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I singoli contratti
Contratto d’opera
Il contratto d’opera: un modello italiano di service contract?
di Xxxxx Xxxxxxx (*) (**)
Il contratto d’opera integra la più spiccata particolarità italiana in materia di contratti di servizi, ma è nel nostro stesso ordinamento giuridico per lo più svalutato. Con questo scritto, si intende sollevare il dubbio circa la preferibilità di una diversa impostazione, grazie alla quale il contratto d’opera potrebbe persino ambire a presentarsi come un modello di riferimento nell’attuale dibat- tito internazionale.
Introduzione: dal Draft Common Frame of Reference al progetto preliminare pavese di “Codice europeo dei contratti”
Ormai da vari anni, si è imposto al centro del di- battito giuridico internazionale il tema del service contract, o meglio, per la molteplicità delle figure prese in considerazione, dei service contracts. Un fondamentale ruolo propulsivo è stato indubbia- mente svolto dal Draft Common Frame of Reference, nel cui Libro IV, la Parte C è dedicata proprio ai Services. Questa Parte è poi suddivisa in vari capi- toli, il primo dedicato alle General provisions, il se- condo alle Rules applying to service contracts in gene- ral, e i capitoli seguenti a singole, specifiche tipolo- gie di service contracts, cioè: Construction, Proces- sing, Storage, Design, Information and advice, Treat- ment (1). Si tratta di una disciplina fortemente in- novativa rispetto alla tradizione europea continen- tale (2) (la quale fondamentalmente si basa, al contrario, su una concezione generale e astratta
delle tipologie contrattuali), che ha suscitato molti commenti dottrinali, in alcuni casi nettamente cri- tici (3).
Da ultimo, anche l’Accademia dei Giusprivatisti europei di Pavia ha pubblicato la terza parte del progetto preliminare del suo “Codice europeo dei contratti”, dedicata proprio ai “contratti di servi- zi”. Quest’ultima disciplina, peraltro ancora prov- visoria (4), è, invece, almeno dal punto di vista del diritto italiano, molto più tradizionalista, in quanto riproduce - sia pure con numerosi modifi- che e adattamenti - tutte le principali tipologie contrattuali del Codice civile. Però, nel progetto pavese, le tre tipologie contrattuali dotate di am- bito di applicazione più generale, cioè (tacendo, tra l’altro, della mediazione, pur presente e im- portante, ma che ha una rilevanza più particola- re) mandato, appalto (ristretto peraltro alla sola fattispecie in cui l’appaltatore si impegni “a com- pletare o modificare e consegnare al committente
(*) Le riflessioni presentate in questo scritto sono state in parte anticipate, in lingua tedesca, il 12 novembre 2015 presso l’Università di Verona (Seminario italo-tedesco di presentazio- ne del Dottorato di ricerca congiunto con l’Universität Bayreuth in tema di “Recht und Rechtsdurchsetzung in Europa”) e il 21 dicembre 2015 presso l’Universität Salzburg (Seminario con- giunto Verona-Salisburgo per l’anno 2015), nonché, in lingua italiana, il giorno 8 giugno 2016 presso l’Università di Trento (Corso di Dottorato in Studi Giuridici Comparati ed Europei).
(**) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, al vaglio del Comitato di valutazione.
(1) Anche se altri contratti che avrebbero potuto essere di- sciplinati in questa stessa sede si trovano invece altrove: l’e- sempio più eclatante è quello del mandato, cui è stata riserva- ta una Parte autonoma, la D.
(2) Come sottolinea, tra i tanti, X. Xxxx, Der Entwurf für einen
Gemeinsamen Referenzrahmen im Prozess der europäischen Rechtsvereinheitlichung, in X. Xxxxxxx - X. Xxxxxxxxx (a cura di), Europäisches Privat- und Unternehmensrecht, in Enzyklopä- die Europarecht (a cura di A. Hatje - P.C. Xxxxxx - Xxxxx), 6, Ba- den-Baden, 2016, 1209 (opera su cui sia consentito rinviare al- la mia recensione in corso di stampa in Contr. e Impresa/Euro- pa, n. 2/2016).
(3) Xxx. XX.XX., Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, a cura di
X. Xxxxxxxxxx, passim.
(4) X. Xxxxxxxx, I contratti di servizi nel progetto dell’Accade- mia di Pavia, in Riv. trim. dir. proc., 2015, 725, parla, infatti, di un “testo normativo pubblicato (...) suscettibile di emendamenti, integrazioni, ridimensionamenti, che verranno in discussione nel convegno accademico che seguirà”; Id., Premessa all’edizione italiana, in Codice europeo dei contratti. Progetto preliminare, Li- bro secondo - 2 - Dei contratti di servizi, Milano, 2014, X.
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un bene nuovo e diverso di natura materiale, mo- bile o immobile” (5)) e contratto d’opera (que- st’ultimo peraltro denominato “contratto di servi- zio”), sembrano - a una prima lettura - complessi- vamente impostate abbastanza a sfavore del con- tratto d’opera (rectius, contratto di servizio), al quale sono destinate poco più che mere “minu- zie” (6) di disciplina (e il quale è tendenzialmente incentrato sulla nozione di obbligazione di risul- tato, in contrapposizione peraltro a una ulteriore disciplina “Delle prestazioni intellettuali e delle professioni liberali”, quest’ultima tendenzialmen- te incentrata, invece, sulla nozione di obbligazio- ne di mezzi) (7).
L’individuazione di modelli di disciplina idonei a orientare questo dibattito è, pertanto, un’esigenza sempre più sentita, ma ancora lontana dall’essere compiutamente soddisfatta. Anziché ricorrere a so- luzioni radicalmente innovative, che rompono in modo netto con le tradizioni nazionali, ci si può peraltro legittimamente chiedere se non sia preferi- bile rifarsi ad almeno uno dei modelli di disciplina già esistenti in questa materia in Europa, tra i quali ha ben diritto di figurare, come possibile modello di riferimento, anche quello offerto dal diritto ita- liano.
Potrebbe però sembrare, a un giurista straniero, dif- ficile che il diritto italiano orienti il dibattito in- ternazionale, se è vero che - come sentii dire una volta, nel corso di una delle sue “Aktuelle Stun- den”, al Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx, il quale, se ben ricordo, aggiunse però anche un “purtroppo” - i modelli giuridici viaggiano spesso da nord verso sud, e solo raramente da sud verso nord.
Ciò nonostante, in questo contributo, vorrei solle- vare il dubbio (almeno per il momento, solo il dubbio) che un modello particolarmente interes- sante, anche in ottica comparatistica, il diritto ita-
xxxxx, invece, lo contenga eccome, e che questo modello sia il tipo del contratto d’opera (8).
Ma procediamo con ordine, prendendo le mosse da alcuni riferimenti alla storia del diritto, fondamen- tali per capire come il Codice civile del 1942 sia potuto arrivare al suo attuale assetto.
I fondamenti romanistici dei service contracts: locatio conductio e mandatum
Nel diritto romano, in materia contratti di servizi, il tipo fondamentale è la locatio conductio (9), cui si aggiunge, quale altro contratto tipico di generale rilevanza nella nostra materia, sostanzialmente solo il mandatum.
La locatio conductio è un contratto oneroso. Essa, a partire da un certo punto dell’epoca moderna sarà suddivisa nelle tre diverse figure della locatio rei, dove il locatore si obbliga a concedere il godimen- to di una cosa al conduttore, il quale si obbliga a pagare un canone (merces); della locatio operarum, dove il locatore - “lavoratore” si obbliga a mettere la propria attività a disposizione del conduttore, il quale si obbliga a pagare un corrispettivo (di nuo- vo, merces); e, infine, della locatio operis (faciendi), dove il conduttore-prestatore (redemptor) si obbliga a compiere una attività, su una cosa generalmente (ma, almeno a partire dall’epoca classica, non ne- cessariamente) messagli a disposizione dal locatore, il quale si obbliga a pagare un corrispettivo (anco- ra, merces) (10).
Secondo un orientamento, però, la nozione roma- nistica di locazione sarebbe, in realtà, unitaria (11), fondamentalmente in quanto, secondo lo schema originario, centrale sarebbe il fatto che il locator metta a disposizione del conductor una res, da resti- tuire, a seconda dei casi, dopo averne goduto o do- po averla manipolata (anche se, con riguardo alla locatio operarum, questa ricostruzione comporta l’a- nomalia - perlomeno dal punto di vista odierno -
(5) Art. 264, su cui v. X. Xxxxxxxx, Relazione del Coordinato- re, in Codice europeo dei contratti. Progetto preliminare, Libro secondo - 2 - Dei contratti di servizi, cit., 199 s., e anche la re- censione di C.M. Xxxxxx, in Riv. dir. civ., 2015, 1473.
(6) X. Xxxxxxxx, I contratti di servizi nel progetto dell’Accade- mia di Pavia, cit., 731.
(7) Cfr. X. Xxxxxxxx, op. ult. cit., 727 e 729 ss.; Id., Relazione del Coordinatore, cit., 219 e 225.
(8) Per uno spunto in questo senso, v. X. Xxxxxxxx, Media- zione e mandato, per tacer del contratto d’opera, Jena, 2011, 82, secondo cui occorre chiedersi “se non sia giunto il tempo di fare del contratto d’opera un contratto avente per oggetto qualsivoglia specie di servizi, materiali, giuridici, intellettuali; sal- ve soltanto specifiche e limitate eccezioni, dovute alle peculiarità del servizio reso, così forti da non consentire di riportarne la di- sciplina allo schema generale”.
(9) Cfr. X. Xxxxxxxxxx, The Law of Obligations, Oxford, 1996, 342, secondo cui “the Romans always contented them- selves with locatio conductio as a residual category for all types of bilateral agreements except sales, where the prestation of one of the parties had to be in money”.
(10) Per queste definizioni, v., per tutti, X. Xxxxxxxxx, Istitu- zioni di diritto romano, Milano, 1990, 593.
(11) Per questa posizione, v., per esempio, X. Xxxxxxx-Xxxx, Istituzioni di diritto romano, Napoli, 1921, 235 ss. Cfr. pure X. Xxxxxxx, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intel- lettuali, in Trattato di diritto civile e commerciale, già diretto da
X. Xxxx - X. Xxxxxxxx, continuato da X. Xxxxxxx, XXVII, 1, Mi- lano, 1996, 50, nt. 147, dove si sostiene che la bipartizione tra locatio operarum e locatio operis sarebbe “in realtà artificiosa- mente tramandata dalla pandettistica”, e 173, nt. 341.
di considerare come res, messa a disposizione del conduttore, la persona stessa del locatore-“lavora- tore”).
Non mancano, peraltro, anche i sostenitori della presenza, già in diritto romano, dei tre diversi tipi contrattuali sopra menzionati. Costoro accentuano le differenze di disciplina intercorrenti tra le diver- se figure di locatio conductio, prima fra tutte il fatto che l’obbligato a pagare il corrispettivo è il condut- tore, nella locatio rei e anche nella locatio operarum, ma non nella locatio operis (dove è invece il locato- re) (12). Corrispondentemente (anche se in epoca successiva questa terminologia si trova a volte tra- visata e persino invertita), il prestatore di servizio è conductor (operis) nella locatio operis, ma locator (operarum) nella locatio operarum.
Secondo un’altra tesi (persuasivamente sostenuta in una monografia italiana relativamente recente), la locatio conductio darebbe luogo, invece, a un uni- co tipo contrattuale, per la costante presenza delle actiones locati et conducti e del sinallagma merces - uti frui; ma questo unico tipo sarebbe articolato in diversi modelli negoziali, distinti a seconda che il godimento si realizzi su una res oppure su una per- sona, e, in quest’ultimo caso, a seconda che il pre- statore si limiti a mettere a disposizione della con- troparte la propria opera oppure si impegni a com- piere un opus, assumendo la responsabilità della re- lativa realizzazione (13). In ogni caso, va sottoli- neato che persino i fautori della teoria unitaria tendono, nei loro scritti, ad affrontare separata- mente i diversi modelli (o tipi) (14).
Nel mandatum, invece, il mandatarius si obbliga
verso il mandator a svolgere gratuitamente un’atti-
vità, materiale o giuridica, tradizionalmente nel- l’interesse del mandator, oppure anche di altri, ma non nell’esclusivo interesse del mandatario stes- so (15).
