TESI DI LAUREA
Università degli Studi di Padova
CORSO DI LAUREA IN FISIOTERAPIA
PRESIDENTE: Xx.xx Xxxx. Xxxxxxxx Xx Xxxx
ANALISI DELL'EFFICACIA DI UN'ATTIVITA' TERAPEUTICA SPECIFICA IN CONTRAZIONE ECCENTRICA DEL QUADRICIPITE FEMORALE.
RECUPERO FUNZIONALE IN PAZIENTI ARTROSICI IN SEGUITO A INTERVENTO DI PROTESI TOTALE DI GINOCCHIO (PTG)
(EFFECTIVENESS ANALYSIS OF A SPECIFIC QUADRICEPS THERAPEUTIC ACTIVITY. FUNCTIONAL OUTCOME IN PATIENS WITH OSTEOARTHRITIS AFTER TOTAL KNEE ARTHROPLASTY (TKA))
RELATORE: Ft., Dott., Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx Correlatore: Ft., Dott., Xxxx. Xxxx Xxxxx
LAUREANDO: Xxxxxxxx Xxxxxxx
Anno Accademico 2015-2016
INDICE | ||
INDICE | 1 | |
RIASSUNTO | 2 | |
ABSTRACT | 4 | |
INTRODUZIONE | 6 | |
CAPITOLO 1: IL GINOCCHIO: ARTICOLAZIONE DI “CONFINE” | 8 | |
1.1 ANATOMIA GENERALE | 8 | |
1.2 L'OSTEOARTOSI | 9 | |
1.3 L'INTERVENTO DI PROTESI TOTALE DI GINOCCHIO | 9 |
CAPITOLO 2: QUADRICIPITE FEMORALE 11
2.1 FISIOLOGIA DEL QUADRICIPITE FEMORALE 11
2.2 CONSIDERAZIONI FUNZIONALI SUL QUADRICIPITE FEMORALE 13
CAPITOLO 3: MATERIALI E METODI 16
3.1 PROGETTO DELLO STUDIO 16
3.2 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE 17
3.3 VARIABILI ANALIZZATE – OUTCOME 17
3.4 L'ATTIVITÀ TERAPEUTICA SPECIFICA 18
3.5 PROTOCOLLO DELL'UNITA' OPERATIVA OSPITANTE 20
3.6 ANALISI STATISTICA 20
CAPITOLO 4: RISULTATI 22
4.1 CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE CAMPIONE 22
4.2 OUTCOME PRIMARIO: PROVE FUNZIONALI 22
4.3 OUTCOME SECONDARIO: ROM 27
4.4 OUTCOME AUSILIO: ANALISI DESCRITTIVA 29
CAPITOLO 5: DISCUSSIONE 31
5.1 EFFICACIA DELL'ATTIVITA TERAPEUTICA SPECIFICA 31
5.2 CONSIDERAZIONI GENERALI 32
5.3 LIMITI DELLO STUDIO 33
CONCLUSIONI 34
BIBLIOGRAFIA 35
RIASSUNTO
Presupposti: L'intervento di artroprotesi totale di ginocchio (PTG) è considerato la soluzione elettiva nei pazienti artosici. Dalla letteratura, tuttavia, emerge come la permanente debolezza del Quadricipite femorale (QF) in seguito ad intervento di PTG precluda il completo recupero funzionale di tali pazienti.
Obiettivi: Questo studio sperimentale ha voluto verificare i cambiamenti in termini di performance funzionale tra due gruppi di pazienti (sperimentale e di controllo) sottoposti ad intervento di PTG. In seguito a quest’ultimo, al gruppo di controllo (GC) è stato somministrato un protocollo di trattamento standard, mentre al gruppo sperimentale (GS) è stata somministrata in aggiunta al protocollo standard una singola attività terapeutica specifica in contrazione eccentrica per il QF. Disegno dello studio: È stato condotto uno studio longitudinale randomizzato controllato a singolo cieco.
Luogo e durata: Lo studio è stato condotto dal 01 Marzo 2016 al 30 Luglio 2016 presso l'Unità Operativa MFR dell’Ospedale Civile di Xxxxxxxx Veneto.
Pazienti: Trentasette pazienti hanno preso parte allo studio: 19 hanno costituito il gruppo sperimentale (GS) e 18 il gruppo di controllo (GC).
Intervento: I pazienti sono stati assegnati casualmente al GS o al GC. Ai pazienti di entrambi i gruppi è stato somministrato il protocollo di trattamento standard utilizzato nella struttura ospitante; al gruppo sperimentale è stata somministrata in aggiunta un’attività terapeutica specifica in contrazione eccentrica del QF.
Misurazioni: Gli outcome primari erano funzionali e sono stati ottenuti attraverso Timed Up and Go (TUG), Stair Climb Test (SCT) e 40m Fast-paced Walk Test (40m), scelti in base alle indicazioni dell’OARSI. Gli outcome secondari sono stati il Range of Motion (ROM) in flessione ed estensione del ginocchio. La raccolta dati è avvenuta in due momenti: al momento della dimissione (T0) e a 30 giorni dalla dimissione (T1). L’outcome terziario è stato individuato nell’utilizzo di bastoni canadesi durante il cammino al momento T1. Gli outcome sono stati valutati da un esaminatore cieco.
Risultati: Per l’outcome primario al tempo T0 non si sono avuti miglioramenti statisticamente significativi nelle tre prove funzionali. Al tempo T1, tuttavia, il t-test mostra un p-value statisticamente significativo, rispettivamente per TUG p-value<0.001, per 40m p-value<0.001 e per SCT p-value=0.002. Per l’outcome secondario al tempo T1 risulta un miglioramento significativo per il ROM in flessione con un p-value=0.02 secondo il test esatto di Xxxxxx, mentre il ROM in estensione non mostra risultati statisticamente significativi. Per l’outcome terziario nel GS risulta
una diminuzione dell'utilizzo di entrambi i bastoni al tempo T1 rispetto al GC; infatti, per quanto riguarda il GS, il 47% utilizza un solo bastone, il 37% due bastoni e il 16% nessun bastone, mentre nel GC, l'83% utilizza due bastoni e il 17% un solo bastone.
Conclusioni: I pazienti che hanno aggiunto al trattamento standard un’attività specifica per il QF in contrazione eccentrica hanno avuto migliori risultati funzionali e hanno inoltre riportato un maggiore recupero del ROM in flessione. Malgrado i limiti dello studio condotto, i risultati si dimostrano di notevole interesse per la pratica clinica riabilitativa.
ABSTRACT
Background: Total knee arthroplasty (TKA) is considered the main intervention to reduce knee pain and improve function in patients with Osteoarthritis (OA). From the literature, however, it stands out how permanent weakness of Quadriceps (QF) after TKA limits a complete functional recovery.
Objective: The study wanted to investigate changes in functional performance and outcome of two groups of patients with OA (experimental and control group) who underwent TKA. After intervention a standard treatment protocol was administered to the Control Group (CG), while the same standard protocol plus a specific therapeutical activity for QF eccentric contraction were administered to the Experimental Group (EG).
Design: A 2-arm randomized controlled single blind trial was conducted.
Setting: The trial was carried on from 01st March 2016 to 30th July 2016 in the Rehabilitation Unit of the Public Hospital in Xxxxxxxx Veneto.
Patients: Thirty-seven patients were included in the study: 19 in the Experimental Group (EG) and 18 in the Control Group (CG).
Intervention: Patients were randomly assigned to EG or CG. To both groups the standard treatment protocol used in the host hospital unit was administered after TKA; to EG an additional specific activity for QF eccentric contraction was administered.
Outcome Measures: Primary outcomes were functional and obtained by Timed Up and Go (TUG), Stair Climb Test (SCT) and 40m Fast-paced Walk Test (40m), following OARSI instructions.
Secondary outcome were represented by Range of Motion (ROM) in knee flexion and extension. Data collection has been realized at two different moments: at the discharge (T0) and 30 days after the discharge (T1). Third outcome was the use of crutches during walk at T1. Assessment was performed by a blind examiner at all stages.
Results: For the primary outcome at T0 no significant improvements were recorded in the three tests. Otherwise at T1 the t-test shows a statistically relevant p-value, respectively for TUG p- value<0.001, for 40m p-value<0.001 and for SCT p-value=0.002. For the secondary outcome at T1 a significant improvement was recorded for knee flexion ROM with a p-value=0.02 in accordance with Xxxxxx Test; otherwise, knee extension ROM with a p-value=0.07 was not statistically relevant. For the third outcome, EG shows a reduction of the use of crutches compared to CG: in EG 47% used only one crutch, 37% used both and 16% walked without crutches; in CG, 83% used both crutches and 17% only one.
