteolitica e la seconda mediante l’uso di enzimi in grado di ripristinare le proprietà funzionali delle farine danneggiate.
Risultati attesi
Il settore di lavoro privilegiato è quello delle biotecnologie. Nuovi enzimi o sostanze naturali potrebbero ridurre l’effetto delle proteasi già presenti nella farina ed introdotte dalla puntura della cimice e/o rafforzare i legami proteici esistenti in modo da controbilanciare l’effetto negativo di queste ultime. La collaborazione con Università e Istituti di ricerca Italiani ed Esteri, nonché con aziende produttrici di enzimi dovrebbe portare a risultati interessanti in vista di un probabile utilizzo di nuovi prodotti da impiegarsi nelle industrie molitorie quali coadiuvanti tecnologici. Con la presente ricerca, dopo aver approfondito le conoscenze circa i meccanismi coinvolti nel danneggiamento delle farine da parte delle cimici, ci si aspetta di poter individuare una tecnologia basata sull’impiego di sostanze di origine biologica in grado di poter essere proposta per un impiego su scala industriale.
Settore Ambientale
Progetto n° 6 : - Depurazione di reflui mediante vegetazione
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dipartimento di Biotecnologie Agrarie
Sede: Viale dell’Università, 16 – 00000 Xxxxxxx (Xxxxxx) Natura giuridica: Università
Area tematica di interesse
Ricerca Applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
X Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Premessa: l’ambiente delle acque interne (fiumi, laghi, paludi…) è dotato di un’importante capacità di reagire all’immissione di sostanze estranee attivando una serie di meccanismi fisici, chimici e biologici definiti complessivamente come “capacità autodepurante”. Si tratta di fenomeni il cui decorso aumenta di efficacia quando si instauri una cooperazione tra piante acquatiche e microrganismi ad esse associati. Tale capacità naturale è stata ripresa in modo intensivo e confinato entro bacini artificiali per la bonifica di acque di scarico provenienti da insediamenti urbani, agro-industriali e industriali. Di grande potenzialità è il trattamento di reflui di imponente volume quali possono essere le acque piovane provenienti da strade di grande traffico, piazzali industriali, oppure del disinquinamento di interi corpi idrici. L’applicazione delle depurazioni naturali riportate ha trovato auspicio anche nella legislazione in materia ( D. Lgs. 11 maggio 1999 n°152 e succ. mod. int.). Tra i pregi riconosciuti spiccano l'efficacia a basso costo, la minima richiesta di energia e di sorveglianza tecnica continuativa, la capacità di sanificare gli effluenti senza l’impiego di sostanze aggressive, quali i derivati del cloro.
Descrizione del progetto: la ricerca proposta vuole sviluppare le conoscenze nel campo della fitodepurazione descrivendone il processo ed i risultati ottenuti in diverse applicazioni, dal trattamento di reflui urbani in zone sfavorevoli come le località alpine, al trattamento di reflui industriali, alla depurazione di grandi volumi di refluo a bassa concentrazione di inquinanti come le acque meteoriche di dilavamento.
Obiettivi della ricerca
Installare un piccolo impianto di fitodepurazione innovativo al servizio di utenze poco numerose dislocate in posizioni isolate nell’Altopiano di Asiago. Individuare le condizioni operative ottimali e selezionare la vegetazione più adatta al fine di ottenere la sanificazione del refluo mediante pratiche biotecnologiche in sostituzione di procedure chimico-fisiche.
Risultati attesi
Alle esigenze di depurazione di grandi volumi di reflui diluiti può dare una risposta adeguata la procedura della fitodepurazione e si attendono i seguenti risultati:
• Identificare specie vegetali autoctone in grado completare la depurazione operata dalle vasche Imhoff anche con la sanificazione del refluo.
• costi energetici per il trattamento ridottissimi;
• assenza di continua sorveglianza tecnica e di guasti o fuori-servizio.
Progetto n° 10 : - Biomit: sviluppo e applicazione di biotecnologie genomiche in mitilo per il controllo dell’ambiente costiero e degli stock alimentari
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: CRIBI Biotechnology Centre, Università di Padova Sede: Xxxxx X. Xxxxxxx 0, XXXXXX
Natura giuridica: Ente Pubblico
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
X Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Questo progetto di ricerca ha lo scopo di trasferire tecnologie avanzate ed innovative di biologia molecolare e genomica, già applicate in ambito biomedico per diagnosi e ricerca, per lo studio ed il monitoraggio dell’ambiente costiero usando Mytilus galloprovincialis come biosensore e per il controllo di qualità dei mitili al consumo umano.
La figura che segue riassume in maniera sintetica obiettivi, contenuti e struttura del progetto.
Sviluppo e applicazione di biotecnologie genomiche in mitilo
Analisi del trascrittoma in mitilo
cDNA microarray
(MytArray 1.0 di 1.700 geni)
Creazione di un subarray
“diagnostico” (~ 50 geni)
Kit “diagnostico”
di facile trasferibilità
Monitoraggio della Laguna di Venezia
Studio dell’effetto di alcuni inquinanti in laboratorio
Diagnosi della presenza di una o più specie patogene in mitilo
PCR e qRT-PCR
Monitoraggio ambientale
Controllo dei mitili destinati al mercato alimentare
Obiettivi della ricerca
Si propone il trasferimento di tecnologie avanzate di biologia molecolare e genomica, già applicate in ambito biomedico per diagnosi e ricerca, per lo studio ed il controllo dell’ambiente costiero usando Mytilus galloprovincialis come biosensore e per il controllo di qualità dei mitili avviati al consumo umano.
I mitili bioaccumulano numerosi agenti inquinanti che producono danni funzionali individuabili, sono da tempo impiegati nel biomonitoraggio con tecniche tradizionali (rif. D.L. 152/99). Inoltre, sono una risorsa economica importante, la cui qualità va salvaguardata e certificata. Le risposte funzionali indotte, così come i processi fondamentali per la crescita e riproduzione, si basano sull’espressione di geni specifici e quindi di proteine che agiscono opportunamente a livello sub-cellulare, cellulare e tessutale. Anche le risposte difensive verso potenziali patogeni (virus, batteri, parassiti) e le modulazioni funzionali che si stabiliscono in condizioni critiche (es. temperatura elevata, ipossia, tossine algali) dipendono dall’espressione di geni e proteine (es. peptidi antimicrobici, citochine, proteine del complemento).
L’analisi dei profili di espressione genica è oggi possibile anche nei mitili grazie alla disponibilità di un cDNA microarray (MytArray 1.0) di circa 1700 sequenze di DNA rappresentative di altrettanti geni indipendenti, messa a punto con tecniche innovative presso il C.R.I.B.I. dell‘Università di Padova.
Questa tecnologia consente l’osservazione contemporanea di migliaia di geni fornendo una grande opportunità per lo studio delle risposte indotte in mitilo da fattori tossici e
agenti patogeni. Sfruttando questa piattaforma, si intende analizzare il trascrittoma di mitili in diverse fasi di crescita, e di mitili esposti a condizioni nocive, inquinamento incluso. In tal modo si otterrà un quadro di informazioni su cui basare un monitoraggio innovativo dell’area lagunare veneziana (ritenuta di importanza prioritaria).
Inoltre, proponiamo di definire una nuova e interessante certificazione di qualità con tecniche molecolari avanzate: PCR (Polymerase Chain Reaction) e qRT-PCR (Quantitative Real Time PCR)) che faciliteranno il riconoscimento sistematico di mitili contaminati o infettati assicurando un miglior controllo della produzione. L’identificazione di batteri, virus e altri microbi è utile sia per accertare lo stato di salute e la qualità di bivalvi in allevamento o pesca gestita (molluschi che crescono in ambienti inquinati o degradati possono mostrare difetti di sviluppo e maggiore incidenza di parassitosi ed altre condizioni patologiche) che per individuare i cosiddetti “patogeni emergenti”, specie che solitamente non sono monitorate nel controllo igienico del prodotto edule, ma oggi endemiche e potenzialmente rischiose per l’uomo.
