Capitolo I
Capitolo I
IL CONTRATTO IN GENERALE
Sommario: 1. Accordo delle parti. – 1.a. Le parti del contratto. – 1.b. Interessi meritevoli di tutela. – 2. Proposta contrattuale. – 3. Conclusione del contratto. – 3.a. Termine. – 3.b. Luogo della conclusione. – 3.c. Silenzio e dichiarazione tacita. – 3.d. Revoca della propo- sta. – 4. Clausole e condizioni generali di contratto. – 4.x. Xxxxxxxx vessatorie. – 4.b. Clau- sole di stile. – 4.c. Clausola di ripensamento. – 5. Causa del contratto. – 5.a. Causa illecita.
– 5.b. Motivi. – 5.c. Motivo illecito. – 6. Oggetto del contratto. – 7. Forma scritta. – 7.a. Inammissibilita` delle prove testimoniali. – 7.b. Smarrimento del documento. – 8. Contratto preliminare. – 9. Contratto condizionale. – 9.a. Condizione meramente potestativa. – 9.b. Condizione potestativa impropria. – 9.c. Pendenza della condizione. – 9.d. Avveramento della condizione. – 9.e. Finzione di avveramento. – 1O. Interpretazione del contratto. –
10.a. Regola della buona fede nell’interpretazione del contratto. – 10.b. Interpretazione delle clausole. – 10.c. Interpretazione autentica.
1. Assordo delle parti.
Legisla3ione: artt. 1321, 1322 c.c.
Bibliogxafia: Biancmi G., 2002.
L’accordo si considera raggiunto quando si veri2ica l’incontro della proposta e dell’accettazione e nel momento in cui sia possibile accerta- re che sia avvenuto 1. L’accordo puo` essere espresso, quando e` esterio- rizzato in una qualsiasi 2orma, ovvero tacito quando non risulta una mani2estazione espressa, ma il consenso si desume dalle circostanze (comportamento concludente).
L’accordo di « due o piu` parti» di cui all’art. 1321 c.c. puo` essere li-
beramente determinato – nei limiti di legge – e puo` anche riguardare contratti aventi una disciplina particolare, cioe` ri2erirsi anche ai c.d. contratti atipici, « purche´ siano diretti a realizzare interessi meritevoli
1 Biancmi G., Nullita`e annullabilita`del contxatto, Padova, 2002, 32.
Contratto
tipico
di tutela secondo l’ordinamento giuridico» (art. 1322 c.c.). Il giudizio di meritevolezza di un negozio atipico e` stato pari2icato a quello di liceita`: l’interprete dovrebbe dunque limitarsi all’esame della non contrarieta` del negozio alle norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon co- stume. []
L’accertamento da parte del giudice di merito degli elementi costi- tutivi del negozio giuridico 2a presumere, di regola, l’esistenza della corrispondente causa tipica, salva la prova di un diverso intento pratico delle parti. []
Il contratto tipico e` quello previsto e disciplinato dalla legge (come il contratto di vendita) mentre il contratto atipico e` quello non appar- tenente ai tipi aventi una disciplina legale, purche´ sia riconducibile ad una delle 2unzioni elencate dall’art. 1321 c.c., cioe` regolare, estinguere o costituire un rapporto giuridico.
Ai contratti atipici (o innominati) possono applicarsi, oltre alle norme generali in materia di contratti, anche le norme regolatrici dei contratti nominati, tutte le volte in cui il concreto atteggiarsi del rapporto, quale risultante dagli interessi coinvolti, 2accia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalle norme relative ai contratti nominati. []
Accordo bilaterale
1.a. Le parti del sontratto.
Legisla3ione: artt. 1321, 1322 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997; Sacco, 1999; Conrortini, 2000.
Parte contraente o contraente in senso sostanziale e` il titolare del rapporto contrattuale, cioe` il soggetto cui sono direttamente imputati gli e22etti giuridici del contratto. Il contraente in senso 2ormale e` invece l’autore del contratto, cioe` chi emette le dichiarazioni contrattuali 2. Normalmente chi e` parte dell’atto e` anche parte del rapporto, ma e` possibile che le due posizioni non coincidano. Cio` si veri2ica, ad esem- pio, nel caso della rappresentanza, in cui il rappresentante costituisce la parte 2ormale in quanto concorre con la propria dichiarazione alla 2or- mazione del contratto, ma e` il rappresentato a costituire la parte so- stanziale, in quanto destinatario dei diritti e degli obblighi scaturenti dal contratto 3.
L’accordo puo` consistere di un accordo bilaterale, quando sia inter- corso tra due parti, o plurilaterale, nel caso di piu` di due parti.
2 Bianca, Dixitto civile, III, Milano, 1997, 53.
3 Bianca, Dixitto civile, cit., 54.
L’esigenza della bilateralita` nella 2ormazione del contratto rispetta il principio della sovranita` 2ormale della volonta` del soggetto sulla pro- pria s2era giuridica, che non puo` essere alterata in peggio dalla dichia- razione unilaterale altrui. Quando la legge ammette che un silenzio possa valere come accettazione, allorche´ il giudice, valutando tutte le circostanze di 2atto del caso concreto, possa ritenere che, nella partico- lare ipotesi, tale silenzio non possa signi2icare altro che volonta` di ac- cettare, la bilateralita` nella 2ormazione del contratto non e` scal2ita 4. La bilateralita` nella 2ormazione del contratto, ossia l’inettitudine della semplice proposta a produrre gli e22etti dell’accordo, si riscontra:
a) nei contratti sinallagmatici, costituiti da una promessa e da una ripromissione;
b) nei contratti che si per2ezionano con atto di esecuzione a 2orma- zione bilaterale (come avviene nei contratti reali);
c) nei contratti ad e22icacia reale che esigono un ulteriore accordo esecutivo che si sovrappone alla promessa;
d) nelle donazioni.
La nozione di parte indica un centro comune di interessi, che puo` essere costituito da una (unisoggettiva) o piu` persone (plurisoggettiva). Le parti del contratto devono essere determinate o determinabili.
La determinatezza (o determinabilita`) della parte sostanziale rappre- senta l’obiettiva certezza della identita` del soggetto al quale e` imputa- bile il vincolo contrattuale. Per i contratti puo` ammettersi che il vincolo contrattuale si costituisca in capo ad un soggetto non ancora determi- nato ma determinabile, tutte le volte in cui, come per esempio, nel con- tratto per persona da nominare, l’incertezza non esclude il sorgere di diritti ed obblighi contrattuali 5.
Se la parte e` plurisoggettiva si parla di parte complessa. L’atto po-
sto in essere e`:
– un atto collegiale quando le dichiarazioni di volonta` sono dirette a 2ormare la volonta` di un soggetto diverso (ad esempio la delibera di un’assemblea di una societa` di capitali); se l’obbligo contrattuale di tras2erire un bene sociale e` assunto soltanto da alcuni soci di una societa` di capitali, il giudice del merito deve accertare se l’obbligazio- ne dei promittenti venditori, per essere adempiuta necessita del con- senso di tutti i soci, o della maggioranza e, in caso positivo, la mancan- za del quoxum richiesto invalida il contratto anche per i 2irmatari di esso; [ ]
4 Xxxxx, La conclusione dell’accoxdo, in I contxatti in genexale,a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 1999, 63.
5 Bianca, Dixitto civile, cit, 58.
– e` un atto complesso quando le diverse volizioni si 2ondono in modo da 2ormarne una sola, nell’ipotesi, ad esempio, di un contratto prelimi- nare predisposto per la vendita di un bene 2ra parti complesse avente ad oggetto tutto il cespite nel suo insieme, e sia indicato l’oggetto del ne- gozio solo come bene unitario e, soprattutto, sia previsto un prezzo glo- bale e non risulti chiaramente la volonta` di scomposizione in piu` contrat- ti in base alla quale ogni comproprietario vende la propria quota all’ac- quirente senza nessun collegamento negoziale con le vendite degli altri; quando una parte negoziale, nel senso di centro di imputazione delle posizioni attive e passive del contratto, ha carattere soggettivamente complesso resta insensibile alle mutazioni attinenti ai soggetti che la co- stituiscono, e tale insensibilita` si ri2lette anche su quelle posizioni; []
– e` un atto collettivo quando le singole dichiarazioni, pur con2luen-
do in un unico atto, rimangono ri2eribili alle singole volonta` 6.
Se nella vendita di un bene in comunione il consenso non e` stato mani2estato da tutti i comproprietari, il contratto e` inesistente per man- cato per2ezionamento del suo itex 2ormativo, non essendosi 2ormata la volonta` di una delle parti del negozio. []
Nel caso di un contratto preliminare con cui si raggiunga l’accordo di tras2erire un immobile « indivisibilmente» a piu` persone, in mancan- za di diversa speci2ica pattuizione, le quote di comproprieta` degli ac- quirenti si presumono uguali, non rilevando la diversa entita` del prezzo versato, la quale puo` avere e22etto nei rapporti interni tra gli acquiren- ti, ma non esplica e22icacia tra le parti. []
Per l’atto complesso e l’atto collettivo, il vizio che in2icia una delle vo- lonta` che hanno concorso alla 2ormazione dell’atto vizia l’intero atto, men- tre per l’atto collegiale, il vizio di una delle volonta` che abbiano concorso alla 2ormazione dell’atto non in2luisce sulla validita` dello stesso, se viene superata la c.d. prova di resistenza, cioe` se anche senza la dichiarazione vi- ziata, sussiste la maggioranza necessaria perla valida 2ormazione dell’atto.
1.b. Interessi meritevoli di tutela.
Legisla3ione: artt. 1243, 1322 c.c.
Bibliogxafia: Sacco, 1975; Xxxxx, 0000; Xxxxxx, 1997; Conrortini, 2000.
Il limite posto dall’art. 1322 c.c. all’autonomia contrattuale – nei li- miti imposti dalla legge – nel porre in essere contratti « purche´ siano
6 Conrortini, Nozione di paxte, in Cod. civ. ipextestuale, a cura di Xxxxxxxx, Con2ortini e Granelli, Torino, 2000, 1868.
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico», e` stato diversamente interpretato dalla dottrina. Secondo alcuni 7 la meritevolezza di tutela coincide con la causa, intesa come 2unzione economico-sociale.
All’indirizzo ri2erito si puo` obiettare che 2ar coincidere la meritevo- lezza di tutela con la liceita` della causa si traduce nel privare la norma di qualsiasi contenuto autonomo, in quanto i limiti di ordine pubblico, buon costume e liceita` sono gia` previsti nell’art. 1243 c.c. Si ritiene per- cio` che la meritevolezza, esprima un concetto precettivo piu` ampio 8 che comprende anche l’utilita` sociale 9.
fl. Proposta sontrattuale.
Legisla3ione: artt. 1321, 1322 c.c.
Bibliogxafia: Biancmi G., 2002.