Il contratto è essenzialmente gratuito, essendo la pattuizione di un corrispettivo per l’attività del mandatario contra naturam contractus: mandatum ni- si gratuitum nullum est. In caso di pattuizione di un corrispettivo, dovrebbe piuttosto configurarsi la lo- catio conductio. Però, per lo svolgimento da parte di membri delle classi più elevate di attività rientranti nelle artes (o operae) liberales, la locatio conductio ri- mane esclusa in quanto, per costoro, la pattuizione di una merces risulterebbe immorale. Ciò non esclude, peraltro, che sia naturale, nel caso in cui altri si prenda gratuitamente cura di un proprio af- fare, che si mostri gratitudine, attribuendo un ho- norarium che, se pure rimane formalmente distinto dalla merces, nella sostanza, via via, si avvicina a un vero e proprio corrispettivo. Così, almeno a un certo punto della evoluzione del diritto romano, si ammette senz’altro la pattuizione di un honora- rium (16), però solo come accessoria rispetto al mandato, che in quanto tale rimane formalmente gratuito (17). L’honorarium, comunque, è incoerci- bile almeno fino al III sec. d.C., quando si ammet- te che possa essere preteso giudizialmente, sia pure non nel tradizionale sistema formulare delle azioni, ma in quello della cognitio extra ordinem, delinean- dosi così chiaramente la possibilità di un mandato sostanzialmente oneroso (18).
L’oggetto del mandato è potenzialmente amplissi-
mo (19): sembra trattarsi (salvo quanto già precisa- to con riguardo alle artes liberales svolte dagli ap-
(12) In argomento, cfr. X. Xxxxxxxxx, ibidem.
(13) V., X. Xxxxx, La definizione della “locatio conductio”, Na- poli, 1999, 361 s. Senza approfondire ulteriormente l’intenso e non ancora sopito dibattito storico-giuridico sviluppatosi in ar- gomento(su cui v., da ultimo, X. Xxxxxxxx, Die Abgrenzung der aus locatio conductio resultierenden Klagen von anderen Aktionen, in F.J. Xxxxxx Xxxxxx - X. Xxxxxx - X. Xxxxx [a cura di], Vertragstypen in Europa, Historische Entwicklung und euro- päische Perspektive, Xxxxxxx, 0000, 78 s.), l’idea di un tipo contrattuale unitario, anche se distinto in modelli diversi, fa plausibilmente leva sul fatto che, dal punto di vista del diritto romano, centrali, per l’individuazione di un tipo contrattuale, sono lo schema obbligatorio e il relativo apparato di azioni. E questi elementi appaiono senz’altro comuni a tutte le ipotesi di locatio conductio, dove sussistono sempre, anche se articolate in modo diverso a seconda dei diversi modelli, le reciproche obbligazioni delle parti di praestare mercedem e di praestare uti frui, le quali trovano attuazione processuale nelle actiones loca- ti et conducti.
(14) Come ricorda X. Xxxxx, op. cit., 8 s.
(15) Per una definizione di questo tipo, v. X. Xxxxxxxxx, op. cit., 604 s., dove si sottolinea anche come, in caso di mandato conferito nell’interesse del mandatario (mandatum tua gratia),
dovrebbe in linea di principio ragionarsi di una semplice esor- tazione, giuridicamente non vincolante. Per approfondimenti,
v. X. Xxxxxxxx, Mandare. Radici della doverosità e percorsi con- sensualistici nell’evoluzione del mandato romano, Milano, 2005, 215 ss. e 231 ss., dove si precisa come, a un certo punto della evoluzione del diritto romano, si sia ammesso pure il mandato nell’interesse di un terzo (mandatum aliena gratia) e, sia pure solo in certi ambiti e a certe condizioni, persino quello nell’inte- resse del mandatario.
(16) O di un salarium: termine, quest’ultimo, dotato nell’an- tichità di connotazioni aristocratiche, a differenza di quanto av- verrà nella modernità.
(17) L’idea di fondo, come sottolinea, per esempio, A. Pe- rulli, op. cit., 51, è che “l’onorario non è un prezzo, ma un rin- graziamento, senza alcun legame sinallagmatico con la presta- zione fornita”.
(18) In argomento, v., X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 415 ss.; X. Xxxxxxx, Dienstleistungsverträge: Rechtsgeschichte und die ita- lienische Erfahrung, in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Service Con- tracts, cit., 10; v. anche, più ampiamente, X. Xxxxxxxx, op. cit., 191 ss.
(19) V., per esempio, X. Xxxxxxxx, op. cit., 40.
partenenti alle classi superiori) di una sorta di equivalente della locatio conductio, con la scelta tra l’uno e l’altra tradizionalmente dipendente dalla circostanza che, rispettivamente, manchi oppure sia presente una merces in favore dell’incarica- to (20). Frequentemente (21), però, il mandatario, quale (almeno a partire da un certo punto della evoluzione del diritto romano) procurator omnium bonorum del mandante, si obbliga a compiere atti- vità giuridiche, in particolare a stipulare contratti con terzi, sorgendo poi in capo a lui stesso (non al mandante) le obbligazioni verso i terzi, ma essendo anche lui stesso obbligato a ritrasferire al mandante quanto acquistato nello svolgimento dell’incarico, secondo un fenomeno paragonabile all’odierna rap- presentanza indiretta (22). In diritto romano, inve- ce, non è presente un istituto generale corrispon- dente alla moderna rappresentanza diretta, e così nemmeno si pone il problema della distinzione tra mandato e procura (23).
Il passaggio dal medioevo alla modernità, nel segno dell’astrazione, della concettualizzazione e di una crescente tipizzazione
Anche se l’autorità della tradizione spinge a tenere insieme figure che solo la sensibilità moderna riu- scirà a separare nettamente, già nella scienza giuri- dica medioevale inizia un processo di astrazione e concettualizzazione che va verso la distinzione, in generale e all’interno della locatio conductio in par- ticolare, di numerosi tipi contrattuali diversi (24). Si tratta, però, di un processo lento, non lineare e nemmeno unitario per tutta l’Europa continenta- le (25).
Una prima, più tradizionale linea di pensiero, che parte da Azzone e arriva fino a Windscheid (26), distingue, all’interno della locatio conductio, solo due tipologie contrattuali fondamentali, la locatio rei e la locatio operarum intesa in senso ampio, considerando la locatio operis una sorta di sottoti- po della seconda, cioè una locazione pur sempre di operae (sia pure con la particolarità che il pre- statore vi assume il rischio del proprio lavo- ro) (27). In questa prospettiva, emerge una peri- colosa e criticabile inversione linguistica (riscon- trabile anche in taluni scritti contemporanei), che porta vari giuristi a parlare del prestatore di servizi nella locatio operis, cioè di quello che pro- priamente dovrebbe essere il conductor operis, co- me di un locator operarum, o addirittura come di un locator operis (28).
Attorno al XVII secolo si registrano, però, signifi- cativi cambiamenti del pensiero giuridico, anche se diversi negli ambiti francese, da un lato, e olan- dese e tedesco, dall’altro lato.
In Francia, la materia del lavoro subordinato è a quel tempo disciplinata da regolamenti interni del- le corporazioni dei mestieri e da ordonnances reali, ciò che porta i giuristi del tempo a ricercare nel Digesto soprattutto la materia del lavoro autono- mo, in cui il prestatore compie un opus per il com- mittente. È per questa via che, negli scritti di Do- mat e Xxxxxxx, si continua a guardare alla locatio operarum in senso ampio, privilegiando però so- prattutto la prospettiva della locatio rei facien- dae (29).
Nell’ambito olandese e tedesco, invece, una mag- giore autonomia della locatio operis dalla locatio ope- rarum, sia pure in un contesto che ancora non rie- sce a sciogliere il legame tra opus e opera, inizia a
(20) Su questi temi cfr., tra i tanti, X. Xxxxxxx, op. cit., 98.
(21) Anche se è stata relativizzata la tesi - sostenuta da X. Xxxxxxx - Xxxx, Il mandato in diritto romano. Corso di lezioni svolto nell’Università di Roma. Anno 1948-1949, Napoli, 1965, 102 - secondo cui, in diritto romano, oggetto del mandato sa- rebbe il compimento di atti giuridici, e dovrebbero pertanto considerarsi eccezionali gli incarichi, pur talvolta presenti, di diverso contenuto. In argomento, v. X. Xxxxxxxx, op. cit., 162 ss.
(22) Sul punto, v. X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 421.
(23) Per approfondimenti, v., X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 45 ss.; X. Xxxxxxxx, op. cit., 40.
(24) Per una brillante e dotta illustrazione delle ragioni pro- fonde di questo processo, v. X. Xxxxx, op. cit., 315 ss.
(25) In generale sull’argomento, cfr. X. Xxxxxxx, op. cit., 173, nt. 341, secondo il quale il problema della distinzione tra i di- versi tipi di locatio emerge probabilmente “quando la sensibilità giuridica discerne le diverse funzioni economico-sociali tipiche di ciascun contratto, e si ripropone sia nel periodo medioevale - ove però sembra porsi solo in relazione alle attività svolte nelle
città da artigiani liberi - sia nella fase precedente le codificazio- ni”.
(26) Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Diritto delle pandette, traduzione italiana di X. Xxxxx - P. E. Xxxxx, II, parte II, Torino, 1904, 145 e 153 s., dove si inizia la trattazione della “locazione d’opere” affermando che “il locatore è obbligato a prestare o procacciare le opere promesse, e rispettivamente a produrre il promesso ri- sultato di lavoro”, precisandosi solo in seguito, ma sempre nel- l’ambito della medesima trattazione, che “il contratto di loca- zione delle persone di servizio è dal diritto particolare più preci- samente elaborato”.
(27) Per simili osservazioni, v. X. Xxxxx, op. cit., 306 ss.
(28) Per approfondimenti sulle oscillazioni terminologiche verificatesi in particolare nella tradizione dottrinale francese (talvolta addirittura in scritti diversi di un medesimo autore), v.
X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxx, Le contrat d’entreprise, Xxxxx, 0000, 6 ss.
(29) In questi termini, v. X. Xxxxx, op. cit., 308 s. V. anche X. Xxxxxxx, op. cit., 13 s.
riscontrarsi nella seconda metà del XVII seco- lo (30). Su questa strada, nelle Pandekten di Xxxx- burg si arriva a parlare di Miethverträge articolati in drei Hauptarten e così a distinguere nettamente la locatio operis dalla locatio operarum, sottolineandosi come solo nella prima rilevi il risultato che il pre- statore si impegna a raggiungere (31).
Quanto al mandato, vari autori del ius commune tengono ferma la sua gratuità (32), nonostante che questo profilo, già a un certo punto dell’evo- luzione del diritto romano, risultasse, come si è detto, più formale che sostanziale. Per sciogliere la contraddizione, si prospettano numerose rico- struzioni, spesso discutibili, se non artificiose, così che non pochi giuristi arrivano, a un certo punto, a negare che il mandato debba necessariamente essere gratuito e a riconoscere l’esperibilità, da parte del mandatario, dell’actio mandati contraria per pretendere il corrispettivo (eventualmente) promesso (33).
Nel contesto di una simile evoluzione, risulta parti- colarmente controversa la collocazione delle ar- tes (o operae) liberales, per le quali, più si prende at- to del reale atteggiarsi delle relative fattispecie, e, conseguentemente, più se ne riconosce il concreto svolgimento dietro corrispettivo, più viene meno la motivazione della loro tradizionale riconduzione al mandato, piuttosto che alla locazione (34). Fin- tantoché quest’ultimo esito sembra ancora troppo radicale, si sviluppa comunque una tendenza ad al- lontanarsi dal mandato, e a ragionare di autonomi contratti innominati (35).
Con riguardo, poi, all’oggetto del mandato, la fun- zione di sostituzione nel compimento di attività giuridiche si sviluppa al punto che, quando si affer- ma la rappresentanza diretta come istituto genera- le, si tende a considerare il mandato come la fonte del potere del rappresentante di agire in nome (ol- tre che per conto) del rappresentato (36). Dove, come in ambito tedesco, riesce ad affermarsi anche
la distinzione concettuale, risalente a Xxxxxx (37), tra mandato e procura, è poi quest’ultima che di- viene la fonte del potere rappresentativo, non più il primo. Ma una simile, pregevole (38) evoluzione concettuale stenta a giungere a compimento in ambito francese, dove persiste la più risalente idea del mandato come fonte del potere rappresentati- vo (39).
Il modello del Code civil e la centralità della disciplina dell’obbligazione in generale
Il Code civil risale, come noto, al 1804, quando l’importanza dei contratti di servizi è scarsa, ciò che spiega la limitata attenzione dedicata da quel testo normativo, peraltro ancora oggi in larga parte immutato, alla nostra materia (40).
Con riguardo, innanzi tutto, dalla locazione, si pre- cisa che vi sono “deux sortes de contrats de louage: celui des choses, et celui d’ouvrage” (art. 1708). Al centro è posto pertanto, per ciò che qui più inte- ressa, il louage d’ouvrage, molto genericamente defi- nito come “un contrat par lequel l’une des parties s’engage à faire quelque chose pour l’autre, moyennant un prix convenu entre elles” (art. 1710).