Le tecniche e gli strumenti sopra citati verranno sviluppati e testati sulla laguna di Venezia, ma i risultati della ricerca saranno esportabili, in termini di ricadute tecnico- scientifiche, economiche, occupazionali, ad altre aree costiere e di transizione del territorio nazionale.
Risultati attesi
I microarray di DNA sono piattaforme molto compatte dove un numero elevato di molecole di acidi nucleici sono fissate sulla superficie di un vetrino da microscopia. Per la loro realizzazione è necessario effettuare un sequenziamento sistematico su larga scala dei geni trascritti nella specie di interesse (mitilo), l’utilizzo di sistemi robotizzati ad alta precisione per la deposizione del DNA, di fluorofori adatti alla marcatura e di tecniche per il rilevamento dei segnali di fluorescenza. Il cDNA microarray esistente (MytArray 1.0) include ~ 1.700 sonde di cDNA rappresentative di geni trascritti nei tessuti di mitilo. Esperimenti preliminari di validazione del microarray con mitili trattati in laboratorio e mitili prelevati da zone diverse della laguna di Venezia indicano coerenza di risposta e ampia versatilità applicativa.
Con riferimento a quanto detto sopra relativamente ai microarray ed a quanto descritto relativamente alle tecniche di biologia molecolare (PCR e qRT-PCR) nei paragrafi precedenti, in questo progetto intendiamo:
1. Completare la caratterizzazione del MytArray 1.0 esistente in laboratorio attraverso l’esposizione a contaminanti rappresentativi (metalli pesanti, idrocarburi aromatici policiclici, composti organici clorurati, tossine algali).
2. Applicare il cDNA microarray (MytArray 1.0) su mitili provenienti da siti lagunari caratterizzati da un punto di vista ambientale (fisica, chimica, biologia);
3. Creare un database integrato con tutte le informazioni genetiche disponibili per singole zone lagunari e con le mappe georeferenziate relative ai dati ambientali;
4. In base ai risultati di cui ai punti 1, 2 e 3, sviluppare un subarray diagnostico con un numero ridotto di geni (indicativamente 50), selezionati sulla base delle risposte indotte in mitilo dai vari contaminanti;
5. Mettere a punto e validare tecniche molecolari (PCR e qRT-PCR) per diagnosticare la presenza di una o più specie patogene in tessuti di mitilo, ed in prospettiva altri molluschi. Essa può essere accertata, dopo coltura su terreni selettivi o estrazione del DNA, per amplificazione PCR di sequenze specie-specifiche (singoli geni o, spesso, 16S rDNA e regione spaziatrice intergenica 16S-23S rRNA). Specie
monitorabili con protocolli già individuati o da mettere a punto sono: HPA (virus dell’epatite A) ed altri enterovirus, rotavirus, astrovirus, Xxxxxxx-like virus (NLV), diversi batteriofagi, Vibrio vulniticus, Vibrio alginolyticus, Vibrio parahaemolyticus, Vibrio colerae, Salmonella spp., Shigella spp., Yersinia enterocolitica, Photobacterium damsele, Criptosporidium xxxxxx, Escherichia coli, Clostridium perfringens, Martelia refringens, Toxoplasma gondii.
6. Applicazione sperimentale e ottimizzazione del metodo su prodotti prelevati dal mercato, in collaborazione con Enti di controllo e operatori del settore;
7. Realizzare un kit prototipale basato sulle tecniche di cui al punto 5. Questo strumento, oltre a consentire al proponente di fornire in proprio un servizio diagnostico, potrà in futuro essere trasferito agli Enti preposti al controllo della produzione di mitili.
Progetto n° 14 : - Messa a punto di un metodo qualitativo e quantitativo mediante Pcr multiplex e Real time Pcr per la determinazione contemporanea dei seguenti virus, batteri e protozoi: Enterovirus, Hav, Salmonella, Giardia lamblia, Cryptosporidium parvum, nelle acque fluviali e di balneazione per la produzione di kit diagnostici in biologia molecolare ambientale.
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dip. di Scienze Ambientali
Sede: Università degli Studi di Venezia. Natura giuridica: Università
Denominazione: CRIBI Biotechnology Centre, Università di Padova Sede: Xxxxx X. Xxxxxxx 0, XXXXXX
Natura giuridica: Ente Pubblico
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
X Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Messa a punto di un metodo qualitativo e quantitativo mediante PCR multiplex e Real Time PCR per la determinazione contemporanea dei seguenti virus, batteri e protozoi: enterovirus, HAV, Salmonella, Giardia lamblia, Cryptosporidium parvum, nelle acque
fluviali e di balneazione, per la produzione di una linea kit diagnostici in biologia molecolare . Produzione di un sistema diagnostico rapido per la individuazione qualitativa dei prodotti amplificati e la tipizzazione dei diversi ceppi virali mediante tecnologia Dot Blot .
Obiettivi della ricerca
Il progetto si propone uno studio per la successiva produzione e messa in commercio di kit diagnostici basati su metodologie di Biologia molecolare per la determinazione di Virus, batteri e protozoi nelle acque costiere, lagunari, fluviali e di scarico al fine di
o a)determinare il rischio di contrarre patologie dall’uso ricreativo delle acque analizzate, anche in relazione alle norme in vigore (D.P.R. 155 del 1988)
o b) determinare degli indici di qualità delle acque sulla base dei microrganismi e virus presenti
o c) valutare l’efficienza di sistemi di depurazione
o d) identificare univocamente un determinato ceppo batterico o virale definendone quindi anche l’origine (traceability).
L’immissione nel mercato di sistemi diagnostici oggetto di tale progetto permetterebbe un rapido sviluppo della biologia molecolare in ambito ambientale; i kit di diagnostica molecolare attualmente presenti infatti sono quasi esclusivamente ad utilizzo sanitario e poco adatti alle necessità di sensibilità e specificità ambientali.
Risultati attesi
Le linee di kit che il gruppo di ricerca si propone di mettere a punto sono di due tipi :
1) Sistemi diagnostici per la determinazione qualitativa e quantitativa mediante PCR, PCR multiplex e Real Time PCR dei seguenti patogeni: enterovirus, virus dell’epatite A, Salmonella, Giardia lamblia, Cryptosporidium parvum . La messa a punto di procedure di PCR quantitativa permetterà di determinare il diverso grado di inquinamento di determinati ambienti in relazione ad attività antropiche, industriali o zootecniche presenti. E’ facile intuire come tali informazioni siano di fondamentale importanza per un adeguato monitoraggio ambientale e come ciò possa determinare un aumento notevole del mercato biotecnologico ambientale .
2) Sistemi diagnostici per la tipizzazione mediante dot blot su strisciolina di nitrocellulosa dopo amplificazione PCR
a) dei diversi virus facenti parte del gruppo enterovirus (poliovirus, coxsackie A e B, echovirus ed altri)
b) dei diversi ceppi e specie di HAV, Salmonella, Giardia e Criptosporidium.
Settore Chimico - Farmaceutico
Progetto n° 11 : - Caratterizzazione delle proprietà chimico-fisiche e biologiche di superfici ricoperte con pellicole Biosil
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dip. di Scienze Morfologico-Biomediche, Sez. di Chimica e Microscopia Clinica
Sede: Università degli Studi di Verona. Natura giuridica: Università
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività:
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
X Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Un limite importante e finora non superato per trapianti xeno ed allogenici di cellule e tessuti animali sono i fenomeni di rigetto immunologico da parte dell'organismo ospite. Questa reazione di rigetto è attualmente controllata mediante la somministrazione di farmaci immunosoppressori e, almeno per la terapia basata su cellule, a dispositivi di incapsulamento che costituiscano un filtro al passaggio di molecole immunitarie (anticorpi o molecole di superficie di cellule del sistema immunitario). Tra le metodiche di incapsulamento di cellule animali da utilizzare per scopi terapeutici, le più impiegate utilizzano strati di polimeri organici policationici (quali poli-lisina) in associazione con gel di alginato, per rivestire le cellule o le microcapsule che le contengono. Tuttavia, la stabilità in vivo di tali materiali risulta insufficiente per un trattamento a lungo termine. Per sopperire a tale limite, questo progetto prevede di verificare la stabilità a lungo termine di un sistema di incapsulamento basato sulla tecnologia Biosil, che genera una pellicola porosa di silice con notevoli proprietà di stabilità meccanica ed inerzia chimica. In particolare saranno effettuati test per verificare la persistenza delle proprietà immunoisolanti e di biocompatibilità della pellicola Biosil dopo un periodo di residenza di 6 mesi in tessuti animali, sia con che senza cellule. Le sfere recuperate dal tessuto, saranno sottoposte a test per verificare la presenza della membrana Biosil ed il mantenimento delle sue proprietà biologiche. Sui tessuti degli animali impiantati saranno effettuati esami per verificane la risposta all'impianto.
