Francesco Rotondi ............................................................. .............................. 57
Percorsi
Trasferimento, trasferta e distacco
Xxxxxxxxx Xxxxxxx ........................................................................................... 57
Approfondimenti
Pensioni: scala mobile 2010
Xxxxxxxx Xxxxxxx ......................................................................................... 64
Ispezioni: valorizzato il ruolo della conciliazione monocratica
Xxxxxxxx Xxxxx ............................................................................................... 67
Mancata iscrizione a libro unico e applicazione della maxi sanzione
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx ......................................................................................... 77
Fondi pensione
Comunicazioni obbligatorie e previdenza complementare
Xxxxx Xxxxx .................................................................................................... 81
Inserto
Il rilancio della conciliazione monocratica
Xxxxxxxxx Xxxxxx
Rassegna interpelli
Societa` in nome collettivo - Iscrizione di soci di Snc alla gestione per commercianti
Xxx. xxx., 12 novembre 2009, n. 78 con nota di X. Xxxxxxx ....................................... 84
Apprendistato - Contratto di apprendistato come contratto a tempo determinato o indeterminato
Min. lav., 12 novembre 2009, n. 79 con nota di M.R. Gheido ................................... 86
Sommario
Interpretazioni
Conciliazione monocratica: presupposti e gestione dell’istituto
Ministero del lavoro, circolare 26 novembre 2009, n. 36 .......................................... 89
Giurisprudenza
Rassegna della Cassazione
Lavoro straordinario
Xxxx. sez. unite n. 9146 del 17 aprile 2009 ............................................................ 92
Pensioni gia` liquidate: applicabilita` della disciplina successiva
Xxxx. sez. lav. n. 9255 del 17 aprile 2009 .............................................................. 92
Ricorso in cassazione ex art. 420 bis: necessita` di produrre il Ccnl
Xxxx. sez. lav. n. 9246 del 17 aprile 2009 .............................................................. 93
Aliunde perceptum
Xxxx. sez. lav. n. 9264 del 21 aprile 2009 .............................................................. 94
Tfr di novembre
Periodo | a) | b) | c) | d) | e) |
Dal 15 novembre al 14 dicembre 2009 | 1,375 | 135,60 | 0,817844 | 0,613383 | 1,988383 |
Legenda: a) Rateo fisso annuo 1,5% b) Indice Istat c) Percentuale indice d) 75% indice e) Incremento coefficiente di rivalutazione (a+d) |
Nei numeri di dicembre - gennaio
La gestione del rapporto di lavoro subordinato
di X. Xxxxxxx
n. 47
12 dicembre 2009
n. 48
19 dicembre 2009
n. 1
2 gennaio 2010
n. 2
9 gennaio 2010
Inquadramento del lavoratore
Concetto di mansioni e sue declinazioni nel corso del rapporto di lavoro
Orario di lavoro
Principi generali e ipotesi di sospensione della prestazione lavorativa
Potere disciplinare
Il procedimento disciplinare nella giurisprudenza
Mutamento del luogo di lavoro
Trasferimento, trasferta e distacco
SETTIMANALE DI AMMINISTRAZIONE, GESTIONE DEL PERSONALE, RELAZIONI INDUSTRIALI
Sommario
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Mutamento del luogo di lavoro
Trasferimento, trasferta e distacco
Xxxxxxxxx Xxxxxxx – Avvocato in Milano, Lablaw - Studio Legale Xxxxxx, Rotondi & Partners
Nella gestione del rapporto di lavoro, le diverse fattispecie che determinano come conse- guenza il mutamento, tempo- raneo o definitivo, del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa, costituiscono sicu- ramente le modalita` attraverso le quali trova maggiore espres- sione il potere direttivo del da- tore di lavoro, nel quadro del- l’organizzazione dell’impresa. Pertanto, quest’ultimo percor- so avra` la finalita` di fornire il quadro giuridico di riferimento per il legittimo esercizio dei poteri datoriali in materia.
Trasferimento del lavoratore
L’art. 2103 c.c. stabilisce che il lavoratore non puo` essere trasferito da una unita` produt- tiva a un’altra se non per com- provate ragioni tecniche, orga- nizzative e produttive.
Secondo la giurisprudenza, ai fini della identificazione della fattispecie del trasferimento del lavoratore, cos`ı, come deli- neata dal codice civile (nel te- sto risultante dopo le modifi- che introdotte dall’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300
- Statuto dei lavoratori - ) e` ne- cessario che sussistano i se- guenti elementi:
a) un mutamento definitivo del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa;
b) due unita` produttive: quella di provenienza e quella di de- stinazione. Per «unita` produtti- va» deve intendersi non ogni sede, stabilimento, filiale, uffi- cio o reparto dell’impresa, ma soltanto la piu` consistente e vasta entita` aziendale che - eventualmente articolata in or- ganismi minori, anche non ubicati tutti nel territorio del medesimo comune - si caratte-
xxxxx per condizioni imprendi- toriali di indipendenza tecnica e amministrativa tali che in es- sa si esaurisca per intero il ci- clo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale del- l’attivita` produttiva aziendale. Ne consegue che deve esclu- dersi la configurabilita` di un’unita` produttiva in relazio- ne alle articolazioni aziendali che, sebbene dotate di una cer- ta autonomia amministrativa, siano destinate a scopi intera- mente strumentali o a funzioni ausiliarie sia rispetto ai gene- rali fini dell’impresa, sia ri- spetto ad una frazione dell’at- tivita` produttiva della stes- sa (1). Nel settore del credito e` stato identificato dalla giuri- sprudenza come unita` produt- tiva, il complesso delle dipen- denze comunque denominate (sedi, filiali, succursali, agen- zie, uffici) operanti nell’ambi- to dello stesso comune, in quanto le tutele previste per il lavoratore trasferito rilevano anche quando lo spostamento avvenga in un ambito geogra- fico ristretto (ad es. nello stes- so territorio comunale) (2).
In materia di trasferimenti vige il principio della liberta` della forma (3), se non diversamen- te disposto dal contratto collet- tivo di settore applicato. Tutta- via, anche ai fini della regola- xxxx` dei rapporti, si consiglia la forma scritta, cos`ı come il rispetto di un periodo di preav- viso, che solitamente e` anche prescritto dalla contrattazione collettiva. Il datore di lavoro non e` comunque tenuto ad in- dicare nella lettera di trasferi- mento le ragioni tecniche, or- ganizzative e produttive poste a fondamento del provvedi- mento. Tali ragioni potranno essere comunicate successiva- mente su richiesta del lavora-
tore, come stabilito dalla Cas- sazione a Sezioni Unite nel 1986 e in applicazione di un principio che e` da ritenersi sul punto ormai consolida- to (4). Tuttavia, pur non es- sendo previsto per il provvedi- mento alcuno specifico onere di forma, in capo al datore di lavoro grava l’onere di dimo- strare in giudizio le circostan- ze che hanno giustificato il tra- sferimento (5). Per tale ragio- ne, in passato e prima della pronuncia delle Sezioni Unite del 1986, la giurisprudenza aveva ritenuto che l’onere pro- batorio non potesse essere rin- viato alla successiva fase giu- diziale, ma dovesse essere as- solto in maniera preventiva e tempestiva. (6) Nella pratica, tale impostazione si traduce nella valutazione dell’esigenza di tutelare la regolarita` dei rap- porti giuridici tra le parti, sen- za voler con questo ricondurre a vincoli di procedura - peral- tro non direttamente richiesta dalla norma - l’adozione di un provvedimento che rientra pienamente nell’esercizio dei
Percorsi
Note:
(1) Cass. 14 giugno 1999, n. 5892, in Mass. giur. lav., 1999; Cass. 26 maggio 1999, n. 5153, in Mass. giur. lav., 1999.
(2) Cfr. Cass. 29 luglio 2003, n. 11660, in Mass. giur. lav., 2003 e, con riferimento alle peculiarita` del settore credito Cass. 7 febbraio 1987, n. 1315 in Dir. prat. lav., 1987
(3) Cass. 2 febbraio 1996, n. 914, in Lav. giur., 1996.
(4) Cass. Sez. Un. 15 luglio 1986, n. 4572 in Dir. prat. lav., 1986 ed in tal senso Cass. Sez. lav. 23 febbraio 1998, n. 1912 in Lav. giur., 1998; Cass. Sez. Lav. 25 maggio 1996, n. 4823 in Lav. giur., 1996; Cass. Sez. lav. 26 maggio 1995, n. 909 in Dir. prat. lav., 1995.
(5) Cass. Sez. lav. 5 gennaio 2007, n. 43, in Adl, 2007 con nota di X. Xxxxxxxxx.
(6) Cfr. Cass. Sez. Un. 26 gennaio 1979, n, 594.
Percorsi
poteri propri del datore di la- voro e dal quale potrebbe le- gittimamente discendere, in caso di rifiuto da parte del la- voratore, anche l’esercizio del potere disciplinare (7). Per tale ragione, se da un lato, nulla vieta di provvedere fin da su- bito ad esplicitare anche sinte- ticamente, le ragioni del prov- vedimento di trasferimento nella stessa comunicazione con la quale il datore di lavoro da` notizia al lavoratore del mutamento del luogo di esecu- zione della prestazione lavora- tiva, dall’altro, qualora si sia optato per una comunicazione che non renda espliciti da su- bito i motivi del trasferimento, una parte della dottrina e della giurisprudenza ritiene, sulla scorta degli indicati orienta- menti, di riconoscere al lavo- ratore il diritto di ottenere, a domanda, l’oggettiva motiva- zione del trasferimento. Ri- chiesta che, secondo tale orientamento, potra` essere ef- fettuata in sede stragiudiziale, secondo la tempistica indivi- duata dall’art. 2 della legge n. 604/1966 per il licenziamento (15 gg per la richiesta dei mo- tivi che dovranno essere co- municati per iscritto nei 7 gg. dalla richiesta) oppure in sede giudiziale. Rientra in tale orientamento Cass. n. 43/ 2007, secondo la quale, ai fini dell’efficacia del provvedi- mento di trasferimento del la- voratore, non e` necessario che vengano enunciate conte- stualmente le ragioni del tra- sferimento stesso, atteso che l’art. 2103 c.c., nella parte in cui dispone che le ragioni tec- niche, organizzative e produt- tive del provvedimento siano comprovate, richiede soltanto che il datore di lavoro ne dia prova in giudizio. (8) Tale im- postazione, frutto di una inter- pretazione letterale della nor- ma limita l’onere probatorio relativo alla individuazione delle ragioni fondanti il trasfe- rimento alla fase del conten- zioso.
Ne consegue, comunque, che il controllo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, che legittimano il trasferimento del
lavoratore subordinato, deve essere, in ogni caso, diretto ad accertare soltanto se vi sia cor- rispondenza tra il provvedi- mento datoriale e le finalita` ti- piche dell’impresa, e, trovando un preciso limite nel principio di liberta` dell’iniziativa econo- mica privata (garantita dall’art. 41 Cost.), non puo` mai essere esteso al merito delle scelte im- prenditoriali (9).
Xxxxxxxxx, infatti, tra le «com- provate ragioni tecniche, orga- nizzative e produttive» sia le situazioni oggettive, sia le si- tuazioni soggettive, purche´ va- lutate in base a principi di obiettivita`. Sussiste, in tal ca- so, secondo un certo orienta- mento giurisprudenziale, il po- tere dell’imprenditore di varia- re il luogo di esecuzione della prestazione, al di la` della sola alternativa della copertura di posto vacante nell’unita` di de- stinazione od impossibilita` di utilizzazione in quella di pro- venienza, sempre che sia ra- zionale la scelta tra piu` solu- zioni organizzative (10).
In tale contesto, trovano collo- cazione anche le piu` recenti pronunce della Cassazione che ritengono legittimo il tra- sferimento disposto per in- compatibilita` ambientale qua- lora esso concreti una tra le scelte ragionevoli che il datore di lavoro poteva adottare sul piano tecnico, organizzativo e produttivo (11).
Il trasferimento per incompati- bilita` ambientale, quindi, si configura come legittimo eser- cizio del potere organizzativo perche´ il mutamento del luogo di lavoro, giustificato da situa- zioni di incompatibilita` rispon- de all’obiettiva esigenza di tu- telare gli interessi tecnico-or- ganizzativi dell’impresa. In questo senso la giurispruden- za, escludendone il carattere disciplinare e, quindi, la ricon- ducibilita` dell’atto alla proce- dura di cui all’art. 7 dello Sta- tuto dei lavoratori, afferma che
«il trasferimento per incompa- tibilita` ambientale, trovando la sua ragione nello stato di di- sorganizzazione e disfunzione dell’unita` produttiva, va ricon- dotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive di
cui all’art. 2103 c.c., piuttosto che a ragioni punitive e disci- plinari, con la conseguenza che la legittimita` del provvedi- mento datoriale di trasferimen- to prescinde dalla colpa (in senso lato) del lavoratore tra- sferito, come dall’osservanza di qualsiasi altra garanzia so- stanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari. In tali casi il con- trollo giurisdizionale sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato, de- ve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispon- denza tra il provvedimento da- toriale e le finalita` tipiche del- l’impresa e, trovando un preci- so limite nel principio di liber- ta` dell’iniziativa economica privata (garantito dall’art. 41 Cost.), non puo` essere esteso al merito della scelta impren- ditoriale, ne´ questa deve pre- sentare necessariamente i ca- ratteri dell’inevitabilita`, essen- do sufficiente che il trasferi- mento concreti una tra le scelte ragionevoli che il datore di la- voro possa adottare sul piano tecnico, organizzativo e pro- duttivo» (12).
Come si e` visto, l’esercizio del
potere di trasferire il lavorato- re, in quanto espressione del potere direttivo non e` soggetto a limitazioni per il suo legitti- mo esercizio quali l’acquisi-
Note:
(7) Cfr. sul punto, X. Xxxxxxx, Commentario allo Statuto dei lavoratori, Milano, 1975.
(8) Cfr. Cass. Sez. lav. 5 gennaio 2007, n. 43 in
Dir. prat. lav. con nota di X. Xxxx.
(9) Cass. Sez. lav. 23 febbraio 2007, n. 4265, in Lav. giur., 2007 ed in tal senso anche Xxxx. Sez. Lav. 2 gennaio 2001, n. 27, in Mass. giur. lav., 2001.
(10) Cass. Sez. lav. 15 dicembre 1987, n. 9276 in Dir. prat. lav., 1988; conforme Xxxx. 15 ottobre 1992, n. 11339 in Dir. prat. lav.,1992; Cass. Sez. lav. 16 aprile 1992, n. 4655 in Dir. prat. lav.,1992.
(11) Cass. Sez. lav. 10 marzo 2006, n. 5320 in Fo- ro It., 2007.
(12) Cass. Sez. lav. 23 febbraio 2007, n. 4265 in Ridl 2007 ed in tal senso anche Xxxx. Sez. lav. 2 settembre 2008, n. 22059 in Guida al lavoro, 2008; Cass. Sez. lav. 9 marzo 2001, n. 3525 in Lav. giur., 2001.
zione del preventivo consenso da parte del dipendente. Xxxx, solo nel caso in cui le parti, nella lettera di assunzione, ab- biamo espressamente escluso la possibilita` del trasferimento, il lavoratore potrebbe legitti- mamente opporre un rifiuto al provvedimento di trasferimen- to ad altra unita` produttiva. Va tuttavia ricordato che esistono dei casi, espressamente previ- sti dalla legge, in cui sono pre- viste limitazioni al potere del datore di lavoro di disporre il trasferimento.
Si tratta dei casi che seguono:
●
Dirigenti sindacali. L’art. 22 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) prevede che il trasferimento dall’unita` produttiva dei dirigenti delle Rsa e dei membri di commis- sione interna puo` essere dispo- sto solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di ap- partenenza. La Cassazione ha precisato, a riguardo, che la prerogativa sindacale introdot- ta dalla norma riguarda te- stualmente solo ciascun diri- gente di ogni Rsa e, pertanto, non si estende ai dirigenti del- le associazioni sindacali (pro- vinciali o nazionali), che non rivestano anche la qualita` di dirigente di Rsa (13).
●
Familiari di portatori di handicap. L’art. 33, comma
5 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 stabilisce che il genitore o il familiare lavora- tore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuita` un parente o un affine entro il terzo grado han- dicappato ha diritto a sceglie- re, ove possibile, la sede di la- voro piu` vicina al proprio do- micilio e non puo` essere tra- sferito senza il suo consenso ad altra sede. La Cassazione a Sezioni Unite ha recente- mente stabilito che il diritto in parola non si configura co- me assoluto ed illimitato, giac- che´ esso - come dimostrato an- che dalla presenza dell’inciso
«ove possibile» - puo` essere fatto valere allorquando, alla stregua di un equo bilancia- mento tra tutti gli implicati in- teressi costituzionalmente rile- vanti, il suo esercizio non fini- sca per ledere in maniera con-
sistente le esigenze economi- che, produttive od organizzati- ve del datore di lavoro tradu- cendosi - soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rap- porto di lavoro pubblico - in un danno per l’interesse della collettivita`, gravando sulla parte datoriale, privata o pub- blica, l’onere della prova di siffatte circostanze ostative al- l’esercizio dell’anzidetto dirit- to (14)
●
Lavoratori in possesso di cariche pubbliche a livello lo- cale. L’art. 78, comma 6 del
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - T.U. degli enti locali - stabilisce che gli amministra- tori lavoratori dipendenti, pub- blici e privati, non possono es- sere soggetti, se non per con- senso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del manda- to. La richiesta dei predetti la- voratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorita`.
●
Trasferimento all’estero. Nei casi di trasferimento del lavoratore all’estero, seppure la legge non stabilisce espres- samente il preventivo consen- so da parte del lavoratore, que- sto e` tuttavia ritenuto dalla giurisprudenza quale presup- posto per la legittimita` del provvedimento poiche´ deter- mina la modifica sostanziale di un elemento essenziale del rapporto di lavoro, parzial- mente sottratto al potere di- screzionale e unilaterale del datore di lavoro (15).
Si ricorda, infine, che un ulte- riore limite al trasferimento e` stabilito dalla legge, a pena di nullita`, per i casi in cui il provvedimento abbia finalita` discriminatorie. Infatti, ai sen- si dell’art. 15 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/ 1970), e` nullo qualsiasi patto od atto diretto a discriminare il lavoratore nella assegnazio- ne di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provve- dimenti disciplinari, o a recar- gli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attivita` sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Trasferta
La trasferta o missione si di- stingue dal trasferimento in quanto il mutamento del luogo di esecuzione della prestazione anziche´ essere definitivo, co- me avviene nel trasferimento, e` solo temporaneo e funziona- le a esigenze di servizio transi- torie e contingenti, non preve- dibili al momento dell’assun- zione (16). La trasferta si ca- ratterizza, quindi, per la per- manenza del legame tra il pre- statore di lavoro e il luogo ori- ginario di esecuzione della prestazione dedotto in contrat- to e per la oggettiva tempora- neita` dello spostamento, re- stando irrilevanti, a riguardo, sia l’eventuale protrazione del- lo spostamento per un lungo periodo di tempo, sia la coinci- denza del luogo di trasferta con quello di un successivo trasferimento, anche se dispo- sto senza soluzione di conti- nuita` al termine della trasfer- ta (17).
Distacco
Percorsi
Con il termine di «distacco del lavoratore» e` sempre stata de- finita quella particolare situa- zione giuridica di «dissocia- zione tra il datore di lavoro ti- tolare della prestazione e il da- tore di lavoro effettivo benefi- ciario della stessa». Infatti, nei rapporti di lavoro privati il ter- mine e` stato sempre utilizzato mutuandolo dal diritto pubbli- co dove tale istituto, meglio conosciuto come «comando» veniva e viene utilizzato per
Note:
(13) Cass. Sez. lav., 21 luglio 2006, n. 16790 in
Mass. giur. it., 2006
(14) Cass. civ. Sez. Un. sent., 27 marzo 2008, n. 7945 in Mass. giur. it., 2008.
(15) Cfr. Pretura di Milano 22 marzo 1994 in Dir. lav., 1994.
(16) Cfr. Cass. Sez. lav. 16 maggio 1986, n. 3248 in Dir. prat. lav., 1986.
(17) Cass. Sez. lav. 21 marzo 2006, n. 6240 in Lav. giur., 2006 ex plurimis Cass. Sez. lav. 21 ago- sto 2003, n. 12301 in Mass. giur. lav., 2004; Cass. Sez. lav. 29 luglio 1986, n. 4876 in Dir. prat. lav., 1986; Cass. Sez. lav. 23 aprile 1985, n. 2681 in Giust. civ., 1986.
Percorsi
soddisfare esigenze tempora- nee dell’amministrazione di provenienza del lavoratore, determinando una modifica dello schema del rapporto la- vorativo in essere, consistente nel verificarsi di una diversa modalita` di esecuzione della prestazione: non piu` in favore del datore di lavoro originario, bens`ı verso un soggetto terzo (che viene ad essere l’effettivo beneficiario della prestazione). Nel distacco, quindi, e` solo il destinatario della prestazione che muta temporaneamente, mentre tutti gli altri aspetti del rapporto di lavoro restano invariati: il lavoratore conti- nuera` a svolgere la medesima prestazione e il datore di lavo- ro continuera` ad essere l’unico soggetto tenuto all’adempi- mento degli obblighi retributi- vi, assicurativi, contributivi nonche´ a detenere il potere di- rettivo (incluso quello di deter- minare la cessazione del di- stacco), parte del quale potra` essere solo eventualmente de- legato al distaccatario. In tale contesto e` generalmente estra- nea alla legittimita` del distac- co, salve le eccezioni espressa- mente previste dalla legge, la volonta` del lavoratore distac- cato (18) che assume, invece, rilevanza in tutti i casi di mu- tamento di mansioni (art. 30, comma 3 primo periodo del D.Lgs. n. 276/2003).
In assenza di una precisa disci- plina giuridica in materia, la giurisprudenza aveva in passa- to e prima del D.Lgs. n. 276/ 2003 trattato le fattispecie di distacco dubbie mediante la ri- conduzione della relativa di- sciplina alla legge sul divieto di interposizione nelle presta- zioni di lavoro (legge n. 1369/1960). Era, infatti, facil- mente intuibile il punto di con- tatto tra le due fattispecie: l’u- na diretta a fornire manodope- ra per un tempo limitato e in ragione di uno specifico rile- vante interesse (quale puo` es- sere la supervisione nell’ese- cuzione di un contratto di ap- palto oppure il rafforzamento e il miglioramento nell’orga- nizzazione di un’attivita` pro- duttiva di gruppo) l’altra a vie- tare il «prestito di manodope-
ra». In ragione di cio`, la giuri- sprudenza aveva elaborato dei principi guida in materia di di- stacco «lecito».
Tali principi sono stati indivi- duati in:
●
la sussistenza di un rapporto di lavoro con il datore di lavo- ro distaccante;
●
la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante da parte del datore di lavoro di- staccante;
●
la temporaneita` del distacco. In pratica, «la dissociazione fra il soggetto che ha procedu- to all’assunzione del lavorato- re e l’effettivo beneficiario della prestazione, che esclude che un imprenditore possa in- serire a tutti gli effetti un pro- prio dipendente nella organiz- zazione di altro imprenditore senza che il secondo assuma la veste di datore di lavoro, e` consentita soltanto a condizio- ne che continui ad operare, sul piano funzionale, la causa del contratto di lavoro in corso con il distaccante, s`ı che il di- stacco realizzi uno specifico interesse imprenditoriale che consenta di qualificare il di- stacco medesimo quale atto organizzativo dell’impresa che lo dispone, cos`ı determi- nando una mera modifica delle modalita` di esecuzione della prestazione lavorativa e il con- seguente carattere non definiti- vo del distacco stesso» (19). Queste premesse sono di fon- damentale importanza per comprendere l’evoluzione nor- mativa che ha ricevuto tale istituto il quale e` stato normato nel settore privato solo negli ultimi anni.
Con il D.Lgs. 25 febbraio
2000, n. 72 l’Italia ha dato at- tuazione alla Direttiva 96/71/ Ce relativa al distacco dei la- voratori nell’ambito di una prestazione di servizi definen- do, per la prima volta all’inter- no dell’ordinamento, il concet- to di «lavoratore distaccato», vale a dire «il lavoratore abi- tualmente occupato in uno Stato membro dell’Unione eu- ropea diverso dall’Italia che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro in territorio nazionale italiano».
Tale disciplina, rilevante so-
xxxxxxxxx nei rapporti interna- zionali, e` stato il primo passo per una definizione normativa dell’istituto del distacco di personale. Definizione che ha poi ricevuto una piu` precisa indicazione ad opera del de- creto Biagi (D.Lgs. n. 276/ 2003), il quale, abrogando la legge sul divieto di interposi- zione nelle prestazioni di lavo- ro (legge n. 1369/60), ha final- mente definito anche l’istituto del distacco, recependo, in buona sostanza, le indicazioni gia` fornite in materia da parte della giurisprudenza.
Infatti, l’art. 30 del D.Lgs. n.
276/2003 stabilisce:
«L’ipotesi del distacco si con- figura quando un datore di la- voro, per soddisfare un pro- prio interesse, pone tempora- neamente uno o piu` lavoratori a disposizione di altro sogget- to per l’esecuzione di una de- terminata attivita` lavorativa. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e nor- mativo a favore del lavoratore. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento a una unita` produttiva sita a piu` di 50 km da quella in cui il la- voratore e` adibito, il distacco puo` avvenire soltanto per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o so- stitutive».
E`, dunque, l’interesse rilevante
del datore di lavoro distaccan- te che continua a qualificare il distacco come legittimo. In so- stanza, conformemente a quanto sempre ritenuto dalla giurisprudenza, e` riconosciuta sussistente la fattispecie del di- stacco in tutti i casi in cui con- tinui ad operare sul piano con- trattuale la causa del contratto
Note:
(18) Cfr. sul punto Cass. Sez. lav. 21 febbraio 2007, n. 4003 in Mass. giur. it., 2007.
(19) Cfr. Cass. 23 aprile 2009, n. 9694, in Mass. giur. it., 2009; Cass. Sez. lav. 20 gennaio 2005, n. 1124, in Guida al Diritto, 2005 e in senso confor- me Cfr. Cass. Sez. lav. 18 agosto 2004, n. 16165 in Dir. prat. lav. 2004 e Cass. Sez. lav. 17 giugno 2004, n. 11363 in Mass. giur. it., 2004.
in essere con il distaccante, s`ı che il distacco e le stesse vi- cende relative alla gestione del rapporto di lavoro, possa- no a tutti gli effetti essere rico- nosciuti quali atti organizzativi del datore di lavoro distaccan- te in ragione della sussistenza, prevalenza e permanenza del- l’interesse di quest’ultimo al distacco (20).
Ne consegue che, poiche´ e` l’interesse del distaccante a qualificare in modo rilevante l’istituto del distacco, il requi- sito della temporaneita` viene di solito valutato in coerenza con tale fondamentale requisi- to. Cio` vuol dire che il distac- co si considera solitamente le- cito fintantoche´ perduri, addi- rittura in casi limite per alcuni anni, l’interesse del distaccan- te, rendendo cos`ı il requisito della temporaneita` soddisfatto anche se in effetti condiziona- to dall’interesse. In particola- re, secondo la giurisprudenza:
«non importa che la durata del distacco non sia predeter- minata fin dall’inizio, che ab- bia una durata piu` o meno lunga, ne´ che esso sia conte- stuale all’assunzione del lavo- ratore o persista per tutta la durata del rapporto; irrilevan- te e` altres`ı la circostanza che per tutta la durata il lavoratore osservi l’orario e le direttive dell’ente beneficiario delle prestazioni di lavoro, come pure non ha rilievo il fatto che quest’ultimo provveda a rimborsare al datore di lavoro la spesa del trattamento eco- nomico» (21).
Inoltre, sempre secondo la me- desima giurisprudenza, e` pro- prio della gestione del rappor- to di lavoro in distacco, il fatto che il distaccante mantenga la pienezza del potere direttivo, delegandolo, eventualmente, al distaccatario al fine di ren- dere nei fatti possibile la ge- stione dei lavoratori in distac- co durante la loro permanenza presso la struttura organizzati- va del distaccatario.
Tali principi sono stati ripresi anche dalle circolari ministe- riali interpretative dell’istitu- to (22) le quali si sono, tra le altre cose, soffermate sulla ri- levanza che tale istituto ha
sempre avuto all’interno dei gruppi di impresa. Infatti, l’art. 30 D.Lgs. n. 276/2003 si limi- ta a precisare che il datore di lavoro distaccante deve «sod- disfare un proprio interesse». Particolare attenzione va dun- que riservata, ricorda il Mini- stero con la circolare n. 28/ 2005, alla elaborazione giuri- sprudenziale che, pur formata- si antecedentemente alla nuo- va disciplina legislativa, ne ha ispirato i contenuti, chia- rendo che l’interesse deve es- sere specifico, rilevante, con- creto e persistente per tutto il periodo in cui il distacco e` di- sposto. A tale proposito, con la circolare n. 3/2004, il Ministe- ro aveva osservato come l’in- teresse che legittima il distac- co non puo` mai concretizzarsi in un mero interesse al corri- spettivo per la fornitura di la- voro altrui, che caratterizza, invece, la diversa fattispecie della somministrazione di la- voro.
Occorre, inoltre, chiarire, con- tinua il Ministero, che non si puo` ritenere automaticamente sussistente l’interesse del dato- re di lavoro al distacco per il solo fatto che esso viene di- sposto tra imprese appartenen- ti al medesimo gruppo.
La giurisprudenza ha, infatti, ritenuto che il rapporto di gruppo che lega distaccante e distaccatario non legittima per se´ solo il distacco ma costitui- sce un presupposto di fatto da considerare ai fini della valuta- zione circa la sussistenza, nel caso concreto, dell’interesse del datore di lavoro distaccan- te (23).
In questo senso, il Ministero ricorda quindi, come gia` ri- chiamato nella circolare n. 3/ 2004, che la formulazione della legge (art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003) legittima le prassi di distacco all’inter- no dei gruppi di impresa, le quali corrispondono ad una reale esigenza di imprendito- rialita`, volta a razionalizzare, equilibrandole, le forme di sviluppo per tutte le aziende che fanno parte del gruppo, e, dall’altro lato, che la prece- dente prassi amministrativa aveva comunque riconosciuto
necessari, anche in questa ipotesi, tanto il requisito del- l’interesse del distaccante quanto quello della tempora- neita` del distacco.
La rilevanza normativa che ha avuto l’istituto del distacco ne- gli ultimi anni e` di fondamen- tale importanza anche per la regolare gestione delle proce- dure che, in ambito internazio- nale, sottendono al legittimo distacco di personale, sia che un’azienda italiana voglia in- viare all’estero proprio perso- nale, sia che, invece, sia un’a- zienda straniera a voler inviare in Italia proprio personale.
Da questo punto di vista, oltre al rispetto delle procedure spe- cifiche di emigrazione e di im- migrazione, regolate da disci- plina speciale (24) e` necessa- rio ricordare che nel distacco di personale in ambito interna- zionale e` necessario anche te- nere conto delle tutele che l’ordinamento giuridico assi- cura sempre, in ragione di
Note:
(20) Cass. Sez. lav. 17 giugno 2004, n. 11363, in
Mass. giur. it., 2004.
(21) Cass. Sez. lav. 13 aprile 1989, n. 1751 in Dir. prat. lav., 1989.
(22) Ministero del lavoro, circolare 15 gennaio 2003, n. 4; Ministero del lavoro, circolare 24 giu- gno 2005, n. 28.
Percorsi
(23) Cass. 18 agosto 0000, x. 00000 e Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733, citate nella stessa circola- re del Ministero n. 28/2005.
(24) Si ricorda, infatti, che, l’invio all’estero di per- sonale dipendente da un’azienda italiana o con sede in Italia determina l’obbligo del rispetto delle disposizioni in materia di emigrazione, finalizzate principalmente ad assicurare ai cittadini italiani la permanenza, nello stato di destinazione delle ga- ranzie previdenziali e assicurative previste dall’or- dinamento italiano (D.L. 31 luglio 1987, n. 317 convertito in legge 3 ottobre 1987, n. 398) che, assicurate in ambito comunitario dai regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale (Reg. n. 1408/1971, Reg. n. 574/1972 e Reg. n. 883/2004) e da alcune convenzioni con paesi extracomuni- tari, mancano, invece, in caso di invio all’estero nella maggior parte dei paesi extracomunitari. Quanto, invece, all’ingresso in Italia di cittadini stranieri, va ricordato che se si tratta di cittadini comunitari l’ordinamento comunitario riconosce il diritto di libera circolazione, mentre, qualora si tratti di cittadini extracomunitari, sara` necessario rispettare la normativa speciale in materia di im- migrazione prevista dal T.U. 25 luglio 1998 n. n. 286 e relativo regolamento di attuazione appro- vato con D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394.
principi superiori, nei confron- ti di tutti i lavoratori coinvolti (italiani o stranieri).
Infatti, quando e` un lavoratore italiano ad essere coinvolto nel distacco, tale soggetto porta con se´, nella nuova collocazio- ne temporanea, anche un mini- mo di tutele previdenziali e as- sicurative che lo Stato italiano assicura, sempre e comunque, ai propri lavoratori migranti. Per contro, l’ingresso in Italia di cittadini stranieri (sia che siano comunitari, sia che siano extracomunitari) porta con se´, oltre al coinvolgimento delle autorita` preposte al controllo dell’immigrazione (Ministero dell’intero e autorita` consolari nonche´ autorita` di pubblica si- curezza), anche quell’insieme di norme che sono preordinate ad assicurare agli stranieri i minimi di trattamento econo- mico e normativo che sono ap- plicati ai lavoratori italiani in analoghe situazioni.
Tra queste norme si colloca il gia` citato X.Xxx. 25 febbraio 2000, n. 72, emanato in attua- zione della direttiva 96/71/Ce relativa al distacco dei lavora- tori nell’ambito di una presta- zione di servizi.
Percorsi
Con tale decreto si e` ritenuto di dare attuazione alla diretti- va che, partendo dal fonda- mentale principio di garanzia della libera prestazione dei servizi in ambito transnazio- nale, ha ritenuto di fornire, da un lato, una definizione di lavoratore distaccato e, so- prattutto, di tracciare una se- rie di principi guida ai fini della corretta ed uniforme ap- plicazione delle condizioni di lavoro e di occupazione ai la- voratori in distacco.
Nel definire tali principi, la direttiva illustra che: «le legi- slazioni degli Stati membri devono essere coordinate per definire un nucleo di norme vincolanti ai fini della prote- zione minima cui deve atte- nersi nel paese ospite il datore di lavoro che distacca dipen- denti a svolgere un lavoro a carattere temporaneo nel terri- torio di uno stato membro do- ve vengono prestati i servizi; che tale coordinamento puo` essere effettuato soltanto at-
traverso il diritto comunitario. (....) che occorre anche assi- curare una determinata flessi- bilita` nell’applicazione delle disposizioni concernenti le ta- riffe minime salariali e la du- rata minima delle ferie annua- li. (...) che le norme imperati- ve di protezione minima in vi- gore nel paese ospite non de- vono ostacolare l’applicazio- ne di condizioni di lavoro e di occupazione che siano piu` favorevoli».