La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridi- co di natura negoziale diretto ad ottenere l’accettazione da parte del destinatario, presuppone la volonta` del proponente di impegnarsi con- trattualmente; tale mani2estazione di volonta` si distingue dalla sempli- ce disponibilita` a trattare 10. Cio` e` implicitamente desumibile dal 2atto che il proponente abbia indirizzato al destinatario un atto che abbia un contenuto idoneo ad essere assunto come contenuto del contratto. La lettera raccomandata o il telegramma costituiscono prova certa della spedizione attestata dall’u22icio postale attraverso la ricevuta di spedi- zione, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non conteneva alcuna lettera al suo interno, ovvero che esso conteneva una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente. La presunzione non opera se la comunicazione non e` stata consegnata ne´ a lui personalmente, ne´ presso il suo indirizzo. []
Se la comunicazione e` stata correttamente indirizzata, incombe sul destinatario l’onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nel- l’impossibilita` di acquisire la conoscenza medesima. [ ]
L’accordo su alcuni punti essenziali del contratto non esaurisce la 2ase delle trattative, perche´, al 2ine di per2ezionare il vincolo contrat- tuale, e` necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa sugli elementi
7 Fnrri, Causa e tipo nella teoxia del ne- gozio giuxidico, Milano, 1996, 403; Sacco,
Il contxatto, Torino, 1975, 571.
8 Conrortini, Nozione di paxte, cit., 1871.
9 Bianca, Dixitto civile, cit., 432.
10 Biancmi G., Nullita` e annullabilita` del contxatto, cit., 9.
costitutivi, sia principali che secondari, dell’accordo. In caso di sempli- ce predisposizione della minuta o puntuazione del contratto, e` compito del giudice l’indagine relativa all’accertamento sulla reale intenzione delle parti di porre realmente in essere il rapporto contrattuale sin dal momento dell’accordo, oppure se la loro intenzione sia stata quella di di22erire la conclusione del contratto ad una mani2estazione succes- siva di volonta`. Concorrono alla 2ormazione del convincimento del giu- dice, oltre al documento in ordine al quale si e` 2ormato l’accordo delle parti, tutte le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono 2ormate. []
La proposta contrattuale di una parte, comunicata alla controparte e da quest’ultima sottoscritta « per ricevuta», non puo` essere conside- rata come accettata, in quanto la semplice sottoscrizione, « per ricevu- ta» dichiara semplicemente la ricezione dell’atto.
3. Gonslusione del sontratto.
Legisla3ione: artt. 1321, 1326, c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxxxxxxxx, 1980; Xxxxxx, 1997; Sacco, 1999.
Il contratto si conclude nel momento in cui viene raggiunto l’accor- do delle parti. L’art. 1326 c.c. lo individua quando chi ha 2atto la pro- posta, viene a conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, e22ettuata nella 2orma determinata dal proponente e entro il termine stabilito da quest’ultimo 11. Perche´ risulti osservato il principio della « conoscen- za», stabilito dal legislatore ai 2ini del con2igurarsi del per2ezionamento del contratto e` su22iciente che il proponente conosca l’accettazione del- l’altra parte in qualsiasi modo.
Quando l’intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e pro- prio regolamento de2initivo del rapporto, non e` con2igurabile un im- pegno con 2unzione meramente preparatoria di un 2uturo negozio, do- vendo ritenersi 2ormata la volonta` attuale di un accordo contrattuale.
Nel contratto di compravendita di bene immobile, per esempio, co- stituisce seria proposta di acquisto quella che preveda il preventivo versamento della caparra e le in2ormazioni sulla persona del propo- nente al 2ine di mettere l’oblato nella condizione di veri2icarne la sol- vibilita` e l’a22idabilita`; costituiscono invece oggettivi elementi deponen- ti per la mancanza di serieta` della proposta la mancata dimostrazione
11 Scounamiulio, Dei contxatti in gene- xale, in Txattato di dixitto civile, a cura di
Grosso e Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1980, 91.
dell’avvenuto versamento della caparra, la mancata presa di contatto tra i supposti contraenti o il tentativo di occupare l’immobile prima del- la stipula del preliminare. []
Ai 2ini della con2igurabilita` di un de2initivo vincolo contrattuale e` necessario che tra le parti sia stata raggiunta l’intesa su tutti gli elemen- ti dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza quando sia raggiunta solamente su quelli essenziali ed ancorche´ ripor- tati in apposito documento (c.d. « minuta» o « puntuazione»), o risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi ac- cessori; peraltro, anche in presenza della completa regolamentazione di un determinato assetto negoziale puo` risultare integrato un atto me- ramente preparatorio di un 2uturo contratto, come tale non vincolante tra le parti, in di2etto dell’attuale e22ettiva volonta` delle medesime di considerare concluso il contratto.
L’indagine volta a stabilire se e in che momento tra le parti si sia concluso un contratto, o se le dichiarazioni di volonta` intercorse abbia- no solo il valore di dichiarazione di intenti, costituisce accertamento di 2atto, riservato al giudice di merito ove adeguatamente motivato. [] Le dichiarazioni contrattuali sono esempi tipici di dichiarazioni re- cettizie. Esse pervengono nella s2era del destinatario, attraverso la no- ti2ica da parte del dichiarante, cioe`, per essere e22icaci, devono essere conosciute. Il semplice arrivo della dichiarazione all’indirizzo del desti- xxxxxxx e` equiparato a conoscenza se il destinatario non e` in grado di provare di essere stato, senza colpa, nell’impossibilita` di avere notizia della dichiarazione. In altre parole, il mittente deve provare l’arrivo; la controparte deve provare la mancata conoscenza incolpevole. Il desti- xxxxxxx non puo` , per 2ar valere l’ine22icacia del contratto, allegare la
propria omissione colposa.
La proposta e l’accettazione esprimono la volonta` contrattuale delle parti. Esse devono percio` avere il requisito 2ondamentale di esprimere il consenso costitutivo del contratto 12. La proposta e l’accettazione possono essere tacite o espresse e devono rivestire la 2orma eventual- mente necessaria per la validita` del contratto.
Altri requisiti per la validita` della costituzione del contratto sono, per la proposta, la completezza e, per l’accettazione, la con2ormita` e la tempestivita`.
La completezza per la validita` del contratto consiste nella su22icien- za del suo contenuto ai 2ini della 2ormazione del contratto, cio` si veri- 2ica quando il contenuto medesimo comprende la determinazione degli
Vincolo contrattuale
12 Bianca, Dixitto civile, cit., 218.
Con2ormita` dell’accettazione
elementi essenziali del contratto o quando ne rimette la determinazio- ne a criteri legali o convenzionali. La proposta e` incompleta quando la determinazione degli elementi essenziali richiede un ulteriore accordo delle parti e rappresenta quindi l’inizio della trattativa.
La con2ormita` dell’accettazione esprime la totale adesione e con2or- mita` alla proposta. Se il proponente stabilisce una determinata 2orma dell’accettazione, l’accettazione non e` valida se non perviene nella 2or- ma indicata.
La congruenza dell’accettazione con la proposta sussiste non sola- mente quando coincidono i due testi, ma anche quando coincidano le risultanze giuridiche degli stessi, per cui, se l’oblato accetta dopo aver cancellato una clausola mani2estamente nulla, il contratto e` concluso. Se l’accettazione modi2ica o integra il contenuto della proposta as- sume il valore di una nuova proposta o controproposta. L’identita` deve
ri2erirsi sia alle clausole principali che a quelle accessorie.
Si deve pero` distinguere tra le diverse situazioni in cui si veri2icano le diverse ipotesi di un’accettazione non con2orme o di un’accettazione accompagnata da una proposta di modi2ica: quest’ultima ipotesi dara` luogo alla conclusione del contratto, salva la 2acolta` del proponente, di accettare a sua volta la proposta di modi2ica o di ri2iutarla 13. Anche senza una espressa accettazione della proposta il contratto si intende concluso quando la controparte risponde alla proposta chiedendo delle modi2iche che vengono accolte dal proponente. []
3.a. Termine.
Legisla3ione: artt. 1326, 1335 c.c.
Bibliogxafia: Mnssinno, 1961.
L’accettazione deve essere tempestiva e deve pervenire entro il ter- mine indicato nella proposta. L’accettazione tardiva e` ine22icace (a me- no che venga esplicitamente accettata da parte del proponente).
L’apposizione del termine risponde ad un preciso interesse del pro- ponente, il quale non puo` attendere sine die la decisione dell’oblato, e rimarrebbe esposto al mutamento delle condizioni di mercato rispetto al momento in cui la proposta era stata 2ormulata 14.
Il requisito di tempestivita` dell’accettazione e` 2issata dalla legge nei termini per cui l’accettazione deve giungere al proponente nel termine
13 Xxxxx, La conclusione dell’accoxdo, cit., 143.
14 Mnssinno, « Contratto», in Enc. dix., IX, Milano, 1961, 852.
da lui stabilito, essendo nelle sole 2acolta` del proponente (art. 1326, 3o co., c.c.) ritenere e22icace l’accettazione tardiva previo « immediato av- viso all’altra parte». Tale disciplina e` conseguenza del carattere recet- tizio dell’accettazione, e del 2atto che il legislatore ha accolto, nella ma- teria, il sistema denominato della cognizione (secondo cui il contratto puo` ritenersi concluso nel momento in cui il proponente prende e22et- tiva conoscenza della dichiarazione di accettazione), temperato dal principio della equiparazione della ricezione alla conoscenza (art. 1335 c.c.). La tempestivita` va pertanto accertata in relazione alla rice- zione e non all’emissione dell’accettazione. E, stante la 2issazione da parte del proponente di un termine 2inale, il ritardo rispetto ad esso, va valutato in modo obiettivo. Da cio` consegue che il rischio del ritardo rimane a carico dell’accettante, non solo quando a quest’ultimo sia im- putabile l’intempestivita`, ma anche nell’ipotesi in cui il ritardo sia im- putabile a 2atto dello stesso proponente. Anche rispetto alla situazione limite in cui la proposta contrattuale (contenente l’indicazione del ter- mine entro il quale l’accettazione deve pervenire al proponente, per- che´ generi l’e22etto di conclusione del contratto) e` portata a conoscen- za dell’oblato nel momento stesso in cui il termine concesso va a sca- dere (impedendo dunque, allo stesso, l’uso di un qualunque spatium delibexandi), ai 2ini del giudizio sulla avvenuta conclusione del contrat- to, rileva soltanto il 2atto oggettivo della tempestivita` o tardivita` del- l’accettazione rispetto al termine temporale 2issato dal proponente. Dalla 2ormulazione legislativa, si desume, in2atti, che la valutazione dell’interesse a determinare il momento in cui uscire dall’incertezza cir- ca la conclusione del contratto spetta, in primo luogo allo stesso propo- nente al quale e` attribuito il potere di 2issare il termine (scaduto il qua- le egli non ha piu` interesse alla conclusione di quel contratto); e solo in mancanza di tale indicazione, si 2a ricorso a criteri oggettivi che non tengono conto dei comportamenti delle parti. Ma ove il termine per la risposta e` 2issato dallo stesso proponente, nella libera valutazione del proprio interesse, non puo` essere considerato per2ezionato il con- tratto se la recezione dell’accettazione sia avvenuta dopo la scadenza del termine. Cio` vale anche quando, per qualsiasi circostanza, il rispet- to del termine 2issato si presenti impossibile per il destinatario della proposta. Il 2atto stesso di volontaria 2issazione di un termine impossi- bile varrebbe a denotare l’assenza di volonta` di concludere da parte del proponente. Naturalmente questo comportamento, ed anche la mera determinazione di un termine non potuto rispettare per 2atti imputabili a colpa dello stesso proponente, integra un comportamento contrario alla regola di buona 2ede oggettiva e correttezza.
In caso di mancanza della 2issazione del termine da parte del pro- ponente si deve aver riguardo al termine ordinariamente necessario
secondo la natura dell’a22are o secondo gli usi: si tratta di un criterio oggettivo, alla cui stregua rilevano non solo gli usi generalmente prati- cati, ma anche gli usi locali o di settore 15. Il giudizio sulla tardivita` o meno della accettazione quando il proponente non abbia 2issato un ter- mine per la risposta, spetta al giudice di merito sulla base della reale e concreta situazione di 2atto, secondo la natura dell’a22are o gli usi. []
3.b. Luogo della sonslusione.