All’interno del louage d’ouvrage (et d’industrie) si individuano poi “trois espèces principales”, vale a di- re, secondo la formulazione originaria del Code ci- vil: i) il “louage des gens de travail qui s’engagent au service de quelqu’un” cioè il louage des domestiques et ouvriers poi denominato, con la L. n. 526 del 2009, louage de service; ii) “celui des voituriers, tant par terre que par eau, qui se chargent du transport des person- nes ou des marchandises”; iii) “celui des entrepreneurs par suite de devis ou marché” poi denominato, sem- pre con la L. n. 526 del 2009, “celui des architectes, entrepreneurs d’ouvrages et techniciens par suite d’étu- des, devis ou marchés” (art. 1779).
La prima fattispecie, quella del louage de service, si ricollega al modello della locatio operarum in senso
(30) In particolare nel Commentarius ad Pandectas dell’olan- dese Voet, e poi anche in varie altre opere di giuristi tedeschi: v., anche per i relativi riferimenti, X. Xxxxx, op. cit., 310; F. Ra- nieri, op. cit., 8 s.
(31) V., ancora, e sempre anche per i relativi riferimenti, X. Xxxxx, op. cit., 311 s.
(32) Come sottolinea, tra gli altri, X. Xxxxxxxx, op. cit., 41.
(33) V., anche per ulteriori riferimenti, X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 419 s.
(34) In argomento, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 11 s.
(35) V., sul punto, X. Xxxxxxxx, ibidem.
(36) V. R. Xxxxxxxxxx, op. cit., 421.
(37) Come è ben noto anche ai giuristi italiani: in argomen- to, cfr., ampiamente, X. Xx Xxxxxxx, La rappresentanza nel dirit-
to tedesco. Excursus storico sulla dottrina, in X. Xxxxxxxxx (a cura di), Rappresentanza e gestione, Padova, 1992, 72 ss.
(38) L’evoluzione concettuale che porta la procura ad ac- quisire autonomia rispetto al mandato appare senz’altro da sa- lutare con favore, in quanto comporta che eventuali vizi di quest’ultimo non si estendano alla prima, con conseguente maggiore sicurezza per le contrattazioni, come sottolinea, tra gli altri, X. Xxxxx, Trattato del contratto, 2, Il contenuto - Gli effet- ti, Torino, 2010, 1408 s.
(39) V., anche per ulteriori riferimenti, X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 57 s.
(40) Cfr. J.S. Xxxxxxxxx, Service Contracts: The French Expe- rience, in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Service Contracts, cit., 101.
stretto (41), anche se la sua disciplina, all’interno del Code civil, è davvero scarna, in quanto la mate- ria, conformemente alla precedente tradizione francese, è lasciata piuttosto alla legislazione spe- ciale in tema di lavoro subordinato (42).
La terza fattispecie, frequentemente denominata dai giuristi francesi semplicemente louage d’ouvra- ge (43) oppure anche, più di recente, contrat d’en- treprise (44), sembrerebbe ricollegarsi principal- mente al modello della locatio operis (45), ma senza rompere con la precedente tradizione del pensiero giuridico francese che tende a collocare questo mo- dello nell’ambito della locatio operarum intesa in senso ampio (distinguendo nettamente solo locatio rei, da un lato, e locatio operis seu operarum, dall’al- tro lato) (46).
Il contrat d’entreprise viene solitamente definito co- me il contratto in cui “une personne (l’entrepreneur) s’engage moyennant rémunération à accomplir de ma- nière indépendante un travail, au profit d’une autre (le maître de l’ouvrage), sans la représenter” (47). Si tratta, evidentemente, di una figura dall’ambito di applicazione amplissimo (48), dove una parte si im- pegna a svolgere un qualsivoglia lavoro, manuale oppure intellettuale, con l’obbligo di raggiungere un determinato risultato oppure semplicemente di
tenere una condotta diligente per l’altra (49), die- tro corrispettivo e rimanendo indipendente.
Questo amplissimo ambito di applicazione spiega come, nel corso del tempo, proprio al contrat d’en- treprise sia stata ricondotta la maggior parte dei tanti e diversi contratti di servizio diffusisi concre- tamente nella prassi francese (50).
Peraltro, la disciplina codicistica del contrat d’entre- prise, se pure non è così scarna come quella del louage de service, nemmeno è particolarmente det- tagliata, con la conseguenza che, come è stato det- to, qualificare una fattispecie concreta come con- trat d’entreprise “gives little or no indication as to the rules applying to this contract” (51).
Probabilmente, è proprio a causa di una disciplina tipologica così generica e “semplificata” che si è sentita fortemente, in Francia, la necessità di con- centrare l’attenzione soprattutto sulla disciplina dell’obbligazione in generale. Così, con riguardo al- l’obbligazione di servizio gravante sull’entrepreneur, risulta, ancora oggi (52), frequentemente utilizzata la distinzione (peraltro non prevista espressamente nel Code civil, e da parte della stessa dottrina fran- cese considerata priva di reale utilità (53)) tra obli- gations de résultat e obligations de moyens (54). Que- sta distinzione, comunemente fatta risalire a De- mogue (55) (nonché, quanto alla giurisprudenza, al
(41) In questo senso, v. J.S. Xxxxxxxxx, op. cit., 102.
(42) La seconda fattispecie, invece, per il suo particolare ambito di applicazione (il trasporto), non interessa in questa sede.
(43) Stranamente utilizzandosi, così, la denominazione che il Code civil riserverebbe per raggruppare tutte le locazioni non di cose per designarne solo un sottotipo.
(44) È stata, inoltre, suggerita, per il diritto francese, peral- tro nell’ambito di una riflessione de iure condendo, la denomi- nazione contrat de service, secondo il modello del Code civil del Québec, che contiene un capitolo intitolato “Du contrat d’entreprise ou de services”, rendendo così evidente l’equiva- lenza, in quella legislazione, delle due denominazioni: v. J. S. Xxxxxxxxx, op. cit., 109.
(45) Sul punto, v. J. S. Xxxxxxxxx, op. cit., 102.
(46) In questo senso, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 40.
(47) X. Xxxxxxxx - X. Xxxxx - P.Y. Xxxxxxx, Le contrats spé- ciaux, V ed., Paris, 2011, 419. Per una definizione pressoché identica, v., ex multis, X. Xxxxxxxx, Droit civil, Les contrats spé- ciaux civils et commerciaux, IX ed., Paris, 2011, 331.
(48) V., tra i tanti, X. Xxxxxxx Dutilleul - X. Xxxxxxxxxx, Con- trats civils et commerciaux, X ed., Paris, 2015, 634 s., secondo cui “la définition est large et permet d’engranger les contrats les plus divers”.
(49) Il contrat d’entreprise, pertanto, è idoneo a contenere sia obligations de résultat sia obligations de moyens (nozioni, queste, che si chiariranno tra breve nel testo).
(50) Per simili considerazioni, v. J.S. Xxxxxxxxx, op. cit., 102 ss. V. anche X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxx, op. cit., 1 e 13, secondo cui “le contrat d’entreprise est aujourd’hui au secteur des servi- ces ce que la vente est au secteur des biens”.
(51) J.S. Xxxxxxxxx, op. cit., 104.
(52) V., ex multis, X. Xxxx, Contrats spéciaux, VI ed., Xxxxx,
0000, 10, il quale definisce la distinzione tra obligations de ré- sultat e obligations de moyens “aujourd’hui si courante”, e X. xx Xxxxxxxx (a cura di), Droit de la responsabilité et des contrats. Régimes d’indemnisation, X ed., Paris, 2014, 1091, dove si af- ferma che “la distinction (...) constitue incontestablement une pièce du Droit positif”. È interessante notare che la distinzione è stata oggetto, in Francia, persino di proposte di codificazio- ne, specialmente quella di cui all’Avant-projet c.d. Catala. In ar- gomento, cfr., tra i tanti, X. Xxxxxxx, Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi” ovvero dell’inadempimento incontroverti- bile e dell’inadempimento controvertibile, in Europa e dir. priv., 2008, 88.
(53) V., ancora, X. Xxxx, op. cit., 595, secondo cui: “Sans être fausse, cette distinction ne présente guère d’utilité car elle se réduit à la simple identification de ce qui est réellement dû par le prestataire. Ainsi, il n’est guère éclairant de dire que le médecin est seulement tenu d’une obligation de moyens. Il est plus simple et plus juste de dire qu’il doit des soins (conscien- cieux, attentifs et conformes aux données de la science) et non la guérison. Pour rechercher sa responsabilité, il suffit de regar- der si les soins fournis étaient ou non de qualité. Il est inutile de se demander s’il a fourni tous le moyens possible d’une éven- tuelle guérison. Celle-ci n’est qu’un espoir du patient, qui se trouve hors contrat; ce n’est pas l’objet de l’obligation du méde- cin”; X. xx Xxxxxxxx (a cura di), op. cit., 1084 e 1092, dove si parla di una “diabolica divisio, qu’il faudrait supprimer”.
(54) Oppure, secondo una diversa terminologia, tra obliga- tions déterminées e obligations de prudence et de diligence. Su questo tema, cfr., ampiamente, e anche per ulteriori riferimen- ti, X. xx Xxxxxxxx (a cura di), op. cit., 1084 ss.
(55) X. Xxxxxxx, Traité des obligations en général. Sources des obligations, V, Paris, 1925, 536 ss., secondo cui “L’obliga- tion qui peut peser sur un débiteur n’est pas toujours de même
celebre “arrêt Mercier” del 20 maggio 1936 in ma- teria di responsabilità medica (56)), nonostante che originariamente avesse una incidenza persino più intensa sulla disciplina della responsabilità de- bitoria (57), si è poi collegata alla fondamentale premessa di fondo, a un certo punto affermatasi in Francia (58), che la colpa del debitore sia presup- posto generale (salve eccezioni) non solo della re- sponsabilità extracontrattuale, ma anche della re- sponsabilità contrattuale, ed esprime la seguente idea (59): se sussiste una obligation de résultat, il de- bitore si impegna a raggiungere un determinato ri- sultato, con la conseguenza che, se il risultato non è raggiunto, la colpa del debitore deriva semplice- mente dal fatto di inadempimento (60); se invece sussiste una obligation de moyens, il debitore si im- pegna solo a favorire il prodursi di un determinato risultato, avuto contrattualmente di mira, attraver- so la sua condotta diligente, con la conseguenza che, se detto risultato non è raggiunto, occorre che il creditore fornisca la prova della colpa del debito- re, per affermarne la responsabilità (61).
Nel Code civil è poi presente il mandat, o procura- tion (definito come contratto “par lequel une person- ne donne à une autre le pouvoir de faire quelque chose pour le mandant et en son nom” - art. 1984 - e, per- tanto) letteralmente concepito come fonte del po- tere di agire in rappresentanza diretta di altri, se-
condo la già ricordata concezione affermatasi a un certo punto della modernità (prima che, soprattut- to in area tedesca, si affermasse la distinzione tra mandato e procura) (62). In conseguenza del mec- canismo della rappresentanza diretta, il mandante rimane dunque vincolato per i contratti posti in es- sere dal mandatario, e questa è anche la principale differenza di disciplina rispetto al contrat d’entrepri- se, dove l’entrepreneur, se conclude accordi con i terzi, non impegna direttamente il maître d’ouvra- ge (63).
Proprio in considerazione di questo così stretto le- game tra mandato e rappresentanza diretta, si ten- de a ritenere che l’oggetto del mandato, nonostan- te che sia letteralmente delineato dal Code civil in termini amplissimi (“faire quelque chose”), sia limi- tato ai soli atti giuridici, intesi quali atti suscettibili di essere compiuti per il tramite di un rappresen- tante (64). In questa prospettiva, le artes (operae) liberales, in precedenza di difficile classificazione, ri- mangono al di fuori del mandato, finendo per esse- re oggetto di louage d’ouvrage (sub specie di contrat d’entreprise), alla pari di ogni altra attività mera- mente materiale e/o intellettuale (65).
Il mandat, a differenza del modello romanistico, è non più essenzialmente gratuito, ma gratuito salva pattuizione contraria (art. 1986) (66). Questa (so- lo) naturale gratuità sembra, peraltro, che influisca,
nature. Ce peut-être une obligation de résultat ou une obligation de moyen. (...) Le médecin ne promet pas la guérison à forfait, il promet ses soins. A-t-on pensé à déclarer responsable tout mé- decin dont le client meurt, sauf au médecin à prouver la force majeure?”.
(56) Per riferimenti, v., per esempio, X. Xxxx, op. cit., 10.
(57) Tale sostanzialmente da consentire addirittura di distin- guere ipotesi di fondamento oggettivo da ipotesi di fondamen- to colposo della responsabilità, a seconda della violazione, ri- spettivamente, di obbligazioni di risultato o di obbligazioni di mezzi.