Pertanto, Il D.Lgs. n. 72/
2000, nel dare attuazione ai principi enunciati nella diret- tiva e nel definire le condizio- ni di lavoro applicabili ai la- voratori in distacco, ha stabi- lito, all’art. 3 che: «1. (...) ai lavoratori distaccati si appli- xxxx, durante il periodo di di- stacco, le medesime condizio- ni di lavoro previste da dispo- sizioni legislative, regolamen- tari o amministrative, nonche´ dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavo- ratori comparativamente piu` rappresentative a livello na- zionale, applicabili ai lavora- tori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analo- ghe nel luogo in cui i lavora- tori distaccati svolgono la propria attivita` in posizione di distacco. (...) 3. Gli im- prenditori che appaltano ser- vizi ai sensi dell’art. 1, com- ma 1, da eseguirsi nell’interno delle aziende con organizza- zione e gestione propria di un appaltatore transnazionale, sono tenuti in solido con que- st’ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento minimo inde- rogabile retributivo e ad assi- curare un trattamento norma- tivo non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti».
La norma, in pratica, pone un obbligo, per la societa` distac-
cataria, di assicurare ai lavo- ratori in distacco un tratta- mento economico e normati- vo coerente con il trattamento riservato ai lavoratori dipen- denti dalla distaccataria me- desima.
I principi guida sopra enuncia- ti in materia di distacco, sia
che il distacco operi limitata- mente al territorio italiano, sia che il distacco operi, inve- ce, in ambito internazionale, trovano poi concreta espres- sione negli accordi di distacco che vengono stipulati tra le parti prima del distacco del la- voratore.
Accordo di distacco e lettera individuale di distacco
E`, infatti, prassi regolare l’isti- tuto del distacco mediante la stipulazione sia di un accordo tra datore di lavoro distaccante e datore di lavoro distaccata- rio, sia di una lettera di distac- co indirizzata al lavoratore.
Anche nei rapporti internazio- nali e cioe` per inviare all’este- ro, sia in ambito comunitario, sia in ambito extracomunita- rio, in distacco, un lavoratore, cittadino italiano, comunitario o extracomunitario, assunto e retribuito da una Societa` italia- na, ovvero per richiedere l’in- gresso in Italia dall’estero, da un paese comunitario o da un paese extracomunitario di un lavoratore straniero assunto e retribuito da una Societa` aven- te sede all’estero, e` necessario, preliminarmente, un accordo tra la Societa` distaccante e la societa` distaccataria che indi- chi i motivi del distacco e ren- da espliciti, in base alla disci- plina di riferimento appena enunciata, l’interesse al distac- co della societa` distaccante e la temporaneita` dello stesso. A valle di tale presupposto contrattuale, diretto a rendere evidente ed esplicito tra le par- ti, l’interesse giuridico rilevan- te per il legittimo «prestito» di personale in base al nostro or- dinamento giuridico, e` neces- sario consegnare al lavoratore una lettera individuale di di- stacco che abbia la finalita` di integrare il contratto di lavoro gia` in essere, con gli elementi, eventualmente anche di tipo
economico, legati al distacco. E`, infatti, prassi consolidata, soprattutto nei casi di distacco
internazionale concordare, in occasione del distacco, un trat- tamento economico aggiunti-
Percorsi
vo, denominato «indennita` estero» che tenga conto del di- sagio conseguente al distacco, oltre ad una serie di elementi aggiuntivi, aventi la qualifica- zione di benefits, diretti ad as- sicurare al lavoratore una age- vole sistemazione nel luogo di destinazione (eventuali spese di alloggio, auto, spese di tra- sloco e prima sistemazione, costi dei familiari al seguito, scuole per i figli, corsi di lin- gue all’estero). Tali elementi fanno parte della contrattazio- ne individuale tra datore di la- voro e lavoratore e si aggiun- gono a quelli qualificanti il rapporto in distacco quali l’in- dividuazione del datore di la- voro distaccatario, la delega a quest’ultimo del potere diretti- vo e disciplinare durante il di- stacco, il richiamo alle regole organizzative e di sicurezza applicate presso il datore di la- voro distaccatario.
Distacco quale alternativa alla riduzione di personale
La legge prevede un’altra ipo- tesi di distacco lecito, gia` co- nosciuto prima del D.Lgs. n. 276/2003, anche se l’istituto di fatto non godeva di una ve- ra e propria definizione legi- slativa, come si e` visto. Si trat- ta della disposizione di cui al- l’art. 8, comma 3 del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, converti- to in legge 19 luglio 1993, n. 236, il quale prevede che gli accordi sindacali (in materia di riduzione del personale), al fine di evitare - appunto - le ri- duzioni di personale, possono regolare il comando o il di- stacco di uno o piu` lavoratori dall’impresa ad altra per una durata temporanea.
Il Ministero del lavoro, ha pre-
xxxxxx, a riguardo, che nell’i- potesi in esame, il distacco ri- sponde al legittimo interesse
di preservare il patrimonio professionale dell’impresa at- traverso le opportunita` di scambio tra i lavoratori delle imprese appartenenti al mede- simo gruppo. In questo caso, quindi, il distacco non costitui- rebbe un mero scambio/presti- to di manodopera per fronteg- giare esigenze contingenti re- lative alla gestione del perso- nale o della attivita` dell’impre- sa - ipotesi questa espressa- mente esclusa dalla giurispru- xxxxx Xxxx. 2 novembre 1999, n. 12224 - ma la realiz- zazione di uno specifico inte- resse dell’impresa attraverso le opportunita` che derivano dalla struttura integrata tra im- prese appartenenti al medesi- mo gruppo (25).
Nota:
(25) Ministero del lavoro, circolare n. 28/2005 cit.
Perequazione automatica: aumento dello 0,7%
Pensioni:
scala mobile 2010
Xxxxxxxx Xxxxxxx - Consigliere presso la Segreteria Tecnica del Ministero del lavoro
Approfondimenti
Aumentano solo dello 0,7 per cento le pensioni nel 2010. L’art. 11, primo comma, del decreto legislativo 30 dicem- bre 1992, n. 503 - la cosiddet- ta riforma previdenziale del governo Amato - prevede l’applicazione degli aumenti a titolo di perequazione auto- matica delle pensioni con ca- denza annuale ed effetto dal 1º novembre di ciascun anno. Tali aumenti sono calcolati applicando all’importo della pensione spettante alla fine di ciascun periodo, la percen- tuale di variazione che si de- termina rapportando il valore medio dell’indice Istat dei prezzi al consumo per fami- glie di operai ed impiegati, re- lativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’au- mento, all’analogo valore me- dio relativo all’anno prece- dente.
L’art. 14 della legge 23 dicem- bre 1994, n. 724 (Legge finan- ziaria 1995), ha pero` disposto il differimento del suddetto termine del 1º novembre, al 1º gennaio dell’anno successi- vo. L’art. 24 della legge 28
febbraio 1986 n. 41 (Legge fi- nanziaria per l’anno 1986) sta- bilisce, al quinto comma, che ogni anno Ministro dell’eco- nomia e delle finanze, di con- certo con quello del lavoro e della previdenza sociale, ema- ni un apposito decreto per fis- sare la percentuale di variazio- ne dell’indice di cui sopra, nonche´ le modalita` di corre- sponsione degli eventuali con- guagli derivanti dagli scosta- menti tra il valore determinato in via previsionale l’anno pre- cedente e quello effettivamen- te accertato. In poche parole, il compito del decreto ministe- riale si puo` riassumere come segue:
● accertamento del valore
della percentuale di varia-
zione registrata sulla base dei dati definitivi dell’anno precedente;
● determinazione in via pre-
visionale (sulla base dei dati
dell’inflazione accertati alla data del 30 settembre) della percentuale di variazione da considerare per la perequa- zione dell’anno successivo, affinche´ si dia modo agli enti di previdenza di provvedere per tempo al rinnovo dei mandati di pagamento.
Con la consueta puntualita` (il citato art. 24 della legge n. 41/ 1986 dice infatti «entro il 20 novembre») il decreto 19 no- vembre 2009 (in G.U. n. 280 del 1º dicembre) ha assolto il proprio compito rendendo noto l’indice effettivo per il 2008 (3,2 per cento) e stabilendo in via provvisoria la variazione ri- ferita all’anno 2010: piu` 0,7 per cento. Esaminiamo qui di se- guito i concreti effetti del sud- detto decreto, considerando pe- raltro le disposizioni introdotte in materia dal provvedimento che accompagna la manovra economica 2008 (art. 5, comma 6, decreto legge 2 luglio 2007, convertito con modificazioni in legge 3 agosto 2007 n. 127).
Aumento effettivo per il 2009
Il decreto ministeriale 20 no- vembre 2008 aveva determina- to in via previsionale per il 2008 una percentuale di varia- zione del 3,3 per cento. L’ali- quota effettivamente accertata e` risultata invece pari al 3,2 per cento. Pertanto, come non avveniva da qualche tempo, prima di attribuire gli aumenti
per il 2010, occorre effettuare l’operazione di conguaglio ne- gativo (meno 0,1 per cento). Relativamente al 2009 e` stata pertanto predisposta una tabella riguardante sia gli importi dei trattamenti minimi che le rendi- te superiori al minimo, dalla quale si possono agevolmente ricavare le differenze tra quanto e` stato pagato e quanto effetti- vamente sarebbe spettato agli interessati durante l’anno.
Aumento provvisorio per il 2010
La percentuale di aumento de- terminata in via provvisoria per il 2010 e` dunque pari allo 0,7 per cento. Di conseguenza, dal 1º gennaio il trattamento minimo Inps sale da 457,76 euro, valore definitivo 2009, a 460,96 al mese, con un in- cremento di 3,20 euro.
Sempre al 1º gennaio 2010, la pensione sociale, ossia l’asse- gno assistenziale previsto a fa- vore dei cittadini ultrasessan- tacinquenni sprovvisti di red- diti, passa da 336,78 euro del 2009 a 339,14 euro mensili. Aumento anche per l’assegno sociale, la prestazione di carat- tere assistenziale - prevista dal comma 6 dell’art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335 (la cosid- detta riforma Dini) - che dal 1º gennaio 1996 ha sostituito la pensione sociale. L’assegno, pari a 408,66 euro per il 2009, dal 1º gennaio 2010 rag- giunge i 411,52 euro al mese (esattamente 2,86 euro in piu`).
Trattamenti superiori al minimo
Per le pensioni d’importo su- periore al trattamento minimo
Inps, l’indice Istat di incre- mento si applica, in misura differenziata, per fasce d’im- porto (quarto comma dell’art. 24 della legge n. 41/1986, mo- dificato dall’art. 69 della legge 23 dicembre 2000, n. 388).
Al riguardo occorre precisare che il citato art. 5, comma 6, della legge n. 127/2007, di conversione del decreto legge
● al 100 per cento sull’im-
porto mensile sino a cin- que volte il trattamento minimo Inps;
● al 75 per cento sulla
quota mensile eccedente cinque volte l’importo del trattamento minimo.
Anziche´:
● al 100 per cento sull’im-
porto mensile sino a tre volte il trattamento mini- mo Inps;
● al 90 per cento sulla
quota mensile compresa tra tre e cinque volte il trattamento minimo;
quota mensile eccedente cinque volte l’importo del trattamento minimo.
Di conseguenza, l’aumento di gennaio 2010 sara` cos`ı articolato:
● al 75 per cento sulla
l’aliquota Istat intera) sulla fascia di pensione mensile sino a 2.288,80 euro, cin- que volte il trattamento minimo di dicembre 2009;
● piu` 0,7 per cento (ossia
● piu` 0,525 per cento (75
per cento dell’incremento) sulla fascia di importo men- sile superiore a 2.288,80 euro.
n. 81/2007 (‘‘Disposizioni ur- genti in materia finanziaria’’) stabilisce che: «Per le fasce di importo dei trattamenti pen- sionistici comprese tra tre e cinque volte il trattamento mi- nimo Inps, l’indice di rivaluta- zione automatica delle pensio- ni e` applicato, per il triennio 2008-2010, secondo il mecca- nismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nella misura del 100 per cento». Questo significa che per il triennio 2008-2010 gli aggior- namenti avranno il seguente andamento:
Tetto
di retribuzione pensionabile
L’aumento delle pensioni in- fluisce anche sul tetto di retri- buzione pensionabile. L’art. 3, tredicesimo comma, della legge 29 maggio 1982, n.
297 prevede infatti l’incre- mento annuale del tetto pen- sionabile con il medesimo rit- mo della perequazione auto- matica delle pensioni a carico del Fpld (Fondo pensioni lavo- ratori dipendenti).
Il massimale di retribuzione annua da prendere a base per il calcolo delle pensioni con decorrenza 2010 risulta prov- visoriamente (il valore effetti- vo viene calcolato sul dato Istat accertato per il 2009) pari a 42.364,00 euro, tetto vigente nel 2009 (42.069,00 euro) piu`
0,7 per cento.
Secondo le disposizioni in ma- teria di retribuzione pensiona- bile introdotte dalla Legge fi- nanziaria del 1988 (art. 21, se- sto comma, della legge n. 67/ 1988), il tetto viene ora utiliz- zato esclusivamente per l’attri- buzione della percentuale di rendimento del 2 per cento, per ogni anno di contribuzione versata.
● all’1,5 per cento per la
fascia eccedente il 33 per
cento, ossia per la quota di retribuzione compresa tra 42.364,00 e 56.344,12
euro;
● all’1,25 per cento per la
fascia compresa tra il, 33
ed il 66 per cento, ossia per la quota compresa tra 56.344,12 e 70.324,24 eu-
ro;
● all’1 per cento, infine,
per l’ulteriore fascia di re-
tribuzione annua pensiona- bile eccedente il 66 per cento, ossia per l’eventuale
quota eccedente
70.324,24 euro.
Nell’anno 2010 per le quote di retribuzione pensionabile eccedenti il ‘‘vecchio’’ pla- fond saranno attribuite le se- guenti percentuali di rendi- mento:
Dal 1º gennaio 1993, si sensi dell’art. 13 del citato decreto legislativo n. 503/1992, l’am- montare della pensione e` co- stituita dalla sommatoria di due distinte quote (A + B):
●
la prima (A) corrispondente all’importo relativo all’anzia- nita` contributiva acquisita sino a tutto il 31 dicembre 1992,
calcolata con la normativa vi- gente a quella data;
●
la seconda (B) corrispon- dente all’importo del tratta- mento relativo all’anzianita` contributiva acquisita dopo il 1º gennaio 1993, calcolata con la nuova normativa.
Approfondimenti
La stessa riforma Amato (art.
● 1,6 per cento per la fa-
scia eccedente il 33 per
cento, ossia per la quota di retribuzione compresa tra 42.364,00 e 56.344,12
euro;
● 1,35 per cento per la fa-
scia compresa tra il 33 ed il
66 per cento, ossia per la
quota compresa tra
56.344,12 e 70.324,24 eu-
ro;
● 1,10 per cento, per ogni
anno di contribuzione, del-
la fascia compresa tra il 66 e il 90 per cento ecceden- te il ‘‘tetto’’, ossia per la
quota compresa tra
70.324,24 e 80.491,60 eu-
ro;
● 0,90 per cento, per ogni
anno di contribuzione, del-
la fascia eccedente il 90 per cento del ‘‘tetto’’ (80.491,60 euro).
12 del decreto legislativo n. 503/1992), oltre al periodo di riferimento circa la base pen- sionabile, ha apportato modifi- che anche alle aliquote di ren- dimento da applicare alla retri- buzione oltre il ‘‘tetto’’. Per- tanto, per il calcolo della quota B (riferita alla contribuzione maturata dopo il 31 dicembre 1992), fermo restando il 2 per cento per ogni anno di contributi sulla fascia di retri- buzione fino al ‘‘tetto’’, le ali- quote di rendimento per la quota eccedente sono state ret- tificate come segue:
Conguagli anno 2009 | ||
Pensioni minime | ||
Categoria | Provvisorio | Effettivo |
Pensione sociale | E 337,11 | E 336,78 |
Assegno sociale | E 409,05 | E 408,66 |
Trattamento minimo | E 458,20 | E 457,76 |
Pensioni superiori al minimo | ||
Provvisorio | Effettivo | |
Fino a E 2.217,80 + 3,3% | Fino a E 2.217,80 + 3,2% | |
Oltre E 2.217,80 + 2,475% | Oltre E 2.217,80 + 2,4% | |
Aumenti del 2010 | ||
Pensioni minime | ||
Pensione sociale | E 339,14 | |
Assegno sociale | E 411,52 | |
Trattamento minimo | E 460,96 | |
Pensioni superiori al minimo | ||
Importo al dicembre 2009 | Aumento 2010 | |
Fino a E 2.288,80 | + 0,7% (100% Istat) | |
Oltre E 2.288,80 | + 0,525% (75% Istat) | |
Aliquote di rendimento pensioni 2010 | ||
Quota A (*) | Quota B (**) | |
Fino a E 42.364,00 | 2,00% | 2,00% |
Da E 42.364,00 a E 56.344,12 | 1,50% | 1,60% |
Da E 56.344,12 a E 70.324,24 | 1,25% | 1,35% |
Da E 70.324,24 a E 79.931,10 | 1,00% | 1,10% |
Oltre E 80.491,60 | 1,00% | 0,90% |
(*) Da utilizzare per il calcolo della quota A, ossia in riferimento alla contribuzione versata a tutto il 31 dicembre 1992. (**) Da utilizzare per il calcolo della quota B, ossia in riferimento alla contribuzione versata nel periodo compreso tra il 1º gennaio 1993 e la data di decorrenza della pensione. N.B. Si tratta di dati provvisori. Il tetto di retribuzione pensionabile viene annualmente rivalutato sulla base del dato definito dell’Istat (costo della vita anno precedente). |
Approfondimenti
Min. lav., circ. n. 36/2009
Ispezioni: valorizzato
il ruolo della conciliazione monocratica
Xxxxxxxx Xxxxx - Dirigente della Direzione provinciale del lavoro di Modena (*)
La circolare del Ministero del lavoro, della salute e delle poli- tiche sociali n. 36 del 26 no- vembre 2009 (vedi pag. 89) of- fre lo spunto per alcune rifles- sioni, sulla conciliazione mo- nocratica ex art. 11 del D.Lgs.
n. 124/2004, la quale va sem- pre piu` assumendo un ruolo strategico nella programmazio- ne degli interventi ispettivi: es- sa si pone in una logica conse- quenziale per quel che concer- ne i contenuti, con la nota della stessa Direzione generale per l’Attivita` ispettiva del 12 giu- gno 2009, con la quale furono definiti una serie di aspetti rela- tivi ad aspetti procedurali del- l’attivita` ispettiva.
Va, in ogni caso, sottolineato
come, tale istituto, dovrebbe as- sumere, sempre di piu`, una spe- cifica valenza sia per il sostan- ziale ‘‘convogliamento’’ di tutte le richieste di intervento perve- nute all’Ufficio, sia per il fatto che, a breve, se la Camera ap- provera` in terza lettura il testo approvato di recente dal Senato (A.S. n. 1167), il tentativo di conciliazione delle controversie individuali di lavoro ex art. 410
c.p.c. (settore privato) e articoli 65 e 66 del D.Lgs. n. 165/2001 (settore pubblico) da obbligato- rio diverra` facoltativo con una prevedibile diminuzione del nu- mero complessivo delle verten- ze esaminate da parte dell’orga- no amministrativo collegiale, anche in considerazione del fat- to che l’Ufficio potra` convocare le parti soltanto se le stesse sa- ranno entrambe consenzienti.
Caratteristiche dell’Istituto
L’obiettivo fissato dalla Diret-
tiva del Ministro del lavoro del 18 settembre (perche´ e` da qui che bisogna partire per ben comprendere il nuovo ruolo di tale istituto) e` quello di pro- grammare gli accessi con in- terventi su specifici settori a ri- schio, privilegiando le visite di iniziativa e, al contempo, di esaminare, con minore intensi- ta`, le richieste di intervento dei singoli lavoratori, per i quali e` stato ipotizzato un ricorso sempre piu` continuo a stru- menti conciliativi come, ap- punto, quello previsto dal D.Lgs. n. 124/2004.
Il Ministro chiede, con la Di- rettiva appena citata, una piena e totale attuazione, anche sotto l’aspetto dell’efficacia, dell’i- stituto della conciliazione mo- nocratica, cosa che, se attuata su larga scala e non in maniera episodica e, tutto sommato, se- condaria, come si e` verificato in molte realta` provinciali, consente, alle Direzioni del la- voro una programmazione del- l’attivita` di vigilanza «su ini- ziativa», destinata al controllo delle irregolarita` diffuse, so- prattutto nei settori considerati
«potenzialmente» ad alto ri- schio. Il titolare del Dicastero del welfare (ed in tale indiriz- zo applicativo si pone la circo- lare n. 36/2009) restringe il campo delle c.d. «visite a ri- chiesta di intervento» alle sole denunce di irregolarita` gravi, come quelle di rilevanza pena- le, a quelle che interessano al- tri lavoratori oltre al denun- ciante, a quelle che riguardano fenomeni di elusione partico- larmente diffusa sul territorio o il cui oggetto concerne, esclusivamente, richieste di
natura contributiva, previden- ziale ed assicurativa.
Approfondimenti
Richieste
di intervento
Quali sono le istanze che van- no identificate come richieste di intervento?
La nota del 12 giugno 2009 ne ha fatto un elenco compren- dendovi quelle acquisite dagli addetti al servizio dell’ispetto- re di turno direttamente effet- tuate dai lavoratori interessati, quelle pervenute per posta, fax o e-mail, complete in tutti gli elementi e con coincidenza tra denunciante e soggetto da tutelare, quelle pervenute o de- legate dall’Autorita` giudiziaria e quelle di provenienza sinda- cale e che, comunque, riguar- dano uno o piu` lavoratori per i quali vanno indicate le gene- ralita` o che sono relative a dif- fuse violazioni.
In perfetta sintonia con la Di- rettiva del 18 settembre 2008, la circolare n. 36/2009 ribadi- sce un principio innovativo ri- spetto al passato: la semplice presentazione della richiesta di intervento non e` da conside- rare un’istanza in senso tecni- co, riconducibile all’art. 2, comma 1, della legge n. 241/ 1990 da cui discende, come diretta conseguenza, la possi- bilita` che l’Amministrazione non dia necessariamente corso agli accertamenti ispettivi.
Affrontando il tema relativo
Nota:
(*) Le considerazioni che seguono sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non impe- gnano in alcun modo l’Amministrazione di appar- tenenza.
alla metodologia della pro- grammazione la Direzione ge- nerale per l’Attivita` ispettiva, aveva gia` affermato con la no- ta del 12 giugno 2009 che il
Approfondimenti
«canale prioritario di defini- zione delle richieste di inter- vento aventi, comunque, con- tenuto patrimoniale e` la conci- liazione monocratica, che si pone quale condizione preli- minare di procedibilita` per l’avvio di eventuali interventi ispettivi in senso stretto»: tale procedibilita` e`, naturalmente, di natura amministrativa (con eventuali riflessi interni), ma non puo`, in alcun modo, espli- care i propri effetti all’esterno non essendo, al momento, pre- vista da alcuna disposizione legislativa. In sostanza, la mancata effettuazione della conciliazione monocratica non puo` essere invocata quale vizio che inficia il verbale ispettivo. Tali concetti sono stati ampiamente ripresi nella circolare n. 36/2009.
La dizione adoperata dall’Am- ministrazione centrale postula alcune riflessioni che, ad avvi- so di chi scrive, sono di una certa rilevanza.
Ambito di applicazione
La prima riguarda l’ambito di applicazione: e` indubbio che l’orientamento si pone nell’ot- tica di spronare la Dirigenza dell’Ufficio verso una utiliz- zazione costante dell’istituto da cui discende, una minore discrezionalita` rispetto a quel- la postulata dalla circolare n. 24/2004, sulla scorta dello stesso dettato normativo ove e` usata la locuzione verbale
«puo`». La riduzione della di- screzionalita` e` soltanto appa- rente, nel senso che laddove emergano irregolarita` gravi, di rilevanza penale, o vi sia un fenomeno elusivo che inte- ressi una pluralita` di lavoratori (magari segnalato attraverso una denuncia delle organizza- zioni sindacali), o vi sia una richiesta di accertamento o una delega alle indagini del
Magistrato, non si dara` corso
al tentativo di conciliazione ma si mettera` «a visita» la ri-
xxxxxxx, magari anche con una certa urgenza. Quanto af- fermato dalla Direzione gene- rale va valutato sotto l’aspetto di «liberare» (ovviamente, nei limiti del possibile) l’Ufficio da iniziative che, spesso, per la carenza di informazioni e la vacuita` delle stesse, per la pretestuosita` delle richieste (sovente ci si trova di fronte a «ripicche familiari o di vici- nato») impegnano risorse che sono distolte dalla ordinaria attivita` che dovrebbe essere fi- nalizzata a scovare lavoro ‘‘nero’’, fenomeni di interpo- sizione di manodopera o lavo- ro minorile o di sicurezza nei cantieri edili, tanto per citare alcune situazioni a forte rile- vanza sociale. Sotto questo aspetto va, senz’altro, chiarito che laddove la circolare n. 36/ 2009 parla di «non mettere» a conciliazione monocratica le denunce che rivestano diretta ed esclusiva rilevanza penale, ci si riferisce a quelle che, «a colpo d’occhio», integrano gli estremi di un reato (ad esempio, impiego di un mino- re, al di fuori delle ipotesi le- galmente previste, di una la- voratrice madre in orario not- turno, di extra comunitari pri- vi del permesso di soggiorno), mentre pare del tutto corretto seguire la strada della conci- liazione monocratica allor- quando la fattispecie rappre- sentata potrebbe, soltanto in teoria, avere delle implicazio- ni di natura penale (ad esem- pio, nell’ipotesi di una possi- bile somministrazione illeci- ta). Altre ipotesi chiaramente riferibili a situazioni di irrego- larita` particolarmente «gravi ed incisive», per le quali non e` possibile attivare l’istituto conciliativo, si riferiscono a denunce che abbiano ad og- getto esclusivamente profili di natura contributiva, previ- denziale od assicurativa.
La nota affronta anche l’ipo-
tesi di una possibile concilia- zione per lavoratori interessati (ed identificati nominativa- mente nella richiesta di inter- vento) pur se, materialmente, gli stessi non hanno richiesto nulla: se l’Ufficio ritiene le ir- regolarita` denunciate dall’uni-
co denunciante, plausibili, po- tra` attivare d’ufficio piu` tenta- tivi di conciliazione: a parere di chi scrive, pur compren- dendo lo spirito fattivo di chi ha dettato l’interpretazione amministrativa, la soluzione adottata appare una ‘‘forzatu- ra’’, atteso che si effettuereb- be un tentativo di conciliazio- ne su una richiesta di inter- vento presentata da altro sog- getto e non dal lavoratore (o dai lavoratori) direttamente interessati.
Funzionari addetti all’attivita` conciliativa
La seconda riflessione sulla quale non si puo` non spendere qualche parola riguarda i fun- zionari (anche con qualifica ispettiva, afferma il Legislato- re) destinati a svolgere l’attivi- ta` conciliativa.
La circolare n. 36/2009, dopo aver ricordato che le concilia- zioni possono essere svolte an- che da personale amministrati- vo, si pone, come obiettivo, quello di coinvolgere il mag- gior numero possibile di ispet- tori, escludendo, soltanto, i mi- litari del nucleo Carabinieri (cosa, oltremodo, giusta attesa la loro specifica funzione nel nostro ordinamento lavoristi- co). Nel corso di questi anni il Ministero del lavoro ha svol- to, con apprezzabili risultati, corsi di formazione, anche ‘‘a cascata’’ sul territorio, che hanno coinvolto centinaia di impiegati dei ruoli ispettivi delle articolazioni periferiche. Gli approfondimenti hanno ri- guardato, soprattutto, la forma- zione di base (leggi e circolari di riferimento) che e` importan- te ma, ad avviso di chi scrive, non e` decisiva, atteso che la fi- gura del conciliatore deve ar- ricchirsi con alcuni contenuti personali che sono fondamen- tali per il buon svolgimento dell’attivita` (autorevolezza, ca- pacita` mediatoria, facilita` nel- l’individuare il punto di accor- do - cosa particolarmente deci- siva nella conciliazione mono- cratica ove vanno contemperati
gli interessi non solo delle parti
ma anche di terzi potenzial-
mente interessati come gli Isti- tuti previdenziali - ecc.). Cio` significa che la scelta del con- ciliatore da parte della Direzio- ne e` fondamentale, atteso che (piu` ancora che nelle contro- versie trattate avanti alla sotto commissione provinciale di conciliazione ex art. 410 c.p.c., ove il funzionario e` uno dei tre componenti) il compito assegnato e` particolar- mente delicato e non puo` esse- re, soltanto, il frutto conse- guente ad una mera partecipa- zione ad un corso formativo. L’autorevolezza e la professio- nalita` del conciliatore debbono essere fuori discussione, atteso che si tratta di ‘‘consigliare’’ il lavoratore che, sovente, e` sen- za assistenza, circa la soluzio-
ne migliore. E` questo un punto
‘‘focale’’ dal quale discende buona parte della credibilita` dell’Ufficio e sotto questo aspetto la circolare n. 36/2009 lascia un certo margine di di- screzionalita` al Dirigente, ai fi- ni della individuazione del
«personale conciliatore».
Partecipazione al tentativo
di conciliazione
La terza considerazione scatu- risce dalla necessita` che la riu- nione fissata per il tentativo di conciliazione non vada deser- ta, soprattutto, per assenza del datore di lavoro: di qui la necessita` che anche attraverso l’attivita` di promozione e pro- grammazione postulata dal- l’art. 8 del D.Lgs. n. 124/ 2004 e sulla quale ha posto l’accento il Ministro del lavoro con la Direttiva del 18 settem- bre 2008, la Direzione provin- ciale del lavoro inviti gli Ordi- ni professionali, le Associazio- ni imprenditoriali e quelle sin- dacali a far s`ı che i propri assi- stiti od iscritti rispondano po- sitivamente alle convocazioni. La circolare n. 36/2009, dopo aver ricordato che all’atto del- la richiesta di intervento, l’i- spettore di turno deve far pre- sente al denunciante che la controversia puo` essere defini- ta attraverso la conciliazione, affronta il problema della
competenza territoriale: essa e` quella del luogo ove si e` svolta la prestazione lavorativa. Tale scelta appare estremamente corretta, atteso che la concilia- zione va radicata sul posto ove e` possibile l’intervento dell’or- gano ispettivo in termini di competenza territoriale: di conseguenza, ad avviso di chi scrive, non ha senso riferirsi ai fori alternativi previsti dal- l’art. 413 c.p.c. o a quello esclusivo del domicilio per gli agenti e rappresentati di commercio e per i lavoratori autonomi, previsto all’ultimo comma del predetto articolo. La ragione appare evidente, in quanto in quest’ultimo caso si tratta di radicare la compe- tenza territoriale ai fini del giudizio e, pertanto, la stessa individuazione della commis- sione per la trattazione del ten- tativo di conciliazione obbli- gatorio ex art. 410 c.p.c., si po- ne, necessariamente, lungo questa linea interpretativa.
Indisponibilita` dell’interessato
Una ulteriore questione, stret- tamente correlata alla denun- cia presentata dal lavoratore e` quella della eventuale ‘‘non disponibilita`’’ dell’interessato al tentativo di conciliazione: sul punto, anche sulla scorta di alcune ‘‘tensioni dialettiche e di contenuto’’ con qualche organizzazione sindacale terri- toriale fu inserita, nella richie- sta di intervento, la possibilita` di dichiarare ‘‘a priori’’ il pro- prio rifiuto, a seguito del quale l’Ufficio non procedeva ad al- cuna convocazione. Ora, sulla scorta di quanto affermato esplicitamente nella circolare
n. 36/2009, la Direzione pro- vinciale del lavoro deve, in ogni caso, convocare e l’even- tuale assenza, unita ad altre considerazioni, potra` essere valutata in maniera negativa in ordine ad un possibile ac- cesso successivo. A seguito delle determinazioni ministe- riali, gli Uffici dovranno rifor- mulare i «modelli» di richiesta cancellando, se gia` contenuta, la possibilita` di opzione.
Ritardi nell’evasione delle richieste
Con l’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 l’Esecutivo ha dato attuazione ad un principio contenuto nella legge delega
Approfondimenti
n. 30/2003 e precisamente al- l’art. 8, comma 2, lettera b), ove si parla di «raccordo effi- cace fra la funzione di ispezio- ne del lavoro e quella della conciliazione delle controver- sie individuali». La previsione del Legislatore traeva origine da una constatazione abba- stanza generalizzata presso le Direzioni provinciali del lavo- ro: gran parte delle richieste di intervento non erano evase in maniera sollecita, tanto da creare, nel tempo, un aggravio notevole agli Uffici, distratti, in tal modo, da visite di inizia- tiva da indirizzare su settori
«ad alto rischio». A tale gros- so arretrato, sedimentatosi nel tempo, avevano contribuito di- versi fattori: incompletezza e genericita` delle denunce, ne- cessita` di effettuare accessi in settori ad alta pericolosita` e che, come tali, hanno una prio- xxxx` in una pianificazione di ca- rattere generale, carenze di or- ganico (ora parzialmente risol- te attraverso l’immissione di nuovi ispettori soprattutto nel nord Italia e riqualificazioni di personale amministrativo), oggettive difficolta` di evasione delle richieste in quei settori dotati di grossa mobilita` e temporaneita` (si pensi ai can- tieri edili).
Come si diceva pocanzi, il po-
tere discrezionale del Dirigen- te previsto al comma 1 del- l’art. 11, sembra ridursi sulla base della circolare n. 36/ 2009, ma, ferme restando le considerazioni sopra espresse su quelle ipotesi che, comun- que, restano fuori dal campo di applicazione, essa va intesa come un forte invito (quasi un ordine) agli Uffici finaliz- zato a sfruttare la piena poten- zialita` di un istituto, disatteso, in questi anni, per molte ragio- ni (e non ultime, quelle riferi- bili ad atteggiamento di ‘‘suf- ficienza’’ delle articolazioni
periferiche, come risulta dai dati relativi agli anni trascor- si).
Natura amministrativa della richiesta d’intervento
Quale e` il significato da attri- buire, sotto l’aspetto ammini- strativo, alla richiesta di inter- vento?
Approfondimenti
Essa, secondo la Direttiva del Ministro del lavoro del 18 set- tembre 2008, e come ribadito dalla circolare n. 36/2009, non costituisce un’istanza, in senso tecnico, riconducibile all’art. 2, comma 1, della legge
n. 241/1990: da tale assunto discende la considerazione che non necessariamente l’Amministrazione ha «l’ob- bligo di dare corso alla verifica ispettiva».
Contenuti della richiesta
Altra questione importante e` quella relativa ai contenuti del- la richiesta. Essa, oltre agli usuali riferimenti alla possibile violazione di norme in materia di lavoro, alla mancata contri- buzione, alla errata qualifica- zione del rapporto, alla inter- posizione, alla mancata conse- gna delle buste paga, al lavoro irregolare, deve contenere cor- relazioni di natura patrimonia- le come le differenze retributi- ve o il lavoro straordinario non pagato. L’intervento concilia- tivo puo` prospettarsi anche in ipotesi nelle quali il lavoratore stesso non ha svolto attivita` come subordinato ma e` stato parte di un rapporto di natura autonoma (es., contratto di collaborazione anche a proget- to) per il quale la rivendicazio- ne patrimoniale puo` riferirsi al compenso pattuito ma non completamente corrisposto o anche, perche´ no, di associa- zione in partecipazione con apporto lavorativo, anche mi- nimo, o di prestazioni di natu- ra occasionale ed accessoria che, nell’ultimo periodo, han- no visto un notevole amplia- mento normativo. Vale la pena di ricordare come la semplice
richiesta di intervento non vin- coli in alcun modo l’organo ispettivo in quanto non si e` an- xxxx arrivati ad alcun accerta- mento della veridicita` di quan- to affermato dal richiedente. La richiesta di intervento, per la quale e` possibile attivare la conciliazione monocratica e` soltanto quella presentata alla Direzione provinciale del la- voro, non essendo stato previ- sto dal Legislatore delegato che analoga procedura possa aver seguito sulle denunce presentate ad altri organi co- me, ad esempio, all’Inps o al- l’Inail.
