Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture
Documento di consultazione
“Linee guida sulle operazioni di leasing finanziario e sul contratto di disponibilità”
Bozza
Sommario
1
2. Il ricorso al leasing immobiliare in costruendo
2
2.1. La qualificazione del contratto ai sensi del Codice
5
6
2.3. I soggetti a cui può essere affidato il contratto
9
2.3.1. Il raggruppamento temporaneo di imprese
10
12
2.4. La valutazione delle offerte
15
2.5. La scelta degli elementi di valutazione economica
17
2.6. L’allocazione dei rischi ed il controllo da parte della stazione appaltante
20
2.6.1. Il rischio di progettazione
21
2.6.2. Il rischio di costruzione e di disponibilità
22
2.7. La disponibilità delle aree
23
3. Il leasing immobiliare costruito
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25
5. Il contratto di disponibilità
29
5.1. Il canone di disponibilità
33
5.1.1. Il contributo in corso d’opera e l’eventuale trasferimento finale
35
0.0.0.Xx riduzione del canone e soglia di risoluzione del contratto
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5.2. Aspetti critici del contratto di disponibilità e differenze con il leasing in costruendo
40
1. Premessa
Il presente documento riassume le principali questioni connesse alla strutturazione delle operazioni di cd. leasing pubblico mobiliare ed immobiliare, alla luce delle regole dettate dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (nel seguito, Codice) e dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (nel seguito, Regolamento). Viene, altresì, analizzato il cd. contratto di disponibilità, recentemente introdotto nel Codice all’art. 160-ter dall’art. 44, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, come modificato dalla l. 24 marzo 2012, n. 27 e, successivamente, dal d.l.
22 giugno 2012, n. 83 (convertito dalla l. 7 agosto 2012, n. 134).
Le operazioni di leasing1, mobiliare od immobiliare, poste in essere da stazioni appaltanti vanno inquadrate alla luce delle definizioni e delle regole dettate dal Codice, al fine di pervenire ad una corretta strutturazione del contratto sia con riguardo alla fase di affidamento che a quella di esecuzione. Una chiara indicazione normativa circa la qualificazione della fattispecie contrattuale è rinvenibile con riguardo al leasing immobiliare in costruendo, che trova una propria compiuta definizione nell’art. 3, comma 15-bis, secondo cui, nel caso di realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, la locazione finanziaria è il “contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori”; viene, altresì, puntualizzato che la locazione finanziaria rientra nel novero dei «contratti di partenariato pubblico privato» (art. 3, comma 15-ter), ai quali si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat; l’art. 160-bis, rubricato “locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità”, infine, soggiunge che il contratto di locazione finanziaria costituisce «appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo».
Manca invece, nel Codice, una puntuale definizione della fattispecie relativa al leasing mobiliare, con riguardo al quale, quindi, la qualificazione deve essere operata facendo diretta applicazione delle regole generali previste dall’art. 14 sui contratti misti.
Nell’ambito del leasing immobiliare, poi, è necessario considerare le peculiarità del c.d. leasing immobiliare costruito, in cui l’operazione finanziaria è finalizzata non alla realizzazione o al completamento di un’opera pubblica o di pubblica utilità ma all’acquisizione di un immobile esistente. Tra gli istituti diretti all’acquisizione e all’utilizzo di opere per finalità pubbliche rientra, altresì, il contratto di disponibilità, disciplinato dall’art. 160-ter del Codice, mediante il quale sono affidate, a rischio ed a spesa dell'affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell'amministrazione
1 Secondo la definizione rinvenibile all’art. 17, comma 2, della l. 2 maggio 1976, n. 183 (“Disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-80”), per operazioni di locazione finanziaria si intendono «le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà per quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito».
aggiudicatrice di un'opera di proprietà privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo.
Il documento pone maggiore attenzione al leasing in costruendo, uno strumento relativamente nuovo che presenta diverse problematiche di carattere applicativo e il cui utilizzo da parte delle stazioni appaltanti è in continua crescita. Su questa tipologia contrattuale, il documento contiene una serie di possibili indicazioni operative al fine di facilitarne la concreta applicazione da parte delle stazioni appaltanti.
Con riferimento al leasing costruito e al leasing mobiliare, è stato effettuato un inquadramento normativo, al fine di individuare eventuali criticità o problematiche. Quanto al contratto di disponibilità, considerata la recente introduzione dell’istituto nel sistema degli appalti pubblici e l’esiguo numero di affidamenti, si ritiene, in tale sede, di dover fornire un primo inquadramento e di evidenziare alcuni degli aspetti più rilevanti connessi alla strutturazione del contratto.
All’esito della presente consultazione, l’Autorità, sulla base delle osservazioni pervenute, valuterà l’opportunità di adottare un atto a carattere generale che contenga linee guida interpretative e, successivamente, i bandi-tipo relativi alle operazioni in parola, ai sensi dell’art. 64, comma 4-bis del Codice.
2. Il ricorso al leasing immobiliare in costruendo
Il leasing immobiliare in costruendo si colloca all’interno del leasing traslativo e rappresenta una forma di finanziamento privato delle opere pubbliche2, con la quale un soggetto anticipa i fondi necessari e, al
2 L’ammissibilità del ricorso in via ordinaria alla fattispecie de qua per la pubblica amministrazione costituisce l’approdo di una lunga evoluzione normativa e giurisprudenziale, alla quale il legislatore è pervenuto dopo aver introdotto una serie di disposizioni parzialmente derogatorie del principio di stretta tipicità dei contratti per la realizzazione di opere pubbliche dettato dalla legge Merloni (“i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto e di concessione di lavori pubblici”, art. 19, comma 1, l. 11 febbraio 1994, n. 109). L’Autorità, dopo un iniziale orientamento critico (cfr. determinazione 30 luglio 2002, n. 22), ha dapprima ritenuto che, fermo restando il principio di tassatività delle procedure di cui alla l. n. 109/1994, norme speciali potessero introdurre specifiche deroghe per far fronte a situazioni di necessità ed urgenza (cfr. deliberazione 23 settembre 2004, n. 145), per poi giungere, con la decisione del 13 aprile 2005, ad esprimersi in modo innovativo, qualificando il leasing per la realizzazione di opere pubbliche alla stregua di un contratto misto, con prevalenza della componente dei lavori (cfr. deliberazione del 13 aprile 2005; parere 24 del 31 gennaio 2008). Il finanziamento veniva, quindi, ritenuto una prestazione strumentale alla realizzazione dell’opera, con l’obbligo di costituzione di a.t.i. tra soggetto esecutore e soggetto finanziatore. A seguito del parere dello stesso segno reso dalla Commissione europea (parere motivato C(2006) 2518), il legislatore nazionale ha recepito tale impostazione con l’introduzione di una disciplina che – in termini generali – dava ingresso all’istituto del leasing nella disciplina dei contratti pubblici ad opera della l. 27 dicembre 2006, n. 296, (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria per il 2007; cfr. art. 1, co. 907). La medesima disposizione è stata, poi, inserita nella sistematica del Codice, al citato art. 160-bis, introdotto dal d.lgs. n. 31 luglio 2007, n. 113 (cd. secondo correttivo al Codice).
termine dell’esecuzione, viene ristorato dalla stazione appaltante tramite la corresponsione di canoni periodici (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, 5 maggio 2010, n. 1675).
Con il contratto di leasing immobiliare in costruendo, pertanto, una parte si obbliga a costruire, finanziandone il costo, un bene immobile rispondente ad esigenze funzionali dell’altra, di durata almeno pari a quella di vigenza del contratto, a fronte del versamento di canoni periodici; la controparte assume, altresì, il diritto di riscatto, preordinato ad ottenere la piena proprietà dell’opera alla scadenza del contratto.
Tale modello contrattuale risulta particolarmente indicato per la realizzazione di opere destinate ad erogare servizi di pubblica utilità senza tariffazione all’utenza o con un livello di tariffazione minima che non consente la remunerazione del capitale investito.
Come più volte posto in rilievo dalla giurisprudenza contabile, il leasing immobiliare per la realizzazione di opere pubbliche costituisce un’opportunità di coinvolgimento di capitali privati, a patto che vengano mantenute ferme le caratteristiche essenziali del contratto, che la realizzazione riguardi un’opera suscettibile di proprietà privata e che l’ente pubblico abbia la facoltà di riscattare il bene al termine del contratto.
L’attuale assetto normativo prevede, infatti, una serie di strumenti di partenariato pubblico privato (PPP), che vanno dai contratti di concessione finanziati in project financing, al contratto di disponibilità e al leasing. I primi due sono riconducibili al modello internazionale DBFO (design build, finance and operate); il terzo al modello BLT (build, lease and transfert) tuttavia, indipendentemente dal modello finanziario sottostante, ai fini della riconduzione dell’operazione nell’alveo del PPP è di capitale rilevanza strutturare il contratto in modo da trasferire i rischi di progettazione, costruzione, disponibilità, efficienza energetica e performance complessiva dell’operazione al privato.
Il ricorso al leasing immobiliare, pertanto, richiede una preventiva analisi di costi-benefici e di compatibilità con le norme per il coordinamento della finanza pubblica, atta a soppesarne la complessiva convenienza e la sostenibilità finanziaria sui bilanci futuri, non potendo tale strumento contrattuale essere utilizzato con l’intento di eludere vincoli o limiti da queste ultime derivanti (cfr. ex multis Corte dei conti, sez. Xxxxxx Xxxxxxx, n. 5/2012; sez. Veneto, n. 360/2011). In merito, nella determinazione n. 6 del 26 ottobre 2011, l’Autorità ha puntualizzato che «atteso che secondo il costante orientamento della giurisprudenza contabile il leasing potrebbe rappresentare una forma elusiva del patto di stabilità, la qualificazione della spesa relativa al canone di leasing è rimessa al prudente apprezzamento dell’ente locale ed è strettamente collegata alla verifica se la suddetta operazione rappresenti o meno una forma di indebitamento».
Appare, altresì, utile porre in rilievo quanto stabilito, anche se a proposito dei contratti di servizio, dall’art. 1, comma 111-bis3 della legge 13 dicembre 2010, n. 220, secondo cui «i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle regioni e dagli enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli».
Con specifico riguardo al leasing immobiliare, si rammenta che, affinché l’intervento possa essere qualificato PPP ai fini della contabilità pubblica, è necessario fare riferimento ai criteri contenuti nelle decisioni Eurostat4, cui rinvia l’art. 3, comma 15-ter del Codice.
Come anche rammentato nelle determinazioni dell’Autorità n. 2 del 2010 e n. 6 del 2011, per potersi ritenere che l’intervento realizzato tramite operazioni di leasing immobiliare sia considerabile quale partenariato pubblico-privato, ai fini dell’inserimento nella contabilità pubblica e, in particolare, per non essere incluso nel calcolo del disavanzo e del debito pubblico, rispetto ai tre rischi classificati dall’Eurostat (ossia di costruzione, di domanda e di disponibilità), almeno due - normalmente quelli di costruzione e di domanda/disponibilità negli interventi relativi alla realizzazione di opere pubbliche - devono pienamente sussistere in modo sostanziale e non solo formale a carico del privato (cfr., ad esempio, Corte dei conti, sez. Lombardia, n. 107/2012)5.
Quanto osservato implica una valutazione preliminare di convenienza, da effettuarsi in base ai consueti parametri di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, fra il ricorso al partenariato
3 Comma inserito dall'art. 20, comma 10, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla l. 15 luglio 2011, n. 111.
4 Secondo la determinazione Eurostat in data 11 febbraio 2004, sui partenariati pubblico privati per rischio di costruzione si intende oltre a quello che di regola sopporta l’appaltatore/concessionario in ordine al rispetto dei tempi, dei costi e della qualità pattuiti, anche il fatto che l’esecutore venga pagato subordinatamente alla reale ed effettiva realizzazione dell’opera. Per rischio di domanda si intende il tipico rischio riferito all’utilizzo dell’opera (o del servizio connesso) da parte dell’utenza finale. Per rischio di disponibilità, infine, si intende il fatto che il realizzatore deve mettere a disposizione degli utilizzatori finali l’infrastruttura e il committente corrisponderà un canone destinato a remunerare, oltre alla disponibilità del servizio, anche (in tutto o in parte) il costo di realizzazione dell’opera.
5 La giurisprudenza contabile (cfr., in particolare, Corte dei conti, sezioni riunite in sede di controllo,. n. 49/2011; Corte dei Conti - sez. regionale di controllo per il Piemonte n. 127/2012) ha analizzato in più occasioni i profili inerenti la contabilizzazione delle operazioni di leasing finanziario immobiliare alla luce delle regole di finanza pubblica e delle indicazioni derivanti dalla determinazione Eurostat dell’11 febbraio 2004 (cfr. anche Eurostat, “Manual on Government Deficit and Debt, Implementation of ESA95”). I principali arresti della giurisprudenza contabile possono così sintetizzarsi: a) il leasing finanziario nel quale non ricorrano gli aspetti tipici del partenariato costituisce una forma di indebitamento; b) gli oneri per il leasing immobiliare in costruendo rientrano tra le forme di indebitamento e sono classificabili tra le spese di investimento nei casi in cui l’opera che si costruisce è riconducibile all’elencazione di cui al comma 18 dell’art. 3 della legge 350 del 2003 (che stabilisce nei confronti degli enti locali quali operazioni finanziarie costituiscono indebitamento, agli effetti dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione); c) i canoni di leasing immobiliare in costruendo possono essere considerati come spesa di investimento, laddove sia prevista la facoltà di riscatto e questa venga successivamente esercitata; infatti, di norma, è particolarmente conveniente o addirittura necessario per l’amministrazione, al termine del periodo previsto dal contratto, esercitare il diritto di riscatto; inoltre, anche se solo in tale momento l’opera costruita entra a far parte del patrimonio dell’ente, è possibile considerarne gli effetti finanziari sin dal momento della consegna, che costituisce il momento dal quale la pubblica amministrazione ne trae vantaggio e le spese sostenute, pertanto, vanno preferibilmente contabilizzate secondo i dettami del “metodo finanziario”; d) il canone di leasing è una modalità pattizia per la restituzione di un finanziamento e racchiude in sé una serie di componenti, in quanto è la risultante del costo del bene comprensivo dell’ammortamento, dell’interesse sul capitale investito, dell’utile e delle spese sostenute; la quota inerente agli aspetti finanziari dell’operazione va ad incidere sui limiti di indebitamento; e) la durata del piano di ammortamento dei canoni di leasing non può superare la soglia trentennale, ivi comprese le eventuali operazioni di rifinanziamento o di rinegoziazione ammesse dalla legge e la somma per il riscatto finale del bene non può tradursi in un rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza.
pubblico privato in generale (project financing, leasing, concessione), il leasing in costruendo in particolare ed altre forme di finanziamento; ciò anche ai fini dell’inserimento dell’opera nel programma pluriennale di lavori pubblici di cui all’art. 128 del Codice, nel quale devono essere ritenuti prioritari gli interventi finanziabili con capitale privato maggioritario.
