Contratto e persona COMMENTI Collegamento negoziale elusivo del vincolo di assegnazione della casa familiare e abuso del diritto* Commento a Cass., 30 settembre 2021, n. 26541 (ord.)
COMMENTI
Collegamento negoziale elusivo
del vincolo di assegnazione della casa familiare e abuso del diritto*
Commento a Cass., 30 settembre 2021, n. 26541 (ord.)
Xxxxxx xx Xxxxxxxxx**
Sommario: I. CASO. – II. QUESTIONE DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. Le origini della dottrina dell’abuso del diritto – 2. Presupposti, limiti applicativi e rimedi. – 3. L’abuso del diritto nella prospettiva della comparazione, tra esigenze di certezza delle relazioni negoziali e istanze di giustizia sostanziale.
Secondo la decisione in commento, integra gli estremi dell’abuso del diritto l’operazione ne- goziale attuata mediante due contratti (di permuta e di comodato) tra loro collegati, aventi ad oggetto la casa familiare e preordinati a eludere il vincolo derivante dal provvedimento di assegnazione della stessa in favore del coniuge non proprietario nell’ambito del procedimento di separazione e divorzio. Conseguentemente, la pretesa del terzo proprietario di rientrare nella disponibilità dell’immobile resta sfornita di tutela da parte dell’ordinamento. La deci- sione offre lo spunto per indagare – anche nella prospettiva della comparazione – i caratteri e i limiti della dottrina dell’abuso del diritto, nella dialettica tra esigenza di certezza delle relazioni negoziali e istanze di giustizia sostanziale.
According to the commented decision, it integrates the extremes of the abuse of rights the contractual transaction implemented by two contracts (a trade-in contract and a commo- datum) between them linked, concerning the family home and aimed at evading the family home’s assignment in favour of the non-owner spouse within the separation and divorce procedure. Consequently, the request of the owner to take back the property’s availability remains without legal protection. The decision is the starting point to investigate – even in the comparative perspective – the characters and limits of the doctrine of the abuse of rights, in the dialectic between the need for certainty of contractual relations and instances of substantial justice.
Parole chiave: Abuso del diritto - Contratti collegati - Buona fede - Casa familiare - Abuse of rights - Linked contracts - Good faith - Family home
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Assegnista di ricerca in Diritto privato, Università di Bologna, xxxxxx.xxxxxxxxxxx0@xxxxx.xx.
I. CASO
Protagonista della vicenda oggetto dell’annotata deci- sione è una coppia di sposi e genitori di figli minoren- ni. Dopo il matrimonio, la coppia aveva fissato la resi- denza familiare in un immobile di proprietà esclusiva del marito, a partire dal 2010.
Quattro anni dopo, la relazione coniugale era entra- ta in crisi. Tanto che – il 14 marzo 2014 – il legale dell’uomo aveva formalizzato alla consorte la volontà del proprio assistito di chiedere la separazione.
Pressoché contestualmente, il 17 marzo 2014, il ma- rito e suo padre avevano stipulato, davanti al notaio, due contratti. Con il primo contratto (di permuta), la proprietà della casa adibita a residenza della famiglia era stata trasferita dal figlio al padre. Con il secondo contratto (di comodato gratuito), il figlio era stato im- messo (recte, mantenuto) nel godimento del medesi- mo bene, «affinché il comodatario possa servirsi del bene ed utilizzarlo a suo piacimento, salva la natura, la sostanza della cosa stessa e la sua naturale destina- zione». Le parti avevano fissato al 1° ottobre 2014 il termine finale del contratto di comodato.
La moglie non era stata informata dell’avvenuta sti- pula di tali contratti, né il marito ne aveva dato atto in sede di giudizio di separazione, da lui introdotto nel giugno del 2014 e definito nel gennaio 2015. In detta sede, il Presidente del Tribunale – con statuizione poi confermata all’esito tanto del giudizio di separazione, quanto di quello di divorzio – aveva disposto l’affi- damento condiviso dei figli minorenni, collocandoli presso la madre e assegnando pertanto alla medesi- ma la casa familiare. Neppure all’atto dell’introduzio- ne del procedimento di scioglimento del matrimonio (nel gennaio del 2016), il marito aveva dato conto del- la sussistenza (e della maturata scadenza) del contrat- to di comodato.
Ciò, sebbene il proprietario dell’immobile (padre del- lo sposo) avesse sottoscritto, già nell’agosto 2015, un contratto preliminare di compravendita con il quale si era obbligato ad alienare il bene a un terzo.
Solo nel settembre 2016 il comodante aveva conte- stato all’assegnataria della casa familiare la scadenza del contratto di comodato, chiedendo la restituzione dell’immobile (per dar seguito alla vendita) e il ver- samento di un corrispettivo di 300 euro mensili per l’occupazione senza titolo dell’abitazione.
La pretesa era stata poi avanzata giudizialmente e la Corte di appello, riformando la decisione di primo grado, la aveva accolta. La Corte aveva in particolare individuato la ragione più liquida a supporto della de- cisione nell’orientamento di legittimità in materia di
opponibilità del provvedimento di assegnazione del- la casa familiare nei confronti del terzo proprietario dell’immobile oggetto di contratto di comodato (1).
(1) La tematica – per il cui inquadramento v. SESTA, Comunione di vita e “diritti” sulla casa familiare, in Fam. dir., 2013, 511; e AL MUREDEN, Casa in comodato, crisi coniugale e persistenti doveri di solidarietà tra familiari, in Fam. dir., 2012, 694 – è stata am- piamente trattata dalla dottrina. Si x. XXXXXX, Commento all’art. 337 sexies x.x., xx Xxxxxx xxxxx xxxxxxxx, x xxxx xx Xxxxx, 0x ed., Xxxxxxx, 2015, 1325 ss.; XXXXXXXX, Il comodato di casa familiare, fra orientamenti (ormai sedimentati) del diritto vivente e persi- stenti antinomie sistematiche, in Rass. dir. civ., 2017, 467; MARTO- NE, La Cassazione e la casa familiare: dalla opponibilità dell’asse- gnazione alla opponibilità della destinazione?, in Dir. succ. fam., 2016, 787; RUSSO, Comodato di casa familiare, divieto di recesso “ad nutum” e rilevanza dell’elemento volitivo, in Fam. dir., 2016, 757; XXXXXXXXXX, Inopponibilità a terzi del contratto di comodato e risarcimento del danno, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 838; ID., Comodato di immobile ad uso di casa familiare, ivi, 2015, 130; ID., Comodato di “casa familiare” senza espressa previsione del termine finale e crisi del rapporto coniugale: una questione da ripensare, ivi, 2013, 988; PERSIA, Comodato precario ed esigenze abitative della famiglia, in Contratti, 2015, 134; RUSSO, Le Sezioni Unite si pronunciano nuovamente sul comodato di immobile de- stinato ad abitazione della famiglia, in Fam. dir., 2015, 10; QUA- DRI, Il nuovo intervento delle Sezioni Unite in tema di comodato e assegnazione della “casa familiare”, in Corr. giur., 2015, 19; ID., Xxxxxxxx e “casa familiare”: l’intervento delle Sezioni Unite, ivi, 2004, 1442; CIPRIANI, Il comodato di casa familiare sotto esame: appunti per le Sezioni Unite, in Dir. fam., 2013, 1388; PASSARELLA, Concessione in comodato di immobile con vincolo di destinazione a casa familiare, in Contratti, 2013, 263; XXXXXXX, Comodato di immobile e destinazione ad abitazione della famiglia di fatto, ivi, 2011, 1105; XXXXXXX, Comodato e casa coniugale: torna l’orienta- mento delle Sezioni Unite del 2004, in Fam. dir., 2011, 883; AN- DREOLA, Casa familiare tra comodato e assegnazione, in Riv. not., 2011, 412; D’XXXXXX, Una sentenza controcorrente sul comodato di immobile adibito a casa familiare, in Giur. it., 2011, 785; MAGLI, Comodato e “casa familiare”: la limitazione della portata appli- cativa della decisione delle Sezioni Unite nella prospettiva delle successive pronunce di legittimità, in Fam. dir., 2011, 122; SCIA, Casa familiare in comodato e durata della relativa assegnazione, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 2; AL MUREDEN, Casa familiare in comodato: il proprietario ha diritto alla restituzione ad nutum, in Fam. dir., 2010, 1086; PAROLA, Assegnazione della casa fami- liare concessa in comodato e diritto di recesso del comodante, in Obbl. contr., 2010, 454; XXXXXXX, L’assegnazione della casa fami- liare nella separazione e nel divorzio. L’opponibilità del provve- dimento di assegnazione al successivo acquirente dell’immobile e al proprietario-comodante, in Riv. not., 2008, 1434; C. IRTI, L’assegnazione della casa familiare in comproprietà, locazione e comodato, in Fam. pers., 2008, 926; AL MUREDEN, Il limite al di- ritto della restituzione della casa familiare in comodato: vincolo di destinazione del bene o nuovo vincolo di solidarietà nella fami- glia?, in Nuova giur. civ. comm., 2007, 1275; XXXXXX, Comodato di casa familiare: un caso di inadempimento del comodatario, ivi, 2007, 900; XXXXXXXX, Assegnazione della casa familiare concessa in comodato. Il vincolo di destinazione del bene e il diritto di re- cesso ad nutum del comodante, in Corr. giur., 2007, 1409; XXXX, La rilevanza esterna del vincolo di destinazione a casa familiare dell’immobile concesso da un terzo in comodato: la Cassazione
Secondo tale orientamento giurisprudenziale, il vin- colo derivante dall’assegnazione non può essere op- posto nei confronti del terzo proprietario-comodante, salvo che egli si sia impegnato contrattualmente a ri- spettare la destinazione dell’immobile a casa familia- re (2). Elemento, quest’ultimo, che i giudici di appello
non hanno ritenuto sussistente nel caso di specie, alla luce della generica formulazione contenuta nel con- tratto di comodato.
