Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012
Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012
Adeguamento e linee applicative degli accordi ex articolo 34, comma 2, e 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni e integrazioni.
Commento
Premessa
Le numerose criticità interpretative evidenziate successivamente alla conclusione degli accordi del 21 dicembre 2011 in tema di formazione hanno reso necessario un apposito intervento esplicativo. In prima battuta, era stata ipotizzata una circolare ministeriale condivisa con le Regioni, ma successivamente, in considerazione della competenza costituzionale riservata alle stesse in questa materia e l’incidenza delle interpretazioni anche sull’attività di vigilanza, è stato scelto – come accadde a suo tempo anche per la formazione degli RSPP – lo strumento dell’accordo.
Il documento non risolve tutte le perplessità da più parti avanzate né modifica i contenuti degli accordi del 21 dicembre 0000, xx xx offre sicuramente una utile chiave di lettura.
Entrata in vigore degli accordi
A differenza di quanto proposto in prima battuta dal Ministero, nell’accordo (correttamente) si esclude che lo stesso abbia valenza normativa e che si applichi, quindi, la regola del codice civile secondo cui (art. 10) “le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto (Cost. 73, 3° comma)”.
Dunque, ciò che vale è solamente la data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta l’11 gennaio 2012 (nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 8): ad essa deve farsi riferimento tutte le volte che gli accordi stabiliscono termini e decorrenze, a prescindere dal fatto che gli accordi facciano riferimento alla pubblicazione o alla entrata in vigore.
Efficacia degli accordi
Il provvedimento precisa, opportunamente, che gli accordi integrano le rispettive disposizioni di legge, individuando le caratteristiche essenziali e le modalità di svolgimento delle attività formative, i cui principi sono contenuti agli articoli 34 e 37 del D.lgs n. 81/2008. L’affermazione consente di orientare l’interprete nell’individuazione di contenuti e modalità dell’obbligo formativo e di evidenziare che l’inosservanza dei contenuti degli accordi produce conseguenze penali, in quanto la normativa di riferimento (artt. 34, comma 2 e 37, commi 1 e 2 del D.lgs n. 81/2008) è penalmente sanzionata.
Ambito soggettivo
Quanto alla platea dei destinatari, l’accordo evidenzia alcuni aspetti di rilievo.
Si precisa, innanzitutto, che gli accordi non si applicano nei confronti dei soggetti previsti dall’art. 21 del D.Lgs n. 81/2008 (componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, lavoratori autonomi che compiono imprese e servizi ai sensi dell’art. 2222 del codice civile, coltivatori diretti del fondo, soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, artigiani e piccoli commercianti) per i quali
la formazione resta facoltativa, salvi gli obblighi previsti da norme speciali (es. DPR n. 177/2011, sui lavori nei cd ambienti confinati).
Analogamente, gli accordi non sono applicabili (in via obbligatoria) ai dirigenti e preposti. Per questi soggetti, la legge (art. 37, comma 7, D.Lgs n. 81/2008) conferma l’obbligo di erogare una formazione “adeguata e specifica” rispetto al ruolo svolto in azienda (secondo le definizioni e gli obblighi previsti dal D.Lgs n. 81/2008). In favore del datore di lavoro resta tuttavia ferma la “presunzione semplice” dell’avvenuto rispetto della legge in caso di applicazione degli accordi.
Ciò vuol dire che il datore di lavoro potrà anche decidere di erogare a questi soggetti la formazione senza seguire contenuti e modalità degli accordi del 21 dicembre 2011, ma dovrà provarne la coerenza con i concetti di “adeguatezza” e “specificità” previsti dalla legge.
È evidente, quindi, l’opportunità di conformarsi ai contenuti degli accordi per fruire della presunzione di rispondenza della formazione ai requisiti di legge.
Ambito oggettivo
La formazione cd speciale
Alcuni passaggi degli accordi avevano ingenerato confusione in ordine ai contenuti della formazione. Da un lato, infatti, si affermava che la formazione di cui all’accordo era “distinta rispetto a quella prevista dai titoli successivi al I del D.Lgs n. 81/2008 o da altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari”; dall’altro, subito dopo, che lo svolgimento di operazioni o l’utilizzo di attrezzature per cui il D.Lgs n.81/2008 preveda percorsi formativi ulteriori, specifici e mirati, “questi andranno ad integrare la formazione oggetto del presente accordo”; ancora, si affermava che “i rischi specifici di cui ai titoli del D.Lgs n. 81/2008 successivi al I costituiscono oggetto della formazione”.