E’ opportuno al riguardo rimarcare che, ai sensi dell’art. 128, comma 66, l’inclusione di un lavoro nell’elenco annuale è subordinata, per i lavori di importo inferiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione almeno di uno studio di fattibilità e, per i lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di euro, alla previa approvazione almeno della progettazione preliminare, redatta ai sensi dell’art. 93, salvo che per i lavori di manutenzione, per i quali è sufficiente l’indicazione degli interventi accompagnata dalla stima sommaria dei costi, nonché per i lavori di cui all’art. 153 per i quali è sufficiente lo studio di fattibilità.
In sede attuativa, pertanto, dovrà essere condotta una verifica tecnica, anche mediante il calcolo del costo finanziario complessivo dell’operazione programmata, che deve essere certo e definito fin dal momento dell’aggiudicazione; detto costo include il canone di leasing, ma anche ogni altro elemento di costo, nonché il corrispettivo per il riscatto finale.
0.0.Xx qualificazione del contratto ai sensi del Codice
L’art. 3, comma 15–bis definisce la locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, cd. locazione immobiliare “in costruendo,” come il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori.
Il successivo art. 160-bis, primo comma, in ossequio alla disciplina sui contratti misti contenuta nell’art. 14, qualifica il suddetto contratto come un appalto di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo.
La mera accessorietà dei lavori rispetto ai servizi appare, peraltro, come un’ipotesi residuale e, escluso il caso della realizzazione ex novo dell’opera, potrebbe astrattamente concernere soltanto il caso del completamento di un’opera già esistente.
Nei casi dubbi, il profilo deve essere valutato in base al criterio funzionale fissato dall’art. 14, comma 3, del Codice: pertanto, vi sarà prevalenza dei servizi se, quand’anche l’importo dei lavori sia superiore al cinquanta per cento, questi ultimi, in base alle specifiche caratteristiche dell’appalto, si presentino come meramente accessori rispetto all’oggetto principale dello stesso.
6 Come modificato prima dal n. 1) della lettera ee) del comma 1 dell’art. 2, d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 e poi dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 52, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, come convertito dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
In merito, si evidenzia che la definizione comunitaria di appalto di lavori – la quale include l’esecuzione con qualsiasi mezzo di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice (art. 1, comma 2, lett. b) direttiva 2004/18/CE) - è prevista dal Codice con riguardo all’esecuzione delle infrastrutture strategiche.
L’art. 3, comma 7 del Codice specifica, infatti, che per appalti di lavori si intendono quelli che hanno ad oggetto «l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell’allegato I, oppure, limitatamente alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV, l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara»; il successivo comma 8 dell’art.3 del Codice precisa, poi, che i lavori comprendono le attività di «costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro, manutenzione, di opere» e che per “opera” si intende il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica.
L’inquadramento ex lege della fattispecie come appalto pubblico di lavori lascia, tuttavia, aperte diverse problematiche inerenti principalmente la procedura di gara, i soggetti cui può essere affidato il contratto, la progettazione e la fase di esecuzione del contratto, oggetto di analisi nei paragrafi che seguono.
2.2. La procedura di gara
Peraltro, dal momento che l’art. 160-bis prevede, quale criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 83 del Codice , vale quanto stabilito dall’art. 55, comma 2, secondo cui le stazioni appaltanti, in tal caso, «utilizzano di preferenza le procedure ristrette». Inoltre, l’art. 160-bis, comma 2, prevede che il bando determini «i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa». Con dizione sintetica, la medesima disposizione demanda alla definizione ex ante nel bando di gara, da parte della stazione appaltante, dei requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, delle caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, dei costi, dei tempi e delle garanzie dell’operazione.
L’articolo in commento, tuttavia, non chiarisce come debba essere strutturata la procedura per pervenire all’individuazione della società di leasing e dell’appaltatore; ciò nonostante, dal tenore letterale della disposizione, può desumersi che il legislatore abbia optato per la ricostruzione della vicenda contrattuale come operazione unitaria, con conseguente necessità di esperire un’unica procedura di gara.
Tale soluzione, che appare preferibile anche in relazione alla tempistica dell’intervento, è avallata, in particolare, dal comma 3 dell’art. 160-bis secondo cui «l’offerente di cui al comma 2 può essere anche una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale».
La disposizione appare finalizzata a garantire un rapporto collaborativo tra la società di leasing - che finanzia l’operazione e diviene proprietaria dell’immobile realizzato - ed il soggetto esecutore, a maggiore garanzia della stazione appaltante committente rispetto alla buona riuscita della “collaborazione forzata” che deriverebbe, sia pure di fatto, nel caso si esperissero due distinte procedure di gara.
Con specifico riguardo alla strutturazione della gara, secondo il comma 4-ter dell’art. 160-bis, la stazione appaltante deve porre a base di gara un progetto di livello almeno preliminare, mentre spetta all’aggiudicatario provvedere alla predisposizione dei successivi livelli progettuali oltre che all’esecuzione dell’opera. In tal caso, applicandosi il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, appare necessario che il progetto preliminare contenga tutti gli elementi che, a giudizio dell’amministrazione, siano ritenuti indispensabili e non soggetti a variazione nonché i requisiti minimi delle varianti di cui all’art. 76 del Codice.
Sembra ammissibile, inoltre, ai fini di una corretta gestione della gara, da svolgersi con l’offerta economicamente più vantaggiosa, chiedere al concorrente, in sede di offerta, la presentazione di un progetto definitivo, secondo quanto previsto dall’articolo 53, comma 1, lettera c) del Codice.
L’utilizzo dell’espressione “almeno” sta a significare che la stazione appaltante potrebbe porre a base di gara un progetto definitivo o addirittura esecutivo. Tale scelta incide, ovviamente, sull’allocazione del rischio di progettazione: tanto minore, infatti, sarà il dettaglio della progettazione elaborata dal committente e posta a base dell’affidamento, tanto più alta sarà l’alea di rischio che dovrà essere assunta dall’esecutore, in quanto responsabile anche delle fasi progettuali elaborate. D’altra parte, maggiore è il livello di dettaglio del progetto posto a base di gara, minori saranno i margini che i concorrenti avranno per apportare innovazioni e migliorie al progetto in sede di offerta.
Resta fermo che alla stazione appaltante competerà, in ogni caso, l’approvazione – in fasi successive – dei due livelli di progettazione, nonché lo svolgimento della verifica della compatibilità del progetto con i requisiti funzionali, tecnici ed estetici, i costi ed i tempi di realizzazione, indicati nel bando di gara.
In merito all’oggetto del contratto, inoltre, è facoltà delle amministrazioni pubbliche includere nell’affidamento anche il servizio di manutenzione ordinaria e/o straordinaria dell’immobile fino all’esercizio del diritto di opzione, al fine di garantire, per tutta la durata del contratto di locazione finanziaria, il perfetto funzionamento del bene oggetto di leasing ed allocare il rischio di disponibilità in capo all’aggiudicatario.
Occorre infine tenere presente che il contratto di leasing in costruendo può essere affidato anche mediante la peculiare procedura ad iniziativa “privata” prevista dal comma 19, articolo 153 del Codice, per effetto delle modifiche apportate, in materia di finanza di progetto, dal comma 2 dell’art. 4 del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, nel testo integrato dalla legge di conversione12 luglio 2011, n. 106.7 Il comma 20 dell’articolo 153 prevede, infatti, che in alternativa alla concessione, i privati possono presentare alle amministrazioni proposte di leasing in costruendo relative alla realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità non presenti negli strumenti di programmazione di cui dispongono gli enti pubblici.
In relazione alla procedura di gara, in base a quanto sopra considerato, alcune possibili indicazioni per la redazione dei bandi di gara potrebbero riguardare:
1. l’esperimento di un’unica gara e la conseguente stipulazione di un unico contratto avente ad oggetto sia la realizzazione/progettazione dell’immobile sia il finanziamento in leasing;
2. l’inclusione nel contratto del servizio di manutenzione ordinaria e straordinaria (facility management), finalizzata al pieno trasferimento all’aggiudicatario del rischio di disponibilità.
Si chiede di presentare osservazioni e considerazioni in merito a punto sub 1) e sub 2), nonché sull’utilizzo della locazione finanziaria nell’ambito della procedura ad iniziativa privata di cui all’art. 153, comma 19, del Codice.
7 Il medesimo articolo 153 è stato poi sostituito dal comma 1 dell’art. 59-bis, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, nel testo integrato dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27
2.3. I soggetti a cui può essere affidato il contratto
Secondo il comma 3 dell’art. 160-bis del Codice, l’offerente «può essere anche una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale». Le due fattispecie, analizzate separatamente nel prosieguo, possono considerarsi come aventi natura autonoma sia alla luce del dato testuale della norma - che le pone come alternative (utilizzando la locuzione ‘ovvero’) -.sia in considerazione della loro intrinseca differenza.
Prima facie, la dizione impiegata («può essere anche una associazione temporanea (…)»), unitamente a quanto stabilito dal successivo comma 4-bis, secondo cui «il soggetto finanziatore, autorizzato ai sensi del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, deve dimostrare alla stazione appaltante che dispone, se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore, dei mezzi necessari ad eseguire l'appalto», sembrerebbero prefigurare la possibilità che il soggetto finanziatore possa partecipare anche da solo alla gara, assicurando la disponibilità dei mezzi necessari a realizzare l’opera mediante il ricorso all’avvalimento ex art. 49 del Codice. In realtà, una simile evenienza mal si concilia con la qualificazione del leasing in costruendo quale appalto di lavori, nei termini già ricordati. Inoltre, come posto in rilievo nella determinazione dell’Autorità n. 2 del 2012 (“L’avvalimento nelle procedure di gara”), per poter correttamente avvalersi dei requisiti speciali di un soggetto terzo, un operatore economico non soltanto deve possedere i requisiti generali di cui all’art. 38, ma deve anche operare nel settore nel quale va inquadrata la prestazione oggetto della gara, ai sensi dell’art. 39 del Codice . Vale, altresì, evidenziare che l’art. 49, comma 4, del Codice, fonda la responsabilità solidale dell’impresa ausiliaria e dell’impresa ausiliata nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto; il successivo comma 10, dell’art. 49 del Codice, stabilisce che il contratto è eseguito dall’impresa che partecipa alla gara – che in questo caso sarebbe la società di leasing.-. la quale, dunque, sarebbe chiamata ad eseguire le prestazioni oggetto dell’appalto in proprio, potendole subappaltare solo nei limiti dell’art. 118 del Codice. Ciò, tuttavia, si porrebbe in contrasto con le disposizioni della normativa del settore bancario che sembrerebbero non consentire ai soggetti vigilati l’assunzione di rischi atipici rispetto alla attività finanziaria.
Per altro verso, il riferimento contenuto nel citato comma 4-bis alla partecipazione del soggetto finanziatore «anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore» appare ultroneo rispetto alla disciplina al riguardo già dettata dal precedente comma 3 del medesimo art. 160-bis.
La giurisprudenza amministrativa, muovendo dalla constatazione che l’art. 160-bis contempla l’accostamento di prestazioni – la costruzione ed il finanziamento – assolutamente distanti tra loro, ancorché coordinate e rese complementari dal legislatore per soddisfare le esigenze delle
amministrazioni pubbliche, ha ritenuto che «il regime della solidarietà sia incompatibile con l’avvalimento atipico e che, nel silenzio della norma, operi la deroga alla regola generale di cui all’art. 49, con conseguente responsabilità frazionata dei due soggetti coinvolti» (T.A.R. Lombardia Brescia 5 maggio 2010, n. 1675).
In ogni caso, i soggetti affidatari devono essere in possesso dei requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione individuati nel bandi ai sensi del citato comma 2 dell’articolo in esame. Vale, in proposito, rammentare quanto prescritto dall’art. 15 del Codice circa il fatto che l’operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal Codice (e dal Regolamento) per ciascuna prestazione di lavori, servizi, forniture prevista dal contratto.
Detti requisiti vanno pertanto fissati in base ai principi generali applicabili, avuto riguardo all’oggetto del contratto (realizzazione dell’opera, sua eventuale progettazione e finanziamento), facendo applicazione delle regole in proposito dettate dal Codice e dal Regolamento.
Da una ricognizione della disciplina codicistica, considerata altresì la assoluta eterogeneità delle prestazioni oggetto del contratto, sembra potersi desumere l’impossibilità sia per il soggetto finanziatore sia per il soggetto esecutore di partecipare individualmente alla gara.
Si chiede di presentare osservazioni e considerazioni in merito a tale aspetto.
2.3.1. Il raggruppamento temporaneo di imprese
Con riguardo all’associazione temporanea, l’art. 160-bis, comma 3, introduce un regime derogatorio rispetto alla disciplina generale dettata dall’art. 37 del Codice. Quest’ultimo, come noto, distingue tra raggruppamenti temporanei di imprese di tipo orizzontale e di tipo verticale: mentre nel primo tutte le imprese sono portatrici delle stesse competenze e fra di esse sussiste una suddivisione meramente quantitativa dell’opera, nella riunione verticale vi è una diversificazione delle competenze ed una suddivisione di tipo qualitativo. In tale ultimo caso, l’impresa mandataria capogruppo esegue le opere della categoria prevalente, mentre le mandanti realizzano le opere delle altre categorie indicate nel bando come scorporabili.
Anche il regime della responsabilità riflette la predetta diversa articolazione: nel raggruppamento orizzontale, le imprese rispondono solidalmente nei confronti della stazione appaltante per tutte le obbligazioni nascenti dal contratto; nel raggruppamento verticale, invece, solo la mandataria assume nei
confronti della stazione appaltante la responsabilità in ordine all’esecuzione dell’intero contratto, rispondendo le mandanti limitatamente alle opere scorporabili.