(58) In superamento della precedente concezione “rigida”, vale a dire di stampo spiccatamente oggettivo, della responsa- bilità contrattuale, su cui cfr., in lingua italiana, le osservazioni critiche di C.M. Xxxxxx, La responsabilità, V, Diritto civile, II ed., Milano, 2012, 19 s.
(59) Incidente pur sempre sulla disciplina della responsabili- tà debitoria, anche se solo sotto il profilo della ripartizione de- gli oneri probatori, non sotto quello del fondamento della re- sponsabilità.
(60) Salva solo la possibilità, per costui, di liberarsi dimo- strando, ai sensi dell’art. 1147, la sussistenza di “une cause étrangère qui ne peut lui être imputée” (oppure, dopo l’entrata in vigore della Ordonnance n. 2016-131 intitolata “portant ré- forme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations”, e specialmente del nuovo art. 1231-1, di una “force majeure”).
(61) Cfr. X. Xxxxx, La notion xx xxxxx xxxxxxxxxxxxx xx xxxxx xx- xxx xxxxxxxx, Xxx-xx-Xxxxxxxx, 0000, 9.
(62) Tradizionalmente non vi era invece traccia, nel Code ci- vil, della distinzione, presente per esempio nel Codice civile ita-
liano attualmente vigente, tra mandato con e senza rappresen- tanza. In argomento, v., per esempio, X. Xxxxxxxx - X. Xxxxx -
P.Y. Xxxxxxx, op. cit., 000 xx., xxxx, xxxxxxxx, xx ricorda anche come il legame tra mandato e rappresentanza (diretta) non sia più assoluto, essendosi verificata, in Francia, a partire dalla fi- ne del diciannovesimo secolo, una tendenza a sviluppare non solo forme di rappresentanza senza mandato, ma anche, sia pure più raramente, “«quasi-mandats» sans représentation”. Con riguardo a queste ultime ipotesi, taluni hanno addirittura parlato, in Francia (ponendosi però così in contrasto con la ri- cordata formulazione letterale del Code civil), di “mandats sans représentation”: per riferimenti, cfr. X. Xxxx, op. cit., 640.
Con riguardo alla rappresentanza, peraltro, il Code civil si avvia ora a subire una modernizzazione particolarmente impor- tante, poiché, da quando entrerà in vigore la Ordonnance n. 2016-131 intitolata “portant réforme du droit des contrats, du régime général et de la preuve des obligations”, vi sarà una di- sciplina generale della rappresentanza (in aggiunta a quella, immutata, del mandato), precisamente negli artt. 1153-1161.
(63) Per la sottolineatura di questa differenza, v., tra gli altri,
X. Xxxxxxxx, op. cit., 347. V. anche, in lingua italiana, per esempio, X. Xxxxxxx, op. cit., 98 s.
(64) Nella dottrina francese v., per esempio, X. Xxxx, op. cit., 639 s. V. anche X. Xxxxxxxx, op. cit., 41 ss., dove si trovano menzionate anche letture diverse, però minoritarie.
(65) Sul punto, v., ancora, X. Xxxxxxxx, op. cit., 43 s.
(66) La ragione fondamentale di questo mutamento è pro- babilmente da ricondurre a una sorta di naturale tendenza - fin dai tempi del diritto romano, come si è veduto - della figura a evolversi verso l’onerosità, tendenza questa tanto naturale quanto lenta e stentata, per il semplice motivo che essa si
almeno in certe applicazioni pratiche, anche sui pur frequenti casi di pattuizione di un corrispetti- vo, in cui si tende a considerare il corrispettivo stesso non come una somma da pagare senz’altro in rigorosa applicazione del principio pacta sunt ser- vanda, ma come una remunerazione secondo equità del servizio reso, su cui il giudice può pertanto esercitare un potere discrezionale (di revisione e cioè, soprattutto) di riduzione (67).
Il modello del BGB e la centralità della disciplina dei singoli tipi
In materia di contratti di servizi, l’originaria idea alla base del BGB (com’è noto, entrato in vigore nel 1900) (68) era di introdurre tipologie generali e astratte, senza predeterminarne rigidamente l’ap- plicabilità a particolari settori di attività economi- ca piuttosto che ad altri (69). Si tratta di una idea che ancora oggi sostanzialmente sopravvive, anche se per certi versi messa in discussione (come dimo- stra la recente introduzione di una specifica disci- plina per il Behandlungsvertrag (70)).
Non esiste, nel BGB, una categoria onnicompren- siva di contratto di servizio, anche se, in dottrina, si parla (peraltro a fini meramente descrittivi) di “Tätigkeitsvertäge” (71). Fondamentale in quest’am- bito, per i contratti onerosi, è soprattutto la distin-
zione tra Dienstvertrag e Werkvertrag (72), che si ri- collega alla netta separazione, affermatasi - come si è già ricordato - nel precedente pensiero giuridico soprattutto di ambito olandese e tedesco, tra locatio operarum (in senso stretto) e locatio operis (73).
Attraverso il Dienstvertrag, che storicamente si ri- collega al modello della locatio operarum, una par- te (il Dienstverpflichteter) si obbliga “zur Leistung der versprochenen Dienste” mentre l’altra (il Dienst- berechtigter) si obbliga al pagamento della “verein- xxxxxx Vergütung” (par. 611, comma 1). L’ambito di applicazione è amplissimo, perché oggetto di questo contratto possono essere servizi di ogni sor- ta (“Dienste jeder Art”, secondo la formulazione del par. 611, comma 2), di natura semplice oppure che richiedono particolare qualificazione, da svol- xxxx in breve oppure lungo tempo, da parte di pre- statori alle dipendenze della controparte oppure indipendenti (74). A quest’ultimo proposito, oc- corre sottolineare che la disciplina del Dienstver- tag, se pure è in parte prevalente dedicata all’Ar- beitsvertrag, riguarda anche il sottotipo del freier (cioè unabhängiger) Dienstvertrag, dove è as- sente il vincolo di subordinazione (75), e al quale possono, se del caso, essere ricondotte pure artes liberales, per esempio quella dell’avvocato (76). In quei Dienstverträge che non sono contratti di lavo-
scontra con l’autorità della tradizione, cioè con un qualcosa che la storia del diritto insegna essere di per sé molto difficile da superare, anche quando palesemente inattuale. Secondo altri, però, la ragione fondamentale della scelta compiuta sul punto dal Code Xxxxxxxx sarebbe ravvisabile nell’ideologia ri- voluzionaria, rigidamente individualista e pertanto contraria al- l’altruismo (in questo senso, v. X. Xxxxxxx, voce Mandato (sto- ria), in Enc. dir., XXV, Milano, 319), oppure, forse un poco più persuasivamente, nell’avvicinamento tra mandato e rappre- sentanza, e nel fatto che l’attività svolta in base a procura era normalmente retribuita (in questo secondo senso, v. C. Santa- gata, Del mandato - Disposizioni generali, in X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxx [a cura di], Commentario del Codice civile, Libro V: Delle obbligazioni, Artt. 1703-1709, Bologna-Roma, 1985, 11 s. e 16 ss.; su questo dibattito, cfr. anche X. Xxxxxxxx, op. cit., 41).
(67) In questo senso, v., con particolare riferimento alla giu- risprudenza della Corte di cassazione belga, Y. Xxxxxxxxx, Les contrats de services: flou artistique, réalité économique et caté- gorie juridique, in AA.VV., Études offertes au professeur Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Paris, 2007, 438 s. V. anche, nella dottrina france- se, X. Xxxxxxxx, ibidem. Sembra qui ravvisabile, pertanto, una significativa differenza di disciplina rispetto al contrat d’entre- prise, anche se X. Xxxxxxxx - X. Xxxxx - P.Y. Xxxxxxx, op. cit., 297 s. e 426, preferiscono parlare, al riguardo, di una differen- za “nuancée”, in quanto la giurisprudenza francese tende ad ammettere, pure nel contratto in parola, spazi per la revisione del corrispettivo anche se esso sia stato anticipatamente con- venuto (almeno qualora si tratti di servizi intellettuali, e non di un contrat de construction).
(68) Sui lavori preparatori e sul notevole dibattito a essi re- lativo, v. X. Xxxxx, Abgrenzung und Anwendungsbereich von Dienstvertrag, Werkvertrag und Auftrag in der Entstehungsge-
schichte des Bürgerlichen Gesetzbuches, Bielefeld, 1987, 4 ss.
(69) In argomento, cfr., per esempio, X. Xxxxx, op. cit., 259; D. Medicus - X. Xxxxxx, Schuldrecht II, Besonderer Teil, XVII ed., Xxxxxxx, 0000, 229.
(70) Su cui v., ex multis, H.P. Mansel, sub par. 630a BGB, in Jauernig Bürgerliches Gesetzbuch, XVI ed., Xxxxxxx, 0000, Xx. 1 ss.; X. Xxxxxxxxx, sub par. 000x XXX, xx Xxxxxxxx - Xxxxx
- Xxxxxxxxx XXX Kommentar, X ed., Xxxx, 0000, Xx. 1 ss.
(71) V., per esempio, X. Xxxxxx - X. Xxxxxxxxx, Vertragliche Schuldverhältnisse, IV ed., Xxxxxx - Xxxxxxxxxx, 0000, 8; T. Kad- ner Xxxxxxxx, Dienstleistungsverträge im recht der Schweiz, Österreichs und Deutschlands im Vergleich mit den Regelungen des Draft Common Frame of Reference, in X. Xxxxxxxxxx (a cura di), Service Contracts, cit., 63.
(72) Tra i tanti, v. X. Xxxx, Vertragsrecht, II ed., Tübingen, 2012, 267, secondo cui “für entgeltliche Verträge über Tätigkei- ten stellt das BGB im Wesentlichen zwei Vertragstypen zu Ver- fügung, nämlich den Dienstvertrag und den Werkvertrag”.
(73) Il modello della locatio rei trova invece spazio nel Miet- vertrag di cui ai parr. 535 ss.
(74) Per simili considerazioni, v., per esempio, X. Xxxx, ibi- dem; D. Medicus - X. Xxxxxx, op. cit., 230.
(75) In argomento, v., per esempio, P.S. Fischinger - X. Xx- xxxxxx, Vorbemerkungen zu par. 611 ff., in parr. 611-613 (Dienstvertragsrecht 1), in X. xxx Xxxxxxxxxxx Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch mit Einführungsgesetz und Nebenge- setzen, ed. 2016, Berlin, 2016, Rn. 5s.; C. Xxxxxxxxxx, Das Vertragsrecht der Dienstleistungen im deutschen und künftigen europäischen Recht, in Archiv für die civilistische Praxis, 2006, 233.
(76) Sul punto, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 12.
ro subordinato, il prestatore di servizio può essere denominato Unternehmer (in senso ampio, cioè compresi i liberi professionisti), proprio come nel Werkvertag (77).
La caratteristica fondamentale del Dienstvertrag, che lo distingue dal Werkvertrag, è la sussistenza, in capo al prestatore, di un semplice Bemühen- sversprechen, vale a dire la promessa solo di una condotta diligente, a prescindere dal suo esito, ovverosia la promessa di una Tätigkeit als solche, non di un determinato Erfolg der Tätigkeit. Ciò comporta che, in linea di principio, il prestatore di servizio può pretendere il compenso per il sem- plice fatto di avere tenuto diligentemente la con- dotta promessa, a prescindere dalla circostanza che la medesima abbia, oppure non, avuto succes- so (78).
Il Werkvertrag, che si ricollega al modello della lo- catio operis, è invece il contratto con cui una parte, l’Unternehmer, si obbliga alla “Herstellung des ver- sprochenen Werkes” (ai sensi del comma 1 del par. 631) senza difetti né materiali né giuridici, mentre la controparte, il Besteller, si obbliga alla “Entrich- tung der vereinbarten Vergütung” (sempre ai sensi del comma 1 del par. 631).
La caratteristica fondamentale di questo contrat- to, che lo distingue dal Dienstvertrag, è la sussi- stenza, in capo al prestatore di servizio, di un Er- folgsversprechen, vale a dire la promessa di un certo risultato. Costui, in altre parole, si obbliga non a una Tätigkeit als solche, ma a un determinato Erfolg der Tätigkeit, ovverosia alla realizzazione del Werk promesso. La nozione di Werk promesso è, però, a sua volta amplissima (79), in quanto può trattarsi
non solo, come più spesso accade, della realizza- zione o della modificazione di una cosa, ma anche di “ein anderer durch Arbeit oder Dienstleistung her- beizuführender Erfolg” (secondo la formulazione del comma 2 del par. 631) (80). Conseguente- mente, a differenza di quanto avviene nel Dienst- vertrag, nel Werkvertrag è, in linea di principio, l’Unternehmer a sopportare il rischio che la sua at- tività non raggiunga il risultato cui è rivolta, in quanto costui può normalmente pretendere il cor- rispettivo solo quando l’opera sia presa in conse- gna dalla controparte (“Der Unternehmer trägt die Gefahr bis zur Abnahme des Werkes”: par. 644, comma 1) (81).