L’accordo del 25 luglio interviene con alcune precisazioni in merito. In primo luogo, si chiarisce un principio, di ordine generale: “la formazione regolamentata esaurisce l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro, a meno che il medesimo non sia tenuto – in base a una normativa differente rispetto a quella di cui all’articolo 37 del “testo unico” di salute e sicurezza sul lavoro – a corsi regolamentati da disposizioni aventi le caratteristiche delle norme speciali (sempre rispetto a quelle di cui all’articolo 37, citato), contenute nei Titoli del d.lgs. n. 81/2008 successivi al Titolo I o in altre norme di legge, e che oltre a prevedere una formazione integrativa in merito a rischi specifici individuino in modo dettagliato percorsi formativi con molteplici contenuti, diretti a esigenze ben definite e particolari di tutela, che richiedono corsi ad hoc”.
La formazione che esaurisce l’obbligo è, dunque, quella disciplinata dagli artt. 34 e 37 e dagli accordi del 21 dicembre 2011 (nella distinzione tra parte generale e parte specifica). A questa si aggiunge, in quanto “speciale”, quella prevista da norme (D.Lgs n. 81/2008 o altre norme) che prevedono una formazione integrativa in merito a rischi specifici e individuano in modo dettagliato percorsi formativi con molteplici contenuti, diretti a esigenze ben definite e particolari di tutela, che richiedono corsi ad hoc.
Il criterio distintivo tra la formazione prevista nei titoli successivi al I° (disciplinata negli accordi) e quella “speciale” va, dunque, ricondotto all’esistenza di un percorso formativo dettagliato, mirato ad esigenze ben definite e particolari di tutela, del quale la legge individua in modo puntuale e peculiare le caratteristiche, in termini di durata, contenuti, etc.
In via esemplificativa, deve ritenersi speciale (e, quindi, aggiuntiva) la formazione in tema di attrezzature di cui all’art. 73 del D.Lgs n. 81/2008 (la cui disciplina di dettaglio è contenuta nell’accordo stato-regioni del 22 febbraio 2012); lo stesso dicasi per la formazione in tema di montaggio e smontaggio dei ponteggi (art. 163, comma 6, D.Lgs n. 81/2008) e per quella in tema di amianto (art. 258 D.Lgs n. 81/2008). Viceversa, sempre
a titolo esemplificativo, non è ritenuta speciale quella normativa che genericamente fa riferimento ad una formazione “adeguata” o locuzioni simili (es. artt. 169 e 177 D.Lgs n. 81/2008): in questi casi si tratta della formazione “specifica”, disciplinata dagli accordi del 21 dicembre 2011.
La formazione cd sostitutiva
Su espressa richiesta di Confindustria, per evitare inutili ed onerose sovrapposizioni, l’accordo attribuisce efficacia “sostitutiva” rispetto alla formazione prevista negli accordi del 21 dicembre 2011 a quei percorsi formativi che, per numero di ore, contenuti e argomenti, oltre che per modalità di aggiornamento, sono equivalenti o superiori a quelli disciplinati negli accordi del 21 dicembre stessi.
Questi corsi, quindi, costituiscono credito formativo ai fini del rispetto dell’obbligo di legge: con essi, il datore di lavoro adempie validamente all’obbligo formativo e non dovrà applicare anche le previsioni degli accordi del 2011.
Molto importante evidenziare che questa formazione “sostitutiva” costituisce credito formativo a prescindere dal momento in cui è stata erogata (prima o dopo la pubblicazione degli accordi).
A questo proposito, l’accordo esemplifica due ipotesi di percorsi formativi “sostitutivi”: quelli contenuti nel DM 16 marzo 1998 (cd Direttiva Seveso) e nel DM 16 ottobre 2009 (conducenti autoveicoli statali adibiti al trasporto di merci o passeggeri).