Per completezza di informa- zione va chiarito che il dettato normativo (art. 11, comma 1, del D.Lgs. n. 124/2004) non sembra, necessariamente, pre- supporre l’aggancio alla possi- bile violazione di disposizioni in materia di lavoro sulle quali c’e` la competenza ispettiva de- gli organi di vigilanza, in quanto si parla di ipotesi desu- mibili dalla richiesta di inter- vento da cui emergano «ele- menti per una soluzione conci- liativa della controversia»: del resto, la stessa prima circolare interpretativa sulla materia del Ministero del lavoro risalente al 24 giugno 2004 (circolare
n. 24) aveva affermato che il riferimento ai diritti patrimo- niali del lavoratore potevano, indifferentemente, avere una origine contrattuale o legale (forse ci si riferiva anche al trattamento di fine rapporto?).
Contenuto della richiesta patrimoniale
Strettamente correlato all’ar- gomento appena trattato e` quello relativo al contenuto della richiesta patrimoniale: ad avviso di chi scrive, e no- nostante interpretazioni diver- se scaturenti dal dettato lette- rale della norma, esso deve avere una qualche correlazione sia con il rapporto di lavoro svolto che con il mancato ri- spetto della normativa previ- denziale ed assistenziale. Cio` significa che un’eventuale istanza finalizzata alla impu-
gnazione del solo provvedi- mento di licenziamento non deve essere oggetto del tentati- vo di conciliazione monocrati- ca: in questo caso il tentativo, che e` obbligatorio, va effettua- to avanti alla commissione (o sotto commissione) provincia- le ex art. 410 c.p.c. Per com- pletezza di informazione va, peraltro, ricordato che secondo il testo approvato al Senato il
26 novembre 2009 (ed, ora, in terza lettura, alla Camera dei Deputati), il tentativo in- nanzi alla commissione diver- ra` facoltativo e non sara`, tem- poralmente, propedeutico (nel limite dei sessanta giorni) per l’attivazione del giudice del la- voro.
Rapporto di lavoro certificato
Ma se la richiesta di interven- to riguarda un rapporto di la- voro certificato, secondo la procedura prefigurata dagli articoli 75 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003, cosa suc- cede?
In questo caso trova applica- zione l’art. 80, secondo il qua- le il tentativo obbligatorio di conciliazione va effettuato avanti all’organo che ha certi- ficato il contratto (Commissio- ne istituita presso la Direzione provinciale del lavoro, o pres- so l’Universita`, Commissione istituita presso la Provincia - nella realta` sono pochissime -, presso l’Ordine dei Consulen- ti, presso un Ente bilaterale, presso la Direzione generale per la Tutela delle condizioni di lavoro). Del resto, tale ten- tativo di conciliazione sara` l’u- nico che rimarra` obbligatorio, allorquando la riforma conte- nuta nel c.d. «collegato lavo- ro» entrera` in vigore.
Critiche sulla figura del singolo conciliatore
Nel corso degli ultimi anni, una delle contestazioni mag- giori provenienti da parte sin- dacale relative alla conciliazio- ne monocratica ha riguardato
proprio la figura del singolo conciliatore che, di per se stes- so, non avrebbe dato garanzie di tutela al lavoratore (che, pe- raltro, puo` farsi assistere da chi vuole). A parte il fatto che e` la norma a prevederlo esplicitamente vale la pena di ricordare come si espresse la Corte di Cassazione, con sen- tenza n. 17785 del 12 dicem- bre 2002: «l’intervento del- l’Ufficio provinciale del lavo- ro e` di per se´ idoneo a sottrarre il lavoratore a quella condizio- ne di soggezione rispetto al datore di lavoro che rende so- spette le prevaricazioni da par- te di quest’ultimo attraverso le transazioni e le rinunce indero- gabili ..., sia allorche´ detto or- ganismo partecipi attivamente alla composizione delle con- trastanti posizioni delle parti, sia quando in un proprio atto si limiti a riconoscere, in una transazione gia` delineata dalle parti in trattative dirette, l’e- spressione di una volonta` non coartata del lavoratore».
Convocazione delle parti e
accordo transattivo
Che non ci si trovi di fronte ad una normale controversia di lavoro, si desume facilmente dal contenuto della richiesta di intervento. Accanto all’inte- resse del lavoratore finalizzato ad ottenere il riconoscimento di quanto ritiene sia a lui do- vuto, c’e` quello della contro- parte indirizzato a negare o a limitare il c.d. ‘‘petitum’’ (e, in via correlata, quanto dovuto a livello previdenziale ed assi- stenziale), quello degli Istituti previdenziali (‘‘in primis’’ Inps ed Inail) cui spettano i le- gittimi versamenti contributivi e quello della Direzione pro- vinciale del lavoro che tra i propri compiti istituzionali ha quello di verificare la richiesta e di prendere i provvedimenti necessari. Ovviamente (e, in questo caso, si ripete un con- cetto gia` espresso) e` interesse dell’organo periferico del Mi- nistero del lavoro eliminare dal piano di lavoro (nei limiti del possibile) le richieste di in-
tervento per concentrarsi sulle
c.d. «visite di iniziativa». Questa «compresenza» di inte- ressi va sottolineata in quanto l’eventuale accordo transattivo deve contemperare (e vedre- mo, poi, in che modo) le varie esigenze e, in ogni caso, po- stula un comportamento assai partecipativo del funzionario.
Modalita`
di convocazione
Da un punto di vista procedi- mentale la convocazione delle parti per un giorno ed un’ora prefissata, deve avvenire con lettera raccomandata (e` neces- sario avere la certezza della ri- cezione), avvertendo che le stesse possono farsi assistere o rappresentare da organizza- zioni sindacali o da professio- nisti. Anche in questo caso valgono i principi della rap- presentanza, nel senso che, senza intervenire, le parti pos- sono essere sostituite da altri soggetti muniti della specifica delega a transigere o concilia- re, autenticata nei modi previ- sti dalla normativa vigente. Cio` e` detto, in maniera esplici- ta, nella circolare n. 36/2009: questo significa che l’autentica della firma attestante la volon- ta` dell’interessato puo` avveni- re anche davanti ad un funzio- nario della Direzione del lavo- ro. Non e`, invece, praticabile, ad avviso di chi scrive, la stra- da dell’autentica della firma
«del cliente» da parte del pro-
fessionista (es. avvocato) per due semplici ragioni:
a) il Ministero del lavoro non l’ha mai prevista nella tratta- zione delle stesse conciliazioni trattate ex art. 410 c.p.c., pur essendo il tentativo un passag- gio obbligato rispetto al ricor- so giudiziale;
b) non e` invocabile il diverso comportamento adottato da al- cune Direzioni provinciali del lavoro circa tale possibilita` ri- messa ai legali (sulla base del fatto che non si comprendeva come gli stessi potessero au- tenticare la firma del proprio assistito per la presentazione del ricorso giudiziale e non per il tentativo di conciliazione
ex art. 410 c.p.c., che e` un pas- saggio obbligatorio per il giu- dizio), in quanto, in questo ca- so, non ci si trova di fronte ad un iter procedimentale finaliz- zato ad un possibile giudizio, ma soltanto ad un tentativo di conciliazione che dovrebbe evitare, in caso di accordo, un accesso ispettivo.
Termini della procedura
Approfondimenti
La norma non pone alcun ter- mine specifico, raggiunto il quale s’interrompe la procedu- ra. Cio` significa che il conci- liatore ha la possibilita` di far maturare la transazione nel tempo necessario, anche per- che´ (e questo e` importante ai fini della contestazione per le violazioni contributive) i ter- mini previsti dall’art. 14 della legge n. 689/1981 sono sospe- si dal momento in cui e` inviata la nota di convocazione fino a quello nel quale si conclude il procedimento conciliativo, con l’accordo o con il mancato accordo. Il funzionario e`, in un certo senso il ‘‘dominus’’ della conciliazione, nel senso che puo` procedere anche con in- contri separati delle parti, fina- lizzati ad evidenziare i vantag- gi della soluzione conciliativa e, soprattutto, a capire i termi- ni per un accordo soddisfacen- te per le parti.
Oggetto
della conciliazione
La conciliazione monocratica si pone, nel nostro ordinamen- to, come un istituto ove deb- bono essere contemperati piu` interessi.
Innanzitutto, quello del lavora- tore ricorrente che, oltre alla copertura assicurativa totale o parziale di periodi contributi- vi, chiede che gli siano ricono- sciuti emolumenti di natura economica per il periodo di la-
voro svolto. E` indubbio che
nella sua richiesta ha un potere contrattuale che, in linea di massima (ovviamente, si parla di casistica generale) e` mag- giore che in altre trattative, po- tendo mettere ‘‘sul piano della bilancia’’ il ‘‘metus’’ per una
possibile ispezione conse- guente al mancato accordo, cosa che potrebbe far ‘‘paga- re’’ al datore di lavoro una se- rie di sanzioni amministrative per violazioni delle norme in materia di lavoro sia riferite a lui che ad altri lavoratori.
Approfondimenti
C’e`, poi, l’interesse del datore di lavoro: se e` vero che il lavo- ratore ha piu` ‘‘peso’’ nella trattativa, e` anche vero che con un accordo puo` evitare la visita ispettiva (il procedimen- to, afferma l’art. 11, si conclu- de) da cui discende che, alme- no per quella posizione e per cio` che e` stato concordato, non vi sono altri problemi da risolvere ed anche le possibili sanzioni amministrative con- nesse al rapporto non vengono irrogate.
Il terzo interesse che puo` esse-
re soddisfatto con il raggiungi- mento dell’accordo e` quello degli Istituti previdenziali con la conciliazione monocratica (sia pure per il periodo e la ti- pologia individuata dalle parti) c’e` un versamento contributi- vo che prescinde da accerta- menti, talora faticosi e che spesso generano contenziosi. Vale la pena di ricordare co- me, sovente, a meno che non ci sia una specifica denuncia rivolta direttamente agli Istitu- ti, in tutte le conciliazioni, an- che in quelle avvenute in sede giudiziale ex art. 185 c.p.c., non c’e` una trasmissione auto- matica agli stessi per il recupe- ro contributivo.
Ma anche la Direzione provin- ciale del lavoro, in caso di rag- giungimento di un accordo, vede soddisfatto un proprio in- teresse: esso e` rappresentato dal fatto che una richiesta di intervento e` risolta e, quindi, non va messa a ‘‘visita’’, cosa che comporta la possibilita` di adibire l’ispettore o gli ispetto- ri che se ne sarebbero dovuti occupare ad accessi program- mati in settori ad alto rischio di evasione.
E` in questa fase che il funzio-
nario della Direzione provin- ciale del lavoro deve mostrare le proprie doti di autorevolez- za e capacita` mediatoria: con esse ci si riferisce alla cono- scenza della materia, alla fidu-
cia che sia per la posizione che per la capacita` professionale puo` suscitare nelle controparti, immedesimandosi nella con- troversia e suggerendo solu- zioni credibili sia con l’inte- resse delle parti (soprattutto, e` evidente, del lavoratore) che degli Istituti previdenziali.
E` vero che deve, comunque,
favorire l’accordo tra le parti, ma e` anche vero che la propria posizione non gli consente la sottoscrizione di ‘‘xxxxx xxxxx- ni’’ o di accordi che, a fronte di una situazione emersa con una certa chiarezza dalla di- scussione, giungano a quanti- ficare la durata e la tipologia del rapporto in termini, oltre- modo, incongrui o a precosti- tuire false posizioni previden-
ziali. E` anche opportuno, inol-
tre, che il conciliatore mono- cratico, a fronte di un possibile accordo che si sostanzi nella corresponsione di una somma a «saldo e stralcio» di qualsia- si richiesta di rapporto di lavo- ro intercorso, ma disconosciu- to dalle parti, debba non pro- cedere alla sottoscrizione e, magari, inoltrare la denuncia per un sollecito intervento ispettivo. La circolare n. 36/ 2009 ribadisce chiaramente che e` vietato giungere ad ac- cordi di carattere novativo.
Sul punto, va ricordato che e`
proprio il Legislatore a preten- dere che le parti convengano sulla individuazione di un pe- riodo nel quale si e` svolta l’at- tivita` lavorativa. L’accordo concilia ‘‘il passato’’: non e` possibile con lo stesso atto re- golare diritti patrimoniali su rapporti futuri, atteso che gli stessi non sono ancora nella disponibilita` del lavoratore.
Valore del verbale di accordo
La sottoscrizione del verbale di accordo e` accompagnata dalla inoppugnabilita`, come previsto per le conciliazioni intervenute ai sensi degli arti- coli 185 (in sede giudiziale), 410 (avanti alla commissione o sottocommissione provincia- le di conciliazione) e 411 (in sede sindacale) c.p.c.: cio` lo
si ricava dal fatto che il com- ma 3 dell’art. 11 dichiara espressamente che non trova- no applicazione i commi 1, 2 e 3 dell’art. 2113 c.c., i quali affermano che le rinunzie e transazioni derivanti da dispo- sizioni inderogabili di legge o di contratto collettivo non so- no valide (comma 1), che l’im- pugnazione deve essere propo- sta, a pena di decadenza, nei sei mesi successivi alla data di cessazione del rapporto o da quella della rinunzia o tran- sazione se intervenuta succes- sivamente (comma 2), e che le rinunzie e transazioni pos- sono essere impugnate con qualsiasi atto, anche stragiudi- ziale, idoneo a rendere nota la volonta` (comma 3).
Il comma 4 afferma che l’e- stinzione del procedimento ispettivo si verifica, dopo la sottoscrizione dell’accordo, con il versamento dei contri- buti previdenziali ed assicura- tivi determinati secondo le norme in vigore, riferiti alle somme concordate, correlate al periodo lavorativo ricono- sciuto e con il pagamento delle somme dovute. La Direzione provinciale del lavoro e` tenuta a trasmettere tutta la documen- tazione riferita all’accordo, agli Enti previdenziali interes- sati sui quali incombe l’onere della verifica degli avvenuti versamenti.
La disposizione impone talune riflessioni che vanno, ovvia- mente, correlate agli indirizzi amministrativi espressi sia dal Ministero del lavoro che dagli Istituti previdenziali nel corso degli anni.
La prima concerne alcune mo- dalita` di redazione del verbale: se si e` in presenza di aliquote contributive diverse per i pe- riodi presi in considerazione e per le ‘‘voci economiche’’ oggetto della transazione e` op- portuno che le somme conci- liate siano ripartite anche per periodi di competenza: cio` e` affermato chiaramente nella circolare Inps n. 132 del 20 settembre 2004. A tale que- stione va raccordato anche il problema del ‘‘quantum con- tributivo’’ nel caso in cui l’ac- cordo si determini su parame-
tri retributivi inferiori ai c.d. ‘‘minimali’’: il riferimento operato dal Legislatore delega- to alle ‘‘norme in vigore’’ per la determinazione dei contri- buti, fa s`ı che la retribuzione da assumere come base di cal- colo non possa essere inferiore all’importo stabilito da leggi e contratti collettivi stipulati dal- le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale. Il riferimen- to alle ‘‘norme in vigore’’ per la determinazione delle even- tuali somme aggiuntive in ap- plicazione del regime sanzio- natorio previsto dalla legge n. 388/2000, e` stato affrontato dall’Inps con la circolare n. 6 del 9 gennaio 2007 che ha ri- chiamato la risposta ad un in- terpello della Direzione gene- rale per l’Attivita` ispettiva del
26 ottobre 2006 (prot. 25/I/
0005222). L’Istituto, rifacen- dosi alla posizione del Dica- stero del lavoro, ha espresso l’avviso che la conciliazione monocratica configuri il caso previsto dall’art. 116, comma 8, lettera b), ultimo periodo della legge appena citata, con- sistente nella denuncia sponta- nea di un’omissione contribu- tiva effettuata prima di conte- stazioni o di richieste da parte di Enti impositori e finalizzata alla regolarizzazione. Da cio` ne consegue l’obbligo per il datore di lavoro di versare la contribuzione in misura com- misurata alla somma conciliata o, se inferiore, ai minimali di legge, e di pagare le somme aggiuntive nella misura previ- sta per le omissioni contributi- ve: la determinazione dell’im- porto dovuto a titolo di somma aggiuntiva «va effettuata ap- plicando alla contribuzione dovuta il tasso vigente alla da- ta di pagamento, per il tempo intercorrente tra la scadenza dei singoli periodi di paga fino al termine fissato con il verba- le di conciliazione». La solu- zione adottata dal Ministero del lavoro e dall’Inps fa s`ı che, nel caso di specie, inter- pretando l’art. 116 della legge
n. 388/2000, si possa parlare di omissione contributiva e non di evasione. La procedura monocratica trae, sempre, ori-
gine da una richiesta di inter- vento: da questa constatazione discende che la prescrizione del credito contributivo e` di dieci anni. Detto questo si po- ne il problema del ‘‘dies a quo’’ ai fini del calcolo della decorrenza: esso e` quello della sottoscrizione dell’accordo at- traverso il quale il datore di la- voro riconosce sia il credito patrimoniale, che il periodo la- vorativo che, infine, quanto dovuto agli Istituti previden- ziali ed assicurativi.
La seconda considerazione ri-
guarda il contenuto del verbale di accordo: sono le parti che concordano sia la durata che
la tipologia contrattuale. E` evi-
dente come questo sia un aspetto molto delicato ove, ad avviso di chi scrive, il funzio- nario della Direzione provin- ciale del lavoro deve svolgere una funzione attiva, consi- gliando e prospettando la solu- zione piu` utile (si ripete, non tutte le controversie sono uguali e una soluzione ragio- nevole riferita ad una vertenza non e` detto che sia ‘‘trasporta- bile’’ in un altro accordo). L’estinzione del procedimento ispettivo (o meglio, la sua non attivazione dopo la richiesta di intervento) e` correlata a due elementi inscindibili tra di lo- ro: il versamento dei contributi previdenziali ed il pagamento delle somme concordate.
Per quel che concerne la prima
questione si osserva che il da- tore di lavoro e` tenuto al ver- samento entro la prima sca- denza utile successiva alla data di redazione del verbale (il giorno 16 del mese successi- vo, come ribadito chiaramente sia dalla circolare Inps n. 132/ 2004 che da quella dell’Inail
n. 86/2004). Ovviamente, il datore di lavoro puo` essere ammesso al pagamento rateale della contribuzione dovuta se- condo le forme usuali: in tal caso per l’estinzione del pro- cedimento e` sufficiente l’am- missione al pagamento dila- zionato (con il saldo della pri- ma rata), fermo restando che nella ipotesi della inottempe- ranza successiva ai pagamenti dovuti l’Istituto procedera` al recupero coattivo.
Il pagamento della somma concordata e` l’altro elemento necessario perche´ non si pro- ceda ad un successivo accesso ispettivo: esso puo` avvenire in contanti o attraverso le forme del versamento tramite asse- gno bancario o postale. Il pa- gamento puo` anche essere di- lazionato: qui non ci sono pro- blemi a meno che il datore di lavoro, per vari motivi, non onori quanto concordato. Ov- viamente, xxxx` onere di que- st’ultimo fornire all’Ufficio i termini dell’adempimento e, in tale ottica, si potrebbe inse- rire nel verbale di conciliazio- ne un impegno a fornire la di- mostrazione del pagamento entro la data fissata nell’accor- do.
Approfondimenti
Xxxx succede a questo punto? Il mancato pagamento (nono- stante gli opportuni solleciti e messe in mora), portato a conoscenza dell’organo di vi- gilanza, porta alla ‘‘non estin- zione’’ del procedimento ispettivo che potrebbe ripren- dere, con tutte le conseguenze del caso e, soprattutto, con ac- certamenti pieni e non condi- zionati, atteso che una parte essenziale dell’accordo e` ve- nuta meno. Ovviamente, la visita ispettiva che dovrebbe essere «messa a calendario» con una certa urgenza potreb- be trovare una situazione aziendale di difficile defini- zione (si pensi, ad esempio, a quelle imprese ‘‘margina- li’’, soprattutto in edilizia, che nascono e muoiono in continuazione).
L’altra strada che il lavoratore potrebbe percorrere (quella del deposito nella cancelleria del Tribunale per l’esecutivi- ta`, come avviene per i verbali redatti avanti alla commissio- ne provinciale di conciliazio- ne) non e` praticabile, atteso che il Legislatore ha ‘‘dimen- ticato’’ questo passaggio es- senziale. Egli puo`, tuttavia, utilizzare il verbale di accordo come prova scritta del credito, in quanto lo stesso e` stato re- datto avanti ad un funzionario pubblico: ad avviso di chi scrive, l’accordo una volta raggiunto e formalizzato con- serva la propria efficacia tra
le parti, fatto salvo il caso in cui le stesse non abbiano inse- rito una clausola risolutiva ex art. 1353 e ss. c.c. Sul punto, la circolare n. 36/2009 affer- ma che il verbale di concilia- zione, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c., rientra tra «gli atti ricevuti da pubbli- co ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli».
Approfondimenti
Sul mancato pagamento (an- che parziale) di quanto con- cordato liberamente tra le parti in sede di conciliazione, si po- trebbe innestare l’istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali, finora poco uti- lizzato, rispetto alle proprie potenzialita`, dalle Direzioni provinciali del lavoro, trattan- dosi di una somma certa.
Mancato accordo
Il verbale di mancato accordo puo` giungere sia al termine della trattativa (le parti, dopo discussioni piu` o meno lun- ghe non hanno sottoscritto al- cun verbale conciliativo) che per mancata presentazione di una delle parti alla riunione convocata, senza che sia stato richiesto, per un motivo vali- do, un rinvio (che, in genere, si concede). Cio` comporta per il servizio di vigilanza della Direzione provinciale del lavoro la necessita` di met- tere ‘‘a visita’’ con urgenza la richiesta di intervento, soprat- tutto perche´ il datore di lavoro si attende l’ispezione e po- trebbe, in un certo senso, pre- costituirsi alcune prove. Ov- viamente, l’accesso del perso- nale di vigilanza puo` essere ‘‘a tutto campo’’, non doven- dosi, in alcun modo, limitare alle sole richieste avanzate dal lavoratore.
Alla verbalizzazione del man- cato accordo dopo la trattativa seguono alcuni effetti impor- tanti: la richiesta e` messa ‘‘a visita’’ e le dichiarazioni ver- balizzate, pur non costituendo un elemento di prova, in quan- to ‘‘non incardinate’’ in un procedimento ispettivo, posso- no essere un elemento utile per l’espletamento dell’attivita` di vigilanza.
Cosa succede se le parti non si presentano alla convocazione fissata dall’Ufficio?
Su questo argomento la circo- lare n. 36/2009 e` chiara: se e` il lavoratore a non presentarsi (e, quindi, il mancato accordo e` conseguente all’assenza del- lo stesso), senza alcuna giusti- ficazione, l’Ufficio potrebbe non dare corso all’azione ispettiva, utilizzando proprio quei poteri discrezionali sotto- lineati, a piu` riprese, dalla Di- rettiva del Ministro del lavoro del 18 settembre 2008. Se, in- vece, e` il datore di lavoro a non intervenire, xxxx` importan- te mettere, con dovuta urgen- za, la richiesta a ‘‘visita’’, pro- prio perche´ (come sottolineato in precedenza) il datore, essen- do venuto a conoscenza della denuncia, potrebbe precosti- tuirsi alcune ‘‘situazioni’’ a lui favorevoli.
A differenza di quanto previ- sto, ad esempio, dal D.Lgs. n. 165/2001 relativamente alle controversie del settore pub- blico, non e` prevista alcuna proposta bonaria di concilia- zione della controversia da parte del funzionario (in quel caso, tuttavia, lo stesso presie- de un organo collegiale). L’as- senza di tale previsione si giu- stifica con il fatto che la conci- liazione monocratica non e` una semplice transazione che investe le posizioni economi- che di due parti. Ci sono gli in- teressi degli Istituti previden- ziali, c’e` l’interesse dello Stato a veder rispettate le norme sul- la tutela del lavoro, c’e`, non dimentichiamolo, un interesse del lavoratore, in un certo sen- so attivato dalla richiesta di in- tervento, che chiede un pieno soddisfacimento alle sue ri- chieste.
C’e`, piuttosto, un altro proble-
ma da affrontare e risolvere che riguarda le rivendicazioni patrimoniali del lavoratore. Anche qui ci si scontra in un altro punto debole della nor- mativa attuale. Come e` noto, gli articoli 410 bis e 412 bis c.p.c., riferendosi al tentativo di conciliazione obbligatorio nelle controversie del settore privato affermano che trascor- si i sessanta giorni dalla richie-
sta, esso si considera espletato avanti alla commissione pro- vinciale di conciliazione e, so- prattutto, il mero decorso tem- porale supera la condizione di procedibilita` per la domanda in giudizio. Un discorso del tutto analogo e` fatto per il set- tore pubblico dal D.Lgs. n. 165/2001, anche se i termini per l’espletamento sono leg- germente piu` ampi (novanta giorni). Xxxxxx, poiche´ il ten- tativo di conciliazione mono- cratica non ha avuto lo stesso riconoscimento legale ai fini della procedibilita` in giudizio, il lavoratore che intendesse agire per vedersi riconoscere le proprie rivendicazioni patri- moniali, dovra` ripetere il ten- tativo avanti alla commissione ex art. 410 c.p.c. Quanto appe- na detto, tuttavia, dovrebbe venir meno dopo l’approva- zione definitiva del c.d. ‘‘col- legato lavoro’’ (attualmente all’esame della Camera dei Deputati) che, tra le altre cose, abolira` il passaggio obbligato- rio avanti alla commissione provinciale ex art. 410 c.p.c. o in sede sindacale (art. 411 c.p.c.) per poter adire il giudi- ce ordinario. Piu` soggetti am- ministrativi pubblici e privati potranno agire quali concilia- tori o arbitri, sia pure su base facoltativa, per dirimere le controversie di lavoro (com- missione provinciale presso la Direzione del lavoro, sede sin- dacale, organismi di certifica- zione, sede arbitrale, ubicata presso vari organismi, ecc.): un unico tentativo di concilia- zione restera` obbligatorio e, comunque, propedeutico al ri- corso giudiziale: quello avanti alla commissione di certifica- zione avverso il contratto cer- tificato, previsto dall’art. 80 del D.Lgs. n. 276/2003.
Conciliazione in costanza
di visita ispettiva
L’ultimo comma dell’art. 11 traccia l’ipotesi della concilia- zione «contestuale» in costan- za di visita ispettiva: essa si concretizza allorquando nel corso dell’attivita` di vigilanza
l’ispettore ritenga (e qui il po- tere discrezionale appare evi- dente) che esistano tutti i pre- supposti per una soluzione conciliativa derivante, ad esempio, da differenze retribu- tive correlate a mancati versa- menti contributivi. Egli, acqui- sito il consenso delle parti (non e` sufficiente la richiesta di uno soltanto) informa la Di- rezione da cui dipende per l’attivazione della procedura che si svolge con le modalita` gia` esaminate con la «preven- tiva». La convocazione delle parti interrompe, fino alla con- clusione del tentativo, i termi- ni per le contestazioni e le no- tificazioni previsti dall’art. 14 della legge n. 689/1981.
La norma necessita, anche in
questo caso, di alcuni chiari- menti, anche alla luce dei sin- tetici chiarimenti apportati con la circolare n. 36/2009.
Quale e` l’organo abilitato ad iniziare la procedura per la conciliazione «contestuale»? Esso e` soltanto l’ispettore del- la Direzione del lavoro e non quello dell’Inps, dell’Inail o di altro Istituto previdenziale. La ragione e` semplice: il D.Lgs. n. 124/2004 quando parla di conciliazione mono- cratica si riferisce soltanto al primo.
Il secondo chiarimento concer- ne il significato da attribuire alla c.d. ‘‘conciliazione conte- stuale’’. Ad avviso di chi scri- ve, la stessa non ha natura pro- mozionale come, ad esempio, quella preventiva ove l’obietti- vo della Direzione provinciale del lavoro e` anche quello di evitare una visita su richiesta, favorendo una soluzione con- cordata, per concentrarsi sulle
c.d. ‘‘visite programmate’’. Qui, l’attivita` di vigilanza e` iniziata con l’accesso e l’ispet- tore sta acquisendo gli ele- menti probatori relativi alle violazioni riscontrate.
Il terzo riguarda il potere di- screzionale del personale ad- detto alla vigilanza: esso de- ve, in un certo senso, accerta- re che esistono buone possibi- lita` di giungere ad una solu- zione conciliativa ed, inoltre, dagli accertamenti gia` effet- tuati non debbono essere
emersi rilievi di carattere pe- nale che precludono la possi- bilita` di una conciliazione. Ovviamente, la conciliazione ‘‘contestuale’’ puo` riguardare uno o piu` dipendenti senza coinvolgerne la totalita`: cio` significa che, relativamente, alle altre posizioni non ogget- to di ‘‘possibile accordo’’, l’i- spezione continua ad avere il proprio corso. Ad avviso di chi scrive, l’ispettore che ha effettuato l’accesso, non deve prestarsi a ‘‘manovre diversi- ve’’ come quelle che potreb- bero verificarsi, ad esempio, nel caso in cui a fronte di un rapporto di lavoro ‘‘in nero’’, riscontrato, entrambe le parti (ovviamente, su sollecitazio- ne del datore) ritengano di do- ver seguire la strada della ‘‘conciliazione contestuale’’, il cui scopo, sovente neanche troppo nascosto, e` quello di evitare l’applicazione della ‘‘maxi-sanzione’’, gia` accer- tata. Del resto, tale orienta- mento lo si deduce, indiretta- mente, dalla circolare n. 36/ 2009 che, facendo, quale esempio, il caso dell’azienda che occupa un solo lavorato- re, afferma la possibilita` di una conciliazione contestuale (a prescindere dalla tipologia contrattuale utilizzata) «in re- lazione agli elementi di prova acquisiti in occasione del pri- mo accesso ispettivo ed alla loro capacita` di tenuta in un eventuale contenzioso ammi- nistrativo o giudiziario, qua- lora lo stesso non possa consi- derarsi in nero». Indubbia- mente, la frase un po’ ‘‘cripti- ca’’ adottata dall’Amministra- zione (come si fa, ad esempio, a valutare con una certa capa- cita` la tenuta in un eventuale contenzioso?) restringe, giu- stamente, il campo di applica- zione della ‘‘contestuale’’, la- sciando fuori i casi di ‘‘nero’’ accertati (es. mancanza della comunicazione anticipata al centro per l’impiego, mancata comunicazione preventiva al centro di contatto Inps - Inail, in caso di prestazioni occasio- nali ed accessorie, ecc.), men- tre, potrebbe, a determinate condizioni, portare a soluzio- ni conciliative per rapporti di
natura autonoma contestati in sede di accesso ispettivo e per i quali appare oltremodo difficoltosa l’acquisizione della certezza probatoria.
Il quarto chiarimento concerne l’inciso «acquisito il consenso delle parti interessate»: esso significa che il consenso del datore di lavoro scaturisce dal- la conoscenza del nominativo del lavoratore cui la possibile fattispecie conciliativa si rife- risce, non essendo possibile ottenere una disponibilita` alla transazione se non si conosce l’identita` della controparte.
Approfondimenti
Il quinto si riferisce alla moda- lita` di acquisizione del consen- so: nulla dice il Legislatore ma e` opportuno che lo stesso ven- ga acquisito per iscritto attra- verso una breve formula con cui si da` la disponibilita` al ten- tativo di conciliazione. Ad av- viso di chi scrive, l’ispettore dovra` verificare che il consen- so non sia, in un certo senso ‘‘carpito’’ al lavoratore al solo scopo di ‘‘sistemare’’ alcune situazioni concernenti, ad esempio, la qualificazione del rapporto, soprattutto se cio` av- viene non subito, ma dopo che siano stati accertati fondati elementi che portano al disco- noscimento. In questo caso, soprattutto perche´ ci si trova di fronte a situazioni spesso opinabili e contraddittorie, sa- rebbe opportuno effettuare se- rie riflessioni (ovviamente, ri- feribili al caso concreto) circa i termini e le modalita` per l’e- spletamento dell’eventuale conciliazione.
Con il sesto chiarimento si ri- tiene opportuno focalizzare il contenuto della relazione ispettiva. Si ritiene che lo stes- so debba essere preciso e pun- tuale e tale da focalizzare le si- tuazioni e gli elementi in base ai quali si ritiene fattibile l’ac- cordo conciliativo, consiglia- bile in tutte quelle situazioni nelle quali l’organo di vigilan- za non abbia trovato sufficien- ti elementi per giungere ad un disconoscimento del rapporto. In tal caso, dovra` prospettare la possibile soluzione sia al la- voratore che al datore di lavo- ro, acquisendone liberamente il consenso. La relazione, oltre
a mettere a conoscenza il Diri- gente della Direzione provin- ciale del lavoro sullo ‘‘stato effettivo dell’arte’’, deve rap- presentare lo strumento-base sul quale operera` il conciliato- re (se persona diversa dall’ad- detto che ha acquisito la vo- lonta` delle parti). In tale logica si puo`, quindi, ritenere che la discrezionalita` del Direttore circa la possibilita` di mettere a conciliazione o meno la con- troversia sia molto attenuata.
A chi va demandato il tentati- vo di conciliazione?
Approfondimenti
Qui non c’e` una regola precisa nel senso che ogni articolazio- ne periferica del Ministero del lavoro ha la propria struttura organizzativa, anche se, taluni, ritengono che sarebbe preferi- bile affidare il tentativo all’i- spettore che ha gia` contattato le parti. Ad avviso di chi scri- ve, sarebbe opportuno, invece, privilegiare chi, all’interno della struttura tratta, con auto- revolezza e capacita` mediato- ria, le conciliazioni monocrati- che, a prescindere sia dalla qualifica funzionale che dal- l’aver acquisito, in sede di ac- cesso ispettivo, il consenso delle parti.
L’ottavo chiarimento riguarda
l’ipotesi in cui le parti (anche una sola di esse) non si presen- tino o non addivengano ad un accordo: l’accertamento ispet- tivo riprende ed e` portato a ter- mine dallo stesso ispettore che l’aveva iniziato.
La nona considerazione scatu- risce dal raggiungimento del- l’accordo: qui si richiamano tutti i ragionamenti fatti allor- quando si e` parlato dell’accor- do in sede di conciliazione monocratica. Esso presuppone il pieno adempimento di quan- to concordato nell’atto transat- tivo, con la conseguenza che se, per una qualsiasi ragione, il datore di lavoro non onora, anche sotto il solo aspetto pa- trimoniale quanto concordato, l’accordo non e` efficace e l’i- spezione riprende, relativa- mente a quel lavoratore il suo
cammino. E` appena il caso di
sottolineare come, in caso di pagamento con «cadenze ra- teali», il datore di lavoro deb-
ba comunicare, alle scadenze prestabilite, alla Direzione provinciale del lavoro (al fun- zionario che ha conciliato) il versamento delle somme stabi- lite.
Diffida accertativa per crediti patrimoniali
e conciliazione
L’argomento della conciliazio- ne monocratica a seguito di diffida accertativa viene tratta- to dalla circolare n. 36/2009 soltanto di sfuggita, con un ri- chiamo al precedente indirizzo amministrativo espresso nel 2004 con la circolare n. 24, laddove si sottolineava che la stessa non produceva alcuna efficacia estintiva sul procedi- mento ispettivo e sugli aspetti sanzionatori ex lege n. 689/ 1981.