II. Questione di diritto
La donna ha quindi impugnato la decisione di secon-
do grado, lamentando l’omesso esame, da parte dei
ritorna sui suoi passi?, in Fam. dir., 2007, 690; XXXXXXX, L’opponi- bilità dell’assegnazione della casa familiare, in presenza di prole, al comodante precario: una difficile composizione di interessi, in Vita not., 2006, 913; AL MUREDEN, L’opponibilità del provve- dimento di assegnazione della casa familiare tra tutela dei figli e diritti del comodante, in Fam. dir., 2005, 604; XXXXXXX, Le Sezioni Unite tornano sul tema dell’assegnazione della casa familiare: è opponibile anche al comodante il provvedimento presidenziale di assegnazione al coniuge affidatario della prole minore, in Nuova giur. civ. comm., 2004, 804; XXXXXXX, Comodato di casa familiare e provvedimento di assegnazione in sede di separazione persona- le dei coniugi o di divorzio, in Familia, 2004, 874; DI NARDO, Casa familiare, comodato ed opponibilità a terzi del provvedimento di assegnazione, in Nuova giur. civ. comm., 1998, 597; XXXXXXX, Abitazione familiare e tutela urgente fra diritti della persona e
giudici di merito, del coacervo di elementi fattuali (3) utili a far emergere la volontà dell’ex marito e del di lui padre di utilizzare in modo strumentale atti leciti al fine di eludere il preesistente vincolo di destinazio- ne dell’immobile alle esigenze del nucleo familiare e della prole e di escludere così la ricorrente e i figli dal- la detenzione qualificata del bene stesso.
La Suprema Corte ha accolto la censura, cassando la decisione impugnata. Secondo i giudici di legittimità, infatti, gli elementi richiamati dalla ricorrente con- sentono di inferire la sussistenza di un collegamento negoziale (4) tra il contratto di permuta e il contratto
titolo di proprietà, in Foro it., 1998, 1688; QUARANTA, Osservazioni in tema di opponibilità ai terzi del provvedimento giudiziale di
assegnazione della casa familiare, in Giur. it., 1997, 1511.
(2) Nella più recente giurisprudenza di legittimità, si x. Xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 2019, I, 2356, con nota di BONA; Cass., 12 febbraio 2018, n. 3302, in DeJure. Per la giurispruden- za di merito, v. App. Bari, 24 agosto 2021, n. 1358, ivi; Trib. Mo- dena, 20 dicembre 2018, n. 2114, in Giuraemilia; App. Bologna, 17 ottobre 2011, n. 1481, ivi. Le Sezioni Unite hanno affrontato il tema in Cass., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448, in Foro it., 2015, I, 1280, richiamata dalla decisione di appello resa nel caso in commento e così massimata: «il coniuge affidatario della prole minorenne, o maggiorenne non autosufficiente, assegnatario della casa familiare, può opporre al comodante, che chieda il rilascio dell’immobile, l’esistenza di un provvedimento di assegnazione, pronunciato in un giudizio di separazione o divorzio, solo se tra il comodante e almeno uno dei coniugi (salva la concentrazione del rapporto in capo all’assegnatario, ancorché diverso) il contratto in precedenza insorto abbia contemplato la destinazione del bene a casa familiare. Ne consegue che, in tale evenienza, il rapporto, ri- conducibile al tipo regolato dagli artt. 1803 e 1809 cod. civ., sorge per un uso determinato ed ha – in assenza di una espressa indica- zione della scadenza – una durata determinabile per relationem, con applicazione delle regole che disciplinano la destinazione della casa familiare, indipendentemente, dunque, dall’insorgere di una crisi coniugale, ed è destinato a persistere o a venir meno con la sopravvivenza o il dissolversi delle necessità familiari (nella spe- cie, relative a figli minori) che avevano legittimato l’assegnazione dell’immobile»; e, precedentemente, in Cass., sez. un., 21 luglio 2004, n. 13603, ivi, 2005, I, 442, e in Familia, 2004, 867, la quale ha affermato il seguente principio di diritto: «nell’ipotesi di con- cessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosuf- ficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di go- dimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta
regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il
comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno».
(3) Trattasi, tra l’altro, de: la preesistenza del vincolo di destina- zione dell’immobile a casa familiare, impresso allorché il marito e padre ne era proprietario esclusivo, rispetto all’operazione negozia- le posta in essere da quest’ultimo e dal di lui padre; la sostanziale contestualità tra la stipula dei contratti di permuta e di comodato e l’apertura della crisi coniugale; la condotta tenuta dalle parti di tali negozi che non ne hanno rivelato l’esistenza all’assegnataria, né hanno tempestivamente contestato nei di lei confronti la scadenza del termine indicato nel contratto di comodato, avendo il proprieta- rio-comodante atteso due anni dopo la scadenza del contratto me- desimo (e un anno dalla conclusione del contratto preliminare di vendita dell’immobile) prima di richiedere la restituzione del bene.
(4) Inteso quale pluralità coordinata di contratti, che conservano ciascuno una autonoma causa, anche se nel loro insieme mirano ad attuare una unitaria e complessa operazione economica (così XXXXXXX, Trattato di diritto civile, vol. 2, 3 ed., Xxxxx, 2015, 250 s.). In dottrina, si è posto in luce come il collegamento contrat- tuale rappresenti un meccanismo di perseguimento di un risultato economico unitario e complesso, mediante il ricorso a una plura- lità coordinata di contratti, ciascuno dotato di una propria causa (BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, 2 ed., Il Mulino, 2021, 184 s.). Per un approfondimento del tema, cfr. XXXXXXXXX, Autonomia privata, collegamento negoziale e struttura formale dell’operazione economica, in Giust. civ., 2020, 445; XXXXX, Il col- legamento negoziale tra riqualificazione ed abuso, in Rass. trib., 2018, 227; BARTOLINI, Collegamento negoziale e interpretazione (soggettiva) del contratto, in Contratti, 2013, 342; F. P. XXXXX, Collegamento negoziale e obbligo di rinegoziazione, in Nuova giur. civ. comm., 2013, 120; CAMARDI, Collegamento negoziale e contratto in frode alla legge. Un classico alla prova di esperien- ze recenti, in Contratti, 2011, 1044; BARBA, La connessione tra i negozi e il collegamento negoziale (parte seconda), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2008, 791; ID., La connessione tra i negozi e il
di comodato (recante la previsione di un breve ter- mine di durata), preordinato a eludere il vincolo di assegnazione della casa familiare che sarebbe verosi- milmente scaturito dalla crisi coniugale. Crisi che il marito, già all’atto di rendersi parte di entrambi con- tratti, aveva in animo di far deflagrare giudizialmente. Per altri versi, la Cassazione ha valorizzato la sussi- stenza di uno strettissimo rapporto di parentela tra le parti dei menzionati contratti (5), nonché la condotta tenuta da queste ultime, diretta a celare l’esistenza di tale operazione negoziale agli occhi dell’assegnataria. La Corte di appello non avrebbe dunque potuto invo- care il principio della c.d. ragione più liquida (6), a
fronte del chiaro profilarsi di un intento elusivo ricon- ducibile alla fattispecie dell’abuso del diritto, idoneo a sovvertire l’esito della vertenza.
Infatti, in tanto il giudice del merito può decidere la controversia secondo la ragione più liquida, in quan- to essa risulti assorbente rispetto alle altre soluzioni possibili. In particolare, si parla di assorbimento pro- prio allorché anche le soluzioni assorbite risultino tali da condurre comunque al medesimo risultato pratico, mentre si discorre di assorbimento improprio nell’i- potesi in cui l’esito cui conduce la questione assor- bente risulti comunque prevalente rispetto agli esiti, pure differenziati, cui recherebbe l’accoglimento delle questioni rimaste assorbite (7).
collegamento negoziale (parte prima), ivi, 2008, 1167; XXXXXXX, Collegamento negoziale ed autonomia disciplinare dei contratti collegati, in Contratti, 2008, 1098; BATTELLI, Il collegamento ne- goziale occasionale, ivi, 208, 134; XXXXXXX, Collegamento nego- ziale e pagamento traslativo nella revocatoria dei trasferimenti immobiliari realizzati tra coniugi in occasione della separazione consensuale, in Nuova giur. civ. comm., 2007, 378; NARDI, Causa del contratto, collegamento negoziale e presupposizione, in Giur. merito, 2006, 567; ID., Frode alla legge e collegamento negoziale, Xxxxxxx, 2006; SEMPI, Collegamento negoziale e “considerazione unitaria della fattispecie”, in Giur. it., 2005 1827; COSTI, I patti parasociali e il collegamento negoziale, in Giur. comm., 2004, 200; PALAZZO, Operazioni economiche e collegamento negoziale di una recente ricostruzione, in Riv. dir. comm. obbl., 2001, 387; ZUCCONI XXXXX XXXXXXX, Collegamento negoziale e efficacia della clausola compromissoria: il leasing e altre storie, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2000, 1085; COLOMBO, Operazioni economiche e collegamento negoziale, Cedam, 1999; LENER, Profili del collega- mento negoziale, Xxxxxxx, 1999.
XXXXXXXX, Recenti orientamenti in tema di collegamento negozia- le, in Nuova giur. civ. comm., 1997, 233; XXXXXXX, Collegamento negoziale e principio di buona fede nel contratto di credito per l’acquisto: l’opponibilità al finanziatore delle eccezioni relative alla vendita, in Foro it., 1994, 3097; SCODITTI, Collegamento nego- ziale come fattispecie autonoma, in Foro it., 1994, 3094; DI XXXXX, Collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. dir. comm. obbl., 1977, 279.
(5) Elemento valorizzato dalla giurisprudenza – sempre nell’am- bito di un coacervo funzionale alla dimostrazione presuntiva e, dunque, con particolare rigore – anche con riguardo alla prova della simulazione (cfr. nella recente giurisprudenza di merito Trib. Pisa, 1° ottobre 2021, n. 1259, in DeJure; Trib. Benevento, 26 maggio 2020, n. 790, ivi) e all’integrazione dei requisiti dell’actio pauliana (v. Trib. Cosenza, 2 marzo 2021, n. 564, in DeJure; Trib. Latina, 7 settembre 2020, n. 1619, ivi; Cass., 18 gennaio 2019, n. 1286, ivi).