Facendo applicazione delle regole esposte all’ipotesi del leasing immobiliare in costruendo, giacché l’art. 160-bis disciplina un contratto che contempla sia la realizzazione di un’opera che la prestazione di un servizio di finanziamento, il riferimento alla associazione temporanea di imprese ivi contenuto sembrerebbe più aderente alla struttura del raggruppamento di tipo verticale, proprio per l’eterogeneità delle prestazioni dedotte nel contratto. Tuttavia, l’art. 160-bis dispone espressamente che finanziatore e costruttore sono «responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta», in deroga a quanto affermato dall’art. 37, comma 5, del Codice secondo cui «l’offerta dei concorrenti raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante, nonché nei confronti del subappaltatore e dei fornitori. Per gli assuntori di lavori scorporabili e, nel caso di servizi e forniture, per gli assuntori di prestazioni secondarie, la responsabilità è limitata all’esecuzione delle prestazioni di rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale del mandatario» (cfr., sul punto, T.A.R. Lombardia n. 1675/2010 citata, secondo cui l’art. 160-bis introduce una deroga incisiva alla disciplina ordinaria dell’associazione temporanea di impresa di cui all’art. 37, che rinviene la propria ratio nell’eterogeneità degli operatori coinvolti, appartenenti a settori assolutamente distanti tra loro e la cui interdipendenza è il frutto di una scelta legislativa tesa a rispondere alle esigenze delle amministrazioni).
Il sistema delineato dal legislatore risulta coerente con la natura ontologicamente differente che connota i due soggetti del raggruppamento in esame: il soggetto finanziatore, per poter svolgere legalmente la sua attività, deve rispondere ai requisiti fissati dal d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB); il costruttore deve essere necessariamente un soggetto qualificato ai sensi dell’art. 40 del Codice e non può essere un finanziatore in quanto incorrerebbe nell’illecito costituito da esercizio abusivo dell’attività bancaria.
Quanto all’individuazione del soggetto che deve rivestire il ruolo di impresa mandataria, sono delineabili due distinte opzioni interpretative: secondo una prima impostazione, potrebbe ritenersi che, trattandosi per definizione di un appalto di lavori con prestazione accessoria di servizi finanziari, la funzione di mandataria debba essere assunta dal soggetto realizzatore e non dalla società di leasing, anche perché quest’ultima non potrebbe assumere i rischi connessi alla realizzazione della stessa.
Un ulteriore elemento a sostegno di tale ipotesi sarebbe l’inclusione nel contratto dei servizi di manutenzione dell’opera, la cui prestazione sarebbe in capo al soggetto costruttore.
Secondo una differente tesi, muovendo dal presupposto secondo cui la società di leasing finanzia l’operazione e diviene proprietaria dell’immobile realizzato, la stessa non potrebbe essere considerata “estranea” alla realizzazione dell’immobile. L’obiezione inerente la tipicità dei rischi che il soggetto finanziatore può assumere viene in tale ottica superata osservando che, nei raggruppamenti, il rapporto
solidale non significa necessariamente diretta sostituzione nelle obbligazioni dell’altro, ma può tradursi anche nell’assunzione di una mera garanzia patrimoniale, di natura fideiussoria: in altri termini, se la disciplina sugli intermediari finanziari non consente ai soggetti vigilati l’assunzione di rischi atipici rispetto all’attività finanziaria8, le obbligazioni che fanno capo alla società di leasing non andrebbero al di là di quelle tipiche della società che finanzia la realizzazione di beni da mettere a disposizione del locatario. Inoltre, qualora la società di leasing assumesse il ruolo di mandante, quest’ultima risponderebbe soltanto della provvista finanziaria e non anche della messa a disposizione dell’opera realizzata. Una simile opzione interpretativa si baserebbe, altresì, sul fatto che l’obbligazione principale assunta dalla stazione appaltante, consistente nel pagamento del canone, è rivolta verso la società di leasing con la quale la prima – a differenza di quanto avviene nei confronti del soggetto realizzatore - è destinata ad avere un rapporto continuativo nel tempo fino alla scadenza contrattuale. Infine, nulla vieterebbe ai componenti del raggruppamento – a latere del contratto trilaterale sottoscritto con il committente – di strutturare un sistema di garanzie che, attesa la differente responsabilità assunta, possa consentire alla società di leasing di vedersi adeguatamente tutelata rispetto agli eventuali inadempimenti dell’appaltatore e dalle conseguenze negative che tali inadempimenti possano comportare.
In tema di RTI, in base a quanto sopra considerato, si ritiene opportuno che i bandi di gara prevedano:
1. la possibilità di partecipazione in RTI di tipo verticale del soggetto costruttore e finanziatore;
2. l’individuazione del soggetto mandatario/capofila tra il costruttore o il finanziatore;
3. che il soggetto capofila sia necessariamente il costruttore qualora il contratto preveda anche servizi di manutenzione/facility management per tutta la durata contrattuale.
Si chiede di presentare osservazioni e considerazioni in merito a punto sub 1), sub 2) e sub 3).
2.3.2. Il contraente generale
Accanto al raggruppamento temporaneo, il terzo comma dell’art. 160-bis prevede che a ricoprire il ruolo di offerente possa essere anche un contraente generale di cui all’articolo 162, comma 1, lett. g) del
8 Si noti comunque che, in base a quanto previsto dall’art. 106, comma 2, del TUB, oltre a concedere finanziamenti, gli intermediari finanziari possono esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d'Italia. Un approfondimento sulle ulteriori attività che possono essere svolte dagli intermediari finanziari potrebbe consentire di verificare la misura in cui tali soggetti possono effettivamente assumere rischi diversi dall’attività di finanziamento.
Codice. Viene in tal modo ampliato l’ambito di operatività del contraente generale, estendendolo anche alle opere pubbliche o di pubblica utilità che non sono considerate strategiche e di preminente interesse nazionale. L’art. 160-bis, comma 4-bis, precisa, infatti, che il contraente generale «può partecipare anche ad affidamenti relativi alla realizzazione, all'acquisizione ed al completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità non disciplinati dalla parte II, titolo III, capo IV, se in possesso dei requisiti determinati dal bando o avvalendosi delle capacità di altri soggetti». Si rammenta che, ai sensi dell’art. 162, comma 1, lett. g), del Codice, l’affidamento a contraente generale è il contratto di cui all'art. 3, comma 7 (che definisce gli appalti pubblici di lavori), con il quale viene affidata «la progettazione e realizzazione con qualsiasi mezzo di una infrastruttura rispondente alle esigenze specificate dal soggetto aggiudicatore». La medesima disposizione specifica che il contraente generale
«si differenzia dal concessionario di opere pubbliche per l'esclusione dalla gestione dell'opera eseguita ed è qualificato per specifici connotati di capacità organizzativa e tecnico-realizzativa, per l'assunzione dell'onere relativo all'anticipazione temporale del finanziamento necessario alla realizzazione dell'opera in tutto o in parte con mezzi finanziari privati, per la libertà di forme nella realizzazione dell'opera, per la natura prevalente di obbligazione di risultato complessivo del rapporto che lega detta figura al soggetto aggiudicatore e per l'assunzione del relativo rischio».
Il mancato coordinamento tra l’art. 160-bis e le disposizioni specifiche dettate per l’operatività del contraente generale con riguardo alle infrastrutture strategiche (cfr. parte II, titolo III, capo IV del Codice) pone una serie di problematiche applicative di rilievo.
L’art. 160-bis non chiarisce, infatti, se il contraente generale possa partecipare alla gara quale operatore economico singolo, i.e. senza la contestuale partecipazione del soggetto finanziatore. I fautori dell’ammissibilità di una simile opzione procedurale rilevano che appartiene alle attitudini tipiche del contraente generale l’assunzione del prefinanziamento, in tutto o in parte, della realizzazione dell’opera; in questo senso, rileverebbe altresì quanto disposto dall’art. 3, comma 15- ter, del Codice, che riconduce l’affidamento a contraente generale tra le operazioni di partenariato pubblico privato «qualora il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi». Viene, inoltre, evidenziato il dato testuale del citato art. 160-bis, comma 3, che, nel porre l’alternativa tra raggruppamento temporaneo e contraente generale (“L’offerente di cui al comma 2 può essere anche una associazione temporanea (…) ovvero un contraente generale”), varrebbe ad individuare due modalità di partecipazione distinte ed autonome. Secondo questa tesi, quindi, il contraente generale sarebbe qualificato ex lege a partecipare alla gara da solo, potendo, altresì, in caso di aggiudicazione, individuare, a valle della gara bandita ai sensi dell’art. 160-bis, la società di leasing per la prestazione dei servizi finanziari, rientrando tale attività nel novero di quelle astrattamente ascrivibili alla responsabilità in ordine all’esecuzione globale dell’opera.
In senso contrario, si osserva che il richiamo al contraente generale contenuto nel comma 3 sarebbe da intendersi come mera specificazione del termine soggetto realizzatore ed avrebbe, pertanto, una valenza meramente legittimante dell’utilizzo di tale istituto nelle operazioni di leasing: secondo tale impostazione, una diversa soluzione condurrebbe allo stravolgimento della fattispecie contrattuale de qua, la quale postulerebbe la contemporanea presenza di un soggetto finanziatore e di un soggetto realizzatore. L’affidamento a contraente generale come unica controparte contrattuale dell’amministrazione incontrerebbe, poi, l’ostacolo nella legislazione bancaria e creditizia che impone a chi svolge attività di finanziamento l’iscrizione a determinati albi o elenchi, previa autorizzazione e controllo della Banca d’Italia, secondo le disposizioni del citato decreto legislativo n.385/1993 a cui, tra l’altro, fa riferimento lo stesso comma 4 dell’art.160-bis, con conseguente conferma dell’indispensabilità di detto requisito.
In merito, sembra opportuno richiamare quanto osservato dal Consiglio di Stato in sede di parere consultivo n. 3262 del 17 settembre 2007 sullo schema di regolamento attuativo del Codice. Secondo il citato parere, in mancanza di una definizione specifica dell’istituto del contraente generale nell’art. 160- bis e nell’art. 3 del Codice, deve ritenersi che la definizione di contraente generale data ai fini delle infrastrutture strategiche, unitamente alla relativa qualificazione, si applichino anche per il leasing finanziario e che la formulazione dell’art. 160-bis (in particolare, il comma 3) sia tale da lasciar presumere che l’istituto del contraente generale sia utilizzabile per tutte le “opere pubbliche o di pubblica utilità” di cui al comma 1 del medesimo articolo e non per le sole infrastrutture strategiche9.
L’intervento interpretativo del Consiglio di Stato, volto a confermare l’unicità del sistema di qualificazione dei contraenti generali disciplinato dagli artt. 186 - 193 del Codice, non vale, tuttavia, a chiarire se la suddetta qualificazione consenta, ipso iure, al contraente generale, di esercitare l’attività di locazione finanziaria. Sul punto potrebbe essere opportuno un intervento chiarificatore a livello legislativo.
Si consideri che, in base a quanto stabilito dall’art. 162, comma 1, lett. g, del Codice, il contraente generale è qualificato “per l’assunzione dell’onere relativo all’anticipazione temporale del finanziamento necessario alla realizzazione dell’opera in tutto o in parte con mezzi finanziari privati”, cioè si distingue per la particolare capacità di anticipare gli oneri del finanziamento, ma non già di
9 Si rileva, altresì, che il rinvio all’art. 162 del Codice, contenuto nell’art. 160, comma 4-bis, ai fini della definizione di contraente generale, è stato inserito a seguito di quanto osservato dal Consiglio di Stato in sede di parere consultivo sullo schema di terzo decreto correttivo al Codice allo scopo di «chiarire che al contraente generale che partecipa alle gare per l’esecuzione di opere diverse dalle infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi si applica, comunque, la procedura di affidamento di cui agli artt. 176 e 177» (cfr. Cons. St., parere n. 2357 del 14 luglio 2008).
provvedere al vero e proprio finanziamento, attività che è sempre demandata ad un soggetto finanziatore autorizzato.
Poiché il contraente generale deve comunque individuare il soggetto finanziatore dell’opera, l’ipotesi secondo cui tale scelta sia effettuata in un momento successivo, a valle della gara, appare in contrasto quanto meno con il principio della trasparenza, in quanto il finanziamento dell’opera mediante locazione finanziaria rappresenta un elemento dell’offerta che necessita di essere conosciuto in sede di gara sia per garantire la par condicio dei concorrenti sia per consentire alla amministrazione aggiudicatrice di valutare la migliore offerta.
A tale riguardo nemmeno potrebbe sostenersi che è nella facoltà del contraente generale reperire il finanziamento in altro modo, ad esempio attraverso un’operazione di mutuo, in quanto la gara si concluderebbe con contratto diverso da quello per la quale è stata bandita, i.e. un affidamento a contraente generale e non già una locazione finanziaria.
Si chiede di presentare osservazioni e valutazioni in merito alla possibilità e alle modalità di partecipazione del contraente generale.
2.4. La valutazione delle offerte
Per l’affidamento del contratto di locazione finanziaria, in base a quanto previsto dall’art. 160-bis, comma 2, del Codice, il bando determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico- realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico- finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa.
La stazione appaltante deve preliminarmente indicare i requisiti soggettivi per la partecipazione alla gara che, in base a quanto precedentemente illustrato, dovranno necessariamente riferirsi sia all’esecuzione dei lavori sia alla prestazione del servizio finanziario.
Il confronto competitivo deve essere incentrato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in relazione al quale il bando dovrà specificare gli elementi migliorativi di carattere tecnico-progettuale ed economico-finanziario e i relativi pesi ponderali per l’individuazione dell’offerta migliore.
Relativamente agli aspetti tecnico-progettuali, potranno essere valutati quelli indicati dall’art. 83, comma 1, del Codice, quali, ad esempio, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le
caratteristiche ambientali, il servizio di assistenza tecnica e di manutenzione, i tempi di completamento e di consegna dell’opera.
Specialmente nel caso di realizzazione ex-novo di un’opera, potranno essere valorizzati quegli elementi che incidono sui costi futuri di utilizzazione della stessa, ad esempio, particolari soluzioni tecnico- realizzative e l’impiego di materiali idonei al contenimento dei consumi energetici.
Per quanto attiene agli elementi di carattere economico-finanziario, la stazione appaltante dovrebbe innanzitutto elaborare un prospetto dettagliato contenente la stima dei costi che prevede di dover sostenere nonché gli elementi/parametri per il calcolo degli oneri di natura finanziaria.