Legisla3ione: artt. 1326, 1327 c.c.
Bibliogxafia: Alpa, 1997; Sacco, 1999, Xxxxx, 2000.
Il contratto si considera concluso nel luogo in cui perviene al propo- nente l’accettazione. Nell’ipotesi di accettazione tele2onica giunta al proponente italiano, il contratto deve considerarsi concluso in Italia. L’eventuale deroga convenzionale della giurisdizione italiana in 2avore della giurisdizione straniera, riportata in una clausola inserita in un do- cumento predisposto da uno dei contraenti, in mancanza di una speci- 2ica approvazione dell’altro contraente, determina la nullita` assoluta della clausola medesima.
Non occorre che il mittente provi la ricezione dell’accettazione: e`
su22iciente che egli dimostri l’avvenuto recapito.
L’accettazione puo` anche non esprimersi mediante una dichiarazio- ne esplicita, ma mediante un comportamento concludente 16.
Non rileva ai 2ini della conclusione del contratto e non e` pertanto signi2icativa dell’accordo raggiunto un’accettazione non con2orme alla proposta; essa equivale semplicemente ad una nuova proposta (art. 1326, 5o co., c.c.).
Se, su richiesta del proponente o per la natura dell’a22are o secondo gli usi – comuni a entrambi i contraenti – la prestazione deve eseguirsi senza una preventiva accettazione, il contratto e` considerato concluso all’atto e nel luogo in cui e` iniziata l’esecuzione (art. 1327 c.c.). Per quanto riguarda l’inizio dell’esecuzione si deve distinguere tra atti di approntamento e vero e proprio inizio dell’esecuzione. I primi sono co- stituiti dalle operazioni che, pur essendo poste in essere in vista dell’e- secuzione del contratto, non posseggono ancora quei caratteri che con- sentono di identi2icarli come inizio dell’esecuzione della prestazione. Pertanto, solo quando tali atti assumano rilevanza esterna e direzione
15 Mnssinno, « Contratto», cit., 853. 16 Alpa, « Contratto», in Enc. dix., Mi-
lano, 1997, 359.
univoca, si puo` ritenere iniziata l’esecuzione e, correlativamente, con- cluso il contratto: cio` si realizza quando l’atto non permane nell’ambito della s2era interna all’oblato, ma si mani2esta con atti esterni, tali per cui sia oggettivamente riconoscibile e univocamente determinabile il destinatario della prestazione iniziata 17.
L’accettante deve dare avviso all’altra parte dell’inizio dell’esecu- zione. In mancanza di pronto ottemperamento, e` tenuto al risarcimen- to del danno (art. 1327 c.c.). Si veri2ica pertanto nell’ipotesi una 2atti- specie complessa che si compone di una dichiarazione negoziale del proponente con cui impegna se stesso e predispone un regolamento a carico dell’oblato (se quest’ultimo da` inizio all’esecuzione, sancendo il suo ingresso nella s2era del proponente) redatto in modo tale da rien- trare nelle ipotesi previste dalla proposta. Alla circostanza la legge con2erisce la quali2ica di contratto e attribuisce carattere di sinallagma- ticita` agli obblighi che il proponente ha assunto per se´ e proposto alla controparte 18.
3.s. Silenzio e dishiarazione tasita.
Legisla3ione: art. 1326 c.c.
Bibliogxafia: Scardiuno, 1998; Sacco, 1999.
La mani2estazione del consenso tende al risultato di rendere noto l’intento del soggetto. In tale contesto, in determinate circostanze, tan- to una condotta positiva quanto una condotta negativa puo` rendere noto il consenso del soggetto. Conseguentemente il silenzio potrebbe produrre l’e22etto di una dichiarazione se di 2atto 2osse idoneo a tal 2i- ne. Tuttavia, il comportamento omissivo non e` ritenuto produttivo di e22etti, se non quando il soggetto aveva l’onere, o il dovere, di espri- mersi e non si e` espresso 19.
La giurisprudenza ha ritenuto che, da solo, il silenzio, non puo` va- lere consenso, stante la sua equivocita`. Il silenzio assume rilievo sola- mente quando sussista l’onere di parlare, desumibile dalla legge, dalla consuetudine, dall’uso, dal contratto, dai rapporti intercorsi tra le parti o dalla correttezza e buona 2ede ed e` ammesso come mancata opposi- zione all’altrui comportamento di inadempienza. [] Viene cioe` am- messo che il silenzio del creditore crea la buona 2ede, e quindi l’incol-
17 Xxxxx, La stxuttuxa dell’inizio di ese- cuzione, in Cod. civ. ipextestuale, cit., 1891.
18 Xxxxx, La conclusione dell’accoxdo, cit., 88.
19 Xxxxx, La conclusione dell’accoxdo, cit., 79.
Mani2estazione
di volonta`
pevolezza del debitore, basata sul supposto scarso interesse del credi- tore all’adempimento. Tuttavia il credito dell’avente diritto non si estingue per e22etto del silenzio e in qualsiasi momento, 2atti salvi gli e22etti estintivi della prescrizione, il creditore puo` pretendere l’adempi- mento.
Pertanto il silenzio in se´ non puo` essere considerato una dichiara- zione ed anche considerandolo, in talune ipotesi, come una dichiarazio- ne, non e` possibile disapplicare le norme sulla 2orma, per cui il silenzio non potra` valere come consenso, neppure quando sussistesse un obbli- go di legge ad esprimersi, qualora il consenso debba essere mani2estato in 2orma solenne.
Il silenzio, in conclusione, puo` considerarsi come mani2estazione di volonta` delle parti quando il comune modo di agire o la buona 2ede impongono l’onere o il dovere di parlare, cosicche´ il tacere dell’una possa essere inteso come adesione alla volonta` dell’altra. Pertanto, puo` valere come negozio solo il silenzio « circostanziato», ossia accom- pagnato da circostanze tali da renderlo signi2icativo quale sintomo ri- velatore dell’intenzione della parte. In questo ambito, la giurispruden- za a22erma che il silenzio, in se´ e per se´, non costituisce mani2estazione negoziale, potendo acquistare signi2icato soltanto in relazione alle cir- costanze in cui viene osservato o che lo accompagnano, nel qual caso, peraltro, si verte in tema di comportamento tacito o concludente o ma- ni2estazione negoziale tacita.
Per individuare in concreto il signi2icato del silenzio bisognerebbe presupporre che questo, nella situazione data, potesse assurgere ad un grado, pur minimo, di rilevanza giuridica. Cio` e` sicuramente da escludersi quando l’atto, che dovrebbe ipoteticamente presumersi dal comportamento silenzioso, non puo` per legge sussistere ove non sia ri- vestito di una determinata 2orma o, comunque, non risulti esteriorizza- to in modo sensibile ed oggettivamente controllabile 20.
20 Scardiuno, Il valoxe del silenzio al- l’intexno del xappoxto contxattuale (nota sent. Cass. civ., sez. II, 14.6.1997, n. 5363), GI, 1998, 1117. L’Autrice conclude a22er- mando che « il problema del silenzio non giunge alla soglia della rilevanza giuridica quando la legge richiede una dichiarazione 2ormale o espressa o un comportamento dalle modalita` ben determinate. Superata questa soglia, il silenzio puo` , di volta in vol-
ta, presentarsi: negativamente, cioe` come lacuna linguistica, che pero` puo` essere giu- ridicamente colmata con il meccanismo del- l’integrazione; positivamente, cioe` come elemento costitutivo di una 2attispecie che, malgrado il silenzio, e` autosu22iciente e gra- zie ad esso produce certi e22etti anziche´ al- tri; ambiguamente, cioe` come un 2atto che, nel contesto di una data situazione, acquista o puo` acquistare un signi2icato univoco».
3.d. Revosa della proposta.
Legisla3ione: artt. 1328, 1329, 1335 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxxxx, 0000; Sacco, 1997.
La revoca della proposta puo` essere 2atta 2ino al momento della conclusione del contratto. La revoca della proposta e` tempestiva se e` spedita prima del momento per2ezionativo del contratto, sempreche´ venga a conoscenza – e22ettiva o presunta – (in un momento, sia pure, successivo) dalla controparte 21. Tuttavia l’accettante che ne ha intra- preso l’esecuzione in buona 2ede prima di avere notizia della revoca deve essere risarcito dal proponente per le spese e le perdite subite per e22etto dell’esecuzione iniziata. Anche l’accettazione puo` essere re- vocata, purche´ la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione (art. 1328 c.c.).
L’adozione di due diverse 2ormule per la revoca della proposta e per quella dell’accettazione sta a signi2icare che il legislatore ha voluto disciplinare in modo diverso le due ipotesi. La diversita`, come risulta dal paragone tra il 1o e il 2o co. dell’art. 1328 c.c. consiste nel 2atto che il proponente, per impedire la conclusione del contratto, puo` revo- care la proposta prima di sapere dell’accettazione (e pertanto non ha importanza che la sua revoca xxxxxx all’accettante dopo che l’accetta- zione sia giunta al suo indirizzo), mentre la revoca dell’accettante non e` su22iciente che sia mani2estata prima che l’accettazione giunga a co- noscenza del proponente, occorrendo che vi giunga prima dell’accetta- zione stessa.
Per la revoca non occorre alcuna motivazione o giusti2icazione, sal- vo il caso che la proposta sia irrevocabile, ai sensi dell’art. 1329 c.c., e non e` necessario attendere alcun termine 22.
L’art. 1335 c.c., non detta alcuna disciplina circa il mezzo di trasmis- sione, per cui, non essendo necessario che la comunicazione avvenga in una determinata 2orma, ne´, tanto meno, in una delle 2orme previste dal servizio postale, non sono ipotizzabili condizioni piu` o meno rigorose perche´ si veri2ichi l’e22etto giuridico della presunzione di conoscenza, secondo l’impiego di uno o di altro mezzo e, in particolare, dell’uso di una o di altra delle 2orme previste dal servizio postale stesso (lette- ra raccomandata, lettera semplice, ecc.). Conseguentemente, a22in- che´ l’accettazione di una proposta contrattuale comunicata per mezzo di lettera raccomandata al proponente possa ritenersi conosciuta dal
21 Xxxxx, La conclusione dell’accoxdo, cit., 130.
22 Cmindnmi, Revoca della pxoposta e
dell’accettazione (nota a sent. App. Milano, 21.3.1995), GI, 1995, I, 2, 799.
medesimo (con conseguente conclusione del contratto), non occorre che il mittente provi la ricezione della raccomandata da parte del de- stinatario o di persona autorizzata a riceverla, ma e` su22iciente che egli dimostri l’avvenuto recapito del plico all’indirizzo del destinatario.
Testo contrattuale
4. Xxxxxxxx e sondizioni generali di sontratto.
Legisla3ione: artt. 1339, 1340, 1341 x.x.
Xxxxxxxxxxxx: Xxxxx, 0000.