(6) Il principio è stato illustrato dalle Sezioni Unite, dapprima, in relazione al rapporto tra questioni di merito e questioni pregiu- diziali (Cass., sez. un., 8 maggio 2014, n. 9936, in DeJure); in se- guito, con riguardo al tema della rilevazione officiosa delle nullità negoziali (Cass., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242, in Resp. civ. e prev., 2015, 1295 e in Foro it., 2015, I, 862, con nota di XXXXXX, e note di XXXXXXXX, Nullità negoziale e rilevazione officiosa a tutto campo (o quasi), DI CIOMMO, La rilevabilità d’ufficio ex art. 1421
c.c. secondo le sezioni unite: la nullità presa (quasi) sul serio, e
MENCHINI, Le sezioni unite fanno chiarezza sull’oggetto dei giudizi dell’impugnativa negoziale: esso è rappresentato dal rapporto giuridico scaturito dal contratto) e, da ultimo, in proposito del dovere della parte vittoriosa in tribunale di ribadire espressamen- te (senza, dunque, dover proporre appello incidentale) le doman- de assorbite in primo grado (Cass., sez. un., 25 maggio 2018, n. 13195, in DeJure). In dottrina v., sull’argomento, XXXXXXXX, Il cri- terio della ragione più liquida nel rapporto rito-merito: ‘giudi- cato implicito’ e giudizio di impugnazione, in Il giusto proc. civ., 2021, 447; ACONE, Considerazioni sul perimetro di applicazione del “primato della ragione più liquida” tra la ragionevole dura- ta del processo e l’ordine delle questioni, in Foro it., 2020, 3592; ALUNNI, Principio della ragione più liquida: rito e merito nell’or- dine di trattazione, in Giur. it., 2016, 2624; XXXXXXXX, L’ordine di decisione delle questioni di merito nel processo di primo grado, in Riv. dir. proc., 2016, 975; XXXXX, Il giudicato implicito ed il prin- cipio della ragione più liquida: i confini mobili del giudicato nella giurisprudenza, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2015, 647; GUERRA, La regola della ragione più liquida: ovvero quando anche nell’“i- ter” logico della decisione il fine giustifica i mezzi, in Foro pad., 2013, 335; ACIERNO, La motivazione della sentenza tra esigenze di celerità e giusto processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 437; MACCARONE, Ordine delle questioni ed applicazione del principio della ragione più liquida, in Foro pad., 2011, 195; XXXXXXX, Appunti sulla struttura della decisione e l’ordine delle questioni, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 1301; XXXXXX, La rilevabilità del difetto di giurisdizione tra doppio oggetto del giudizio e primato della ragione più liquida, in Foro it., 2009, 3099.
(7) Xxxx., sez. un., 8 maggio 2014, n. 9936, cit., ha in tal senso ritenuto ragione più liquida l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, relativo alla infondatezza nel merito della pretesa risarci- toria, rispetto alla pregiudiziale questione di giurisdizione posta dal primo motivo. Secondo Xxxx., 28 maggio 2014, n. 12002, in DeJure, il principio della ragione più liquida, imponendo un ap- proccio interpretativo fondato sulla verifica delle soluzioni sul pia- no dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 cod. proc. civ., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sul- la base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre.
Ebbene, secondo la Suprema Corte, una più attenta analisi dei profili fattuali emergenti dalla vicenda og- getto del decidere avrebbe consentito di ritenere inte- grati tutti gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto. Elementi che la Cassazione richiama nella seguente elencazione schematica (8): «1) la titolarità di un di- ritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere ef- fettuato secondo una pluralità di modalità non rigida- mente predeterminate; 3) la circostanza che tale eser- cizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valuta-
coniuge e imposto a tutela di esigenze di rango pri- xxxxx, quali il diritto dei figli minori a crescere nel proprio habitat domestico (10).
III. Commento
1. Le origini della dottrina dell’abuso del diritto. Centrale – nell’analisi del caso concreto condotta dal- la decisione in commento – è la figura dell’abuso del diritto (11), sui cui caratteri è opportuno tracciare al- cune sintetiche linee ricostruttive.
zione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che,
a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte». Nella prospettiva della Supremo Collegio, dunque, l’accento è posto sull’alterazione della funzione obiet- tiva di un atto (o di un insieme di atti) che, sebbene conforme ai propri requisiti intrinseci di forma, su- bisce una torsione teleologica contraria al principio di buona fede oggettiva (9). Alla condotta abusiva il diritto vivente risponde rifiutando la tutela invocata dall’autore dell’abuso, per impedire che quest’ultimo possa lucrare o consolidare i vantaggi conseguiti in virtù di tale condotta.
Nel caso di specie, l’operazione negoziale divisata riservatamente da padre e figlio rivela – in virtù dei concordanti elementi fattuali richiamati – una ten- sione volitiva diretta a eludere il vincolo derivante dall’assegnazione della casa familiare in capo alla ex
(10) Nella giurisprudenza di legittimità, v. da ultimo Cass., 13 ot- tobre 2021, n. 27907, in Pluris; Cass., 6 agosto 2020, n. 16740, in DeJure. In dottrina, x. XXXXXXXX, Assegnazione convenzionale della casa familiare e opponibilità al terzo acquirente, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 1330; CASTELLANI, La casa familiare e la determinazione dei suoi confini, in Fam. dir., 2017, 977; XXXXXXXX, Assegnazione della casa familiare e terzi acquirenti dell’immobi- le: una “singolare” anticipazione di tutela a favore dell’aspirante assegnatario, ivi, 2016, 441.
(11) In argomento, è doveroso richiamare il fondamentale saggio di XXXXXXXX, L’abuso del diritto, in ID., L’abuso del diritto, Bologna, 1998, 11, e già in Riv. dir. civ., 1965, I, 205, nonché ID., “Forme” singolari di esercizio dell’autonomia collettiva (i concessionari italiani della Renault), in Contr. e impr., 2011, 589; ID., Un nuovo caso di abuso del diritto, in Giur. it., 2011, 795. V. ancora, sul tema, senza pretesa di esaustività, RORDORF, Il diritto esorbitante: abu- so del diritto, abuso del processo, abuso del concordato, in Fall., 2020, 1199; XXXXXX, Abuso del diritto e giurisprudenza costituzio- nale, in Rass. dir. civ., 2020, 830; XXXXXXXXX, Sull’abuso del dirit- to e sull’“abuso dell’abuso”, in Ric. dir. civ., 2019, 2, 321; FALSITTA, Unità e pluralità del concetto di abuso del diritto nell’ordinamen- to interno e nel sistema comunitario, in Riv. dir. trib., 2018, 333;
BALESTRA, Concessione abusiva del credito e legittimazione del cu-
ratore: sulla non facile delimitazione perimetrale, in Fall., 2017,
(8) Ripresa da Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, in Contratti, 2009, 1009, ivi, 2010, 5, con nota di X’XXXXX, in Xxxxx. civ., 2009, I, 2671, ivi, 2010, I, 2547, con nota di XXXXX, in Vita not., 2010, I, 229, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 231, in Riv. dir. civ., 2010, 653, con nota di PANETTI, in Corr. giur., 2011, 109, con nota di XXXXXX, in Obbl. contr., 2010, 172, con nota di XXXXXXX, in Giur. it., 2010, 556, con note di XXXXXXXXXX e SCAGLIONE F., ivi, 2010, 809, con nota di SALERNO, in Danno resp., 2010, 347, con nota di XXXXXXXXXXX, in Foro it., 2010, I, 85, con nota di XXXXXXXX, PARDOLE- SI, in Rass. dir. civ., 2010, 577, con nota di XXXXXXXX, in Resp. civ. e prev., 2010, 345, con nota di XXXXXXX, in Giur. comm., 2010, II, 828, con nota di DELLI PRISCOLI.
(9) Con riguardo alla fase di esecuzione del contratto, XXXXXXX, Trattato di diritto civile, vol. 2, 3 ed., Cedam, 2015, 659, fa riferi- mento a un contraente che eserciti «verso l’altro i diritti che gli de- rivano dalla legge o dal contratto per realizzare uno scopo diverso da quello cui questi diritti sono preordinati», e rammenta come il progetto preliminare del codice civile avesse previsto, all’art. 7, un espresso divieto di abuso del diritto che, tuttavia, non fu accolto nella codificazione definitiva, anche sulla scorta del timore che una simile previsione potesse menomare il valore della certezza del di- ritto.
1158; ID., Xxxxxxxxx, utilità (e abuso) del diritto, in Riv. dir. civ., 2017, 541; XXXXXXXX, L’abuso del diritto nella prospettiva della filo- sofia del diritto, ivi, 2016, 744; DALLA XXXXXXX, Abuso del diritto e dolo generale: un confronto tra modelli concettuali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 1169; XXXXXXXX, Crisi dell’impresa e abusiva concessione del credito, in Giur. comm., 2013, 109; XXXXXXX, Il di- vieto di abuso del diritto, in Eur. dir. priv., 2013, 75; XXXXXX, Abuso del diritto di sfratto del locatore inadempiente, in Contr. e impr., 2011, 297; XXXXXXX, Azioni di stato e abuso del diritto, ivi, 2010, 547; SCOGNAMIGLIO, Abuso del diritto, buona fede, ragionevolezza (verso una riscoperta della pretesa funzione correttiva dell’inter- pretazione del contratto?), in Nuova giur. civ. comm., 2010, 139; DE XXXXXXXXXX, Estinzione dei diritti soggettivi - abuso del diritto
- correttezza e buona fede - Verwirkung, in Studium iuris, 2009, 1238; XXXXXXXXXX, Abuso del diritto come illecito atipico?, in Eur. dir. priv., 2006, 1051; XXXXXXX, Abuso del diritto: l’arbitrario re- cesso ad nutum della banca, ivi, 1998, 18; DOGLIOTTI, Violazione o abuso del diritto all’ identità personale? in Giust. civ., 1982, 826; XXXXXXX, L’ abuso del diritto, in Vita not., 1981, 523; XXXXXXX, Atti emulativi, abuso del diritto e “interesse” nel diritto, in Riv. dir. civ., 1973, 23; XXXXXXXX, Buona fede obbiettiva e abuso del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971, 613.