Conclusions: Patients who performed a specific activity for QF eccentric contraction in addition to the standard treatment protocol showed better functional outcome and greater knee flexion ROM. In spite of study limits, the obtained results can be considered of great interest for rehabilitation clinical practice.
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi nasce a continuazione e integrazione della tesi di laurea “Debolezza muscolare e limitazioni funzionali pre e postintervento di artroprotesi totale di ginocchio in pazienti con artrosi: revisione della letteratura” (Xxxxxxxx 2015), indagante la relazione tra la permanenza del deficit muscolare a carico del Quadricipite femorale (QF) e la persistenza di limitazioni funzionali anche a lunga distanza (sei mesi, un anno) in pazienti sottoposti a intervento di protesi totale di ginocchio (PTG).
Dal punto di vista dell’intervento riabilitativo riguardante soggetti affetti da artrosi del ginocchio, gli studi volti ad indagare il ruolo della fisioterapia in preparazione all’intervento, per quanto non numerosi, indicano fino ad ora che l’allenamento preoperatorio, anche specifico (ad esempio per il solo muscolo QF) non sia correlato ad un migliore outcome motorio-funzionale del paziente (Xxxxxxx and XxXxxx 2012, Mat Eil et al 2016). Ampio è invece l’accordo della comunità scientifica, confermato dalla formulazione di precise linee guida riabilitative, sulla necessità di intraprendere la fisioterapia nel periodo postoperatorio, pur essendo presenti in letteratura esempi diversi per quanto riguarda il momento di inizio, la durata e l’intensità dei programmi proposti.
Le linee guida nazionali e internazionali vengono impiegate per la formulazione di protocolli utilizzati nelle singole unità operative, somministrati, tuttavia, con modalità esecutive diverse (giornata iniziale rispetto all’intervento, durata della seduta, intensità delle attività) in considerazione delle differenze di gestione del paziente e dell’intervento chirurgico da parte delle singole strutture interessate.
A loro volta, i protocolli impiegati si articolano intorno ad una serie di esercizi elaborati ad hoc per il raggiungimento dei principali obiettivi dettati dalle linee guida senza che vi sia, tuttavia, la reale e concreta possibilità di sapere quale attività proposta sia più efficace di un’altra e per quale aspetto dell’eventuale recupero.
Tenendo in considerazione i principi che regolano la medicina basata sull’evidenza, all’autore è risultato di interesse il poter indagare non l’impatto di un protocollo opportunamente formulato sul recupero funzionale del paziente in seguito a PTG, già ampiamente promosso come oggetto di studio, ma l’impatto di una singola attività, attraverso il monitoraggio della sua introduzione e del suo ruolo in base alla valutazione dell’outcome funzionale a brevissimo e breve termine dei soggetti partecipanti alla sperimentazione. Tale attività è stata specificamente formulata in base ad una precisa evidenza scientifica e cioè quanto emerso in letteratura sulla correlazione tra deficit muscolare del QF e limitazione funzionale anche a lunga distanza in seguito a intervento di PTG.
Così, dunque, come esistono numerosi studi che mettono in relazione l’utilizzo di strumenti meccanici favorenti la mobilizzazione passiva del ginocchio per il recupero dell’escursione articolare con il training riabilitativo, o della combinazione tra elettrostimolazione e training riabilitativo, allo stesso modo è risultato interessante per l’autore lo studio di come l’introduzione di un’unica attività mirata, volta alla compensazione di una lacuna messa in evidenza dalla letteratura scientifica presente sull’argomento, possa essere in grado di incidere sul recupero funzionale del soggetto sottoposto a PTG. L’estensione dello stesso tipo di indagine ad ognuna delle attività proposte all’interno di un protocollo, renderebbe ipoteticamente possibile arrivare alla creazione di uno strumento riabilitativo totalmente efficiente, efficace nonché ampiamente validato e supportato dall’evidenza scientifica.
CAPITOLO 1
IL GINOCCHIO: ARTICOLAZIONE DI "CONFINE"
1.1 ANATOMIA GENERALE
Il ginocchio è formato da diverse strutture ossee: la parte distale del femore con i suoi due condili, la parte prossimale della tibia con i suoi piatti tibiali e la rotula, osso sesamoide la cui dimensione non va di pari passo con la sua importanza. Una capsula articolare racchiude le due articolazioni costituenti il distretto del ginocchio: la tibio-femorale e la femoro-rotulea. L'articolazione tibio- femorale è un’articolazione biassiale con, da una parte, due menischi per migliorare la congruenza tra le superfici articolari e dall'altra un’imponente struttura legamentosa per migliorare la stabilità articolare antero-posteriore e latero-laterale.
Il ginocchio è fondamentale nel sostenere il peso corporeo e nell'eseguire attività funzionali quali camminare, sedersi, fare le scale; il poter esprimere la sua funzione al meglio è correlato con un suo corretto allineamento. Nell’adulto in stazione eretta, il ginocchio si allinea sul piano sagittale con circa 0° di flesso-estensione mentre sul piano frontale la condizione di allineamento è caratterizzata da un angolo di valgismo fisiologico tra femore e tibia compreso tra i 170 e i 175° [5].
L'allineamento scorretto dell'articolazione tibio-femorale sul piano frontale è stato associato ad osteoartrosi (OA) e a limitazioni funzionali ([1], [2]). Generalmente, un ginocchio varo presenterà un OA compartimentale mediale mentre un ginocchio valgo un OA del compartimento lateral e.
Per quanto riguarda i movimenti dell'articolazione del ginocchio sul piano sagittale, esso si flette ed estende con un intervallo di movimento medio di PROM (Passive Range Of Motion) compreso tra 5° e 155° e di AROM (Active Range Of Motion) compreso tra 0° e 140° su un asse medio-laterale che attraversa i condili. Sul piano frontale si abduce e adduce su un asse antero-posteriore con medie riportate tra i 2° e i 14°; a ginocchio esteso arriva a 2-6° di abduzione/adduzione complessivi. Sul piano trasversale la tibio-femorale ruota attorno ad un asse verticale localizzato sull'eminenza intercondiloidea con una rotazione laterale che solitamente corrisponde al doppio di quella mediale e si sviluppa in un intervallo compreso tra i 25° e i 57°. Sia durante l'estensione della tibia sul femore sia nel caso opposto, si verifica una rotazione laterale tibiale associata o automatica di circa 10° ("Screw-home mechanism" o "meccanismo a cacciavite").
Durante il cammino, il ginocchio si flette inizialmente di 5° nella fase di contatto iniziale del tallone per poi continuare fino ai 10-15° di flessione nella fase di accettazione del carico; raggiunge successivamente la quasi completa estensione poco prima della fase del distacco del tallone quando ricomincia a flettersi. Al distacco dell'alluce si dovrebbero osservare circa 35° di flessione, mentre
nella fase intermedia dell'oscillazione circa 60°, massimo grado di flessione raggiunta durante il ciclo del passo. Si possono inoltre osservare una minima abduzione/adduzione di 5°. La normale rotazione tra tibia e femore durante il cammino dovrebbe essere di circa 8 -9°.
Nella corsa, rispetto al cammino, il ginocchio si mantiene relativamente più flesso per tutto il ciclo.
1.2 L'OSTEOARTOSI
Essendo un'articolazione costantemente sottoposta a grandi sforzi o a sforzi minori ma ripetuti nel tempo, il ginocchio va spesso incontro a processi degenerativi di usura della cartilagine, artrosi, dolore con conseguente limitazione funzionale.
L’artrosi, in particolare, è un disturbo cronico degenerativo molto diffuso che colpisce in primo luogo la cartilagine articolare, con conseguente rimodellamento osseo caratterizzato da una crescita eccessiva localizzata ai margini delle articolazioni con la possibile formazione di osteofiti. Generalmente possono essere presenti anche un aumento degli spessori sinoviale e capsulare e versamento articolare.
L'età avanzata, l'accresciuta massa corporea, l'allineamento strutturale, la lassità del ginocchio e la partecipazione ad attività che implicano ingenti flessioni delle ginocchia sono tutti fattori di rischio per l'esordio e per la progressione dell'OA del ginocchio ([1], [2], [3]).
Xxxxxx et al hanno rilevato una relazione positiva tra indice di massa corporea (BMI) e gravità dell'OA rilevata radiograficamente in condizioni di varismo del ginocchio [4].
Durante i primi stadi, l'OA è solitamente asintomatica non essendo la cartilagine irrorata, mentre il dolore si presenta costante negli stadi successivi.