Si ritiene che tra le voci di costo figurino almeno le seguenti:
• il costo di realizzazione dell’opera;
• il costo della progettazione definitiva ed esecutiva, qualora a base di gara sia posto un progetto preliminare;
• gli oneri finanziari (interessi sul capitale prestato);
• gli oneri di preammortamento, relativi agli interessi sulle somme anticipate dal finanziatore al costruttore fino alla consegna definitiva dell’opera;
• le spese di manutenzione dell’immobile, eventualmente inserite all’interno di un servizio più ampio e articolato di facility management;
• il prezzo per il riscatto finale;
• gli oneri fiscali (es. XXX da aggiungere al canone di locazione);
• le altre spese amministrative e tecniche (es. spese notarili, commissioni bancarie, spese di istruttoria, spese assicurative, ecc.).
Tra gli elementi/parametri dell’operazione finanziaria vanno certamente considerati:
• la scelta in ordine al tasso di interesse, fisso o variabile;
• lo spread che il soggetto finanziatore applicherà sui tassi di mercato di riferimento (IRS per il fisso o Euribor per il variabile);
• la durata dell’operazione (numero delle rate);
• la periodicità dei canoni (mensile, bimestrale, semestrale, ecc..);
• la possibilità di switch del tasso di interesse (es. da variabile a fisso).
•
Una volta definiti le voci di costo e i parametri dell’operazione finanziaria, la stazione appaltante deve stabilire quali elementi fissare nel bando di gara e quali, invece, lasciare al confronto concorrenziale.
Quasi tutti gli elementi sopra indicati, ad eccezione della scelta iniziale tra tasso fisso e tasso variabile, siano essi di costo che di parametro, potrebbero essere oggetto di valutazione in sede di gara.
Proprio in ordine a tale primo aspetto, che risulta centrale per la determinazione del costo complessivo dell’operazione di leasing, la scelta che si dovrebbe operare è tra un tasso d’interesse fisso ed immutabile per tutta la durata del contratto e un tasso variabile in base alle condizioni di mercato.
L’opzione del tasso fisso, ovvero la previsione nel contratto che l’ammontare del canone periodico sia predeterminato ed immodificabile, appare l’opzione più idonea a garantire la certezza dei costi dell’intera operazione finanziaria. In tale direzione vanno i pronunciamenti della Corte dei conti che, pur ammettendo forme di indicizzazione del canone (Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia, n. 87/DEL/2008 del 13 novembre 2008), ha stabilito che uno dei principi in materia di utilizzo del leasing immobiliare in costruendo da parte delle amministrazioni pubbliche è che il leasing immobiliare in costruendo è il contratto con il quale un ente pubblico demanda ad un soggetto terzo la costruzione, l’ampliamento od il completamento di un’opera pubblica e, contestualmente, procede alla sua locazione finanziaria per un determinato periodo di tempo ad un canone prefissato, riservandosi, al termine del periodo contrattuale, l’opzione di acquisto definitivo del bene, ad un prezzo prefissato (Corte dei Conti, Sez. regionale Piemonte, n. 82/2010 del 24 novembre 2010). La Corte ha, altresì, affermato che Il canone periodico è fisso per tutta la durata del contratto: solo in caso di varianti in corso d’opera richieste dall’ente pubblico, che comportassero maggiori costi di costruzione, potrà essere richiesto ed accettato un incremento del canone. Al contrario, in caso di vizi o difformità tali da comportare una riduzione del valore dell’opera, potrà aversi una riduzione del canone secondo le modalità stabilite nel bando di gara o nell’annesso capitolato (Corte dei conti, deliberazione 49/CONTR/11).
2.5. La scelta degli elementi di valutazione economica
Dall’analisi di alcuni bandi di gara risulta che sono spesso oggetto di valutazione, anche se non sempre presenti in maniera simultanea: il costo dei lavori, lo spread sul finanziamento, lo spread sul preammortamento e il canone periodico; talvolta vengono valutati anche la durata del finanziamento e il prezzo per il riscatto finale.
Una prassi riscontrata è quella di richiedere ai concorrenti un’offerta “separata” sui due elementi principali che contribuiscono a determinare il costo finale dell’opera, ovvero il ribasso sul costo dei lavori e lo spread sul finanziamento.
La valutazione indipendente di questi due elementi, soprattutto in presenza di altre voci di natura economico/finanziaria, quali la durata del finanziamento o il prezzo di riscatto, non assicura sempre la selezione dell’offerta complessivamente più conveniente. Ciò può avvenire sia a causa del carattere “relativo” o “interdipendente” delle formule solitamente utilizzate per l’assegnazione dei relativi punteggi sia per effetto della definizione del piano finale di ammortamento ovvero della trasformazione delle singole voci di offerta nel canone periodico da corrispondere per la durata contrattuale, che potrebbe portare - ex post - ad un onere totale (rata periodica x numero delle rate previste) complessivo superiore rispetto ad altre combinazioni di costo e tasso offerte in gara.
Relativamente al primo aspetto, le formule adottate per la valutazione degli aspetti economico- quantitativi prevedono che il punteggio assegnato al concorrente dipenda non solo dalla sua offerta ma anche da quella migliore presentata in gara10. Se tali formule sono applicate in modo separato ai vari elementi, può accadere che all’offerta migliore nel complesso – cioè quella che, tenendo conto di tutti gli aspetti, risulta più vantaggiosa – non sia assegnato il punteggio economico più elevato. Poiché l’obiettivo della stazione appaltante consiste nel valutare il prezzo o lo sconto complessivo, o meglio, il prezzo/sconto medio ponderato su tutte le voci economiche, al fine di garantire che ad un’offerta (complessivamente) migliore sia sempre assegnato un punteggio economico più elevato, sarebbe necessario prevedere un’unica formula di valutazione che assegni il punteggio in funzione del prezzo/sconto medio ponderato su tutte le voci.11
Con riguardo al secondo aspetto, occorre evidenziare che, come riscontrato in alcuni bandi di gara, assegnare al ribasso sui lavori e allo spread il medesimo o analogo peso ponderale può contribuire al verificarsi di tale anomalia. In tal modo, infatti, si avrebbe (ex ante) che un determinato ribasso sul costo dei lavori sarebbe premiato come un analogo ribasso sullo spread, nonostante il costo sui lavori (il capitale preso a prestito) appaia la componente economica di maggiore peso relativo nell’esborso finanziario totale.
Per scongiurare il rischio di assegnare lo stesso punteggio a combinazioni di “costo-tasso” associate ad un esborso finale molto diverso (ovvero di assegnare punteggi diversi a combinazioni di tasso-costo che producono lo stesso esborso finale) e al fine di garantire una equilibrata ponderazione di tutti gli
10 Si veda, in particolare, il meccanismo di interpolazione lineare tra l’offerta migliore e quella peggiore illustrato nell’Allegato “G” al Regolamento per quanto riguarda la valutazione di elementi di natura quantitativa per gli appalti di lavori pubblici e nell’Allegato “P” per i servizi e forniture.
11 Previa espressione di tutti gli elementi di valutazione economica nella medesima unità di misura (es. il ribasso percentuale).
elementi, si ritiene che il punteggio economico vada adeguatamente differenziato in funzione dell’effettiva importanza relativa delle due (nonché di tutte le altre) componenti economiche oggetto di valutazione (cfr. Determinazione AVCP n. 7/2011).
Un’altra prassi delle amministrazioni è quella di predeterminare la durata del finanziamento e il prezzo finale del riscatto: il primo è solitamente fissato in 20 anni mentre il secondo è spesso determinato in misura pari all’1% del costo dei lavori.
Tale percentuale, probabilmente ispirata a quella stabilita dall’art. 17, sesto periodo, della legge 2 maggio 1976, n.183 in materia di riscatto finale di impianti industriali concessi in locazione finanziaria, appare assai limitata se non addirittura “irrisoria” rispetto al valore complessivo dell’opera (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia 5 maggio 2010, n. 1675). Infatti, a differenza di quanto accade nel leasing mobiliare, nel quale il canone rappresenta prevalentemente il valore d’uso del bene e, pertanto, il prezzo del riscatto è ad esso commisurato, nel leasing immobiliare il canone esprime in gran parte il costo d’acquisto (spalmato nel tempo), e, pertanto, alla scadenza, residua un importo tendenzialmente esiguo rispetto al valore dell’operazione.
Si deve osservare che la durata del finanziamento/numero delle rate e il riscatto finale sono elementi caratterizzanti l’operazione di leasing, sui quali l’amministrazione potrebbe far leva per pervenire a soluzioni ottimali rispetto alle proprie esigenze. Infatti, qualora ritenga necessario (ad esempio per ragioni di bilancio) contenere il più possibile il canone periodico, una stazione appaltante potrebbe essere disposta ad accettare un maggior prezzo finale e/o una più elevata durata contrattuale. Viceversa, un’altra stazione appaltante in condizioni di bilancio migliori, potrebbe essere disposta a pagare una rata più alta in cambio di un minore prezzo di riscatto e/o di una riduzione della durata del contratto. Tuttavia, poiché il prezzo del riscatto finale influenza l’incentivo (futuro) al riscatto dell’opera e, di conseguenza, la convenienza delle offerte presentate in gara, la sua entità deve essere attentamente ponderata. Infatti, minore è il suo ammontare maggiori saranno, a parità di altre condizioni, le prospettive di riscatto da parte dell’amministrazione e maggiori, di conseguenza, potrebbero essere gli incentivi per i concorrenti a presentare offerte più vantaggiose. Viceversa, è ipotizzabile che un prezzo di riscatto più elevato determini una riduzione del canone, ma in misura inferiore alle attese poiché sconterebbe il dubbio dei concorrenti circa l’effettiva intenzione o possibilità di acquisizione finale dell’opera.
Corre l’obbligo di effettuare un’ulteriore riflessione. Se, da un lato, richiedere un’offerta su tutte le singole componenti economico/finanziarie permette alla stazione appaltante di esplicitare il peso delle stesse sul costo totale dell’appalto nonché di graduare il confronto concorrenziale sugli aspetti ritenuti di maggior interesse, per altro verso, come anche più volte ricordato dalla giurisprudenza contabile, la
Tale considerazione porta in evidenza la possibilità, con i conseguenti vantaggi in termini di semplicità e trasparenza nella valutazione e comparazione delle offerte, di richiedere ai concorrenti solo un ribasso sul canone, che sarebbe l’unico elemento economico da porre a base di gara12 e nel quale potrebbero essere ricompresi tutti i costi attesi dell’operazione, quali i costi di progettazione e costruzione, gli interessi sul capitale prestato, gli oneri di preammortamento, i costi di manutenzione e tutte le altre voci di spesa suscettibili di ribasso.
Le componenti ed il procedimento per la determinazione del canone a base d’asta dovrebbero essere accuratamente dettagliati in uno studio di fattibilità economico-finanziario e nel relativo piano di ammortamento, dai quali si possa ricavare in modo evidente il contributo, nonché la congruità, rispetto ai valori di mercato, delle singole voci di costo.
La scelta di porre a base di gara direttamente il canone di locazione potrebbe avvenire fissando ex ante la durata contrattuale, oppure richiedendo ai concorrenti un’offerta anche su tale elemento, prevedendo, eventualmente, un valore minimo. Sarebbe così oggetto di valutazione economica il costo complessivo dell’operazione, in base al quale il punteggio economico verrebbe assegnato in ragione del prodotto “canone x numero delle rate” offerto.
Si richiede di presentare valutazioni e considerazioni in tema di elementi di valutazione economica, ed, in particolare, sulla opportunità di porre a base di gara il canone di locazione omnicomprensivo ed immutabile per tutta la durata contrattuale.
2.6. L’allocazione dei rischi ed il controllo da parte della stazione appaltante
Come rilevato, la corretta allocazione dei rischi è elemento cruciale del leasing immobiliare in costruendo sia sotto il profilo della qualificazione dell’operazione come partenariato pubblico privato sia per assicurare l’esecuzione e la fruizione dell’opera nei tempi e secondo le modalità pattuite. Il contratto dovrà disciplinare, pertanto, in maniera espressa detto profilo, rammentando che l’art. 160-bis
12 Il prezzo del riscatto finale potrebbe essere stabilito in anticipo, sottraendolo al confronto competitivo.
richiede che il bando determini, inter alia, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione.
I principali rischi che dovrebbero essere allocati nell’ambito di una operazione di PPP sono quelli di progettazione, costruzione, disponibilità e performance complessiva del contratto. A questi si deve aggiungere il rischio di domanda, nel caso in cui l’operatore privato sia responsabile anche dell’erogazione del servizio agli utilizzatori finali. Nelle operazioni in esame sono certamente presenti i rischi di progettazione e di costruzione, mentre non si rilevano rischi di domanda, in quanto l’utilizzatore principale dell’opera è tipicamente l’amministrazione, salvo, naturalmente, i casi in cui lo strumento viene applicato a contesti che prevedono anche una tariffazione all’utenza. Sussistono, invece, dei rischi in termini di disponibilità e di performance complessiva del contratto, connessi alla fase di costruzione e dai quali dipenderanno i livelli effettivi di fruibilità dell’opera.
2.6.1. Il rischio di progettazione
L’art.160-bis, comma 4, individua in quello preliminare il livello minimo di progettazione da porre a base di gara, prevedendo, peraltro, la facoltà dell’amministrazione aggiudicatrice di dettagliare più approfonditamente il progetto da porre a base dell’affidamento.
Come già accennato, a tale scelta si accompagna una diversa allocazione del rischio di progettazione a carico del privato e la necessità di prevedere idonee garanzie che tengano l’amministrazione aggiudicatrice al riparo da eventuali scelte progettuali inadeguate o da errori che possono pregiudicare la realizzazione dell’opera e che, comportando la necessità di apportare varianti, possono aggravarne i costi e/o i tempi di esecuzione. Pur non essendo previsto dalle norme di riferimento, l’obbligo di applicazione della disciplina di cui al Titolo II, capo II, del Regolamento, relativamente alla verifica del progetto, è opportuno che la stazione appaltante tenga a riferimento tali disposizioni, al fine di assentire la compatibilità del progetto con i requisiti funzionali, tecnici ed estetici, i costi ed i tempi di realizzazione, posti a base dell’affidamento. Nel caso in cui la progettazione definitiva ed esecutiva siano rimesse al soggetto realizzatore, è controverso se i progettisti debbano essere già indicati dal concorrente, o selezionati con gara dall’aggiudicatario, oppure se possano essere liberamente scelti dall’aggiudicatario. Nel silenzio della norma, sull’esempio di quanto avviene per l’appalto integrato di cui all’art. 53, comm2, lett. b) e c) del Codice, si ritiene preferibile la tesi che richiede la presenza del progettista qualificato sin dalla presentazione dell’offerta: i requisiti del progettista dovranno, pertanto, essere predeterminati nel bando di gara.