Obiettivi della ricerca
La tecnologia Biosil consente di generare su superfici di vari tipi di materiali una pellicola sottile e porosa di silice. L'obiettivo finale di questo progetto è di verificare la stabilità e biopersitenza a lungo termine di tale pellicola dopo impianto “in vivo” ed il mantenimento delle proprietà immunoisolanti e di biocompatibilità.
Risultati attesi
Alcuni risultati preliminari ottenuti “in vitro” danno indicazioni di ottima emocompatibilità delle microsfere ricoperte con la membrana Biosil che lasciano supporre un buona tolleranza “in vivo” per le microsfere impiantate. Le aspettative sono:
1) che la membrana di silice sia resistente all’impianto per lunghi periodi (nel progetto almeno 6 mesi) mantenendo le caratteristiche di porosità, e quindi di taglio molecolare, e le caratteristiche di biocompatibilità;
2) inoltre, è attesa una pari durata della vitalità delle cellule incapsulate ed un loro confinamento a lungo termine da parte della microsfera e della membrana Biosil.
Progetto n° 12 : - Biopolimeri naturali o sintetici da utilizzare come supporto nella rigenerazione ossea per la costruzione di protesi tridimensionali con procedimento stereolitografico.
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dip. di Scienze Farmaceutiche Sede: Università degli Studi di Padova. Natura giuridica: Università
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
X Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto si propone di produrre in vitro biopolimeri naturali o sintetici condizionati con peptidi di adesione, crescita e fattori angiogenici al fine di costruire bioprotesi tridimensionali ossee per chirurgia maxillo-facciale e ortopedica.
Obiettivi della ricerca
Questo progetto di ricerca si propone di ottenere in vitro supporti biocompatibili naturali o di sintesi costituiti da matrice acellulare ossea, ottenuta tramite un trattamento detergente enzimatico, supporti polimerici di poli[(bis-etil-alanato)fosfazene] o poli(d,l- lattide).
Per ottimizzare l’adesione e la crescita cellulare verranno sintetizzati e caratterizzati peptidi di adesione derivanti dalla sequenza amminoacidica delle integrine RGD (arginina, glicina e acido aspartico) o dei proteoglicani KSRS (lisina, arginina, serina, arginina) che potranno essere in caso di rifinanziamento del progetto utilizzati per condizionare i supporti ottenuti.
Risultati attesi
L’aumento dell’età media della popolazione veneta ed europea ha come conseguenza la necessità di sviluppare nuovi devices nell’ambito delle biotecnologie mediche per favorire il superamento di patologie non trattabili farmacologicamente nei campi della chirurgia maxillo-facciale ed ortopedica. Questi devices devono essere in grado di ridurre i tempi della osteo-integrazione favorendo così una migliore qualità di vita dei pazienti trattati.
I risvolti applicativi del presente progetto di ricerca sono:
• Disponibilità di adeguate quantità di osso
• Possibilità di predisporre degli innesti di forma e dimensioni adeguate ottenuti tramite stereolitografia colonizzati con osteoblasti del paziente già in fase preoperatoria
• Riduzione dei tempi chirurgici
• Riduzione dei tempi di degenza e della morbilità postoperatoria.
Il finanziamento attuale consentirà la preparazione dei materiali e dei modelli matematici necessari per le successive realizzazioni
Progetto n° 16 : - Sviluppo di un terreno originale per la conservazione a 31 °c della cornea umana utilizzata in interventi di cheratoplastica attraverso l’utilizzo di complementi ottenuti da processi Bio-tecnologici (completamente esente da derivati animali e umani).
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
X Chimico-Farmaceutico
🞎 Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto si propone l’ individuazione di una miscela di sostanze di derivazione bio-tecnologica (EGF, FGF, Insulina etc) in grado di sostituire l’apporto trofico del siero fetale bovino (aumentando così i margini di sicurezza dei pazienti-riceventi viste le problematiche internazionali relative alla potenziale trasmissibilità all’ uomo di patologie animali) in terreni adatti alla conservazione a 31°C della cornea umana da utilizzare in interventi di cheratoplastica.
Obiettivi della ricerca
Sviluppare un medium completamente sintetico per la coltura a 31°C della cornea destinata a interventi di cheratoplastica. La realizzazione di tale obiettivo si otterrà attraverso lo sviluppo dei seguenti punti:
1. Scelta di fattori di crescita e componenti proteici adeguati all’obiettivo da realizzare, attraverso un riesame della letteratura esistente;
2. Selezione del fattore (fattori) prescelto tra quelli disponibili ottenuti da processi biotecnologici considerando il bilancio tra qualità e prestazioni richieste e offerte dei fornitori;
3. Sviluppo di una formulazione che integri tali fattori considerando sia le loro caratteristiche chimico-fisiche e di funzionalità biologica sia aspetti legislativi ed economici che possono condizionare la sviluppo industriale del progetto;
4. Studio delle prestazioni del nuovo medium in confronto a media in uso su parametri tradizionali (morfologia, spessore corneale e vitalità cellulare) in cornee di qualità sub-ottimale. Lo studio sarà condotto sul numero minimo di cornee in grado di garantire la predittività dei risultati;
Risultati attesi
L’offerta che si intende creare è quella di un medium completamente sintetico capace di rispondere a tre bisogni fondamentali, espressi o impliciti, degli operatori delle Banche degli Occhi: efficacia, maggiore disponibilità di tempo e miglioramento continuo degli standard operativi di sicurezza applicati.
Per quanto riguarda il primo bisogno, il medium da sviluppare dovrà garantire prestazioni almeno paragonabili a quelle dei prodotti attualmente in uso e cioè consentire la coltura d’organo dei tessuti corneali destinati al trapianto per almeno un mese. Durante questo periodo, le caratteristiche qualitative iniziali del tessuto dovranno essere preservate e possibilmente migliorate attraverso il pieno recupero funzionale di cellule borderline.
Relativamente al secondo bisogno, la disponibilità di un medium pronto solleverebbe gli operatori delle Banche degli Occhi dall’onerosa incombenza di doverlo prepararlo, permettendo di destinare ad altro le risorse impiegate in questa attività, con conseguente risparmio di tempo e denaro ed incremento dell’efficienza della Banca nell’erogazione dei propri servizi.
Da ultimo, il medium che si intende offrire, una volta individuata la formulazione completamente sintetica che risponda al primo bisogno e permetta di eliminare i rischi potenziali associati alla presenza nei medium attuali di prodotti di derivazione animale, sarà fabbricato nel pieno rispetto delle normative vigenti e in conformità a tutti gli standard di qualità ad esso applicabili. In questo modo si risponde anche al terzo bisogno degli operatori delle Banche degli occhi di ridurre al minimo praticabile i potenziali rischi per i futuri destinatari dei tessuti, dovuti alla presenza di composti
potenzialmente contaminanti o a eventuali falle durante la preparazione in asepsi dei media presso le strutture afferenti alle banche degli occhi.