Quando la legge impone clausole o prezzi di beni o servizi, questi sono inseriti nel contratto di diritto e sostituiscono le determinazioni di22ormi apposte dalle parti (art. 1339 c.c.). La norma si applica tutte le volte in cui una clausola si ponga in violazione con una norma cogen- te posta per un determinato regolamento negoziale. Le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state vo- lute dalle parti (art. 1340 c.c.), cioe` se non sono state espressamente escluse. Pertanto le clausole d’uso s’inseriscono nel contratto in modo automatico e a prescindere tanto da una volonta` tacita che dalla cono- scenza o meno che i contraenti ne abbiano. L’unico modo per escluder- ne l’inserzione nel contratto risulta essere una non equivoca mani2esta- zione di volonta` dei contraenti.
Le condizioni generali di contratto sono costituite dalla predisposi- zione unilaterale di un testo contrattuale, destinato ad essere utilizzato per regolare una serie inde2inita di rapporti. Possono essere incorpora- te nello stesso contratto oppure rimanere esterne al documento con- trattuale ed in quest’ultimo caso essere richiamate o meno 23.
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraen- ti se sono conosciute (o avrebbero dovuto essere conosciute con l’ordi- naria diligenza) sono e22icaci nei con2ronti dell’altro (art. 1341 c.c.). In merito al presupposto richiesto in alternativa alla conoscenza, cioe` la conoscibilita`, che deve sussistere al momento della conclusione del contratto, si deve precisare che con tale termine si 2a ri2erimento alla astratta idoneita` delle condizioni generali di contratto a 2ormare ogget- to di conoscenza. Il predisponente non deve provare la probabilita` ma soltanto la possibilita` della conoscenza mediante l’impiego della nor- male diligenza, e quindi di aver prestato un’attivita` idonea a consentire la conoscenza 24.
23 Xxxxx, Le condizioni genexali di con- txatto e i contxatti del consumatoxe, in I con- txatti in genexale, cit., 301.
24 Patti, Le condizioni genexali di con- txatto e i contxatti del consumatoxe, cit., 306.
4.a. Glausole vessatorie.
Legisla3ione: art. 1341 c.c.; artt. 807, 808 c.p.c.
Bibliogxafia: Xxxxx, 1993; Xxxxxxx, 2000; Biancmi G., 2008.
Sono considerate vessatorie e devono, pertanto, essere espressa- mente approvate per iscritto:
– le condizioni, che stabiliscono, a 2avore di colui che le ha proposte, limitazione di responsabilita`, per la eventualita` di un suo inadempi- mento 25, o quelle che 2issano un limite all’entita` del risarcimento del danno 26.
– la 2acolta` di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, anche se la 2acolta` e` bilaterale 27.
Xxxxxx essere approvate espressamente per iscritto anche le condi- zioni che sanciscono, a carico dell’altro contraente:
– decadenze; 2issazione di un termine entro il quale si puo` 2are va- lere un diritto (e che non siano tali da rendere eccessivamente di22icile l’esercizio del medesimo diritto, in quanto, in tale ipotesi, sarebbero colpite da nullita` ex art. 2965 c.c.);
– limitazioni alla 2acolta` di opporre eccezioni;
– restrizione alla liberta` contrattuale con terzi, tra cui le clausole del prezzo minimo di rivendita o di ricarico minimo o di prezzo imposto; [ ]
– proroga tacita del contratto o tacita rinnovazione del contratto;
[ ]
– clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorita` giudiziaria; la disposizione richiama l’art. 808 c.p.c. il quale dispone che le clausole compromissorie devono risultare da atto avente la 2orma ri- chiesta per il compromesso, ai sensi dell’art. 807, 1o e 2o co., c.p.c.
La mancanza della speci2ica approvazione per iscritto di una clauso- la compromissoria, richiesta dall’art. 1341, 2o co., x.x., xxxxxxxxx xx xxx- xxxxx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxx stessa.
Si ritiene che l’elenco delle clausole vessatorie di cui all’art. 1341, 2o co., c.c. abbia il carattere della tassativita`. Pertanto alle ipotesi norma- tivamente previste non possono aggiungersene altre per via di inter- pretazione analogica 28.
In presenza di clausole vessatorie, si applica il sistema della doppia
Nullita`
della clausola
Doppia sottoscrizione
25 Patti, Responsabilita` pxecontxattuale e contxatti standaxd, in Codice civile: com- mentaxio, diretto da Xxxxxxxxxxx, Milano, 1993, 388.
26 Xxxxxx, Condizioni genexali di con- txatto, Milano, 1981, 5.
27 Patti, Responsabilita` pxecontxattuale e contxatti standaxd, cit., 380.
28 Biancmi G., Vizi del contxatto e simu- lazione, Padova, 2008, 58.
sottoscrizione. La prima sottoscrizione serve come strumento di impu- tabilita` della dichiarazione allo stipulante, mentre la seconda sottoscri- zione, richiesta speci2icatamente per le clausole vessatorie, ha la 2un- zione di richiamare l’attenzione del contraente su clausole particolar- mente gravose o restrittive dell’autonomia privata.
La sottoscrizione delle clausole onerose deve essere apposta dopo il richiamo di esse, anche se individuate con ri2erimento al numero d’ordi- ne o lettera ed all’oggetto di ciascuna di essa, e il richiamo non deve es- sere con2uso con altre pattuizioni modi2icative o integrative del testo contrattuale. Non sarebbe su22iciente una dichiarazione, sic et simplici- tex, di approvazione delle clausole vessatorie in quanto, malgrado la par- ticolare collocazione, una si22atta clausola rivestirebbe a sua volta carat- tere vessatorio e richiederebbe anch’essa un’approvazione speci2ica 29.
4.b. Glausole di stile.
Legisla3ione: art. 1340 c.c.
La clausola di stile e` rappresentata da espressioni generiche che ri- velano la 2unzione di mero completamento 2ormale dell’atto e la caren- za di un concreto contenuto volitivo.
La presunzione che si tratti di una clausola di stile non puo` valere
quando, indipendentemente dalla terminologia utilizzata, la regola- mentazione pattizia riguardi solamente determinate ipotesi che i con- traenti sono in grado di prevedere al momento della stipulazione.
4.s. Glausola di ripensamento.
Legisla3ione: art. 1, d.lg. 15-1-1992, n. 50, attuazione della direttiva (CEE) n. 577/85 in ma- teria di contratti negoziati 2uori dei locali commerciali.
Con notevole ritardo rispetto alla emanazione del provvedimento europeo, il d.lg. 15.1.1992, n. 50 – in attuazione della direttiva (CEE)
n. 577/85, diretta alla tutela del consumatore – ha dettato nuove regole per i contratti conclusi tra un operatore commerciale ed un consuma- tore, riguardanti la 2ornitura di beni o la prestazione di servizi, in qua- lunque 2orma conclusi, stipulati:
a) durante la visita dell’operatore commerciale al domicilio del con- sumatore o di un altro consumatore ovvero sul posto di lavoro del
29 Maniaci, Nota sent. Cass. civ., sez. II, 5.11.1999, n. 12296, DPF, 3/2000, 54.
consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trovi, anche tem- poraneamente, per motivi di lavoro, di studio o di cura;
b) durante una escursione organizzata dall’operatore commerciale al di 2uori dei propri locali commerciali;
c) in area pubblica o aperta al pubblico, mediante la sottoscrizione di una nota d’ordine, comunque denominata;
d) per corrispondenza o, comunque, in base ad un catalogo che il consumatore ha avuto modo di consultare senza la presenza dell’ope- ratore commerciale (art. 1, d.lg. 50/1992).
La normativa si estende anche alle vendite televisive o telematiche, le quali comportano conseguenze non totalmente palesi per il consu- matore medio che allo stato non e` da ritenersi in2ormato adeguatamen- te ad esempio sulle modalita` di addebito che avviene on-line successi- vamente all’accettazione.
5. Xxxxx del sontratto.
Legisla3ione: art. 1343 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997.
La causa e` la ragione pratica del contratto, l’interesse che l’opera- zione contrattuale e` diretta a soddis2are, cioe` la 2unzione concreta del contratto, quale sintesi degli interessi che il contratto stesso e` diret- to a realizzare 30 al di la` del modello astratto utilizzato. [ ]
E` il 2ondamento del riconoscimento dell’autonomia contrattuale,
per cui le parti possono stipulare validamente contratti diversi dai tipi previsti dalla legge, purche´ siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
La causa non e` soltanto la ragione pratica per la quale le parti sti- pulano il contratto ma e`, inoltre, la ragione per la quale l’ordinamento riconosce rilevanza giuridica al contratto medesimo.
5.a. Xxxxx illesita.
Legisla3ione: artt. 1343, 1344 c.c.
Bibliogxafia: Biancmi X., 2002, Francnscmntti, 2003.
La causa e` illecita e produce la nullita` del contratto quando e` con- traria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (art. 1343 c.c.) o quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l’appli-
30 Bianca, Dixitto civile, cit., 427.
cazione di una norma imperativa (art. 1344 c.c.). Il contratto in 2rode alla legge puo` essere quindi anche il contratto che, apparentemente ri- spettoso della lettera della legge, in realta` e` posto in essere per eludere una norma imperativa 31.
La illiceita` della causa va valutata con ri2erimento al momento della conclusione del contratto 32. Tuttavia, un ius supexveniens – ad esem- pio, una depenalizzazione – puo` , in corso d’esecuzione del contratto, tras2ormare in lecita una causa geneticamente illecita, ovvero attenuar- ne l’illiceita` s`ı da escluderne il solo momento dell’immoralita`, con rile- vanti conseguenze in tema di ripetibilita`.
L’illegittimita` della condotta tenuta nel corso delle trattative per la 2ormazione del contratto, o nella sua esecuzione, non determina la nul- lita` del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressa- mente prevista. []
Irrilevanza dei motivi
5.b. Motivi.
Legisla3ione: art. 1345 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997.
I motivi sono rappresentati dagli interessi che la parte mira a soddi- s2are per mezzo del contratto ma che non rientrano nel contenuto del contratto stesso. Essi sono di regola irrilevanti in quanto le 2inalita` esterne del contratto non incidono sui diritti e sugli obblighi delle parti. Anche ai 2ini dell’indagine sul contenuto del contratto sono irrilevanti i motivi perseguiti dal singolo contraente ancorche´ determinanti della volonta` negoziale, ove non si siano esteriorizzati in una condizione o in una pattuizione contrattuale.
I motivi consistono in impulsi psichici che non si traducono in atti di volonta` negoziale. Il motivo e` illecito, e – se comune alle parti e deci- sivo per la stipulazione – determina la nullita` del contratto, quando consiste in una 2inalita` vietata dall’ordinamento, perche´ contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costu- me, ovvero perche´ diretta ad eludere, mediante la stipulazione del con- tratto (di per se´ lecito), una norma imperativa.
L’irrilevanza dei motivi e` determinata dalla loro estraneita` dalla causa e pertanto dalla 2unzione tipica del contratto. Tuttavia un tempe-
31 Francnscmntti, Il contxatto, Napoli, 2003, 211.
32 Biancmi G., Nullita` e annullabilita` del contxatto, cit., 162.
ramento del principio si veri2ica quando l’interesse si inserisce, espres- samente o implicitamente, nell’economia dell’a22are e percio` stesso di- venta causa del contratto e come tale rilevante 33.
5.s. Motivo illesito.
Legisla3ione: art. 1345 c.c.
Anche il motivo illecito puo` essere causa di nullita` del contratto: cio` si veri2ica quando le parti siano determinate a concluderlo per quel motivo, comune ad entrambe (art. 1345 c.c.).
I motivi assumono rilevanza invalidante del negozio giuridico solo quando integrino il perseguimento di 2inalita` contrarie all’ordine pub- blico, al buon costume o ad altri scopi espressamente proibiti dalla leg- ge e non quando rivelino altri 2ini che in se´ non siano con2liggenti con tali divieti.