Addestramento
Si conferma che gli accordi del 21 dicembre 2011 non disciplinano l’addestramento (da intendersi quale complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro), che resta assoggettato alla disciplina generale (art. 37, comma 5) e specifica (es. art. 77, comma 5, sull’uso dei DPI di terza categoria).
Erogazione e ripetizione della formazione
Si evidenzia che gli accordi, integrando la legge, non modificano le disposizioni che disciplinano i momenti in cui la formazione deve essere erogata (art. 37, comma 4) e ripetuta (art. 37, comma 6).
Rilevanza della valutazione dei rischi
… in generale
Con una ulteriore precisazione di portata fondamentale, anche per l’interpretazione della complessiva disciplina della formazione in materia di salute e sicurezza, l’accordo ribadisce che il percorso formativo va integrato “tenendo conto di quanto emerso dalla valutazione dei rischi o nei casi previsti dalla legge (si pensi all’introduzione di nuove procedure di lavoro o nuove attrezzature)”.
Questa affermazione va letta in duplice senso: da un lato, in ogni caso, il percorso formativo minimo deve essere “progettato e realizzato tenendo conto delle risultanze della valutazione dei rischi”; dall’altro, lo stesso percorso può essere ampliato (per contenuti e durata) in base alla natura e all’entità dei rischi presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore necessario.
Si tratta di un’affermazione coerente anche con l’individuazione del RSPP come possibile soggetto formatore. Vale la pena ricordare che il servizio di prevenzione e protezione provvede anche all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la
sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale e a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori (art. 33, D.Lgs n. 81/2008).
… con riferimento alla codificazione ATECO
Sempre con riferimento all’ambito oggettivo, occorre evidenziare le puntualizzazioni in ordine alla previsione dell’accordo del 2011 secondo cui i lavoratori di aziende, a prescindere dal settore di appartenenza, che non svolgano mansioni che comportino la loro presenza, anche saltuaria, nei reparti produttivi, possono frequentare i corsi individuati per il rischio basso.
Premesso che i percorsi formativi sono elaborati sulla base della classificazione ATECO delle aziende, il provvedimento afferma il principio generale secondo cui la classificazione dei lavoratori, nei soli casi in cui esistano in azienda soggetti non esposti a medesime condizioni di rischio, può essere fatta anche tenendo conto delle attività concretamente svolte dai soggetti medesimi, avendo a riferimento quanto nella valutazione dei rischi.
La valutazione del rischio, quindi, incide in modo rilevante anche al fine di individuare concretamente il percorso formativo, tanto da superare la stessa classificazione ATECO, laddove dalla valutazione emerga la presenza di un rischio maggiore o minore rispetto all’astratta codifica dell’attività.
In coerenza con il principio di effettività - che permea l’intera disciplina della sicurezza sul lavoro – il percorso formativo dovrà essere modellato anche secondo quanto indicato nella valutazione dei rischi: il datore di lavoro di un’azienda classificata nel rischio “alto” secondo la codificazione ATECO, quindi, potrà erogare una formazione coerente con i differenti percorsi del rischio “medio” o “basso” per quei lavoratori che sono esposti solamente a rischi che rientrano in queste differenti classificazioni.
Viceversa, il datore di lavoro di un’azienda classificata nel rischio “basso”, laddove la valutazione dei rischi evidenzi settori a rischio “medio” o “alto”, limitatamente a questi settori, dovrà erogare un percorso formativo coerente con questo livello di rischio.
Questo consente di rendere coerente la formazione con il rischio effettivamente presente in azienda, evitando inutili generalizzazioni che risultano improprie ed inutilmente onerose.
La somministrazione
Altra precisazione riguarda la disciplina della formazione riferita a lavoratori che sono parte di un contratto di somministrazione.
L’accordo conferma opportunamente la ripartizione legale degli obblighi di sicurezza tra somministratore e utilizzatore (prevista dall’art. 3, comma 5 del D.Lgs n. 81/2008 e dell’art. 23, comma 5 del D.Lgs n. 276/2003).
Precisa, poi, che le parti possono distribuire differentemente gli obblighi in tema di formazione, ponendo quella generale a carico del somministratore e quella speciale a carico dell’utilizzatore.