Settore Diagnostico
Progetto n° 1 : - Applicazione di “Dna microarray” (Biochip) alla diagnostica infettivologica e farmacogenetica
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dipartimento Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche
Sede: Università di Padova, Xxx Xxxxxxx 00, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente Pubblico
Area Tematica di interesse Ricerca applicata: Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
La proposta progettuale si propone di mettere a punto e sviluppare una metodologia di ricerca sulla diagnostica infettivologica e farmacogenetica in collaborazione con il Dipartimento Istologia, Microbiologia e Biotecnologie Mediche all’ Università di Padova. La ricerca intende valutare l’utilizzo della tecnologia del Biochip per creare un know how specifico che consenta una applicazione selettiva e di maggior valore aggiunto nel campo della diagnostica molecolare delle malattie infettive, con particolar riguardo alle epatopatie da HCV e alla risposta ai farmaci antiepatitici.
L’uso dei due tipi di tecnologia microfluidica verrà esaminata mediante:
(i) BIOCHIP micro-array, dispositivi già fabbricati ad altre società.
(ii) Micro-reattori che verranno predisposti in house.
Obiettivi della ricerca
a) Disegno e validazione di microchip diagnostici da applicare allo studio delle patologie infettive.
b) Identificazione di marcatori predittivi di evoluzione dell’epatite virale o di risposta alla terapia e loro validazione clinica come nuovi test diagnostici.
Attività specifiche della ricerca saranno:
a) Disegno, sviluppo e validazione di microchip diagnostici dedicati allo studio della patologia infettiva d’organo (polmone, vie urinarie, fegato, ecc.), contenenti sequenze geniche dei più comuni patogeni (P. carinii, H. capsulatum, HSV, HCMV,
influenzavirus, virus parainfluenzali, adenovirus etc). I microchip così disegnati permetteranno di identificare rapidamente l’agente causale della malattia. Questa parte del progetto si articola nelle seguenti tappe fondamentali:
1. Studio ed identificazione delle sequenze geniche di interesse per studi della presenza di acidi nucleici di batteri, virus, miceti e parassiti e della loro espressione genica in campioni biologici. Questa parte dello studio si avvarrà dell’expertise di microbiologi, virologi, e biologi molecolari che, sulla base della loro esperienza clinica e di ricerca e dei dati disponibili nella letteratura e in database, sceglieranno e vaglieranno le sequenze geniche dei microrganismi di maggiore interesse per la patologia dell’uomo.
2. Disegno e costruzione di microchip diagnostici. Questa parte del progetto si avvarrà del contributo sia di aziende produttrici di oligonucleotidi sia di expertise sviluppata in house.
3. Validazione in campioni clinici in appropriati protocolli di studio e confronto dei risultati con quelli ottenuti con i test diagnostici tradizionali. In questa fase dello studio sarà critica la definizione della numerosità del campione, del piano di analisi, dei criteri di inclusione e di esclusione, nonché l’identificazione e la caratterizzazione dei campioni biologici e la verifica della loro corrispondenza con i criteri di ingresso nel protocollo di studio. I risultati delle analisi ottenute con i nuovi chip diagnostici saranno confrontati con quelli ottenuti mediante metodiche tradizionali e riconosciuti come test di riferimento a livello internazionale.
b) L’identificazione di marcatori predittivi di evoluzione dell’epatite virale o di risposta alla terapia sarà resa possibile dallo studio di un’ampia casistica di tessuti epatici, ottenuti da pazienti con epatite cronica e/o epatocarcinoma correlati ad infezione da HBV o HCV e trattati con terapia medica, al fine di evidenziare i) nuovi geni implicati nella patogenesi della malattia, ii) geni o polimorfismi coinvolti nella risposta alla terapia medica, iii) potenziali nuovi target terapeutici, iv) marcatori polimorfici predittivi di risposta alla terapia o tossicità dei farmaci antivirali. Il gruppo di ricerca (soggetto attuatore) ha già raccolto un’ampia casistica di campioni bioptici ottenuti da pazienti di cui è disponibile un adeguato follow-up. Ha inoltre già sviluppato la metodica di analisi dei DNA microarray per l’analisi del profilo di espressione genica, array- CGH (comparative genomic hybridization) per identificare alterazioni cromosomiche, e la tecnica di mini-sequencing per lo studio di numerosi polimorfismi della via di trasduzione del segnale dell’interferon (IFN). Studi preliminari sono stati già eseguiti in linee cellulari di epatocarcinoma umane ed in biopsie epatiche da pazienti affetti da epatocarcinoma associato ad HBV ed HCV.
Più in dettaglio, il programma di ricerca prevede la realizzazione dei seguenti compiti specifici:
a) Analisi con cDNA microarray del profilo di espressione genica globale in biopsie epatiche ottenute da pazienti affetti da epatite cronica B o C e trattati con IFN-alpha e/o analoghi nucleosidici e confronto dei risultati ottenuti da tessuti patologici appartenenti a pazienti responsivi alla terapia medica rispetto a pazienti non responsivi.
b) Conferma dei risultati ottenuti dall’analisi con DNA microarray attraverso l’uso di altre metodiche per l’analisi dell’espressione, quali real-time RT-PCR, Western-blot, o immunoistochimica.
c) Analisi dei polimorfismi di geni implicati nella risposta immunitaria dell’ospite e nella via
dell’IFN mediante mini-sequenziamento.
1) sviluppo e messa a punto di tecniche di mini-sequenziamento mediante pyrosequencing e single nucleotide extension, per lo studio di polimorfismi di singoli nucleotidi in geni coinvolti nella risposta o tossicità alla terapia con IFN- alpha o analoghi nucleosidici.
2) Analisi dei polimorfismi in pazienti responsivi e non responsivi alla terapia medica.
d) Disegno e messa a punto di nuovi test molecolari, basati sui risultati ottenuti dalle precedenti analisi di screening, utili per predire la prognosi e suggerire una terapia mirata per l’epatite o epatocarcinoma HBV- o HCV-correlati.
Risultati attesi
Lo sviluppo, grazie allo studio della tecnologia dei biochip, di nuovi test rapidi ed ad elevate prestazioni per la diagnosi molecolare della malattie infettive e l’identificazione di nuovi marcatori molecolari predittivi di evoluzione dell’epatite virale e di risposta alla terapia medica si tradurrà in una sempre più crescente domanda di indagini di screening in fase pre-sintomatica. Ciò permetterà di migliorare e personalizzare l’approccio diagnostico-terapeutico, con conseguente risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale in termini di riduzione del ricorso ad indagini diagnostiche tradizionali più costose, durata dell’ospedalizzazione e dei periodi di follow-up. L’uso più razionale dei farmaci produrrà un ulteriore risparmio sui costi con un miglioramento della salute pubblica.
Progetto n° 2 : - Sviluppo di sistemi innovativi di biologia molecolare e cellulare per didattica
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Istituto IENI - CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx
Natura giuridica: Ente di Ricerca
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto ha come scopo la messa a punto e la validazione di kit didattici per la realizzazione di esperienze pratiche su varie tecniche di elevata specializzazione, in laboratori di biologia molecolare, cellulare, biochimica, genetica, microbiologia e oncologia, rivolti alla formazione universitaria, post-universitaria e all’aggiornamento professionale. Lo sviluppo di tali kit didattici può essere esteso alla realizzazione di esperienze di laboratorio per le scuole medie superiori, in materie inerenti le scienze della vita e agli istituti tecnici e professionali di indirizzo chimico-biologico.
Obiettivi della ricerca
Il progetto si propone di sviluppare metodi didattici per la formazione dello studente tramite esperienze pratiche su varie tecniche innovative e all’avanguardia di elevata specializzazione nell’ambito della biologia molecolare, cellulare e della diagnostica.
Tali metodi potranno essere applicati a varie materie di insegnamento, quali ad esempio: biochimica, genetica, istologia, microbiologia, virologia, oncologia, medicina legale.
Queste esperienze saranno sviluppate principalmente per gli studenti universitari, ma data l’elevata specializzazione e l’innovatività, il loro utilizzo potrà essere successivamente esteso anche alla formazione e l’aggiornamento professionale continuo.
Queste esperienze potranno essere proposte anche per la formazione degli insegnanti e degli studenti delle scuole superiori.