Priva di enunciazione nell’ambito della giurispruden- za romana, la teoria dell’abuso del diritto ha visto la sua emersione nel diritto intermedio (12). Al medio- evo, infatti, va ricondotta la possibilità di configura- re eccezioni all’altrimenti generale principio per cui qui iure suo utitur neminem laedit. In particolare, la validità “assoluta” del principio poteva essere messa in dubbio allorché ricorressero due circostanze. In primo luogo, l’esistenza di un diritto formalmente protetto. In secondo luogo, la possibilità di valersene secondo modalità tali da porsi in contrasto vuoi con la ratio della legge, vuoi con i principi generali estranei al sistema ma idonei a condizionarlo (primo fra tutti il principio di equità che, grazie alla progressiva diffu- sione del Cristianesimo, assunse un ruolo di partico- lare rilevanza nel mondo del diritto) (13).
Sebbene, dunque, la consapevolezza degli interpreti circa la possibilità di un utilizzo abusivo di un diritto risultasse attestata sin da epoche risalenti, il codifica- tore del 1942 scelse consapevolmente di non fornire una nozione generale della fattispecie. Il progetto di codificazione, infatti, prevedeva, all’art. 7, la seguente disposizione: “nessuno può esercitare il proprio dirit- to in contrasto con lo scopo per cui il diritto medesimo gli è conferito” (14). Tale formulazione, tuttavia, ven- ne accantonata e non vide mai la luce. Ciò, secondo la dottrina, in virtù di una scelta condivisibile. Infatti, all’affermazione di un principio di teoria generale dif- ficilmente traducibile in termini precettivi venne pre- ferito un approccio concreto, volto a vietare le condot- te abusive come configurabili in seno ai singoli istituti di volta in volta disciplinati dal legislatore (15).
Tale determinazione, da un lato, ha privato il codi- ce di una definizione generale di abuso del diritto.
(12) GROSSO, Abuso del diritto (dir. rom.), in Enc. dir., vol. I, Giuf- frè, 1958, 161 ss. Ciò – precisa l’A. – sebbene alcuni spunti possano individuarsi nella «concretezza che è propria della giurisprudenza romana, ma appunto in una visuale tutta particolare alla soluzione concreta».
(13) XXXXXXXXXX, Xxxxx del diritto (dir. interm.), ivi, 163 s. Rileva il processo di umanizzazione del diritto romano per effetto dell’e- spansione della morale cristiana anche BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, cit., 206. Sui contatti tra dottrina dell’abuso del diritto e ideologia cattolica, cfr. XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 35 ss., il quale anzi – a p. 46 – individua nel passaggio dal carattere monistico e statico dell’ideologia cattolica a quello mu- tevole e pluralistico (e dunque anche incerto e a volte arbitrario) dell’ideologia laica il terreno fertile per lo sviluppo della dottrina in discorso.
(14) XXXXXXX, Trattato di diritto civile, cit., 659.
(15) ROMANO, Abuso del diritto (dir. att.), in Enc. dir., vol. I, Giuf- frè, 1958, 166.
Dall’altro, essa ha nondimeno consentito agli inter- preti di ricostruirne la nozione per sussunzione, muo- vendo cioè dalle disposizioni che disseminano il codi- ce civile vigente e che possono ricondursi al giudizio disvaloriale espresso dal legislatore nei confronti di tale figura (16). Legislatore che, peraltro, in differenti contesti, si è in seguito più ampiamente profuso nello sforzo definitorio (17).
(16) Si vv. gli articoli 330, 833, 1015, 1344, 1358, 1394, 1395, 1438,
2793 c.c. (e, nel c.p.c., l’art. 96), come richiamati da XXXXX, L’abuso del diritto, in Trattato della Responsabilità Civile, diretto da Xxx- xxx, vol. 1, 2 ed., Utet, 2020, 348.
(17) Il riferimento più immediato è a quanto contenuto nell’art. 10-bis del c.d. Statuto dei diritti del contribuente, di cui alla l. 27 luglio 2000, n. 212, come modificato dal d. lgs. 5 agosto 2015, n.
128. La norma richiamata reca al primo comma la seguente no- zione: «Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti». In ar- gomento, cfr. XXXXXXX, L’abuso del diritto: una categoria civilisti- ca in campo tributario, in Contr. e impr., 2020, 267; XXXXX, Abuso del diritto: quale certezza nei rapporti fra fisco e contribuente?, in Corr. trib., 2020, 125; GALLO, L’abuso del diritto nell’art. 6 della direttiva 2016/1164/UE e nell’art. 10-bis dello Statuto dei dirit- ti del contribuente: confronto fra le due nozioni, in Rass. trib., 2018, 271; BORIA, L’abuso del diritto in materia fiscale come prin- cipio generale di derivazione giurisprudenziale, in Riv. dir. trib., 2017, 665; FICARI, Virtù e vizi della nuova disciplina dell’abuso e dell’elusione tributaria ex art. 10 bis della l. n. 212/2000, in Riv. trim. dir. trib., 2016, 313. A mente dell’art. 9, l. 18 giugno 1998,
n. 192 (recante «Disciplina della subfornitura nelle attività pro- duttive»), è vietato l’abuso di dipendenza economica che, ai sensi del comma 2 della richiamata disposizione, «può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discrimi- natorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto». In materia, cfr. XXXXXXX, Introduzione, in VISINTINI (a cura di), L’abuso del diritto, ESI, 2016, 17; TRECCANI, Subfornitura e abuso di dipendenza economica: presupposti e rimedi, in Riv. dir. priv., 2005, 704; COLANGELO, Subfornitura e abuso di dipendenza economica, in Foro it., 2004, 262; PROSPERI, Subfornitura indu- striale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovi orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. civ., 1999, 639. Interessante segnalare anche la previsione di cui all’art. 54 («Divieto di abuso del diritto») della Carta dei dirit- ti fondamentali dell’Unione Europea, ai sensi del quale «nessu- na disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il diritto di esercitare un’attività o compiere un atto che miri a distruggere diritti o libertà riconosciuti nella presente Carta o a imporre a tali diritti e libertà limitazioni più ampie di quelle previste dalla presente Carta». In argomento, nota efficacemente XXXXXXX, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, in VISINTINI (a cura di), L’abuso del diritto, cit., 31 s. (saggio già edito in Contr. e impr., 2011, 311 ss.), che tale previsione (vincolante anche per il giudice italiano) è riferita non solo al nucleo dei diritti fondamentali, ma ha valenza onnicomprensiva di tutti i diritti e le libertà enunciati dalla Carta, tra i quali anche il diritto di pro- prietà, la libertà professionale e di impresa, il diritto al lavoro.
In tale percorso ermeneutico ha giocato un ruolo cen- trale anche la giurisprudenza. In particolare, la giu- risprudenza di legittimità – dando prova del proprio potenziale nomopoietico, pur in seno a un ordina- mento di diritto codificato (18) – ha sin da tempi ri- salenti rinvenuto nell’abuso del diritto il sintomo del- la diseguaglianza sostanziale e ha assunto – vuoi per espressa, settoriale previsione normativa, vuoi per via interpretativa – un ruolo di riequilibrio dei rapporti interprivati (19).
2. Presupposti, limiti applicativi e rimedi.
Così, l’abuso del diritto viene oggi inquadrato nell’e- sercizio (20) di un diritto (o di un’azione (21)) con modalità e per finalità che risultino oltremodo lesive della posizione giuridica di un soggetto tenuto a “su- bire” tale esercizio (22). Alla base di questa concezio-
ne sta il tema della proporzionalità quale elemento intrinseco “autolimitante” del diritto soggettivo (23), argomentabile a partire dal vincolo costituzionale di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e dalla rilettura – an- ch’essa in senso costituzional-solidaristico – del prin- cipio di buona fede (artt. 1175, 1137, 1375 c.c.) (24). La valutazione di abusività, peraltro, deve essere con- dotta non già in relazione al singolo, episodico eser- cizio di un diritto o di una facoltà, bensì estendendo l’analisi all’eventuale coacervo di atti e comportamen- ti – in sé formalmente legittimi (25) – preordinati al conseguimento di un risultato contrario ai parametri appena richiamati (26). In questo contesto, nell’abu- so è individuata la linea di demarcazione tra libertà negoziale e intervento riequilibratore dell’interpre- te, teso a sanzionare ipotesi di ingiustificata e palese incoerenza e incongruenza tra interessi perseguiti e
regole pattizie (27). Risulta dunque evidente – anche
(18) Si v. in argomento CONSOLO, La base partecipativa e la aspi- razione alla nomofilachia, in Corr. giur., 2019, 1567; GAMBARO, Common law e civil law: evoluzione e metodi di confronto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, 7; XXXXXXXXXX, Note intorno alla funzio- ne nomopoietica, in Amministr. it., 1990, 162 e in Nuova rass. di legislaz. dottr. e giurisp., 1989, 1012.
(19) XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 29 ss.
(20) Circa la peculiare fattispecie del “non uso” abusivo del diritto, cfr. Cass., 16 novembre 1960, n. 304, in Foro it., 1961, I, 256, con nota critica di SCIALOJA, Il “non uso” è “abuso” del diritto soggettivo?