Le alterazioni causate dall'OA portano a limitazioni delle attività e a limitazioni della partecipazione in un numero notevole di persone, con un impatto sociale e finanziario importante. Con il tempo si generano dolore e diminuzione della volontà di muoversi con il conseguente sviluppo di contratture in alcune zone della capsula e dei muscoli satelliti che contribuiscono a loro volta ad incrementare le limitazioni funzionali.
La cartilagine si rompe e si assottiglia, perdendo la sua capacità di resistere alle sollecitazioni meccaniche, creando scrosci articolari o corpi mobili articolari.
1.3 L'INTERVENTO DI PROTESI DI GINOCCHIO
L'intervento di protesi totale di ginocchio (PTG) è la scelta elettiva nei pazienti artrosici che presentano le seguenti caratteristiche:
• grave dolore articolare al carico o con il movimento,
• estesa degenerazione della cartilagine articolare del ginocchio,
• spiccata deformità del ginocchio in valgismo/varismo,
• instabilità importante o limitazione al movimento,
• fallimento del trattamento conservativo o di altri approcci chirurgici.
Gli obiettivi principali di una PTG sono quelli di ridurre il dolore, migliorare la funzione fisica e la qualità di vita del paziente.
Esistono diverse tipologie di PTG che differiscono per:
• numero dei compartimenti sostituiti (monocompartimentale, bicompartimentale, tricompartimentale);
• modello dell'impianto (grado di vincolo, a piatto fisso o mobile, conservazione del legamento crociato posteriore o meno);
• approccio chirurgico (tradizionale o mini invasivo, con divisione o risparmio del quadricipite);
• fissazione dell'impianto protesico (cementato, non cementato, ibrido).
Le complicanze intraoperatorie possibili, anche se molto rare, sono la frattura dei condili, i danni ai nervi periferici, l’errato posizionamento di una o più componenti. Le complicanze postoperatorie precoci o tardive sono l'infezione, l'instabilità articolare, l'usura del polietilene, la mobilizzazione delle componenti protesiche, i problemi di cicatrizzazione e di trombosi venosa profonda (TVP), la flessione limitata del ginocchio, l’instabilità rotulea e i problemi di allineamento.
CAPITOLO 2
IL QUADRICIPIE FEMORALE: MUSCOLO CHIAVE PER LA STABILITA' ARTICOLARE
2.1 FISIOLOGIA DEL QUADRICIPITE FEMORALE
Il QF è l'estensore primario del ginocchio ed è composto da quattro capi con rispettive origini:
• retto del femore: dalla spina iliaca anteriore inferiore e dall'acetabolo,
• vasto mediale: dalla metà inferiore della linea intertrocanterica e dal labbro mediale della linea aspra del femore,
• vasto laterale, il più voluminoso: dal margine anteriore del grande trocantere, dalla tuberosità glutea e dal labbro laterale della linea aspra del femore,
• vasto intermedio: dalla faccia anteriore e laterale della diafisi del femore e dal labbro laterale della linea aspra.
I capi si portano in basso continuandosi in un tendine trilaminare: delle tre lamine quella del retto, la più superficiale, prosegue fino alla tuberosità tibiale; quelle dei vasti mediale e laterale si portano ai margini della rotula (da loro espansioni ai condili femorali originano i retinacoli mediali e laterali della patella); quella del vasto intermedio si porta alla base della rotula. I fasci più bassi del vasto intermedio si inseriscono sulla borsa sovrapatellare. Alcune fibre non si arrestano, ma continuano sulla faccia anteriore della patella unendosi alle fibre che costituiscono il legamento patellare. All'interno del muscolo QF è inclusa la patella, che è quindi un osso sesamoide; la rotula, spostando il tendine in avanti, ne determina una modificazione nella direzione che aumenta la forza di trazione del muscolo.
L'insieme di diverse strutture sinergiche quali il quadricipite e il suo tendine, la rotula e il tendine rotuleo viene definito knee extensor mechanism.
La funzione principale della rotula è quella di aumentare il braccio di leva del QF durante l'estensione del ginocchio; a sua volta, l'allineamento della rotula sul piano frontale è influenzato dalla linea di trazione del gruppo muscolare del QF e dalla sua inserzione sulla tuberosità tibiale tramite il tendine rotuleo. La forza risultante di queste due linee è un effetto “a corda d'arco” sulla rotula che ne determina l’allineamento laterale. Uno dei metodi per descrivere questo effetto è la misurazione dell'angolo Q. L'angolo Q è l'angolo che si forma tra la linea che collega la spina iliaca antero-superiore (SIAS) al centro della rotula e la linea che collega il tubercolo tibiale al centro della rotula; valori normali per quest'angolo sono inferiori a 10° negli uomini e a 15° nelle donne.
Un angolo Q più ampio del normale crea eccessive forze laterali sulla rotula attraverso un “effetto corda” che potrebbe predisporla a modificazioni patologiche. L'angolo Q può essere influenzato da numerosi fattori come un’eccessiva antiversione femorale, un’iperestensione del ginocchio, la pronazione della caviglia, l’allineamento rotuleo.
Le disfunzioni del QF associate al dolore al ginocchio possono riguardare sia una performance deficitaria sia un reclutamento eccessivo.
Il quadricipite nella sua interezza estende la gamba sulla coscia mentre la sola componente del retto femorale ha un’ulteriore azione di flessore della coscia sul bacino; in particolare, il retto femorale è in grado di esercitare solo il 20% di tutta la forza estensoria mentre il restante 80% è sprigionato dai vasti.
Il vasto laterale possiede l’area di sezione maggiore delle diverse componenti del QF.
Il vasto mediale è formato da due tipologie di fibre che si differenziano in base alla loro direzione; le più distali sono fibre oblique che si approcciano alla rotula con un angolo di circa 50-55° medialmente rispetto al tendine del quadricipite; le altre sono invece fibre longitudinali che arrivano alla patella formando un angolo di 18° medialmente al tendine. Nonostante le fibre oblique rappresentino solo il 30% della sezione muscolare, il loro ruolo è fondamentale per la stabilizzazione e l'orientamento della rotula, essendo in grado di fornire un certo grado di tensione al solco intercondiloideo del femore. Il vasto mediale obliquo (VMO) può fornire un'importante limitazione allo spostamento laterale della rotula data l'angolazione con cui le fibre si inseriscono sulla rotula stessa; viceversa la scarsa performance del VMO può contribuire all'eccessivo spostamento laterale della rotula.
Il fascio più profondo del QF è il vasto intermedio, alloggiato sotto il retto. Più in profondità di quest'ultimo si situa il "maltrattato" articularis genus, un piccolo muscolo posizionato anteriormente al femore distale che si inserisce sulla membrana sinoviale; nell'estensione impedisce che le pliche della membrana siano compresse all'interno dell'articolazione, tensionando verso l'alto la membrana sinoviale.
Tramite un'intensa attività fisica o un intenso carico, il QF può divenire relativamente troppo rigido o corto e contribuire ad esercitare uno stress eccessivo sulla rotula, sul legamento rotuleo e sul tubercolo tibiale. Questa eccessiva trazione verso l'alto può associarsi alla condizione di patella alta. Al contrario, il QF può divenire funzionalmente debole in presenza di un allineamento abituale del ginocchio in iperestensione.
2.2 CONSIDERAZIONI FUNZIONALI SUL QF
Generalmente, i muscoli estensori di ginocchio producono un momento angolare di circa due volte superiore a quello dei flessori. Attraverso la loro attivazione isometrica, concentrica ed eccentrica il momento estensorio da essi sviluppato viene impiegato per molteplici funzioni. Attraverso l'attivazione isometrica, il QF stabilizza ed aiuta a proteggere il ginocchio; attraverso l'attivazione eccentrica controlla il grado di discesa del centro di massa corporeo ad esempio durante il sedersi/alzarsi dalla sedia, lo squat e il cammino. L'attivazione eccentrica di questo muscolo fornisce la possibilità di assorbimento di eventuali traumi al ginocchio. Nel ciclo del passo durante la prima fase di contatto al terreno, il ginocchio si flette lentamente in risposta alla reazione di forza del terreno: l'attivazione eccentrica del QF controlla l'entità della flessione di ginocchio. Questa protezione è particolarmente utile durante i carichi ad alto impatto, come durante il salto, nella corsa durante il contatto iniziale del piede, nella discesa da un gradino alto; in questi esempi, l'attivazione eccentrica è usata per decelerare la flessione del ginocchio.
In opposto, la contrazione concentrica di questo muscolo porta la tibia o il femore verso l'estensione di ginocchio; questa azione è spesso usata per alzare il centro di massa, come durante la corsa in salita, il salto, l'alzarsi da una sedia.
Per quanto riguarda le differenze di genere, studi recenti dimostrano che, rispetto agli uomini, le donne impiegano maggiormente il QF e meno gli estensori d’anca durante il salto, sviluppando forze differenti sull’articolazione del ginocchio [5].