Il BGB contempla poi l’Auftrag, quale contratto con cui il Beauftragte si obbliga a curare gratuita- mente per conto dell’Auftraggeber il Geschäft affida- togli (par. 662).
Sulla scia della già accennata teorizzazione risalen- te a Laband, l’Auftrag è nettamente distinto dalla Vollmacht (parr. 164 ss.). In linea di massima, la di- sciplina di quest’ultima riguarda il rapporto tra il rappresentante (mandatario, oppure non) e i terzi, mentre quella del primo concerne il rapporto tra il mandante e il mandatario (82). Si tratta di un mo- dello molto diverso da quello tradizionale del Code civil francese (dove entrambi i profili erano invece regolati nell’ambito del mandat) (83).
Quanto all’oggetto dell’Auftrag, la tesi prevalente è che la nozione di Geschäftsbesorgung di cui al par. 662 sia (a differenza di quella - pur letteralmente identica - di cui al par. 675, comma 1, in tema di Geschäftsbesorgungsvertrag, su cui torneremo tra breve) amplissima, perché idonea a ricomprendere
(77) In questo senso, v. X. Xxxx, op. cit., 277.
(78) Per simili considerazioni, v., tra i tanti, X. Xxxx, op. cit., 269 s.
(79) V., per esempio, X. Xxxxxx - X. Xxxxxx, Vorbemerkun- gen zu par. 631 ff., in parr. 631-651 (Werkvertragsrecht), in X. xxx Xxxxxxxxxxx Kommentar zum Bürgerlichen Gesetzbuch mit Einführungsgesetz und Xxxxxxxxxxxxx, ed. 2014, Berlin, 2013, Rn. 2, secondo cui “die Spannweite der verabredeten Werke ist erheblich und prinzipiell offen”.
(80) Sull’inciso appena citato, v. X. Xxxxxxxx, op. cit., 55 s., nt. 107, secondo cui, nonostante che si possa anche immagi- nare che il doppio riferimento all’Arbeit e alla Dienstleistung “sia stato compiuto in un’ottica di onnicomprensività, al fine di chiarire come indifferente sia che il risultato debba essere conse- guito tramite un’attività materiale o non materiale, ossia intellet- tuale”, questa tesi non sarebbe persuasiva per il fatto che essa impone di riconoscere che il termine Dienst, nello stesso ambi- to, sarebbe stato utilizzato con due significati diversi. L’A., per- tanto, propone (pur ammettendone la scivolosità, alla luce del- la comune riconduzione del Werkvertrag al tradizionale model- lo della locatio operis e per questa via all’ambito del lavoro autonomo) la suggestiva, diversa interpretazione secondo cui “si ha comunque un Werkvertrag, con applicabilità delle relative
disposizioni, anche qualora chi si obbliga a realizzare l’opera si impegni a realizzarla sotto la guida dell’incaricante, e non in autonomia”, cioè secondo cui pure il Werkvertag può “presen- tarsi nella veste di fonte di un rapporto di lavoro subordinato”. Quest’ultima interpretazione, indubbiamente compatibile con la formulazione letterale del comma 2 del par. 631, dovrebbe però essere ulteriormente dimostrata alla luce della complessi- va disciplina del Werkvertrag, verificando nel dettaglio se e co- me detta disciplina risulti effettivamente idonea a regolare rap- porti di lavoro subordinato, ciò che mi sembra a prima vista improbabile, tenuto anche conto di come questo sicuramente non fosse l’obiettivo del legislatore storico, che - come già ri- cordato nel testo - intendeva regolare il lavoro subordinato nel diverso ambito del Dienstvertrag.
(81) Per simili osservazioni, v., per esempio, X. Xxxx, op. cit., 269.
(82) In questo senso, v., tra i tanti, X. Xxxx - W.-X. Xxxxxx,
Besonderes Schuldrecht, XL ed., Xxxxxxx, 0000, 377.
(83) Per simili osservazioni, v., per esempio, X. Xxxxxxxx - X. Xxxxx - P.Y. Xxxxxxx, op. cit., 281 s. Ma, con riguardo alla im- minente introduzione di una disciplina generale della rappre- sentanza anche nel Code civil, v. supra, nt. 62.
al suo interno ogni attività, giuridica o materia- le (84), patrimoniale o non, nell’interesse al- trui (85), esclusi solo i comportamenti negati- vi (86).
L’Auftrag, come tale, è un contratto essenzialmente gratuito, rimanendo così il diritto tedesco, sotto questo profilo, fedele al tradizionale modello roma- xxxxxxx (87), che era peraltro sembrato anacronisti- co a vari pandettisti tedeschi (88). Oggi l’anacroni- smo appare, ad alcuni commentatori, ancora più evidente, sembrando a costoro relativamente infre- quente che venga in rilievo, in una fattispecie di significato pratico non trascurabile, un Auftrag nel senso del par. 662. Ma non è affatto infrequente che le regole dettate dal BGB con riguardo a que- sto contratto trovino concreta applicazione in fat- tispecie di notevole rilevanza pratica, specialmente in quanto quasi tutte queste regole si applicano pu- re al Geschäftsbesorgungsvertrag, cioè il contratto avente a oggetto sempre la cura di affari per conto di altri, però a titolo oneroso, nell’ambito degli schemi e della disciplina (se il prestatore di servizio si è impegnato solo a una condotta diligente) del Dienstvertag oppure (se il prestatore di servizio si è impegnato anche a raggiungere un determinato ri- sultato) del Werkvertrag (par. 675, comma 1) (89). Proprio in quanto il Geschäftsbesorgungsvertrag è re- golato, innanzi tutto, dalla disciplina del Dienstver- tag o da quella del Werkvertrag (alle quali si aggiun- ge, come si diceva, la maggior parte delle regole dettate in tema di Auftrag) l’orientamento preva- lente nega che si tratti di un vero e proprio tipo contrattuale autonomo, preferendo ragionare di una forma particolare, a seconda dei casi, appunto di Dienstvertag o di Werkvertrag (mit Geschäftsbesor-
gungscharakter) (90). Non mancano, però, anche i sostenitori dell’autonomia, rispetto a tutti gli altri contratti tipici in materia di servizi, del Geschäft- sbesorgungsvertrag, i quali sottolineano, tra l’altro, le sue estremamente rilevanti, odierne applicazioni pratiche (91).
Il BGB, comunque, lascia alla dottrina il compito di precisare la nozione di Geschäftsbesorgung di cui al par. 675, comma 1 (92). La tesi oggi dominante, detta Trennungstheorie (o Diskrepanztheorie), è che la nozione in parola non possa essere altrettanto ampia come quella, sia pure letteralmente identica, contenuta nel par. 662 con riguardo all’Auftrag, in quanto, se così fosse, praticamente ogni Dienstver- trag o Werkvertrag sarebbe anche, al tempo stesso, un Geschäftsbesorgungsvertrag, con la conseguenza che il par. 675, comma 1, risulterebbe privo di sen- so (93). Pertanto, si parla, con riguardo all’oggetto del Geschäftsbesorgungsvertrag, solo di “eine selbstän- dige Tätigkeit wirtschaftlicher Art, für die ursprünglich der Geschäftsherr selbst zu sorgen hatte, die ihm aber durch einen anderen (den Geschäftsführer) abgenom- men wird” (94). In questa ampiamente diffusa ma anche equivoca e molto difficile da concretizzare definizione (95), rientrerebbero, per esempio, la ge- stione di un processo da parte di un avvocato o la vendita di una vettura per conto del proprietario da parte di un commerciante d’auto, ma non an- che, sempre per esempio, un trattamento medico o ripetizioni private (96). È invece rimasta minorita- ria l’opposta tesi, detta Einheitstheorie (o Kongruenz- theorie), secondo cui il Geschäftsbesorgungsvertrag avrebbe lo stesso, amplissimo oggetto dell’Auftrag, e potrebbe conseguentemente essere classificato, semplicemente, come un Auftrag oneroso (97).
(84) V., per esempio, X. Xxxx - W.D. Xxxxxx, op. cit., 375, dove si afferma: “Unter der Besorgung eines Geschäfts ver- steht par. 662 jedes Tätigwerden des Beauftragten für den Auf- traggeber, also nicht nur rechtsgeschäftliches und geschäftsähn- liches, sondern auch rein tatsächliches Handeln”.
(85) In questo senso, v., per esempio, D. Medicus - S. Lo- renz, op. cit., 301, dove si parla di “jede fremdbezogene Tätig- keit”.
(86) V. A. Xxxxxxxx, op. cit., 55.
(87) Ma v. C. Xxxxxxxxxx, op. cit., 238, la quale, illustrati i tratti caratteristici dell’Auftrag, criticamente conclude che “Das Ergebnis ist eine hybride Konstruktion, die weder historisch kor- rekt ist noch funktionell zu überzeugen vermag. Besonders deu- tlich wird das am Antrag nach parr. 662-674 selbst, der im Ge- setz relativ breiten Raum einnimmt und den auf die operae libe- rales zugeschnittenen Rechtsstoff für sich beansprucht, infolge des Unentgeltlichkeitsdogmas die operae liberales aber gar nicht mehr erfasst und in der Realität als solcher kaum noch Be- deutung besitzt”.
(88) Per riferimenti, v. X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 420.
(89) Per simili osservazioni, v. X. Xxxx, op. cit., 273.
(90) V., per esempio, D. Medicus - X. Xxxxxx, op. cit., 233 e
311 s. Nello stesso senso, v. anche, tra gli altri, C. Xxxxxxxxxx, op. cit., 235 s., la quale sottolinea come questa tesi risulti coe- rente con l’adesione, da parte del legislatore tedesco, alla si- stematica del diritto romano (dove le attività normalmente pro- prie di un mandatario divenivano, se onerose, oggetto di loca- tio conductio).
(91) V., per esempio, X. Xxxxxxxx, Sub par. 675, in X. Xxxx- xxxx - X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxx - X. Xxxxxx, parr. 657-704 (Ge- schäftsbesorgung), in X. xxx Xxxxxxxxxxx Kommentar zum Bür- gerlichen Gesetzbuch mit Einführungsgesetz und Nebengeset- zen, ed. 2006, Berlin, 2006, Rn. A1 ss.
(92) In argomento, cfr. X. Xxxxx, op. cit., 254.
(93) Sul punto v., ex multis, X. Xxxxxxx, Schuldrecht Beson- derer Teil. Vertragliche Xxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxx - Xxxxxxxxxx, 0000, 221.
(94) D. Medicus - X. Xxxxxx, op. cit., 311.
(95) Sul punto, v., per esempio, X. Xxxxxxxx, op. cit., Rn. A7; C. Xxxxxxxxxx, op. cit., 236.
(96) Per simili osservazioni, v. X. Xxxx - W.D. Xxxxxx, op. cit., 386.
(97) Su questo dibattito, v., ampiamente, X. Xxxxxxxx, Vor- bemerkungen zu par. 662 ff., in X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxxxx -
Nel complesso, comunque, Dienstvertrag e Werkver- trag unitariamente considerati rispetto agli altri tipi sembrano integrare una sorta di struttura generale sovraordinata (98); e vale la pena di ripetere che la centralità di questa distinzione all’interno del BGB (99) deriva dalla più netta distinzione, nella tradizione tedesca, rispetto a quanto avvenuto nel- la tradizione francese, tra il modello romanistico della locatio operarum (in senso stretto) e quello della locatio operis.
Di importanza fondamentale, in Germania, è, però, anche l’Auftrag, non solo perché esso sembra inte- grare il tipo generale per quanto concerne i con- tratti di servizi gratuiti (100), ma anche, e soprat- tutto, perché larga parte della relativa disciplina ri- sulta di frequente applicabile pure a contratti one- rosi, in via diretta (in forza del rinvio di cui al par. 670) qualora risulti configurabile un Geschäftsbesor- gungsvertrag (101) e, talvolta, persino in via analo- gica (102).
Le codificazioni italiane: il Codice civile del 1865 e la sua dipendenza dal modello francese; la crescente importanza, però, del modello tedesco
Il Codice civile italiano del 1865 segue ampiamen- te il modello del Code civil, in generale e anche per la materia dei contratti di servizi.
Emblematico, in tal senso è, soprattutto, il caso della “locazione delle opere”, definita, nell’art. 1570, come “un contratto, per cui una delle parti si ob- bliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede”, con una formulazione che è la semplice traduzione letterale della definizione di louage d’ou-
vrage di cui all’art. 1710 del Code civil (103). Nello stesso modo, l’art. 1627 del Codice civile italiano del 1865 (ai sensi del quale “Vi sono tre principali specie di locazione di opere e d’industria: 1° quella per cui le persone obbligano la propria opera all’al- trui servizio; 2° quella de’ vetturini sì per terra co- me per acqua, che s’incaricano del trasporto delle persone o delle cose; 3° quella degli imprenditori di opere ad appalto o cottimo”) integra la traduzio- ne letterale dell’art. 1779 del Code civil.