Il metodo didattico prevede, oltre a tutto il materiale necessario per l’esecuzione dell’esperimento pratico, dispense per l’aggiornamento sulle più recenti pubblicazioni scientifiche di settore e sulle principali linee guida internazionali.
Risultati attesi
La proposta di ricerca intende mettere a punto una serie di kit ottimizzati per la quantità di reagenti in essi contenuti e per la proposta metodologica formativa. In particolare si intende sviluppare kit formativi nelle seguenti materie di insegnamento:
MATERIA | Tecnica | Esperienze proposte |
biologia | biologia cellulare biologia cellulare biologia cellulare istologia | - colture cellulari di linee primarie -transfezione mediante microelettroporazione - manipolazioni di GFP in lieviti e batteri - colorazione di preparati istologici |
produzioni animali | biologia molecolare | - identificazione di provenienza di carni o pesci |
microbiologia | biologia molecolare | - identificazione e quantificazione di agenti patogeni |
genetica | biologia molecolare | - identificazione di mutazioni correlate a patologie. - analisi di mutazioni con tecnologia dei microarray - tipizzazione tissutale HLA |
virologia | biologia molecolare | - identificazione e quantificazione di DNA virale |
Nello specifico si prevede di focalizzare maggiormente l’attenzione su quattro sistemi particolarmente interessanti dal punto di vista didattico e dell’innovazione:
PCR e Real-Time PCR per identificazione e quantificazione di agenti patogeni:
Qualsiasi esperienza di carattere biotecnologico non può prescindere dalla tecnica di polimerizzazione a catena del DNA.
La tecnica PCR (Polymerase Chain Reaction) è stata la prima tecnica di amplificazione del DNA riportata in letteratura (Xxxxx RK et al., 1985). Può essere definita come una reazione di amplificazione in vitro di un segmento di DNA specifico (sequenza target), per mezzo di un enzima termostabile (DNA polimerasi). Nella reazione sono coinvolti tre segmenti di acidi nucleici: lo “stampo” di DNA a doppia elica, che deve essere amplificato (DNA target) e due “primers”, oligonucleotidi a singolo filamento che, accoppiandosi in maniera specifica con la molecola di DNA stampo, forniscono gli elementi di innesco per l’aggiunta di nucleotidi e la sintesi di un filamento di DNA complementare al target. Ripetendo numerose volte questa reazione si possono ottenere milioni di molecole identiche a quelle del DNA di partenza.
Con lo sviluppo dell’amplificazione genica (PCR) sono stati raggiunti livelli di sensibilità mai ottenuti, associati ad altissima specificità e rapidità, che ha reso questa tecnica particolarmente adatta all’applicazione in diagnostica di laboratorio.
Questa tecnologia ha avuto un ulteriore sviluppo nella possibilità di quantificare il numero di molecole ottenute nell’amplificazione. Tale tecnica, denominata Real-Time PCR, prevede l’utilizzo di particolari reagenti in grado di emettere segnali di fluorescenza e necessita quindi di una strumentazione completamente dedicata.
Una delle rivoluzionarie applicazioni della metodica è stata quella di poter quantificare la presenza di agenti patogeni presenti in fluidi biologici.
Sistema per tipizzazione tissutale HLA:
L’HLA (Human Leukocyte Antigen) è il sistema che determina le principali reazioni del sistema immunitario, implicato nei meccanismi che determinano fenomeni quali il rigetto del trapianto e le reazioni autoimmuni.
Le caratteristiche geniche peculiari del sistema HLA ne rendono notevolmente complesso l’approccio di studio, sia per la presenza di loci multipli molto simili tra loro, sia per l’elevato numero di alleli che rendono ogni locus estremamente polimorfico.
Le recenti conoscenze sull’importanza del sistema HLA ha comportato una sempre maggiore necessità di strumenti di analisi affidabili e applicabili in larga scala, soprattutto nell’ambito della diagnostica molecolare.
Il kit ad uso didattico proposto prevede una tipizzazione a bassa risoluzione del solo locus DRB1 e dei supertipi DRB3, DRB4 e DRB5. Questa strategia ha il vantaggio di
un ridotto numero di reazioni di amplificazione del DNA; inoltre, i supertipi DRB3, DRB4 e DRB5 sono molto interessanti dal punto di vista teorico poichè spiegano alcune realtà genomiche presenti nel DNA umano.
Sistema per trasferimento genico mediante microelettroporazione:
L’elettroporazione è una tecnica che consente di introdurre all’interno della cellula molecole di varia natura, ad esempio acidi nucleici, superando la naturale barriera offerta dalla membrana cellulare.
L'elettroporazione consiste nell’indurre la formazione di pori di durata transitoria nella membrana cellulare mediante l'applicazione di un campo elettrico variabile. A seconda del loro periodo di apertura e del loro diametro i pori di membrana consentono il passaggio di molecole altrimenti confinate all’esterno della cellula. Per essere elettroporate le cellule adese vengono normalmente rimosse dal substrato di coltura (mediante enzimi quali la tripsina); vengono quindi risospese in soluzione, e infine vengono sottoposte ad un campo elettrico ad alto voltaggio (1000 V/cm ed oltre). Il campo elettrico ha come effetto la formazione nella membrana cellulare di pori il cui numero, diametro e tempo di apertura dipendono dalla forma, intensità e durata del campo elettrico che si genera a cavallo della membrana cellulare.
L’applicazione più diffusa di questa tecnica è la transfezione di cellule con DNA. Nonostante alcuni svantaggi quali una certa tossicità per le cellule dovuta allo shock elettrico o alla rimozione delle cellule dalla loro sede di coltura, l’alta efficienza di transfezione induce i ricercatori a utilizzare l’elettroporazione in maniera estremamente diffusa. I sistemi più innovativi nel campo dell’elettroporazione sono dispositivi miniaturizzati che consentono di introdurre molecole in modo selettivo scegliendo singole cellule da elettroporare, o permettendo elettroporazioni multiple di più molecole contemporaneamente o in serie, con un importante risparmio di costi di gestione della coltura cellulare.
Il metodo che verrà proposto avrà lo scopo di avvicinare lo studente proprio ad una tecnologia di elettroporazione innovativa , per la quale è necessaria una esperienza congiunta di biologia cellulare e di ingegneria microelettronica applicata alla biologia e che, proprio per questo, non viene mai allestita come esperienza didattica.
Sistema per analisi di mutazioni di sequenze mediante arrays:
Gli array si basano sul principio di ibridazione tra una sonda immobilizzata su un supporto (vetro, nylon, filtri), e un target che consiste di un frammento di DNA marcato, ottenuto per sintesi (oligo) o mediante retrotrascrizione dell’RNA totale estratto da un tessuto in esame (cDNA).
Marcando opportunamente l’RNA messaggero proveniente da due tessuti diversi (es. tessuto normale contro tessuto tumorale, o tessuto tumorale sensibile contro tessuto resistente a farmaci) gli array permettono di esaminare l’espressione differenziale dei geni e quindi di identificare un’alterata espressione (overespressione o ipoespressione) e di quantificarla.
Attualmente gli array non sono estesamente impiegati per l’analisi clinica di routine, ma vengono utilizzati a scopo di ricerca per l’individuazione di nuovi geni da valutare come fattori prognostici o come target farmacologici e per lo screening dell’efficacia di nuovi farmaci.
La potenzialità degli array consiste nell’elevato numero di geni che possono essere analizzati contemporaneamente, nella miniaturizzazione del sistema che riduce notevolmente la quantità di campione di partenza e nella possibilità di quantificare l’espressione genica.
La tecnica che verrà proposta si articolerà in diverse fasi:
• Estrazione di RNA totale (o mRNA) da materiale biologico.
• Amplificazione dell’RNA, marcatura e retrotrascrizione dell’mRNA amplificato.
• Ibridazione della sonda sui microarrays (si utilizzeranno vetrini a basso numero di geni spottati, sia a cDNA che ad oligonucleotidi).
• La lettura e l’analisi statistica dei dati.