Qualsiasi livello di progettazione, infine, venga posto a base dell’affidamento, resta ferma la necessità di accettazione esplicita degli elaborati progettuali da parte dell’aggiudicatario.
Con riferimento al regime dei controlli, il comma 4 dell’art. 160-bis, dispone che l’adempimento degli impegni della stazione appaltante resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione ed alla eventuale gestione funzionale dell’opera secondo le modalità previste. Sul punto, si consideri che, nel caso in cui l’amministrazione sia in qualche misura coinvolta nella progettazione o nello svolgimento dei lavori, la stessa potrebbe divenire titolare di una posizione di garanzia, divenendo corresponsabile, unitamente all’esecutore del contratto, ad esempio, di eventuali violazioni delle norme in materia di sicurezza. La direzione dei lavori dovrebbe, quindi, essere una funzione svolta interamente dal soggetto esecutore, residuando in capo all’amministrazione unicamente un ruolo di alta sorveglianza.
Rimane da stabilire, infine, quale soggetto sia titolare, in corso di esecuzione, del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell’appalto. Poiché tali poteri rientrano, di regola, nella competenza del direttore dei lavori (seppure i documenti relativi vengano trasmessi in copia alla amministrazione ai fini dell’esercizio dell'alta sorveglianza di cui sopra), il loro esercizio dovrebbe rientrare nella sfera del contraente privato su cui ricade, appunto, la direzione dei lavori.
È opportuno, tuttavia, che il contratto specifichi le modalità con le quali la stazione appaltante, allo scopo di esercitare la direzione dell’intera operazione, svolgerà, tramite il RUP, le necessarie attività di controllo, tanto sul corretto adempimento degli obblighi del finanziatore, quanto su quelli del costruttore, quali sono individuati nel contratto stesso.
2.6.2. Il rischio di costruzione e di disponibilità
Il comma 4 dell’art. 160-bis del Codice condiziona esplicitamente l’adempimento degli impegni della stazione appaltante al positivo controllo della realizzazione dell’opera.
L’adempimento dell’obbligazione principale posta a carico della stazione appaltante, consistente nel pagamento del canone, è quindi correlato alla realizzazione dell’opera in conformità al progetto approvato e al mantenimento degli standard di fruibilità e qualità dell’opera contrattualmente definiti, permanendo il rischio di disponibilità in capo alla controparte privata.
Parimenti, i tempi di realizzazione e di consegna, nonché la qualità del bene, devono essere prefissati e resi certi da specifiche clausole contrattuali: l’opera deve essere consegnata “chiavi in mano”, ossia completa in ogni sua parte, funzionante, comprensiva di impianti e allacciamenti, inclusi permessi e autorizzazioni. Si rammenta, sul punto, che il comma 3 dell’art. 160-bis riconosce a ciascuno dei componenti dell’associazione temporanea la possibilità, in corso di esecuzione, di sostituire l’altro, con
l'assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche non soltanto in caso di fallimento, ma anche in ipotesi di «inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione».
La norma, quasi a voler porre un temperamento al regime di responsabilità individuale sancito dal medesimo comma 3, sottolinea la necessità di collaborazione tra il soggetto finanziatore e il soggetto realizzatore durante l’esecuzione del contratto, attribuendo, a ciascuno di essi, un potere di xxxxxxxxx e controllo reciproco sull’adempimento delle rispettive obbligazioni, che può condurre finanche alla proposta di sostituzione; il tutto finalizzato alla realizzazione dell’opera a regola d’arte e, in sostanza, alla buona riuscita dell’operazione.
Il contratto deve, pertanto, disciplinare espressamente il regime delle manutenzioni, eventualmente inserendo anche la gestione del facility management, nonché regolamentare la fattispecie del mancato collaudo o dell’intervenuta impossibilità a usufruire il bene per cause non imputabili all’amministrazione.
Il trasferimento del rischio di disponibilità, inoltre, deve essere tradotto in termini di obbligazioni contrattuali, prevedendo idonei strumenti di controllo e monitoraggio in capo alla stazione appaltante a cui sia correlata l’applicazione di penali in caso di mancato rispetto degli standard pattuiti.
2.7. La disponibilità delle aree
L’ultimo comma dell’art. 160-bis prevede che l’opera da realizzare possa seguire un duplice regime: quello di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi, ovvero essere realizzata su area nella disponibilità dell’aggiudicatario. In quest’ultimo caso l’aggiudicatario avrebbe la completa proprietà del bene sino al momento dell’esercizio dell’opzione finale di riscatto da parte dell’amministrazione.
L’area, tuttavia, potrebbe anche appartenere alla stessa amministrazione o ad un terzo; al riguardo, la giurisprudenza contabile ha evidenziato che, in ogni caso, l’area sulla quale è costruita l’opera deve essere nella disponibilità dell’aggiudicatario. A tal fine, essa potrebbe essere acquisita dall’ente pubblico e concessa in diritto di superficie alla società di leasing ovvero ceduta in proprietà alla società di leasing. In alternativa, l’ente potrebbe conferire la potestà di espropriazione alla società di leasing medesima, con spese a carico della pubblica amministrazione. Nel caso si optasse per la concessione dell’area in diritto di superficie, «potrebbe ammettersi l’utilizzo di questo strumento purché il diritto reale sia concesso per un periodo considerevolmente più lungo rispetto a quello previsto per il contratto di locazione finanziaria, cosicché nel momento in cui spira il termine del contratto di leasing il bene conservi un’apprezzabile valore di mercato che, al contrario, verrebbe meno ove vi fosse coincidenza tra scadenza del contratto di locazione finanziaria e diritto di superficie. Infatti, in
quest’ultimo caso, nel momento in cui cessa il diritto di superficie l’ente pubblico non solo riacquista la piena proprietà dell’area ma anche quella dell’opera realizzata sulla stessa, indipendentemente dall’esercizio del diritto di opzione e, addirittura, anche nel caso in cui non intendesse esercitare l’opzione» (cfr. Corte dei conti, deliberazione 49/CONTR/11).
E’ del tutto evidente che l’individuazione delle aree e la relativa proprietà potranno incidere sui costi dell’operazione. Qualora l’area non fosse individuata ex ante nel bando ovvero la stazione appaltante volesse sfruttare eventuali spazi nella disponibilità dell’operatore privato, si potrebbero verificare due possibili problematiche. In primo luogo, la disponibilità delle aree dovrebbe essere oggetto di valutazione in sede di gara – prevedendo comunque dei requisiti minimi da fissarsi in relazione alla natura del servizio da svolgere – nella quale dovrebbero essere adeguatamente considerati elementi quali la localizzazione, il grado di rispondenza della stessa alle specifiche finalità pubbliche per cui deve essere realizzata, il livello di urbanizzazione delle zone circostanti, ecc.. . In secondo luogo, non tutti i potenziali concorrenti potrebbero essere in grado di presentare un’offerta “completa”, nella quale, cioè sia ricompresa la disponibilità delle aree, con il rischio di compromettere il confronto competitivo e di impedire la partecipazione di soggetti che, viceversa, sarebbero in grado di presentare offerte vantaggiose.
Sarebbe, pertanto, preferibile che la stazione appaltante individuasse sin da subito, in modo preciso, un’area di sua proprietà ovvero un’area da sottoporre ad esproprio, sulla quale far costruire l’opera, prevedendo la successiva costituzione del diritto di superficie in favore dell’aggiudicatario.
Si chiede di presentare osservazioni e valutazioni in ordine al tema della disponibilità delle aree, ed in particolare sulle possibili problematiche connesse alla preventiva individuazione delle stesse nel bando di gara.
3. Il leasing immobiliare costruito
Accanto alla realizzazione ed al completamento, l’art. 160-bis ammette il ricorso al leasing per l’acquisizione di opere pubbliche o di pubblica utilità.
Secondo l’orientamento sino ad oggi espresso dall’Autorità (cfr. in particolare la deliberazione n. 78 del 7 ottobre 2009) viene in tal caso in evidenza la componente di finanziamento puro e, nel silenzio dell’art. 160-bis, lo schema negoziale è da ricondursi a quanto previsto dall’art. 19 del Codice. Il citato articolo dispone che il Codice non si applica ai contratti pubblici aventi per oggetto l’acquisto o la
Quanto alle modalità per l’individuazione dell’immobile esistente, sottratta all’applicazione del Codice proprio in virtù del disposto dell’art. 19 citato, si è posto in rilievo che la scelta dell’immobile da far acquistare alla società di leasing - e, cioè, del fornitore - dovrebbe comunque essere condotta nel rispetto dei principi indicati dall’art. 27 del Codice, reputato alla stregua di una norma generale di chiusura: troverebbero, quindi, applicazione i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, i quali richiedono di formulare un invito ad almeno cinque concorrenti, se ciò è compatibile con l’oggetto del contratto.
E’ stata, altresì, presa in considerazione l’ipotesi in cui vi sia la necessità di realizzare sull’immobile individuato lavori accessori di adeguamento, allo scopo di rendere lo stesso idoneo alla destinazione d’uso programmata.
Al riguardo si è ritenuto che detti lavori potrebbero, indifferentemente, essere affidati successivamente all’avvenuto perfezionamento del contratto di leasing con autonoma procedura ad evidenza pubblica ovvero essere posti sin dal principio a carico della società di leasing, attraverso una gara avente ad oggetto un tipo contrattuale misto (leasing e appalto di lavori), con prevalenza dei servizi finanziari sui lavori dato il carattere meramente accessorio che in tal caso rivestono questi ultimi.
Si chiede di presentare osservazioni e valutazioni, nonché di segnalare eventuali problematiche o criticità sull’affidamento di contratti aventi ad oggetto l’acquisizione o il completamento di opere già esistenti.
4. Il leasing mobiliare
L’inquadramento giuridico degli appalti di fornitura in regime di leasing (si pensi, ad esempio, agli autoveicoli e/o alle dotazioni informatiche o apparecchiature mediche), presenta notevoli criticità, legate
soprattutto alla mancanza – per quanto attiene le forniture in ambito di applicazione del Codice – di un riferimento normativo chiaro su come debba essere configurato il bando di gara e regolamentato il rapporto negoziale (cfr., sul punto, parere AVCP 10 dicembre 2008, n. 252).
Ciò, da un lato, può condurre all’elaborazione di bandi di gara non omogenei da parte delle diverse stazioni appaltanti, dall’altro può comportare un’alta percentuale di gare deserte, nel caso in cui vengano inserite clausole che – contrariamente alla prassi vigente nel settore privato – garantiscano al committente pubblico effettive garanzie rispetto alla corretta esecuzione del contratto di fornitura sottostante, allo scopo di evitare, nel settore dei contratti pubblici, modelli negoziali sbilanciati a danno dell’utilizzatore.
Nel menzionato parere 10 dicembre 2008, n. 252, è stata affrontata la questione della distinzione tra leasing finanziario e leasing operativo negli appalti pubblici di forniture, rilevando che, per poter qualificare un appalto di fornitura in termini di leasing finanziario, «è necessario che l’appalto in questione sia diretto, in via immediata, all’utilizzazione del bene fornito per un periodo di tempo prefissato dietro pagamento di un canone periodico e, mediatamente, a far acquisire la proprietà del bene medesimo»13. Inoltre, a differenza del leasing finanziario, il leasing operativo non prevede nel suo schema contrattuale tipico la presenza di tre soggetti, poiché, generalmente, è lo stesso produttore del bene che lo concede in locazione a fronte di un canone periodico, che corrisponde all’entità dei servizi offerti dal bene medesimo e non è, quindi, in relazione alla sua durata economica. E’ stato, altresì, posto in rilievo che, se diversa è la causa giuridica delle due richiamate fattispecie contrattuali, la prestazione oggetto di un contratto di fornitura in leasing, sia esso finanziario od operativo, è sempre e comunque mista: fornitura del bene, servizio finanziario collegato al pagamento di canoni periodici, servizio di assistenza e manutenzione.
In generale, nel leasing finanziario per appalti di forniture, analogamente al c.d. “leasing in costruendo”, la prestazione principale dovrebbe essere costituita dalla fornitura, sia perché logicamente è questa ad essere effettivamente voluta dal committente, sia perché di norma il peso economico dei beni messi a disposizione degli utilizzatori supera il valore della remunerazione dei servizi finanziari offerti dalla società di leasing (che acquista il bene desiderato e lo mette a disposizione
13 Cfr. sul punto quanto rilevato dalla Corte dei Conti: «Va ancora precisato che i contratti di leasing possono avere una differente struttura potendo prevalere l’aspetto finanziario o quello operativo. Nel leasing finanziario la componente di erogazione di credito prevale sulla fornitura di un servizio o messa a disposizione di un bene e pertanto questi contratti possono risolversi in forme alternative di finanziamento per la realizzazione di opere pubbliche attraverso il partenariato pubblico–privato. Con il leasing finanziario, se usato propriamente, la parte prevalente dei rischi (controllo dei lavori, ecc.)e dei benefici inerenti ai beni che costituiscono l’oggetto dell’investimento dovrebbero restare a carico dell’ente pubblico, per cui viene in maggior rilievo l’aspetto finanziario dell’operazione. Viceversa, nel caso in cui i rischi restino a carico della società di leasing (leasing operativo) assume preminenza la messa a disposizione dell’ente pubblico di un bene da questo utilizzabile, cioè il contratto è essenzialmente operativo» (cfr. deliberazione Corte dei Conti - Sez. riunite in sede di controllo, n. 49/2011/CONT).
dell’utilizzatore). Ai sensi del combinato disposto dell'art. 15 del Codice e dell'art. 275 del Regolamento i soggetti che partecipano ad affidamenti pubblici di natura mista devono essere in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi sia alle prestazioni principali che a quelle accessorie e, dunque, relativi sia alle prestazioni di fornitura che a quelle di servizi.