Senza entrare nel merito speci- fico dell’istituto e sui problemi correlati alla sua completa at- tuazione ed ai riflessi giuridici, va ricordato come lo stesso consenta al personale ispettivo delle Direzioni provinciali del lavoro di diffidare il datore di lavoro alla corresponsione, en- tro un termine prefissato, di compensi economici, a titolo di credito patrimoniale (certi, concreti ed esigibili), dovuti ai lavoratori a seguito dello svolgimento di un rapporto, anche di natura autonoma: in quest’ultimo caso la circolare
n. 24/2004 del Ministero del lavoro ha precisato che vanno calcolati soltanto i compensi oggettivamente predeterminati e che non necessitano, ai fini della commisurazione, di alcu- na valutazione di carattere di- screzionale.
Il datore di lavoro oggetto di diffida che non ritenga di do- ver adempiere al provvedi- mento dell’ispettore puo` pro- muovere entro trenta giorni dalla notifica un tentativo di conciliazione presso la Dire- zione provinciale del lavoro: questo dice la norma, rispetto alla quale il Ministero del la- voro, con la circolare n. 24/ 2004, ha ritenuto che lo stesso
«in considerazione delle carat- teristiche e delle finalita` dell’i- stituto, debba essere effettuata con le modalita` procedurali previste dall’art. 11».
Detto questo e fermo restando che in dottrina si e` ritenuto che la sede della conciliazione piu` consona sarebbe dovuta essere quella della Commissione pro- vinciale ex art. 410 c.p.c., si puo` osservare come la conci- liazione monocratica ex art. 12, comma 2, sia completa- mente diversa, per molti aspet- ti, da quella prevista dall’art. 11:
a) la convocazione delle parti non e` su iniziativa dell’Ufficio ma su richiesta del datore di lavoro diffidato;
b) l’accordo raggiunto ha co- me conseguenza la perdita di efficacia della diffida accerta- tiva, con la conseguenza che le rinunzie e le transazioni economiche risultanti a verba- le sono inoppugnabili;
c) sotto l’aspetto previdenzia- le, come chiarito dalla circola- re n. 24/2004, a differenza di cio` che si e` detto con la conci- liazione susseguente all’art. 11, i contributi ed i premi van- no parametrati agli importi re- tributivi ex art. 1 della legge n. 389/1989, cosa che comporta l’applicazione sia delle even- tuali sanzioni civili che degli interessi legali;
d) la conciliazione monocrati- ca susseguente alla diffida ac- certativa non produce alcuna estinzione del procedimento ispettivo che continua il pro- prio corso.
Errata qualificazione del rapporto
Mancata iscrizione a libro unico e applicazione della maxi sanzione
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx - Avvocato
La mancata iscrizione a libro unico del lavoratore non e` ele- mento sufficiente per l’appli- cazione della maxi sanzione per lavoro nero, se la presenza del lavoratore risulta da altra documentazione aziendale quale il modello 770, certifica- zione unica del sostituto di im- posta per le prestazioni occa- sionali o altra documentazione obbligatoria.
A tali conclusioni e` giunta la Direzione regionale del lavoro della Lombardia ed in partico- lare il Comitato regionale per i rapporti di lavoro di Milano pronunciandosi (delibera 393/ 2009 del settembre 2009) su un ricorso in xxx xxxxxxxxxxxx- xx esperito in contestazione di un verbale ispettivo della Dpl di Milano.
Il verbale impugnato dispone- va l’applicazione delle maxi sanzioni per il lavoro nero ad una azienda in cui veniva rile- vata la presenza di un lavora- tore privo di iscrizione a libro unico e per cui non era inter- venuta alcuna comunicazione di assunzione, riconosciuto dall’ente come lavoratore su- bordinato, ma risultante da modello 770 come lavoratore occasionale.
Si rammenta che le maxi san- zioni comminate dagli Enti ispettivi in caso di ‘‘lavoro ne- ro’’ sono particolarmente gra- vose.
Infatti, in caso di impiego di lavoratori non risultanti da scritture obbligatorie si preve- de l’applicazione di una maxi sanzione pari ad una somma da 12.000 oltre ad euro 150 per ogni giorno di lavoro svol- to. Inoltre la stessa norma pre- vede l’applicazione di una
sanzione civile, per il mancato versamento dei contributi pari da euro 3.000 anche per un so- lo giorno di prestazione.
Oltre a prevedere l’applicazio- ne di sanzioni economiche particolarmente onerose si puo` giungere alla sospensione della attivita`, in caso di pre- senza, presso il cantiere/appal- to, di forza lavoro non regola- rizzata pari al 20% dell’intera forza lavoro occupata.
Con l’entrata in vigore del de- creto 9 luglio 2008 e la conse- guente piena operativita` del li- bro unico del lavoro erano in- tervenute posizioni contrastan- ti in merito alla applicazione o meno della maxi sanzione in caso di rapporti di lavoro non risultanti dal libro unico.
Infatti, con l’istituzione di quest’ultimo tutti i rapporti di lavoro sia di natura subordina- ta che di natura autonoma do- vrebbero risultare dall’iscrizio- ne nel libro unico.
Su questo presupposto alcuni servizi ispettivi tendevano ad applicare le maxi sanzioni in tutti i casi in cui la presenza del lavoratore non risultava dalla iscrizione nel libro uni- co.
Prestazioni occasionali risultanti
dal Mod. 770
Si poneva pero` il problema delle prestazioni occasionali, non risultanti dal libro unico ma risultanti dal modello 770. In caso di prestazione occasio- nale, infatti, il rapporto di la- voro pur non risultando dal li-
bro unico risulta da altre scrit- ture obbligatorie.
Approfondimenti
In particolare nel caso sottopo- sto all’esame dell’Organismo ministeriale lombardo il lavo- ratore pur non risultando dal libro unico risultava dal mo- dello 770 aziendale, in quanto, remunerato con ritenute di ac- conto per prestazioni occasio- nali.
Il Comitato regionale per i rap- porti di lavoro della Lombar- dia, dopo la disamina del ri- corso esperito dall’azienda, ri- teneva non sussistenti i pre- supposti per l’applicazione della maxi sanzione per i pe- riodi in cui l’esistenza del rap- porto risultava comunque, an- che per pochi giorni, dalla di- chiarazione di cui al modello 770.
Si rammenta che il Comitato regionale per i rapporti di la- voro e` l’organismo costituito all’interno delle Direzioni re- gionali del lavoro cui e` de- mandato, dal D.Lgs. n. 124 del 2004, il compito di decide- re in merito alle contestazioni o notificazioni di illecito am- ministrativo delle Direzioni provinciali del lavoro, le oppo- sizioni in via amministrativa alle ordinanze ingiunzioni del- le Direzioni provinciali del la- voro, le opposizioni ai verbali di accertamento Inps, Inail e di altri Enti previdenziali per i quali sussiste la contribuzio- ne obbligatoria, che riguardino la qualificazione o la sussi- stenza di rapporti di lavoro.
Esso e` composto dal Direttore
della Direzione regionale del lavoro che lo presiede, dal Di- rettore regionale dell’Inail e dal Direttore regionale del- l’Inps ed e`, pertanto, di note-
vole portata il potere di indi- xxxxx di detto organo.
Il Comitato regionale per i rap- porti di lavoro della Lombar- dia ha ritenuto di applicare la maxisanzione solo ai casi piu` gravi, ovvero, in quei casi in cui si ravveda un intento dolo- so del datore di lavoro nel vo- lere occultare l’esistenza del rapporto, intento doloso ri- scontrabile esclusivamente nei casi in cui la presenza del rapporto non risulta da nessun tipo di scrittura obbligatoria.
Omissione contributiva
Approfondimenti
La posizione assunta dalla Drl Lombarda, in verita`, sembra riprendere un indirizzo gia` for- nito dalla Magistratura ambro- siana in materia di omissione ed evasione contributiva.
Il Tribunale di Milano, infatti, ha piu` volte escluso, pronun- ciandosi in materia previden- ziale, la sussistenza dell’eva- sione contributiva in tutti i casi in cui non sia ravvisabile una chiara volonta` del datore di la- voro di occultare l’esistenza del rapporto.
Il sistema sanzionatorio previ- denziale, come quello applica- to dalle Direzioni provinciali del lavoro, prevede l’irroga- zione di sanzioni piu` o meno gravi a seconda che ci si trovi dinanzi a fattispecie in cui il debito e` completamente occul- tato piuttosto che a fattispecie in cui il mancato versamento contributivo e` dovuto a man- canza di fondi, errori di quali- ficazione del rapporto di lavo- ro o discordanti interpretazioni giurisprudenziali.
Sanzioni
La legge n. 388/2000 prevede, infatti, un differente sistema di gradazione delle sanzioni civi- li volte a punire il mancato versamento di contributi o pre- mi. Per stabilire la tipologia di sanzione e l’entita` della stessa assume rilevante importanza la distinzione tra evasione ed omissione contributiva.
L’evasione contributiva viene ad intervenire nelle fattispecie piu` gravi, ovvero, quando ci
troviamo dinanzi ad un com- portamento finalizzato ad oc- cultare l’esistenza del rapporto di lavoro. In dette fattispecie la normativa prevede l’applica- zione di una sanzione civile del 30% dell’importo dovuto e non corrisposto, applicato in ragione d’anno, con una so- glia minima di sanzione pari ad euro 3.000. La semplice omissione contributiva viene invece riscontrata in tutti quei casi in cui vi sono mancati o tardivi pagamenti comunque risultanti dalle scritture obbli- gatorie o rapporti di lavoro la cui esistenza e` comunque rile- vabile dalle scritture obbliga- torie.
In caso di omissione contribu- tiva la sanzione civile applica- ta e` molto meno elevata rispet- to alla evasione ed e` pari al tasso ufficiale di sconto au- mentata di una percentuale pa- ri al 5,5%.
La giurisprudenza ha teso, si- no ad oggi, ad escludere fatti- specie piu` gravi nei casi in cui dal contegno del datore di lavoro non si riscontri un com- portamento doloso volto ad occultare fraudolentemente il rapporto di lavoro.
La recente giurisprudenza ha ritenuto di escludere la presen- za di un comportamento dolo- so in tutti i casi in cui la sussi- stenza del rapporto di lavoro, anche se qualificato erronea- mente, e` comunque rinvenibile dalle scritture obbligatorie, uniformandosi, cos`ı, al dettato dell’art. 116 della legge n. 388/2000.
In particolare il Tribunale di Milano, gia` piu` volte, si e` pro- nunciato sul versante contribu- tivo escludendo l’applicazio- ne, da parte dell’Inps, delle sanzioni previste per evasione contributiva, nei casi di errata qualificazione del rapporto di lavoro (subordinato/autono- mo).
La giurisprudenza ambrosiana ritiene, infatti, applicabile la fattispecie piu` grave della eva- sione contributiva nei soli casi di ‘‘lavoro nero’’, ovvero, co- me specificato nelle sentenze, quando la presenza del lavora- tore non risulta da alcuna scrit- tura obbligatoria (1).
La posizione assunta dal Tribu- nale di Milano si rifa`, in verita`, al contenuto stesso dell’art. 116, comma 15 della legge n. 388/2000 il quale modificando un precedente indirizzo norma- tivo ritiene sussistente la fatti- specie piu` grave solo ‘‘in caso di comportamento doloso del datore di lavoro che occulta fraudolentemente il rapporto di lavoro in essere’’.
Prima della emanazione della legge n. 388/2000 veniva ap- plicato dagli Enti previdenziali un criterio di distinzione tra omissione ed evasione contri- butiva molto piu` rigido.
Infatti, l’Inps per escludere la fattispecie della evasione con- tributiva riteneva che non fos- se sufficiente che la presenza del rapporto in contestazione risultasse semplicemente da una scrittura obbligatoria, ma richiedeva che dalle scritture obbligatorie risultasse in modo evidente e completo il debito contributivo e che l’obbligo contributivo risultasse sia dal libro paga che dal DM10.
L’Ente, ante riforma, sostan- zialmente riteneva rientranti nella semplice omissione con- tributiva esclusivamente i casi di mancato versamento, per mancanza di fondi, ma in pre- senza di tutte le denuncie ob- bligatorie in grado di determi- nare l’esistenza e l’ammontare del debito contributivo, mentre faceva rientrare nella evasione contributiva tutte le altre fatti- specie, ivi compresa l’errata qualificazione del rapporto.
A questa posizione rigida del- l’ente si affiancavano discor- danti posizioni giurispruden- ziali interpretative della nor- mativa antecedente alla ema- nazione della legge n. 388/ 2000.
Infatti, l’interpretazione della previgente normativa (ovvero l’art. 1, comma 217, della leg- ge n. 662/1996) aveva portato due diversi indirizzi della Cas- sazione, uno che vedeva la fat-
Nota:
(1) Tribunale di Milano - Dr.ssa Beccarini sent. 3585/08 del 24 giugno 2008, confr. Tribunale di Milano - Dr. Xxxxxxx sent. 1518/08 del 10 dicem- bre 2008.
tispecie sanzionatoria piu` gra- ve nei soli casi in cui la pre- senza del lavoratore non risul- tava dal alcun documento ob- bligatorio (in tal senso Cass. n. 533/2003 e Cass. n. 14727/2003) l’altro che ritene- va applicabile la sanzione piu` lieve nei soli casi di mancato versamento di contributi inte- ramente dichiarati (in tal senso Cass. n. 1552/2003 e Cass. n. 5386/2003).
Sull’argomento erano interve- nute anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, n. 4808 del 7 marzo 2005, che pur aderendo all’orientamento piu` restrittivo e propendendo per la fattispecie della xxxxxx- ne, prendevano atto del fatto che dall’entrata in vigore della legge n. 388/2000 la sanzione piu` grave potesse intervenire nei soli casi di evasione inten- zionale e fraudolenta.
Infatti le Sezioni Unite sulla
novella norma chiarivano che
«l’art. 116, commi 8 ss., della legge n. 388/2000, il quale, nel modificare la normativa precedente, configura la fatti- specie dell’evasione contribu- tiva in termini diversi e piu` fa- vorevoli al datore di lavoro. Ed infatti, detta norma - come emerge dal testo sopra riporta- to - dopo aver reiterato la pre- cedente dizione (... in caso di evasione connessa a registra- zioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero
...), specifica, diversamente che in passato, la circostanza secondo cui e` legittimo parlare di evasione solo ... nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare contributi o premi, oc- culta il rapporto di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate ..., fornendo oggi un criterio discretivo ben piu` net- to tra la pura e semplice moro- sita` e l’evasione vera e pro- pria, ed attribuendo per la pri- ma volta rilievo decisivo allo specifico elemento intenziona- le dell’evasore, assente nel te- sto previgente». Partendo da dette considerazioni il Foro milanese ha piu` volte ribadito che l’errata qualificazione del rapporto di lavoro nonche´ in tutti i casi in cui la presenza
del lavoratore risulti da scrittu- re obbligatorie non possa ri- scontrarsi, salvo prova contra- ria, «quell’intenzione specifica del datore di lavoro di occulta- mento del rapporto» necessa- ria per ritenere applicabile la fattispecie della evasione pre- vista dalla novella introdotta dalla legge n. 388/2000.
Sicuramente dovrebbe esclu- dersi quell’intento fraudolento di occultamento del rapporto richiesto dalla legge n. 388/ 2000 nei casi in cui il rapporto di lavoro in contestazione ri- sulti dalla certificazione dei compensi per prestazioni occa- sionali e dal modello 770, quand’anche vi sia una errata qualificazione del rapporto.
A dette conclusioni non si puo` che giungere seguendo l’indi- xxxxx fornito dalle sentenze di merito sopra esposte e sempre seguendo la suesposta inter- pretazione fornita in materia contributiva dalla giurispru- denza di merito, parallelamen- te, non puo` che escludersi al- tres`ı l’applicazione delle maxi sanzioni per il lavoro nero nel- le medesime fattispecie.
Esclusione
della maxi sanzione
Aderendo a detto indirizzo il Comitato regionale per i rap- porti di lavoro presso la Dire- zione regionale del lavoro Lombardia ha ritenuto, an- ch’essa, quindi, di escludere l’applicazione della maxi san- zione prevista dal D.Lgs. n.
124 del 23 aprile 2004 per
«il lavoro nero» nei casi in cui il rapporto di lavoro risulti comunque dal modello 770 e dalle certificazioni dei com- pensi soggetti a ritenuta d’ac- conto anche in assenza di iscrizione del lavoratore a li- bro unico.
La posizione espressa costrin- gera`, ovviamente, per il futuro, gli enti ispettivi allo svolgi- mento di indagini piu` appro- fondite che non potranno limi- tarsi alla verifica della presen- za dei lavoratori sul Lul (Libro unico del lavoro) ma dovra` es- sere oggetto di verifica da par- te dell’Ente al fine della appli-
cazione delle maxi sanzioni anche il modello 770.
Controllo, quest’ultimo, fina- lizzato alla verifica della pre- senza o meno di eventuali cer- tificazioni dei compensi.
Durante la verifica problemi, pero`, potranno sorgere in me- rito alle prestazioni occasiona- li relative all’anno in corso per cui la denuncia sul modello 770 avverra` solo l’anno suc- cessivo.
Approfondimenti
In questo caso e` di fatto impe- dita al datore di lavoro la risul- tanza da scritture obbligatorie e contestualmente all’Ente una compiuta verifica dell’an- no in corso.
Utilizzo
dei Voucher
L’attivita` ispettiva potra` pero` essere semplificata, per alcune attivita`, dalla diffusione del si- stema dei Voucher per le pre- stazioni occasionali accesso- rie, in quanto la presenza del lavoratore, in datti casi, non ri- sultera` piu` solo dalla certifica- zione dei compensi o dal mo- dello 770, ma anche dai dati presenti presso gli enti, con- nessi con l’utilizzo del Vou- cher.
Le prestazioni occasionali di tipo accessorio disciplinate da- gli articoli dal 70 al 73 del de- creto legislativo n. 276/2003 vengono definite come quelle
«attivita` lavorative di natura
meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclu- sione sociale o comunque non ancora entrati nel mondo del lavoro, ovvero in procinto di uscirne» (art. 70, comma 1). L’articolo 70 prevede che la ti- pologia di prestazione in esa- me possa trovare applicazione nei seguenti settori:
a) piccoli lavori domestici a carattere straordinario, com- presa l’assistenza domiciliare ai bambini e alle persone an-
xxxxx, ammalate o portatrici di handicap;
b) insegnamento privato o supplementare;
c) piccoli lavori di giardinag- gio, nonche´ di pulizia e manu- tenzione di edifici e monu- menti;
d) realizzazione di manifesta- zioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
e) collaborazione con enti pubblici e associazioni di vo- lontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamita` o eventi naturali improvvisi, o di solidarieta`.
Approfondimenti
Le attivita` lavorative su elen- cate costituiscono prestazioni occasionali di tipo accessorio solo se il rapporto ha una dura- ta complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’an- no solare con compensi non superiori a 3 mila euro sempre nel corso di un anno solare a condizione che l’attivita` venga svolta da particolari categorie di lavoratori.
In particolare rientrano tra co- loro che possono svolgere det- to tipo di attivita`, disoccupati da oltre un anno; casalinghe, studenti e pensionati; disabili e soggetti in comunita` di recu- pero; lavoratori extracomuni- tari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successi- vi alla perdita del lavoro.
Quando il predetto strumento sara` a regime integrera` l’attua- le sistema delle ritenute di ac-
conto prevedendo che il paga- mento della prestazione occa- sionale non venga piu` effettua- to direttamente al lavoratore, ma possa essere effettuato esclusivamente mediante vou- cher che, come esplicitato nella circolare Inps n. 104 del 1º di- cembre 2008, xxxx` comprensi- vo della contribuzione a favore della gestione separata Inps in misura del 13%, della contri- buzione a favore dell’Inail in misura del 7% e di una quota pari al 5% in favore della ge- stione del servizio. L’importo del Voucher potra` essere ri- scosso dal prestatore di lavoro direttamente presso gli sportel- li Inps. Quindi, in detti casi, la presenza del lavoratore non ri- sultera` piu` solo dal modello 770 e dalle certificazione dei compensi, ma risultera` agli enti grazie all’utilizzo del sistema Voucher per le prestazioni oc- casionali accessorie.
Pertanto, l’esistenza del rap- porto risultante da scritture ob- bligatorie, in caso di lavoro occasionale accessorio, sara` immediatamente riscontrabile al primo accesso ispettivo, grazie ad una attivita` di coor- dinamento tra gli uffici.
Infatti, la corresponsione del compenso al lavoratore non ri- sultera`, come avviene oggi per le mere prestazioni occasiona- li, da una scrittura obbligato- ria che viene predisposta ed inviata in modo differito ri- spetto alla erogazione del compenso (mod. 770), ma ri- sultera` immediatamente al momento del pagamento del compenso, in quanto quest’ul- timo verra` corrisposto per mezzo di un Voucher da in- cassarsi direttamente presso l’Inps e che contiene in esso anche dei versamenti contri- butivi e assicurativi con i rela- tivi estremi.
Quindi, mentre allo stato at- tuale il modello 770 viene ef- fettuato l’anno successivo al pagamento della prestazione e conseguentemente puo` acca- dere che al momento dell’ac- cesso sia presente la sola co- municazione della ritenuta di acconto del lavoratore, con l’utilizzo del Voucher, la pre- senza del lavoratore sara` de- nunciata agli enti e risultera` da scritture obbligatorie, con- testualmente allo svolgimento della prestazione al pagamento della stessa.
Revisione della disciplina
Comunicazioni obbligatorie e previdenza complementare
Xxxxx Xxxxx - Pubblicista economico specializzato nella previdenza integrativa
Uno dei principali obiettivi che la normativa primaria e se- condaria in materia di previ- denza integrativa pongono e` quello di una partecipazione ‘‘consapevole’’ dell’iscritto sia in fase di adesione che nel ‘‘durante’’ del percorso pensionistico. Va infatti osser- vato da un lato come i fondi pensione siano strutturati dal punto di vista finanziario sulla capitalizzazione dei contributi versati con un trasferimento di risparmio nel tempo, con la difficolta` di individuare un obiettivo previdenziale che e` distale (lontano nel tempo) e non prossimale (tangibile ed immediato) ed un sostanziale trasferimento di rischio nei confronti dell’aderente; non va poi sottaciuto come il pe- riodo senile e` quello in cui ci si trovera` con ridotte capacita` lavorative e in situazione di maggior bisogno. D’altro can- to il partecipante al fondo sara` in grado di valutare la bonta` della scelta compiuta soltanto al momento in cui gli sara` ero- gata la prestazione pensionisti- ca complementare, che e` l’ubi consistam dell’obbligazione assunta dal fondo, quando xxxx` lo stesso partecipante avra` gia` adempiuto in toto alle proprie obbligazioni consistenti nel versamento delle contribuzioni nella fase di accumulazione. Diventa allora di fondamentale importanza una reale consape- volezza (e auspicabilmente una adeguata competenza tec- nica) dell’aderente nel mo- mento in cui sottoscrive il pia- no pensionistico ma anche nel ‘‘durante’’ per apportare even- tuali correttivi. Il nostro ordi- namento prevede a tal fine
che le forme pensionistiche complementari (fondi pensio- ne negoziali, fondi pensione aperti, Pip) devono provvede- re a fornire una dettagliata e di facile comprensione informati- va ai potenziali aderenti e agli iscritti alla previdenza integra- tiva al fine di mettere i primi in condizione di effettuare scelte consapevoli e i secondi di fare adeguati raffronti sui ri- sultati attesi e su quelli che so- no stati ottenuti ed eventual- mente di valutare l’opportunita` di cambiare forma o tipologia di investimento.
Documentazione contrattuale
Il corredo informativo contem- plato dalla disciplina primaria e regolamentare si configura in primo luogo nel Regola- mento, documento redatto sul- la base di uno schema standard (deliberato dalla Covip il 31 ottobre 2006) e sottoposto al- l’approvazione della medesi- ma Autorita` di Xxxxxxxxx, che contiene le caratteristiche e le regole di funzionamento dei fondi pensione aperti e dei pia- ni pensionistici individuali di tipo assicurativo.
Altro documento che deve es- sere elaborato dalle forme pen- sionistiche complementari e` la Nota informativa. Essa si arti- cola in una Scheda sintetica in cui si presenta il fondo pen- sione/Pip con la specifica delle caratteristiche e la presentazio- ne dell’Indicatore sintetico di costo, nelle Informazioni sul- l’andamento della Gestione, in un Glossario e nella indica- zione dei soggetti coinvolti nell’attivita` della forma pen-
sionistica complementare. Bre- ve parentesi esplicativa sull’In- dicatore sintetico dei costi: si propone, attraverso l’espres- sione di un unico valore dell’o- nerosita`, di fornire la finalita` di consentire la comparabilita` tra le proposte di investimento presenti all’interno di uno stes- so fondo pensione o tra le di- verse tipologie di fondi. Viene calcolato in maniera analoga per tutte le forme di previdenza integrativa ed e` la risultante della differenza tra il tasso in- terno di rendimento di un pia- no di accumulo senza costi e di uno comprensivo dei costi. L’indice viene calcolato per quattro diversi periodi di per- manenza nel fondo pensione (2, 5, 10, 35 anni), date le ipo- tesi di un versamento costante di 2.500 euro annui e un tasso di rendimento nominale lordo del 4%. In ottica di trasparenza di mercato, sul sito della Covip (www.covip) sono pubblicati gli Isc di tutte le forme previ- denziali.
Fondi pensione
Comunicazioni periodiche
agli iscritti
Con riferimento a tale profilo va evidenziato come sia stato posto in pubblica consultazio- ne, fino al prossimo 20 dicem- bre, un interessante ed utile Documento Covip avente ad oggetto Disposizioni in mate- ria di comunicazioni agli iscritti. L’obiettivo e` quello di rivedere l’assetto comples- sivo delle previsioni in materia di trasparenza dei fondi pen- sione nei rapporti con gli iscritti, disciplinate fino ad og-
gi dalla deliberazione Covip del 10 febbraio 1999 e dalle
circolari del 22 gennaio 2008
Fondi pensione
e del 24 febbraio 2009, recanti indicazioni in materia di co- municazione periodica dei Pip. Come si legge nella Rela- zione di accompagnamento, il metodo di intervento per la re- visione della disciplina e` quel- lo di mettere a disposizione dell’aderente strumenti, il piu` possibile snelli, di chiarezza e trasparenza (significativo il ri- chiamo all’utilizzo della lin- gua italiana con la necessita` di esplicitare il significato di eventuali termini inglesi). In relazione agli obiettivi specifi- ci di ciascuna tipologia di co- municazione, sono state per- tanto valutate le informazioni che devono essere fornite e la relativa rappresentazione, cos`ı da perseguire un duplice obiet- tivo: da un lato offrire agli in- teressati un quadro chiaro di riferimento mettendo a loro di- sposizione informazioni essen- ziali, puntuali, ordinate e che non risultino, per il loro conte- nuto, di difficile comprensione (e dunque equivoche) e allo stesso tempo evitare un ecces- so di informativa che possa tradursi in scarsa trasparenza, oltre che in un inutile aggravio di costi a carico delle forme pensionistiche complementari. Le Disposizioni sono struttura- te in tre parti:
1) comunicazione periodica;
2) comunicazione in caso di erogazione di prestazioni;
3) altre informative in corso d’anno.
1) La comunicazione periodi- ca: si conferma la ricorrenza temporale di cui alle Disposi- zioni Covip del 10 febbraio 1999 recante Disposizioni in materia di trasparenza dei fondi pensione nei rapporti con gli iscritti che prevedono che debba essere predisposta una comunicazione periodica con cadenza annuale (riferita ad un periodo coincidente con l’ultimo esercizio) la cui finalita` e` quella di informare gli iscritti sull’andamento del- la gestione complessiva del fondo pensione e sugli aspetti relativi alla propria posizione
individuale. L’estratto conto deve essere trasmesso agli iscritti entro tre mesi dalla data di chiusura dell’esercizio (nel- la generalita` dei casi quindi entro il 31 marzo).
Nel caso dei Pip (Piani indivi- duali di previdenza) si preve- de, invece, che la comunica- zione periodica dovra` essere inviata secondo quanto previ- sto da ciascun prodotto nella Nota informativa e laddove ta- le documento non riporti indi- cazioni al riguardo deve essere inviata entro tre mesi dalla chiusura dell’esercizio.
Il Documento Covip in con- sultazione aggiorna poi le istruzioni relative all’informa- tiva periodica da trasmettere agli aderenti che trovano ap- plicazione per i fondi pensione negoziali, i fondi pensione aperti e i Pip; costituiscono inoltre un utile punto di riferi- mento per le forme pensioni- stiche preesistenti a contribu- zione definita; l’obiettivo pri- xxxxx e` quello di rendere con- to all’aderente dell’evoluzione del suo piano previdenziale. La Parte Prima della comuni- cazione e` composta da tre se- zioni. La prima e` quella dei Dati identificativi, in cui ven- gono preliminarmente eviden- ziati i dati e le notizie riguar- danti l’identificazione dell’a- derente; vi e` poi quella dei Da- ti riepilogativi in cui vengono indicati, per l’anno di riferi- mento, il valore della posizio- ne individuale maturata, il ri- sultato netto di gestione e il Ter (Total expense ratio) ri- guardanti la linea (o le linee) di investimento cui l’aderente partecipa. I dati vengono svi- luppati nella ‘‘Sezione 3. Posi- zione individuale maturata’’ in cui si da` in primo luogo conto della composizione e del valo- re della posizione individuale maturata alla fine dell’anno di riferimento, si opera il con- fronto con quanto risultante al- la fine dell’anno precedente, e viene fornito il dettaglio delle operazioni effettuate in corso d’anno.
Vi sono poi informazioni di
dettaglio sulla linea di investi- mento scelta: il rendimento conseguito, la spiegazione del-
l’andamento della gestione nel- l’anno, la serie dei rendimenti degli ultimi 3, 5 e 10 anni rap- portati ai relativi benchmark. Vi e` poi una Parte Seconda del- la comunicazione, dedicata alle informazioni generali, in cui vanno riportate le variazioni che, nel periodo di riferimento, hanno interessato la forma pen- sionistica (laddove non abbia- no gia` costituito oggetto di ap- posita comunicazione indivi- duale), nonche´ quelle ulteriori informazioni che devono esse- re diffuse agli aderenti sulla ba- se di specifiche indicazioni che la Covip ha fornito in corso d’anno.
2) Comunicazione in caso di erogazione di prestazioni: tale parte e` del tutto innovativa e ri- sponde all’esigenza di dettare regole uniformi in ordine alle informazioni da rendere agli in- teressati nei casi di erogazione di prestazioni previsti dalla nor- mativa, cos`ı da evitare compor- tamenti di scarsa trasparenza da parte delle forme pensionistiche nei rapporti con gli iscritti. In relazione a cio`, per i casi di ri- scatto (totale o parziale), antici- pazione della posizione indivi- duale maturata, trasferimento ad altra forma pensionistica complementare, liquidazione in forma capitale nel caso di raggiungimento dell’eta` pensio- nabile, e` stato delineato uno Schema di prospetto che ha la funzione di mettere a disposi- zione dell’interessato tutti gli elementi utili per ricostruire la determinazione dell’importo li- quidato, o trasferito, a partire dalle informazioni riportate nel- l’ultima comunicazione perio- dica ricevuta ovvero, se succes- siva, dalla data di iscrizione alla forma pensionistica.
Nei casi che comportano la cessazione del rapporto di par- tecipazione alla forma pensio- nistica (trasferimento) o l’usci- ta dal sistema della previdenza complementare (riscatto totale o liquidazione in forma capita- le nell’ipotesi di raggiungi- mento dell’eta` pensionabile), all’interessato viene altres`ı for- nita la rendicontazione analiti- ca della sua situazione perso- nale.
3) Altre informative in corso d’anno: l’ultima parte delle Disposizioni riguarda le altre informative da trasmettere in corso d’anno in ordine ai con- tributi versati e all’andamento della quota.
Progetto Esemplificativo
Fondi pensione
Altro fondamentale documen- to informativo e` il Progetto Esemplificativo, concepibile come una sorta di ‘‘bussola previdenziale’’. La finalita`, quasi ‘‘simulando un viaggio nel tempo’’, e` quella di fornire una stima dell’evoluzione fu- tura della posizione individua- le e dell’importo della presta- zione pensionistica attesa, co- s`ı da consentire al risparmia- tore di valutare la rispondenza
delle possibili scelte alternati- ve rispetto agli obiettivi di co- pertura pensionistica che vuo- le conseguire. Quindi «co- scienza e volonta`» sia nella fa- se di pianificazione previden- ziale che nell’indispensabile momento di controllo «nel du- rante», cos`ı come evidenziato dalla stessa Covip, che sottoli- nea la finalita` del favorire il monitoraggio da parte degli aderenti stessi della rispon- denza del risultato atteso ri- spetto al fabbisogno di coper- tura pensionistica integrativa che si vuole soddisfare e l’e- ventuale modifica (es. switch, riallocazione strategica e tatti- ca di portafoglio) nel tempo delle scelte originariamente effettuate. Previsto con le di- sposizioni contenute nel Re- golamento Covip del 31 gen-
naio 2008, il Progetto Esem- plificativo e` entrato in vigore dal 1º luglio 2008 e deve esse- re obbligatoriamente conse- gnato al potenziale sottoscrit- tore nella ‘‘versione standar- dizzata’’ da parte del soggetto distributore e reso disponibile sul web da parte di tutti i fondi pensione e le societa` istitutrici di forme di previdenza com- plementare. Si prevede poi l’invio al risparmiatore di un Progetto personalizzato insie- me con le altre comunicazioni obbligatorie annuali; quest’a- dempimento era inizialmente previsto per la prima volta en- tro fine marzo del 2009; la Covip, con circolare del 24 febbraio 2009 ha posticipato l’obbligo al 2010 rendendolo facoltativo per l’anno in cor- so.
tificare l’importo della pensione complementare attesa e di simulare l’effetto delle diverse scelte contributive e
finanziarie, modificando alcune ipotesi in modo da personalizzare il prospetto.
● Web: deve essere disponibile sui siti web dei soggetti istitutori di forme pensionistiche; consente di quan-
● Personalizzato: dal 2010 e` previsto l’obbligo di invio annuale del progetto personalizzato agli aderenti al
fondo/Pip, assieme alla comunicazione periodica. Consente di valutare se il proprio piano previdenziale e` in
linea con i propri obiettivi di integrazione pensionistica e di monitorare nel tempo l’evoluzione del piano pre- videnziale per apportare eventuali modifiche. Offre un responso in relazione a una serie di variabili come i dati relativi all’iscritto (eta`, sesso, a quanto ammonta la contribuzione, profilo di investimento scelto dall’aderente) e quelli relativi al fondo pensione (costi nella fase di accumulazione, che variano da fondo a fondo e della tra- sformazione in rendita pari all’1,25%, basi tecniche per il calcolo della rendita che comunque si cerchera` di uniformare). Oltre ad una serie di ipotesi definite da Covip: che stima la crescita della retribuzione dell’indi- viduo all’1% al netto dell’inflazione, a sua volta stimata crescere del 2% all’anno. La stima e` dunque fondata su informazioni relative all’iscritto (ad esempio, dati anagrafici, livello di contribuzione, profilo di investimento scelto), su informazioni proprie della forma pensionistica (ad esempio, livello dei costi applicati) e su ipotesi indicate dalla Covip (ad esempio, rendimenti attesi, basi tecniche utilizzate nella fase di erogazione).