Nel Codice civile del 1865, Il mandato è invece definito, nell’art. 1737, “un contratto in forza del quale una persona si obbliga gratuitamente o me- diante un compenso a compiere un affare per con- to di un’altra persona da cui ne ha avuto l’incari- co”, con una formulazione che si allontana dal mo- dello francese, innanzi tutto per il mancato richia- mo alla rappresentanza, anche se la dottrina civili- stica del tempo continua tendenzialmente a inten- dere la rappresentanza come intimamente connessa al mandato (104), perlomeno nella sua fattispecie ordinaria (105).
Un’altra differenza letterale rispetto alla definizio- ne francese è il termine “affare” contenuto solo nella definizione italiana, termine che viene, però, dalla dottrina del tempo, collegato dapprima alla trattazione, e poi più specificamente al compimen- to (106) di atti giuridici (principalmente, negozi giuridici (107)), intesi proprio quali atti suscettibili di rappresentanza, e nettamente distinti dagli atti puramente materiali, questi ultimi considerati atti cui non sono direttamente ricollegati effetti giudi- ci, e che possono invece costituire oggetto di loca- zione (108).
X. Xxxxxx - X. Xxxxxx, parr. 657-704 (Geschäftsbesorgung), cit., Rn. 10 ss.
(98) Tanto che non si può escludere che la relativa discipli- na sia talvolta applicata persino a servizi gratuiti: v. X. Xxxxx- xxxxx, op. cit., 238.
(99) In questo senso, v., ancora, C. Xxxxxxxxxx, op. cit., 239.
(100) V. D. Medicus - X. Xxxxxx, op. cit., 229, dove si parla, con riguardo ai contratti di servizi del BGB, di tre “Grundty- pen”, due onerosi (Dienstvertrag e Werkvertrag) e uno gratuito (Auftrag).
(101) In argomento, v. C. Xxxxxxxxxx, op. cit., 237, secon- do cui “Im Ergebnis stellen sich die Bestimmungen des Auftrag- srechts, auf die par. 675 Abs. 1 verweist, daher als allgemeines Dienstleistungsrecht dar, das Dienstvertrag und Werkvertrag gleichermaßen umspannt, dem aber freilich von Vertrag zu Ver- trag unterschiedlich große Bedeutung zukommt. Von einem tri- chotomen System der Dienstleistungsverträge kann auch de- swegen keine Rede sein”.
(102) Cfr., per esempio, D. Medicus - X. Xxxxxx, op. cit., 239.
(103) Sul punto, v. X. Xxxxx, op. cit., 340, dove si evidenzia peraltro anche la presenza, nel Codice civile italiano del 1865,
di una previsione, quella di cui all’art. 1568 (secondo cui “il contratto di locazione ha per oggetto le cose o le opere”), che non trova un preciso corrispondente nel Code civil, previsione di cui si illustra anche il significato dal punto di vista della evo- luzione storica della nozione di oggetto del contratto.
(104) V., per esempio, E. Pacifici - Xxxxxxx, Istituzioni di di- ritto civile italiano, V ed. a cura di X. Xxxxx - X. Xxxxxx, V, parte 2°, Parte speciale, Dei singoli rapporti obbligatori, Torino, 1927, 277, dove, dopo essersi richiamato l’art. 1737, si afferma: “due sono i caratteri essenziali e distintivi del mandato: a) l’affa- re o gli affari giuridici; b) la rappresentanza del mandante da parte del mandatario, all’effetto di obbligare quello verso i terzi, e viceversa”.
(105) In questo senso, v. X. Xxxxxxxx, op. cit., 45.
(106) Sulla differenza tra le due nozioni, v., per esempio, e anche per ulteriori riferimenti, X. Xxxxxxx, op. cit., 102 s.
(107) V. A. Xxxxxxx, op. cit., 107, nt. 80, dove si riporta la Re- lazione del Guardasigilli al Progetto preliminare del libro delle obbligazioni, n. 508, secondo cui, testualmente, “Il termine af- fare dell’art. 1737 [del Codice civile del 1865] si usa nella dottri- na e nella pratica come sinonimo di negozio giuridico”.
(108) Per simili osservazioni e anche per ulteriori riferimenti,
v. X. Xxxxxxxx, op. cit., 44 ss.
L’art. 1739 (109), peraltro, torna a essere perfetta- mente in linea, anche sul piano della formulazione letterale, con il modello francese, sancendo la gra- tuità del mandato salvo patto contrario (110).
L’influsso francese, evidente come appena detto nella legislazione italiana precedente il Codice ci- vile del 1942, domina, in un primo periodo, anche in dottrina e giurisprudenza. Questo influsso si co- glie, tra l’altro, nella distinzione tra obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, ampiamente rece- pita dalla dottrina italiana già sotto il vigore del Codice civile del 1865 (111), oltre che nella scelta legislativa di tipizzare un numero molto contenuto di contratti di servizi.
A partire dal ventesimo secolo, però, innanzi tutto in ambito dottrinale, emerge sempre più anche un diverso influsso, quello della pandettistica tedesca, che porta autorevoli giuristi del tempo (112), no- nostante la formulazione letterale del Codice civi- le, a distinguere tra locatio operis e locatio operarum (in senso stretto), e, più in generale, a individuare numerose tipologie contrattuali autonome in mate- ria di servizi (113).
(Segue) il Codice civile del 1942, cioè un prodotto normativo con spiccati tratti di originalità; in particolare, l’improvvisa comparsa (tra i già conosciuti appalto e mandato) del nuovo contratto d’opera
Il Codice civile del 1942 finisce così per distingue- re numerosi tipi contrattuali diversi, proprio tenen- do conto degli esiti raggiunti da dottrina e giuri- sprudenza italiane dei decenni precedenti (114) e al tempo stesso combinando gli influssi francese e tedesco con significativi tratti di originalità (115). Innanzi tutto, il contrato di locazione (artt. 1571 ss.), differentemente dal modello francese, non ri- guarda più la materia dei contratti di servizi, ricol- legandosi solo alla figura tradizionale della locatio rei.
In materia di contratti di servizi, i tipi più rilevanti e dotati di ambito di applicazione più genera- le (116) sono, nel Libro IV (dedicato alle “obbliga- zioni” e, tra l’altro, ai singoli contratti tipici), l’ap- palto (artt. 1655 ss.) e il mandato (artt. 1703 ss.) e, nel Libro V (dedicato al “lavoro”), l’innovativo
- alla luce della precedente tradizione italiana - contratto d’opera, suddiviso in un contratto d’ope-
(109) Ai sensi del quale “il mandato è gratuito se non vi è patto in contrario”.
(110) Un mandato, quello commerciale, è peraltro discipli- nato anche nel Codice di commercio del 1882 (artt. 349 ss.) (in generale sulla evoluzione storica, in ambito italiano, del rap- porto tra diritto civile e diritto commerciale, cfr., di recente, S. Delle Monache, “Commercializzazione” del diritto civile (e vice- versa), in Riv. dir. civ., 2012, I, 496 s.). Con riguardo a questa disciplina (che, come sottolinea X. Xxxxxxx, op. cit., 100, “assun- se un ruolo sistematico ben maggiore rispetto alla disciplina civi- listica”), due sono le osservazioni più interessanti ai nostri fini: in primo luogo, il mandato in parola è definito come quello che “ha per oggetto la trattazione di affari commerciali per conto e in nome del mandante” (art. 349, comma 1), così esplicita- mente sovrapponendosi, in ossequio al modello francese, mandato (commerciale) e rappresentanza, tra l’altro impiegan- dosi a tal fine la nozione di “affare”, che appare pertanto, a maggior ragione, da intendere come collegata al compimento di atti giuridici (principalmente, negozi giuridici, come si dice- va) intesi quali atti suscettibili di rappresentanza, e comunque nettamente distinti dagli atti puramente materiali (v., anche per ulteriori riferimenti, X. Xxxxxxxx, op. cit., 46). In secondo luogo, nel Codice di commercio del 1882, stabilendosi che “il mandato commerciale non si presume gratuito” (art. 349, com- ma 2), si sancisce una presunta onerosità del mandato che in- fluirà notevolmente sulla successiva evoluzione del diritto civi- le italiano, al momento della sua c.d. commercializzazione at- tuata con il Codice civile del 1942.
(111) Come ricorda X. Xxxxxxx, op. cit., 32.
(112) V., per esempio, X. Xxxxxx, Diritto civile, IV, I contratti speciali, Torino, 1934, 491s., 493 s., 539, dove si inizia la tratta- zione dei “contratti relativi alle prestazioni umane” definendo la “locazione di opera” come “il contratto con il quale un imprendi- tore (conductor operis) si obbliga verso un committente (locator operis) a compiere una determinata opera, mercé il corrispettivo di un prezzo determinato”, e poi si individua, come sottospecie
della locazione di opera, “il contratto di appalto (locatio operis, entreprise, marché, Werkvertrag)”, definito come “quello per il quale una persona - appaltatore, assuntore, imprenditore - si ob- bliga a compiere un’opera per un’altra - appaltante, committen- te - per un prezzo calcolato secondo l’importanza dell’opera. In- somma nella locatio operis si ha di mira il risultato della umana attività, lo opus perfectum”. Al riguardo, sulla scia di Dernburg, e in contrasto con la tradizione francese, si precisa poi anche: “Qualcuno ha sostenuto, che il contratto di appalto sia un caso della locazione delle opere. Ma a torto, poiché assai diversa è la natura dei due contratti. Infatti oggetto della locazione delle ope- re è l’energia di lavoro e il prezzo è commisurato al tempo del- l’impiego; invece oggetto dell’appalto è l’opus perfectum, il ri- sultato del lavoro, e il prezzo è commisurato all’importanza del- l’opera. Sicché, sebbene non si possa disconoscere che l’appal- tatore debba impiegare il lavoro per conseguire tale risultato, è altresì certo che nell’appalto si tratta di conseguire un effetto economico, cioè lo opus perfectum”. Anche con riguardo al mandato, questo A. si allontana dalla tradizione francese, sem- pre sulla scorta dell’influsso tedesco, affermando, subito dopo aver riportato il testo dell’art. 1737, che il contratto in parola “1) suppone un incarico; 2) e dà al mandatario il diritto di agire per conto del mandante, sia in nome di lui, sia in nome proprio”, distinguendo, a seguire, il mandato con procura da quello sen- za procura.
(113) In questo senso, e anche per ulteriori riferimenti, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 18 s.
(114) V. F. Xxxxxxx, op. cit., 20.
(115) Per una brillante dimostrazione di questo assunto con più generale riguardo alla nozione di oggetto del contratto, v.
X. Xxxxx, Il problema dell’oggetto del contratto nella tradizione ci- vilistica, in Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato. Obbligazioni e diritti reali, Napoli, 2003, 228 ss.
(116) Per la menzione anche di altri tipi di contratti di servizi specificamente disciplinati nel Codice civile del 1942, v. F. Ra- nieri, ibidem.
ra generale, detto anche manuale (artt. 2222 ss.), e in un contratto d’opera intellettuale (art. 2229 ss.) (117).
A quelli appena indicati, si aggiungono vari altri tipi (ma più specifici), ciò che segna un’altra fon- damentale differenza tra il Code civil e il Codice ci- vile del 1942. Quest’ultimo, infatti, in materia di contratti di servizi, tipizza molto di più, distinguen- do varie figure contrattuali a seconda (soprattutto, ma non solo) del diverso oggetto del contratto, in questo modo recependo, e anzi accentuando la spinta in tal senso proveniente dal diritto tede- sco (118).
Con riguardo al contratto d’opera, il Codice (v. il Titolo III del Libro V) parla anche di lavoro auto- nomo, per distinguerlo dal lavoro subordinato di cui all’art. 2094 (119). Salva questa precisazione, l’ambito di applicazione del tipo sembra davvero amplissimo, in quanto l’art. 2222 contempla il compimento verso corrispettivo, molto generica- mente, di “un’opera o un servizio”.
Il medesimo inciso si trova però ripetuto anche nell’art. 1655, al fine di definire l’appalto, che ap- pare pertanto anch’esso dotato di un ambito di ap- plicazione amplissimo, e che sembrerebbe dover es- sere tenuto distinto dal contratto d’opera, fonda- mentalmente, per il solo fatto che l’appaltatore adempie avvalendosi di una organizzazione azien- dale non piccola, mentre il prestatore d’opera adempie con il lavoro prevalentemente pro- prio (120).