Prevenzione incendi ed emergenze
Il provvedimento ricorda che il percorso formativo delineato dagli accordi del 2011 non riguarda la formazione necessaria per svolgere i compiti relativi all’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, e di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza, che sono regolati da differenti disposizioni di legge (artt. 37, comma 9, 45, comma 2, e 46, comma 3, lettera b), e comma 4 D.Lgs n. 81/2008).
Collaborazione degli organismi paritetici alla formazione
Altro tema che ha generato notevoli perplessità è il richiamo dell’accordo del 2011 alla collaborazione con gli organismi paritetici, prevista dal comma 12 dell’art. 37 del D.Lgs n. 81/2008.
Secondo la disposizione di legge, la formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
Non si tratta di una novità, ma di una previsione che conferma quanto già previsto dall’art. 21 del D.Lgs n. 626/1994.
Gli organismi paritetici (secondo la definizione del D.lgs n. 81/2008) sono costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazione di attività formative e l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.
Il datore di lavoro che ne richieda la collaborazione, quindi, deve verificare la presenza dei caratteri di legge, in particolare che siano costituiti dalle associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro “comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e che operino nel settore e nel territorio di competenza (articolo 37, comma 12, D.lgs n. 81/2008).
L’individuazione di quali siano gli organismi legittimati va dunque condotta – secondo l’accordo – accertando la c.d. “rappresentatività comparativa” che, ai fini che ci interessano, viene ritenuta presente laddove gli organismi siano “costituiti nell’ambito di associazioni datoriali o sindacali cui aderiscano organizzazioni datoriali o sindacali – nazionali, territoriali o di settore – firmatarie di un contratto collettivo nazionale di lavoro”.
Ricordando che, per legge, gli organismi paritetici sono costituiti al livello territoriale (art. 51, comma 1 D.Lgs n. 81/2008) e che sono fatti salvi quelli di categoria (art. 51, comma 4), la disposizione consente di ritenere valida la collaborazione richiesta a tutti gli organismi paritetici (territoriali e di settore) costituiti tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL.
L’affermazione dell’accordo secondo cui la richiesta in parola può essere avanzata anche ad uno solo (ove ve ne siano diversi) degli organismi paritetici in possesso dei requisiti sin qui richiamati consente di risolvere anche la questione della compresenza di più organismi nel territorio di riferimento.
Ancora su quest’ultimo aspetto, l’accordo precisa che il livello di riferimento rispetto alla sede dell’azienda è quello provinciale o, in mancanza, quello regionale: resta facoltativo rivolgersi, in mancanza di organismi regionali, ad istanze di portata nazionale.
Per semplificare l’adempimento, Confindustria ha chiesto ed ottenuto che le imprese che hanno più sedi in differenti contesti territoriali possano, a propria discrezione, individuare l’organismo di riferimento al quale fare l’unica richiesta di collaborazione in quello presente nel territorio della propria sede legale.
Molto importanti anche i riferimenti al concetto di collaborazione ed alle modalità in cui questa si estrinseca.
L’accordo premette che la normativa non impone al datore di lavoro di effettuare la formazione necessariamente con gli organismi paritetici quanto, piuttosto, di mettere i medesimi a conoscenza della
volontà di svolgere una attività formativa, ciò in modo che essi possano, se del caso, svolgere efficacemente la funzione che il D.lgs n.81/2008 attribuisce loro, attraverso proprie proposte al riguardo.
Conseguentemente, la richiesta di collaborazione può essere avanzata in qualunque modo idoneo allo scopo (ad esempio, anche con semplice comunicazione per posta elettronica) purché contenga indicazioni sufficienti a consentire all’organismo paritetico di comprendere il tipo di intervento formativo di riferimento e, quindi, di essere in condizione di supportare il datore di lavoro.
L’accordo specifica, poi, che “della risposta dell’organismo paritetico il datore di lavoro tiene conto, senza che, tuttavia, ciò significhi che la formazione debba essere svolta necessariamente con l’organismo paritetico, qualora la risposta di quest’ultimo comprenda una proposta di svolgimento presso l’organismo della attività di formazione né che le indicazioni degli organismi paritetici debbano essere obbligatoriamente seguite nella realizzazione dell’attività formativa”.