Pertanto, l’intento delle parti di recare pregiudizio a terzi, qualora non sia riconducibile ad una delle suddette 2attispecie, non cagiona la nullita` del contratto.
6. Oggetto del sontratto.
Legisla3ione: artt. 1346, 2724 c.c.
Bibliogxafia: Addis, 2000.
Il requisito della determinatezza o della determinabilita` dell’ogget- to dell’obbligazione esprime la 2ondamentale esigenza di concretezza dell’atto contrattuale, in quanto le parti devono essere a conoscenza dell’impegno assunto. []
E` stato ritenuto nullo per indeterminatezza dell’oggetto il contratto preliminare di societa`, che non contenga l’indicazione del tipo di socie-
ta` da costituire. []
I requisiti concernenti l’oggetto del contratto, in mancanza dei quali il contratto e` nullo sono individuati dall’art. 1346 c.c.; l’oggetto deve essere:
– possibile; l’oggetto e` materialmente impossibile quando le parti non riuscirebbero ad assolvere l’impegno derivante dall’accordo. L’og- getto impossibile della prestazione, determina la nullita` genetica del contratto, rendendo irrilevante l’inadempimento ed escludendo il dirit- to al risarcimento del danno. [ ]
33 Bianca, Dixitto civile, cit., 435.
E` da ritenere nullo, per impossibilita` dell’oggetto, il contratto che risulti condizionato ad un evento che, obbiettivamente, non puo` pro- dursi per la sua non con2ormita` alla legge. L’impossibilita` rileva anche con riguardo al momento in cui si mani2esta, cioe` se e` originaria o so- pravvenuta e al suo grado di incidenza sulla realizzazione degli e22etti perseguiti dall’accordo, cioe` se e` de2initiva o temporanea. Ne consegue che l’impossibilita` de2initiva comporta la nullita` del contratto, mentre quella temporanea da` luogo ad una 2attispecie valida.
– lecito; l’oggetto e` illecito quando risulta contrario a norme impe- rative, all’ordine pubblico e al buon costume. La illiceita` si distingue dall’impossibilita` giuridica in quanto si concretizza in 2ini antigiuridici, mentre l’impossibilita` giuridica indica l’inidoneita` dell’atto a realizzare l’e22etto giuridico programmato.
– determinato o determinabile; l’oggetto e` determinato quando ri- sulti chiara ed univoca la volonta` delle parti anche se non espressa con estrema precisione; l’oggetto e` determinabile quando sia possibile individuarlo mediante il ricorso a criteri legali o convenzionali 34. Il re- quisito della determinatezza o della determinabilita` dell’oggetto a nor- ma dell’art. 1346 c.c., nell’ipotesi di un preliminare di vendita immobi- liare, postula che sia speci2icata l’ubicazione del bene promesso in ven- dita, o il criterio della sua individuazione esatta, che non puo` essere 2ornita in base a documenti estrinseci al contratto, ma puo` essere data dal ri2erimento alla planimetria allegata e colorata descrittiva dell’im- mobile oggetto del tras2erimento. []
Se il preliminare di vendita abbia ad oggetto una porzione di un edi2icio multipiano, l’indicazione del piano in cui essa e` ubicata costi- tuisce, in mancanza di dati relativi ai con2ini, il necessario elemento identi2icativo. Pertanto le modi2iche di tale elemento concordate tra le parti dopo la stipulazione del contratto preliminare, devono avveni- re a pena di nullita` per iscritto e non possono essere provate per te- stimoni, con la sola eccezione del caso previsto dall’art. 2724, n. 3, c.c. (perdita incolpevole del documento), in cui non si veri2ica la mancan- za dell’atto scritto, ma se ne dichiara lo smarrimento. Nel caso in cui il venditore dichiari che il prezzo e` stato pagato non si con2igura nullita` per mancanza del requisito essenziale del prezzo, essendo nella di- chiarazione necessariamente implicito che l’oggetto dell’obbligazione assunta dal compratore e` stato determinato, non potendosi concepire il pagamento di un prezzo che non sia stato in concreto esattamente de2inito. [ ]
34 Addis, Detexminabilita`dell’oggetto del contxatto, in Cod. civ. ipextestuale, cit., 1956.
7. Forma ssritta.
Legisla3ione: artt. 1350, 1503, 1543 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997.
In materia contrattuale vige, in generale, il principio della liberta` della 2orma, per cui il consenso delle parti puo` essere mani2estato con qualsiasi modalita`, che possa essere interpretata come accordo. Se la 2orma scritta non e` richiesta per legge, ad esempio, per la conclu- sione del contratto di compravendita di un autoveicolo (la trascrizione nel P.R.A., – che costituisce un onere, ma non un obbligo – ha natura meramente dichiarativa e non costitutiva, essendo un mezzo di pubbli- cita` inteso a dirimere gli eventuali con2litti tra piu` aventi causa del me- desimo venditore) la relativa prova puo` essere data con ogni mezzo e non necessariamente per via documentale.
Solo eccezionali sono le ipotesi in cui, a pena di nullita`, il contratto deve essere concluso con 2orme che impongono limitazioni all’autono- mia negoziale. Le 2orme previste per la mani2estazione del consenso sono l’atto pubblico, la scrittura privata, l’accordo orale o il comporta- mento materiale.
La prescrizione della 2orma quale elemento costitutivo del contratto risponde all’esigenza di una opportuna responsabilizzazione del con- senso. Esigenza soddis2atta in massimo grado dall’atto pubblico, che esige che la parte dichiari il proprio consenso ad un pubblico u22iciale e, in misura minore, dalla scrittura privata che richiama l’attenzione del- la parte sulla dichiarazione 2atta propria mediante la sottoscrizione 35. Un altro interesse perseguito dalla prescrizione della 2orma e` quello della prova dell’atto. La dichiarazione orale e` percepita soltanto dai presenti e la prova di essa e` legata alla memoria di chi l’ha ascoltata e di come la ricorda, mentre la 2orma scritta costituisce una modalita`
di conoscenza e di prova durevole e obiettiva.
Nei contratti soggetti alla 2orma scritta ab substantiam, il criterio della valutazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione del contratto stesso, non puo` evidenziare una 2ormazione del consenso al di 2uori dello scritto medesimo. []
La legge (art. 1350 c.c.) elenca i contratti che devono essere 2atti per iscritto (per atto pubblico o scrittura privata) sotto pena di nullita`, tra i quali rientrano i contratti che tras2eriscono la proprieta` di beni immo- bili, la dichiarazione di riscatto nella vendita di beni immobili (art. 1503) e la vendita di eredita` (art. 1543).
Prova dell’atto
35 Bianca, Dixitto civile, cit., 284.
Sono inoltre soggetti al requisito della 2orma scritta ad substantiam, che ne costituisce elemento essenziale avente 2unzione costitutiva e non solo dichiarativa, ogni contratto stipulato dalle pubbliche ammini- strazioni. []
7.a. Inammissibilita` delle prove testimoniali.
Legisla3ione: art. 2721 c.c.
Bibliogxafia: Gamba, 2000.
Essendo i negozi giuridici per i quali la legge prescrive la 2orma scritta ad substantiam nulli, e quindi giuridicamente irrilevanti, se non rivestono tale 2orma, la prova della loro esistenza e dei diritti che ne 2ormano l’oggetto richiede necessariamente la produzione in giudizio della relativa scrittura, che non puo` essere sostituita da altri mezzi probatori. La prova scritta non puo` essere sostituita dalla prova testimoniale articolata sul punto ne´ dal comportamento processuale delle parti, che abbiano concordemente ammesso, anche implicitamen- te, l’esistenza del diritto costituito con l’atto non esibito. Neppure la determinazione o la determinabilita` dell’oggetto puo` ricavarsi aliunde, da elementi non scritti, estrinseci al contratto stesso.
La 2orma scritta, quando e` richiesta ad substantiam, e` elemento co-
stitutivo del contratto, nel senso che il documento (atto pubblico o scrittura privata) deve contenere la volonta` delle parti di concludere quel determinato negozio; pertanto, al 2ine di dimostrare l’avvenuta stipulazione di un contratto per il quale la 2orma scritta e` richiesta ad substantiam non sono su22icienti ne´ la produzione di un documento che si limiti a riconoscere il 2atto storico dell’avvenuta conclusione ne´ la concorde ammissione delle parti che il contratto stesso 2u stipulato nella 2orma scritta.
La prova per testimoni dell’avvenuta stipulazione di una vendita di beni immobili e` ammissibile solo quando il contratto viene invocato da terzi ad esso estranei come 2atto storico intervenuto tra altre parti 36.
I negozi giuridici per i quali la legge prescrive la 2orma scritta ad substantiam non possono essere provati se non con la relativa scrittura. Per i contratti che hanno ad oggetto il tras2erimento della proprieta` im- mobiliare e per i relativi contratti preliminari, e` richiesta la 2orma scrit- ta ad substantiam. Ne consegue che l’atto scritto costituisca lo strumen-
36 Xxxxx, Pxova testimoniale, in Cod. civ. ipextestuale, sub art. 2721, cit.
to necessario ed insostituibile per la valida mani2estazione della volon- ta` produttiva degli e22etti del negozio. Pertanto, la mani2estazione scrit- ta della volonta` di uno dei contraenti non puo` essere sostituita da una dichiarazione con2essoria dell’altra parte, che non puo` essere utilizzata ne´ come elemento integrante il contratto ne´ (quand’anche contenga il preciso ri2erimento ad un contratto concluso per iscritto), come prova di questo, quando sia per esso richiesta la prova scritta ad substantiam.
7.b. Smarrimento del dosumento.
Legisla3ione: artt. 2724, 2725, 2729 c.c.; art. 210 c.p.c.
Bibliogxafia: Gunrra, 1996.
Nei contratti per i quali sia prescritta la 2orma scritta ad substan- tiam, in caso di perdita incolpevole del documento, e` ammessa la prova testimoniale (art. 2725 c.c.), ed e` del pari ammessa a norma dell’art. 2729 c.c., la prova per presunzioni.
Il principio si desume dal combinato disposto degli artt. 2724, n. 3, c.c., e art. 2725, 2o co., c.c.
Non puo` essere negato che un soggetto « perda» un documento, quando questo venga smarrito da un terzo, al quale sia stato incolpe- volmente a22idato. La perdita ha rilievo ai 2ini in esame, ogni volta che sia incolpevole; e lo e´ se il documento e´ a22idato ad un terzo per ragioni apprezzabili e quando si tratta di persona pienamente a22idabi- le e questi lo abbia smarrito. Naturalmente il controllo del concorso di dette condizioni, risolvendosi in apprezzamenti di puro 2atto, e´ a22idato istituzionalmente al giudice del merito, le cui valutazioni si sottraggono al giudizio di legittimita`, se sorrette da adeguata motivazione. Pertanto si puo` sostenere che la perdita incolpevole del documento – rispetto alla quale ai sensi degli artt. 2724, n. 3, c.c., e art. 2725, 2o co., c.c. non opera il divieto della prova testimoniale per i contratti rispetto ai quali e´ prevista la 2orma scritta ad pxobationem o ad substantiam – puo` avvenire anche quando esso, a22idato incolpevolmente ad un terzo, sia da questo smarrito. La mancanza di colpa richiesta va ri2erita al sog- getto contraente che invoca il contenuto del documento e non quindi, nell’ipotesi dell’a22idamento ad un terzo che lo abbia smarrito, al com- portamento di quest’ultimo.