● Standardizzato: per tutte le adesioni successive al 1º luglio 2008, viene consegnato all’aderente insieme
alla Nota Informativa della forma pensionistica prescelta, e contiene delle stime appunto «standardizzate» della
pensione complementare. elaborata su tipologie standard di lavoratori predefinite dalla Covip (30enni, 40enni o 50enni, con diversi livelli di contribuzione annua pari a 1500, 2500 e 5000 euro); si assume che il rendimento obbligazionario sia pari al 2% annuo mentre l’azionario ammonti al 4% annuo in termini reali e al netto della tassazione.
Tipologie di Progetto Esemplificativo
12 novembre 2009
Rassegna interpelli
Societa` in nome collettivo
Iscrizione di soci di Snc alla gestione per commercianti
Il fatto che i soci di Snc partecipino all’attivita` lavorativa aziendale con carattere di abitualita` e prevalenza costituisce una condizione necessaria ai fini dell’iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attivita` commerciali istituita presso l’Inps?
Ministero del lavoro, 12 novembre 2009, n. 78
Oggetto: art. 9, X.Xxx. n. 124/2004 - societa` in nome collettivo - iscrizione dei soci alla gestio- ne assicurativa degli esercenti attivita` commer- ciali
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consu- lenti del lavoro ha avanzato istanza di interpel- lo al fine di conoscere il parere di questa Dire- zione in ordine all’obbligo previdenziale sussi- stente in capo ai soci di una societa` in nome collettivo. In particolare, l’interpellante chiede se la partecipazione di detti soci all’attivita` la- vorativa aziendale con carattere di abitualita` e prevalenza costituisca una condizione necessa- ria ai fini dell’iscrizione alla gestione assicura- tiva degli esercenti attivita` commerciali istituita presso l’Inps.
Interpelli
In relazione a quanto sopra, acquisito il parere dell’Inps e della Direzione generale per le Po- litiche Previdenziali, si osserva quanto segue. In primo luogo occorre evidenziare che lo svol- gimento di una attivita` d’impresa di natura commerciale determina l’insorgenza, a carico del titolare e dei suoi collaboratori familiari (ovviamente non in posizione di lavoratori su- bordinati) dell’obbligo del pagamento di un contributo personale diretto a finanziare deter- minate forme assicurative.
Al riguardo l’art. 1, comma 203, della legge n. 662/1996, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica, sancisce l’obbligo di iscrizione alla gestione assicurativa degli eser- centi attivita` commerciali di cui alla legge n. 613/1966, e successive modificazioni ed inte- grazioni, per i soggetti che risultano in posses- so dei seguenti requisiti:
a) titolarita` o gestione in proprio di imprese che a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la fami- glia;
b) piena responsabilita` dell’impresa ed assun- zione di tutti gli oneri e i rischi relativi alla sua gestione;
c) partecipazione personale al lavoro aziendale con carattere di abitualita` e prevalenza;
d) possesso di licenze ed autorizzazioni ed iscrizione in albi, registri e ruoli (cfr. Inps circ. n. 25/1997).
Ai sensi del comma 206 dell’articolo citato, l’obbligo assicurativo di cui sopra riguarda anche i familiari coadiutori - parenti e affini entro il terzo grado - che partecipano al lavoro aziendale nell’impresa commerciale con carat- tere di abitualita` e prevalenza, sempre che per tale attivita` non siano soggetti all’iscrizione nell’assicurazione generale obbligatoria in qualita` di lavoratori dipendenti o di apprendi- sti.
Si precisa, inoltre, che sono iscrivibili alla ge- stione commercianti coloro che esercitano atti- vita` commerciali, comprese le attivita` turisti- che, nonche´ quelle di produzione, intermedia- zione e prestazione dei servizi anche finanziari e le relative attivita` ausiliare (legge n. 613/ 1966; art. 29 legge n. 160/1975; art. 49, com- ma 1, lett. d), legge n. 88/1989; art. 1, comma 202, legge n. 662/1996; circ. Inps n. 25/1997). Nel caso in cui le suddette attivita` commerciali siano svolte in forma societaria, si ritiene che la dichiarazione formulata dal socio nella ri- chiesta di iscrizione all’elenco degli esercenti attivita` commerciale di cui alla legge n. 662 del 1996 costituisca adempimento di un obbli- go di legge, qualora lo stesso partecipi al lavo- ro aziendale con carattere di abitualita` e pre- valenza e la societa` sia organizzata e/o diretta prevalentemente con il lavoro dei soci e dei lo- ro familiari.
Ne consegue che, con riferimento alle societa`
di persone, risultano iscrivibili alla gestione as- sicurativa commercianti, purche´ in possesso dei requisiti sopraindicati, i soci di societa` in nome collettivo e i loro familiari coadiutori, i soci di societa` di fatto, gli accomandatari di Sas, nonche´ gli accomandanti di Sas che siano familiari coadiutori degli accomandatari.
Per completezza si sottolinea, infine, che l’art. 1, comma 208, della legge n. 662 disciplina una situazione generale che, sebbene riguardi gli esercenti attivita` commerciale, coinvolge lo svolgimento di attivita` assoggettabili a diver-
se forme di assicurazione obbligatorie. In que- sto spazio vi rientrano i soggetti che esercitino contemporaneamente, anche in un’unica im- presa, varie attivita` autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidita`, la vecchiaia ed i superstiti. La norma, evidenziando il criterio unificante della prevalenza, stabilisce che tali soggetti hanno l’obbligo di iscriversi all’assicurazione previdenziale prevista per l’attivita` alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera
professionale in misura prevalente e demanda all’Inps la decisione sull’iscrizione nell’assicu- razione corrispondente a tale attivita`.
Alla luce delle disposizioni sopra esaminate, in risposta al quesito avanzato, si ritiene che per i soci di societa` in nome collettivo la partecipa- zione al lavoro aziendale con il carattere del- l’abitualita` e della prevalenza costituisca con- dizione necessaria ai fini dell’iscrizione alla gestione assicurativa commercianti.
Nota
E` stato richiesto, dal Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro, se sussista in capo ai soci di una societa` in nome collettivo l’obbligo previdenziale e se, in particolare, la partecipazione di detti soci all’attivita` lavorativa aziendale con carattere di abitualita` e prevalenza costituisca una condizione necessaria ai fini dell’iscrizione alla gestione assicurativa degli esercenti attivita` commerciali istituita presso l’Inps. La risposta e` contenuta nell’interpello n. 78 del 12 novembre 2009.
Vale ricordare che, per l’Inps, sono ‘‘commercianti’’ i titolari o gestori di un’impresa che sia diretta e organizzata prevalentemente con il proprio lavoro e quello dei componenti della famiglia o coa- diutori e che operano nei settori del commercio, terziario e turismo. Il commerciante deve pre- sentare una domanda di iscrizione al Registro delle imprese presso la Camera di Commercio com- petente per territorio. La domanda si presenta sia per il titolare sia per gli eventuali coadiutori familiari. La Camera di Commercio trasmette poi all’Inps i dati dei soggetti da iscrivere nella ge- stione speciale dei commercianti. La decisione sull’iscrivibilita` del lavoratore spetta all’Inps.
Per agevolare la nascita di nuove imprese commerciali gli adempimenti amministrativi previsti per l’iscrizione saranno sostituiti da un’unica comunicazione on line al registro delle imprese che avra` effetto anche ai fini previdenziali assistenziali.
Premette il Ministero che il comma 203 dell’articolo 1 della legge n. 662 del 1996 sostituisce il primo comma della legge 3 giugno 1975 prevedendo che l’obbligo di iscrizione nella gestione assi- curativa esercenti attivita` commerciali sussiste per quei soggetti che posseggano i seguenti requi- siti:
a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al pun- to di vendita;
Interpelli
b) abbiano la piena responsabilita` dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non e` richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita non- che´ per i soci di societa` a responsabilita` limitata;
c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualita` e prevalenza;
d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli.
Con il successivo comma 203 della legge richiamata si stabilisce la obbligatorieta` dell’assicurazione per invalidita`, vecchiaia e superstiti estendendola ai parenti ed affini entro il terzo grado che non siano compresi nell’ambito di applicazione dell’articolo 3 della predetta legge e che siano in pos- sesso dei requisiti ivi previsti, sempre che tali soggetti non siano, per tali attivita`, soggetti all’iscri- zione all’assicurazione generale obbligatoria, perche´ dipendenti o apprendisti.
Tutto cio` porta a considerare che il novero dei soggetti rientranti nella gestione ‘‘commercianti’’ si e` ampliata nel tempo fino ad abbracciare l’intero settore del terziario con la conseguenza che con riferimento alle societa` di persone, risultano iscrivibili alla gestione assicurativa commercianti, pur- che´ in possesso dei requisiti sopraindicati, i soci di societa` in nome collettivo e i loro familiari coa- diutori, intendendo per questi i parenti e gli affini entro il 3º grado che partecipano al lavoro azien- xxxx con abitualita` e prevalenza, i soci di societa` di fatto, gli accomandatari di Sas, nonche´ gli ac- comandanti di Sas che siano familiari coadiutori degli accomandatari.
Sulla scorta delle norme richiamate, del parere dell’Inps e della Direzione generale per le politiche previdenziali il Ministero risponde alla domanda del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro ritenendo che per i soci di societa` in nome collettivo la partecipazione al lavoro azien- dale con il carattere dell’abitualita` e della prevalenza costituisca condizione necessaria ai fini del- l’iscrizione alla gestione assicurativa commercianti. Per completezza si aggiunge che, sempre a pa- rere dell’Inps, dal 1º gennaio 1997 i soci di societa` a responsabilita` limitata che partecipano al la- voro con carattere di abitualita` e prevalenza hanno l’obbligo di iscrizione all’assicurazione per i commercianti anche se esiste un unico socio.
L’attivita` deve essere organizzata con il lavoro dei soci e dei loro familiari. Dovranno quindi ver- sare, sui redditi prodotti come soci lavoratori, i contributi previsti per i commercianti.
Xxxxxxx Xxxxxxx
Legislazione: art. 49, c. 1, lett. d), legge n. 160/1975; art. 1, c. 202, legge n. 88/1989; legge n. 613/ 1996; art. 1, c. 203, legge n. 662/1996.
Prassi: Inps, circ. n. 25/1997.
Apprendistato
Contratto di apprendistato come contratto a tempo determinato o indeterminato
Puo` il contratto di apprendistato essere riconducibile ad un rapporto di lavoro a tempo indeterminato oppure a tempo determinato?
Ministero del lavoro, 12 novembre 2009, n. 79
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - contratto di apprendistato quale contratto a tempo deter- minato o indeterminato
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consu- lenti del lavoro ha presentato richiesta d’inter- pello per conoscere il parere di questa Direzio- ne generale in merito alla riconducibilita` del contratto di apprendistato ad un rapporto di la- voro a tempo indeterminato oppure a tempo de- terminato.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di lavo- ro, si rappresenta quanto segue.
Interpelli
In proposito si ricorda che la disciplina legale del contratto di lavoro a tempo determinato, contenuta nel D.Lgs. n. 368/2001, all’art. 10, comma 1 esclude espressamente dal proprio campo di applicazione, tra gli altri, il «rapporti di apprendistato».
Va poi tenuta presente la definizione contenuta nell’art. 2, comma 1, delle legge n. 25/1955 se- condo cui «l’apprendistato e` uno speciale rap- porto di lavoro in forza del quale l’imprendito- re e` obbligato ad impartire o a far impartire, nella sua impresa, all’apprendista assunto alle sue dipendenze, l’insegnamento necessario per- che´ possa conseguire la capacita` tecnica per diventare lavoratore qualificato, utilizzandone l’opera nell’impresa medesima».
Dalla lettura della disposizione citata emerge come il Legislatore abbia conferito al rapporto di apprendistato una peculiare struttura e natu- ra giuridica, risultanti dal fondersi dei seguenti elementi:
1) un ordinario rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dalla reciprocita` tra la presta- zione lavorativa e la retribuzione («... appren- dista assunto alle sue dipendenze (...) utilizzan- done l’opera nell’impresa medesima»);
2) un periodo di «tirocinio» finalizzato a fare
acquisire all’apprendista le capacita` e cono- scenze necessarie affinche´ questi consegua una qualifica professionale («l’imprenditore e` obbligato ad impartire o a far impartire (...) l’insegnamento necessario perche´ possa conse- guire la capacita` tecnica per diventare lavora- tore qualificato»).
La funzione formativa, insieme a quella di scambio tra prestazione lavorativa e retribuzio- ne, contribuiscono, dunque, a caratterizzare la
«causa» del contratto di apprendistato. Sotto questo profilo, nulla e` mutato con l’introduzio- ne delle successive integrazioni e modifiche normative di cui all’art. 21, legge n. 56/1987, all’art. 16, legge n. 196/1997 ed agli artt. 47- 53, D.Lgs. n. 276/2003.
Rimangono, tuttavia, sempre chiaramente di- stinti i due seguenti diversi momenti:
1) lo scadere del periodo di apprendistato in cui, non sussistendo piu` materia di addestra- mento professionale, e` raggiunto l’obiettivo formativo ed il datore di lavoro puo` recedere dal rapporto, ai sensi dell’art. 2118 c.c. (art. 19, legge n. 25/1955). Tale disdetta, avente na- tura di negozio unilaterale recettizio (Cass., sez. lav., 28 marzo, 1986 n. 2213) si atteggia, di fatto, come un recesso ad nutum, da conside- rarsi legittimo (ex plurimis Cass., sez. lav., 21 ottobre 1986 n. 6180), salva la previsione di di- sposizioni contrattuali collettive che espressa- mente estendano la tutela di cui alla legge n. 604/1966 (Cass., sez. lav., 19 dicembre 1986
n. 7757). Xxx, invece, tale recesso non inter- venga, il rapporto di lavoro prosegue, a tempo indeterminato, caratterizzato esclusivamente dallo scambio tra prestazione lavorativa e re- tribuzione;
2) il periodo di svolgimento dell’apprendistato, durante il quale il rapporto, pur nella sua spe- cialita`, e` assimilabile all’ordinario rapporto di lavoro, (v. anche art. 2134 c.c.) per cui «non sussiste alcun razionale motivo per giustificare l’esclusione del rapporto di apprendistato dalla tutela» di cui agli artt. 1-8, 11-13 della legge n.
604/1966 ed in particolare degli artt. 6 e 8 (Corte Cost., 22 novembre 1973, n. 169).
Anche sulla base di tali ultime considerazioni, la citata sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita` costituzionale del- l’art. 10 della legge n. 604/1966 nella parte in cui esclude gli apprendisti dall’applicabilita` nei loro confronti della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, nel corso del rappor- to di apprendistato.
La pronuncia della Consulta ha, successiva- mente, trovato una coerente conferma nelle previsioni di cui agli artt. 48, comma 3, lett.
c) e d) e 49, comma 4, lett. c) ed e), X.Xxx. n. 276/2003, secondo le quali il contratto di ap- prendistato e` caratterizzato dalla «possibilita` per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendista- to ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 del codice civile» ed al «divieto per il datore di la-
voro di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustifi- cato motivo».
Alla luce di quanto sopra esposto, appare pos- sibile ritenere l’apprendistato quale contratto di lavoro a tempo indeterminato, dal quale il dato- re di lavoro puo` recedere solo per giusta causa o giustificato motivo, anche anteriormente alla scadenza del termine per il compimento dell’ad- destramento, senza incorrere negli obblighi ri- sarcitori caratteristici del recesso ante tempus previsti per il contratto a tempo determinato. Non costituisce, tuttavia, legittima causa di li- cenziamento il mancato superamento della
c.d. prova d’arte, prima della scadenza del ter- mine previsto per l’apprendistato, dovendo proseguire il rapporto, sotto il profilo causale dell’addestramento teorico-pratico, fino al ter- mine stabilito.
Nota
Rispondendo con interpello n. 79 del 12 novembre 2009 al quesito posto dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro, il Ministero del lavoro ribadisce che il contratto di appren- distato e`, fin dall’origine, un contratto di lavoro a tempo indeterminato. La durata contrattualmen- te stabilita per la formazione dell’apprendista rileva unicamente per identificare la data in cui, ulti- mato il periodo di formazione e lavoro, il datore puo` recedere dal contratto ex articolo 21128 del codice civile. Dalla natura di contratto a tempo indeterminato deriva che il datore di lavoro puo` recedere dal contratto di apprendistato, anche prima del termine dello stesso, senza incorrere nel- le penali che caratterizzano il recesso unilaterale da un contratto a tempo determinato. Non si puo`, evidentemente, trascurare che durante il periodo di apprendistato il datore di lavoro puo` re- cedere dal contratto esclusivamente per giusta causa o giustificato motivo.
Interpelli
Il contratto di apprendistato e` caratterizzato, gia` secondo la legge n. 25 del 1955, dalla coesistenza di una funzione formativa, che il datore di lavoro si impegna ad assolvere affinche´ l’apprendista pos- sa conseguire la prevista qualifica contrattuale e di una prestazione lavorativa a fronte della quale il datore e` tenuto ad erogare la relativa retribuzione. Cio` e` stato confermato da successive dispo- sizioni, fra l’art. 21 della legge n. 56/1987, l’art. 16 della legge n. 196/1997 nonche´ gli articoli da 47 a 53 del D.Lgs. n. 276/2003. Il Ministero sottolinea la natura di contratto a causa mista dell’appren- distato, ove la formazione ha un ruolo di rilievo, tanto che e` la mancanza di essa, per responsabilita` esclusiva del datore di lavoro che condiziona il riconoscimento dei benefici contributivi che carat- terizzano questo particolare contratto. La legge 24 giugno 1997, n.196, ha rilanciato la funzione formativa dell’apprendistato, generalizzandone la stipula, elevando l’eta` per l’assunzione e la durata del contratto, ma la riforma dell’istituto deriva dal decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 che, con gli articoli da 47 a 53, attua la delega conferita dalla legge n. 30/2003 prevedendo tre di- verse e distinte forme di apprendistato:
a) contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
b) contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attra- verso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
c) contratto di apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Per espressa previsione del citato X.Xxx. n. 276/2003, durante il periodo di apprendistato il datore di lavoro non puo` procedere al licenziamento dell’apprendista se non per giusta causa o giustificato motivo. Lo scadere del periodo di apprendistato costituisce, invece, di per se´ motivo di recesso da parte del datore di lavoro in quanto si considera assolto il suo obbligo formativo. In tal senso l’ar- ticolo 49 del D.Lgs. n. 276/2003, in materia di apprendistato professionalizzante, dispone che il datore di lavoro non puo` recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo e che il datore di lavoro puo` recedere dal rapporto al termine del pe- riodo di apprendistato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2118 del codice civile. Il datore di lavoro puo`, pertanto, liberamente recedere dal contratto al termine di detto periodo, comunican- do formalmente il licenziamento e dando regolare preavviso.
Anche l’apprendista e`, pertanto, destinatario della tutela contro i licenziamenti individuali. Giova rammentare che gia` la Corte Costituzionale, con sentenza n. 169 del 22 novembre 1973, ha di- chiarato l’illegittimita` costituzionale dell’art. 10 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante norme
sui licenziamenti individuali, nella parte in cui esclude gli apprendisti dall’applicabilita` nei loro con- fronti degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 11, 12, 13 della medesima legge, nel corso del rapporto di apprendistato.
La stessa Corte Costituzionale, con la richiamata sentenza n. 169/1973 espressamente sancisce che
«tale dichiarazione di illegittimita` va limitata, peraltro, al solo licenziamento adottato nel corso del rapporto di apprendistato, xxxxxxx´, una volta che questo si sia esaurito, il datore di lavoro resta libero di assumere o meno l’ex apprendista e di stringere con lui un normale rapporto di lavoro o di dare disdetta a mente dell’art. 2118 del codice civile: il che e` assicurato dall’art. 19 della legge 19 gennaio 1955, n. 25».
In mancanza di diversa comunicazione da parte del datore di lavoro, al termine del periodo di ap- prendistato il contratto con il lavoratore prosegue, quindi, a tempo indeterminato, con l’attribu- zione della qualifica contrattualmente stabilita. Non sembra trattarsi, quindi, di una trasformazione di contratto, bens`ı di mancato esercizio del diritto di recesso.
Precisa il Ministero del lavoro che, qualora durante il periodo di apprendistato il lavoratore sia sot- toposto alla c.d. ‘‘prova d’arte’’, il mancato superamento della stessa non costituisce giustificato motivo di licenziamento dovendo l’apprendistato giungere alla sua naturale scadenza. Nulla vieta, invece, che il datore di lavoro qualifichi anticipatamente l’apprendista considerando, pertanto, po- sitivamente concluso il periodo di formazione.
Xxxxx Xxxx Xxxxxx
Legislazione: artt. 2118 e 2119 cod. civ.; legge n. 25/1955; legge n. 904/1966; art. 21, legge n. 56/ 1987; artt. 47-53, D.Lgs. n. 276/2003.
Interpelli
Prassi: Min. lav., circ. 15 luglio 2005, n. 30; Min. lav., circ. 10 novembre 2008, n. 27; Min. lav., lett. circ. 6 febbraio 2009.
Chiarimenti e indicazioni operative
Conciliazione monocratica: presupposti e gestione dell’istituto
Ministero del lavoro - Circolare 26 novembre 2009, n. 36
La direttiva del Ministro del 18 settembre 2008, nel richiamare gli istituti introdotti dal X.Xxx. n. 124/2004 valorizza, fra l’altro, la conciliazione monocratica quale strumento finalizzato alla ra- pida definizione dei conflitti di lavoro.
A distanza di oltre cinque anni dalla sua intro- duzione, i dati statistici dimostrano ancora una insufficiente diffusione dell’istituto, con evi- denti ricadute negative, sia sotto il profilo della concreta deflazione del contenzioso, che della tutela immediata degli interessi sostanziali dei lavoratori.
Al fine di favorire un pieno sviluppo della con- ciliazione monocratica, dunque, si ritiene ne- cessario fornire, anche sulla scorta della citata direttiva, chiarimenti ed indicazioni operative in ordine all’interpretazione dei corretti presup- posti di attivazione dell’istituto ed alle modalita` gestionali dello stesso, con l’obiettivo di assicu- rare anche una indispensabile uniformita` di comportamento degli uffici su tutto il territorio nazionale.
La presente circolare supera ogni chiarimento e indicazione forniti in precedenza ove non espressamente richiamati.
Finalita` dell’istituto
Appare, in primo luogo, opportuno ribadire la necessita` di dare una piena ed effettiva attuazio- ne all’istituto della conciliazione monocratica preventiva.
Come gia` sottolineato nella direttiva, e` necessa- rio assicurare un maggiore equilibrio nel rap- porto tra l’azione ispettiva su richiesta di inter- vento e quella attivata a seguito dell’iniziativa programmata dagli uffici territoriali.
Va considerato, infatti, che le visite ispettive at- tivate a seguito di richiesta di intervento - es- sendo nella maggior parte dei casi conseguenza di singoli episodi di ‘‘rottura dei rapporti inter- personali’’ tra datore di lavoro e lavoratore - si caratterizzano per una minore incisivita` rispetto alle visite d’iniziativa e non garantiscono un’or- ganica e mirata pianificazione dell’attivita` di vi- gilanza sul territorio.
L’obiettivo da conseguire, invece, e` quello di
un corretto ‘‘bilanciamento tra l’ispezione di iniziativa e quella su richiesta’’, al fine di valo- rizzare una vigilanza attuata sulla base di una
pianificazione, che tenga conto degli specifici contesti socio-economici, realizzata mediante ‘‘cicli di ispezioni mirate su singoli ambiti ter- ritoriali o su determinati settori merceologici’’, a vista e ad obiettivo.
Interpretazioni
Non va trascurato, inoltre, che le richieste di in- tervento possono ‘‘strumentalizzare’’ il ruolo dell’ispettore, laddove risultino del tutto infon- date o prive di oggettivi elementi di riscontro rappresentando, in tal modo, piu` un ostacolo al pieno sviluppo di una efficace azione ispetti- va che un utile atto d’impulso per la verifica dell’osservanza della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale.
Nel descritto contesto, il ricorso diffuso alla con- ciliazione monocratica preventiva contribuisce in modo concreto ad assicurare una effettiva tu- tela al lavoratore permettendo, nel contempo, un migliore impiego delle risorse ispettive da desti- nare ad iniziative di vigilanza di maggiore respi- ro, anche mirate ad ‘‘avviare il sistema impren- ditoriale verso un’emersione guidata che non ab- bia effetti devastanti sulla non facile tenuta del- l’iniziativa economica locale, garantendo, in tal modo, la tutela complessiva dei livelli occupa- zionali e non soltanto del singolo lavoratore’’. In base a quanto premesso, e` obiettivo primario di quest’amministrazione pervenire ad un signi- ficativo incremento della definizione delle ri- chieste d’intervento attraverso l’istituto della conciliazione monocratica preventiva, rispetto a quelle definite a seguito di accertamenti ispettivi.
Presupposti per l’applicazione della conciliazione monocratica
In linea con le indicazioni della direttiva, si pre- mette che ‘‘la semplice presentazione agli uffici della richiesta d’intervento’’ non costituisce una istanza in senso tecnico, ‘‘riconducibile al- l’art. 2, comma 1, della legge n. 241/1990’’ e pertanto ‘‘non comporta per l’amministrazione l’obbligo di dare necessariamente corso alla ve- rifica ispettiva’’.
In tal senso si chiarisce che le Direzioni del la- voro potranno prendere in considerazione sol- tanto le r.i. che non appaiano:
– palesemente pretestuose;
– oggettivamente inattendibili;
– prive di ogni fondamento.
Per ogni altra r.i. il tentativo di conciliazione monocratica preventiva deve costituire la via assolutamente privilegiata di definizione della vicenda segnalata, alla quale xxxxx` seguire un intervento ispettivo solo laddove il tentativo
ratore denunciante della possibilita` di definire la controversia mediante conciliazione mono- cratica, segnalandogli la competenza territoriale della Direzione provinciale del lavoro titolare degli eventuali accertamenti ispettivi, nonche´
di conciliazione non sia andato a buon fine.
avvisandolo, cos`ı
come disposto nell’art. 11,
Viceversa, si ritiene necessario procedere diret- tamente all’accesso ispettivo limitatamente alle richieste d’intervento caratterizzate dalla de- nuncia di irregolarita` significativamente gravi o incisive, vale a dire quelle che:
– rivestano diretta ed esclusiva rilevanza penale;
– interessino altri lavoratori oltre al denuncian- te;
– riguardino fenomeni di elusione particolar- mente diffusi sul territorio di riferimento;
– abbiano ad oggetto esclusivamente profili di natura contributiva, previdenziale ed assicurati- va.
Interpretazioni
Quanto alla prima tipologia occorre chiarire che il tentativo di conciliazione monocratica deve essere escluso solo laddove la richiesta di inter- vento riguardi direttamente fattispecie che inte- grino gli estremi di un reato (ad es. in caso di adibizione di lavoratrici madri a lavoro nottur- no, d’impiego di cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno o di minori illegal- mente immessi al lavoro). Si ritiene invece del tutto corretto il ricorso allo strumento conciliati- vo nei diversi casi in cui la fattispecie rappresen- tata potrebbe avere solo eventualmente implica- zioni sul piano penale (ad es. lavoro nero in re- lazione alla omessa sorveglianza sanitaria).
Con riferimento alla seconda ipotesi, ossia le ri- chieste di intervento che interessano altri lavo- ratori oltre al denunciante, l’ufficio dovra` privi- legiare il ricorso alla conciliazione monocratica quando tale coinvolgimento sia solo eventuale o ipotetico. L’accesso ispettivo sara` viceversa preferibile laddove le irregolarita` denunciate coinvolgano inequivocabilmente altri lavoratori e abbiano ad oggetto fenomeni di rilevante im- patto sociale. Se, pero`, i lavoratori coinvolti so- no tutti identificabili nominativamente si potra` procedere ad appositi tentativi di conciliazione monocratica attivati d’ufficio anche per i lavo- ratori indicati dall’unico denunciante.
Esperimento del tentativo di conciliazione monocratica
La valorizzazione delle potenzialita` dell’istituto presuppone il piu` ampio coinvolgimento del personale ispettivo nello svolgimento dell’atti- vita` conciliativa.
Premesso, infatti, che detta attivita` potra` conti- nuare ad essere svolta anche dal personale am- ministrativo, l’obiettivo e` tuttavia quello di coinvolgere - con la sola esclusione dei militari del Nucleo Ispettorato del lavoro dell’Arma dei Carabinieri - il numero piu` alto possibile di uni- ta` ispettive.
Cio` premesso, sotto un profilo strettamente pro- cedurale, si osserva quanto segue.
In occasione della ricezione della richiesta d’in- tervento, si ritiene necessario informare il lavo-
comma 2, X.Xxx. n. 124/2004, della possibilita`
di «farsi assistere anche da Associazioni o Or- ganizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato».
Resta fermo che l’eventuale dissenso preventivo comunicato dal lavoratore, in qualunque sede e con qualsiasi modalita` esso venga manifestato (Ufficio dell’ispettore di turno, richiesta d’inter- vento inoltrata alla Direzione provinciale del la- voro, anche per il tramite delle Organizzazioni sindacali) non rappresenta comunque un elemen- to preclusivo al tentativo di conciliazione mono- cratica. Anche in tal caso, infatti, e` da ritenersi consentita la convocazione delle parti per tentare una soluzione conciliativa della controversia.
Le parti possono presentarsi al tentativo di con- ciliazione monocratica, a seguito di apposita convocazione, personalmente, con o senza assi- stenza sindacale o professionale, oppure rappre- sentate da persone munite di apposita e valida delega a transigere e conciliare.
Per quanto attiene alle conseguenze del manca- to accordo tra le parti, e` necessario distinguere l’ipotesi in cui cio` derivi dal comportamento del lavoratore rispetto a quella in cui sia ascri- vibile alla condotta del datore di lavoro:
– nel primo caso, non consegue necessaria- mente l’attivazione dell’accertamento ispettivo, soprattutto in assenza di elementi utili ad un possibile riscontro dei fatti denunciati;
– nel secondo, invece, a seguito della indispo- nibilita` a conciliare del datore di lavoro, si ritie- ne necessario procedere all’accesso ispettivo nel piu` breve tempo possibile.
Nel corso della procedura conciliativa il funzio- nario e` tenuto ad illustrare alle parti, anche se- paratamente, le possibili conseguenze dell’av- vio del procedimento ispettivo, sia in termini di effetti, sia in termini di tempistica in ordine alla definizione degli accertamenti.
Per quanto riguarda in particolare il lavoratore, si devono evidenziare i vantaggi che la soluzione conciliativa comporta in termini di celerita` e di concreta soddisfazione delle pretese creditorie. Quanto al datore di lavoro, e` compito del con- ciliatore rappresentare sia le conseguenze deri- vanti dal mancato raggiungimento dell’accordo
- ossia l’attivazione del procedimento ispettivo
- sia, in particolare, i benefici che derivano dal raggiungimento dello stesso, tanto sul piano sanzionatorio quanto su quello contributivo.
Appare opportuno ricordare che, cos`ı come sta- bilito dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs. n. 124/ 2004, l’accordo conciliativo deve prevedere, in ogni caso il riconoscimento di un periodo lavo- rativo intercorso tra le parti. Non potranno, quindi, concludersi conciliazioni monocratiche a carattere novativo, che si risolvano nella cor- responsione di una somma di denaro da parte
del datore di lavoro a meno titolo transattivo (c.d. ‘‘a saldo e stralcio’’).
Va inoltre ricordato che il funzionario concilia- tore puo` non sottoscrivere l’accordo raggiunto dalle parti qualora appaia manifestamente volto ad eludere l’applicazione della tutela pubblici- stica prevista a favore dei lavoratori oppure a precostituire false posizioni previdenziali.
Le dichiarazioni verbalizzate in sede di conci- liazione monocratica, inoltre, non possono, evi- dentemente, essere utilizzate a scopi diversi da quelli conciliativi ed in particolare per finalita` connesse al procedimento ispettivo.
Per quanto riguarda i profili organizzativi, le pratiche da trattare mediante conciliazione mo- nocratica devono essere assegnate, periodica- mente, al personale incaricato dal Direttore o da un funzionario dallo stesso appositamente designato.
Effetti dell’accordo
L’estinzione del procedimento ispettivo, sog- gettivamente limitata alle parti dell’accordo, si realizza con il raggiungimento dell’accordo stesso, seguito dagli adempimenti di cui all’art. 11, comma 4, del D.Lgs. n. 124/2004.
Il mancato adempimento all’obbligo del versa- mento degli importi contributivi, nella misura e nei modi concordati, segnalato dagli istituti creditori, determina l’immediata attivazione della procedura ispettiva.
Qualora la conciliazione monocratica sia defini- ta con la previsione del versamento in misura differita o rateizzata delle somme di natura pa- trimoniale spettanti al lavoratore, il procedi- mento ispettivo si estingue, esclusivamente, con il pieno soddisfacimento del credito con- cordato. Del definitivo adempimento dovra` es- sere data comunicazione alla Direzione provin- ciale del lavoro. Pertanto, oltre alle ipotesi in cui il debito patrimoniale sia adempiuto conte- stualmente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, nei casi di differimento o di ra- teizzazione del pagamento, sara` onere del dato- re di lavoro fornire all’Ufficio territoriale com- petente la dimostrazione dell’avvenuto integra- le adempimento, entro il termine ultimo stabili- to nel verbale di accordo.
La mancata ottemperanza all’obbligo del versa-
mento delle somme concordate in sede conci- liativa sembra consentire, peraltro, al lavoratore l’attivazione della procedura esecutiva innanzi all’Organo giudiziario, sulla base dell’accordo raggiunto. Va, infatti, evidenziato che il verbale di conciliazione, ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3, cod. proc. civ. rientra tra ‘‘gli atti rice- vuti (...) da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli’’.
Conciliazione monocratica a seguito di diffida accertativa
Come gia` precisato nella circolare n. 24/2004, la conciliazione monocratica, che eventualmente se- gua la notificazione di un provvedimento di dif- fida accertativa ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n.
124/2004, non produce alcuna efficacia estintiva del procedimento ispettivo che, in tali ipotesi, pe- raltro, e` stato gia` preventivamente avviato.
Occorre inoltre precisare che l’eventuale credito patrimoniale concordato in sede di conciliazio- ne non puo` modificare l’importo della contribu- zione previdenziale dovuta, che deve essere co- munque commisurato al credito indicato nella diffida accertativa.
Sanzioni civili legate al mancato versamento contributivo
Interpretazioni
Il riconoscimento del debito patrimoniale e con- tributivo (previdenziale ed assicurativo) effettua- to nella sede conciliativa, non presuppone un ‘‘accertamento’’ da parte degli Organi ispettivi, bens`ı costituisce un’ipotesi di spontanea denun- cia, che prescinde da qualsiasi contestazione o ri- chiesta da parte degli enti impositori. Pertanto, in conformita` alla risposta all’interpello del 26 otto- bre 2006, prot. n. 25/I/0005222, la conciliazione monocratica rientra fra le fattispecie di cui all’art. 116, comma 8, lett. b), ultimo periodo, della leg- ge n. 388/2000, assimilandosi ad una ipotesi di ‘‘omissione’’ e non di ‘‘evasione’’ contributiva.
Conciliazione monocratica contestuale
Da ultimo si ritiene necessario ricordare che, ai sensi dell’art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 124/ 2004, nel corso dell’attivita` di vigilanza, e` altre- s`ı possibile attivare un tentativo di conciliazio- ne monocratica contestuale qualora emergano ‘‘elementi per una soluzione conciliativa della controversia’’, dandone immediata notizia al Direttore della Direzione provinciale del lavoro di appartenenza, mediante apposita relazione. A tal proposito occorre evidenziare che, anche in relazione alla conciliazione contestuale, valgono i medesimi presupposti delineati in precedenza ai fini sia della sua attivazione che degli esiti le- gati al raggiungimento o meno dell’accordo.