Atteso quanto precede, i soggetti partecipanti alle procedure selettive per l’affidamento di appalti di forniture in leasing, di qualsiasi specie trattasi, devono necessariamente possedere requisiti complessivamente in grado di coprire le tre aree di incidenza della prestazione (fornitura, servizio finanziario, servizio di assistenza e manutenzione).
Tuttavia, nel caso del leasing finanziario mobiliare, ciò non può che avvenire mediante il ricorso al raggruppamento temporaneo di concorrenti, giacché, da un lato, i soggetti che producono beni non sono autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria e, dall’altro, gli operatori che lo sono non possono svolgere altre attività di impresa; si tratterebbe, quindi, di un’ipotesi di RTI verticale (eventualmente anche misto) obbligatorio. La stipula di un contratto unico trilaterale e la natura di raggruppamento verticale dell’aggiudicatario consentirebbe anche di articolare il regime della responsabilità in modo congruente rispetto alla tipologia di rischio assunto da ciascun partecipante. In particolare, sarebbe consentito alla società di leasing di limitare la propria responsabilità agli aspetti relativi ai servizi finanziari, senza però frustrare l’interesse della stazione appaltante ad ottenere la fornitura così come richiesta ed offerta dall’aggiudicatario e i servizi di assistenza post vendita (manutenzione, sostituzione di eventuali pezzi difettosi, etc.) che normalmente si accompagnano alla fornitura dei beni (si pensi, ancora una volta, agli autoveicoli e/o alle dotazioni hardware). Nulla vieterebbe, quindi, ai componenti del raggruppamento – a latere del contratto trilaterale sottoscritto con il committente – di strutturare un sistema di garanzie che, attesa la differente responsabilità assunta, possa consentire alla società di leasing di vedersi adeguatamente tutelata rispetto agli eventuali inadempimenti del fornitore (consegna di beni non conformi all’offerta, mancata o ritardata prestazione dei servizi post-vendita, etc.) e dalle conseguenze negative che tali inadempimenti possano comportare (applicazione di penali da detrarre dai canoni a scadere, risoluzione del contratto, etc..)
Un’altra difficoltà risiede nella necessità di strutturare la valutazione dell’offerta economica (sia nel caso in cui si adotti il criterio del prezzo più basso, sia che si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, peraltro obbligatorio per talune tipologie di fornitura, come, appunto, quella degli autoveicoli) in modo da rendere il confronto tra le offerte effettivamente possibile ed evitare, al contempo, che nel caso di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alcuni elementi “qualitativi” dell’offerta di leasing finiscano per anticipare all’esame tecnico alcuni elementi di carattere economico. Sarebbe preferibile, per la semplicità e l’oggettività del confronto, che la stazione appaltante indicasse, già in sede di gara, i parametri da utilizzare nella formulazione delle offerte (es. la durata, il tasso di interesse di riferimento da utilizzare, la cadenza delle rate del canone di
leasing di ammortamento, la percentuale di “maxicanone” iniziale, lo spread da applicarsi sul tasso di interesse, la quotazione di riscatto) in modo che i concorrenti possano effettuare le loro valutazioni commerciali e tradurre il tutto in un unico valore, ovvero il canone dei beni oggetto della fornitura. Quest’ultimo sarà agevolmente confrontabile utilizzando le formule previste dal regolamento di attuazione del codice contratti, senza che le possibili variabili utilizzate nelle diverse offerte di leasing possano condurre ad una difficilissima – e talvolta non del tutto coerente – comparazione delle proposte formulate in sede di gara.
Infine, è stato rilevato che gli operatori economici tendono – in carenza di un riferimento normativo o, comunque, di una linea di indirizzo chiara per questa tipologia di contratti – a disertare le gare nelle quali si cerchi di proteggere la stazione appaltante dai rischi derivanti dall’obbligo di procedere, comunque. al pagamento delle rate di canone di leasing, anche in presenza di inadempimenti del fornitore (mancate o ritardate consegne, mancata rispondenza dei beni consegnati ai beni offerti, difettosità dei beni anche derivante da vizi occulti, mancata, inesatta o ritardata prestazione dei servi post vendita, etc.). Viene lamentato, in generale, che si tratta di previsioni contrarie alla prassi, in particolare, per quanto attiene alle eventuali clausole risolutive espresse del contratto di leasing, collegate alla difettosità dei prodotti forniti e/o al ritardato/mancato adempimento delle obbligazioni “post-vendita” (manutenzione, sostituzione dei beni non funzionanti), che esporrebbero le società di leasing a rischi eccessivi rispetto alle raccomandazioni della Banca d’Italia in ordine alla verifica dell’assunzione di rischi commerciali da parte degli intermediari finanziari. Come già rilevato, al fine di evitare alle società di leasing l’assunzione del rischio “imprenditoriale” gravante sul fornitore, potrebbe ipotizzarsi la costruzione – a latere del contratto di leasing e tra i componenti del raggruppamento - di un adeguato sistema di garanzie che tengano indenni queste ultime nel caso di mancato pagamento o parziale pagamento dei canoni, per l’applicazione di penali conseguenti ad inadempimenti propri del fornitore.
Di seguito si sintetizzano gli aspetti critici, sui quali si chiede di fornire osservazioni:
1. scelta del modello negoziale: il modello del contratto unico trilaterale sembrerebbe essere quello maggiormente adeguato alle peculiari esigenze delle stazioni appaltanti;
2 peculiarità del RTI: poiché la prestazione principale, sia in termini economici che sostanziali, è costituita dalla fornitura, il fornitore – e non la società di leasing – dovrebbe assumere il ruolo di mandatario. Il contratto, tuttavia, proprio per le particolarità già rammentate, non potrebbe essere sottoscritto dal solo mandatario anche per conto del mandante, ma dovrebbe essere unico e trilaterale;
3. confrontabilità delle offerte sotto il profilo economico: altra difficoltà risiede nella necessità
di strutturare la valutazione dell’offerta economica in modo da rendere il confronto tra le offerte effettivamente possibile ed evitare, al contempo, che nel caso di utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alcuni elementi “qualitativi” dell’offerta di leasing finiscano per anticipare all’esame tecnico alcuni elementi di carattere economico;
4. possibilità di strutturare un sistema di garanzie - a latere del contratto di leasing e tra i componenti del raggruppamento - che tengano indenni le società di leasing nel caso di mancato pagamento o parziale pagamento dei canoni, per l’applicazione di penali conseguenti ad
inadempimenti propri del fornitore.
5. Il contratto di disponibilità
Il cd. contratto di disponibilità, disciplinato dall’art. 160-ter del Codice14
ed annoverato dall’art. 3,
comma 15-ter tra i contratti di partenariato pubblico-privato, è il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio ed a spesa dell'affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell'amministrazione aggiudicatrice di un'opera di proprietà privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo (cfr. art. 3, comma 15-bis). Per messa a disposizione, si intende l’onere assunto a proprio rischio dall'affidatario di assicurare all'amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell'opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti.
In base al comma 1 dell’art. 160-ter, l’affidatario del contratto di disponibilità si remunera mediante i seguenti corrispettivi:
a) un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell'opera; il canone è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell'amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 3;
b) l'eventuale riconoscimento di un contributo in corso d'opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell'opera, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all'amministrazione aggiudicatrice;
c) un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all'eventuale contributo in corso d'opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato residuo dell'opera, da
14 La disposizione è stata introdotta dall’art. 44, c. 1, lett. d) del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 (come modificato dalla legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27) e successivamente modificata dall’art. 4-bis, c. 1, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, aggiunto dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134. Essa trova applicazione anche alle infrastrutture di cui alla parte II, titolo III, capo IV del Codice. In tal caso l'approvazione dei progetti avviene secondo le procedure previste agli articoli 165 e seguenti.
corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all'amministrazione aggiudicatrice.
A fronte di tale remunerazione, l'affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione dell'amministrazione aggiudicatrice. Più in particolare, ai sensi del comma 2 del citato art. 160-ter, il contratto deve determinare le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell'opera, derivanti dal sopravvenire di norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità. Salvo diversa determinazione contrattuale, i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore.
Con riguardo al procedimento, la disposizione in esame prevede che il bando di gara sia pubblicato con le modalità di cui all'articolo 66 ovvero di cui all'articolo 122 del Codice, secondo l'importo del contratto (sotto o sopra soglia di rilevanza comunitaria), ponendo a base di gara un capitolato prestazionale, predisposto dall'amministrazione aggiudicatrice.
L’articolo in esame non individua la procedura di gara da seguire, ma, essendo il criterio di aggiudicazione quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa (comma 3), si tratterà di preferenza di una procedura ristretta. Nonostante il silenzio della norma sul punto, si ritiene che attraverso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, debbano essere valutati sia l’offerta tecnica, ossia il progetto preliminare presentato dai concorrenti, sia l’offerta economica relativa al canone di disponibilità. Ciò anche in considerazione del rinvio espresso all’art. 83 del Codice, che annovera il prezzo tra le componenti da valutare in sede di aggiudicazione.
Con riguardo alla qualificazione, è espressamente previsto (art. 160-ter, comma 4) che al contratto di disponibilità si applicano le disposizioni del Codice in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici.
Dalla chiara formulazione della norma si evince, quindi, che il concorrente dovrà essere in possesso di attestazione SOA per l’esecuzione e la progettazione dell’opera, ovvero avvalersi di professionisti in possesso dei requisiti di qualificazione indicati nel bando e, inoltre, dovrà possedere i requisiti specifici relativi alla gestione tecnica dell’opera, ai fini della relativa messa a disposizione.
In merito all’individuazione delle categorie e qualifiche da richiedere ai fini della partecipazione, non avendo l’amministrazione alcun ruolo sulla progettazione – che è totalmente rimessa al privato – dovrà farsi riferimento al valore presunto dell’opera, come risultante dai contenuti del capitolato prestazionale che deve indicare, in dettaglio, le caratteristiche tecniche e funzionali che l’opera da costruire deve assicurare, insieme alle modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità.
Sotto il profilo della disamina dei presupposti soggettivi, non è necessario che il contratto sia stipulato con un operatore singolo, ben potendo operare, nella figura de quo, l’istituto del raggruppamento
temporaneo, eventualmente tra uno o più costruttori, così come non appare vietato il ricorso all’avvalimento dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi. Da valutare, poi, è la possibilità che del raggruppamento faccia parte anche l’istituto finanziatore, in considerazione dei vincoli fissati dal TUB in materia di esercizio di attività non creditizia da parte delle banche e degli intermediari finanziari. Nel caso del raggruppamento temporaneo di imprese andrebbe, altresì, valutata la possibilità, pure ipotizzata in dottrina, dell’uscita del costruttore dopo il collaudo se la parte rimanente dell’articolazione della RTI sia in grado di assicurare la gestione tecnica.
Poiché il finanziamento dell’opera è posto in tutto o in parte (nel caso in cui sia previsto un contributo dell’amministrazione in corso d’opera) a carico del privato, si ritiene che l’offerta debba essere corredata da un piano economico e finanziario che indichi le modalità di reperimento delle risorse economiche necessarie alla realizzazione dell’opera.
In merito alla fase di esecuzione, il comma 5 dell’art. 160-ter prescrive che il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le eventuali varianti in corso d'opera siano redatti a cura dell'affidatario, al quale è riconosciuta la facoltà di introdurre eventuali varianti finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione, nel rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti; il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le varianti in corso d’opera sono ad ogni effetto approvati dall'affidatario, previa comunicazione all'amministrazione aggiudicatrice e, ove prescritto, alle terze autorità competenti. Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell'affidatario.
Secondo il comma 6, l'attività di collaudo, posta in capo alla stazione appaltante, «verifica la realizzazione dell'opera al fine di accertare il puntuale rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e disposizioni cogenti e può proporre all'amministrazione aggiudicatrice, a questi soli fini, modificazioni, varianti e rifacimento di lavori eseguiti ovvero, sempre che siano assicurate le caratteristiche funzionali essenziali, la riduzione del canone di disponibilità».
15 Inoltre, dalla data di inizio della messa a disposizione da parte dell'affidatario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla messa a disposizione dell'opera, da prestarsi nella misura del dieci per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'articolo 113; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale. L'amministrazione aggiudicatrice valuta le offerte presentate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'articolo 83. Il bando indica i criteri, secondo l'ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse offerte. Gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel quadro economico degli investimenti e finanziati nell'ambito del contratto di disponibilità.
Pertanto, il collaudatore non verifica la rispondenza dell’opera al progetto, così come avviene, in generale, per le opere pubbliche, bensì la rispondenza della stessa al capitolato prestazionale che, in base al comma 5 del medesimo art. 160-ter, fissa le sole caratteristiche tecniche e funzionali che deve assicurare l’opera.
Le suddette disposizioni non appaiono sufficientemente coordinate con quanto previsto dall’art. 152 del Codice, che estende alle procedure di affidamento mediante finanza di progetto, alla locazione finanziaria e al contratto di disponibilità, le disposizioni di cui alla parte II, titolo III, capo I, del Codice, relative alla programmazione, alla direzione e all’esecuzione dei lavori.
A tale riguardo, si è rilevata la sostanziale incompatibilità della disciplina delle varianti con le previsioni speciali contenute al comma 6 dell’art.160-ter che, nel rimettere alla valutazione dell’affidatario la necessità di apportare modifiche al progetto in corso d’opera, rimarca il principio secondo il quale il rischio di costruzione e disponibilità è totalmente carico del privato.
Correlativamente, come suesposto, l’amministrazione recupera il potere di controllo sull’opera solo al suo completamento, ovvero in fase di collaudo, quando verrà effettuata la verifica della fruibilità dell’opera in conformità al capitolato prestazionale e potranno essere proposte modificazioni, varianti o rifacimenti ai lavori eseguiti, ovvero riduzioni del canone di disponibilità in relazione all’accertata ridotta fruibilità.
In base a quanto stabilito dal citato comma 6, il contratto deve individuare il limite di riduzione del canone di disponibilità superato il quale il contratto è risolto, anche a salvaguardia degli enti finanziatori. Attraverso la determinazione della soglia di risoluzione, la stazione appaltante si assicura un livello minimo di disponibilità dell’opera che sarà interesse dello stesso affidatario rispettare.
Al riguardo, come verrà evidenziato nei paragrafi che seguono, è stato osservato che il valore della soglia limite dovrebbe essere armonizzato con un’adeguata disciplina delle penali da applicare al canone nel caso in cui, pur senza raggiungere la soglia limite, vi sia una riduzione negli standard di fruibilità dell’opera.