Anche la prova presuntiva e` ammissibile nell’ipotesi di perdita in-
colpevole del documento contenente il contratto per il quale sia xxxxxx- sta la 2orma scritta a pena di nullita`. Dispone in2atti l’art. 2729, 2o co., c.c., che le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la leg-
ge escluda la prova per testimoni. E` stato ritenuto, correlativamente,
che esse sono invece ammissibili ogni volta che possa avere ingresso la prova testimoniale. Se ne e´ dedotto che, quando per un negozio giuri- dico e` richiesta la prova scritta ad substantiam, in caso di perdita incol- pevole del documento sono ammissibili sia la prova orale, sia quella presuntiva.
Nell’ipotesi che il documento contrattuale sia stato consegnato da un contraente all’altro, che si ri2iuti poi di restituirlo, resta preclusa al primo che intenda 2ar valere i diritti scaturenti dal contratto la pos- sibilita` di ricorso alla prova testimoniale, non ricorrendo un’ipotesi di perdita incolpevole del documento ai sensi dell’art. 2724, n. 3, c.c. ma un’ipotesi di impossibilita` di procurarsi la prova del contratto ai sensi del precedente n. 2 di detta norma, con la conseguente esclusione di ogni deroga al divieto della prova testimoniale ai sensi dell’art. 2725 c.c., anche al limitato 2ine della preliminare dimostrazione dell’esisten- za del documento, necessaria per ottenere un ordine di esibizione da parte del giudice a norma dell’art. 210 c.p.c. Nella consegna del docu- mento alla controparte non puo` mai individuarsi il requisito dell’incol- pevole perdita, in quanto quest’ultima non e` ravvisabile in un compor- tamento volontario 37.
8. Gontratto preliminare.
Legisla3ione: artt. 1351, 2932 c.c.; l. 28.2.1997, n. 30, conversione in legge, con modi2icazio- ni, del d.l. 31.12.1996, n. 669, recante disposizioni urgenti in materia tributaria, 2inan- ziaria e contabile a completamento della manovra di 2inanza pubblica per l’anno 1997.
Bibliogxafia: Biuliazzi Gnri, Xxxxxxx, Xxxxxxxx, Xxxxxx, 1996; Salvatori, 2007.
L’accordo raggiunto sugli elementi essenziali di un contratto non e` su22iciente per ritenere lo stesso concluso quando le espressioni usate dalle parti rivelino la loro volonta` di 2issare semplicemente i punti rile- vanti dell’a22are senza ritenersi gia` vincolati contrattualmente. L’accor- do cosı` raggiunto non costituisce neppure contratto preliminare, che rappresenta invece la volonta` di addivenire al contratto de2initivo.
Nel caso in cui le parti dopo aver stipulato un contratto preliminare siano addivenute alla stipulazione del contratto de2initivo, quest’ultimo costituisce l’unica 2onte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al nego- zio voluto 38, in quanto il contratto preliminare determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto de2initivo, resta su-
37 Gunrra, Nota a sent. Cass. civ., 19.4.
1996, n. 3722, GI, 1996, I, 1, 1325.
38 Salvadori, Modifica del contxat-
to pxeliminaxe e onexe della pxova, DPF, 2007, 18, 87.
perato da questo, la cui disciplina puo` anche non con2ormarsi a quella del preliminare. La nullita` travolge anche il contratto preliminare, se non e` 2atto nella stessa 2orma che la legge prescrive per il contratto de- 2initivo (art. 1351 c.c.).
Se il contratto de2initivo presenta delle di22ormita` rispetto al preli- minare, si presume che le parti abbiano voluto modi2icare l’originario programma. Se il contratto prevede la 2orma scritta, la presunzione puo` essere vinta solo con la prova scritta. []
Nel contratto preliminare di vendita immobiliare l’individuazione dell’oggetto o la de2inizione dei criteri per la sua determinazione deve avvenire a pena di nullita` con atto scritto, consistendo nella concretiz- zazione di un elemento essenziale del negozio, non potendo avere rilie- vo i dati di interpretazione che non abbiano ri2erimento al testo scritto dell’accordo, quali quelli desumibili dal comportamento successivo dei contraenti in 2ase di esecuzione dello stesso. Conseguentemente non puo` essere posta a 2ondamento di una domanda di esecuzione in 2orma speci2ica ex art. 2932 c.c. la scrittura nella quale le parti non abbiano indicato speci2icamente il bene che esse si sono obbligate, rispettiva- mente, a vendere e a comprare, ma si siano limitate ad indicarne le ca- ratteristiche ed il prezzo, riservandosi di e22ettuare la scelta in concreto successivamente e con altra scrittura.
A seguito dell’entrata in vigore della l. 28.2.1997, n. 30, e` stata intro- dotta nel nostro ordinamento la trascrivibilita` dei contratti preliminari ad oggetto immobiliare.
Il contratto preliminare e` il contratto mediante il quale le parti si obbligano alla conclusione di un successivo contratto, detto de2initivo. E22etto principale del contratto in questione e`, quindi, quello di obbli- gare le parti alla stipula del de2initivo. L’interesse che, normalmente, induce le parti a stipulare un contratto preliminare va individuato nella volonta` delle stesse ad impegnarsi, in modo provvisorio ma vincolante, alla stipulazione del 2uturo contratto, nell’attesa che sia regolarizzato o integrato qualche punto del contratto de2initivo o per e22ettuare, per qualsivoglia ragione, un semplice rinvio alla stipulazione del contratto de2initivo stesso. Il contratto preliminare svolge anche una 2unzione di controllo in ordine ai requisiti di validita` del negozio da stipulare, l’ac- certata mancanza o invalidita` dei quali legittimerebbe le parti a ri2iuta- re il consenso alla stipulazione del contratto de2initivo 39.
Il requisito della determinatezza o della determinabilita` dell’ogget-
39 Biuliazzi Gnri, Brnccia, Busnnl- li, Xxxxxx, Dixitto civile, I, 2, Torino, 1996, 607.
to nell’ipotesi di un preliminare di vendita immobiliare, richiede che sia speci2icata l’ubicazione del bene promesso in vendita, o il criterio della sua individuazione. Le modi2iche di tale elemento concordate tra le parti dopo la stipulazione del contratto preliminare, devono avvenire a pena di nullita` per iscritto. Ne consegue che l’eventuale modi2ica non puo` essere desunta dal comportamento delle parti in 2ase di ese- cuzione del contratto, occorrendo che la mani2estazione di volonta` bi- laterale contraria a quella contenuta nel preliminare sia resa in modo espresso o implicito e nella 2orma prescritta e non possa essere provata per testimoni, a meno di perdita incolpevole del documento.
Se viene richiesta, a norma dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione speci2ica di un contratto preliminare di vendita, il richiedente e` tenuto ad ese- guire la prestazione a suo carico o a 2arne o22erta nei modi di legge se tale prestazione sia gia` esigibile al momento della domanda giudizia- le, mentre non e` tenuto ad anticipare il prezzo totale se il pagamento dello stesso risulta dovuto all’atto della stipulazione del contratto de2i- nitivo. []
9. Gontratto sondizionale.
Legisla3ione: artt. 1353, 1354 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxxxx, 1999; Bnnincasa, 2000.
Le parti possono subordinare l’e22icacia o la risoluzione del contrat- to o di un singolo patto a un avvenimento 2uturo e incerto (art. 1353 c.c.).
La condizione costituisce di regola un elemento accidentale del ne- gozio giuridico, come tale distinto dagli elementi essenziali astratta- mente previsti per ciascun contratto tipico dalle rispettive norme. Tut- tavia, in 2orza del principio generale dell’autonomia contrattuale i con- traenti possono prevedere validamente come evento condizionante (in senso sospensivo o risolutivo dell’e22icacia) il concreto adempimento (o inadempimento) di una delle obbligazioni principali del contratto; con la conseguenza in tal caso che, ove insorga controversia sulla esistenza ed e22ettiva portata di quella convenzione di22orme dal modello legale, spetta alla parte che la deduca a sostegno della propria pretesa 2ornire la prova ed al giudice del merito compiere una appro2ondita indagine per accertare la volonta` dei contraenti.
Il contratto e` nullo se ad esso e` apposta una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
L’atto condizionato, al momento della stipulazione, e` ancora incom- pleto, non essendosi ancora veri2icata la vicenda condizionale 40.
La condizione e` sospensiva quando al veri2icarsi dell’evento 2uturo e incerto consegue l’e22icacia del contratto; e` risolutiva quando conse- gue la cessazione degli e22etti del contratto 41.
Se l’accordo delle parti prevede che il contratto debba considerarsi nullo per il mancato avveramento della condizione sospensiva, non e` concepibile una risoluzione di esso o una sua annullabilita`, salve le con- seguenze derivanti dal 2atto che il mancato veri2icarsi delle condizioni sia imputabile a 2atto e colpa di una delle parti.
La condizione, oltre che consistere in una condicio facti, puo` essere rappresentata da una condicio iuxis, il cui mancato de2initivo avvera- mento, nel termine stabilito, rende irrimediabilmente ine22icace il con- tratto indipendentemente dalla volonta` delle parti. []
La condizione sospensiva impossibile rende nullo il contratto; la condizione risolutiva, si ha come non apposta. (art. 1354 c.c.). L’impos- sibilita` che rileva in questi casi e` quella naturale in quanto, nell’ipotesi di impossibilita` giuridica trova applicazione la disciplina dell’illiceita`.
La condizione illecita o impossibile, apposta a un patto singolo del contratto, importala nullita` dell’intero contratto, se risulta che icontraen- ti non lo avrebbero concluso senza quella condizione (art. 1354, 3o co.). L’impossibilita` che rileva e` quella originaria della condizione, cioe` coeva alla stipulazione del contratto, e non anche quella sopravvenuta. Se l’evento al cui veri2icarsi le parti hanno subordinato l’attualita` degli obblighi da esse contrattualmente assunti risulti oggettivamente inde- terminato o indeterminabile, il contratto e` nullo poiche´ tale indetermi- nabilita`, costituendo un originario ed insuperabile ostacolo all’accerta- mento del veri2icarsi dell’evento condizionante, si risolve in una situa- zione di irrealizzabilita` del medesimo coeva al negozio cui la condizio-
ne sia stata apposta.
Condizione illecita
9.x. Xxxxxxxxxx meramente potestativa.
Legisla3ione: art. 1355 c.c.
Bibliogxafia: Costanza, 1999.
E` nullo il contratto subordinato a una condizione sospensiva mera- mente potestativa, che la 2accia cioe` dipendere dalla mera volonta` del- l’alienante o, rispettivamente, da quella del debitore (art. 1355 c.c.). La
40 Costanza, La condizione e gli altxi elementi accidentali, in I contxatti in genexa- le, cit., 813.
41 Bnnincasa, Condizione sospensiva e condizione xisolutiva, in Cod. civ. ipexte- stuale, cit., 1971.
causalita` della condizione, in2atti, comporta che i contraenti non possa- no in2luenzare l’accadimento della condizione. Ammettendo questa possibilita` si determinerebbe una contraddizione anche con il requisito dell’incertezza, che implica la neutralita` delle parti nel determinarsi o non determinarsi a concludere il contratto 42,e non sarebbe ravvisabile la ragione di tutela giuridica per un atto che sia rimesso al mero arbi- trio del suo autore. L’apposizione della condizione meramente potesta- tiva esclude inoltre la serieta` della dichiarazione di assunzione dell’im- pegno, con conseguente invalidita` del patto. A maggior ragione questa conclusione vale quando la condizione sia risolutiva, in quanto, in que- sti casi, la valutazione di meritevolezza degli interessi e` collegata diret- tamente con l’attuazione del contratto, non alla sua costituzione.