(21) Riflette sul tema XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 87 ss., in relazione alla decisione BGH., IV Zivilsenat, 29 aprile 1959, in Ent- sch. des BGHofes in Zivilsachen, 30, 1959, 140, concernente l’abu- sivo esercizio – da parte del marito – dell’azione di annullamento del matrimonio per bigamia (avendo egli sottaciuto alla sposa un pregresso matrimonio contratto all’estero), con il fine immeritevo- le di potersi risposare con una nuova compagna. Il caso riecheggia le valutazioni condotte – seppure sotto la differente prospettiva del contrasto con l’ordine pubblico – dalle Sezioni Unite della Cor- te di cassazione relativamente alla prassi di conseguire la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario per preveni- re – mediante delibazione della predetta sentenza – l’applicazione nell’ordinamento interno della disciplina che regola le conseguen- ze patrimoniali del divorzio, segnatamente sotto il profilo del ri- conoscimento del diritto all’assegno. Cfr. Xxxx., sez. un., 17 luglio 2014, n. 16379, in Foro it., 2015, I, 588, in Giur. it., 2014, 2111, con nota di XXXXXXXXX, in Fam. dir., 2015, 220, con nota di XXXXXXXX, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 36, con nota di ROMA, in Corr. giur., 2014, 1196, con nota di CARBONE, secondo la quale, come noto, «la convivenza tra i coniugi successiva alla celebrazione del matrimo- nio, intesa come consuetudine di vita coniugale, stabile e continua nel tempo, esteriormente riconoscibile attraverso corrispondenti fatti specifici e comportamenti dei coniugi e che si sia protratta per almeno tre anni, è ostativa, sotto il profilo dell’ordine pubblico interno, alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, qualunque ne sia il vizio».
(22) XXXXXXX, Introduzione, cit., 15 s., traccia una distinzione tra abuso nel diritto, inteso quale ricorso a schemi legali contraria- mento allo spirito della legge, e abuso del diritto soggettivo o del potere.
solo da questa estrema sintesi definitoria – il nesso
(23) Per quanto riguarda le potestà (si pensi alla responsabili- tà genitoriale) – come già notato con lungimiranza da XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 76, ovviamente in riferimento a tutt’altro contesto normativo rispetto a quello nel quale ci muoviamo – «il giudizio circa l’esercizio della potestà si risolve in un giudizio rela- tivo alla corrispondenza tra potere esercitato ed interesse per cui il potere fu conferito».
(24) XXXXX, L’abuso del diritto, cit., 345 ss.
(25) Particolare enfasi sul perseguimento di finalità lecite median- te il coordinamento di più atti nell’ambito di una operazione di fusione societaria, seppur attuata con evidente pregiudizio della controparte contrattuale, è stato posto da Xxxx., 29 maggio 2012, n. 8567, in Giust. civ., 2012, I, 2323, in Arch. Loc., 2013, 45, per la quale non è ravvisabile un abuso del diritto nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a sal- vaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi. Nella specie, la Corte ha ritenuto non abusiva la condotta della società commerciale lo- catrice di un immobile, la quale aveva ceduto le proprie quote ad altra società commerciale, per poi fondersi per incorporazione in essa, disattendendo la domanda del conduttore secondo cui tale condotta era volta a dissimulare un trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato e, quindi, a privarlo della facoltà di esercitare il diritto di prelazione.
(26) Sul punto, è illuminante la riflessione condotta da XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 61, il quale, discorrendo degli atti relativi allo “statuto” personale, evidenzia come «tali atti, considerati in sé, isolatamente, appariranno come esercizio di libertà garantite, insindacabili nei motivi individuali che li hanno determinati; ma è, altresì, evidente che, inquadrati in una sequenza di atti, essi potranno apparire come destinati a eludere l’applicazione di una norma, a produrre o ad evitare al soggetto un determinato effet- to giuridico e saranno qualificati (come dottrina e pratica fanno) quali forme di abuso del diritto».
(27) Cfr. le più ampie riflessioni, in tema di giustizia del contratto, di BALESTRA, Introduzione al diritto dei contratti, cit., 218 s.
che avvince la figura in esame all’attività di interpre- tazione (28).
La dottrina dell’abuso del diritto ha nondimeno in- contrato, in passato, tenace opposizione. Muovendo dal carattere intrinsecamente contraddittorio del sin- tagma abuso del diritto (letto alla luce del ricordato brocardo qui iure suo utitur neminem laedit), si è giunti infatti ad affermare che esso rappresentereb- be «un fenomeno sociale, non un concetto giuridico, anzi uno di quei fenomeni che il diritto non potrà mai disciplinare in tutte le sue applicazioni che sono im- prevedibili: è uno stato d’animo, è la valutazione etica di un periodo di transizione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica, e ciò per la contraddizion che nol consente» (29). Si tratta di un’opinione che, sebbene mostri intatta la propria coerenza con l’im- postazione ideologica dei codici liberali del dicianno- vesimo secolo (30), alla quale non sono rimasti estra- nei neppure il codice civile e la Costituzione vigenti (31), è presto risultata minoritaria.
L’esame della giurisprudenza rivela infatti come la ca- sistica in materia di abuso del diritto – ormai affran- catasi dal suo inquadramento riconnesso al divieto di
medi prospettati dagli interpreti a fronte dell’accerta- to abuso del diritto variano dall’inefficacia-inopponi- bilità dell’atto, all’inammissibilità o improponibilità della domanda giudiziale, oltre – ricorrendone i pre- supposti e soddisfatto l’onere della prova – al risarci- mento del danno derivante dalla violazione del dove- re di buona fede (34). Resterebbe, al contrario, al di fuori del perimetro rimediale la nullità negoziale, di cui la dottrina ha posto in luce le ontologiche differen- ze con la teoria dell’abuso del diritto. Quest’ultima, infatti, in primo luogo mira a sanzionare attività non già radicalmente ed estremamente viziate (bersaglio della nullità), bensì difformi nel loro concreto manife- starsi dal contenuto e dal modo normali di esplicarsi dell’autonomia; e, in secondo luogo, aspira per lo più a prevenire (e non soltanto a reprimere) le condotte abusive (35).
La sistemazione posta alla base del precedente anno- tato fa perno, come detto, sull’enucleazione di quattro presupposti dell’abuso del diritto: 1) la titolarità del diritto soggettivo (36); 2) il carattere non vincolato del suo esercizio (37); 3) l’utilizzo abusivo di tale po-
atti emulativi (art. 833 c.c.) (32) – risulti di assoluto
rilievo, anche allorché si circoscriva l’indagine ai soli precedenti di legittimità (33). In questo contesto, i ri-
27387, in Foro it., 2006, I, 3455, in Vita not., 2006, 304, in Giur.
comm., 2007, II, 86, con nota di XXXXXXX; Cass., 16 maggio 2007,
n. 11258, in Giust. civ., 2008, I, 2229; Cass., 19 dicembre 2008, n.
29776, in Giur. comm., 2009, II, 652, con nota di XXXXXXXX, in Riv.
not., 2010, 171, con nota di XXXXXXX; v. anche XXXXXXXX, L’abuso del
(28) Si vv. le osservazioni di XXXXXXX, Introduzione, cit., 18 ss., ove l’A. evidenzia come l’abuso del diritto sia figlio della dualità leg- ge-interpretazione. L’interpretazione, quale criterio valutativo di seconda istanza, si presenta fisiologicamente discrezionale, sep- pur entro determinati limiti. L’interprete, infatti, ben può spinger- si oltre il dettato legale (alla ricerca della ratio della previsione), ma non oltre la legge.
(29) Così XXXXXXX, L’abuso di diritto, in Riv. dir. civ., 1923, 116.
(30) XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 26 s.
(31) Con riguardo alla Carta fondamentale, cfr. XXXXX, Il problema storico della costituente, in Pol. del dir., 1973, 485. Più recente- mente e in prospettiva generale, x. XXXXXXXXXX, La semplicità im- maginaria. Apogeo e crisi dello stato liberale di diritto, in Ars Interpretandi, 2011, 57.
(32) Significativamente, la risalente giurisprudenza di legittimità espressasi, in termini rigorosi, sul tema, ha fatto notare come non possa integrare un comportamento vietato ai sensi dell’art. 833
c.c. l’atto del proprietario comunque rispondente a un proprio in- teresse, ancorché l’utilità conseguita da quest’ultimo risulti signi- ficativamente inferiore all’altrui pregiudizio (Cass., 8 novembre 1977, n. 4777, in Rep. giur. it., 1977, voce Proprietà).
(33) Sulla casistica in materia di abuso del diritto, cfr. XXXXXXX, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, cit., 31 s. Le materie inte- ressate spaziano dal diritto societario (Cass., 26 ottobre 1995, n. 1151, in Giur. comm., 1996, II, 329, su cui x. XXXXXXX, Contratto e persona giuridica nelle società di capitali, in Contr. e impr., 1998, 1; Cass., 25 gennaio 2000, n. 804, in Giur. it., 2000, 1663, in So- cietà, 2000, 846, con nota di CIVERRA; Cass., 12 dicembre 2005, n.
diritto, cit., 78 ss.) al diritto del lavoro (Cass, 8 settembre 1995,
n. 9501, in Dir. lav., 1997, II, 288, con nota di MARAZZA; Cass., 22 aprile 2004, n. 7706, in Riv. it. dir. lav., 2005, II, 65, con nota di XXXXXXX; Cass., 25 gennaio 2016, n. 1248, Foro it., 2016, I, 1290, con nota di XXXXXXX), dal diritto dei contratti bancari (Cass., 21 maggio 1997, n. 4538, in Foro it., 1997, I, 2479; Cass, 14 luglio 2000, n. 9321, in Dir. fall., 2001, II, 699, con nota di XXXXXXX DI XXXX, in Giust. civ., 2000, I, 2875, in Corr. giur., 2000, 1479, con nota di DI MAJO, in Foro it., 2000, I, 3495, in Contratti, 2000, 1111, con nota di DI CIOMMO) alla mediazione immobiliare (Cass., 5 maggio 2009, n. 5348, in Giust. civ. mass., 2009, 3, 391), al noto “Caso Renault” in materia di recesso dal contratto di concessione di vendita (Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, cit.).
(34) Una più diretta relazione tra abuso del diritto e responsabili- tà è tracciata da XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 13. V. poi, anche per alcuni riferimenti alla giurisprudenza di merito e di legittimi- tà, XXXXX, L’abuso del diritto, cit., 361 ss.
(35) XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 108.