Ancora una volta lo scopo è quello di consentire allo studente di toccare con mano tecniche che altrimenti sarebbero di esclusiva pertinenza dei laboratori di ricerca ma che, date le loro potenzialità, è opinione comune che nell’immediato futuro entreranno nella routine diagnostica.
Ciascun kit sarà corredato inoltre di una scheda di apprendimento che consenta al personale docente di valutare l’efficacia didattica del metodo proposto.
Progetto n° 4 : - L’Emoglobina glicosilata come indice di controllo glicemico del paziente diabetico: sviluppo di un sistema analitico a biosensore
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti coinvolti
Denominazione: Dipartimento di Medicina Sperimentale e Patologia Generale
Sede: Università “La Sapienza”, Roma Natura giuridica: Università
Area Tematica di interesse Ricerca applicata Settore di attività:
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto di ricerca si propone di realizzare biosensori per la misurazione dell’emoglobina glicosilata direttamente dal sangue di pazienti con diabete. Il progetto nasce dalle richieste pressanti da parte della diabetologia medica di mettere a punto sistemi di controllo specifico a disposizione diretta del paziente diabetico per l’autocontrollo e monitoraggio della malattia. La misurazione del glucosio nel sangue, test già disponibile con vari tipi di strumenti per la misura domiciliare, non è infatti sufficiente a fornire indicazioni complete sull’andamento ed il controllo della malattia. E’ necessario valutare anche come le condizioni dell’emoglobina del paziente, in presenza del glucosio, vengano modificate, mediante un test specifico che misura l’emoglobina glicosilata e che dà un’idea del controllo glicemico del paziente negli ultimi due-tre mesi. Il mantenimento di bassi livelli di emoglobina glicosilata è infatti essenziale per ridurre il rischio di complicanze del diabete.
I potenziali utilizzatori di tale biosensore sono:
1. Pazienti diabetici per il controllo routinario della loro malattia
2. Laboratori di analisi e centri di riferimento nazionali per la misurazione rapida e a basso costo dell’emoglobina glicosilata
3. Soggetti a rischio della malattia per una diagnosi precoce.
Obiettivi della ricerca
Per i milioni di persone ammalate di diabete nel mondo l’obbiettivo principale è quello di mantenere i livelli di glucosio nel sangue più vicino possibile alla normalità. Questo obbiettivo è di importanza vitale per questa patologia in quanto permette di ridurre notevolmente o rallentare le complicazioni della malattia.
In questo progetto si propone di costruire un biosensore per la rilevazione dell’emoglobina glicosilata da utilizzare per il monitoraggio della quantità di glucosio a cui sono stati esposti i globuli rossi del paziente. Il biosensore sarà costruito attraverso una metodologia innovativa utilizzando anticorpi ricombinanti legati ad enzimi in grado di tradurre un segnale ad un elemento rilevatore. L’obbiettivo ultimo sarà quello di tradurre questo prototipo ad un biosensore utilizzabile routinariamente dal paziente diabetico per un controllo più accurato della propria patologia.
Poiché il rischio maggiore per il diabetico è che la sua patologia possa degenerare nelle "complicanze", spesso legate alla durata e al compenso metabolico risulta di primaria importanza la diagnosi precoce e il controllo dell’evolversi della malattia. Due sono i test ottimali per determinare i due marker che fotografano accuratamente lo status della malattia: il test della glicemia che misura la quantità di glucosio libero del sangue e il test per l’emoglobina glicosilata. Mentre esistono numerosi kit e biosensori anche per uso personale a disposizione dei pazienti per il test della glicemia ad oggi non esistono prodotti simili per dosare l’emoglobina glicosilata. I metodi utilizzati e disponibili oggi sono infatti ad esclusivo uso dei laboratori di analisi in quanto richiedono apparecchiature sofisticate e tempi di attuazione relativamente lunghi (diversi giorni, solo recentemente è disponibile sul mercato un test che dura circa 15’). Inoltre alcuni test non sono in grado di essere accurati per le varianti S o F dell’emoglobina.
Negli ultimi anni numerose ricerche sono state dedicate ed investite nel mondo scientifico per mettere a punto metodologie finalizzate a kit diagnostici per il diabete ed in particolare per la valutazione in modo semplificato dell’emoglobina glicosilata. Le prospettive applicative e di mercato per un biosensore con queste caratteristiche sono enormi e la possibilità di fornire un piccolo dispositivo “user-friendly” per il controllo della malattia diabetica risulterà in un miglioramento significativo della qualità di vita di questi pazienti.
Risultati attesi
Il progetto prevede la messa a punto di biosensori per il dosaggio dell’emoglobina glicosilata partendo dalla metodologia del DNA ricombinante per la selezione e assemblaggio di sequenze di origine immunoglobulinica ad alta affinità e specificità per i dominii peptidici e carboidratici dell’emoglobina. A fianco di questo risultato/obbiettivo finale risultano di fondamentale importanza anche i seguenti risultati collaterali che il progetto intende perseguire:
Costruzione di nuovo know-how: ideazione, produzione e messa a punto di processi innovativi nel campo dei biosensori utilizzando anticorpi monoclonali e loro frammenti prodotti per via ricombinante abbinati a tecnologie avanzate nel campo dei biosensori. Tali conoscenze potranno essere esportate ed utilizzate per altri sistemi e molecole.
Definizione di nuovi protocolli di management della malattia diabetica: La possibilità di un rapido e frequente dosaggio dell’emoglobina glicosilata permetterà di ridisegnare linee guida per il paziente diabetico dandogli la possibilità di un migliore autocontrollo della malattia.
Sviluppo di innovazione nella piccola media impresa italiana: La collaborazione tra Istituti del CNR, Università ed imprese nello sviluppo di metodologie applicative integrate rende possibile la traslazione delle idee/tecnologie proprie del settore della ricerca universitaria a settori applicativi che spesso non riescono a beneficiarne in modo competitivo anche nei confronti del mercato internazionale. La ricaduta di questo
processo si identifica anche sul piano occupazionale con la creazione di nuovi posti di lavoro nei settori della ricerca applicata.
Formazione : Il progetto, coinvolgendo ricercatori di giovane età nelle attività contribuirà ad aumentare le competenze delle risorse coinvolte nel settore delle biotecnologie mediche.
Progetto n° 15 : - Sviluppo di una metodica di CGH-Array finalizzata alla realizzazione di un microarray per la caratterizzazione genetica di soggetti affetti da ritardo mentale idiomatico.
Struttura proponente
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Alri Enti attuatori
Denominazione: Isituto IENI - CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx
Natura giuridica: Ente di Ricerca
Denominazione: CEO - Centro di Eccellenza Optronica Sede: Xxxxx Xxxxxx Xxxxx 0, Xxxxxxx
Natura giuridica: Consorzio Universitario
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Il progetto si propone di sviluppare un metodo diagnostico accurato e sensibile basato sulla tecnica del CGH-Array (Comparative Genomic Hybridization Array), che sia in grado di caratterizzare tutte le regioni subtelomeriche di pazienti affetti da ritardo mentale idiopatico; la metodica, una volta standardizzata, potrà poi essere utilizzata per ulteriori applicazioni relative a malattie genetiche.
Durante la messa a punto della metodica, tramite il CGH-array potranno essere rilevate eventuali delezioni o amplificazioni a livello subtelomerico; i DNA utilizzati come controllo positivo saranno campioni derivati da pazienti affetti da ritardo mentale idiopatico, per i quali sia già stata rilevata un’anomalia genetica a livello subtelomerico utilizzando diverse tecniche.
La validazione del CGH-array come metodo diagnostico verrà in seguito eseguita nell’ambito di uno studio clinico volto ad analizzare tutte le regioni cromosomiche subtelomeriche di soggetti affetti da ritardo mentale idiopatico. Al fine della validazione del sistema, i DNA dei soggetti presi in esame verranno analizzati confrontando, per le medesime regioni cromosomiche, i risultati forniti dall’ibridazione dell’array, con quelli ottenuti con una tecnica comunemente utilizzata a livello diagnostico clinico.