Con questo approccio, Stato e Regioni hanno evidentemente inteso assumere una posizione forte e precisa: la responsabilità inerente l’obbligo formativo è e resta in capo al datore di lavoro, il quale è vincolato al rispetto della normativa e degli accordi. La collaborazione con l’organismo paritetico non può, quindi, incidere, né nel metodo né nel merito, sul dovere del datore di lavoro di organizzare ed erogare una formazione conforme alla legge.
L’accordo esclude, quindi, complicazioni di tipo procedurale (orientando il coinvolgimento verso modalità il più semplici possibili) e sostanziale (non assegnando alcuna portata vincolante alle indicazioni degli organismi paritetici).
4) Formazione in modalità e-learning
Il provvedimento ripercorre il contenuto degli accordi del 21 dicembre 2011, introducendo alcuni elementi di chiarezza.
Due di questi assumono un particolare rilievo.
In merito al tutor, si specifica che la previsione inerente la garanzia un esperto (tutor o docente) a disposizione per la gestione del percorso formativo non significa la necessità di una costante presenza del tutor quanto, piuttosto, la sua disponibilità ad intervenire, con modalità e tempi predefiniti.
Quanto alla verifica finale, si precisa che la stessa deve avvenire in presenza fisica e non telematica, procedura espressamente consentita solo per le verifiche intermedie.
Confindustria ha da sempre chiesto con forza l’estensione delle ipotesi di ricorso alla modalità e-learning e la necessità di effettuare anche la verifica finale in presenza telematica, ritenendo incoerente ed impropria la conclusione necessaria con una prova in presenza fisica.
Le Regioni, se, da un lato, hanno accolto l’estensione del ricorso all’e-learning, dall’altro, non hanno condiviso l’ipotesi della verifica finale in presenza telematica, così riducendo notevolmente, sul piano organizzativo, le opportunità di ricorso allo strumento.
È stata, invece, accolta la nostra richiesta che, almeno, la verifica in presenza “fisica” possa svolgersi attraverso lo strumento della videoconferenza, limitando – in qualche modo – l’onere organizzativo.
Disciplina transitoria
Uno degli aspetti maggiormente dibattuti riguarda la disciplina transitoria degli accordi.
1. Xxxxx già organizzati ed approvati alla data dell’11 gennaio 2012
I corsi che le imprese intendono completare, in quanto già concretamente programmati alla data dell’11 gennaio 2012, devono essere stati “formalmente e documentalmente” approvati prima di tale data.
Secondo l’accordo, questa indicazione va intesa nel senso che deve esistere una documentazione (quale, ad esempio, una richiesta di finanziamento o di riconoscimento avanzata per un determinato corso, un bando, un programma puntuale di attività che risulti da un accordo collettivo o, ancora, un verbale di riunione periodica) che dimostri che, a quella data, i corsi erano già stati progettati e pianificati.
La documentazione non richiede la data certa: sarà onere dell’impresa dimostrare con ogni mezzo idoneo che tali corsi erano in una fase molto avanzata di pianificazione e realizzazione, alla quale debba seguire solo l’erogazione dei corsi.
La deroga rispetto al sistema di formazione delineato dagli accordi del 2011 mira ad evitare penalizzazioni per chi su tale progettazione e pianificazione ha investito risorse, magari in condivisione con le parti sociali e/o le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza.
Gli organi di vigilanza sono chiamati a prestare una particolare attenzione nel distinguere questa deroga – sollecitata da Confindustria – da azioni che, invece, abbiano il solo fine di aggirare il nuovo sistema: si raccomanda, quindi, di valutare adeguatamente la ricorrenza dei presupposti di prova sopra indicati al fine di evitare contestazioni.
2. Formazione di dirigenti e preposti secondo i contenuti degli accordi
La formazione di dirigenti e preposti è stata genericamente introdotta dall’art. 37, comma 7 del D.lgs n. 81/2008. La “novità” ha quindi indotto Stato e Regioni a distinguere l’approccio rispetto a quello relativo alla formazione dei lavoratori (per la quale, in mancanza di formazione pregressa, non è concesso alcun termine dilatorio) e a prevedere un termine finale entro il quale terminare la formazione.