(36) Più in generale – come precisato da XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 21 – occorre riferirsi alla possibilità di agire efficace- mente sulla sfera materiale e giuridica di altri, in via discrezionale o sindacabile dal giudice circa l’estensione e i limiti di esercizio della prerogativa.
(37) Per vero, l’analisi circa le caratteristiche della posizione giu- ridica soggettiva “sottostante” all’esercizio abusivo del diritto va condotta anche in relazione al limite opposto, verificando cioè che la legge non attribuisca al titolare un diritto “egoista” o a-causale o a-morale e, dunque, del tutto libero nel proprio estrinsecarsi,
sizione giuridica attiva, ovverosia «secondo modali- tà censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico» (enfasi aggiunta); 4) la conseguente sproporzione ingiustificata tra il benefi- cio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la sua controparte.
3. L’abuso del diritto nella prospettiva della comparazione, tra esigenze di certezza delle relazioni negoziali e istanze di giustizia sostanziale.
Particolarmente interessante – in quanto suscettibile di variegati quanto incerti esiti applicativi (38) – è il requisito indicato al punto 3) dell’elenco che precede. La censurabilità dei modi di concreto utilizzo della posizione giuridica attiva può essere valutata, anzi- tutto, in relazione a un criterio giuridico. In proposi- to, forse il primario referente può essere individuato nel dovere di buona fede intesa in senso oggettivo. Infatti, a tale clausola generale è stata attribuita an- che una «funzione sanzionatoria di comportamenti abusivi alla luce degli interessi perseguiti; comporta- menti che, avulsi dal contesto delle circostanze in cui maturano, sarebbero leciti» (39). In tale prospettiva, sebbene non sia agevole individuare con certezza il rapporto tra abuso del diritto e buona fede (40), la dottrina – consapevole di come non poche norme del codice civile siano il frutto del recepimento di valori extragiuridici – ha messo in guardia dal rischio che,
secondo la definizione meglio dettagliata ancora una volta da RE-
SCIGNO, L’abuso del diritto, cit., 47 s.
(38) Secondo XXXXXXX, Introduzione, cit., 13 s., «[i]l divieto di abuso del diritto non ha più bisogno di venire fondato, ma ne ha ancora molto di essere precisato». A parere dell’A., infatti, si regi- stra incertezza sia del concetto, derivante dal ricorso a parametri (valori e disvalori) implicanti un apprezzamento discrezionale, sia della disciplina, a cagione della varietà delle conseguenze ricolle- gate all’abuso.
(39) XXXXXXXX, Introduzione al diritto dei contratti, cit., 171.
(40) Di una «ricorrente promiscuità terminologica» parla D’ANGE- LO, Rapporti tra buona fede e abuso del diritto, in VISINTINI (a cura di), L’abuso del diritto, cit., 65, il quale (a p. 62) definisce l’abuso del diritto, nell’ambito dei rapporti obbligatori, come formula de- scrittiva dell’esito del giudizio di buona fede. In giurisprudenza, il noto “Caso Fiuggi” è stato risolto facendo primariamente leva sulla clausola di buona fede per determinare la risoluzione del contratto (cfr. Cass., 20 aprile 1994, n. 3775, in Foro it., 1995, I, 1296, in Giust. civ., 1994, I, 2159, con nota di XXXXXXX, in Giur. it., 1995, I, 852, con nota di XXXXXXX). Secondo VISINTINI, L’abuso del diritto come illeci- to aquiliano, in ID. (a cura di), L’abuso del diritto, cit., 44 e 52 ss., mentre la buona fede si colloca in una dimensione relazionale e rap- presenta un criterio di bilanciamento di interessi, l’abuso del diritto è caratterizzato dalla carenza di interesse all’esercizio del diritto. Il tema è più ampiamente trattato da XXXXXXX, Contributo ad una teo- ria dell’abuso del diritto, Xxxxxxx, 2007.
per tramite di un’applicazione della clausola di buona fede ispirata da opzioni etiche non condivise nella re- altà sociale, si pervenga a un «paternalismo giudizia- rio soverchiante», non rispettoso delle basilari regole di un’economia di mercato (41).
Si tratta di un rilievo idoneo a focalizzare un contrasto fondamentale, nella costruzione della dottrina dell’a- buso del diritto: quello tra certezza del diritto e istanze di giustizia sostanziale. La dottrina dell’abuso del di- ritto è stata descritta come il tentativo della giurispru- denza di superare la “disumanizzazione” del rapporto giuridico, la concezione formale dell’uguaglianza e la riserva “esclusiva”, nelle mani dell’ordinamento sta- tale, delle valutazioni di legittimità/illegittimità dei comportamenti privati. In questa prospettiva, la figu- ra dell’abuso del diritto nasce dalla crisi dei principi e riflette il destino delle prerogative private (42).
Per altri versi, come ricordato, la Cassazione ammette che la valutazione di abusività possa compiersi anche alla luce di criteri extragiuridici, col che il problema dell’incertezza del diritto viene sospinto ulteriormen- te in avanti. In proposito, un interessante spunto vie- ne dalla prospettiva della comparazione.
Nel nostro ordinamento, il leading case in materia si individua probabilmente nel noto “Caso Renault” (43), nel quale la Cassazione ebbe a individuare l’in- teresse extracontrattuale abusivo nella combinazione di due atti negoziali coordinati, compiuti dal medesi- mo soggetto – la concedente Renault – nei confron- ti di due controparti contrattuali: i concessionari, che subirono il recesso dal contratto di concessione, e i dirigenti della concedente, ai quali quest’ultima propose la trasformazione del rapporto di lavoro in concessione di vendita, col fine dunque di realizzare una riduzione del personale dirigenziale a scapito dei concessionari (44). In tale precedente, ampiamente richiamato dalla decisione in commento, la Suprema Corte affermò che «l’irrilevanza, per il diritto, delle ragioni che sono a monte della conclusione ed ese- cuzione di un determinato rapporto negoziale, non esclude – ma anzi prevede – un controllo da parte del giudice, al fine di valutare se l’esercizio della fa- coltà riconosciuta all’autonomia contrattuale abbia operato in chiave elusiva dei principii espressione dei canoni generali della buona fede, della lealtà e della
(41) XXXXXXXX, Introduzione al diritto dei contratti, cit., 173 s.
(42) XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 129 ss.
(43) Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, cit.
(44) X. XXXXXXX, Qui suo iure abutitur neminem laedit?, cit., 35 s.
correttezza», come detto anche alla luce di criteri di valutazione extragiuridici.
Recentemente, la tematica della dialettica tra autono- mia privata e suoi limiti è stata affrontata anche dalla Corte Suprema del Regno Unito (45), la quale ha mo- strato un approccio ben più rigido, sintomatico di un percorso di allontanamento dei sistemi (46). I giudici britannici – sulla premessa dell’inesistenza, nel dirit- to inglese, di un generale principio di buona fede nella
(45) Cfr. Pakistan International Airline Corporation (Respon- dent) v. Times Travel (UK) Ltd (Appellant), [2021] UKSC 40, in xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxx/xxxx/xxxx-0000-0000-xx- dgment.pdf. Il caso sottoposto all’esame dei giudici britannici ha visto opposta un’agenzia di viaggi (Times Travel) e una compagnia aerea (Pakistan International Airline Corporation, PIAC). La com-
contrattazione e in richiamo alla dottrina (47) – hanno ritenuto necessario mantenere estremamente limitato lo spazio di applicazione della doctrine of lawful act economic duress (48), evitando che i giudici possa- no farsi arbitri di ciò che è socialmente inaccettabile, riconnettendo conseguenze legali a tale valutazione. L’approccio della Corte Suprema del Regno Unito si mantiene, dunque, particolarmente rigido nella tute- la del valore della certezza del diritto: «it is for Par- liament and not the judiciary to regulate inequality of bargaining power where a person is trading in a man- ner which is not otherwise contrary to law» (49).
È evidente che queste minimali notazioni comparati- stiche, anche a cagione del differente approccio dei due sistemi rispetto al principio di buona fede, non sono sufficienti ad argomentare in favore dell’una o dell’al-
pagnia risultava il fornitore direzionale dei biglietti aerei venduti dalla prima. L’attività di Times Travel era dunque esercitata in una
concreta condizione di dipendenza economica, facendo essa affi- damento sulla permanenza del rapporto contrattuale con PIAC. Quest’ultima, nondimeno, si era riservata il diritto di recedere dal contratto di agenzia con un preavviso di un mese. Nel corso dell’esecuzione del rapporto, era insorta una controversia – non sfociata in un contenzioso – tra la compagnia e l’agenzia, la quale lamentava il mancato pagamento di commissioni contrattualmen- te dovute. Dopo aver deciso, in conformità al contratto, una ridu- zione del numero di biglietti messi a disposizione di Times Travel per la vendita tramite i propri canali, XXXX aveva esercitato il dirit- to di recesso e, parallelamente, aveva proposto all’agenzia di sot- toscrivere un nuovo accordo, tra le cui previsioni vi era la rinuncia da parte di Times Travel a far valere crediti per le commissioni maturate in passato. Times Travel, per non perdere la possibilità di vendere i biglietti della compagnia aerea, sulla quale faceva affi- damento per la sua stessa sopravvivenza, aveva accettato il nuovo accordo. In seguito, però, l’agenzia ha agito in giudizio nei con- fronti della compagnia aerea chiedendo, sulla base del previgente accordo, il pagamento delle commissioni maturate e sostenendo di non essere vincolata alla rinuncia contenuta nel nuovo accordo in quanto frutto di un comportamento abusivo della compagnia aerea, la quale aveva esercitato un proprio diritto per far leva sulla condizione di bisogno economico della propria controparte nego- ziale (lawful act economic duress). Di contro, XXXX ha sostenuto di aver operato legittimamente, nella convinzione che la pretesa creditoria di Times Travel fosse infondata.