La scelta di focalizzare in prima istanza l’impiego del CGH-array solo per l’analisi delle regioni subtelomeriche dei pazienti, deriva dalla constatazione che circa il 7% dei casi di ritardo mentale idiopatico sono associati ad aberrazioni cromosomiche a questo livello; ma, una volta messa a punto la tecnologia si prevede di aumentare il numero delle regioni cromosomiche presenti sull’array per estendere l’applicabilità dell’analisi alla diagnosi di altre malattie genetiche.
Obiettivi della ricerca
Con questo progetto si propone di mettere a punto un test diagnostico per il ritardo mentale idiopatico basato sulla tecnica del CGH-array. La tecnica che si intende utilizzare è ad alta tecnologia ed assolutamente innovativa nell’ambito della diagnosi clinica.
All’interno del progetto sono stati individuati 4 obiettivi realizzativi, ognuno dei quali articolato in un numero variabile di attività:
● Controllo e preparazione: controllo della specificità e frammentazione delle sonde che si intendono stampare sul vetrino.
● Stampa: preparazione di un array di sonde subtelomeriche.
● Ibridazione: messa a punto dell’ibridazione e dell’analisi su uno o più soggetti ritardati mentali per i quali sia già stata previamente valutata un’anomalia genetica rientrante tra quelle valutabili con il CGH-array di sonde subtelomeriche (controlli positivi).
● Validazione: validazione del metodo su soggetti ritardati mentali.
Controllo e preparazione: controllo della specificità e frammentazione delle sonde che si intendono stampare sul vetrino
● Conferma della specificità delle sonde
La specificità delle sonde scelte verrà confermata eseguendo un’ibridazione FISH (Fluorescence In Situ Hybridization) per le regioni di interesse su preparati di volontari sani; le sonde verranno amplificate ed utilizzate durante la fase di stampa solo se saranno risultate specifiche all’analisi.
● Estrazione di DNA plasmidico (vettori BAC e PAC) contenenti le sonde di interesse da colture di X.Xxxx e frammentazione delle stessa tramite DOP-PCR
Verranno utilizzate 42 sonde specifiche per le regioni di interesse di ciascun cromosoma umano, clonate in E. coli in vettori BAC (Bacterial Artificial Chromosome) e PAC (P1- derived Artificial Chromosome). Tali sequenze devono mappare tutte entro 500 kb dal telomero, per realizzare un buon compromesso tra sensibilità e specificità di legame delle sonde. Infatti sonde costituite dalle sequenze ripetute di DNA subtelomerico (più prossime al telomero) danno cross-reazioni a causa dell'elevata omologia di sequenza, mentre sonde costituite da sequenze cromosomiche uniche (quindi più centromeriche) non riuscirebbero ad identificare piccole delezioni localizzate in prossimità del telomero. A partire dai cloni batterici verranno allestite colture microbiologiche allo scopo di estrarre il plasmide ricombinante in cui l'inserto, cioè la sonda, ha una lunghezza di 100-150 kb. Per ciascuna delle 42 sonde verrà eseguita quindi l'estrazione di DNA plasmidico. Tali sonde verranno frammentate in segmenti di lunghezza compresa tra 300 e 3000 bp. L'uso della DOP-PCR come metodo di frammentazione permette, oltre ad ottenere i frammenti di dimensione compresa in tale range, di amplificare il DNA umano (sonda d'interesse) a scapito del DNA di E. Coli; la presenza
di tale DNA può interferire infatti nell'ibridazione tra la sonda ed il DNA test-reference ed incrementare la presenza di background.
Stampa: preparazione di un array di sonde subtelomeriche
● Produzione di un array su cui siano state stampate in multipla copia le sonde specifiche
Le miscele di frammenti ottenuti dalla DOP-PCR, dopo sonicazione verranno trasferite su un vetrino rivestito da poli-Lisina (o su vetrini diversamente attivati), mediante GMS 417 arrayer Genetic Microsystem, in modo da ottenere un array in cui ciascuna deposizione corrisponda ad una specifica sonda, con un numero di repliche adeguato allo scopo diagnostico.
Ibridazione: messa a punto dell’ibridazione e dell’analisi su uno o più soggetti ritardati mentali per i quali sia già stata previamente valutata un’anomalia genetica rientrante tra quelle valutabili con il CGH-array di sonde subtelomeriche (controlli positivi)
● Per ogni vetrino verranno eseguite marcatura ed ibridazione di un DNA di controllo sano (reference) e di un DNA proveniente da un paziente al quale siano state diagnosticate anomalie genetiche a livello subtelomerico (controllo positivo), allo scopo di mettere a punto la tecnica
La marcatura del DNA del riferimento e del controllo positivo con i coloranti fluorescenti Cy3 e Cy5 avverrà tramite amplificazione random del DNA ed incorporazione diretta o indiretta dei coloranti fluorescenti.
I vetrini prima e dopo l’ibridazione devono essere sottoposti a particolari trattamenti (diversi a seconda del supporto che verrà scelto); in un caso (pre-processamento), per idratare e bloccare covalentemente il DNA alla superficie, nell’altro(post- processamento) per rimuovere l’eccesso di campione non ibridato sull’array.
● Acquisizione ed analisi dell’immagine tramite l’utilizzo di software dedicati ed eventuale sviluppo di nuove utilities
Verrà effettuata la scansione degli array mediante uno scanner GenePix 4000 B (Axon Instrument); con l'ausilio di un apposito software, verranno misurati i rapporti di fluorescenza emessa dal test e dal controllo. L'analisi statistica dei dati evidenzierà eventuali differenze significative tra DNA test e controllo, permettendo in tal modo di rilevare la presenza di riarrangiamenti cromosomici e di caratterizzarli.
● Controllo che i risultati ottenuti tramite analisi CGH-array per i campioni (controlli positivi) corrispondano a quelli che si sarebbero ottenuti tramite “fluorescence in situ hybridization” (FISH)
Validazione: validazione del metodo su soggetti ritardati mentali
Per poter essere accertata l’utilizzabilità del CGH-array come diagnostico è necessario eseguire la validazione della tecnica nell’ambito di uno studio clinico. A tale scopo verranno fatte eseguire in parallelo, su pazienti con ritardo mentale idiopatico diagnosticato, l’analisi di CGH-array e le ibridazioni con tecnica FISH su tutte le regioni subtelomeriche. Considerando la tecnica FISH come la tecnologia di riferimento la metodica si riterrà validata solo e soltanto se i risultati ottenuti con CGH-array dovessero essere sovrapponibili.
Obiettivi generali del progetto
Nel caso in cui la ricerca svolta e la validazione dei processi abbia successo si procederà alla messa in opera di un sistema su più larga scala in conformità alle esigenze di mercato. Dovrà pertanto essere sviluppato un prodotto di facile fruibilità per i centri di citogenetica comprensivo di array, soluzioni per labelling ed ibridazione, software dedicato per l’estrapolazione dei risultati.
Una volta messa in atto la produzione del CGH-array a sonde subtelomeriche si potrà procedere con la scelta, in base a dati riportati in letteratura, di nuove sonde BAC da stampare nel CGH-array, in aggiunta a quelle subtelomeriche, per ampliare e/o cercare di completare il set di aberrazioni tuttora associate al ritardo mentale idiopatico e/o a diverse malattie genetiche.
Risultati attesi
Come già descritto in dettaglio, il progetto ha come obiettivo la messa a punto un test diagnostico per il ritardo mentale idiopatico basato sulla tecnica del CGH-array e in grado di valutare anomalie genetiche presenti a livello subtelomerico.
L’idea nasce dalla necessità di trovare una metodica in grado di soddisfare caratteristiche di sensibilità,riproducibilità, velocità e economicità. Il CGH-array sembra essere la soluzione tecnologica che più si avvicina alle esigenze espresse dal mercato e che potrebbe essere in grado di sostituire a livello clinico le tecniche finora utilizzate.