A parte questa differenza, appalto e contratto d’o- pera sono in significativi aspetti della disciplina molto simili. Per entrambi, è infatti prevista una normativa sostanzialmente unitaria (differenziata
però in taluni specifici punti) in tema di difformità e vizi dell’opera (artt. 1667 ss. e 2226). Sempre per entrambi, è poi prevista la possibilità che il com- mittente receda dal contratto in ogni tempo, te- nendo indenne la controparte delle spese, dei lavo- ri eseguiti e del mancato guadagno (rispettivamen- te, artt. 1671 e 2227) (121). E proprio in questa so- vrapponibilità (peraltro solo parziale) delle discipli- ne di appalto e contratto d’opera potrebbe forse anche cogliersi un residuo dell’influsso francese, e specialmente della tradizionale tendenza a non di- stinguere nettamente la locatio operis dalla locatio operarum (in senso stretto) (122).
È comunque sicuro che la disciplina italiana non ha recepito la distinzione tedesca tra Dienstvertrag e Werkvertrag, come dimostrato già solo dal fatto che, nelle definizioni di appalto e di contratto d’o- pera, le nozioni di opera e di servizio sono conside- rate unitariamente, l’una accanto all’altra (123).
Ma non si può nemmeno dire che in Italia sia stato fedelmente seguito il modello del Code civil: tra ap- palto e contratto d’opera sussistono, infatti, anche importanti differenze di disciplina, alcune inequi- vocabilmente sancite (si confrontino, rispettiva- mente, senza pretesa di completezza: gli artt. 1658 e 2223, in tema di prestazione della materia; gli artt. 1662 e 2224, in tema di rimedi contro una inadeguata esecuzione dell’opera; nonché gli artt. 1657 e 2225, in tema di criteri di determinazione del corrispettivo), altre valorizzabili in via interpre- tativa (si pensi, per esempio, agli artt. 1672 e 2228, non così simili - già solo nella formulazione letterale - come si potrebbe a prima vista pensa- re (124)), con la conseguenza che non si può parla- re, per l’Italia, di una figura (seppure formalmente
(117) Su cui cfr., da ultimo, X. Xxxxxxxx, Contratto d’opera professionale, Artt. 2229-2238, II ed., in Il Codice Civile - Com- mentario, fondato e già diretto da X. Xxxxxxxxxxx, continuato da F.D. Busnelli, Milano, 2014, passim.
(118) In questo senso, v. X. Xxxxx, La definizione della “locatio conductio”, cit., 312. Ciò considerato, un ordinamento, quale quello italiano, che si è spinto, sulla strada della tipizzazione, persino più avanti di quello tedesco, dovrebbe, a mio avviso, privilegiare l’esame della disciplina dei singoli tipi, piuttosto che dell’obbligazione in generale.
(119) “Senza vincolo di subordinazione nei confronti del com- mittente”, recita al riguardo l’art. 2222.
(120) In argomento, v. la Relazione al Codice civile, n. 700, dove si afferma: “l’appalto, che nel codice del 1865 era consi- derato come sottospecie della locazione d’opera, acquista nel nuovo sistema una individualità autonoma, pur rivelando, nella disciplina per esso dettata, le tracce della sua origine. La carat- teristica essenziale che ha permesso il differenziarsi dell’appal- to dalla più semplice figura di contratto d’opera, regolata negli articoli 2222 e seguenti, non è data dal risultato, che in en- trambi è un’opera o un servizio, ma dal fatto che nell’appalto
vi è un’organizzazione ad impresa, la quale pone in secondo piano la prestazione di lavoro dell’appaltatore. Il risultato con- trattuale non si raggiunge, in altri termini, direttamente attra- verso il lavoro dell’appaltatore come attraverso il lavoro preva- lentemente proprio del prestatore si consegue nel contratto d’opera, ma attraverso l’organizzazione dei mezzi necessari, che l’appaltatore cura e gestisce a suo rischio”. Su questi te- mi, cfr., ex multis, X. Xxxxxxxxx del Moral Xxxxxxxxx, Il con- tratto d’opera in generale, in I contratti di collaborazione, a cura di X. Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, 682; X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxxxx, Il lavoro autonomo - Contratto d’opera, Artt. 2222-2228, II ed. ag- giornata a cura di X. Xxxxxxxxx, in Il Codice Civile - Commen- tario, fondato e già diretto da X. Xxxxxxxxxxx, continuato da
F.D. Xxxxxxxx, Milano, 2009, 71 ss.; X. Xxxxxxx - Xxxxxxxxxx, vo- ce Opera (contratto di), in Noviss. Dig. it., XI, Torino, 1965, 985.
(121) Per simili osservazioni, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 21 s.
(122) In questo senso, v. X. Xxxxxxx, op. cit., 22.
(123) V., ancora, X. Xxxxxxx, ibidem.
(124) Cfr. X. Xxxxxxx - Xxxxxxxxxx, op. cit., 989; X. Xxxxxxx, op. cit., 337 ss.
ripartita in due tipi diversi) sostanzialmente unita- ria simile al contrat d’entreprise.
Peraltro, sia nell’appalto sia nel contratto d’opera, l’idea di fondo del legislatore storico potrebbe an- che sembrare che il prestatore si impegni a rag- giungere un determinato risultato (125), ciò che avvicinerebbe entrambi i tipi, unitariamente consi- derati, al modello del Werkvertrag, ma questa stessa idea (a tacere d’altro) è stata nettamente smentita dall’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale suc- cessiva, la quale è giunta a considerare la distinzio- ne tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risul- tato di scarso per non dire nullo significato per l’individuazione di qualsivoglia disciplina applica- bile (sia al livello dell’obbligazione, sia al livello del tipo contrattuale) (126). E ciò anche a non vo-
ler considerare il fatto che, se pure si accettasse la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, perlomeno il contratto d’opera intel- lettuale dovrebbe invece considerarsi incentrato sulla normale presenza, in capo al prestatore d’ope- ra intellettuale, di una semplice obbligazione di mezzi (127).
Non di rado, comunque, la dottrina italiana si li- mita classificare il contratto d’opera come una sor- ta di appalto “minore”, o “povero”, destinato a re- golare quasi solo fattispecie di scarsa rilevanza pra- tica (128), svilendo in questo modo persino le sue particolarità di disciplina più evidenti (129).
Considerando poi il mandato, il Codice civile del 1942, con una notevole novità rispetto alla tradi- zione precedente (130), lo tiene chiaramente di-
(125) In argomento, v. la Relazione al Codice civile, n. 700, dove si afferma: “la nozione che l’art. 1655 dà del contratto di appalto deve riuscire sufficientemente chiara, dovendosi solo avvertire che la prestazione di un servizio a cui allude l’articolo suddetto deve intendersi sempre come risultato al pari del compimento di un’opera, e quindi non come semplice attività lavorativa”, anche se, “quando oggetto dell’appalto è la pre- stazione di un servizio, non tutte le norme possono senz’altro trovare applicazione; e infatti alcune di esse presuppongono che il risultato promesso sia una determinata opera materiale (cfr., ad esempio, art. 1669)”. V. anche il n. 686, dove si affer- ma: “la locatio operarum è regolata nel libro del lavoro, come quella che si inserisce, in funzione collaborativa, nell’organiz- zazione dell’impresa. La locatio operis, avente per oggetto la prestazione del risultato di un lavoro a rischio del suo produt- tore, forma argomento di separata disciplina, a seconda che l’attività diretta a quella prestazione presupponga un’impresa organizzatrice del capitale e del lavoro altrui (contratto di ap- palto, contratto di trasporto, ecc.) o l’impiego prevalente del lavoro proprio da parte dell’obbligato (lavoro autonomo)”. In dottrina, v. X. Xxxxxxx, Trattato di diritto civile, II ed., II, Le ob- bligazioni in generale - Il contratto in generale - I singoli contratti, Padova, 2010, 651, 659, 661; X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxxxx, op. cit., 22 s.
(126) È questo l’esito attuale di una evoluzione critica, ini- ziata con il fondamentale apporto di X. Xxxxxxx (Obbligazioni “di risultato” e obbligazioni “di mezzi” (Studio critico), in Riv. dir. comm. e dir. gen. obbl., 1954, I, 000 x. [x xx Xx., Xxxxxxx XX, Obbli- gazioni e negozio, a cura di A. Albanese - X. Xxxxxxxxxx - X. Xxxxxxxxx, Milano, 2011, 141 ss.]; x. xxxx, xx xxxxxx, X. Xxxxxxx
- Xxxxxxxxxx, voce Professioni intellettuali, in Novissimo Digesto italiano, XIV, Torino, 1967, 24; più di recente, sempre in senso critico nei confronti della distinzione, v. anche, da differenti punti di vista: X. Xxxxx, Il contratto d’opera, in Trattato dei con- tratti, dir. da X. Xxxxx e cond. A.M. Xxxxxxxxx, III, Opere e ser- vizi - 1, Milano, 2014, 596; X. Xx Xxxxxxx, Il contratto d’opera intellettuale: profili generali e obblighi delle parti, ivi, 685 s.; X. Xxxxxxxxx, Dalle obbligazioni di mezzi e di risultato alle obbliga- zioni governabili e non governabili, in Giur. it., 2015, 2322 ss.;
C.M. Xxxxxx, op. cit., 32 s.; X. Xxxxxxxx, Fattispecie e disciplina dei servizi, Contributo alla riflessione giuridica sugli istituti della società post-industriale, Milano, 2011, 201 s.; X. Xxxxxxx, op. cit., 94 s., 105 s., 145 ss.; X. Xxxxxxxxxx, La nuova responsabi- lità civile, III ed., Milano, 2006, 560 s.), che appare, a chi la os- serva oggi dal privilegiato punto di vista della comparazione, una conseguenza di lungo termine del recepimento, da parte della dottrina italiana, a partire dagli inizi del ventesimo secolo, della dogmatica civilistica tedesca (v. X. Xxxxxxx, op. cit., 32 s.).
Su questa stessa linea di pensiero si sono ripetutamente poste anche dalle Sezioni Unite della Xxxxxxxxxx (X. Xxxx., XX.XX., 00 gennaio 2008, n. 577, in Giur. it., 2008, 1654 s., dove si af- ferma che la distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, “se può avere una funzione descrittiva, è dogmati- camente superata, quanto meno in tema di riparto dell’onere probatorio”; v. anche il commento di X. Xxxxxx, Crepuscolo della distinzione tra le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risulta- to, ivi, 1655 ss.; in precedenza, x. Xxxx., SS.UU., 28 luglio 2005, n. 15781, in Europa e dir. priv., 2006, 781, secondo cui “l’obbligazione del professionista non è soggetta alla disciplina [di cui all’art. 2226 c.c.] della decadenza e della prescrizione previ- ste a riguardo della garanzia nel contratto d’opera, e ciò a pre- scindere dalla distinzione tra obbligazioni di risultato e c.d. obbli- gazioni di mezzi, distinzione che va respinta in quanto tutte le obbligazioni implicano un risultato e unica è la responsabilità del debitore, professionista o non professionista”; v. anche il com- mento di X. Xxxxxxxxx, Il commiato della giurisprudenza dalla di- stinzione tra obbligazioni di risultato e obbligazioni di mezzi, ivi, 797 ss.; ma v. anche, per una diversa prospettiva dottrinale, G. D’Amico, Responsabilità per inadempimento e distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, in Riv. dir. civ., 2006, n. 6, 141 ss.; Id., La responsabilità ex recepto e la distinzione tra ob- bligazioni “di mezzi” e “di risultato”, Napoli, 1999), le quali han- no sostenuto la funzione puramente descrittiva della distinzio- ne e la necessità di porre piuttosto al centro, per individuare la disciplina in concreto applicabile, gli specifici accordi di volta in volta presi dalle parti, interpretati secondo buona fede (v., ancora, X. Xxxxxxx, op. cit., 34 s.).
(127) Sul punto, cfr. ancora X. Xxxxxxx, op. cit., 664; X. Xxx- xxxxx - X. Xxxxxxxx, op. cit., 26.
(128) Cfr. per esempio X. Xxxxxxx, op. cit., 64, secondo cui il contratto d’opera “finisce per riferirsi, di regola, a rapporti in- staurati in modo episodico, come i contratti con l’artigiano cui viene commessa la confezione di un mobile o la verniciatura del- la finestra o la pulizia dell’immobile”; X. Xxxxxxxxx, I contratti di distribuzione, Napoli, 1979, 287, dove si parla della (“inesau- sta” ma forse anche) “sbiadita” categoria della locatio operis;
M.A. Xxxx, Il contratto d’opera, in Diritto civile, diretto da X. Xx- xxxx e X. Xxxxxxxx, Vol. III - Obbligazioni - III - I contratti, Mila- no, 2009, 359; X. Xxxxxxxxx, in X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxxxxx, Con- tratto d’opera e prestazione d’opera intellettuale, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2013, 4, dove si parla di un “ruolo subalter- no” del contratto d’opera rispetto all’appalto.