A cio` va, tuttavia, aggiunto che, ai sensi dello
stesso art. 11, comma 6, D.Lgs. n. 124/2004, il personale ispettivo e` tenuto ad acquisire ‘‘il consenso delle parti’’, mediante apposita verba- lizzazione, anche successiva al verbale di primo accesso ispettivo. Tale consenso, peraltro, potra` essere reso separatamente per iscritto, a mezzo lettera raccomandata o mediante posta elettroni- ca certificata, facendo espresso riferimento al verbale di primo accesso ispettivo.
Cio` premesso si ritiene che la conciliazione mo- nocratica contestuale - in analogia con quanto previsto nella direttiva del 18 settembre 2008 relativamente al provvedimento di sospensione dell’attivita` imprenditoriale - possa trovare utile applicazione nel caso in cui l’azienda occupi un solo lavoratore (intendendosi per tale qualsiasi prestatore di lavoro, anche autonomo, a pre- scindere dalla tipologia contrattuale utilizzata) a meno che, in relazione agli elementi di prova acquisiti in occasione del primo accesso ispetti- vo ed alla loro capacita` di ‘‘tenuta’’ in un even- tuale contenzioso amministrativo o giudiziario, lo stesso non possa considerarsi ‘‘in nero’’.
17 - 21 aprile 2009
Rassegna della Cassazione
Lavoro straordinario
Cassazione, sez. unite, 17 aprile 2009, senten- za n. 9146 - Pres. Vittoria - Est. Xxxxxx - P.M. Pivetti - Azienda sanitaria regionale Usl/ (omissis) Piemonte c. B.L.
Lavoro subordinato - Orario di lavoro - Lavoro straordinario - Art. 65 del Cnnl 5 dicembre 1996, area dirigenza medica e veterinaria - Ge- nerale esclusione del compenso per straordinario del dirigente - Portata applicativa - Applicazione al titolare di incarico di direzione di struttura.
Giurisprudenza
L’art. 65 del Xxxx 0 xxxxxxxx 0000, xxxx xxxx- xxxxx medica e veterinaria, nel prevedere la corresponsione di una retribuzione di risultato compensativa anche dell’eventuale superamen- to dell’orario lavorativo per il raggiungimento dell’obiettivo assegnato, esclude in generale il diritto del dirigente, incaricato della direzione di struttura, ad essere compensato per lavoro straordinario, senza che, dunque, sia possibile la distinzione tra il superamento dell’orario di lavoro preordinato al raggiungimento dei ri- sultati assegnati e quello imposto da esigenze del servizio ordinario, poiche´ la complessiva prestazione del dirigente deve essere svolta al fine di conseguire gli obiettivi propri ed im- mancabili dell’incarico affidatogli. (Rigetta, App. Torino, 3 febbraio 2006)
Nota
Alla stregua dell’art. 36, 1º comma, Cost. il lavo- ratore ha diritto ad una retribuzione proporzio- nata alla quantita` e qualita` del lavoro e in ogni ca- so sufficiente ad assicurare a se´ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa; di conseguenza, ove la retribuzione prevista nel contratto di lavo- ro, individuale o collettivo, risulti inferiore a que- sta soglia minima, la clausola contrattuale e` nulla e, in applicazione del principio di conservazione, espresso nell’art. 1419, 2º comma, c.c., il giudice adegua la retribuzione secondo i criteri dell’art. 36, con valutazione discrezionale; ove, pero`, la re- tribuzione sia prevista da un contratto collettivo, il giudice e` tenuto ad usare tale discrezionalita` con la massima prudenza, e comunque con ade- guata motivazione, giacche´ difficilmente e` in gra- do di apprezzare le esigenze economiche e poli- tiche sottese all’assetto degli interessi concordato dalle parti sociali.
In particolare nei confronti del personale direttivo,
che e` escluso dalla disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, un diritto a compenso per la- voro straordinario puo` sorgere o nel caso in cui la normativa collettiva (o la prassi aziendale o il con- tratto individuale) delimiti anche per essi un orario
normale di lavoro, che risulti nel caso concreto superato, ovvero, allorquando non sussista tale delimitazione, nel caso in cui la durata della pre- stazione lavorativa ecceda i limiti della ragionevo- lezza in rapporto alla tutela, costituzionalmente garantita, del diritto alla salute (Cass., sez. lav., 21 agosto 2003, n. 12301 in Not. giur. lav., 2004, 54).
Pensioni gia` liquidate: applicabilita`
della disciplina successiva piu` favorevole
Cassazione, sez. lav., 17 aprile 2009, sentenza
n. 9255 - Pres. De Luca - Est. Bandini - P.M. Riello - Ric. Cassa italiana di previdenza ed assistenza dei Geometri liberi professionisti
- Res. L.L.
Professionisti - previdenza - Liquidazione dei trattamenti pensionistici - Riferimento alla di- sciplina normativa vigente al momento della lo- ro liquidazione - Necessita` - Prestazioni previ- denziali in favore dei geometri liberi professio- nisti - Art. 15, ultimo comma, della legge n. 773 del 1982 - Retroattivita` - Esclusione - Fon- damento.
In difetto di espressa disposizione di contrario segno, i trattamenti pensionistici devono essere liquidati sulla base della disciplina normativa vigente al momento della loro liquidazione, co- sicche´ la variazione della percentuale di rivalu- tazione dei redditi, disposta, in applicazione dell’art. 15, ultimo comma, della legge 20 otto- bre 1982, n. 773, dal D.M. 18 settembre 1990, per il calcolo delle prestazioni pensionistiche a favore degli iscritti alla Cassa italiana di Pre- videnza ed Assistenza dei Geometri Liberi Pro- fessionisti, non e` applicabile alle pensioni liqui- date anteriormente alla prevista decorrenza della variazione stessa, rappresentando il fluire del tempo idoneo elemento diversificatore della disciplina delle situazioni giuridiche e non po- tendo ritenersi l’illogicita` di tale elemento di- versificatore in considerazione del suo collega- mento all’esigenza di rispetto degli equilibri della gestione finanziaria della Cassa.
Nota
La pronuncia in epigrafe suscita particolare inte- resse non tanto per la particolare fattispecie di causa che riguarda i trattamenti pensionistici dei geometri liberi professionisti, quanto piuttosto per la piu` generale xxxxxxx che possono avere le argomentazioni addotte dal giudice relatore.
Con un orientamento costante ed univoco, la giurisprudenza di legittimita` sembrava pacifica- mente orientata in tale ambito a riconoscere l’ap- plicabilita` anche nei confronti dei trattamenti pensionistici gia` liquidati dei piu` favorevoli criteri di rivalutazione reddituale introdotti dagli appositi decreti ministeriali. La questione, sinora positiva- mente risolta dai giudici di cassazione, era scatu- xxxx dall’ambigua formulazione di tali decreti, i quali erano soliti stabilire il momento di decor- renza dell’aumento, senza alcuna distinzione tra trattamenti pensionistici gia` liquidati e prestazioni future (cos`ı Cass. 10 ottobre 2003, n. 15191, in
Giust. civ. mass., 2003, 10; Cass. 24 maggio
2003, n. 8267; Cass. 18 settembre 1997, n. 9265, in Foro It., 1997, I, c. 3556, con nota di Car- bone; Cass. 11 dicembre 1995, n. 12675; Cass.
25 novembre 2000, n. 15231, in Giust. civ. mass.,
2000, p. 2448). Le motivazioni addotte per giusti- ficare l’applicazione di tali aumenti nei confronti delle pensioni gia` liquidate sono state diverse, ma si sono concentrate prevalentemente sulla mancata previsione di possibili criteri distintivi e sulla necessita` di evitare disparita` di trattamento in ragione del momento del pensionamento.
In senso diametralmente opposto interviene ora la pronuncia in commento, secondo la quale il meccanismo di rivalutazione e` destinato ad ope- rare soltanto al momento della liquidazione del trattamento, sicche´ una sua successiva applicazio- ne comporterebbe una revisione della prestazio- ne non contemplata dalla legge. I giudici richiama- no l’attenzione sulla previsione legislativa che de- manda ai decreti ministeriali la determinazione dei criteri di rivalutazione, la quale dispone che tali variazioni devono tenere conto «dell’anda- mento finanziario della Cassa» (art. 15, legge 20 ottobre 1982, n. 773), lasciando cos`ı intendere che l’applicazione di tale meccanismo deve esse- re coerente con gli equilibri finanziari della gestio- ne previdenziale. Ne´ possono ritenersi fondati, secondo tale decisione, i sospetti di illegittimita` prospettati dai numerosi precedenti in materia, dal momento che la Consulta ha ripetutamente individuato nel decorso del tempo un legittimo criterio per una diversa modulazione delle disci- pline applicabili (Corte Cost. 5 dicembre 2008,
n. 401, in Giur. cost., 2008, p. 4694; Xxxxx Xxxx. 00 aprile 2003, n. 121, in Giur. cost., 2003, p. 2; Xxxxx Xxxx. 00 aprile 2002, n. 108, in Giur. cost., 2002, p. 896), in perfetta coerenza con il generale principio secondo il quale le prestazioni pensioni- stiche sono liquidate in ragione della disciplina vi- gente in quel momento.
Ricorso in cassazione ex art. 420 bis: necessita` di produrre il Ccnl
Cassazione, sez. lav., 17 aprile 2009, sentenza
n. 9246 - Pres. Sciarelli - Est. Nobile - P.M. Finocchi Ghersi - Ric. Soc. Sicet - Res. C.M.
Controversie del lavoro - Procedimento di ac- certamento pregiudiziale ex art. 420 bis c.p.c.
- Sentenza del Tribunale Ricorso immediato in cassazione - Deposito del Ccnl - Omissione
- Conseguenze - Improcedibilita` del ricorso.
Nel procedimento di accertamento pregiudizia- le sull’efficacia, validita` e interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui al- l’art. 420 bis c.p.c., la parte ha l’onere di depo- sitare, a pena di improcedibilita` del ricorso, il testo integrale del contratto o accordo sul qua- le il ricorso si fonda, in quanto l’indicato adempimento ha carattere strumentale rispetto all’adeguato esercizio della funzione nomofi- lattica da parte della Corte di cassazione.
Nota
Giurisprudenza
Appare davvero singolare il fatto che il contratto collettivo nazionale da un lato sia praticamente assurto, dal 2006, a norma di legge, la cui violazio- ne puo` essere autonomamente denunciata in cassazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., e dall’altro con- tinui ad essere considerato dalla giurisprudenza un documento, sia pure di tipo particolare, che le parti hanno l’onere di produrre, a pena di da- cadenza, ma che pero` puo` anche essere acquisito in corso di causa dal giudice di merito (art. 425, u.c., c.p.c.). A cio` si aggiunga che l’art. 369, n. 4, c.p.c., contemporaneamente alla introduzione del motivo di ricorso in cassazione di cui abbiamo appena detto, sancisce ora che il ricorrente deve produrre, a pena di improcedibilita`, gli atti proces- suali, i documenti e i contratti o accordi collettivi
«sui quali il ricorso si fonda», fermo restando che, in ossequio al ‘‘principio di autosufficienza’’ (igno- to al codice ma ormai applicato da anni e costan- temente dalla S.C., con finalita` comprensibilmen- te deflattive), gli stessi atti, documenti e norme della contrattazione collettiva, devono essere, se invocati, riprodotti anche all’interno del ricorso (e anche del controricorso se contiene un ricorso incidentale). In questo quadro non certo conso- lante (nel quale peraltro si e` ora inserita almeno una nota di speranza: la recente abrogazione del- l’art. 366 bis c.p.c. e quindi la fine di una delle piu` grandi mattanze che i repertori di giurisprudenza ricordino, nonche´ degli incubi notturni anche dei migliori cassazionisti, alla disperata ricerca del ‘‘quesito’’ perfetto), non sorprende che la S.C. ab- bia ora ribadito che anche il peculiare ricorso in cassazione previsto dall’art. 420 bis c.p.c. (e gia` dall’art. 64 del T.U. n. 165 del 2001) debba essere ‘‘corredato’’, a pena, naturalmente, di improcedi- bilita`, del testo integrale del contratto, o accordo, collettivo nazionale nel cui ambito si trova la clau- sola che ha dato origine (presumibilmente mesi, se non anni, prima) a questo improvvido sub- procedimento.
In senso conforme alla pronuncia annotata si ve- dano gia` Cass., sez. lav., 2008, n. 5050, in Mass. foro it., 2008, 303, e Xxxx., sez. lav., 6 ottobre 2008, n. 24654, ivi, 1395, secondo la quale la pro- duzione dell’intero Ccnl sarebbe necessaria per- che´ occorre consentire alla Corte di cercare libe-
ramente, all’interno del contratto stesso, qualun- que clausola che possa essere utile per la soluzio- ne della questione sollevata (sic). Cfr. anche Cass., sez. lav., 4 agosto 2008, n. 21080, ivi, 1157, pure ricordata in motivazione.
Nel senso che in seguito alle recenti modifiche al ricorso in cassazione, il Ccnl non sarebbe piu`...un documento, cfr. Xxxx., sez. lav., 17 settembre 2008, n. 23745, in Lav. giur., 2009, 195 ss., con ampia nota di riferimenti, cui si puo` ora aggiunge- re Xxxx., sez. lav., 23 marzo 2009, n. 6969, che ha invece ritenuto inammissibile, in quanto tardiva, la produzione in appello di un contratto collettivo del 1995.
In generale, sul procedimento ex art. 420 bis c.p.c. vedi ad es. X. Xxxxxxx, in Arg. dir. lav., 2008, 1027 ss.; Xxxxxxxxxxx, nota a Xxxx., sez. lav., 25 settem- bre 2007, n. 19710, in Mass. giur. lav., 2008, 1-2, 87 ss.; Xxxxxxxxx, nota a Cass., S.U., 19 ottobre 2006, n. 22427, in Riv. dir. proc., 2007, 1334 ss.;
Cass., sez. lav., 7 maggio 2008, n. 11135.
Giurisprudenza
Xxxxx ‘‘strage degli innocenti’’, seguita alla previsio- ne del ‘‘quesito’’ xx xxx. 000 xxx x.x.x. (xxx abroga- to), cfr. Cass., sez. lav., 6 dicembre 2007, n. 25408, in E.F. Xxxxx, Per i ricorrenti in cassazione, vi- ta sempre piu` dura (verso la fine del ricorso in cas- sazione come garanzia), nota a Cass., S.U., 25 no- vembre 2008, n. 28054, in Riv. dir. proc., 2009, 828 ss.; con riferimento anche all’ultima riforma (e quindi di fatto alla sostituzione del ‘‘quesito’’ con la ‘‘sezione filtro’’), x. Xxxxxxx, in Corr. giur., 2009, 6, 737 ss., e Xxxxxx, ivi, 847 ss.
Aliunde perceptum
Cassazione, sez. lav., 21 aprile 2009, sentenza
n. 9464- Pres. Ravagnani - Est. Curzio - P.M. Riello - Aeroporti di Roma Spa c. C.G.
Lavoro subordinato - Costituzione del rapporto
- Durata del rapporto - A tempo determinato - In genere - Contratti a termine illegittimi - Tra- sformazione in un unico rapporto a tempo inde- terminato - Intervalli non lavorati - Risarcimen- to del danno - Detrazione dell’aliunde percep- tum percepito dal lavoratore - Eccezione in sen- so stretto - Configurabilita` - Esclusione - Con- seguenza - Rilevabilita` d’ufficio - Presupposti
- Tempestivita` e ritualita` dell’allegazione - Ne- cessita`.
Nel caso di trasformazione in un unico rappor- to di lavoro a tempo indeterminato di piu` con- tratti a termine succedutisi fra le stesse parti per effetto dell’accertata illegittimita` dell’appo- sizione del termine, dall’ammontare del risarci- mento del danno subito dal lavoratore a causa dell’impossibilita` della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla vanno detratti anche d’ufficio gli importi percepiti per aver svolto, nei periodi in- termedi tra le prestazioni, altre attivita` remune- rate, dovendosi ritenere che il cosiddetto ‘‘aliunde perceptum’’ non integri una eccezio-
ne in senso stretto e, pertanto, sia rilevabile dal giudice anche in assenza di un’eccezione di parte in tal senso, ovvero in presenza di un’ec- cezione intempestiva, sempreche´ la rioccupa- zione del lavoratore costituisca allegazione in fatto ritualmente acquisita al processo, anche se per iniziativa del lavoratore e non del datore di lavoro. (Cassa con rinvio, App. Roma, 16 marzo 2005)
Nota
Nel caso di trasformazione in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di piu` contratti a termine succedutisi fra le stesse parti, per effetto dell’accertata illegittimita` dell’apposizione del ter- mine, non consegue il diritto del lavoratore alla retribuzione per l’intero periodo, compresi gli
«intervalli non lavorati» fra l’uno e l’altro rappor- to, mancando una deroga al principio generale secondo cui la maturazione di tale diritto presup- pone la prestazione lavorativa e considerato che la suddetta riunificazione in un solo rapporto, operando ex post, non incide sulla mancanza di un’effettiva prestazione negli spazi temporali tra contratti a tempo determinato; tuttavia, il dipen- dente che cessa l’esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto puo` ottenere il ri- sarcimento del danno subito a causa dell’impossi- bilita` della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla, a condi- zione che il datore stesso sia stato posto in una condizione di mora accipiendi, senza, peraltro, che si configuri l’automatica equivalenza del risar- cimento ai compensi retributivi perduti, poiche´ tale automatismo e` da escludersi ove si accerti che il danno del lavoratore (derivante dalla perdi- ta della retribuzione) si e` ridotto in misura corri- spondente ad altri compensi percepiti (c.d. aliun- de perceptum) per prestazioni lavorative svolte - nel periodo considerato - presso altri datori di la- voro.
Sommario
Conciliazione preventiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . V
Diritti patrimoniali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VI
Assenza di profili penali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX
Mancanza di prove . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX
Pluralita` di lavoratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX
Fenomeni di elusioni diffusi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
Richieste di intervento previdenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
Conciliazione contestuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . X
Procedura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XI
Ruolo del conciliatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XIII
Effetti della conciliazione monocratica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XIII
Caratteristiche del verbale di accordo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XV
Profili previdenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XV
Postilla finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XVI
MILANOFIORI ASSAGO, Strada 1, Palazzo F6, Tel. 00.00000.000
Il rilancio
della conciliazione monocratica
Xxxxxxxxx Xxxxxx - Direttore della Direzione provinciale del lavoro di Macerata Docente di Diritto sanzionatorio del lavoro nell’Universita` di Modena e Reggio Xxxxxx (*)
A seguito della ridefinizione del ruolo assegnato alle ri- chieste di intervento, la Direttiva ministeriale sui servi- zi ispettivi del 18 settembre 2008 ha prospettato un si- curo rilancio della conciliazione monocratica (1) di cui all’art. 11 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124. Su questa strada si e` posta, con maggior vigore, la piu` recente circolare 26 novembre 2009, n. 36.
Il Ministero del lavoro manifesta con chiarezza l’inten- zione di potenziare l’istituto introdotto dalla riforma dei servizi ispettivi, la cui attuazione e` pensata al fine di consentire alle Direzioni provinciali del lavoro di rior- ganizzarsi in base ad una programmazione della vigi- xxxxx e delle ispezioni non prioritariamente fondata sul- le richieste di intervento, ma al contempo dotare l’ispet- tore del lavoro di un potere esclusivo di conciliazione atto a sostenere e rinforzare le tutele sostanziali (in pri- mo luogo retributive e contributive) dei lavoratori nelle fattispecie in cui maggiormente difficile appare l’acqui- sizione della prova a sostegno degli illeciti amministra- tivi eventualmente riscontrabili.
Disciplinando la ‘‘conciliazione monocratica’’, l’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 ha introdotto un istituto i cui ef- fetti potrebbero essere particolarmente significativi, an- che in termini di emersione del sommerso, se solo ad esso si facesse ricorso senza pregiudiziali ideologiche e senza eccessive riserve.
Proprio i vincoli di carattere ideologico e le riserve mentali hanno reso finora scarsamente utilizzato l’isti- tuto, seppure nel 2009, per effetto della Direttiva del 18 settembre 2008, i dati statistici rilevati presso le Di- rezioni provinciali del lavoro hanno consegnato uno scenario di chiara evoluzione e di migliore utilizzo. Se- condo la circolare n. 36/2009 la rilevata insufficiente diffusione dell’istituto ha dato «evidenti ricadute nega- tive, sia sotto il profilo della concreta deflazione del contenzioso, che della tutela immediata degli interessi sostanziali dei lavoratori»; da qui, per «favorire un pie- no sviluppo della conciliazione monocratica», la Dire- zione generale per l’attivita` ispettiva ha ritenuto «ne- cessario fornire (...) chiarimenti ed indicazioni opera-
tive in ordine all’interpretazione dei corretti presuppo- sti di attivazione dell’istituto ed alle modalita` gestiona-
Note:
(*) L’Autore e` membro del Centro Studi Attivita` ispettiva del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nonche´ del Centro Studi «Xxxxx Xxxxx» dell’Universita` di Modena e Reggio Xxxxxx e del Comitato scientifico della Fondazione Studi del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.
(1) Per una disamina dell’istituto si vedano i contributi di: X. Xxxxxxxx, La nuova concilia- zione monocratica nella riorganizzazione dei servizi ispettivi, in Lav. giur., 2005, 8, 718 s.; X. Xxxxx, Conciliazione monocratica, in C.L. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx (a cura di), La riforma dei servizi ispettivi in materia di lavoro e previdenza sociale. Commentario al decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, Xxxxxxx`, Milano, 2004, 193 s.; X. Xxxx, La conciliazione monocratica, in X. Xxxxxx, X. Xxxx (a cura di), Commentario sul tema Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’art. 8 della l. 14 febbraio 2003, n. 30 (d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124), in Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2005, 4, 951 s.; X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxxx, Conciliazione monocratica e diffida accertativa: implica- zioni di carattere sostanziale e processuale, in Bollettino Adapt, 2006, n. 22, in xxx.xxxxx.xx;
X. Xxxxxxxxx, La conciliazione monocratica, in Lav. Prev. Oggi, 2007, n. 5, 725 s.; X. Xxxxx- gnino, Gli effetti della conciliazione monocratica sul rapporto contributivo, in Lav. Prev. Oggi, 2005, n. 6, 1005 s.; X. Xxxxxxx, Ispezioni e diritti nel decreto legislativo n. 124/2004, in Lav. Prev. Oggi, 2005, n. 6, 970 s.; X. Xxxxxxx, Ispezioni e diritti a proposito degli artt. 11 e 12 d.lgs. n. 124 del 2004, in RDSS, 2005, 321 s.; X. Xxxxxxxxxx, La conciliazione monocratica, in Riv. giur. lav., 2005, 4, 840 s.; X. Xxxxxxx, Conciliazione monocratica e diffida accertativa per crediti patrimoniali, in Guida lav., 2004, 24, 16 s. Si vedano anche: X. Xxxxxxx, X. Xxxxx, P. Rausei, La riforma dei servizi ispettivi, in Dir. prat. lav., 2004, 30, Inserto; X. Xxxxx, M. Tira- boschi, La riforma dei servizi ispettivi e delle attivita`di vigilanza, in GLav, 2004, n. 21, 14 s.; X. Xxxx, La nuova vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale, in Lavoro giur., 2004, n. 7, 639 s.; X. Xxxxxxxxxx, Commento all’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004, in X. Xxxxxx, X. Xxxx, Commentario breve alle leggi sul lavoro, Xxxxx, Padova, 2009; X. Xxxxxx, Ispezioni del lavoro. Controlli e xxxxxxxx, Xxxxxx-Xxxxxxxxxx, Napoli, 2009; X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxx, Ispezioni sul lavoro. Guida pratica, Il Sole 24Ore, Milano, 2008; I. V. Xxxxxx, L’ispezione in materia di lavoro e legislazione sociale, Halley, Matelica (MC), 2007; D. Papa, L’ispezione del lavoro in azienda, FAG, Milano, 2006; X. Xxxxxxxxx, Ispezioni in materia di lavoro. Decreto legislativo n. 124 del 23 aprile 2004, Ipsoa, Milano, 2005; X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, Le ispezioni in azienda: obblighi, poteri e tutele dopo il X.Xxx. 124/2004, Iuridica Editrice, Roma, 2005;
X. Xxxxxx, Servizi ispettivi: le implicazioni della riforma, in Dir. prat. lav., 2004, 42, Inserto. Sia consentito rinviare anche a: P. Xxxxxx, «Ispezioni del lavoro. Procedure ispettive e stru- menti di difesa», Ipsoa, Milano, 2009; P. Xxxxxx, Conciliazione monocratica: vantaggi e limiti, in Dir. prat. lav., 2006, 6, 311 s.; P. Rausei, La nuova ispezione in azienda, in DPL-Oro, 2004, 4; P. Xxxxxx, «Riordino dei servizi ispettivi», in Dir. prat. lav., 2004, 6, 379 s.
li dello stesso, con l’obiettivo di assicurare anche una indispensabile uniformita` di comportamento degli Uffi- ci su tutto il territorio nazionale».
In buona sostanza si tratta di una procedura conciliativa che si svolge per intero dinanzi ad un singolo funziona- rio della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio, al termine della quale si consacra in un verbale di accordo la manifestazione di volonta`, comu- ne e consensuale, del datore di lavoro e del lavoratore, riguardo alla natura, alla durata, alle caratteristiche e al- le modalita` di svolgimento di un rapporto di lavoro che e` effettivamente intercorso fra gli stessi.
Se questi primi elementi sembrerebbero presentare una lieve modifica, limitatamente alla composizione del- l’organismo conciliatore (non piu` collegiale, ma mono- cratico appunto), della procedura prevista dall’art. 410
c.p.c. per il tentativo di conciliazione che precede l’in- staurazione del giudizio di lavoro, in realta` lo strumen- to in esame e` individuato come competenza nuova ed esclusiva delle Direzioni provinciali del lavoro, con un triplice profilo di vantaggi:
●
per il datore di lavoro, quello di potersi mettere in re- gola, pur tardivamente e non del tutto spontaneamente, con oneri generalmente meno gravosi, e vedersi cos`ı estinguere il procedimento ispettivo, a seconda dei casi perche´ neppure iniziato ovvero perche´ non portato a compimento, quindi senza dover esporsi ad una indagi- ne accurata da parte dei funzionari incaricati della vigi- xxxxx e alle conseguenti sanzioni;
●
per il lavoratore, quello di trovarsi immediatamente riconosciuta la sussistenza di un rapporto di lavoro, con la relativa corresponsione della retribuzione e la coessenziale regolarizzazione assicurativa e previden- ziale, senza doversi assoggettare alle lungaggini pro- cessuali e senza nessuna spesa a suo carico;
●
per la stessa pubblica amministrazione, la quale, da un lato, non svilisce l’attivita` di vigilanza in indagini spesso difficili e complesse, che poi devolvono, co-
munque, verso un accordo conciliativo fra le parti o, che e` peggio, finiscono per essere cancellate, in fase contenziosa, amministrativa o giudiziaria, per vizi di forma o procedurali o per il mancato riconoscimento dell’apparato probatorio faticosamente raccolto dal per- sonale ispettivo; dall’altro, sul piano dei contributi pre- videnziali, consegue quel risultato minimo positivo che si vedrebbe negato risolutamente nel caso purtroppo usuale di conciliazione collegiale cd. ‘‘a saldo e stral- cio’’.
La conciliazione monocratica puo` svolgersi in due for-
me distinte, ‘‘conciliazione preventiva’’ e ‘‘conciliazio- ne contestuale’’, secondo la denominazione datane in dottrina e in seguito accolta anche dal Ministero del la- voro e delle politiche sociali, che ne ha fatto esplicito uso dapprima nella circolare n. 24 del 24 giugno 2004 e da ultimo nella circolare n. 36/2009 (vedila a pag. 89).
Deve essere chiaro, peraltro, che in entrambe le fatti- specie di conciliazione monocratica, contestuale e pre- ventiva, l’attivazione della procedura interrompe i ter- mini per la contestazione e la notificazione degli illeciti amministrativi (art. 14, legge 24 novembre 1981, n. 689), fino alla conclusione del procedimento conciliati- vo: conseguentemente l’accertamento ispettivo ha ini- zio o prosegue, regolarmente, con decorrenza ex novo dei termini, tanto se l’accordo non e` stato raggiunto, quanto se anche una sola delle parti convocate non si e` presentata.
Non solo, perche´ da questa previsione normativa deriva anche il fatto che non e` stato posto alcun termine spe- cifico ne´ per l’inizio, ne´ per la conclusione della conci- liazione monocratica e cioe` per raggiungere, consacran- dolo a verbale, un accordo transattivo fra lavoratore e datore di lavoro, pur dovendosi implicitamente dedurre e apprezzare un sicuro impulso per la massima spedi- tezza e celerita` dell’azione amministrativa.
Vedi riquadro a pie` pagina.
Decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 ‘‘Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30’’ (Gazzetta Ufficiale del 12 maggio 2004, n. 110)
Articolo 11 Conciliazione monocratica
1. Nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo alla direzione provinciale del lavoro dalle quali emergano elementi per una so- luzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente puo`, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate.
2. Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.
3. In caso di accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 2113 commi primo, secondo e terzo del codice civile.
4. I versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, riferiti alle somme concordate in sede conciliativa, in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti, nonche´ il pagamento delle somme dovute al lavora- tore, estinguono il procedimento ispettivo. Al fine di verificare l’avvenuto versamento dei contributi previdenziali e assicurativi, le direzioni provinciali del lavoro trasmettono agli enti previdenziali interessati la relativa documentazione.5. Nella ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro da` seguito agli accertamenti ispettivi.
6. Analoga procedura conciliativa puo` aver luogo nel corso della attivita` di vigilanza qualora l’ispettore ritenga che ricorrano i pre-
supposti per una soluzione conciliativa di cui al comma 1. In tale caso, acquisito il consenso delle parti interessate, l’ispettore informa con apposita relazione la Direzione provinciale del lavoro ai fini dell’attivazione della procedura di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. La con- vocazione delle parti interrompe i termini di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, fino alla conclusione del pro- cedimento conciliativo.
Conciliazione preventiva
La prima tipologia di conciliazione monocratica fa se- guito ad una richiesta di intervento ispettivo presentata presso l’ufficio periferico del Ministero del lavoro, ter- ritorialmente competente, in base alla individuazione del luogo dove si sono svolte le prestazioni lavorative oggetto di segnalazione e, quindi, potenzialmente, di ispezione.
Quando dalla richiesta di intervento emergono «ele- menti per una soluzione conciliativa della controver- sia», la Direzione provinciale del lavoro, mediante un proprio funzionario, indifferentemente amministrativo o ispettivo, a seconda dell’organizzazione che si e` dato in concreto l’ufficio, «puo`» - ne ha la facolta` - procede- re a convocare gli interessati, e cioe` lavoratore e datore di lavoro, al fine di espletare un tentativo di concilia- zione.
Peraltro - come segnala la stessa circolare n. 36/2009, sull’onda della Direttiva del 18 settembre 2008 - la conciliazione preventiva assicura un maggiore equili- brio nel rapporto fra l’azione ispettiva su richiesta di in- tervento e quella attivata a seguito dell’iniziativa pro- grammata dalle Direzioni provinciali (2). Le ispezioni attivate a seguito di richiesta di intervento, spesso con- seguenza di situazioni di frattura nei rapporti interper- sonali tra datore di lavoro e lavoratore, si presentano assai meno incisive rispetto alle indagini ispettive av- viate d’iniziativa che possono piu` agevolmente garanti- re una pianificazione organica e mirata della vigilanza sul territorio.
Secondo gli indirizzi della macrodirettiva del 2008 la circolare del 26 novembre 2009 ribadisce che attraver- so la conciliazione monocratica preventiva si puo` colti- vare l’obiettivo di un migliore ‘‘bilanciamento’’ fra l’i- spezione programmata di iniziativa dell’organo di vigi- xxxxx e quella attivata sulla base di una richiesta di in- tervento, valorizzando una vera e propria pianificazione degli interventi di verifica e controllo sulla base del contesto socio-economico governato, da realizzarsi an- che mediante «cicli di ispezioni mirate su singoli ambiti territoriali o su determinati settori merceologici», sia «a vista» (senza preventiva individuazione della singola azienda) che «ad obiettivo» (con indicazione specifica dell’azienda da ispezionare).
D’altra parte le richieste d’intervento corrono anche il rischio di ‘‘strumentalizzare’’ il ruolo stesso dell’ispet- tore del lavoro, soprattutto quando risultano infondate o prive di oggettivi elementi di riscontro, e rappresenta- no, su questo piano, un sicuro ostacolo per una azione ispettiva efficace volta alla piena ed effettiva verifica dell’osservanza della normativa di lavoro.
Un ricorso generalmente diffuso alla conciliazione monocratica preventiva, secondo le indicazioni mini- steriali, puo` contribuire in modo concreto per assicu- rare una tutela effettiva al lavoratore, garantendo, al tempo stesso, «un impiego migliore delle risorse ispettive da destinare ad iniziative di vigilanza di maggiore respiro», mirate anche a favorire una cresci- ta del sistema imprenditoriale, in tutti i settori, per una tutela complessiva dei livelli occupazionali e non solo del singolo lavoratore che presenta la richiesta di in- tervento.
Diventa, quindi, «obiettivo primario» del Ministero del lavoro, segnalato con la circolare n. 36/2009, «perveni- re ad un significativo incremento della definizione del- le richieste d’intervento attraverso l’istituto della con- ciliazione monocratica preventiva», volgendo ad una definizione in sede di accertamento ispettivo delle sole richieste di intervento che appaiano significativamente gravi o rilevanti sul piano della lesione dei diritti so- stanziali meritevoli di tutela.
Su questo piano occorre segnalare che l’istituto ha si- curamente natura volontaria, per quanto attiene al la- voratore, il quale nella propria richiesta di intervento facoltizza il tentativo ovvero, una volta convocato, si presenta facendo procedere l’azione conciliativa. Spetta soltanto al lavoratore il ruolo di arbitro delle sorti della conciliazione monocratica, quanto piu` sara` libero e forte, tanto piu` l’istituto andra` a vantaggio della soddisfazione immediata e diretta dei suoi crediti e diritti.
Inoltre, per altro verso, la conciliazione monocratica ha natura discrezionale, in quanto non sussiste alcun ob- bligo per il Direttore della Direzione provinciale del la- voro di procedere ad espletare il tentativo conciliativo: d’altra parte, pero`, come detto, la conciliazione mono- cratica ‘‘preventiva’’ rappresenta un utile strumento a disposizione degli uffici territoriali ministeriali per lo snellimento delle richieste di intervento giacenti, so- prattutto quando si presentano scevre di un indispensa- bile apparato probatorio e circostanziale e, pertanto, espongono il personale ispettivo ad indagini di non ra- pida e non agevole conclusione.
Prima di proseguire nell’analisi dei presupposti essen- ziali di attivazione della conciliazione monocratica, co- me rilevati dalla circolare n. 36/2009, va chiarita la na- tura stessa della «richiesta di intervento» (abbreviata in acronimo «RI»).
Anzitutto, vale la pena segnalare che con questa locu- zione tecnica, utilizzata anche dal legislatore nel D.Lgs. n. 124/2004, s’intende la denuncia ovvero la ri- chiesta di un accertamento ispettivo, da parte del perso- nale di vigilanza del Ministero del lavoro e delle poli- tiche sociali, che un lavoratore, ovvero un’organizza- zione sindacale o altro soggetto privato, rivolge nei confronti di una specifica realta` datoriale, per una sin- gola o plurima vicenda lavorativa.