Assumendo tra gli obiettivi principali di una PTG, oltre alla riduzione del dolore, il miglioramento della funzionalità fisica e la qualità di vita del paziente, la riabilitazione postoperatoria assume un ruolo preponderante e il recupero del quadricipite si rende in particolare strettamente necessario.
Dalla letteratura emerge come la debolezza del QF rappresenta un fattore decisivo nella progressione dell'OA di ginocchio con una riduzione della sua forza pari al 20% rispetto alla popolazione sana [6]. Questa debolezza permane anche dopo l'intervento di PTG peggiorando ulteriormente nel primo mese post-intervento. Confrontando i valori della forza muscolare del QF a lungo termine di soggetti sottoposti a PTG con gruppi di controllo di soggetti sani, il deficit di forza si porta a valori compresi tra il 30 e il 48% ([7], [8], [9]).
Questa debolezza ha come principale fattore causale la mancata attivazione volontaria del muscolo conseguente all'inibizione muscolare artrogenica (AMI), definita come una riduzione nella produzione della massima forza del muscolo dovuta ad un'inibizione riflessa della muscolatura che circonda l'articolazione a seguito di un trauma o di una patologia a carico delle componenti
strutturali. Questo processo ostacola marcatamente il percorso riabilitativo, rendendo difficoltosi il recupero di forza e il ripristino di una normale funzione propriocettiva dando vita ad una limitazione funzionale persistente che può condurre allo sviluppo di degenerazione cronica ed infortunio.
In letteratura, emerge chiaramente come la debolezza muscolare, in particolar modo del QF, sia la principale responsabile della persistente limitazione funzionale nei soggetti operati di PTG. Conseguentemente, pur rappresentando la PTG la procedura elettiva per i pazienti con OA, offrendo un immediato sollievo dai sintomi dolorosi, essa non garantisce, tuttavia, un miglioramento a breve/medio termine per quanto riguarda l'esecuzione delle varie attività della vita quotidiana.
Secondo gli studi di Xxxxxx et al (2005) la forza del muscolo QF ad un mese dall'intervento chirurgico si riduce del 62% rispetto ai valori preoperatori, aumentando in modo significativo i tempi impiegati nei test funzionali Timed Up and Go (TUG) e Stair Climbing Test (STC), che ritornano ai livelli preoperatori a distanza di due mesi dall’intervento [8]. Questo studio, tuttavia, sottolinea come questo successivo miglioramento sia fortemente correlato al compenso generato dal QF controlaterale.
È stato inoltre riportato come la performance funzionale di questi soggetti operati rimanga inferiore a quella di coetanei sani anche ad un anno dall'intervento, dimostrando una minor velocità del 18 e del 51% per quanto riguarda rispettivamente cammino ed esecuzione delle scale; si evidenzia anche un'importante difficoltà nei cambi di direzione, nel portare pesi, nell'inginocchiarsi [8]. Come evidenzia una meta-analisi del 2012 [10], tuttavia, la velocità del cammino valutata negli stessi pazienti sia prima che dopo l'intervento migliora rispetto alla condizione preoperatoria complessivamente dal sesto mese dopo l'intervento, mentre nei primi cinque mesi l'eterogeneità dei risultati analizzati non permette di trarre conclusioni statisticamente significative. Sembra inoltre che dal tredicesimo mese circa in poi possa verificarsi un lento ritorno alle ridotte velocità iniziali, segno, secondo alcuni autori, di comorbidità.
Uno studio prospettico controllato del 2010 ha confrontato la forza muscolare e gli outcome funzionali di pazienti protesizzati e di soggetti sani della stessa età due settimane prima dell’intervento e ad uno, tre, e sei mesi dall’operazione. Ad ogni valutazione la forza del QF del gruppo sperimentale si è dimostrata inferiore a quella del gruppo di controllo, specialmente ad un mese dalla chirurgia, riuscendo a raggiungere i valori preoperatori soltanto al sesto mese. Allo stesso modo, la funzionalità, misurata tramite TUG, SCT, e test dei 6 minuti (6MWT), peggiora nel primo mese e si riporta ai livelli preoperatori dal terzo mese in poi, risultando inferiore a quella della popolazione sana anche dopo il sesto mese [11].
I soggetti artrosici, rispetto alla loro condizione originaria, subiscono un ulteriore peggioramento un mese dopo la chirurgia, raggiungendo il proprio livello di performance preoperatoria soltanto a partire dai tre mesi successivi alla protesizzazione, superandolo di poco a seguito del sesto mese e stabilizzandosi in una fase di plateau. Rapportato invece al grado di esecuzione delle attività funzionali del gruppo di controllo sano, il gruppo protesizzato (dopo sei mesi dall’operazione) conserva una debolezza del QF interessato che si traduce in un maggior tempo nell’esecuzione del TUG (62.9% ± 35.1%) e del SCT (105.0% ± 87.7%) e nella percorrenza di una minor distanza nel 6MWT del 27.9% ± 15.8%.
Risultati simili sono stati riscontrati anche da Xxxxxx et al [10], esaminando 40 soggetti una settimana prima e un anno dopo PTG, suggerendo come un recupero della forza del QF prima dell’operazione possa condurre a significativi miglioramenti nei test fisici presi in analisi (TUG e SCT) nell’arco di tempo considerato.
La debolezza del QF è inoltre associata, oltre alla diminuita velocità di cammino, anche ad un aumentato rischio di caduta e ad una compromissione dell’abilità nell’esecuzione delle scale che si evidenzia sia durante la fase di salita, considerata l’attività più stressante per l’articolazione, che in quella di discesa, richiedente una contrazione eccentrica del QF e perciò maggiormente difficoltosa in questi soggetti (rispetto a questo aspetto, tuttavia, non vi è ancora chiarezza in letteratura). L’abilità nell’eseguire le scale, così come nel portare a termine le altre attività funzionali sopra riportate, dipende anche dal grado di limitazione antecedente l’operazione: i pazienti che avevano maggiore difficoltà o impossibilità ad eseguire le scale nel periodo preoperatorio, impiegano un tempo maggiore in seguito alla chirurgia per raggiungere il livello di prestazione dei soggetti che avevano conservato questa abilità.
CAPITOLO 3 MATERIALI E METODI
3.1 PROGETTO DELLO STUDIO
Il presente lavoro è una ricerca sperimentale longitudinale con lo scopo di indagare come l’esecuzione di un esercizio specifico per il quadricipite femorale in contrazione eccentrica si ripercuota sul recupero funzionale in pazienti sottoposti a PTG.
È uno studio la cui ipotesi nasce contestualmente alla pratica clinica e si sviluppa in un primo momento nel lavoro di tesi dell’allora laureando in Fisioterapia Xxxxx Xxxxxxxx "Debolezza muscolare e limitazioni funzionali pre e postintervento di artroprotesi di ginocchio in pazienti con artrosi: revisione della letteratura".
Per il supporto teorico dello studio sono stati consultati inoltre database specifici quali Xxxxx, Pubmed, Cochrane. Le parole chiave utilizzate sono state: "total knee arthroplasty", "knee osteoarthritis", "functional/physical limitations", "quadriceps muscle force", "eccentric activation", "rehabilitation".
I dati sono stati raccolti nel periodo compreso tra il 01 Marzo 2016 e il 30 Luglio 2016 presso l'Unità Operativa MFR dell’Ospedale Civile di Xxxxxxxx Veneto in cui un gruppo di controllo (n=18) ha seguito il protocollo ospedaliero tradizionalmente proposto e utilizzato in seguito a intervento di PTG e un gruppo sperimentale (n=19) ha eseguito in aggiunta al protocollo tradizionale un’attività terapeutica specifica con lo scopo di allenare precocemente e selettivamente la contrazione eccentrica del QF.
I pazienti sono stati collocati nel gruppo di controllo o sperimentale tramite assegnazione casuale, attraverso uno schema di randomizzazione semplice e bilanciata (1:1) a disposizione della Coordinatrice del Servizio.
Tutti i fisioterapisti coinvolti nella riabilitazione postoperatoria di soggetti con PTG all’interno dell’Unità Operativa hanno prestato il loro consenso a partecipare come operatori non in cieco allo studio, previo breve addestramento alla somministrazione dell’attività proposta. L’assegnazione paziente-fisioterapista è stata a sua volta casuale e ad opera del servizio di coordinamento.