(46) Mentre nel sistema italiano di civil law si assiste, infatti, a una forte spinta creativa della giurisprudenza, nel sistema britan- nico di common law, la giurisprudenza, cui compete fisiologica- mente una funzione nomopoietica, si mantiene conforme a un ap- proccio restrittivo e rispettoso delle prerogative del legislatore. V. in argomento GAMBARO, Common law e civil law: evoluzione e me- todi di confronto, cit., 7 ss. Differenze prospettiche nell’evoluzione dei sistemi di civil e common law sono state segnalate anche in al- tri settori del diritto civile: si v. ad esempio il caso dei risarcimenti punitivi, trattato da PONZANELLI, Sezioni Unite e danni punitivi, in Contr. e impr., 2017, 1122. Più in generale, sulla figura dell’abuso del diritto nella prospettiva del common law, cfr. X. XXXXX, Strade e sensibilità diverse: l’equity inglese, in VISINTINI (a cura di), L’a- buso del diritto, cit., 473 ss., nonché le riflessioni conclusive di X. XXXXXXXXX, Riepilogo, ivi, 481 ss.
(47) XXXXXXX, The Use and Abuse of Unjust Enrichment, Claren-
don Press, 1991, 129 s.
(48) I rimedi ablativi in ipotesi di duress erano tradizionalmente accordati solo nel caso in cui il contraente avesse subito una coar- tazione della propria volontà in virtù di una minaccia indirizzata a una persona o a dei beni. Più di recente, l’ambito applicativo è stato esteso – seppur con precisi limiti – anche alla economic du- ress, la quale ricorre allorché (i) la parte subisca una minaccia il- legittima, (ii) tale minaccia sia la causa della sua determinazione a contrarre e (iii) alla parte contraente non siano state lasciate alter- native percorribili rispetto all’accettazione dei termini contrattuali imposti dalla controparte (LAW (edited by), Oxford dictionary of law, 9 ed., Xxxxxx, 000). Secondo l’opinione di maggioranza in Pa- kistan International Airline Corporation (Respondent) v. Times Travel (UK) Ltd (Appellant), cit., par. 4 ss., nella giurisprudenza si rinvengono solo due casistiche nelle quali il rimedio in discorso è stato accordato a fronte dell’esercizio di un diritto (lawful act): (i) nelle ipotesi in cui una parte utilizzi la propria conoscenza di atti- vità criminali nelle quali risulti coinvolta la controparte negoziale o un membro della sua famiglia per conseguire un vantaggio sot- to la minaccia di denunciare tali attività (cfr. Xxxxxxxx x. Xxxxxx [1866] LR 1 HL 200; Xxxxxxx x. Xxxxxx [1904] 1 KB 591; Mutual Finance Ltd v. Xxxx Xxxxxx and Sons Ltd [1937] 2 KB 389); (ii) nei casi in cui una parte, esposta a una pretesa della controparte, sospinga quest’ultima – deliberatamente e con mezzi che la legge considera illegittimi – in una posizione di vulnerabilità per indurla ad accettare un accordo che importi la rinuncia alla pretesa (cfr. Xxxxxxxx v. Ting [2010] UKPC 21; [2010] Bus LR 1718). Più in ge- nerale, sulla figura in discorso, cfr., nella dottrina inglese, XXXX- XXXXX, Xxxxxx, Undue Influence and Unconscionable Dealing, 3 ed., 1st supplement, Xxxxx & Xxxxxxx, 2021; tra gli autori italiani,
x. XXXXXXX, L’abuso del diritto come argomento, in Riv. dir. civ.,
2012, 297; e, in chiave comparatistica, ALPA, BONELL, XXXXXX, MOC- CIA, ZENO-ZENCOVICH, ZOPPINI, Diritto privato comparato: istituti e problemi, 2 ed., Laterza, 2012.
(49) «Within the realm of commercial contracts (…) English law has a long-standing reputation for certainty and clarity and there is a significant danger that that reputation will be lost if the law on lawful act economic duress is stated too widely or with insufficient precision» (Pakistan International Airline Corporation (Respon- dent) v. Times Travel (UK) Ltd (Appellant), cit., par. 93).
tra soluzione. Ciò che tale raffronto, nondimeno, con- ferma è che, nella dialettica tra libera estrinsecazione dell’autonomia privata e imposizione di limiti alla stes- sa, si presenta la necessità di verificare sempre adegua- tezza e ragionevolezza dei limiti di volta in volta indi- viduati, anche mediante l’attività interpretativa (50). Con riguardo alla fattispecie presa in esame dalla de- cisione in commento, è evidente la necessità manife- stata dalla Cassazione – onde sovvertire la decisione della Corte di appello – di sospingere la propria valu- tazione oltre il confine della legittimità degli atti posti in essere dalle parti; atti, peraltro, “ispirati” proprio dalla sistemazione interpretativa della stessa Supre- ma Corte in punto di opponibilità ai terzi del vinco- lo di assegnazione della casa familiare. Tanto che il ricorso alla dottrina dell’abuso del diritto potrebbe essere ricondotto alla debolezza (nella prospettiva dell’ex coniuge assegnatario e dei figli) del principio affermato in relazione a tale questione giuridica (51). Per altri versi, l’individuazione da parte dei giudici di legittimità di plurimi elementi fattuali idonei a con- fortare la valutazione di abusività induce a interro- garsi sulla portata applicativa del principio di diritto affermato, ad esempio rispetto a quelle ipotesi nelle quali la scissione tra titolarità e godimento della casa familiare sia attuata senza che sia rinvenibile quella contiguità temporale alla deflagrazione della crisi co- niugale sulla quale la Cassazione – nella decisione in commento – insiste particolarmente.
Anche da questo angolo visuale, pertanto, si conferma l’attualità della dialettica tra abuso e certezza del dirit- to, con la quale occorre misurarsi senza preconcetti, ma consapevoli dei valori in gioco. Secondo un’autore- vole quanto affascinante tesi, infatti, non è la dottrina dell’abuso del diritto a mettere in discussione la cer- tezza del diritto e le garanzie della libertà individuale; tale dottrina «ha solamente accompagnato il declino
della certezza e la crisi delle libertà; e della certezza e delle libertà ha illuminato (…) l’insufficienza e l’invo- luzione, in una società dominata dall’egoismo e dalla disuguaglianza» (52). Tale figura, anzi, nell’applicazio- ne pretoria ha spesso rivelato la propria utilità proprio in relazione a quei rapporti, a quelle relazioni sociali e a quei conflitti di interessi rispetto ai quali i principi generali di buona fede, lealtà e correttezza non offrono sufficienti strumenti reattivi (53).
(50) XXXXXXXX, Introduzione al diritto dei contratti, cit., 39, L’A., a p. 43, rileva poi come il principio di buona fede oggettiva rimetta di fatto nelle mani dei giudici «l’individuazione degli stessi limiti dell’esplicazione dell’autonomia contrattuale».
(51) Come si è autorevolmente osservato in dottrina, sebbene il nostro ordinamento sia privo di uno statuto speciale della casa fa- miliare, «[d]iritto di abitazione e diritto di costituire una famiglia appaiono dunque inscindibilmente uniti, cosicché la loro tutela ben potrebbe giustificare regole proprietarie ad hoc, stante il ca- rattere recessivo del diritto di proprietà che, nella specie, il legisla- tore potrebbe limitare “funzionalmente” al pieno soddisfacimento dei predetti diritti fondamentali» (così SESTA, Comunione di vita e “diritti” sulla casa familiare, cit., 511).
(52) Così ancora XXXXXXXX, L’abuso del diritto, cit., 142.
(53) ID., L’abuso del diritto nel quadro dei principi generali, in
VISINTINI (a cura di), L’abuso del diritto, cit., 28.
CORTE DI CASSAZIONE, sez. III, ordinanza 30 settembre 2021, n. 26541; Pres. Sestini – Est. Xxxxxxxx.
Cassa con rinvio App. Venezia n. 1030/2019.
Collegamento contrattuale – Vincolo di assegnazione della casa familiare – Elusione – Abuso del diritto
«L’abuso del diritto non presuppone una violazione in senso formale, ma si realizza quando nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al soggetto ed il suo esercizio, ne risulti alterata la funzione obiettiva rispetto al potere che lo prevede ovvero lo schema formale del diritto sia finalizzato ad obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal legislatore. Elementi sintomatici ne sono pertanto: 1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato se- condo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrificio cui è soggetta la controparte» (mass. non uff.).
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 1030/2019 del 19 marzo 2019 la Corte di appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado ed in conseguente accoglimento della domanda avanzata da B.T. contro S.E. – avendo rite- nuto cessato, alla prevista scadenza del 1 ottobre 2014, il contratto di comodato di immobile stipulato sei mesi prima tra B.T. ed il figlio X., coniuge della S. – ha con- dannato quest’ultima (che lo deteneva quale casa fami- liare assegnatale nel successivo giudizio di separazione e poi in quello di divorzio) al rilascio del bene in favore di B.T., oltre che al pagamento, in favore dello stesso, della somma di Euro 300 al mese dalla domanda al ri- lascio, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. “Superati i primi due motivi di gravame, relativi al con- testato abuso del diritto, espressione utilizzata dal tri- bunale nei confronti della condotta di B.T.” (questo te- stualmente l’incipit della parte motiva della sentenza), la corte lagunare ha ritenuto costituire “ragione più li- quida” per l’accoglimento del gravame quella proposta con il terzo motivo con il quale il B. si doleva della vio- lazione dell’art. 1809 c.c. e della costante giurispruden- za di legittimità in materia di assegnazione della casa familiare di proprietà di terzi e vincolata da comodato a termine non correlato alle esigenze familiari.
“Xxxx è, infatti, – si osserva in sentenza – che S.E. era assegnataria della ex casa coniugale di (Xxxxxxx), in quanto i figli minori, affidati congiuntamente ai genito- ri, avevano abitazione prevalente presso la madre, ma
su detto immobile, ... incontestatamente di proprietà di B.T., gravava un comodato a titolo gratuito della durata di mesi 6, sottoscritto dal padre X. in favore del figlio G.