(129) Cfr., ancora, X. Xxxxxxx, op. cit., 58 e 61.
(130) X. Xxxxxxxx, op. cit., 47.
stinto dalla rappresentanza (e dalla procura), se- guendo così, sotto questo profilo, il modello del BGB (131).
Peraltro, il Codice civile del 1942 si discosta sia dalla necessaria gratuità del BGB sia dalla gratuità salva diversa pattuizione del Code civil, sancendo la presunta onerosità del mandato (art. 1709 c.c.), in linea con la scelta di fondo italiana di unificare di- ritto civile e diritto commerciale, facendo tenden- zialmente prevalere le esigenze di quest’ultimo.
Sempre con riguardo al mandato, il suo oggetto è espressamente limitato, dall’art. 1703, al compi- mento di atti giuridici, scelta questa da leggersi, dal punto di vista storico, in linea di tendenziale continuità con la precedente tradizione italiana (e prima ancora francese). È infatti chiaro che, “se- condo le convinzioni del legislatore del 1942, og- getto di mandato potrebbero dunque essere solo at- ti giuridici, di carattere principalmente negoziale o anche non negoziale, ma comunque dichiarati- vi” (132), cioè atti pur sempre suscettibili di rap- presentanza, mentre il contratto d’opera dovrebbe avere per oggetto attività puramente materiali e/o intellettuali (133).
Ma ciò segna una contraddizione: da un lato si scioglie il tradizionale legame del mandato con la rappresentanza, in ossequio alla visione tedesca, ma dall’altro lato non si abbandona davvero la tra- dizione francese, recuperandosi proprio il medesi- mo legame su un altro piano, quello della nozione di atti giuridici (134).
Proprio in considerazione di ciò, si può capire (il che non significa però giustificare) come si siano potute sviluppare, in Italia, forti tendenze ad allar- gare in via interpretativa l’oggetto del mandato, ri-
comprendendovi, a seconda delle opinioni, atti pur sempre giuridici, ma reali (cioè non dichiarativi), o addirittura taluni atti puramente materiali (quelli che appaiano idonei a produrre, sia pure solo indi- rettamente, effetti giuridici nella sfera del mandan- te) (135).
Occorrerebbe, però, a mio avviso, evitare il rischio che, estendendosi oltremodo l’ambito di applica- zione del mandato, il contratto d’opera rimanga in- giustificatamente confinato a poche fattispecie, tra l’altro difficilmente distinguibili in concreto (so- prattutto qualora si tratti di contratto d’opera in- tellettuale (136)) da quelle di mandato, in contra- sto con la chiara scelta legislativa di tenere separa- te le due figure, assegnando al contratto d’opera una rilevanza generale (137).
Tutto ciò considerato, da un lato l’indagine com- paratistica mostra inequivocabilmente come il con- tratto d’opera sia la più spiccata particolarità italia- na in materia di contratti di servizi (138); dall’altro lato, però, questa particolarità è, molto spesso, nel- lo stesso ambito italiano, grandemente svalutata. La motivazione fondamentale di ciò è probabil- mente da ravvisare nella per così dire - come chia- rirò tra breve - tutt’altro che nobile origine del contratto d’opera, e nella sua particolare e molto discutibile collocazione topografica, nel Libro V e non nel Libro IV del Codice civile.
La peculiare origine “ideologica” del contratto d’opera: l’“esprit de géométrie di un legislatore illusionista”
La presenza di un intero Libro del Codice civile, il V, dedicato al lavoro, e l’adozione in questo Libro
(131) L’idea del legislatore del 1942, infatti, è di disciplina- re, in tema di mandato, il lato interno del rapporto e, in tema di rappresentanza, quello esterno (v. la Relazione al Codice civi- le, n. 712). La disciplina della rappresentanza è pertanto stac- cata dalla sede del mandato, potendo la rappresentanza stes- sa aderire anche a rapporti diversi, di fonte negoziale o anche legale (v., anche per ulteriori riferimenti, X. Xxxxxxxx, op. cit., 48).
(132) X. Xxxxxxxx, ibidem.
(133) V. la Relazione al Codice civile, n. 712, dove si affer- ma: “la distinzione tra il mandato e il contratto d’opera o il contratto di lavoro è posta nel criterio obiettivo della diversa natura della prestazione oggetto del contratto. Si ha mandato quanto l’incaricato deve prestare un’attività negoziale, e cioè deve compiere atti giuridici per conto del mandante (art. 1703); si ha contratto d’opera ovvero contratto di lavoro quan- do deve essere prestata un’attività di contenuto non negoziale, sia materiale che intellettuale”. Sia pure da un punto di vista più generale, sottolinea come la finalità del Codice civile italia- no del 1942, con riguardo al mandato, sia proprio quella di cir- coscriverne con precisione l’ambito di applicazione rispetto al contratto d’opera anche X. Xxxxxxx, Introduzione alla dinamica
giuridica, Napoli, 1978, 315.
(134) Xxx. X. Xxxxxxxxx, xx. xxx., 00; X. Xxxxxxxx, Il manda- to, in Diritto civile, diretto da X. Xxxxxx - X. Xxxxxxxx, III - Obbli- gazioni - III - I contratti, cit., 411 s.; X. Xxxxxxxx, op. cit., 48.
(135) Cfr. sul punto X. Xxxxxxxx, op. cit., 48 s.
(136) V. F. Xxxxxxx, op. cit., 25.
(137) Mi sembra, in altre parole, che si dovrebbe fare parti- colare attenzione, in Italia, a evitare di estendere oltremodo l’ambito di applicazione del mandato, già solo per non aggra- vare ulteriormente il problema (sussistente comunque, in una qualche misura, anche dove, come in Francia, l’oggetto del mandato è inteso in senso restrittivo) della distinzione con le fi- gure contrattuali in qualche modo ricollegabili alla tradizione della locatio conductio (cioè l’appalto, prima ancora del con- tratto d’opera).
(138) Su un piano molto più generale, peraltro, secondo X. Xxxxxxx, op. cit., 173, “l’origine storica più prossima del contratto d’opera è probabilmente rinvenibile (...) in quelle nozioni di ‘arte’ e di ‘mestiere’ le quali, lungi dal dissolversi con la fine delle cor- porazioni, occupavano, assieme alle attività commerciali, un pre- ciso gradino nell’organizzazione (e nella gerarchia) sociale del- l’ancien régime”.
di una nozione amplissima di lavoro (comprensiva anche del lavoro autonomo sub specie di contratto d’opera, sia manuale sia intellettuale), corrispondo- no, con ogni probabilità, a una scelta ideologica di stampo fascista: la scelta di sottoporre tutti i prin- cipali attori del mondo produttivo (cioè imprendi- tori, lavoratori subordinati e lavoratori autonomi), sotto questo profilo unitariamente considerati, alle superiori finalità dello Stato totalitario (e conse- guentemente anche al suo controllo).
Al riguardo, uno dei più autorevoli commentatori ha, infatti, osservato: “sorge legittimo il dubbio che la collocazione (e la stessa previsione) del cosiddet- to “lavoro autonomo” nel libro V del c.c. (...) co- stituisca più il frutto di una precisa operazione ideologica ed «estetica» - l’esprit de géométrie di un legislatore illusionista, entro la cornice delle supe- riori armonie dell’ordine corporativo - che il since- ro portato normativo della realtà economica sotto- stante” (139).
L’idea originaria verosimilmente era, in altre paro- le, raccogliere in una sede unitaria - il Libro V del
c.c. - tutte le principali categorie utili all’economia nazionale, prospettandone in questo modo una unitarietà di fondo. Così, accanto all’imprenditore, alle società e ai lavoratori dipendenti, per esigenze di completezza, serviva anche un nuovo tipo con- trattuale idoneo a mettere in mostra, in questa “pa- rata” delle forze produttive nazionali, la figura - che essa esistesse davvero in concreto come tale, oppure non, interessava, probabilmente, ben poco
- di un prestatore di servizio svolgente un’attività prevalentemente personale senza vincolo di subor- dinazione (cioè in autonomia), ed è per questo mo- tivo fondamentale che nacque il contratto d’opera: ecco dunque l’illusionistico esprit de géométrie fasci- sta applicato alla materia dei contratti di servizi.
Il nostro contratto, in questo modo, mette però al centro della sua disciplina un individuo, con le sue energie lavorative da valorizzare (sia pure al fine ultimo di soggiogarle a una ideologia totalitaria).
Possibilità di una rinnovata interpretazione alla luce di un esprit de finesse - di particolare tutela, innanzi tutto economica, del lavoratore autonomo - in linea con le esigenze della contemporaneità?
L’illusionismo fascista si è poi ben presto dissolto, ma il contratto d’opera è sopravvissuto, sostanzial- mente immutato nella sua disciplina codicisti- ca (140). Ciò impone, evidentemente, una rimedi- tazione del significato più profondo della figura, in un’ottica diversa da quella originaria e attualmente condivisibile (141).
Per quanto io abbia, in questa sede, fin dall’inizio rinunciato a dare risposte compiute, mi si lasci di- re, in conclusione, che gli spazi di manovra in una simile direzione potrebbero essere notevoli.
Innanzi tutto, come accennavo, l’ambito di appli- cazione del tipo è potenzialmente generalissimo e le rigidità dogmatiche che in passato lo caratteriz- zavano sono già state superate.
Inoltre, come pure accennavo, al centro del no- stro contratto si trova pur sempre posto un indivi- duo, con le sue energie lavorative da valorizzare, come si vede bene in quelle numerose, specifiche previsioni di legge che sembrano mirare a una particolare tutela, innanzi tutto economica, del lavoratore autonomo. Si pensi, per esempio, al- l’art. 2225 c.c., dove si parla di un corrispettivo stabilito dal giudice in relazione non solo “al risul- tato ottenuto” ma anche “al lavoro normalmente necessario per ottenerlo”; all’art. 2233, comma 0, x.x., xxxx xx parla, per le opere intellettuali, di una misura del compenso che deve essere “in ogni caso (...) adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”; e anche all’art. 2228 c.c., dove, per il caso di esecuzione dell’opera di- venuta impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, si parla, per il prestatore d’ope- ra, del diritto “ad un compenso per il lavoro pre- stato” (non nei limiti di, ma, molto più generica- mente, solo) “in relazione all’utilità della parte dell’opera compiuta”.
(139) X. Xxxxxxx, op. cit., 5.
(140) Ma per riferimenti alla legislazione speciale emanata, anche in tempi molto recenti, in materia di professioni, v. X. Xxxxxx, sub Capo II, Titolo III, Libro V, in Commentario breve al codice civile Cian - Trabucchi, XI ed. a cura di X. Xxxx, Padova, 2014, 2652 ss.; X. Xxxxxxx, Il lavoro autonomo. Il contratto d’ope- ra e il contratto d’opera intellettuale, in Diritto e processo del la- voro e della previdenza sociale privato e pubblico, a cura di X.
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Torino, 2014, 102 ss.; X. Xx Xxxxxxx, xx. xxx., 000 xx.; X. Xxxxxxxx, in X. Xxxxxxxxx - X. Xxxxxxxx, Contratto d’opera e prestazione d’opera intellettuale, cit., 121 ss.; M. Ra- bitti, Il contratto d’opera in generale, in P. Sirena (a cura di), I contratti di collaborazione, cit., 763 ss.
(141) Su una simile linea di pensiero, cfr., abbastanza di re- cente, X. Xxxxxxxxx del Moral Xxxxxxxxx, op. cit., 652.
Simili basi normative potrebbero essere oggi valo- rizzate nell’ottica di una particolarmente intensa tutela delle prestazioni di lavoro personale svolte in autonomia anche a prescindere dal raggiungi- mento di un risultato utile, cioè nell’ottica secondo cui chi si avvale delle energie personali di un altro soggetto che si comporta diligentemente, lo deve poi, in una qualche (sia pure minima) misura, co- munque retribuire, persino in caso di mancata sod- disfazione dell’interesse per cui il rapporto contrat- tuale era stato posto in essere. E ciò potrebbe forse
xxxxxx, in modo tendenzialmente unitario, sia per il lavoro manuale sia per il lavoro intellettuale.
Una simile impostazione, in un momento - in par- ticolare per l’Italia - di profonda crisi innanzi tutto (anche se non solo) economica dei lavoratori auto- nomi - naturalmente, solo qualora fosse più atten- tamente vagliata e approfonditamente dimostra- ta (142) -, potrebbe, a mio avviso, anche finire per veicolare un condivisibile esprit de finesse in linea con le esigenze della società contemporanea.
(142) Come sarà mia cura fare nel prossimo futuro in altra sede.