Lo studio ha coinvolto diversi operatori in diverse fasi:
1. Operatore 1: si è occupato dell'assegnazione casuale dei soggetti ai due gruppi;
2. Operatore 2: si è occupato della raccolta del consenso informato, della somministrazione del protocollo tradizionale e dell'attività terapeutica specifica;
3. Operatore 3: studentessa autrice della tesi, si è occupata a cieco della raccolta dati nei tempi T0 e T1;
4. Operatore 4: medico Fisiatra a cieco si è occupato della raccolta della variabile ROM;
5. Operatore 5: statistico che si è occupato dell'analisi dei dati
3.2 CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE
Sono stati osservati i seguenti criteri di inclusione: pazienti sottoposti ad intervento di protesi totale di ginocchio per problematica artrosica, età > 60 anni, operati presso la stessa struttura ospedaliera in cui sono stati raccolti i dati.
I criteri di esclusione della popolazione in studio sono stati: presenza di mezzi di sintesi in altri distretti, presenza di problematiche neurologiche (ritardo mentale, cerebrolesioni acquisite), presenza di patologie sistemiche che intervengano direttamente sull'apparato locomotore.
La popolazione individuata contava 43 soggetti di cui 6 sono stati esclusi successivamente per complicanze postoperatorie e di gestione: due soggetti hanno sviluppato trombosi venosa profonda (TVP), un soggetto è stato sottoposto a sblocco in narcosi, un soggetto ha manifestato l’insorgenza di una neuropatia motoria, due soggetti non si sono presentati al controllo ad un mese dall'intervento per motivi personali.
3.3 VARIABILI ANALIZZATE E MISURE DI OUTCOME
Le variabili considerate sono state misurate attraverso: esame articolare, test funzionale per l'alzata e la seduta dalla sedia (Timed Up And Go), test per il cammino (40m Fast-paced Walk Test), test per la salita e discesa dalle scale (Stair Climb Test). Questi test sono stati scelti e selezionati tenendo in considerazione le indicazioni dell'OARSI (Osteoarthritis Research Society International) per la loro semplicità e velocità di utilizzo e rispetto alle possibilità della struttura ospitante. [Allegato 1]
Le tre prove funzionali sono state eseguite a T0 dopo l'ultima sessione di fisioterapia il giorno della dimissione e a T1 dopo la visita fisiatrica di controllo a 30 giorni dalla dimissione e somministrate attraverso istruzioni verbali predefinite e l'uso di un cronometro:
1. Timed Up and Go (TUG): prevede di alzarsi dalla sedia, camminare per 3 m, tornare indietro e sedersi di nuovo. È stata usata una sedia di uguale altezza per tutti i soggetti;
2. 40m Fast-paced Walk Test Score Sheet (40m): consiste nel camminare per 40 metri su un piano rettilineo;
3. Stair Climb Test (SCT): consiste nel salire e scendere quattro gradini di altezza costante (15 cm).
Anche i dati relativi all'esame articolare sono stati raccolti ai momenti T0 e T1. Al tempo T1 è stato analizzato inoltre l'impiego dell’ausilio utilizzato dal soggetto durante le prove secondo le indicazioni del medico Xxxxxxxx.
La valutazione articolare è stata eseguita a cieco dal medico Fisiatra mentre la laureanda si è occupata a cieco della valutazione funzionale.
I fisioterapisti che hanno preso parte allo studio come operatori sono stati sottoposti ad un breve addestramento specifico per l’esecuzione dell’attività aggiuntiva da somministrare al gruppo sperimentale.
3.4 L' ATTIVITÀ TERAPEUTICA SPECIFICA
L’attività proposta è nata dall’evidenziazione della mancanza di specificità degli esercizi tradizionalmente proposti per il QF e in particolare per la sua contrazione eccentrica e la sua attivazione precoce nell’immediato postoperatorio, all’interno di vari protocolli postoperatori e, in particolare, di quello utilizzato nella struttura interessata dal presente studio. Gli esercizi rivolti alla ripresa di attività del quadricipite riguardano solitamente contrazioni concentriche mirate al recupero dell’escursione articolare in estensione e solo in un secondo momento (in corrispondenza di un maggiore recupero di escursione articolare) richiedono l’intervento eccentrico del quadricipite. Si vuole segnalare in particolare che l’attività proposta [vedi Foto 1-2-3] nasce dal riadattamento di un’attività acquisita all’interno della pratica clinica del Concetto Bobath, in particolare nel contesto delle prime attività per il recupero sensomotorio dell’arto inferiore del paziente emiparetico.
Ai fisioterapisti partecipanti come operatori sono state impartite le seguenti istruzioni:
1. Posizionare il paziente supino sul letto con un supporto posto sotto il terzo distale del femore, non sotto il cavo popliteo, che permetta all’articolazione del ginocchio di portarsi a 30° di flessione. (Foto 1)
2. Posizionare una mano sui vasti del paziente subito a ridosso dell'articolazione (pollice sul vasto laterale, le altre dita sul vasto mediale) per percepire e guidare la contrazione muscolare; utilizzare l'altra mano per sostenere il piede attraverso una presa a livello delle teste metatarsali. (Foto 2)
3. Portare passivamente in estensione il ginocchio con articolazione tibiotarsica in posizione zero. (Foto 3)
4. Richiedere al paziente di mantenere la posizione per due secondi mentre il fisioterapista continua a sostenere il piede.
5. Allo scadere dei due secondi richiedere al paziente di "far scendere" lentamente il piede fino a riportarlo a contatto con il lettino (il fisioterapista continua a sostenere il piede del paziente).
Al paziente vengono richieste 10 ripetizioni ad inizio seduta e altre 10 a fine seduta.
Foto 1. Posizione di partenza
Foto 2. Presa dell’arto da parte dell’operatore
Foto 3. Raggiungimento della posizione di estensione
3.5 PROTOCOLLO UNITÀ OPERATIVA OSPITANTE
Presso la struttura di riferimento in cui si è svolto questo studio sperimentale, per la protesizzazione di ginocchio, nella maggior parte dei casi, vengono utilizzate artroprotesi totali cementate mentre in un minor numero di pazienti, solitamente più giovani, protesi ibride (componente femorale e rotulea non cementate e componente tibiale cementata); l'iter riabilitativo è comune per entrambi i tipi di intervento eccetto che per la concessione e la progressione del carico che dipendono dalla tecnica chirurgica utilizzata e che vengono indicati dallo Specialista Ortopedico.
I pazienti vengono segnalati allo Specialista Fisiatra in II giornata postoperatoria e il trattamento riabilitativo viene iniziato entro le 48h dall’intervento chirurgico. In IV giornata viene generalmente inviata la richiesta di trasferimento presso il reparto di Riabilitazione, salvo complicanze, con indicazioni di concessione del carico parziale assistito con girello; in IV giornata viene effettuato il trasferimento presso il reparto di MFR. La degenza presso il reparto di riabilitazione, salvo complicazioni, dura circa due settimane, per un totale di 21 giorni di ricovero ospedaliero.
Il trattamento riabilitativo consiste in:
• mobilizzazioni passive e attive assistite del ginocchio,
• rinforzo muscolare globale degli arti inferiori,
• esercizi di propriocezione prima da seduti e poi in posizione eretta con appoggio bipodalico,
• training deambulatorio con bastoni canadesi anche sulle scale. Gli obiettivi del trattamento riabilitativo sono:
• il recupero dell'escursione articolare,
• la deambulazione autonoma con l'ausilio di bastoni,
• la graduale ripresa delle normali attività quotidiane.
A tutti i pazienti viene somministrato lo stesso protocollo di trattamento postoperatorio che consiste di esercizi volti al raggiungimento degli obiettivi sopra esposti. [Allegato 2]
3.6 ANALISI STATISTICA
Attraverso l'uso dell'analisi statistica, sono stati raccolti i risultati ottenuti in formato Excel per poi analizzarli tramite frequenze e misure di tendenza centrale (media, mediana, deviazione standard e adeguati test parametrici e non).
I test parametrici e non, sono stati scelti in base al tipo di variabile considerata, se qualitativa o quantitativa, e alla numerosità del campione.
Il t-test, parametrico, è stato utilizzato per analizzare la variabile quantitativa dei tempi ottenuti nelle prove funzionali ai tempi T0 e T1 con lo scopo di individuare le differenze nelle medie per i tre indicatori TUG, 40m, SCT. È stato necessario calcolare precedentemente la deviazione standard per ricavare il t-test; l’ottenimento di un p-value molto basso indica una differenza significativa nelle medie dei due gruppi.
Il t-test per dati appaiati è stato necessario per confrontare la media dello stesso gruppo nel tempo; il test è stato scelto in considerazione della mancanza di indipendenza tra i due gruppi a confronto.
Il test di Xxxxxxxx, non parametrico, è stato preferito per analizzare l'eventuale influenza della differenza di età fra i due gruppi considerati come valori ordinali valutando le mediane delle due popolazioni; è stato utilizzato questo test non parametrico invece del t-test, per esempio, per valutare le differenze dell'età mediana tra i due gruppi, dal momento che l'età non aveva una distribuzione normale o gaussiana.