– ex marito della S. davanti al notaio in data 1/4/2014”. “Il comodato, dunque, veniva a scadere il 1 ottobre ed era stato concesso a B.G. espressamente ‘affinché il comodatario possa servirsi del bene ed utilizzarlo a suo piacimento, salva la natura, la sostanza della cosa stessa e la sua naturale destinazione’: altrimenti det- to, il comodato, costituito prima della presentazione, da parte di G., della domanda di separazione giudizia- le in data (Omissis), non menzionava le esigenze fa- miliari, né le considerava in alcun modo, essendo esso finalizzato esclusivamente, come precisato nell’atto, alle necessità di B.G.”.
2. Avverso detta sentenza S.E. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi (Omissis).
Ragioni della decisione
Omissis
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce, con riferi- mento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame dei seguenti fatti che afferma essere decisivi per il giu- dizio ed essere stati oggetto di discussione tra le parti:
- il momento di emersione del vincolo di destinazio- ne dell’immobile come casa familiare alla data del (Omissis);
- la proprietà del bene immobile, da parte del coniu- ge B.G., all’epoca di stabilimento della residenza familiare, in data (omissis);
- l’epoca di “apertura” della crisi coniugale (introdotta con lettera del 14/3/2014 del legale della S. al mari- to) e la contemporanea adozione, da parte del mari- to, di atti dispositivi del bene immobile (17/3/2014 trasferimento della proprietà al padre e 1/4/2014 contratto di comodato tra padre e figlio) in vista del deposito del ricorso per separazione giudiziale, da lui effettuato due mesi dopo, il (Omissis);
- l’adozione di tali atti dispositivi, da parte di B.G., all’insaputa della moglie e la permanenza ininter- rotta di quest’ultima e dei figli a lei affidati nella casa familiare;
- l’assenza di contestazioni o rilievi circa il como- dato, da parte del comodante B.T., verso l’odierna ricorrente, dapprima nel corso del procedimen- to di separazione, conclusosi con sentenza del 30/1/2015, e sino all’instaurazione del procedi- mento di divorzio il 18/1/2016;
- la contestazione, da parte del comodante, dello spira- re (alla data del 1/10/2014) del termine del comoda- to e la richiesta di rilascio dell’immobile manifestate soltanto in data 16/9/2016, quasi due anni dopo la presunta scadenza e dopo che, sia in sede di separa- zione, sia in sede di divorzio, l’abitazione familiare era stata assegnata alla S., senza alcuna opposizione;
- la trascrizione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale nei registri immobiliari, così da risultare opponibile al terzo acquirente dell’im- mobile, anche oltre i nove anni;
- la circostanza, anch’essa (in tesi) sintomatica della mancanza di correttezza e buona fede, che il pre- liminare di compravendita tra B.T. e un terzo era stato stipulato solamente in data 20/8/2015;
- l’assenza di un grave, imprevedibile e urgente bi- sogno del comodante di vendere l’immobile libero da vincolo di comodato.
Afferma che, alla luce di tali fatti, gli atti posti in es- sere dai B., padre e figlio, sarebbero dovuti apparire preordinati e finalizzati all’attuazione concordata di una comune linea ostruzionistica ai provvedimenti che, di lì a poco, sarebbero stati emanati nell’ambito del giudizio di separazione, ed allo scopo di aggirarli (Omissis).
5. Appare fondato e di rilievo assorbente il terzo mo- tivo di ricorso.
5.1. Il contesto fattuale agevolmente desumibile dal- le circostanze descritte in ricorso – la cui allegazio- ne nella presente sede deve ritenersi osservante degli
oneri di specificità imposti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e più in generale dal paradigma censorio modellato per costante interpretazione sulla previsione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053, 8054) – appare potenzialmente idoneo a condurre ad una diversa ricostruzione della disciplina applicabile alla fattispecie.
La cronologia degli atti e il rapporto di stretta parentela tra le parti rendono, infatti, evidente un collegamento negoziale tra l’alienazione in permuta dell’immobile, dal figlio in favore del padre, e la successiva stipula di comodato, sul medesimo immobile, a parti invertite. La pratica utilità di tale complessiva operazione ne- goziale non altrimenti può percepirsi se non in fun- zione chiaramente elusiva del rischio che la già mani- festatasi crisi coniugale, e la prevedibile assegnazione della casa familiare al coniuge in sede di giudizio di separazione e poi di divorzio, ne facessero perdere disponibilità e godimento all’originario proprietario. Per conseguenza la previsione prima, in detto conte- sto, di un termine di durata del comodato, e l’esercizio da parte del comodante del conseguente diritto al ri- lascio del bene (peraltro dopo che la detenzione si era comunque protratta per quasi due anni dopo la sua scadenza), ben potrebbero leggersi come strumentali a tale preordinato obiettivo.
Si profila, dunque, un intento elusivo riconducibile ad ipotesi di abuso del diritto, la cui valutazione è esplici- tamente quanto immotivatamente tralasciata in sen- tenza attraverso un improprio richiamo al principio della ragione più liquida.
5.2. Converrà in proposito rammentare che a tale op- zione motivazionale può accedersi in quanto la que- stione ritenuta di più agevole soluzione, ancorché lo- gicamente subordinata, renda non necessario l’esame delle altre perché “assorbite”, ossia perché, in ipotesi, tendenti al medesimo risultato pratico (assorbimen- to proprio, per difetto di interesse della parte stessa che quella questione aveva prospettato) o perché co- munque inidonee a condurre ad un esito diverso per la prevalenza, in ogni caso, dell’esito cui conduce la questione cui si è data priorità nella trattazione (as- sorbimento improprio) (cfr. Cass., Sez. U., n. 9936 del 08/05/2014, che ha ritenuto ragione più liquida l’accoglimento del secondo motivo di ricorso, relativo alla infondatezza nel merito della pretesa risarcito- ria, rispetto alla pregiudiziale questione di giurisdi- zione posta dal primo motivo; v. anche ex aliis Cass. 28/05/2014, n. 12002).
Deve essere però ben chiaro ed esplicito il motivo per il quale si è scelto di tralasciare l’esame, altrimenti
prioritario, di questioni pregiudiziali o prelimina- ri, onde non vi sia dubbio sul fatto che tali questioni sono state ritenute assorbite e non sono state, invece, neppure implicitamente rigettate.
Tali condizioni certamente non sussistono nel caso di specie, avendo la corte veneta puramente e semplice- mente scelto di non affrontare il tema, pur ritualmen- te proposto, dell’abuso del diritto, che certamente avrebbe potuto condurre a una diversa qualificazione della fattispecie (e sul cui esame, dunque, l’appellata non aveva certo perso interesse), senza dare di ciò al- cuna spiegazione.
5.3. Un esame della fattispecie nella prospettiva non esaminata ben potrebbe, invero, giustificare il dinie- go di copertura giuridica dell’obiettivo perseguito dal comodante.
Come questa Corte ha già in passato evidenziato, (x. Xxxx. 18/09/2009, n. 20106), gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto – ricostruiti attraverso l’appor- to dottrinario e giurisprudenziale – sono i seguenti:
1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una plu- ralità di modalità non rigidamente predeterminate;
3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od ex- tragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione in- giustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte.
L’abuso del diritto, quindi, lungi dal presupporre una violazione in senso formale, delinea l’utilizzazione al- terata dello schema formale del diritto, finalizzata al conseguimento di obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli indicati dal Legislatore.
È ravvisabile, in sostanza, quando, nel collegamento tra il potere di autonomia conferito al soggetto ed il suo atto di esercizio, risulti alterata la funzione obiet- tiva dell›atto rispetto al potere che lo prevede.
Come conseguenza di tale, eventuale abuso, l’ordina- mento pone una regola generale, nel senso di rifiutare la tutela ai poteri, diritti e interessi, esercitati in viola- zione delle corrette regole di esercizio, posti in essere con comportamenti contrari alla buona fede oggettiva. E nella formula della mancanza di tutela sta la finalità di impedire che possano essere conseguiti o conserva- ti i vantaggi ottenuti – ed i diritti connessi – attraver- so atti di per sé strutturalmente idonei, ma esercitati in modo da alterarne la funzione, violando la normativa di
correttezza, che è regola cui l’ordinamento fa espresso richiamo nella disciplina dei rapporti di autonomia pri- vata (così, in motivazione, Cass. n. 20106 del 2009, cit.). Ebbene, tale canone valutativo ben può attagliarsi alla vicenda, quale emergente dai fatti in questione, erro- neamente obliterati dal giudice a quo, segnatamente nel rapporto tra comodante ed effettiva controparte del comodato, da identificarsi nella ex coniuge del for- male comodatario, per gli effetti che discendono da provvedimento di assegnazione della casa familiare e che come noto consistono nel “concentrare” sulla prima i diritti a questo spettanti (x. Xxxx. Sez. U. n. 20448 del 29/09/2014; Cass. Sez. U. n. 13603 del 21/07/2004; Cass. n. 2627 del 07/02/2006).
5.4. Sotto altro ma convergente profilo appare altresì rilevante, nel senso di poter condurre a diversa rico- struzione del rapporto in questione e del regime ad esso applicabile, la circostanza, anch’essa fondatamen- te dedotta come oggetto di omesso esame, che i provve- dimenti di assegnazione della casa familiari risalgano a data successiva alla scadenza del termine pattuito tra padre e figlio del contratto di comodato, e che gli stessi abbiano avuto attuazione per quasi due anni senza che né il coniuge separato né il di lui padre abbiano mai op- posto non solo la scadenza del contratto di comodato, ma nemmeno l’esistenza stessa del contratto.
Tale circostanza ben potrebbe quanto meno essere vagliata quale indice della volontà di prescindere da quel termine e correlare la durata del contratto all’uso cui lo stesso è di fatto destinato.
5.5. Sono dunque, quelli indicati in ricorso, fatti deci- sivi la cui totale obliterazione nella ricostruzione della fattispecie rende in effetti del tutto inappagante la qua- lificazione operata in sentenza ed espone la stessa al denunciato vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
6. In accoglimento, dunque, del terzo motivo, assor- biti i rimanenti, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, nei termini di cui in motivazione; dichiara assorbiti i rimanenti; cassa la sentenza rinvia alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere an- che sulle spese del giudizio di legittimità.
Omissis