Se la Direttiva del 18 settembre 2008 ha chiarito che la presentazione di una richiesta di intervento non rappre- senta una istanza di parte a norma dell’articolo 2, com- ma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, non compor- tando quindi per le strutture ministeriali alcun obbligo
Nota:
(2) Secondo la presa di posizione ministeriale contenuta nella Direttiva del 18 settembre 2008 in argomento, viene in primo luogo precisato che non si deve «dare seguito a ri- chieste anonime, presentate a mezzo posta, e-mail, fax o telefono» anche quando circo- stanziate o dettagliate. La denuncia anonima «non puo` e non deve essere presa in con- siderazione per la programmazione di interventi ispettivi perche´ contraria ai principi di correttezza e trasparenza della azione della amministrazione pubblica». Fanno eccezione i casi in cui emerge «con palese e incontrovertibile evidenza la particolare gravita` e atten- dibilita` dei fatti denunciati». Secondo la Direttiva «la corretta e generale attuazione della conciliazione monocratica nella sua forma preventiva consentira` ai servizi di ispezione del lavoro delle Direzioni provinciali del lavoro di riorganizzarsi, anche in termini di program- mazione della attivita` ispettiva».
di dare corso ad una verifica ispettiva (3), la circolare
n. 36/2009, chiarisce che le Direzioni provinciali del la- voro possono prendere in considerazione soltanto le RI che non risultano «palesemente pretestuose» (volte a creare elementi di disturbo in una realta` lavorativa spe- cificata), «oggettivamente inattendibili» (senza riferi- menti seriamente idonei a introdurre un intervento ispettivo) e «prive di ogni fondamento» (mancanti di qualsiasi elemento oggettivo di supporto ad una even- tuale ispezione).
Tolte di mezzo, pertanto, le RI non procedibili perche´ prive di elementi a sostegno di una iniziativa di vigilan- za, tutte le altre richieste di intervento devono trovare nella attivazione di un tentativo di conciliazione mono- cratica preventiva «la via assolutamente privilegiata di definizione della vicenda segnalata». L’approdo priori- tario di una RI procedibile, pertanto, deve essere in pri- mo luogo quello della conciliazione monocratica, fallita la quale potra` darsi seguito ad un intervento ispettivo. La circolare n. 36/2009, peraltro, individua puntual- mente le richieste di intervento per le quali si palesa la necessita` di procedere direttamente ad un accesso ispettivo con riguardo «alla denuncia di irregolarita` si- gnificativamente gravi e incisive».
Le RI caratterizzate da tale significativa gravita` e inci-
sivita` delle irregolarita` e presunte violazioni denunciate sono quelle che rivestono una diretta ed esclusiva rile- vanza penale, quelle che interessano altri lavoratori ol- tre al denunciante, quelle che riguardano fenomeni di elusione particolarmente diffusi sul territorio di riferi- mento e, ovviamente, quelle che hanno ad oggetto solo aspetti di natura contributiva, previdenziale ed assicura- tiva.
Altra questione e` quella relativa alla possibilita` che sia il datore di lavoro a proporre una richiesta di interven- to, dichiaratamente al fine di ottenere una conciliazione monocratica: gran parte della dottrina e` schierata per una soluzione negativa sul punto, tuttavia il dato nor- mativo non qualifica la provenienza della richiesta di intervento in capo al solo lavoratore e, dunque, in astratta ipotesi, anche quella proposta dal datore di la- voro potrebbe divenire oggetto di una tentata concilia- zione monocratica, salvo che la richiesta datoriale sia volta a recuperare crediti che lo stesso datore vanta nei confronti del lavoratore, giacche´, in ogni caso, l’i- stituto in esame sembra potersi occupare legittimamen- te ed esclusivamente dei diritti del lavoratore che risul- tano lesi e, per l’effetto, possono essere tutelati per il tramite di un intervento ispettivo ministeriale.
Per attivare la conciliazione monocratica devono ricor- rere alcuni presupposti oggettivi declinati sinteticamen- te dalla norma («elementi per una soluzione conciliati- va») che erano stati esplicitamente individuati inizial- mente dalla circolare n. 24/2004 del Ministero del lavo- ro e ribaditi nel dibattito che ne e` seguito, per poi essere ridefiniti compiutamente dalla circolare n. 36/2009.
D’altra parte lo stesso Ministero del lavoro con la nota
n. 8716 del 12 giugno 2009 aveva gia` ribadito il ricorso pressoche´ generalizzato e quasi obbligatorio alla conci- liazione monocratica preventiva segnalandone la natura di informale «condizione preliminare di procedibilita`» dell’azione ispettiva.
Peraltro, a fronte di chi ha interpretato siffatta ultima
locuzione come idonea a costituire la conciliazione mo- nocratica come «atto vincolato dell’iter ispettivo» in modo tale da farne conseguire, in caso di mancata atti- vazione, un vero e proprio vizio dei successivi atti ispettivi (4), si rileva come la natura dell’istituto per- manga, al di la` di qualsivoglia interpretazione o chiari- mento anche amministrativo, quella delineata dalla nor- ma, vale a dire un potere discrezionale del Direttore della Dpl (nella forma preventiva) e del personale ispet- tivo (nella forma contestuale) a fronte di situazioni
«conciliabili», senza che il mancato esercizio di detto potere possa impattare in alcun modo sulla validita` e sulla legittimita` degli atti amministrativi sanzionatori posti in essere.
Vedi riquadro alla pagina successiva.
Diritti patrimoniali
Un essenziale requisito e, forse, il principale presuppo- sto della attivazione dell’istituto in esame e` dato dall’at- tinenza delle questioni, sollevate nella richiesta di inter- vento (oppure evidenziate a seguito del primo accesso ispettivo), a diritti patrimoniali del lavoratore, siano es- si, indifferentemente, di origine contrattuale oppure le- gale.
Il principale elemento «per una soluzione conciliativa», infatti, non puo` che essere la patrimonialita` delle que- stioni segnalate.
Sia che si tratti di lavoro subordinato ovvero autonomo, rileveranno, ai fini dell’attivazione della conciliazione monocratica, quei profili attinenti lo svolgimento - e non puramente la costituzione - del rapporto di lavoro, dai quali derivano in concreto dei crediti, di natura re- tributiva o meno, in capo al lavoratore.
In effetti, il testo normativo non pone limiti di alcun tipo con riguardo alle diverse fattispecie di lavoro, neppure in caso di lavoro sommerso o comunque irregolare.
Xxxx, se la Direzione provinciale del lavoro (nella for- ma preventiva) o l’Ispettore del lavoro (nella forma contestuale) non ritengono di avere acquisito la prova della sussistenza del rapporto di lavoro, nei termini di- chiarati, possono decidere di procedere alla conciliazio- ne monocratica che consente al lavoratore di ottenere il riconoscimento immediato delle spettanze retributive e
Note:
(3) La Direttiva del 18 settembre 2008 sul punto espressamente prevede: «Al fine di meglio orientare l’azione ispettiva a criteri di programmazione degli interventi, secondo i principi di efficienza, efficacia ed economicita` della azione amministrativa, si precisa che la semplice pre-sentazione agli uffici di una richiesta di intervento non costituisce una ipotesi riconducibile all’articolo 2, comma 1, della legge n. 241 del 1990, e dunque di per se´ non comporta per l’amministrazione l’obbligo di dare necessariamente corso alla verifica ispettiva, a meno che i fatti denunciati non siano di natura penale, per cui que- st’obbligo sussiste sempre. Pertanto, in caso di richieste di intervento che, pur sottoscritte dal denunciante, tuttavia non presentano i caratteri della oggettiva attendibilita` dei fatti esposti e della concreta possibilita` di provare quanto viene denunciato, l’ufficio puo` non dare corso alla richiesta di intervento, che puo` essere archiviata, qualora non per- vengano all’ufficio nuovi elementi, alla fine dell’anno successivo a quello di presentazione della richiesta di intervento stessa, previo avviso scritto al denunciante. Si ritiene che que- sta disposizione sia particolarmente opportuna soprattutto nelle realta` territoriali che re- gistrano un notevole numero di richieste di intervento rispetto alle risorse ispettive a di- sposizione».
(4) Cos`ı esplicitamente X. Xxxxxx, Ispezioni del lavoro. Controlli e garanzie cit., 118.
contributive e al Ministero del lavoro l’emersione del rapporto di lavoro ‘‘in nero’’ o anche ‘‘in grigio’’, trat- tandosi, indubbiamente, di aspetti di natura patrimonia- le, sui quali paiono evidenziabili almeno alcuni profili di conciliabilita`.
Xxxxxxxxx, dunque, nell’alveo di una possibile concilia- zione monocratica, in buona sostanza, quei crediti pa- trimoniali o pecuniari, non dissimili da quelli che po- trebbero, in circostanze e con presupposti tutt’affatto differenti, dare luogo ad una diffida accertativa (art. 12, D.Lgs. n. 124/2004), che derivano al prestatore di lavoro, a seguito e in ragione della sua attivita` lavora- tiva, per effetto di una non applicazione di un qualsiasi istituto economico contrattualmente pattuito o di previ- sione legale.
Il dettato normativo, nel parlare di «somme concorda- te» o anche di «somme dovute» (art. 11, comma 4), non fa alcun riferimento ne´ alla disponibilita` dei diritti da parte del lavoratore, ne´ alla mera natura retributiva degli stessi: ne deriva che tutto quanto abbia carattere di patrimonialita`, e quindi qualsiasi emolumento che il datore di lavoro debba corrispondere al lavoratore, in costanza di rapporto ovvero dopo la cessazione dello stesso, puo` rientrare nell’ambito di applicazione dell’i- stituto in esame.
Guardando, allora, al lavoro subordinato si potra` ovvia- mente pensare alla retribuzione, vista nel suo comples-
so, xxx comprese le maggiorazioni per il lavoro notturno o anche straordinario, ma anche alle molteplici eroga- zioni pattuite in ragione di particolari eventi aziendali e cos`ı via.
A titolo di esempio rientra nell’ambito di applicazione della conciliazione monocratica la richiesta di intervento della piz- zaiola A. che rivendica tutte le spettanze patrimoniali, non soltanto retributive, riguardanti un rapporto di lavoro in ne- ro presso la Pizzeria «S.», durato 4 mesi, sostenendo di aver ricevuto 600 euro mensili senza busta paga e di aver svolto un orario di lavoro settimanale che prevedeva in media 5 ore di straordinario.
Analogamente per quanto riguarda il lavoro autonomo (comprendendo nella fattispecie, naturalmente, anche le forme di lavoro cosiddetto parasubordinato) gli ele- menti per la soluzione conciliativa saranno individuabi- li sui compensi dovuti contrattualmente (il corrispettivo comunque valorizzato) e sulle altre forme di incentiva- zione economica ovvero erogazioni legate allo svolgi- mento dell’attivita` lavorativa (ad esempio, nel lavoro a progetto, le somme stabilite a titolo di corrispettivo per il diritto di esclusiva in caso di monocommittenza). Le richieste di intervento che passeranno in conciliazio- ne monocratica, pertanto, in costanza degli altri requi- siti, saranno quelle che avranno carattere e contenuto di tipo economico-patrimoniale, anche con i connessi risvolti previdenziali.
Sotto altro profilo, in questi limiti, la conciliazione mo- nocratica potrebbe anche avere ad oggetto la richiesta di intervento che proviene da un lavoratore il cui con- tratto di lavoro sia stato fatto oggetto di certificazione (ai sensi degli artt. 75-79, D.Lgs. n. 276/2003), qualora la rivendicazione mossa non attenga alla qualificazione del contratto o alla difformita` fra contratto e rapporto, in tal caso, infatti, permane l’obbligo di operare secon- do la particolare procedura di conciliazione da svolger- si obbligatoriamente davanti alla commissione di certi- ficazione (art. 80, comma 4, D.Lgs. n. 276/2003).
Assenza di profili penali
Come rilevato dalla circolare n. 24/2004 e meglio chia- rito dalla successiva circolare n. 36/2009, per l’attiva- zione della conciliazione monocratica non devono emergere, nel contesto narrativo della richiesta di inter- vento, elementi dai quali possano rilevarsi profili illeci- ti di natura penale.
La rilevanza penale dei fatti denunciati, infatti, toglie qualsiasi obiettiva possibilita` di accordo fra le parti, ri- sultando costituzionalmente prevalente la tutela genera- le dell’ordinamento giuridico per i beni penalmente protetti, siano essi anche non direttamente connessi alla fattispecie principale che forma oggetto della richiesta di intervento.
Piu` specificamente il tentativo di conciliazione mono- cratica va escluso quando la richiesta di intervento ri- guarda «direttamente» fattispecie che integrano gli estremi di un reato; gli esempi presentati dalla circolare
n. 36/2009 sono quelli delle lavoratrici madri adibite a prestazioni di lavoro notturno, l’impiego di cittadini ex- tracomunitari privi di permesso di soggiorno e quello di minori illegalmente immessi al lavoro.
Per andare al concreto, si pensi ancora alla lavoratrice X. che si rivolge alla Direzione provinciale del lavoro per de- nunciare un rapporto di lavoro in nero presso la Pizzeria
«S», in qualita` di pizzaiola, ma adduce anche che con lei la- voravano due ragazzi quattordicenni di cui uno di nazionalita` straniera. Qui i profili di illiceita` penale possono essere obiettivamente rilevati, almeno su di un piano indiziario, sebbene non concretamente provati e documentati (manca- no perfino le generalita` dei due minori), ma in astratto si puo` ipotizzare la sussistenza di reati in materia di impiego illegale di minori, di extracomunitari e di lavoratori notturni. Ne consegue, pertanto, che nel caso di studio prospettato, la lavoratrice non potra` ottenere l’avvio di una conciliazione monocratica, ma esclusivamente una immediata o comun- que sollecita attivita` ispettiva.
Il Ministero del lavoro, invece, ritiene corretto ricorrere alla conciliazione monocratica nei casi in cui la fatti- specie denunciata potrebbe avere soltanto eventual- mente implicazioni sul piano penale, come nel caso di lavoro nero per il quale possa risultare omessa la sor- veglianza sanitaria.
di conciliazione monocratica se risultavano gia` acquisi- ti agli atti «oggettivi, certi e sufficienti elementi di pro- va delle violazioni amministrative correlate».
Pur fra molte perplessita`, era prevalso, in dottrina e fra gli operatori, l’orientamento secondo cui la mancanza di prove riguardo alla sussistenza di illeciti amministra- tivi riguardanti la costituzione o lo svolgimento del rap- porto di lavoro, doveva essere elemento presupposto anche con riguardo all’esame della richiesta di inter- vento, al fine di attivare una conciliazione ‘‘preventi- va’’.
La RI, dunque, per essere oggetto di un tentativo di conciliazione monocratica non doveva contenere ele- menti di fatto idonei a dimostrare la sussistenza di ille- citi amministrativi, con speciale riguardo alla acquisi- zione in atti di documenti che ricostruiscono, con suffi- ciente certezza, l’esistenza di un rapporto di lavoro in un arco temporale ben determinato.
Per quanto la circolare n. 36/2009 non richiami espres- samente tale passaggio della circolare n. 24/2004 la stessa sul punto dovrebbe ritenersi integralmente supe- rata.
Tuttavia occorre riflettere sul fatto che la conciliazione monocratica non puo` essere vista come scappatoia as- soluta, vale a dire come via di fuga ordinaria e premiale
- che consente di passare sul ‘‘ponte d’oro’’ dell’estin- zione del procedimento ispettivo e del venir meno di tutte le sanzioni - anche nei casi in cui sono obiettiva- mente evidenti le circostanze di fatto in cui e` maturato il rapporto di lavoro di cui si tratta.
La funzionalita` dell’istituto, d’altro canto, come rileva- to piu` sopra, appare di assoluto vantaggio per tutte le parti (lavoratore, datore di lavoro e organismi di vigi- xxxxx), ma soltanto quando non vi sono elementi obiet- tivi, certi e documentati riguardo alle modalita` e agli elementi concreti della fattispecie lavorativa denunciata o ispezionata. Solo in questi casi, infatti, la logica del- l’emersione incentivata o della regolarizzazione ‘‘invo- gliata’’ (espressa a chiare lettere dalla conciliazione monocratica) puo` apparire socialmente non odiosa, ed anzi divenire sicuro e funzionante volano per una rapi- da soddisfazione dei crediti retributivi del lavoratore e per un sollecito ed effettivo recupero del credito contri- butivo per gli Istituti previdenziali.
Ancora a titolo di esempio, la richiesta di intervento presen- tata dalla pizzaiola A. che rivendica le spettanze patrimoniali per il suo rapporto di lavoro in nero presso la Pizzeria «S.», non dovrebbe transitare ad una conciliazione monocratica se con lei vi e` un testimone diretto, che ha lavorato come cameriere nello stesso periodo presso il medesimo pubblico esercizio, e rilascia all’ispettore di turno una apposita dichia- razione spontanea che conferma integralmente la durata del rapporto di lavoro e gli orari svolti dalla lavoratrice denun- ciante.
Mancanza di prove
A proposito della conciliazione in sede ispettiva (‘con- testuale’’) la circolare n. 24/2004 aveva previsto espressamente che non si poteva procedere al tentativo
Pluralita` di lavoratori
Come gia` richiamato in precedenza la circolare n. 36/ 2009 ha sancito che per le richieste di intervento che interessano altri lavoratori oltre al denunciante si evi- denzia la necessita` di procedere ad un accesso ispettivo
senza un preventivo tentativo di conciliazione mono- cratica.
Tuttavia la stessa circolare ministeriale chiarisce che la Direzione provinciale del lavoro deve privilegiare il ri- corso alla conciliazione monocratica quando il coinvol- gimento di altri lavoratori e` soltanto eventuale o mera- mente ipotetico.
Si deve, invece, dare prioritaria attenzione ad un acces- so ispettivo quando le irregolarita` denunciate coinvol- gono inequivocabilmente altri lavoratori oltre a colui che presenta la richiesta di intervento ed hanno ad og- getto fenomeni di chiara significanza e di rilevante im- patto sociale.
Sempre dalla circolare n. 36/2009, peraltro, proviene la conferma dell’utilita` e dell’applicabilita` della concilia- zione monocratica anche in caso di pluralita` di lavora- tori interessati: se i lavoratori coinvolti sono tutti nomi- nativamente identificabili si puo` procedere a singoli tentativi di conciliazione monocratica attivati ex officio anche per i lavoratori indicati dall’unico denunciante. Pertanto, quando la richiesta di intervento coinvolge le posizioni di piu` lavoratori nominati si puo` procedere al- la conciliazione monocratica se non vi sono gravi situa- zioni di illiceita`, ma la Direzione provinciale del lavoro dovra` garantire che le singole questioni siano affrontate e trattate separatamente.
Se invece la RI riguarda piu` posizioni lavorative diver-
se in capo allo stesso lavoratore nei confronti del mede- simo datore di lavoro, in tal caso la procedura concilia- tiva xxxx` evidentemente unica e comunque unitaria.
Fenomeni di elusione diffusi
Ancora dalla circolare n. 36/2009 si esonerano dalla conciliazione monocratica le richieste di intervento che denunciano «irregolarita` significativamente gravi e incisive», relative a fenomeni di elusione particolar- mente diffusi sul territorio governato dalla Direzione provinciale del lavoro.
Nella medesima direzione si era gia` mossa la Direttiva del 18 settembre 2008.
Si tratta in buona sostanza di una analisi situazionale, legata alla conoscenza specifica del territorio, che deve indirizzare e orientare l’azione ispettiva al fine di con- trastare fattispecie illecite di violazione della normativa in materia di lavoro diffuse in maniera significativa nel contesto territoriale.
Pertanto se il territorio denuncia una singolare presenza di appalti illeciti e non genuini, una richiesta di inter- vento presentata da un lavoratore impiegato in un ap- palto endoaziendale presso un determinato committente potra` spingere la Dpl ad attivare immediatamente un’i- spezione al fine di escludere qualsiasi fenomeno di in- terposizione illecita o fraudolenta.
Richieste di intervento previdenziali
La circolare n. 36/2009 individua anche le richieste di intervento che hanno ad oggetto soltanto aspetti di natu- ra contributiva, previdenziale ed assicurativa fra quelle che rendono necessaria l’avvio di un accesso ispettivo.
Qui la ragione e` palesemente ricavabile dalla assoluta non conciliabilita` della questione denunciata, giacche´ i profili previdenziali, sia sul piano dei contributi che su quello dei premi assicurativi, non possono essere ammessi ad alcuna forma di ‘‘trattabilita`’’ fra le parti del contratto di lavoro, anche in forza del disposto nor- mativo contenuto nell’art. 38 della Costituzione.
Conciliazione contestuale
Anche nel corso dell’espletamento di un normale ac- cesso ispettivo, su iniziativa dell’ufficio o in base a spe- cifica programmazione dell’intervento accertatore, l’i- spettore del lavoro puo` procedere a raccogliere il con- senso del lavoratore e del datore di lavoro per effettuare un tentativo di conciliazione sulle questioni evidenzia- te, quando da esse emergono «elementi per una solu- zione conciliativa della controversia», dandone imme- diata notizia al Direttore della Direzione provinciale del lavoro cui appartiene, mediante apposita relazione, da cui si attiva la procedura conciliativa.
Questa seconda ipotesi di conciliazione monocratica si avvia, dunque, nel corso dell’ordinaria attivita` di vigi- xxxxx, quando il funzionario ispettivo acquisisce gli ele- menti di fatto e di diritto da cui trae il convincimento della presenza di profili per una possibile soluzione conciliativa delle questioni emerse.
I presupposti operativi sono ovviamente gli stessi gia` delineati sopra per quanto attiene alla conciliazione preventiva:
●
le questioni che rilevano devono essere attinenti a di- ritti patrimoniali del lavoratore, indifferentemente, di origine contrattuale o legale (devono emergere gli ele- menti idonei ad addivenire ad una possibile e reale so- luzione conciliativa);
●
non deve gia` essere evidenziata la sussistenza di pro- fili di rilevanza penale su qualsiasi aspetto oggetto di indagine (nessuna favorevolezza e` ammissibile nei con- fronti di chi agisce illegalmente);
●
l’ispettore del lavoro procedente non deve avere gia` acquisito oggettivi, certi e documentati elementi di pro- va di violazioni amministrative correlate (ad es., non si potra` procedere alla conciliazione monocratica se si so- no acquisite dichiarazioni coincidenti da parte di piu` la- voratori sui connotati obiettivi del rapporto di lavoro investigato).
Va tenuto presente, tuttavia, che, secondo le indicazioni ministeriali, deve anche evidenziarsi un comportamen- to delle parti atto a mostrare di voler risolvere le proble- matiche emerse con un accordo favorevole.
Non solo, perche´ presupposto assoluto, di validita` e di legittimita` della procedura che ne segue, e` dato dalla acquisizione del consenso di entrambe le parti all’e- spletamento del tentativo di conciliazione monocratica: il consenso del datore di lavoro e del lavoratore deve essere acquisito dall’ispettore per iscritto, con apposita verbalizzazione, su specifico modello ministeriale.
D’altro canto, vale la pena segnalare che questa secon- da tipologia di conciliazione monocratica appariva scarsamente attuabile prima dell’avvento della Diretti- va ministeriale 18 settembre 2008, se non limitatamen- te a quei casi nei quali il personale ispettivo si trovasse nella assoluta impossibilita` di procedere ad alcun atto
di accertamento e venisse immediatamente posto di- nanzi alla prospettiva di un consenso delle parti all’at- tivazione della procedura conciliativa.
Altrimenti, se il funzionario ispettivo, proseguendo la normale attivita` d’indagine, procedeva ad acquisire ele- menti di prova di qualsiasi natura, documentale - acqui- sendo i libri obbligatori ancora presenti sul luogo di la- voro - ovvero dichiarativa, era obbligato, secondo i principi generali dell’ordinamento, e in mancanza di norma derogatoria espressa, a contestare gli illeciti rile- vati e sanzionarli.
In occasione dell’accesso ispettivo, il funzionario ac- certatore, fin dal primo istante, poteva intervenire nella acquisizione di elementi di prova della sussistenza di un rapporto di lavoro sommerso o irregolare, per poi procedere a rilevare le violazioni amministrative e pre- videnziali relative (e ove non procedesse sarebbe passi- bile di una responsabilita` penale per omissione di atti d’ufficio).
Al contrario ora questa seconda tipologia di concilia- zione monocratica, proprio alla luce della macrodiretti- va sui servizi ispettivi del 2008, acquisisce una peculia- re nuova vitalita`: laddove non debba procedere ad al- cun atto di accertamento per sussistenza di lavoro som- merso, l’ispettore potra` porre le parti dinanzi alla even- tuale prospettiva di un consenso all’attivazione della procedura conciliativa, con particolare riferimento alle ipotesi in cui si tratti dell’unico lavoratore occupato dall’ispezionato, in assenza di testimonianze acquisite in occasione del primo accesso ispettivo.
Con specifico riferimento alla conciliazione monocrati- ca contestuale la discrezionalita` dell’ispettore circa l’acquisizione del consenso del lavoratore e del datore di lavoro, trova alcuni limiti significativi, ma la conci- liazione in sede ispettiva puo` essere consapevolmente avviata, dal funzionario accertatore, fino alla emanazio- ne di un qualsiasi provvedimento amministrativo di ti- po sanzionatorio; d’altra parte, se la conciliazione con- testuale ha avvio in sede ispettiva, dove viene acquisito il consenso espresso manifestato dalle parti, essa poi prosegue d’ufficio in modo analogo, se non propria- mente identico, a quella preventiva.
La discrezionalita` dell’ispettore circa l’acquisizione del
consenso del lavoratore e del datore di lavoro, sembra trovare alcuni limiti significativi, con riferimento alle aziende che occupano un solo lavoratore, laddove il funzionario ispettivo non sia nelle condizioni di dover procedere alla redazione di un atto di accertamento per sussistenza di lavoro sommerso, valutati gli ele- menti raccolti e tenuto conto della capacita` di resistenza in giudizio dell’apparato probatorio, potra` porre le parti dinanzi alla prospettiva di un consenso all’attivazione della procedura conciliativa monocratica contestuale. Su questi aspetti e` intervenuta puntualmente la circola- re n. 36 del 26 novembre 2009 del Ministero del lavo- ro, richiamando anzitutto l’attenzione delle Direzioni provinciali del lavoro in relazione al fatto che per la conciliazione contestuale «valgono i medesimi presup- posti» delineati dalla stessa circolare ministeriale per la conciliazione preventiva.
La circolare stabilisce poi che il personale ispettivo e`
tenuto ad acquisire il consenso espresso delle parti, con apposita verbalizzazione, che puo` essere anche
successiva al verbale di primo accesso ispettivo, preci- sando, altres`ı, che il consenso puo` essere manifestato dal lavoratore e dal datore di lavoro anche separata- mente, purche´ «per iscritto, a mezzo lettera raccoman- data o mediante posta elettronica certificata», e con espresso riferimento al verbale di primo accesso ispet- tivo.
La circolare n. 36/2009, inoltre, afferma con chiarezza che la conciliazione monocratica contestuale puo` trova- re utile applicazione nel caso in cui l’azienda occupa un solo lavoratore (quale che sia la tipologia contrattuale utilizzata e la natura autonoma o subordinata della pre- stazione lavorativa resa). Fa eccezione alla generale ammissibilita` a conciliazione contestuale l’ipotesi in cui il lavoratore puo` considerarsi ‘‘in nero’’ in base agli elementi di prova acquisiti (e documentati) durante il primo accesso ispettivo e in considerazione della loro capacita` di resistenza in occasione dell’eventuale con- tenzioso (amministrativo o giudiziario).
Infine, la conciliazione «contestuale» incontrava un li- mite fortissimo quando l’ispezione procedeva da una ri- chiesta di intervento che non era stata originariamente ammessa a conciliazione «preventiva»: in tal caso, in- fatti, l’ispettore non poteva comunque avviare la conci- liazione contestuale, secondo quanto espressamente stabilito dalla circolare n. 24/2004. Anche sul punto, tuttavia, e` intervenuta la circolare n. 36/2009 che ha su- perato tale impostazione, consentendo anche in tali si- tuazioni (ispezione su RI non ammessa a conciliazione monocratica preventiva) l’ammissibilita` di una conci- liazione monocratica contestuale.
Xxxx` invocabile, pertanto, una conciliazione «contestuale», se, rimodulando ancora una volta l’esempio gia` utilizzato so- pra, l’ispettore del lavoro, che ha effettuato il proprio acces- so presso la Pizzeria «S.», trovando intenta al lavoro la sola pizzaiola A., che rilascia la propria dichiarazione sostenendo di essere «in prova» da due settimane, si vede avanzare la specifica richiesta di una conciliazione, di comune intesa dal- la lavoratrice e dal datore di lavoro, avvertito dell’avvio del- l’indagine ispettiva e subito accorso nel locale.
Vedi riquadro alla pagina successiva.
Procedura
Nella ipotesi della conciliazione monocratica avviata d’ufficio («preventiva»), sulla base dell’esame delle ri- chieste di intervento, valutata la possibilita` di esperire la procedura, il funzionario, amministrativo, ma prefe- ribilmente ispettivo (la circolare n. 36/2009 precisa che la conciliazione monocratica puo` continuare ad essere svolta anche dal personale amministrativo, ma l’obiet- tivo e` quello di coinvolgere il numero piu` alto possibile di unita` ispettive, con esclusione dei soli componenti del Nucleo Carabinieri Ispettorato del lavoro), assegna- tario della pratica, provvede a convocare le parti innan- zi a se´, «nel piu` breve tempo possibile», mediante let- tera raccomandata, avvertendole della possibilita` di far- si assistere da propri rappresentanti sindacali ovvero da consulenti del lavoro o altri professionisti abilitati di cui alla legge n. 12/1979.
La circolare n. 36/2009 prevede che le pratiche da trat-
tare mediante conciliazione monocratica preventiva de- vono essere assegnate al personale incaricato dal Diret- tore o da un funzionario dallo stesso appositamente de- signato, con una determinata periodicita`, nella dichiara- ta consapevolezza che per valorizzare le potenzialita` dell’istituto e` senz’altro necessario il coinvolgimento piu` ampio del personale ispettivo nello svolgimento dell’attivita` di conciliazione monocratica.
Sempre con riferimento alla forma preventiva la circo- lare ministeriale del 26 novembre 2009 precisa che in fase di ricezione della richiesta d’intervento va infor- mato il lavoratore della possibilita` di definire la contro- versia con conciliazione monocratica, segnalando allo stesso denunciante la competenza territoriale della Di- rezione provinciale del lavoro titolare degli eventuali accertamenti ispettivi. Il lavoratore che richiede l’inter- vento degli ispettori del lavoro deve essere anche avvi- sato della facolta` prevista dall’art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 124/2004, di «farsi assistere anche da asso- ciazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professio- nisti cui abbiano conferito specifico mandato».
Peraltro la circolare n. 36/2009 chiarisce che un even- tuale dissenso preventivo manifestato dal lavoratore, in qualunque modo, non puo` precludere il tentativo di conciliazione monocratica: anche in tali circostanze il Ministero considera utile consentire la convocazione
delle parti per tentare una soluzione conciliativa della controversia.
Con riguardo alla conciliazione monocratica contestua- le essa ha avvio in sede ispettiva, previa acquisizione del consenso manifestato dal lavoratore e dal datore di lavoro, per poi proseguire analogamente a quella preventiva con convocazione delle parti a data e ora prefissata dinanzi al funzionario conciliatore, mediante lettera raccomandata ovvero con posta elettronica certi- ficata.
Secondo quanto da ultimo chiarito dalla circolare n. 36/ 2009 le parti possono presentarsi al tentativo di conci- liazione monocratica, sia preventiva che contestuale, personalmente, con o senza assistenza sindacale o pro- fessionale, ma, in alternativa, possono optare per farsi rappresentare da persone munite di apposita e valida delega a transigere e conciliare.
Se le parti si presentano, personalmente o rappresenta- te, ma l’accordo non e` raggiunto, il tentativo di conci- liazione monocratica s’intende effettuato e non riuscito, e, conseguentemente, il procedimento ispettivo ripren- de il suo corso (art. 11, comma 5, D.Lgs. n. 124/2004). Sul punto, tuttavia, la circolare n. 36/2009 differenzia il peso del mancato accordo, distinguendo il caso in cui cio` deriva dal comportamento del lavoratore dall’ipote- si in cui il mancato accordo e` dovuto alla condotta del datore di lavoro.
Qualora l’accordo manchi per l’immotivato rifiuto ad una soluzione transattiva ritenuta ragionevole e credibi- le dal conciliatore, «non consegue necessariamente l’attivazione dell’accertamento ispettivo», in special modo se non vi sono elementi sufficienti ad un riscon- tro dei fatti denunciati. Se, invece, e` il datore di lavoro a dichiararsi e mostrarsi indisponibile a conciliare si de- ve procedere all’accesso ispettivo nel tempo piu` breve possibile.
Si ha la ripresa o l’avvio dell’ispezione, anche nel caso in cui una soltanto delle parti convocate non si e` pre- sentata all’incontro fissato per esperire il tentativo di conciliazione: di tale circostanza dovra` comunque darsi conto con apposita verbalizzazione a cura del funziona- rio conciliatore. Anche su questo punto, peraltro, deve intendersi operante la distinzione effettuata dalla circo- lare n. 36/2009, per cui la ripresa o l’avvio dell’attivita` ispettiva xxxx` sempre necessaria soltanto quando sia as- sente il datore di lavoro e non anche in caso di assenza del lavoratore, che va interpretata come una sorta di
«rinuncia» a collaborare con la Direzione provinciale
del lavoro per la corretta definizione della fattispecie denunciata.
Se le parti si presentano (personalmente o rappresenta- te) e raggiungono un accordo sulle questioni evidenzia- te, mediante un consenso informato e liberamente ma- nifestato da entrambe, senza alcuna ‘‘forzatura’’ da parte del funzionario, che come tale deve garantire la ‘‘terzieta`’’ di tutta la procedura, il verbale (che e` esente da imposta di bollo) acquisisce piena efficacia, con ef- fetto immediato rispetto al procedimento ispettivo che si estingue, se e quando il datore di lavoro provvede materialmente, nel termine stabilito nel verbale di ac- cordo, al pagamento integrale delle somme dovute, a qualsiasi titolo, al lavoratore ed anche al versamento to- tale dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti, determinati sulla base della legislazione vigen- te, quindi con riferimento al rispetto dei minimali con- tributivi, riguardo alle somme concordate.
Ruolo del conciliatore
Un importante profilo di riflessione riguarda il ruolo del conciliatore monocratico, che e` chiamato, secondo la propria competenza ed esperienza, ad esercitare le funzioni assegnategli senza limitarsi a prendere atto della volonta` inizialmente manifestata dalle parti, che ben potrebbero essere poco disposte ad un accordo transattivo, ma piuttosto e` tenuto a promuovere in mo- do attivo il raggiungimento di una intesa possibile, an- che prospettando ipotesi di soluzione conciliativa alter- nativamente praticabili nel caso concreto.
In particolare, poi, nelle situazioni in cui il conciliatore si accorga di un atteggiamento vessatorio del datore di lavoro, che induce il lavoratore a manifestare un con- senso alla conciliazione su elementi sostanziali del tutto o in parte non corrispondenti al vero.
Considerate le funzioni e la natura dell’istituto, con la circolare n. 24/2004, il Ministero del lavoro, allo scopo di impedire l’estinzione del procedimento ispettivo a fronte di un accordo ‘‘fasullo’’ fra le parti, aveva stabi- lito che, dato il rilievo assunto dalla volonta` non assisti- ta del lavoratore, «contrariamente a tutte le altre forme
di conciliazione previste dall’ordinamento», il concilia- tore monocratico ha la facolta` di rifiutare la sottoscri- zione del verbale dell’accordo manifestato dalle parti, se risulta evidente «la mancanza di una genuina e libe- ra manifestazione del consenso da parte del lavorato- re».