9.b. Gondizione potestativa impropria.
Legisla3ione: art. 1335 c.c.
Bibliogxafia: Francnscmntti, 2003.
La condizione e` potestativa quando l’evento in essa dedotto e` il 2at- to volontario di una delle parti. E` casuale quando l’evento condizio- nante dipende dal caso o dal 2atto del terzo; e` mista (o impropria) nel- l’ipotesi in cui dipenda in parte dal caso e in parte dal soggetto. Cioe` la
condizione mista e` quella rimessa alla « volonta` » dell’obbligato, men- tre la condizione meramente potestativa e` quella rimessa al « capric- cio» dell’obbligato 43.
E` da considerare mista la condizione apposta ad un contratto pre- liminare di compravendita immobiliare in cui l’evento dedotto consista nella concessione al promissario acquirente di un mutuo da parte di un istituto di credito per pagare in tutto o in parte il prezzo. Tale condizio- ne, in2atti, dipende non solo dalla volonta` del terzo (la banca), ma an- che dal comportamento del promissario acquirente che e` tenuto ad ap-
prontare la relativa documentazione.
Mentre la condizione potestativa invalidante il negozio e` quella che dipende dal mero arbitrio del soggetto obbligato, cos`ı da presentarsi co- me e22ettiva negazione di ogni vincolo, la condizione medesima non sus- siste quando l’impegno che la parte si assume, non e` rimesso al suo mero arbitrio ma e` collegato ad un interesse o una convenienza e si presenta come alternativa capace di soddis2are anche il proprio interesse. Conse- guentemente non sussiste nella circostanza la sanzione di nullita`, in quan-
42 Costanza, La condizione e gli altxi elementi accidentali, cit. 815.
43 Francnscmntti, Il contxatto, cit., 163.
to l’evento dedotto dipende anche dal concorso di 2attori estrinseci che possano in2luire sulla determinazione della volonta` pur se la relativa va- lutazione e` rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato.
In conclusione la condizione potestativa impropria e`, in linea di principio, sempre valida, se il comportamento delle parti e` con2orme ai principi di buona 2ede durante lo stato di pendenza mentre quella meramente potestativa e`, in via di principio, sempre invalida quando si tratti di condizione sospensiva che riguarda l’assunzione di un obbli- go o l’alienazione di un diritto da parte di colui cui e` rimesso il 2atto volontario. []
9.s. Pendenza della sondizione.
Legisla3ione: artt. 1356, 1357, 1358 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxx, Dn Nova, 1993.
In pendenza della condizione sospensiva l’acquirente di un diritto e` autorizzato a compiere atti conservativi (art. 1356, 1o co.). L’acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva puo`, in pendenza di questa, esercitar- lo, ma l’altro contraente puo` compiere atti conservativi (art. 1356, 2o co.). Chi ha un diritto subordinato a condizione sospensiva o risolutiva puo` disporne in pendenza di questa; ma gli e22etti di ogni atto di dispo- sizione sono subordinati alla stessa condizione (art. 1357 c.c.). Colui che si e` obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospen- siva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pen- denza della condizione, comportarsi secondo buona 2ede per conserva-
re integre le ragioni dell’altra parte (art. 1358 c.c.).
In pendenza della condizione, ciascun contraente ha l’obbligo di os- servare i doveri di lealta` e correttezza in modo da non in2luire sul ve- ri2icarsi dell’evento condizionante pendente.
Il dovere di comportarsi secondo buona 2ede viene collegato al po- tere di compiere atti conservativi riconosciuto all’acquirente sotto con- dizione sospensiva e all’alienante sotto condizione risolutiva 44.
Nel caso di condizione sospensiva vi e` un soggetto, titolare di una posizione giuridica potenzialmente destinata a venir meno e vi e` un al- tro soggetto, titolare di un’aspettativa, che potrebbe consolidarsi con e22icacia retroattiva al momento della stipulazione. Nell’ipotesi di con- dizione risolutiva, il meccanismo impedisce che si realizzi un acquisto
44 Sacco, Dn Nova, Il contxatto, in Txat- tato dixitto civile, diretto da Xxxxx, Torino, 1993, 153.
de2initivo, ma non preclude l’esercizio delle 2acolta` spettanti a colui che ha la materiale disponibilita` del diritto o del bene.
9.d. Avveramento della sondizione.
Legisla3ione: artt. 1360, 1361 c.c.
Bibliogxafia: Biancmi G., 2002.
Nel caso in cui una condizione sia costituita da un evento incerto anche nel « quando», le parti possono concordare un limite temporale riguardo al suo veri2icarsi, per non lasciare inde2initamente nell’incer- tezza l’e22icacia del contratto. []
Gli e22etti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui e` stato concluso il contratto, salvo che, per volonta` delle parti o per la natura del rapporto, gli e22etti del contratto o della risoluzione debba- no essere riportati a un momento diverso (art. 1360, 1o co.). Se pero` la condizione risolutiva e` apposta a un contratto ad esecuzione continuata o periodica, l’avveramento di essa, in mancanza di patto contrario, non ha e22etto riguardo alle prestazioni gia` eseguite (art. 1360, 2o co.).
L’art. 1360 c.c. sulla retroattivita` della condizione non opera tutte le volte che, per volonta` delle parti o per la natura del rapporto, gli e22etti del contratto debbano essere riportati a un momento diverso da quello della conclusione del contratto. Pertanto la compravendita immobiliare sottoposta alla condizione del pagamento del prezzo si inquadra nella 2igura della compravendita con riserva di proprieta` e il tras2erimento del relativo diritto si realizza col pagamento dell’ultima rata del prezzo 45.
L’avveramento della condizione non pregiudica la validita` degli atti di amministrazione compiuti dalla parte a cui, in pendenza della condi- zione stessa, spettava l’esercizio del diritto. Salvo diverse disposizioni di legge o diversa pattuizione, i 2rutti percepiti sono dovuti dal giorno in cui la condizione si e` avverata (art. 1361 c.c.).
9.e. Finzione di avveramento.
Legisla3ione: art. 1359 c.c.
Bibliogxafia: Biancmi G. , 2000.
Ai sensi dell’art. 1359 c.c., se la condizione dedotta non si veri2ica per 2atto di colui che aveva interesse contrario al suo avveramento, la condizione stessa si considera avverata.
45 Biancmi G., Nullita` e annullabilita` del contxatto, cit., 253.
Nell’ipotesi di negozio condizionato, per l’operativita` della disposi- zione di cui all’art. 1359 c.c. e` pero` necessaria la sussistenza di una con- dotta dolosa o colposa della parte, non riscontrabile in un semplice comportamento inattivo, salvo che questo non costituisca violazione di un obbligo di agire imposto dal contratto o dalla legge. Il negozio condizionato importa la produzione di e22etti preliminari, ed in partico- lare quello della vincolativita` di esso. Piu` speci2icamente da detto ne- gozio sorge l’obbligo della parte di comportarsi in buona 2ede per con- servare integre le ragioni dell’altra parte a cui consegue l’obbligo di non impedire l’avverarsi della condizione allorquando la parte abbia un interesse contrario all’avveramento della suddetta condizione. Se la condizione diventa impossibile per causa imputabile alla parte, essa si considera avverata Si veri2ica in tal caso una 2inzione di avveramento della condizione, ravvisandosi una sorta di risarcimento in 2orma spe- ci2ica in conseguenza del quale si determina sul piano giuridico la stes- sa situazione che si sarebbe determinata in seguito all’avveramento; l’autore dell’illecito non puo` in alcun modo 2ar derivare dal mancato veri2icarsi della condizione conseguenze giuridiche a se´ 2avorevoli. L’art. 1359 c.c. opera allorquando la condizione sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento di essa. La norma non opera nel caso in cui la parte, tenuta condiziona- tamente ad una determinata prestazione, abbia anch’essa interesse al- l’avveramento.
La 2unzione di avveramento costituisce la sanzione speci2ica per l’i- nosservanza della regola di correttezza, cui la parte che opera per im- pedire il 2atto oggetto della condizione contravviene pregiudicando le aspettative acquisite dalla controparte 46. La disposizione e` applicabile sia alla condizione sospensiva che a quella risolutiva. Bisogna pero` ri- levare che la giurisprudenza ha ritenuto che l’avveramento dell’evento 2uturo ed incerto, previsto dalle parti come condizione risolutiva del contratto, produce e22etti a prescindere da ogni indagine sul compor- tamento colposo o meno dei contraenti, in ordine al veri2icarsi dell’e- vento stesso, tenuto conto che nella disciplina delle condizioni nel contratto, ove non possono trovare applicazione i principi che regola- no l’imputabilita` in materia di obbligazioni, detta indagine e` rilevante solo nella diversa ipotesi del mancato avveramento della condizione medesima.
46 Biancmi G., Nullita` e annullabilita` del contxatto, cit., 256.
Espressioni
letterali
10. Interpretazione del sontratto.
Legisla3ione: art. 1362 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxxxxxxxx, 1999.
L’interpretazione del contratto consiste nell’indagine di quale sia stata la comune intenzione delle parti; e` l’operazione che accerta il si- gni2icato giuridicamente rilevante dell’accordo contrattuale. Il contrat- to si presenta come un accordo, cioe` come un reciproco consenso e pertanto il signi2icato del contratto deve corrispondere a cio` che le par- ti hanno inteso stabilire. L’intenzione assume rilevanza in quanto si sia obiettivizzata e resa riconoscibile. L’interpretazione non e` volta ad ac- certare la volonta` dell’uno e dell’altro contraente ma, precisamente, quella volonta` che si e` tradotta nell’accordo e abbia acquisito un signi- 2icato socialmente rilevante.
Il procedimento di quali2icazione giuridica consta, oltre che della prima 2ase consistente nella ricerca e nella individuazione della comu- ne volonta` dei contraenti, che e` un tipico accertamento di 2atto riserva- to al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita` solo per vizi di motivazione, anche di una seconda 2ase – concernente l’inquadramen- to della comune volonta`, come appurata, nello schema legale corri- spondente – la quale, riguardando l’applicazione di norme giuridiche, puo` 2ormare oggetto di veri2ica e riscontro in sede di legittimita` sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della 2attispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza quali2icante degli elementi di 2atto cosı` come accertati, sia in2ine con ri2erimento alla individuazio- ne delle implicazioni e22ettuali conseguenti alla sussistenza della 2atti- specie concreta nel paradigma normativo. Non e` invece sindacabile in sede di legittimita` la scelta da parte del giudice di merito del mezzo ermeneutico piu` idoneo all’accertamento dell’intenzione dei contraen- ti, qualora sia stato rispettato il principio del gradualismo, secondo il quale deve 2arsi ricorso ai criteri interpretativi sussidiari solo quando i criteri principali – signi2icato letterale e collegamento tra le varie parti dell’atto – siano risultati insu22icienti all’individuazione della reale in- tenzione.