E’ infine stabilito che l’amministrazione aggiudicatrice possa attribuire all'affidatario il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.
327. Si pone, al riguardo, la questione delle aree demaniali, se cioè esse possano o meno essere destinate a costituire il sedime di opere che, pur destinate ad un pubblico servizio, rimangono di proprietà del privato. Il profilo deve essere attentamente analizzato, considerando che, al termine del contratto di disponibilità, il privato si troverebbe ad occupare un’area demaniale senza titolo, in relazione a quanto previsto dalla disciplina dell’art. 823 del Codice Civile in tema di demanio pubblico.
5.1. Il canone di disponibilità
Il contratto di disponibilità, come confermato dalla definizione dell’istituto contenuta nell’art. 3, comma 15-bis del Codice, è un contratto sinallagmatico. Ciò è comprovato, sul piano letterale, dall’uso della locuzione “corrispettivo”, utilizzata nel comma 1 dell’art. 160-ter del Codice per descrivere le prestazioni cui è tenuto l’aggiudicatario.
L’Amministrazione aggiudicatrice è, infatti, tenuta a corrispondere, in primo luogo, un canone di disponibilità all’operatore privato, in dipendenza della effettiva disponibilità dell’opera. Per espressa disposizione normativa (cfr. art. 160-ter, comma 1), il canone di disponibilità, come del resto gli ulteriori eventuali corrispettivi previsti dalla norma, è soggetto a rivalutazione monetaria, diversamente dalle rate di mutuo e dai canoni di leasing. In linea teorica, questo consentirebbe all’amministrazione di corrispondere canoni più contenuti nei primi anni. Tuttavia, come anche evidenziato dalla dottrina, questa possibilità potrebbe mal conciliarsi con l’esigenza dell’operatore privato di potere disporre di flussi di cassa “corposi” proprio nelle fasi iniziali di esecuzione del contratto, per cui, probabilmente, troverà applicazione il principio della rata costante nella quale saranno implicitamente considerati gli adeguamenti monetari futuri. La Corte dei Conti – Sezione regionale di controllo per la Puglia – deliberazione n. 66/PAR/2012, ha osservato al riguardo che “ il contratto di disponibilità potrebbe confondersi con il leasing operativo o di godimento, il quale ha ad oggetto la messa a disposizione del conduttore di un bene che di solito è nella disponibilità del locatore, il quale si obbliga a fornire altresì i servizi connessi alla perfetta efficienza del bene stesso (…) dietro pagamento dei canoni; i quali, diversamente dal leasing finanziario, non contengono alcuna porzione di prezzo ma sono ragguagliati al valore di utilizzazione del bene”.
Il canone, dunque, è il corrispettivo per la messa a disposizione di un’opera perfettamente funzionante, per tutta la durata contrattuale. Come per il leasing finanziario, la stazione appaltante deve effettuare una puntuale analisi di tutte le spese previste, per assicurarsi adeguati e costanti livelli di fruibilità dell’opera, tenendo conto, quindi, delle spese relative alla progettazione e alla costruzione e di quelle relative alla manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il quadro complessivo delle spese previste fornisce alla stazione appaltante gli elementi utili per la definizione del canone periodico da porre a base di gara, sul quale richiedere ai concorrenti un ribasso ai fini della valutazione dell’offerta economica.
Qualora fosse prevista l’opzione del riscatto finale, il canone avrebbe una natura mista, comprenderebbe cioè, in analogia al leasing finanziario, due componenti: una per la messa a disposizione dell’opera ed una per il finanziamento finalizzato all’acquisto. In tal caso, oltre a stabilire la somma per il trasferimento finale dell’opera, la stazione appaltante dovrebbe quantificare le due componenti soprattutto ai fini della possibile riduzione del canone e della risoluzione del contratto, nel caso lo stesso scendesse al di sotto della soglia prefissata. Infatti, potrebbe valutarsi l’opportunità che la riduzione
interessi solamente la componente di disponibilità, direttamente collegata alla fruibilità dell’opera e non anche quella di finanziamento, che assolve alla diversa funzione dell’acquisto finale del bene. In ogni caso, il contratto dovrebbe specificare se la riduzione si applica ad entrambe le componenti oppure solo a quella di disponibilità.
Altro elemento da valutare è se sia possibile o meno prevedere un canone di disponibilità fisso. La questione deve essere affrontata alla luce di quanto disposto dal comma 3 dell’art. 160-ter del Codice, nella parte in cui afferma: “Il bando (…) indica (…) le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità, nei limiti di cui al comma 6”, nonché del principio, del pari sancito dalla previsione in commento (cfr. art. 160-ter, comma 2), secondo cui “l’affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell’opera per il periodo di messa a disposizione dell’amministrazione aggiudicatrice”.
I principi appena richiamati sembrerebbero porsi in contrasto con la previsione di un canone fisso che eliminerebbe, da un lato, il potere dell’amministrazione aggiudicatrice di operare riduzioni o annullamenti del canone e che, dall’altro, rischierebbe di vanificare l’impianto normativo dei rischi così come disciplinato dal contratto, specie con riguardo all’assunzione del rischio della gestione tecnica dell’opera.
Tale aspetto dovrebbe essere vagliato e verificato anche alla luce della considerazione che la previsione di un canone fisso potrebbe favorire la bancabilità delle operazioni in oggetto, traducendosi in una diminuzione dei rischi assunti dall’affidatario.
Al riguardo, la Corte dei Conti - Sezione regionale di controllo per la Puglia – deliberazione n. 66/PAR/2012, ha affermato che: “Viceversa, pagamenti regolari sotto forma di canoni invariabili non parametrati all’effettivo volume dei servizi prestati non consentono una effettiva assunzione di rischio da parte del partner privato ”.
Sembra, comunque, deporre in favore della soluzione positiva la considerazione secondo cui non va confuso il carattere fisso e/o variabile del canone con la possibilità che lo stesso sia decurtato in caso di impossibilità d’uso parziale o totale dell’opera. Pertanto, il canone ben potrebbe consistere in un pagamento fisso, ma dovrebbe comunque essere assoggettato a riduzione totale o parziale in funzione dell’effettivo livello di fruibilità dell’opera.
Si è ulteriormente osservato che, pur nel silenzio della legge, il canone di disponibilità deve essere accompagnato da un canone per i servizi di gestione tecnica, visto che all’affidatario spetta anche tale gestione. Si potrebbe anche ipotizzare una divisione del canone, in modo da far emergere la quota destinata ai servizi di gestione tecnica. Ci si è chiesti, poi, se la gestione tecnica possa ricomprendere anche l’affidamento di altri servizi, come quelli di pulizia, energia, servizi di mensa, di lavanderia, di telecomunicazione o trasmissione dati.
Si chiede di presentare osservazioni e valutazioni, nonché di segnalare eventuali problematiche o criticità con riferimento alle modalità di determinazione del canone di disponibilità da porre a base di gara.
5.1.1. Il contributo in corso d’opera e l’eventuale trasferimento finale
Come visto poc’anzi, la remunerazione dell’affidatario può avvenire anche attraverso un contributo in corso d’opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo della costruzione della stessa, in caso di trasferimento della proprietà all’amministrazione aggiudicatrice. La previsione di un limite quantitativo, in relazione al contributo in corso d’opera, è volta a salvaguardare il rispetto di uno degli indici previsti in ambito europeo per de-contabilizzare l’investimento privato dal bilancio pubblico. Tuttavia, la previsione lascia aperte una serie di questioni interpretative di grande portata operativa. In primo luogo, la norma non individua il momento del trasferimento della proprietà in capo all’amministrazione aggiudicatrice.
La circostanza non appare irrilevante se solo si considera che, come meglio si dirà fra poco, il carattere privato dell’opera è un aspetto qualificante del contratto di disponibilità, come confermato dalla restante disciplina normativa, che predispone un assetto di interessi fortemente sbilanciato a favore dell’amministrazione aggiudicatrice (e a svantaggio dell’operatore privato), anche in ragione del carattere privato dell’opera. Ciò trova conferma sia nella disciplina delle garanzie che gravano sull’operatore privato sia nei già ricordati poteri, riconosciuti all’amministrazione aggiudicatrice, di disporre riduzioni o annullamenti del canone nei periodi di ridotta o nulla disponibilità del bene da parte del soggetto pubblico.
Questi effetti, che indubbiamente si spiegano anche in ragione del fatto che la titolarità dell’opera è, come detto, attribuita all’operatore privato, potrebbero risultare difficilmente giustificabili qualora, per ipotesi, si prevedesse il trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice nella fase iniziale di esecuzione del contratto ovvero in una fase anticipata rispetto alla conclusione del contratto. Va da se che, qualora sia previsto un contributo pubblico, soprattutto se di importo consistente, il riscatto finale non sarebbe più una mera e propria opzione quanto, piuttosto, un vincolo al quale, analogamente a quanto previsto per il leasing in costruendo, l’amministrazione difficilmente potrebbe sottrarsi.
In ordine alla quantificazione del contributo, seppur nel limite quantitativo inderogabile previsto dalla norma, vanno evidenziate le correlazioni con la disciplina urbanistica e con i relativi oneri economici. Si tratta, infatti, come più volte ricordato, di un’opera privata seppur destinata ad un fine pubblico. Di conseguenza, se l’opera potrà essere fatta rientrare nelle fattispecie di cui all’art. 17, comma 3, lettera c),
del d.P.R. n. 380/2001, beneficerà del carattere gratuito della stessa. In caso contrario, il privato, titolare di un permesso di costruire, dovrà corrispondere al comune il contributo di costruzione. Questo determinerà un incremento dell’investimento che finirà per avere ripercussioni sul canone di disponibilità. Analoga valutazione meriterebbe l’ulteriore questione interpretativa relativa al parametro di riferimento del cinquanta per cento riferito al costo di costruzione. Al riguardo, non è chiaro se il costo di costruzione cui si riferisce la previsione in oggetto sia riferito al costo indicato nel progetto preliminare ovvero al costo reale, così come risultante dalla contabilità dell’affidatario al momento della consegna.
La lettera c) del comma 1 dell’art. 160-ter del Codice, infine, prevede un ulteriore arricchimento del contenuto del contratto, a mezzo della previsione di un eventuale prezzo di trasferimento che si ricollega al carattere, meramente eventuale, del trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice. A differenza del leasing traslativo, nel quale il trasferimento avviene solitamente ad un costo “irrisorio”, commisurato ai pagamenti già effettuati a titolo di prezzo e finanziamento corrisposti per l’acquisto dell’opera, nel caso in esame, la quantificazione del trasferimento andrà attentamente valutata, parametrandone il prezzo al valore di mercato del bene, tenendo conto dei canoni già versati e dell’eventuale contributo in corso d’opera, come previsto dalla norma.
0.0.0.Xx riduzione del canone e soglia di risoluzione del contratto
L’art. 160-ter del Codice prevede che il canone sia proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità dell’opera per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell'amministrazione aggiudicatrice. Le modalità per la determinazione della riduzione del canone devono essere stabilite nel capitolato prestazionale. Il contratto, inoltre, individua, anche a salvaguardia degli enti finanziatori, il limite di riduzione del canone di disponibilità superato il quale il contratto è risolto.
Dalla lettura delle varie disposizioni è quindi evidente l’intento del legislatore di stabilire un legame molto stretto tra la remunerazione del contraente e gli standard di fruibilità dell’opera. Poiché, come accennato, la causa tipica del contratto è quella di mettere a disposizione dell’amministrazione un’opera perfettamente funzionante per un certo periodo di tempo, appare naturale che il canone venga decurtato in ragione della eventuale ridotta o nulla funzionalità e che, qualora lo stesso scenda al di sotto di determinati livelli prefissati, si debba procedere alla risoluzione del contratto. L’ipotesi della risoluzione è posta a tutela sia dei soggetti finanziatori, come espressamente previsto dalla norma stessa, i quali vedrebbero pregiudicata la remunerazione del capitale investito, sia della stessa amministrazione
appaltante, che si troverebbe a dover offrire un servizio pubblico senza avere a disposizione le strutture adeguate al suo svolgimento.
Sebbene l’ipotesi di riduzione del canone risponda a precise esigenze di tutela delle parti interessate e degli utenti finali del servizio che viene erogato mediante l’opera realizzata, non appare semplice l’individuazione di tutte le fattispecie idonee a far “scattare” la prescritta riduzione. Infatti, considerato che il contratto non avrà una durata limitata bensì impegnerà le parti per un periodo medio-lungo, appare difficile prevedere puntualmente nel contratto tutte le ipotesi di vizio o malfunzionamento dell’opera che dovrebbero portare alla riduzione del canone. Benché sia possibile identificare molte di tali fattispecie, persiste comunque l’incertezza in ordine alla possibilità concreta di attribuire la ridotta fruibilità ad una chiara responsabilità dell’affidatario. Al fine di ottenere le più ampie garanzie circa il rispetto degli standard fissati nel contratto, nonché di prevenire possibili controversie con l’affidatario, prima della stipula del contratto, la stazione appaltante dovrà effettuare un’attenta e puntuale analisi di tutti i rischi connessi alla gestione dell’opera. Tale analisi servirà a tenere ben distinti i rischi che possono essere controllati direttamente dal contraente, e che, quindi, dovrebbero tradursi in fattispecie da associare alla riduzione del canone, da quelli che invece sfuggono alla sua sfera di controllo. Ad esempio, eventuali criticità connesse all’erogazione dei servizi idrico-energetici possono essere attribuite a difetti o malfunzionamenti sia delle opere e degli allacci realizzati dall’affidatario sia degli impianti e delle strutture che fanno capo al soggetto gestore della rete. Solo la prima circostanza appare idonea a costituire un’ipotesi di riduzione del canone, in quanto associata ad elementi che rientrano nel pieno controllo dell’affidatario.
Naturalmente, il contratto dovrà prevedere puntualmente in che misura andrà abbattuto il canone. Nell’esempio precedente, qualora si accertasse che l’interruzione o riduzione della fornitura di energia sia imputabile al contraente, si potrebbe prevedere una riduzione del canone di una certa percentuale o di una somma monetaria proporzionale al tempo (es. giorni) di interruzione/riduzione delle forniture.