Per la variabile qualitativa ROM è stato utilizzato il test esatto di Xxxxxx in quanto test non parametrico. Esso, infatti, viene usato per valutare differenze nella distribuzione tra due variabili qualitative, come ROM estensione e flessione. Se il p-value del test risulta molto basso, questo indica una differenza delle osservazioni nelle due distribuzioni. Si è preferito usare il test esatto di Xxxxxx invece del più comune test del chi-quadro considerata la bassa numerosità del campione.
CAPITOLO 4 RISULTATI
4.1 CARATTERISTICHE DELLA POPOLAZIONE CAMPIONE
Con l'utilizzo della statistica inferenziale, sono stati analizzati i dati raccolti dei due gruppi sperimentale (n=19) e di controllo (n=18) le cui caratteristiche demografiche sono evidenziate in Tabella 1.
Come si può notare tra i due gruppi è presente una percentuale maggiore di femmine e per quanto riguarda la differenza di età essa si pone al limite della significatività statistica (p-value = 0.09) secondo il test di Xxxxxxxx con il gruppo sperimentale più "anziano" rispetto a quello di controllo (mediana gruppo sperimentale: 76.0; gruppo di controllo: 68.5).
Tabella 1. Caratteristiche demografiche della popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Caratteristiche demografiche | Gruppo sperimentale (n=19) | Gruppo di controllo (n=18) | Test di Xxxxxxxx | ||
N | Col % | N | Col % | ||
Sesso | |||||
Maschio | 6 | 31.6 | 3 | 16.7 | |
Femmina | 13 | 68.4 | 15 | 83.3 | - |
Età | |||||
60-69 | 5 | 26.3 | 10 | 55.6 | |
70-79 | 11 | 57.9 | 6 | 33.3 | |
80-89 | 3 | 15.8 | 2 | 11.1 | |
mediana (IQR) | 76.0 (69.0-77.0) | 68.5 (65.0-74.0) | p-value=0.09 |
IQR: Range interquartile
4.2 OUTCOME PRIMARIO: PROVE FUNZIONALI
Alla 1a data, analizzando i dati raccolti nelle tre prove funzionali Timed Up and Go (TUG), 40m Fast-paced Walk (40m) e Stair Climb Test (SCT) tramite l'utilizzo del T-test non si rileva una significatività statistica analizzando i rispettivi p-value riportati in Tabella 2. Si può tuttavia evidenziare come il Timed Up and Go sia al limite della significatività statistica con un p-value di 0.06.
Tabella 2. Tempi ai test ottenuti al tempo T0 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Test effettuati | Gruppo sperimentale (n=19) | Gruppo di controllo (n=18) | T-test | ||||
Media | SD | IC (95%) | Media | SD | IC (95%) | ||
Timed Up and Go (secondi) | 19.7 | 4.5 | 17.5- 21.9 | 24.7 | 9.5 | 20.0- 29.4 | p- value=0.06 |
40m Fast Paced Walk (secondi) | 63.2 | 17.5 | 54.8- 71.6 | 70.0 | 22.3 | 58.9- 81.1 | p- value=0.31 |
Stair Climb (secondi) | 27.0 | 11.3 | 21.6- 32.5 | 30.6 | 10.1 | 25.6- 35.6 | p- value=0.32 |
SD: Deviazione standard
I dati raccolti in 2a data rispetto ai tre test funzionali (TUG - 40m - SCT) tramite l'utilizzo del t-test hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa con valori di p-value riportati in Tabella 4.
Tabella 4. Tempi ai test ottenuti al tempo T1 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Test effettuati | Gruppo sperimentale (n=19) | Gruppo di controllo (n=18) | T-test | ||||
Media | SD | IC (95%) | Media | SD | IC (95%) | ||
Timed Up and Go (secondi) | 13.1 | 3.3 | 11.6-14.7 | 18.8 | 8.2 | 14.7-22.9 | p-value<0.001 |
40m Fast Paced Walk (secondi) | 40.9 | 8.2 | 36.9-44.9 | 59.3 | 20.2 | 49.3-69.3 | p-value<0.001 |
Stair Climb (secondi) | 15.6 | 4.7 | 13.3-17.9 | 22.4 | 10.2 | 17.3-27.5 | p-value=0.002 |
SD: Deviazione standard
Infine sono stati messi a confronto i risultati intra-gruppi e inter-gruppi alla data 1 e alla data 2 tramite l'utilizzo di un opportuno grafico per ogni singolo test funzionale.
Gli istogrammi sottostanti rappresentano graficamente il confronto tra lo stesso gruppo in 1a e 2a data per il TUG in grafico 1, il 40m in grafico 2 e il SCT in grafico 3. Si può cogliere a vista d'occhio il miglioramento in T1 con una popolazione più omogenea. Gli istogrammi si possono confrontare sia da sinistra a destra e cioè confrontando lo stesso gruppo in tempi diversi, sia dall'alto al basso confrontando diversi gruppi nello stesso momento.
Grafico 1. Istogramma dei risultati del Timed Up and Go Test ottenuti ai tempi T0 e T1 dalla popolazione di
studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Grafico 2. Istogramma dei risultati del 40m Fast-paced Walk Test ottenuti ai tempi T0 e T1 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Grafico 3. Istogramma dei risultati del Stair Climb Test ottenuti ai tempi T0 e T1 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Infine sono stati confrontati i dati tra i due gruppi diversi nelle due date tramite il T-test per dati appaiati e riportati graficamente (Tabelle 6-7-8) tramite box-plot per ogni singola prova funzionale.
Tabella 6. Tempi del test TUG ottenuti dalla popolazione di studio stratificata per gruppo e data del test
Gruppi | 1a data | 2a data | T-test per dati appaiati | |||||
Media | SD | IC (95%) | Media | SD | IC (95%) | |||
Gruppo sperimentale | 19.7 | 4.5 | 17.5-21.9 | 13.1 | 3.3 | 11.6-14.7 | p- value<0.001 | |
Gruppo di controllo | 24.7 | 9.5 | 20.0-29.4 | 18.8 | 8.2 | 14.7-22.9 | p- value<0.001 | |
Tabella 7. Tempi del test 40m ottenuti dalla popolazione di studio stratificata per gruppo e data del test
Gruppi | 1a data | 2a data | T-test per dati appaiati | |||||
Media | SD | IC (95%) | Media | SD | IC (95%) | |||
Gruppo sperimentale | 63.2 | 17.5 | 54.8-71.6 | 40.9 | 8.2 | 36.9-44.9 | p- value<0.001 | |
Gruppo di controllo | 70.0 | 22.3 | 58.9-81.1 | 59.3 | 20.2 | 49.3-69.3 | p- value<0.001 | |
Tabella 8. Tempi del test Stair Climb ottenuti dalla popolazione di studio stratificata per gruppo e data del test
Gruppi | 1a data | 2a data | T-test per dati appaiati | |||||
Media | SD | IC (95%) | Media | SD | IC (95%) | |||
Gruppo sperimentale | 27.0 | 11.3 | 21.6-32.5 | 15.6 | 4.7 | 13.3-17.9 | p- value<0.001 | |
Gruppo di controllo | 30.6 | 10.1 | 25.6-35.6 | 22.4 | 10.2 | 17.3-27.5 | p- value<0.001 | |
4.3 OUTCOME SECONDARIO: ROM
In 1a data sono stati analizzati anche i valori di Range Of Motion (ROM) nei due gruppi esposti in Tabella 3; tramite il test esatto di Xxxxxx si può affermare che in 1a data non c'è una differenza significativa né per il ROM in estensione né per quello in flessione.
Tabella 3. Risultati dei test sull’arco di movimento (Range Of Motion, ROM) ottenuti al tempo T0 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Test effettuati | Gruppo sperimentale (n=19) | Gruppo di controllo (n=18) | Test esatto di Xxxxxx | ||
N | Col % | N | Col % | ||
ROM estensione (gradi) | |||||
-10 | 1 | 5.3 | 0 | 0.0 | |
-5 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | |
0 | 14 | 73.7 | 14 | 77.8 | |
5 | 2 | 10.5 | 2 | 11.1 | |
10 | 2 | 10.5 | 2 | 11.1 | p-value=1.0 |
ROM flessione (gradi) | |||||
80 | 1 | 5.3 | 0 | 0.0 | |
85 | 0 | 0.0 | 4 | 22.2 | |
90 | 14 | 73.7 | 12 | 66.7 | |
95 | 2 | 10.5 | 2 | 11.1 | |
100 | 2 | 10.5 | 0 | 0.0 | |
105 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | |
110 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | p-value=0.11 |
In 2a data sono stati analizzati anche i valori del ROM in estensione e in flessione tramite il test esatto di Xxxxxx con un p-value rispettivo di 0.07 e 0.02. Solo il dato relativo al ROM in flessione ha ottenuto un cambiamento statisticamente significativo.