Nel medesimo indirizzo, e forse ancor piu` esplicita- mente, si e` mossa la circolare n. 36/2009 ricordando che il conciliatore puo` non sottoscrivere l’accordo rag- giunto dalle parti se esso appare «manifestamente volto ad eludere l’applicazione della tutela pubblicistica pre- vista a favore dei lavoratori oppure a precostituire fal- se posizioni previdenziali».
La medesima circolare ministeriale ha sancito che du- rante la procedura il conciliatore deve illustrare alle parti, congiuntamente anche separatamente, tutte le possibili conseguenze dell’avvio del procedimento ispettivo in caso di mancato accordo.
Cos`ı al lavoratore dovranno evidenziarsi i vantaggi che la soluzione conciliativa comporta in termini di celerita` e di concreta soddisfazione delle pretese creditorie, ac- canto alle difficolta` del raggiungimento dei risultati sperati e attesi in conseguenza dell’accertamento ispet- tivo.
Con riguardo al datore di lavoro il conciliatore dovra` rappresentare le conseguenze derivanti dal mancato rag- giungimento dell’accordo e quindi l’avvio del procedi- mento ispettivo e le fattispecie sanzionatorie applicabili astrattamente al caso di specie, ma anche precisare i be- nefici che derivano dal raggiungimento dell’accordo, sul piano sanzionatorio e su quello previdenziale.
Cos`ı ad esempio, se la pizzaiola A. ha presentato una richie- sta di intervento in cui rivendica un anno di lavoro nero, ma poi in sede di conciliazione monocratica si dice d’accordo con il titolare della Pizzeria «S.» per il riconoscimento di tre sole settimane di lavoro effettivo, il conciliatore potra` ri- fiutare la sottoscrizione del verbale di conciliazione mono- cratica.
Effetti della conciliazione monocratica
L’art. 11, comma 4, stabilisce che l’estinzione del pro- cedimento ispettivo (che nell’ipotesi «preventiva» si in- staura con la richiesta di intervento, nella «contestuale» con l’accesso dell’ispettore in azienda) si verifica, dopo la sottoscrizione dell’accordo, con il versamento dei contributi previdenziali agli Istituti e con il pagamento delle somme «concordate» al lavoratore.
Per quel che concerne gli effetti della conciliazione, la circolare n. 24/2004 chiariva che l’estinzione del proce- dimento ispettivo segue esclusivamente alla dimostra- zione, nel termine massimo stabilito nel verbale di ac- cordo, del pagamento delle somme dovute al lavoratore e del versamento dei contributi previdenziali e dei pre- mi assicurativi: soltanto la contestuale compresenza dei due adempimenti datoriali (pagare le somme concorda- te al lavoratore, versare i contributi e i premi dovuti agli Istituti) costituisce condizione e causa di estinzione del procedimento ispettivo.
Successivamente la circolare n. 36/2009 ha sancito che l’estinzione del procedimento ispettivo, soggettivamen-
te limitata alle parti dell’accordo, si realizza con il rag- giungimento dell’accordo stesso, seguito appunto dagli
verita`, non sono ne´ individuati ne´ accertati dagli organi di vigilanza.
adempimenti di cui all’art. 11, comma 4, del D.Lgs. n.
Cos`ı
anche per quanto attiene alla maxisanzione, in
124/2004. La piu` recente circolare ministeriale, peral- tro, chiarisce che il mancato adempimento all’obbligo del versamento degli importi per contributi previden- ziali e premi assicurativi, nella misura e nelle modalita` concordate, segnalato dagli Istituti, comporta l’attiva- zione dell’ispezione.
In particolare se la conciliazione monocratica viene de- finita con la previsione del versamento in misura diffe- xxxx o rateizzata delle somme spettanti al lavoratore, l’i- spezione si estingue soltanto con il pieno soddisfaci- mento del credito riconosciuto al lavoratore.
In ogni caso, secondo i chiarimenti offerti dal Ministero del lavoro, del definitivo adempimento datoriale, retri- butivo e previdenziale, deve essere data comunicazione alla Direzione provinciale del lavoro che ha concluso la conciliazione monocratica. Diventa, quindi, onere del datore di lavoro fornire alla Dpl competente la dimo- strazione dell’avvenuto integrale adempimento, entro il termine ultimo stabilito nel verbale di accordo, in tut- ti i casi in cui il debito patrimoniale retributivo e la con- seguente valorizzazione previdenziale non sia adem- piuto contestualmente alla sottoscrizione del verbale di conciliazione, e in specie nei casi di differimento o di rateizzazione del pagamento.
Peraltro, la norma impedisce di ritenere il verbale di conciliazione come una mera «condizione di improce- dibilita`» che inibisce temporaneamente l’attivita` ispetti- va per una sanatoria delle infrazioni amministrative connesse, si tratta, piuttosto, di una ipotesi in cui le vio- lazioni amministrative non sono state punto accertate e non possono esserlo in costanza di avvenuto pagamen- to delle somme concordate e di contestuale versamento dei contributi e premi relativi.
In particolare, l’estinzione del procedimento ispettivo blocca qualsiasi reazione sanzionatoria, anche con ri- guardo alla irrogazione della cosiddetta ‘‘maxisanzio- ne’’ di cui all’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12/2002, come convertito dalla legge n. 73/2002, come sostituito dall’art. 36-bis, comma 7, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 7 agosto
2006, n. 248.
Non puo` sfuggire che il verbale di conciliazione mono- cratica non riveste e non puo` rivestire natura di «accer- tamento» di violazioni relative alla occupazione irrego- lare di manodopera: anzi, secondo i chiarimenti mini- steriali, alla conciliazione monocratica puo` procedersi, come detto, proprio e solo se il personale ispettivo non ha ancora acquisito elementi di prova delle viola- zioni amministrative correlate alle questioni su cui pure si potrebbe, in astratto, conciliare.
Se ne deduce, quindi, che in tanto si puo` tentare una conciliazione monocratica, nelle due forme preventiva e contestuale, in quanto non sussistono prove di viola- zioni con riguardo, nel caso assunto ad esempio, alla ir- regolare occupazione di manodopera: deve, dunque, ri- levarsi che il verbale di accordo che conclude la conci- liazione monocratica non puo` acquisire alcuna valenza probatoria in merito ad illeciti amministrativi o viola- zioni, in materia di lavoro o afferenti a queste, che, in
quanto essa si aggiunge alle altre sanzioni amministra- tive che puniscono, nel vigente contesto normativo, l’impiego di lavoratori non risultanti da documentazio- ne obbligatoria, vincolandosi, nei termini anzidetti, al momento della «constatazione della violazione», e cioe` dell’accertamento dell’illecita occupazione, che qui non si ha. La conciliazione monocratica, infatti, non da` vita ad alcuna «constatazione» (alias «accertamen- to») di illeciti o violazioni.
Non si puo` dubitare del fatto che l’estinzione del pro-
cedimento ispettivo comporta, altres`ı, l’arresto di qual- siasi ulteriore forma di accertamento sui fatti conciliati e, quindi, gli illeciti amministrativi riguardanti l’irrego- lare assunzione della manodopera che ha conciliato con il datore di lavoro non sono neanche in un momento successivo rilevabili e sanzionabili.
Questa e`, senza dubbio, una delle differenze piu` signi- ficative, rispetto alla conciliazione collegiale, sulla qua- le si e` anche espressa la Suprema Corte (Cass. civ., sez. lav., 18 febbraio 2005, n. 3344), rilevando che essa, a differenza della odierna conciliazione monocratica,
«ha efficacia vincolante, in riferimento ai soggetti, esclusivamente per gli stipulanti e, in riferimento al- l’oggetto, soltanto per quella parte di negozio disposi- tivo che attiene alla rinuncia a diritti gia` acquisiti dal lavoratore». Ne consegue, pertanto, che l’oggetto e i contenuti della conciliazione (giudiziale e collegiale) non possono rivestire alcuna efficacia vincolante nei confronti dei terzi, soprattutto se si considerano quei terzi particolarmente qualificati, come «quegli uffici o enti titolari di interessi pubblici connessi al rapporto di lavoro intercorso tra le parti».
La conclusione cui la Corte perviene nella sentenza n. 3344/2005, quindi, libera le Direzioni provinciali del lavoro, i servizi ispettivi degli Istituti previdenziali e tutti gli altri «uffici» riguardo allo svolgimento di inda- gini relative alla esatta qualificazione di un rapporto di lavoro secondo i canoni della subordinazione, pur avendo le parti riconosciuto, a seguito di conciliazione, la natura autonoma di esso: permane, infatti, nella sfera di decidibilita` del giudice di merito «la effettiva natura subordinata ai fini dell’applicazione di sanzioni per l’i- nosservanza delle disposizioni sul collocamento» o del- la richiesta del pagamento dei contributi dovuti e omes- si, con le relative sanzioni.
Dunque, la definizione giuridica di un contratto di lavo- ro avvenuta in sede di conciliazione non monocratica e` totalmente incapace di precludere gli esiti contrastanti dell’attivita` di vigilanza, dovendosi, al contrario, rico- noscersi ampiamente agli organismi ispettivi, che ab- biano svolto indagini dalle quali emerga la natura su- bordinata di un rapporto di lavoro, gia` riconosciuto autonomo dal datore e dal prestatore di lavoro nella sot- toscrizione di apposito verbale di conciliazione non monocratica, la facolta` «di richiedere al giudice l’ac- certamento di tale natura ai fini della legittimita` delle sanzioni intimate» e dei recuperi previdenziali conse- guenti.
Da ultimo si segnala che la circolare n. 36/2009, argo- mentando sulla scorta dell’art. 11, comma 4, del D.Lgs.
n. 124/2004, ha espressamente sancito che l’accordo conciliativo «deve prevedere in ogni caso il riconosci- mento di un periodo lavorativo intercorso tra le parti». Il Ministero del lavoro ancora piu` esplicitamente affer- ma che non possono essere concluse conciliazioni mo- nocratiche «a carattere novativo», che si risolvono nel- la corresponsione di una somma di denaro da parte del datore di lavoro a mero titolo transattivo.
La scelta ministeriale, perfettamente consequenziale al- la impostazione dell’intero art. 11 del D.Lgs. n. 124/ 2004, e` volta ad evitare che gli effetti premiali previsti dalla norma possano attagliarsi ad accordi transattivi cosiddetti ‘‘a saldo e stralcio’’, dove nessuna prestazio- ne lavorativa viene ad esistenza e rispetto ai quali non vi sarebbe alcun obbligo previdenziale.
Conseguenza di cio` e` che gli accordi che concludono
una procedura di conciliazione monocratica devono ne- cessariamente muovere da un riconoscimento chiaro ed assoluto da parte del datore di lavoro della sussistenza di un rapporto di lavoro intercorso con il lavoratore al quale vengono riconosciute le somme, all’esito della conciliazione, a titolo di retribuzione o di corrispettivo, con la relativa valorizzazione previdenziale.
Caratteristiche del verbale di accordo
Al fine di conseguire gli effetti previsti, il verbale di ac- cordo dovra` espressamente evidenziare le singole voci contrattuali da cui derivano le somme concordate e conciliate (ad es., differenze retributive, maggiorazioni per lavoro straordinario, trattamento di fine rapporto), anche allo scopo di delineare correttamente il debito previdenziale il cui assolvimento comporta l’estinzione del procedimento ispettivo.
Analogamente puo` legittimamente sostenersi per quan-
to attiene al periodo lavorativo concordato tra le parti, sempre con riferimento ai profili contributivi.
Peraltro, la sottoscrizione del verbale di accordo, al ter- mine di entrambe le tipologie di conciliazione mono- cratica, si accompagna alla inoppugnabilita` dell’accor- do transattivo, vista la dichiarata non applicabilita` dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 2113 cod. civ., in base ai quali le rinunzie e le transazioni derivanti da disposizioni in- derogabili di legge o di contratto collettivo non sono valide e possono essere impugnate con qualsiasi atto, anche stragiudiziale, del lavoratore, idoneo a renderne nota la volonta` (art. 11, comma 3, D.Lgs. n. 124/2004). D’altra parte, va rilevato che il verbale di conciliazione monocratica non sembra acquisire efficacia di titolo esecutivo, neppure per intervento del Tribunale, giac- che´ ad esso non possono applicarsi le previsioni conte- nute nell’art. 411 c.p.c., tanto che il verbale stesso non deve essere depositato presso la cancelleria del Tribu- nale, ma rimane depositato esclusivamente presso la Direzione del lavoro che lo ha formato e redatto.
Peraltro, la circolare n. 36/2009 ha stabilito che la man- cata ottemperanza all’obbligo del versamento delle somme concordate in sede conciliativa «sembra con- sentire» al lavoratore «l’attivazione della procedura esecutiva» davanti all’autorita` giudiziaria, sulla scorta dell’accordo raggiunto: secondo il Ministero del lavoro
il verbale di conciliazione, ai sensi dell’art. 474, com- ma 2, n. 3, c.p.c., puo` rientrare fra «gli atti ricevuti (. ) da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a rice-
verli».
Permane, in ogni caso, la valenza del verbale di accor- do come prova scritta del credito del lavoratore (art. 642 c.p.c.), ovvero come riconoscimento del debito (art. 1988 c.c.) con il privilegio della fede pubblica (art. 2700 c.c.), in ragione della qualita` di pubblico uf- ficiale del conciliatore verbalizzante.
D’altro canto, sempre secondo quanto sancito dalla cir- colare n. 36/2009, le dichiarazioni verbalizzate dalle parti durante la procedura di conciliazione monocratica non possono essere utilizzate a scopi diversi da quelli conciliativi e in particolare non possono essere richia- mate per le finalita` relative al procedimento ispettivo.
Profili previdenziali
Per quanto concerne, piu` specificamente, la quantifica- zione della contribuzione, l’art. 11 del D.Lgs. n. 124/ 2004 comporta il rispetto integrale dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 338/1989, convertito nella legge n. 389/1989, pertanto, la retribuzione che deve essere as- sunta come base di calcolo non puo` in nessun caso ri- sultare inferiore all’importo stabilito dagli atti normati- vi vigenti e dai contratti collettivi stipulati dalle orga- nizzazioni sindacali piu` rappresentative a livello nazio- nale.
Sul punto, esattamente, la circolare n. 24/2004 aveva spiegato che il riferimento alle «norme in vigore» (art. 11, comma 4) deve essere inteso «anche con ri- guardo al rispetto dei minimali contributivi cos`ı come stabiliti dalla legge, pertanto qualora l’accordo in sede conciliativa monocratica si determini su parametri retri- butivi di misura inferiore ai minimali contrattuali, ai fi- ni previdenziali il computo degli oneri contributivi e as- sicurativi va comunque operato con riferimento ai mi- nimali di legge, se l’importo oggetto di conciliazione e` inferiore ai predetti minimali».
La precisazione ministeriale comporta, altres`ı, una im- portante innovazione su un piano squisitamente opera- tivo, e cioe` che la determinazione della contribuzione da versare in base alle somme concordate deve essere operata direttamente dal funzionario conciliatore e non gia` dall’Istituto previdenziale, fermo restando l’ob- bligo da parte di quest’ultimo di verificare la correttez- za dei calcoli e, in caso di errore, di procedere alle ne- cessarie segnalazioni correttive.
Con riguardo all’obbligo contributivo, peraltro, l’Inps con circolare 20 settembre 2004, n. 132 ha stabilito che il momento di insorgenza dell’obbligo coincide con il termine indicato nel verbale di accordo per il pa- gamento delle somme dovute al lavoratore, pertanto il versamento dei relativi contributi previdenziali dovra` avvenire «entro il sedicesimo giorno del mese successi- vo». Analogamente l’Inail, per quanto concerne i premi assicurativi, con circolare 17 dicembre 2004, n. 86, ha sancito che il verbale di accordo rappresenta l’atto da cui scaturisce l’obbligo del pagamento dei premi stessi e pertanto il termine per il versamento «e` da intendersi fissato al giorno 16 del mese successivo alla data di sottoscrizione del verbale».
Conseguenza importante dei chiarimenti forniti da Inps e Inail, con le circolari richiamate, e` data dal fatto che il pagamento dei contributi rispettando i termini assegnati esonera il datore di lavoro dall’obbligo di pagare ulte- riori somme aggiuntive e altri accessori previsti dalla legge a titolo sanzionatorio, fatto salvo quanto previsto per la sanzione civile previdenziale che non sfugge, pur nei termini della sanzione per omissione, secondo quanto sancito dal Ministero del lavoro con la risposta ad interpello n. 5222/2006 e puntualizzato dall’Inps nella circolare n. 6/2007.
In particolare con risposta ad interpello n. 5222 del 26 ottobre 2006 il Ministero del lavoro ha sancito che la conciliazione monocratica rientra pienamente nella for- mulazione dell’art. 116, comma 8, lett. b), ultimo perio- do, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che ha ri- guardo alla denuncia della situazione effettuata sponta- neamente prima di contestazioni o richieste da parte de- gli Enti impositori, in quanto tale fattispecie esula dal- l’ipotesi di un accertamento da parte di un organo di vi- gilanza e presuppone, al contrario, un’attivazione del debitore finalizzata alla regolarizzazione contributiva. La circolare ministeriale n. 36/2009, nel richiamare e confermare l’interpello, ha poi ulteriormente ribadito che il riconoscimento del debito patrimoniale, contribu- tivo e assicurativo effettuato nella sede conciliativa, co- stituisce un’ipotesi di spontanea denuncia, che prescin- de da qualsiasi contestazione o richiesta da parte degli Enti impositori, assimilandosi ad una ipotesi di «omis- sione» e non di «evasione» contributiva.
Ne consegue, come precisato dalla circolare 9 gennaio
2007, n. 6 dell’Inps, che «il datore di lavoro e` obbligato non solo a versare la contribuzione commisurata alla somma oggetto di conciliazione o ai minimali di legge, se quella conciliata fosse inferiore, ma anche a pagare le somme aggiuntive nella misura prevista per le omis- sioni contributive». Peraltro l’importo dovuto a titolo di somma aggiuntiva va determinato applicando alla con- tribuzione dovuta il tasso vigente alla data di pagamen- to, «per il tempo intercorrente tra la scadenza dei singo- li periodi di paga fino al termine fissato con il verbale di conciliazione».
Permane, uno dei vantaggi piu` significativi per il datore di lavoro che si accorda col lavoratore denunciante in sede di conciliazione monocratica, accanto all’ulteriore profilo di convenienza economico-finanziaria con ri- guardo al calcolo del debito previdenziale in ragione delle somme concordate, pur rispettando i minimali, e non dell’effettiva retribuzione complessivamente corri- sposta, calcolando sulle medesime somme anche le sanzioni previdenziali, peraltro nella misura prevista per le omissioni e non gia` per le evasioni.
Quanto invece all’ipotesi di una rateazione del debito previdenziale (pagamento dilazionato), e` stato chiarito che l’effetto estintivo conseguente alla conciliazione monocratica, rispetto alle attivita` ispettive e sanzionato- rie, e` connesso alla verifica effettiva del pagamento del- le spettanze patrimoniali al lavoratore, con riferimento a tutte le somme concordate, nonche´ alla comunicazio- ne, da parte degli Istituti competenti, della concreta am- missione del datore di lavoro al pagamento rateale del debito previdenziale, con attestazione dell’avvenuto versamento della prima rata dovuta.
Tuttavia, non e` stato specificato che cosa accada nel ca- so in cui il datore di lavoro smetta di pagare, alle sca- denze temporali prefissate, quanto dovuto per i debiti contributivi gia` rateizzati. Xxxx, comunque, ritenersi che tale inadempimento sia idoneo a legittimare uno specifico intervento recuperatorio da parte dell’Istituto previdenziale, perdendo in tal modo la sua connaturata vincolativita` l’accordo raggiunto in sede conciliativa.
Postilla finale
Infine, pendono sul verbale di conciliazione monocrati- ca due questioni rimaste irrisolte.
Un primo dilemma concerne la praticabilita` di una con- ciliazione monocratica in pendenza di un accertamento ispettivo da parte di organismi di vigilanza diversi dal Ministero del lavoro.
In verita` non e` chiaro sul punto se a rendere possibile la conciliazione monocratica, preventiva o anche conte- stuale, sia l’assenza di accertamenti ispettivi in atto da parte del personale di vigilanza della Direzione pro- vinciale del lavoro, oppure se l’effetto inibitorio debba essere collegato anche alle indagini in corso svolte da altri soggetti pure istituzionalmente competenti (Istituti previdenziali, Amministrazione finanziaria).
Se ragioni sistematiche e di coerenza interna inducono senza dubbio ad optare per la soluzione estensiva che parifica le indagini ispettive da chiunque poste in essere quale presupposto negativo per l’attivazione di una conciliazione monocratica, ove peraltro siano in atto le attivita` vere e proprie di accertamento, resta irrisolto il problema di quali modalita` o strumentazioni possa utilizzare la Dpl, che procede ad un tentativo di conci- liazione ex art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004, per essere portata a conoscenza delle attivita` di vigilanza in corso. In secondo luogo va tenuto presente che riguardo al- l’efficacia del verbale di accordo all’esito della conci- liazione monocratica il Parlamento sta esaminando il disegno di legge gia` approvato dal Senato della Repub- blica (AS n. 1167/2008, gia` AC n. 1441-quater/2008), in base al quale il testo vigente dell’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004 verrebbe ad essere integrato da un comma 3- bis del seguente tenore: «Il verbale di cui al comma precedente e` dichiarato esecutivo con decreto dal giu- dice competente, su istanza della parte interessata». Se, dunque, il testo fosse approvato il verbale di accor- do derivante dalla conciliazione monocratica consenti- rebbe al lavoratore di ottenere dal giudice l’immediata esecutivita` per la riscossione delle somme concordate non pagate dal datore di lavoro (il quale seguitera` ad essere destinatario dell’ispezione con i relativi provve- dimenti sanzionatori).
Verbale di acquisizione del consenso alla conciliazione monocratica
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
VERBALE n. ..... del DI ACQUISIZIONE DEL CONSENSO DELLE PARTI
ALL’ESPERIMENTO DEL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE MONOCRATICA
(art. 11, c. 6, del D.Lgs. 124/2004)
L’anno 200..., il giorno ............ del mese di ..........................................., i... sottoscritt... .........................................................................................
in servizio presso la intestata Direzione Provinciale del Lavoro, nel corso della visita ispettiva iniziata in data , ha/hanno ritenuto sussistenti i presupposti previsti dall’art. 11 D.Lgs. 124/2004 per una possibile soluzione conciliativa della controversia tra:
datore di lavoro , attivita` esercitata , con sede legale a via/piazza
e
il lavoratore Sig.... , nat. il a ,
residente a via/piazza
Detta controversia concerne le seguenti rivendicazioni, riferite all’intercorso/intercorrente rapporto di lavoro: .................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
A tal fine acquisisce/acquisiscono, qui di seguito, il consenso delle parti sopra identificate ad esperire un tentativo di conciliazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, qualora attivato da questa Direzione.
per il datore di lavoro:
...l... sottoscritt. ,
nat. il a , residente a
via/piazza , in qualita` di legale rappresentante pro tempore della ditta/societa`
come sopra identificata
acconsente
all’esperimento di un tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11 D.Lgs. 124/2004 con il lavoratore Sig....
, con esclusivo riferimento alle rivendicazioni sopra riferite. Acconsente, inoltre, al trattamento dei dati personali ai sensi del D. Lgs. n.196 del 30.6.2003.
(Luogo e data) Firma del datore di lavoro
per il lavoratore:
...l... sottoscritt... ,
come sopra generalizzato, prestatore di lavoro a favore della ditta/societa` sopra identificata
acconsente
all’esperimento di un tentativo di conciliazione monocratica ex art. 11 D.Lgs. 124/2004 con la medesima ditta/societa`, con esclusivo riferimento alle rivendicazioni sopra riferite.
Acconsente, inoltre, al trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs. n.196 del 30.6.2003.
(Luogo e data) Firma del lavoratore
Resta impregiudicato il diritto di ciascuna delle parti a non partecipare alla eventuale seduta conciliativa ovvero a non addivenire ad alcun accordo conciliativo in merito alle rivendicazioni di cui sopra.
Il presente verbale viene redatto in triplice copia, di cui due vengono rilasciate alle parti interessate, l’altra viene trasmessa al Di- rettore della Direzione provinciale del lavoro, ai fini dell’attivazione la procedura conciliativa prevista dall’art. 11 D.Lgs. 124/2004.
Il/I verbalizzante/i
Convocazione per conciliazione monocratica preventiva
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
Prot. n. ... del ... Raccomandata A.R.
Luogo, data
Alla ditta/Societa` .........
Via ......
......
in persona del suo legale rappresentante p.t.
Al ... Sig ... .........
Via ......
......
Oggetto: art. 11, comma 6, X.Xxx. 124/2004 - convocazione per il tentativo di conciliazione.
La scrivente Direzione, vista la richiesta di intervento prot. n. ... del ................, presentata dal Sig. ,
preso atto dell’acquisizione del consenso (ovvero ritenendo implicita l’acquisizione del consenso) ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 30.6.2003, ha ritenuto sussistere le condizioni per avviare il tentativo di conciliazione monocratica previsto dall’art. 11, comma 1, del D.Lgs. 124/2004 con riferimento alle rivendicazioni di seguito indicate, relative all’intercorso/intercorrente rapporto di lavoro:
...............................................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Al riguardo si fa presente che in caso di richieste di intervento ispettivo dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente puo` avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate, da esperire in sede monocratica davanti ad un proprio funzionario.
Le parti potranno farsi assistere da associazioni od organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.
In caso di accordo, il versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, ed il pa- gamento delle somme dovute al lavoratore estinguono il procedimento ispettivo.
In caso di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, la Direzione provinciale del lavoro da` seguito gli accertamenti ispettivi.
Tutto cio` premesso, la convocazione delle parti - cui la presente e` indirizzata - viene fissata per il giorno ................. alle ore ........
davanti al... Sig... ...................................................... (piano ... - stanza ... - tel. ......... - fax ) designato da questa Direzione.
Il Direttore (Dr/Dr.xxx )
(*) Riportare eventualmente la descrizione delle rivendicazioni effettuata dall’Ispettore nella relazione di cui comma 6 art. 11 D.Lgs. 124/2004.
Convocazione per conciliazione monocratica contestuale
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
Prot. n. ... del ... Raccomandata A.R.
Luogo, data
Alla ditta/Societa` .........
Via ......
......
in persona del suo legale rappresentante p.t.
Al ... Sig ... .........
Via ......
......
Oggetto: art. 11, comma 6, D. Lgs. 124/2004 - convocazione per il tentativo di conciliazione.
La scrivente Direzione, vista la relazione de... Ispettor ............ datata , preso atto del consenso espresso nel verbale di primo
accesso ispettivo n. ........... del .......... - oppure: in apposito verbale n. ...... del ......; con posta elettronica certificata del ; con
lettera raccomandata del (in allegato alla predetta relazione) avvia il tentativo di conciliazione monocratica previsto dall’art.
11, comma 6, del D.Lgs. 124/2004 con riferimento alle rivendicazioni di seguito indicate, relative all’intercorso/intercorrente rap- porto di lavoro:
(*) .......................................................................................................................................................................................................................................
Al riguardo si fa presente che, qualora nel corso dell’attivita` di vigilanza l’ispettore procedente ritenga sussistenti i presupposti per una soluzione conciliativa, la Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competente puo` avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni rilevate in sede ispettiva, da esperire in sede monocratica davanti ad un proprio funzionario.
Le parti potranno farsi assistere da associazioni od organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.
In caso di accordo, il versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, ed il pa- gamento delle somme dovute al lavoratore estinguono il procedimento ispettivo.
In caso di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, la Direzione provinciale del lavoro da` seguito gli accertamenti ispettivi.
La presente convocazione interrompe i termini di cui all’art. 14 legge n. 689/81 fino alla conclusione del procedimento conciliativo. Tutto cio` premesso, la convocazione delle parti - cui la presente e` indirizzata - viene fissata per il giorno ................. alle ore ........
davanti al... Sig... ...................................................... (piano ... - stanza ... - tel. ......... - fax ) designato da questa Direzione.
Il Direttore (Dr/Dr.xxx )
(*) Riportare eventualmente la descrizione delle rivendicazioni effettuata dall’Ispettore nella relazione di cui comma 6 art. 11 D.Lgs. 124/2004.
Processo verbale di conciliazione monocratica con esito positivo
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
PROCESSO VERBALE DI CONCILIAZIONE - ART. 11 D.LGS. 124/2004
L’anno 200..., il giorno ......... del mese di ............, alle ore ......., presso la sede della Direzione provinciale del lavoro di avanti al
Funzionario/Ispettore Sig./Sig.ra , in funzione di Conciliatore monocratico, designato dal Direttore della Direzio-
ne provinciale del lavoro, sono comparsi:
per il datore di lavoro
< Sig... .......... ...................... Legale rappresentante pro tempore
della ditta/societa` ............................
Ovvero
Delegato con potere di conciliare in atti della ditta/societa` ............................
< Sig... ................................. Assiste il datore di lavoro
per il lavoratore
< Sig... .......... ...................... Lavoratore
< Sig... ................................. Assiste il lavoratore
I presenti sono qui intervenuti, a seguito di rituale convocazione della Direzione provinciale del lavoro, per esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, in riferimento alle richieste del lavoratore Sig. nei confronti della
ditta/societa` richieste che qui di seguito si riportano:
...............................................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Tanto premesso, il Conciliatore dichiara aperta la seduta e da` la parola alle parti.
Il lavoratore .......................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Il datore di lavoro ............................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Dopo ampia discussione, le parti si accordano sulla seguente proposta conciliativa:
...............................................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Con la puntuale esecuzione di quanto concordato, le parti dichiarano di non aver piu` nulla a pretendere l’una dall’altra per le causali sopra riportate, in riferimento al rapporto di lavoro oggetto della presente controversia e al periodo lavorativo riconosciuto da entrambe le parti.
Il Conciliatore dichiara concluso il tentativo di conciliazione con esito positivo; ai sensi del comma 3 dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, al presente verbale, sottoscritto dalle parti, non si applicano le disposizioni di cui all’art. 2113 cod. civ., c. 1, 2 e 3.
Ai sensi del comma 4 dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, il versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi, da determinarsi secondo le norme in vigore, in relazione al periodo lavorativo riconosciuto dalle parti nel presente atto, ed il pagamento delle somme dovute al lavoratore estinguono il procedimento ispettivo nei confronti del datore di lavoro, ferma restando la possibilita` che nuovi diversi accertamenti siano avviati a seguito di altra denuncia ovvero di visita di iniziativa.
Conseguentemente, il datore di lavoro e` tenuto a produrre a questa Direzione, entro il giorno ricevuta del pagamento delle spettanze retributive al lavoratore.
Entro lo stesso termine, il datore di lavoro dovra` esibire a questa Direzione la ricevuta dei versamenti previdenziali ed assicurativi. Diversamente, in caso di rateizzazione del debito previdenziale dovra` essere esibita comunicazione da parte degli Istituti competenti dell’effettiva ammissione al pagamento rateale del debito con attestazione dell’avvenuto versamento della prima rata.
Copia del presente atto viene trasmessa per la verifica dei versamenti previdenziali ed assicurativi agli Enti interessati. La seduta e` sciolta alle ore .
Luogo e data
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Il Conciliatore
Processo verbale di conciliazione monocratica con esito negativo
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
PROCESSO VERBALE DI CONCILIAZIONE - ART. 11 D.LGS. 124/2004
L’anno 200..., il giorno ......... del mese di ............, alle ore ......., presso la sede della Direzione provinciale del lavoro di avanti al
Funzionario/Ispettore Sig./Sig.ra , in funzione di Conciliatore monocratico, designato dal Direttore della Direzio-
ne provinciale del lavoro, sono comparsi:
per il datore di lavoro
< Sig... .......... ...................... Legale rappresentante pro tempore
della ditta/societa` ............................
Ovvero
Delegato con potere di conciliare in atti della ditta/societa` ............................
< Sig... ................................. Assiste il datore di lavoro
per il lavoratore
< Sig... .......... ...................... Lavoratore
< Sig... ................................. Assiste il lavoratore
I presenti sono qui intervenuti, a seguito di rituale convocazione della Direzione provinciale del lavoro, per esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, in riferimento alle richieste del lavoratore Sig. nei confronti della
ditta/societa` richieste che qui di seguito si riportano:
...............................................................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Tanto premesso, il Conciliatore dichiara aperta la seduta e da` la parola alle parti.
Il lavoratore ............................................................................... ......................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Il datore di lavoro ............................................................................................................................................................................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Le parti insistono nelle rispettive posizioni.
Il Conciliatore, preso atto della mancanza di un accordo tra le parti, vista l’impossibilita` di formulare una qualsivoglia proposta di conciliazione, dichiara concluso il tentativo di conciliazione con esito negativo.
oppure
A mero titolo conciliativo, il Conciliatore formula la seguente proposta conciliativa:
...............................................................................................................................................................................................................................................
Il lavoratore/la ditta/entrambi le parti, ribadendo le proprie posizioni, rifiuta/rifiutano in quanto .............................................................
...............................................................................................................................................................................................................................................
Il Conciliatore, pertanto, dichiara concluso il tentativo di conciliazione con esito negativo.
Al riguardo si richiamano le previsioni dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004 secondo cui, in caso di mancato accordo, la Direzione provinciale del lavoro dara` seguito agli accertamenti ispettivi.
Si precisa, infine, che dalla data odierna riprendono a decorrere i termini di cui all’art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689. La seduta e` sciolta alle ore
Luogo e data
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Sig... ...................................
Il Conciliatore
Verbale di mancata comparizione alla conciliazione monocratica
Ministero del lavoro e delle politiche sociali Direzione provinciale del lavoro di ................
Servizio Ispezione del lavoro
Via ........................Tel..................... Fax .......................
Xxxxxxxxx e-mail ...................................
VERBALE DI MANCATA COMPARIZIONE AL TENTATIVO DI CONCILIAZIONE EX ART. 11 D.LGS. 124/2004
Oggi , presso la sede della intestata Direzione provinciale del lavoro, avanti al Funzionario/Ispettore
Sig. , in funzione di Conciliatore monocratico, designato dal Direttore della
Direzione provinciale del lavoro, sono stati invitati a comparire con rituale convocazione della Direzione provinciale del lavoro:
< Sig... .......... ...................... Legale rappresentante pro tempore
della ditta/societa` .................................
< Sig... .......... ...................... Lavoratore
La convocazione e` stata inoltrata al fine di esperire il tentativo di conciliazione, ai sensi dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004, in riferimento alle richieste del lavoratore Sig... ............................................................ nei confronti della ditta/societa` .
Il Conciliatore, alle ore , da` e prende atto che risulta presente soltanto il lavoratore ovvero il rappresentante della ditta/societa`.
oppure
Il Conciliatore, alle ore , prende atto che nessuna delle due parti convocate e` presente.
Pertanto, vista l’impossibilita` di esperire il tentativo di conciliazione in data odierna, il Conciliatore lo dichiara concluso con esito negativo.
Il presente verbale verra` trasmesso tempestivamente alla/e parte/i assente/i.
Al riguardo si richiamano le previsioni dell’art. 11 D.Lgs. 124/2004 secondo cui, in caso di assenza di una o di entrambe le parti, la Direzione provinciale del lavoro dara` seguito agli accertamenti ispettivi.
Si precisa, infine, che dalla data odierna riprendono a decorrere i termini di cui all’art. 14 della legge 24 novembre 1981 n. 689. La seduta e` sciolta alle ore .
Luogo e data
Il Conciliatore