Analizzando maggiormente in dettaglio le caratteristiche che del prodotto:
● Il CGH array è una tecnica di sensibilità paragonabile alla FISH (150-200Kb) e capace di una grande flessibilità in termini di risoluzione; se nel tempo le esigenze di approfondimento dovessero aumentare, variando le dimensioni delle sonde di partenza, la sensibilità potrebbe essere cambiata (e quindi aumentata) di conseguenza.
● Una volta standardizzate le condizioni di deposizioni delle sonde sul vetrino, la robotizzazione del sistema di stampa è in grado di assicurare il massimo della riproducibilità del supporto; data l’elevata semplicità ed efficienza che caratterizza i passaggi di marcatura ed ibridazione l’unica variabile rimanente è il campione biologico da analizzare, la cui preparazione per questo tipo di analisi risulta essere comunque facilitata per l’utenza. Non è infatti necessario l’allestimento di un campione con cromosomi in metafase ma è sufficiente una semplice estrazione di DNA cromosomiale.
● Dato l’elevato numero di regioni analizzabili contemporaneamente ed il fatto che il numero delle stesse potrebbe essere incrementato, senza che questo influisca minimamente sugli altri parametri analizzati, il CGH-array risulta essere il metodo più veloce (a parità di regioni analizzate) ed il più economico.
● Inoltre, per quel che riguarda l’affidabilità dell’estrapolazione del risultato, affidandosi completamente ad un’analisi di tipo informatico viene a mancare l’influenza soggettiva della risposta diminuendo quindi la variabilità del risultato dovuta all’operatore.
Tutte queste caratteristiche verrebbero ad essere racchiuse in un prodotto, da fornire ai centri di citogenetica, il più completo possibile, comprensivo di array, soluzioni di ibridazione/marcatura e software di analisi.
Progetto n° 17 : Identificazione e validazione di nuovi marker molecolari utili nella gestione clinica del paziente oncologico
Soggetto attuatore
Denominazione: CNR Area della Ricerca di Padova Sede: Corso Stati Uniti n.4, 00000 Xxxxxx Natura giuridica: Ente di Ricerca
Altri Enti attuatori
Denominazione: Università di Padova Sede: Padova
Natura giuridica: Ente Pubblico
Denominazione: Università di Bologna Sede: Bologna
Natura giuridica: Ente Pubblico
Area Tematica di interesse
Ricerca applicata:
Settore di attività :
🞎 Agroalimentare
🞎 Ambientale
🞎 Chimico-Farmaceutico
X Diagnostico
Descrizione sintetica del progetto
Da sempre l’auspicio di ricercatori e clinici in relazione ai rapidi sviluppi della ricerca biomedica è di poter trasferire con sollecitudine “dal laboratorio alla clinica” i risultati scientifici ottenuti. Tuttavia, ancora oggi, troppo spesso ci si scontra con difficoltà tecniche e metodologiche che inopportunamente rallentano il trasferimento delle conoscenze acquisite nella pratica terapeutica. L’impossibilità di potersi avvalere, sia a livello di nuove conoscenze che di tecnologie avanzate, dei risultati delle scoperte più recenti, è spesso causa di generalizzazioni per le quali vengono accorpate patologie solo apparentemente simili ad una stessa diagnosi, patologie che invece si possono diversificare magari nella risposta ai trattamenti terapeutici. La conoscenza “dell’identikit” di uno stato patologico consente una migliore definizione della diagnosi ed apre la possibilità a predisporre trattamenti farmacologici mirati e personalizzati, migliorandone l’efficacia e riducendone gli effetti collaterali. Poter diagnosticare precocemente uno stato patologico e poter individuare la terapia migliore per il trattamento terapeutico non può che ripercuotersi positivamente nell’ambito socio- sanitario ed economico regionale e nazionale.
L’aumento delle conoscenze sull’eziopatogenesi delle malattie umane, fortemente accelerato dall’isolamento di centinaia di geni-malattia del Progetto Genoma Umano, ha incrementato in modo significativo la richiesta di test genetici per la diagnosi, la
prevenzione, l’individuazione dei soggetti con maggiore suscettibilità a sviluppare malattie genetiche acquisite come le malattie oncologiche. In altre parole il completamento del progetto Genoma Xxxxx ha incoraggiato ad indagare non solo patologie rare o monogeniche ma anche patologie complesse o multifattoriali come quelle oncologiche. Tuttavia, se da una parte l’ingente varietà di indagini genetiche che si sono rese disponibili e che, con l’avvio dell’era post-genomica, aumenteranno esponenzialmente, dall’altra la relativa lentezza con la quale i risultati della ricerca sono trasferiti alla pratica clinica, concorrono ad accentuare il divario tra la domanda e l’offerta, e cioè tra ciò che è teoricamente possibile attuare e ciò che è disponibile per l’utente.
Le conoscenze acquisite con il completamento del progetto Genoma Umano hanno inoltre dato un forte impulso allo sviluppo della farmacogenomica anche se le ricadute applicative, cioè progettazione e realizzazione di farmaci più specifici, efficaci e con meno effetti collaterali, presumibilmente potranno essere disponibili in tempi non proprio brevi. Sempre in riferimento alla terapia, invece, di più immediata applicazione è la farmacogenetica dove le conoscenze relative ai polimorfismi genici offrono la possibilità di discriminare tra pazienti che rispondono in modo differente allo stesso trattamento terapeutico orientando il medico nella scelta di farmaci o dosaggi più appropriati a seconda del genotipo del paziente. Nel settore diagnostico/prognostico la possibilità di disporre di tecnologie avanzate come il DNA microarray ha aperto la strada a nuove strategie di indagine diagnostico/prognostico in quanto l’analisi del profilo di espressione genica su vasta scala permette di individuare variazioni di molteplici geni e rende possibile la classificazione a livello molecolare di differenti stati patologici.
Obiettivo della ricerca
L’obiettivo primario di questo progetto consiste pertanto nell’identificazione di nuovi marker molecolari utili nella prognosi e nella scelta terapeutica in ambito oncologico tramite:
a) l’analisi di espressione genica su larga scala (tecnologia del DNA microarray) in tumori solidi come ad es. i tumori sporadici del colon retto e/o gastrici;
b) l’analisi di polimorfismi implicati nella risposta farmacologica e/o tossicità di specifici chemioterapici.
Risultati attesi
a) Identificazione di profili di espressione genica correlati a differenti stadi oncologici (es. metastatici o non-metastatici, TMN, ecc.) e loro validazione in casi indipendenti;
b) validazione ed applicazione clinica di polimorfismi genetici di valore farmacogenetico in ambito chemioterapico.
Va a tale proposito menzionato che il gruppo di ricerca ha al suo interno ricercatori e tecnici specializzati nel fornire prodotti e servizi innovativi nello sviluppo di farmaci e
diagnostici ad aziende farmaceutiche ed altre aziende operanti nel settore della sanità, all’interno del gruppo è anche presente un laboratorio che dispone di un’autorizzazione della Regione Veneto per la conduzione di analisi di genetica medica, certificato UNI/EN/ISO 9001:2000 e partecipa attivamente ai ring test europei per verificare la qualità delle analisi genetiche effettuate. Con la realizzazione del presente progetto il gruppo di lavoro si prefigge di:
1. implementare l’analisi di espressione genica su ampia scala (DNA- microarray) in patologie oncologiche (es. carcinoma colon-rettale sporadico e/o gastrico) e definire profili di espressione in relazione alla tassonomia, diagnosi e prognosi;
2. implementare lo studio dei polimorfismi e delle alterazioni molecolari di geni coinvolti nella determinazione della risposta al trattamento chemioterapico (es. nel trattamento del carcinoma colon-retto e/o gastrico) sia in termini di efficacia che di tollerabilità.
Implementazione Analisi di Espressione Genica
(es. carcinoma colon-rettale sporadico e/o gastrico)
Implementazione Analisi Polimorfismi
Allestimento metodologie analitiche e Validazione metodologie
Identificazione panel di geni con valore prognostico
Identificazione polimorfismi applicabili nella pratica clinica
Copertura finanziaria degli interventi
Nella tabella che segue viene riportata la copertura finanziarie dei singoli interventi