Tabella 5. Risultati dei test sul Range Of Motion (ROM) ottenuti al tempo T1 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
Test effettuati | Gruppo sperimentale (n=19) | Gruppo di controllo (n=18) | Test esatto di Xxxxxx | ||
N | Col % | N | Col % | ||
ROM estensione (gradi) | |||||
-10 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | |
-5 | 7 | 36.8 | 1 | 5.6 | |
0 | 10 | 52.6 | 15 | 83.3 | |
5 | 2 | 10.5 | 2 | 11.1 | |
10 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | p-value=0.07 |
ROM flessione (gradi) | |||||
80 | 0 | 0.0 | 0 | 0.0 | |
85 | 1 | 5.3 | 1 | 5.6 | |
90 | 0 | 0.0 | 4 | 22.2 | |
95 | 4 | 21.1 | 8 | 44.4 | |
100 | 11 | 57.9 | 5 | 27.8 | |
105 | 1 | 5.3 | 0 | 0.0 | |
110 | 2 | 10.5 | 0 | 0.0 | p-value=0.02 |
Il grafico 4 rappresenta le variabili di Range Of Motion nelle due date tramite diagramma a barre trattandosi di variabili qualitative.
Grafico 4. Diagramma a barre dei risultati del Range Of Motion (ROM) ottenuti ai tempi T0 e T1 dalla popolazione di studio stratificata per gruppo sperimentale e gruppo di controllo
4.4 ANALISI DESCRITTIVA PER L’OUTCOME XXXXXXX
È stato analizzato in T0 e T1 l'utilizzo di due, una o nessuna stampella nei soggetti delle due popolazioni.
In T0 tutti i soggetti di entrambe le popolazioni usavano entrambe le stampelle durante i test funzionali. A T1, invece, i pazienti usavano gli ausili secondo le indicazioni ricevute poco prima durante la visita con il medico Xxxxxxxx.
AUSILIO IN T1 | GRUPPO SPERIMENTALE (N=19) | GRUPPO DI CONTROLLO (N=18) |
DUE STAMPELLE | 7 | 15 |
UNA STAMPELLA | 9 | 3 |
NESSUNA STAMPELLA | 3 | 0 |
I valori sono stati rappresentati graficamente mediante l'utilizzo del seguente grafico a torta.
Grafico 5. Grafici a torta per rappresentare la variabile ausilio all'interno dei due gruppi al tempo T1
CAPITOLO 5 DISCUSSIONE
5.1 EFFICACIA DELL'ATTIVITÀ TERAPEUTICA SPECIFICA
Analizzando l'outcome primario si evidenzia come a T0 non ci siano miglioramenti statisticamente significativi nelle tre prove funzionali; l'unica prova ad avvicinarsi ad un p-value significativo è quella del TUG.
In T1 si assiste invece ad un t-test che mostra un p-value molto basso, rispettivamente per TUG p-value<0.001, per 40m p-value<0.001 e per SCT p-value=0.002; questi risultati ci permettono di affermare la presenza di cambiamento significativo del gruppo sperimentale rispetto a quello di controllo al tempo T1.
L'esecuzione di questa attività terapeutica specifica risulta creare un maggiore miglioramento rispetto ai soggetti che non la eseguono; questo risultato può essere rafforzato grazie a quanto emerso in letteratura e cioè che la presenza di un deficit del QF sia in grado di precludere una completa capacità funzionale all'interno di attività quotidiane che il paziente deve svolgere.
E' stato fatto un confronto sia intragruppi che intergruppi; graficamente è possibile commentare gli istogrammi che rappresentano la dispersione dei dati ai tempi T0 e T1 confrontando lo stesso gruppo nei due tempi diversi o i due diversi gruppi allo stesso tempo per ogni singola prova funzionale; si nota in particolare come la curva sia spostata verso sinistra per entrambi i gruppi al tempo T1 rispetto al tempo T0 ma il gruppo sperimentale risulta più omogeneo con un intervallo di confidenza minore e quindi minor interferenza dei valori outliders.
I gruppi sono stati confrontati fra di loro nei due diversi tempi con l'utilizzo dei t-test per dati appaiati trovando p-value statisticamente significativi per le singole prove in entrambi i gruppi; rappresentando, tuttavia, i dati ottenuti con un grafico box plot si nota il miglioramento di entrambi i gruppi ma contemporaneamente il gruppo sperimentale risulta avere una minor variabilità per quanto riguarda i risultati di tutti e tre i test rispetto al gruppo di controllo.
Per quanto riguarda l'outcome secondario, è emerso al tempo T1 un miglioramento significativo per il ROM in flessione con un p-value=0.02 secondo il test esatto di Xxxxxx; il ROM in estensione con un p-value=0.07 non risulta invece statisticamente significativo. Questo risultato può dipendere dal fatto che l’attività allena il rilascio eccentrico del QF favorendo la riduzione della stiffness di tutte le componenti tissutali anteriori a tutti i livelli e incrementando in tal modo l’escursione articolare verso il movimento di flessione del ginocchio.
L'outcome ausilio è stato preso in considerazione con un’analisi descrittiva tenendo conto della numerosità dei sottogruppi che si sono creati; risulta ugualmente interessante vedere come nel gruppo sperimentale ci sia una diminuzione dell'utilizzo di entrambe le stampelle al tempo T1 rispetto al gruppo di controllo; infatti, per quanto riguarda il gruppo sperimentale il 47% utilizza una sola stampella, il 37% due stampelle e il 16% nessuna stampella, mentre del gruppo di controllo l'83% utilizza due stampelle e il 17% una stampella. Va comunque tenuto in considerazione che l’indicazione all’uso di due, uno o nessun ausilio è di pertinenza medica al momento della visita di controllo ma che altresì il medico Xxxxxxxx non era a conoscenza dell’assegnazione dei soggetti ai due gruppi di studio.
5.2 CONSIDERAZIONI GENERALI
L'obiettivo dello studio è stato quello di verificare l'ipotesi che un'attività terapeutica specifica per il QF fosse in grado di generare un miglioramento funzionale maggiore rispetto all’esecuzione di un trattamento tradizionale. Dalla letteratura, infatti, è emerso come ci sia a breve e medio termine una difficoltà nel recupero funzionale dei pazienti operati di PTG correlata alla debolezza del QF femorale e conseguentemente una forte correlazione tra deficit di forza del QF e limitazione funzionale.
Mentre al tempo T0 non ci sono state modificazioni significative, al tempo T1 si sono ottenuti dei valori molto interessanti per quanto riguarda gli outcome delle tre prove funzionali ed il ROM in flessione. Al tempo T1 non solo si sono riscontrati dei p-value molto bassi ma la popolazione sperimentale risulta più omogenea con un intervallo di confidenza ristretto rispetto a quello del controllo.
Il fatto che i miglioramenti coincidano in modo particolare con il tempo T1 si dimostra di ulteriore rilievo ed interesse in riferimento al fatto che i pazienti raggiungono il maggiore calo della prestazione muscolare del QF un mese dopo l’intervento di PTG.
Le implicazioni cliniche della ricerca sono di notevole interesse riabilitativo; i risultati ottenuti in questo trial indicano come l'integrazione di un'attività terapeutica specifica all'interno del protocollo tradizionale risulti efficace nell'aumentare la prestazione funzionale di soggetti operati di PTG e il ROM in flessione. Ciò risulta particolarmente importante se si considerano le difficoltà emerse nei soggetti dopo aver subito l'operazione di PTG e in particolare la limitazione funzionale nelle attività della vita quotidiana, la diminuita velocità del cammino, l’aumento del rischio di caduta. ([10], [11], [14], [16]).
5.3 LIMITI DELLO STUDIO
Un limite individuato dagli operatori che eseguivano l'esercizio specifico è quello di aver riscontrato delle difficoltà nel somministrarlo nei primi giorni dopo l'operazione in quanto il ginocchio si presenta spesso dolente e infiammato.
La somministrazione dell’attività da parte di operatori diversi, pur potendo essere considerata un limite a causa di una possibile diversa realizzazione da parte del singolo operatore, potrebbe altresì essere considerata come prova a supporto dell’efficacia dell’attività somministrata che risulta indipendente dal soggetto somministratore.