L’accordo precisa, a questo proposito, che è possibile avviare alla formazione - secondo contenuti e modalità previste negli accordi - dirigenti e preposti che non abbiano la possibilità di provare una adeguata formazione pregressa in modo che i relativi corsi si concludano entro e non oltre 18 mesi dall’11 gennaio 2012.
Riguardo alla formazione dei dirigenti, l’accordo non offre particolari interpretazioni, mentre per i preposti che abbiano ricevuto, in precedenza, la sola formazione come lavoratori secondo le regole previgenti, si precisa che gli stessi dovranno integrare solamente la parte “specifica” propria del preposto entro 18 mesi. Si corregge, quindi, l’errore contenuto nel punto 11, lettera a) dell’accordo del 21 dicembre 2011, che faceva riferimento al differente termine di 12 mesi.
3. Il personale (dirigenti e preposti) di nuova assunzione
L’accordo, innanzitutto, precisa che per “personale di nuova assunzione” si intende non solamente quello assunto ex novo, ma anche quello già in forza alla azienda al quale vengano attribuiti compiti di dirigente o preposto successivamente all’11 gennaio 2012.
Questi soggetti dovranno essere avviati ai corsi di formazione anteriormente o contestualmente all’assunzione o alla adibizione ai compiti di dirigente o preposto. In tal caso, occorre avere completato il prescritto percorso formativo prima dell’inizio dell’attività richiesta in azienda al dirigente o al preposto. Quest’ultima precisazione differisce leggermente da quanto previsto nell’accordo del 21 dicembre 2011, dove si faceva riferimento ad un momento antecedente o contemporaneo “l’assunzione”.
Il nuovo riferimento (all’adibizione alle mansioni proprie della qualifica e non all’assunzione) sembra consentire di individuare un lasso di tempo utile tra il momento dell’assunzione e l’effettivo inizio dell’attività lavorativa per inserire l’intervento formativo.
Resta fermo che, ove risulti impossibile completare la formazione prima dell’adibizione del dirigente o del preposto alle proprie attività, il percorso formativo deve essere completato entro e non oltre 60 giorni dall’inizio della attività lavorativa. Spetterà al datore di lavoro evidenziare adeguatamente le ragioni di questa scelta.
Il recente accordo riferisce questo regime transitorio solo a dirigenti e preposti; sembra, invece, che lo stesso possa ritenersi riferito anche ai lavoratori, in quanto questi sono espressamente richiamati sul punto dall’accordo del 21 dicembre 2011.
La formazione pregressa
Gli accordi del 21 dicembre non possono che regolare la disciplina della formazione per il futuro e non possono, quindi, prevedere che i nuovi percorsi debbano essere ripetuti dalle aziende che abbiano già pienamente rispettato le previgenti disposizioni in materia.
Questa precisazione consente di chiarire che gli accordi non pongono nel nulla la formazione erogata in precedenza e non introducono alcun obbligo di ripetere l’intervento formativo: al contrario, invitano ad analizzare attentamente i percorsi già erogati e raccogliere la relativa documentazione, al fine di giustificare la necessità del solo aggiornamento quinquennale.
La formazione pregressa dei preposti
L’accordo – su espressa richiesta di Confindustria - risolve anche un’altra questione interpretativa particolarmente discussa: il riconoscimento o meno della formazione pregressa per i preposti, che sembrava escluso dall’accordo del 21 dicembre 2011, laddove al punto 11 a) faceva salvi solamente i corsi di formazione di cui al punto 4 (che riguarda solamente la formazione dei lavoratori) e non anche quelli del punto 5 (che riguarda l’integrazione per i preposti).
Il provvedimento del 25 luglio offre una soluzione positiva, precisando che la previsione del punto 11 dell’accordo del 2011 “disciplina il “riconoscimento della formazione pregressa” puntualizzando che per lavoratori e preposti già formati alla data dell’11 gennaio 2012 non occorre ripetere la formazione”.
Questo aspetto viene confermato anche al punto successivo dell’accordo, quando si attribuisce al datore di lavoro l’onere di dimostrare la pregressa formazione di lavoratori, preposti e dirigenti.