Si tenga presente che la stazione appaltante può tutelarsi da eventuali difetti o malfunzionamenti anche attraverso un idoneo sistema di penali, sulle quali è anche previsto l’obbligo di costituzione di una garanzia pari al 10% del costo annuo operativo di esercizio, ai sensi del comma 3 dell’art. 160-ter.
Ciò conferisce all’amministrazione committente una certa flessibilità nello scegliere quali fattispecie sanzionare con l’uno o con l’altro strumento. Tenuto conto che la penale si configura più come un meccanismo “deterrente” che non come misura “punitiva” del comportamento opportunistico del contraente e che, pertanto, il suo livello non può essere sproporzionato rispetto alla violazione contrattuale cui si riferisce, appare preferibile che le stesse siano destinate a regolamentare difetti e criticità di minore rilevanza, lasciando alla riduzione del canone gli aspetti di maggiore rilievo, fermo restando che dovranno comunque essere garantite le caratteristiche funzionali essenziali dell’opera.
La stazione appaltante dovrà valutare attentamente la misura in cui ciascuna fattispecie individuata determinerà la riduzione del canone. Ciò appare necessario anche in relazione a quanto previsto dal succitato comma 6 dell’art. 160-ter, in tema di risoluzione del contratto nel caso in cui il canone dovesse scendere sotto la soglia prefissata.
A tale proposito, i primi commenti di dottrina hanno segnalato una possibile contraddittorietà dei dati normativi. Infatti, da un lato, la norma prevede che il canone può essere ridotto o annullato per i periodi di ridotta o nulla disponibilità dell’opera, dall’altro, chiarisce che il contratto individua il limite di riduzione del canone di disponibilità, superato il quale il contratto è risolto. Da ciò si è dedotto che l’annullamento del canone di cui alla lett. a), dell’art. 160-ter del Codice possa essere applicato solo per periodi limitati di indisponibilità del bene.
Secondo, invece, un'altra chiave interpretativa, la riduzione del canone prevista dalle norme richiamate (art. 160-ter, comma 1, lett. a), e comma 6) si riferirebbe in realtà a due fattispecie ontologicamente differenti: la prima (art. 160-ter, comma 1, lett. a) concerne cause di indisponibilità parziale o totale nel corso del contratto; la seconda (cfr. art. 160-ter, comma 6) riguarda, invece, il mancato rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e disposizioni cogenti, accertato in sede di collaudo, fattispecie, quest’ultima, alternativa alla risoluzione del contratto, ed operante nei casi in cui l’inadempimento può essere rimediato con modifiche, varianti o rifacimenti di lavori.
Si osservi, inoltre, che la fattispecie di risoluzione del contratto è individuata dalla norma con riferimento alle attività di collaudo di cui al succitato comma 6. Da ciò si potrebbe ritenere che il contratto possa essere risolto solo in caso di esito negativo del collaudo, cioè qualora in tale sede emergessero difetti o vizi tali da comportare un abbattimento del canone sufficiente ad oltrepassare la soglia fissata. In realtà, sembra più logico ritenere che la soglia sia vincolante non solo in fase di collaudo ma anche e, soprattutto, in fase di esecuzione del contratto, nel corso della quale l’affidatario deve garantire la piena e fruibilità dell’opera realizzata.
Il combinato disposto del comma 1, lett. a), e del comma 6 dell’art. 160-ter porta a ritenere che la stazione appaltante debba effettuare un’attenta valutazione circa la possibilità di azzeramento del canone di cui alla lett. a) del comma 1; soluzione che dovrebbe essere adottata solo in casi eccezionali e per periodi estremamente limitati, legati ai tempi strettamente necessari al ripristino della piena funzionalità dell’opera. Al di fuori di tali circostanze eccezionali, si ricadrebbe automaticamente nella situazione delineata al comma 6, nella quale la risoluzione del contratto sarebbe la necessaria conseguenza di una “strutturale” inutilizzabilità dell’opera.
Altro aspetto da evidenziare è che la norma non chiarisce i margini riconosciuti all’autonomia privata. Ferma restando l’obbligazione di risultato dell’affidatario di assicurare l’effettiva disponibilità dell’opera (effetto, questo, che, nell’economia del contratto e della sua causa, non sembra possa essere negoziato dalle parti, pena uno stravolgimento della causa del contratto e una fuoriuscita dal tipo contratto di disponibilità), occorre verificare se siano possibili rimedi alternativi a quelli della riduzione o annullamento del canone, espressamente previsti e disciplinati dalla legge. Al riguardo, si dovrebbe valutare se, in luogo della (o in combinazione con la) riduzione del canone, sia possibile prevedere una polizza fideiussoria che copra i rischi della mancata o incompleta messa a disposizione del bene; opzione che potrebbe risultare particolarmente vantaggiosa, soprattutto in periodi di crisi e stagnazione economica.
In ogni caso, l’individuazione della soglia di risoluzione risulta cruciale per le sorti del rapporto contrattuale. In linea di principio, la stazione appaltante deve trovare il giusto equilibrio tra due esigenze contrapposte: da un lato, avere la garanzia di un’opera sempre in perfetto funzionamento, il che suggerisce di fissare una soglia relativamente alta, che incentivi il contraente ad essere costantemente efficiente per tutta la durata contrattuale, dall’altro, evitare che si giunga alla risoluzione del contratto per malfunzionamenti o criticità di lieve entità, il che suggerisce di fissare una soglia relativamente bassa, prevendendo quindi una certa area di tolleranza per eventuali inefficienze.
Poiché la soglia costituisce lo spartiacque tra il proseguimento del rapporto tra le parti e la sua cessazione, la stazione appaltante deve chiaramente indicarne il valore nel contratto, come previsto dall’art. 160-ter, comma 6.
L’indicazione della soglia nel contratto risponde non solo all’esigenza di stabilire sin dall’inizio qual è il livello al di sotto del quale gli standard di fruibilità non devono mai scendere ma, altresì, di permettere ai potenziali concorrenti di effettuare un’accurata valutazione dei rischi di gestione ed una corretta formulazione dell’offerta in gara. In altri termini, il livello della soglia produce dei riflessi significativi a monte dell’intera procedura ovvero in fase di confronto competitivo. A parità di altre condizioni, infatti, una soglia “alta” determinerà un maggior rischio di gestione per il contraente e quindi spingerà i concorrenti ad offrire un canone più elevato. Viceversa, una soglia “bassa” ridurrà tale rischio e, conseguentemente, il prezzo offerto.
Un altro aspetto da considerare è che la stazione appaltante dovrà attentamente disciplinare le modalità ed i tempi di effettiva risoluzione del contratto. Nel caso in cui l’opera sia destinata alla produzione di servizi continuativi ed essenziali - quali ad esempio, quelli erogati da ospedali, scuole o carceri - e non sia prevista l’opzione del riscatto finale, la cessazione del rapporto contrattuale deve avvenire in modo tale da non incidere negativamente sullo svolgimento degli stessi. Al fine di evitare interruzioni o
carenze, appare estremamente importante che il contratto fornisca adeguate garanzie alla stazione appaltante e, nello specifico, preveda modalità e tempistiche che permettano l’individuazione di un’altra opera/struttura idonea allo svolgimento del servizio. Tale problema, naturalmente, si pone anche alla scadenza naturale del contratto, ma in quella circostanza la stazione appaltante avrà a disposizione il tempo necessario per programmare l’eventuale passaggio alla nuova struttura.
Per i motivi sopra esposti, appare evidente che il contratto di disponibilità, almeno nella versione che non prevede l’acquisizione della proprietà dell’opera da parte dell’amministrazione, trovi la sua ideale applicazione a quei contesti in cui effettivamente il servizio sia svolto per un periodo di tempo limitato. Viceversa, qualora sia previsto il riscatto finale, lo schema negoziale presenterà diverse analogie con il leasing in costruendo e risulterà particolarmente adatto alla realizzazione di opere finalizzate allo svolgimento di servizi essenziali e continuativi.
Si chiede di presentare osservazioni e valutazioni, nonché di segnalare eventuali problematiche o criticità con riferimento:
1. alle fattispecie idonee a produrre la riduzione del canone;
2. alla determinazione della misura della riduzione;
3. alla determinazione della soglia di risoluzione del contratto.
5.2. Aspetti critici del contratto di disponibilità e differenze con il leasing in costruendo
Rispetto allo schema del leasing traslativo, come noto caratterizzato dalla complessità del rapporto giuridico, vista la partecipazione di tre distinti soggetti: amministrazione aggiudicatrice, impresa costruttrice ed ente finanziatore, il contratto in oggetto è stipulato, una volta esaurita la fase ad evidenza pubblica, dall’amministrazione aggiudicatrice e dall’impresa costruttrice. Questo significa che l’amministrazione non ha rapporti diretti con gli enti finanziatori, essendo il rapporto concluso con un solo interlocutore (l’impresa). Questa peculiarità del contratto di disponibilità rappresenta un indubbio vantaggio per l’amministrazione aggiudicatrice, rispetto al leasing traslativo. Infatti, nel caso del leasing, la banca è parte del rapporto ovvero è uno dei contraenti, a seconda che si segua la tesi del rapporto trilatero ovvero quella del collegamento negoziale. Di conseguenza, gli istituti di credito sono soliti operare analisi molto approfondite dei rating delle amministrazioni aggiudicatrici per valutare
l’affidabilità dei loro debitori. Tutto ciò non avviene nel contratto di disponibilità, proprio perché il contratto è concluso solo con il costruttore e l’intermediario/banca finisce per finanziare solo l’impresa. Tuttavia, sotto certi aspetti, ciò potrebbe amplificare i rischi per la banca dovuti all’impossibilità di rivalersi sull’ente pubblico. A tali maggiori rischi corrisponde un maggior costo del servizio del debito e, di conseguenza, una maggiorazione del canone.
Un’altra differenza rilevante tra il contratto di disponibilità e il leasing traslativo è la flessibilità della struttura negoziale associata alle modalità di remunerazione dell’affidatario. Poiché lo scopo primario dell’operazione non è il finanziamento diretto all’acquisizione finale dell’opera, quanto, piuttosto, il suo utilizzo per un periodo limitato di tempo, l’amministrazione ha la facoltà di decidere se inserire o meno nel contratto la clausola del trasferimento finale. Qualora, tale opzione fosse prevista, l’amministrazione avrebbe l’opportunità di remunerare l’affidatario, oltre che attraverso la corresponsione del canone, anche mediante l’erogazione di un contributo in corso d’opera, benché non superiore al cinquanta per cento del valore dell’operazione.
Un terzo aspetto che contraddistingue il contratto di disponibilità è che quasi tutti i rischi sono trasferiti in capo all’aggiudicatario il quale, di regola, dovrà:
a) provvedere interamente alla progettazione e alla realizzazione dell’opera in conformità alle caratteristiche funzionali specificate nel capitolato prestazionale;
b) reperire il finanziamento;
c) mantenere – per tutta la durata del contratto – gli standard di fruibilità dell’opera, pena la riduzione del canone o la risoluzione contrattuale.
Un quarto aspetto da evidenziare è che, mentre l’art. 160-bis prevede espressamente che la locazione finanziaria possa essere utilizzata per l’acquisizione, il completamento o la realizzazione di un’opera, la disciplina dell’art. 160-ter relativa al contratto di disponibilità non specifica nulla al riguardo. Sul punto, si rileva che la base di gara per l’affidamento del contratto di disponibilità è costituita da un capitolato prestazionale, elemento che lascia supporre che la stazione appaltante debba fissare solo le caratteristiche prestazionali/funzionali dell’opera, lasciando all’aggiudicatario la facoltà di stabilire le specifiche modalità realizzative – opera ex novo o completamento/riqualificazione di opera esistente. Tuttavia, poiché lo stesso art. 160-ter prevede che l’offerta dei concorrenti debba essere corredata anche da un progetto preliminare, l’ipotesi che l’istituto sia rivolto principalmente alla realizzazione ex novo di un’opera appare quella più aderente al dettato normativo.
Tale aspetto assume particolare rilevanza, soprattutto in considerazione del fatto che un’interpretazione restrittiva dell’art. 160-ter sul punto, oltre a produrre una limitazione delle potenzialità progettuali e di
offerta da parte del mercato, introdurrebbe un elemento di rigidità che risulterebbe in contrasto con lo spirito della norma di fornire alle amministrazioni pubbliche uno strumento innovativo e flessibile per la realizzazione di opere destinate a servizi di pubblica utilità.
Il trasferimento ex lege della maggior parte dei rischi in capo all’affidatario solleva dei dubbi anche in ordine alla effettiva convenienza per un operatore economico ad investire nella realizzazione e nella gestione di un’opera da realizzare ex-novo. L’assenza di un vero e proprio commitment al riscatto finale della stessa, associata ad una soglia di risoluzione del contratto particolarmente elevata, potrebbe determinare esiti negativi per l’amministrazione, costituiti, in particolare, da gare deserte ovvero dalla presentazione di un numero estremamente limitato di offerte, con l’indicazione di canoni di locazione particolarmente alti, commisurati alla elevata rischiosità dell’operazione.
L’ipotesi più coerente con quelle che sembrano essere le finalità tipiche del contratto di disponibilità, ovvero la costruzione e la messa a disposizione di un’opera per un periodo di tempo determinato, appare quella del “riadattamento” alle specifiche finalità pubbliche di una struttura già esistente e nella disponibilità del contraente.
In tal senso, anche ai fini della corretta impostazione delle varie fasi della procedura di gara e di una ottimale definizione dei criteri di valutazione tecnico-economica nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa, appare importante valutare le fattispecie in cui può concretamente essere applicato l’istituto, ovvero le possibili finalità pubbliche che potrebbero essere perseguite tramite il suo utilizzo. Al riguardo, una prima indicazione è fornita dallo stesso legislatore nella relazione illustrativa al d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, laddove si prevede che “Attraverso la nuova procedura potranno essere realizzati edifici ad uso ufficio da destinare, per un periodo di tempo predefinito, all’utilizzo pubblico”.
Alla luce di quanto sopra considerato, si chiede di presentare osservazioni e valutazioni:
1. sul tema della ripartizione dei rischi tra amministrazione e soggetto affidatario;
2. sulla possibilità di utilizzare il contratto di disponibilità sia per la realizzazione ex novo di opere sia per il completamento di opere già esistenti.
Si chiede, altresì, di segnalare le possibili attività o servizi pubblici che si ritengono più coerenti con le finalità del contratto di disponibilità.