Un possibile limite dello studio potrebbe riguardare la randomizzazione casuale della popolazione all'interno dei due gruppi; sarebbe stato interessante poter dividere i soggetti in sottogruppi più omogenei, ad esempio per fasce d'età. Ciò non è stato tuttavia possibile a causa della relativa ristrettezza del campione con la conseguente possibilità che vi fosse un unico soggetto rappresentativo di una determinata fascia d’età. Allo stesso modo, per una suddivisione in base al genere, l’esiguità del numero di soggetti maschi ha impedito di poter costituire due sottogruppi significativi.
Per eventuali sviluppi futuri del presente lavoro potrebbe essere inoltre interessante tenere in considerazione il Body Mass Index (BMI) dei singoli soggetti per valutare eventuali correlazioni tra minor recupero funzionale e peso dei soggetti partecipanti, essendo questo parametro definito in letteratura come fattore predisponente all’OA. Di ulteriore interesse potrebbe essere la rilevazione dell'effettiva attivazione muscolare del QF attraverso adeguati apparecchi elettromiografici e la misurazione della forza del muscolo per successiva comparazione con gruppo di controllo composto da soggetti sani di pari età.
CONCLUSIONI
In questo studio è stata valutata l'efficacia di un singolo esercizio specifico per il QF in aggiunta ad un protocollo di trattamento postoperatorio tradizionale rispetto all'uso esclusivo di tale protocollo sulla base di evidenze emerse dalla letteratura scientifica e indicanti una forte correlazione tra debolezza del QF e limitazione funzionale in individui sottoposti ad intervento di PTG.
I risultati ottenuti tramite l'inferenza statistica non hanno falsificato l'ipotesi sperimentale a medio termine in linea con l'ipotesi iniziale di lavoro. In entrambi i gruppi emerge un miglioramento che si dimostra maggiore nel gruppo sperimentale grazie all'esecuzione di prove funzionali migliori.
Risulta inoltre un miglioramento significativo per il ROM in flessione e si verifica la diminuzione dell'utilizzo degli ausili durante le prove funzionali al tempo T1, pur sempre in considerazione dei limiti emersi dallo studio condotto.
I risultati ottenuti, pertanto, sembrano supportare l’impiego di un’attività specifica in contrazione eccentrica del QF a favore di un maggiore recupero funzionale nei pazienti artrosici sottoposti ad intervento di PTG; questo assume un notevole interesse all'interno della pratica clinica riabilitativa considerando l'indipendenza dell'efficacia dell’esercizio rispetto all'operatore che lo somministra.
BIBLIOGRAFIA
[1] Xxxxxx L, Xxxx J, Xxxxxx DT, et al: The role of knee alingnment in disease progression and functional decline in knee osteoarthritis, 2001
[2] Xxxxxx L, Xxxxxx DD, Xxxxx S, et al: Quadriceps strenght and osteoarthritis progression in malaligned and lax knees, 2003
[3] Szoeke CEI, Cicuttini FM, Xxxxxxx XX, et al: Factors affecting the prevalence of osteoarthritis in healty middle-aged women: data from the longutudinal Melbourne Women's Midlife Health Project, 2006
[4] Xxxxxx L, Xxx X, Xxxxx S, et al: The mechanism of the effect of obesity in knee osteoarthritis: the mediating role of malalignment, Arthritis Rheum, 2000
[5] Xxxxxxx DA”Kinesiology of the musculoskeletal system: foundations for physical rehabilitation”, St Xxxxx, 2002, Xxxxx
[6] Xxxxxx R.L., Xxxxx X., Xxxxxx X., Xxxxxx L., Xxxxxx C., Xxxxxxx P. (2008), “Total Knee Arthroplasty: Muscle Impairments, Functional Limitations, and Recommended Rehabilitation Approaches”. Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy (JOSPT), Vol 38, n°5, pag. 246 - 256
[7] Xxxxxxxx H., Xxxx N., Xxxxxxxx X., Xxxxxxx X., Xxxxxx T., Xxxxxxx M. (2007) “Quadriceps femoris muscle voluntary isometric force production and relaxation characteristics before and 6 months after unilateral total knee arthroplasty in women” Knee Surgery Sports Traumatology Arthroscopy; Vol 15, n° 2, pag. 202-211.
[8] Xxxxxx R.L., Xxxxxxxxx S.C., Xxxxxx-Xxxxxxx X. (2005) “Quadriceps strength and the time course of functional recovery after total knee arthroplasty“ Journal of Orthopaedic & Sports Physical Therapy (JOSPT); Vol 35, n° 7, pag. 424-436
[9] Xxxxxx R.L., Xxxxxxxxx S.C., Xxxxxxx J.E., Xxx M.J., Xxxxxx-Xxxxxxx L. (2005) “Preoperative quadriceps strength predicts functional ability one year after total knee arthroplasty” The Journal of Rheumatology; Vol 32, n° 8, pag. 1533-1539.
Xxxxx X., Xxxxxxxxx L.J., Xxxxxx X.X., Xxxxx E. (1998) “ Physical impairments and functional limitations: a comparison of individuals 1 year after total knee arthroplasty with control subjects “ Physical Therapy; Vol 78, n° 3, pag. 248-258.
[10] Xxxxxx-Xxxxxx X., Xxxxxx-Xxxxxxxx H.R., Xxxxxx O.G., xx Xxx H.C., Xxxxxx S.M., Xxxx L.Y., Xxxx D.L., Xxx Xxxxx B.J., xxx Xxxxx J.H. (2012) “The effects of knee arthroplasty on walking speed: a meta-analysis” BMC Musculoskeletal Disorders, Vol 13, n° 66.
[11] Bade M.J., Xxxxx W.M., Xxxxxxx-Xxxxxxx X.X. (2010) “Outcomes Before and After Total Knee Arthroplasty Compared to Healthy Adults” The Journal of Orthopaedic Sports Physical Therapy; Vol 40, n° 9, pag. 559-567.
[12] Autori vari, Protocolli di autotrattamento per pazienti con artroprotesi di ginocchio – primo periodo post-operatorio. Sedi: U.O.C. Riabilitazione Ortopedica, Azienda Ospedaliera Università di Padova, A. ULSS 16 di Padova (Ospedale San Xxxxxxx, Ospedale dei Colli), Ospedale Fatebenefratelli (VE), A. ULSS 10 Veneto Orientale (Ospedale di Jesolo, Ospedale di San Donà di Piave), A. ULSS 8 (Ospedale di Montebelluna), A. ULSS 7 Pieve di Soligo (Ospedale di Conegliano, Ospedale di Vittorio Veneto), A. ULSS 2 (Ospedale di Feltre), Casa di cura Giovanni XIII Monastier.
[13] Xxxxxx X., Xxxxxx R.S., Xxxx E.M., Xxxxxx J.H., Xxxxxxxxx P., Xxxxx A.M., Xxxxxxxxxx X., Xxxxxx-Xxxxxxx X., Xxxxxxxx X., Xxxxxxx X., Xxxxxx X., Xxxxxxx K.L. (2013) “OARSI recommended performance-based tests to assess physical function in people diagnosed with hip or knee osteoarthritis” Osteoarthritis Cartilage; Vol 21, n°8, pag. 1042-1052.
[14] Sandifird T.W., Xxxxx H.E., Xxxxx X., (2014) “Stair Ambulation Biomechanics Following Total Knee Arthroplasty: A Systematic Review” The Journal of Arthroplasty; Vol 29, n° 9, pag. 1857-1862
[15] Tesi di laurea “Debolezza muscolare e limitazioni funzionali pre e postintervento di artroprotesi totale di ginocchio in pazienti con artrosi: revisione della letteratura” (Xxxxxxxx 2015),
[16] Xxxxxxx X Xxxxx, Xxxxx X Xxxxxxxxxxx, Xxxxx X Xxxxxx, Xxxx X XxXxxxx (2014) "Muscle force and movement variability before and after total knee arthroplasty: A review"
RINGRAZIAMENTI
Ringrazio tutta la mia famiglia, ma proprio tutta, sempre presente, sempre disponibile e d'appoggio: il mio pilastro.
A Xxxxxxx che mi supporta e sopporta anche se a suo modo ma a cui non dico mai abbastanza grazie.
Un grazie a Xxxxx per avermi aiutata nel layout della mia vita.
A tutti gli amici che ho incontrato e scontrato in questo mio percorso di vita tutti con la loro particolare unicità: grazie.
A tutti i fisioterapisti di Vittorio Veneto: senza il loro contributo questo lavoro non esisterebbe! Grazie alla mia relatrice Alessia così disponibile e presente in ogni momento di questo percorso. Grazie a Xxxxxxxxx che per prima mi ha introdotto in questa meravigliosa professione svelando i propri segreti.
Ed infine, ma non per ultima, a Xxxxxxxx, un'amica speciale.