Carenza di adeguata documentazione probatoria della formazione pregressa
Nell’impossibilità di dimostrare (con qualsiasi mezzo di prova) la formazione pregressa, i lavoratori dovranno essere immediatamente avviati a formazione (senza alcun termine di dilazione), mentre i dirigenti e preposti avranno 18 mesi per completare la formazione stessa. In entrambi i casi, evidentemente, secondo le nuove regole.
L’accordo precisa, a questo proposito, che per consentire a lavoratori, preposti, dirigenti di poter usufruire dei crediti formativi (ossia del riconoscimento della formazione pregressa), è opportuno che il datore di lavoro rilasci loro copia dell’attestato relativo alla formazione effettuata.
La formazione: i docenti
Con riferimento ai requisiti dei docenti (fintanto che non saranno operativi i criteri di formazione del formatore, già elaborati dalla Commissione consultiva permanente), l’accordo del 21 dicembre 2011 fa riferimento ad un’esperienza almeno triennale professionale o di insegnamento.
Una lettura riduttiva, che collocasse questo lasso temporale nel triennio immediatamente precedente la pubblicazione degli accordi, precluderebbe il riconoscimento del requisito quei docenti che, pur avendo esercitato questa attività continuativamente e da lungo tempo, per un qualche motivo (es. gravidanza, infortunio, etc.) abbiano temporaneamente interrotto l’attività proprio nel corso dell’ultimo triennio.
Su richiesta di Confindustria, ed in ragione dell’importanza delle innovazioni legislative introdotte nel periodo successivo al 2008, l’accordo (e, in particolare, le Regioni) propongono agli organi di vigilanza di considerare sicuramente soddisfatto il requisito richiesto dall’accordo avendo riguardo allo svolgimento continuativo delle funzioni di insegnamento e/o professionali per almeno tre anni nel quinquennio anteriore alla data di pubblicazione dell’accordo.
Aggiornamento
L’accordo – dopo aver opportunamente ribadito la differenza tra aggiornamento e ripetizione della formazione – precisa i termini di scadenza dell’arco temporale (quinquennio) entro il quale effettuare l’aggiornamento:
- soggetti formati entro il quinquennio precedente la data di pubblicazione degli accordi : 11 gennaio 2017
- soggetti formati successivamente all’11 gennaio 2012: entro 5 anni dall’effettivo completamento del rispettivo percorso formativo
- lavoratori e preposti formati da oltre 5 anni rispetto alla data dell’11 gennaio 2012: 11 gennaio 2013.
Un’ulteriore criticità interpretativa era relativa alle modalità di svolgimento dell’aggiornamento e, in particolare, alla possibilità di svolgere questa attività anche tramite seminari o convegni.
Confindustria, in considerazione della notevole attività svolta dal sistema in questa materia, ha chiesto di confermare la possibilità di computare nelle ore di aggiornamento quelle svolte in occasione di seminari e convegni dedicati alla sicurezza.
Le Regioni hanno espresso dapprima un sostanziale diniego. Successivamente, hanno accolto una soluzione intermedia e l’hanno formalizzata nell’accordo, nel senso che un terzo del percorso di aggiornamento (2 ore) può essere svolto mediante la partecipazione a seminari e convegni i cui contenuti siano coerenti con quelli previsti dagli accordi del 21 dicembre 2011 (rispettivamente, per i datori di lavoro, punto 7 e, per dirigenti, preposti e lavoratori, punto 9).
In questo caso, occorre predisporre un sistema di verifica finale dell’apprendimento.
Il resto del percorso di aggiornamento, sottolinea l’accordo, dovrà comunque essere svolto nel rispetto delle regole (quali, ad esempio, quelle relative al numero massimo dei partecipanti) di cui agli accordi.
Questa opportuna precisazione conferma che le modalità di svolgimento dell’aggiornamento non sono analoghe a quelle della formazione, almeno per quanto riguarda le due ore di aggiornamento attraverso
seminari e convegni. Questo esclude l’obbligo di rispettare, ad esempio, il limite numerico delle 35 unità nella composizione dell’aula, proprio delle modalità organizzative della formazione.
In merito all’aggiornamento dei preposti, era sorto il dubbio che l’aggiornamento si aggiungesse alle 6 ore previste per i lavoratori: l’accordo precisa, invece, che l’aggiornamento di 6 ore dei preposti è comprensivo anche di quello dei lavoratori.