Le espressioni letterali utilizzate dalle parti non devono essere con- siderate singolarmente o, comunque, nell’ambito di ciascuna clausola, ma valutate e veri2icate in relazione tanto alle altre clausole quanto al- l’intero testo contrattuale.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente pone in primo piano l’elemento letterale, ritenendo che la applicazione del criterio interpre- tativo dettato dall’art. 1362 c.c. importa che la lettera del contratto deb- ba essere veri2icata dal contenuto volitivo di cui essa e` l’espressione,
escludendo che dalla lettera possa prescindersi per 2ar capo unicamen- te ad un preteso elemento intenzionale, anche se questo non si adegui logicamente alla lettera: l’art. 1362 c.c. – secondo la giurisprudenza – pur prescrivendo all’interprete di non limitarsi all’analisi del signi2icato letterale delle parole, non pone tale criterio al rango di strumento in- terpretativo del tutto sussidiario e secondario, ma lo colloca, al contra- rio, nella posizione di mezzo prioritario e 2ondamentale per la corretta ricostruzione della comune intenzione dei contraenti, con la conse- guenza che il giudice, prima di accedere ad altri, diversi parametri di interpretazione, e` tenuto a 2ornire compiuta e articolata motivazione della ritenuta equivocita` ed insu22icienza del dato letterale, a meno che tale equivocita` non risulti, icto oculi, di assoluta e non contestabile evidenza. Solo in presenza di un documento non chiaro il giudice deve 2are ricorso agli altri criteri di ermeneutica contrattuale previsti dal co- dice civile, al 2ine di individuare la comune volonta` delle parti ed in- quadrare questa nel corrispondente schema legale. [ ]
Quando la volonta` delle parti emerga in modo certo ed immediato
dalle espressioni adoperate, l’elemento letterale, che deve essere appli- cato nel primo momento interpretativo, assorbe ed esaurisce ogni altro criterio d’interpretazione del contratto ed impone al giudice di limitarsi all’esame del senso letterale delle parole: se le parole e le espressioni usate dal contratto sono chiare e dimostrino una loro intima xatio, il giudice non puo` ricercare una diversa interpretazione.
L’art. 1362 c.c., prescrivendo all’interprete di indagare quale sia sta- ta la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale del- le parole, non svaluta l’elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate, riveli con chiarezza ed univocita` la volonta` dei contraenti e non vi e` divergenza 2ra la lettera e lo spirito della convenzione, una di- versa interpretazione non e` ammissibile. Tuttavia, il carattere priorita- rio dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto, in quanto l’art. 1362 c.c., richiamando la comune intenzione delle parti, richiede l’estensione dell’indagine anche all’elemento logico, disponendo che non ci si deve limitare al senso letterale delle parole, con la conseguen- za che il criterio letterale e quello logico devono essere coordinati ed armonizzati in vista dell’individuazione dell’e22ettiva volonta` delle par- ti, e che solo all’interno di tale ricerca puo` in concreto attribuirsi pre- valenza al criterio letterale, per e22etto della ravvisata coincidenza del- l’espressione usata con la volonta` negoziale.
La comune intenzione delle parti si deve ricavare dal testo del con- tratto e, quando il testo non sia chiaro, e` consentito ricorrere all’esame del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla con-
Comune intenzione
Comportamento
delle parti
Conservazione del contratto
clusione del contratto, senza 2ermarsi soltanto al senso letterale delle parole. [ ]
Il comportamento successivo delle parti (ulteriori dichiarazioni e, soprattutto, attivita` esecutiva intrapresa) puo` essere utile ad accertare il senso concretamente riconosciuto all’accordo. Cooperando e accet- tando le reciproche prestazioni, i contraenti chiariscono con i 2atti l’in- tendimento del loro accordo, anche se contrastano col testo del con- tratto. Cosı`, ad esempio, il 2atto che la parte accetti consapevolmente un’esecuzione di22orme, puo` signi2icare che l’inesatta esecuzione e` sta- ta tollerata (senza per cio` stesso che siano automaticamente tollerati ulteriori inadempimenti inesatti).
Deve in2ine essere considerato tra i principi di interpretazione quel- lo della conservazione del contratto. Atteso che quando si pone in es- sere un regolamento negoziale, ci si pre2igura l’idoneita` di esso a pro- durre e22etti giuridici, « ben si potrebbe, di 2ronte all’esigenza di rico- struire la portata di una clausola o di un contratto ambigui, attribuire a questi, tra i vari signi2icati possibili, quello che consente la produzio- ne di qualche e22etto» 47.
10.a. Regola della buona fede nell³interpretazione del sontratto.
Legisla3ione: art. 1366 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997; Xxxxxxxxxx, 0000; Biancmi G., 2008.
Il contratto deve essere interpretato secondo buona 2ede (art. 1366 c.c.). La buona 2ede non ha un contenuto prestabilito, ma e` un princi- pio di solidarieta` contrattuale 48. La buona 2ede rileva come obbligo di lealta`, che impone di non provocare e non speculare su 2alsi a22idamen- ti e di non contestare ragionevoli a22idamenti comunque ingenerati nel- l’altra parte. Essa esige, precisamente, di preservare il ragionevole a2- 2idamento di ciascuna parte sul signi2icato dell’accordo 49. Impone a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interes- si dell’altra parte, a prescindere dall’esistenza di speci2ici obblighi con- trattuali o di quanto stabilito da singole norme di legge 50.
In applicazione di tale criterio, l’interprete deve adeguare l’inter- pretazione del contratto al signi2icato sul quale le parti – in relazione alle concrete circostanze – potevano e dovevano 2are ragionevole a22i- damento. La buona 2ede vieta, in particolare, interpretazioni cavillose,
47 Scounamiulio, L’intexpxetazione, in
I contxatti in genexale, cit., 977.
48 Xxxxxx, Dixitto civile, cit., 395.
49 Pontncorvo, Cxitexio lettexale e cxite-
xio logico, in Cod. civ. ipextestuale, cit., 1990.
50 Biancmi G., Vizi del contxatto e simu- lazione, cit., 193.
in contrasto con la causa del contratto o con lo spirito dell’intesa, ov- vero basate su espressioni letterali inserite o aggiunte per un errore materiale al testo concordato, ma non rispondenti all’intesa raggiunta. Il criterio ermeneutico di cui all’art. 1366 c.c., secondo il quale il con- tratto deve essere interpretato secondo buona 2ede, richiede al giudice di procedere all’analisi delle espressioni usate dalle parti contraenti, stabilendo quale sia il signi2icato obiettivo su cui, in base alle circostan- ze concrete, potevano e dovevano 2are ragionevole a22idamento, deter- minando cosı` la comune intenzione. Il giudice non deve sovrapporre al- la e22ettiva volonta` dei contraenti una propria soggettiva opinione. L’in- terpretazione secondo buona 2ede costituisce un mezzo interpretativo sussidiario che presuppone la persistenza di un dubbio sul reale signi2i- cato delle dichiarazioni contrattuali delle parti, al quale pertanto non e` consentito ricorrere quando attraverso l’esame degli elementi di prova
raccolti, si sia gia` accertata l’e22ettiva volonta` delle parti.
L’interpretazione del contratto secondo buona 2ede costituisce un mezzo ermeneutico sussidiario che presuppone la persistenza di un dubbio sul reale signi2icato delle dichiarazioni contrattuali delle parti, pertanto non e` consentito 2arvi ricorso quando il giudice del merito at- traverso l’esame degli elementi di prova raccolti, abbia gia` accertato l’e22ettiva volonta` delle parti.
10.b. Interpretazione delle slausole.
Legisla3ione: artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1367, 1370, 1371 x.x.
Xxxxxxxxxxxx: Xxxxxxxxxx, 0000; Xxxxxxxxxxxx, 1980; Xxxxxxxxxx, 0000; Cascionn,
2006; Biancmi G., 2008.
Anche per l’interpretazione di clausole contrattuali, la 2ormulazione letterale della dichiarazione negoziale si pone come primo, e 2onda- mentale, elemento dell’operazione ermeneutica. Essa tuttavia deve es- sere valutata nella sua interezza, dovendo il tenore letterale delle pa- role essere desunto dall’intero suo contenuto. Le singole clausole con- trattuali percio` devono essere esaminate in correlazione tra loro, e va- lutate alla luce delle esigenze che sono destinate a soddis2are, dovendo, inoltre, aversi riguardo al comportamento tenuto dalle parti anterior- mente alla stipulazione del contratto. Cio` si rivela con2orme al princi- pio di buona 2ede, che nell’ambito contrattuale si risolve in una regola di condotta diretta ad assicurare che ciascuna delle parti adegui il pro- prio comportamento all’esigenza di rispondere in modo positivo alle aspettative dell’altra, operando su di un piano di reciprocita`, nel senso di ampliare, ovvero di restringere, gli obblighi assunti in base alla 2or-
Interpretazione
a 2avore dell’altro contraente
mulazione letterale del contratto, quando 2arli valere nel loro tenore testuale contrasterebbe con tale principio.
Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle al- tre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (art. 1363 c.c.).
Nell’interpretazione dei contratti, gli strumenti dell’interpretazione letterale, del coordinamento delle varie clausole e della individuazione del senso che emerge dal complesso dell’atto sono da considerare in- scindibilmente connessi. Non sono autosu22icienti o indipendenti, ma legati da un vincolo di unitarieta`, poiche´ la loro separazione cronologi- ca nell’itex interpretativo viene assorbita da una contestualita` logica, in un procedimento in cui ogni parola e` nel contempo oggetto e strumen- to d’interpretazione.
Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di con- trattare (art. 1364 c.c.).
Quando in un contratto si e` espresso un caso al 2ine di spiegare un patto, non si presumono esclusi i casi non espressi, ai quali, secondo ragione, puo` estendersi lo stesso patto (art. 1365 c.c.).
Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche e22etto, anziche´ in quello secon- do cui non ne avrebbero alcuno (art. 1367 c.c.). Tale principio (princi- pio della conservazione del contratto) rappresenta un criterio interpre- tativo sussidiario, utilizzabile quando il senso del contratto sia rimasto oscuro e ambiguo e permangano dubbi che non sia stato possibile dis- sipare conducendo l’indagine secondo le regole dettate dagli artt. 1362 ss. c.c. Il criterio non e`, invece, utilizzabile quando il giudice abbia po- tuto ricostruire in modo completo la volonta` delle parti attraverso le espressioni letterali da loro usate, messe in rapporto con il loro com- portamento complessivo e con altre circostanze accertate nel processo, tanto da non lasciare alcuna lacuna interpretativa da colmare.
Le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in modu- li o 2ormulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano, nel dub- bio, a 2avore dell’altro (art. 1370 c.c.). La ragione di tale soluzione deve ricercarsi non solo nella consueta esigenza della tutela dell’aderente, ma anche (e 2orse principalmente) nella considerazione che il soggetto che predispone le clausole bene puo` parlare chiaro, e, se non lo 2a, de- ve ritenersi che alla clausola si e` voluto dare l’altro signi2icato 51. Anche degli atti negoziali unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, il crite-
51 Scounamiulio, Dei contxatti in gene- xale, in Txattato di dixitto civile, diretto da
Grosso, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Milano, 1980, 189.
rio della interpretazione contxa stipulatoxem rientra 2ra gli strumenti sussidiari di interpretazione della volonta` negoziale. [ ]
La regola dell’interpretazione contro il predisponente prevale sulla regola che impone di interpretare le clausole ambigue secondo gli usi del luogo di conclusione del contratto e della sede dell’impresa. L’one- re di esporre chiaramente la propria volonta` non consente in2atti al predisponente di avvalersi di una pratica locale che puo` essere ignota alla generalita` dei consumatori, cui le clausole sono destinate.
La disposizione non e` diretta alla tutela di ogni debitore in quanto tale, ma e` volta a proteggere il contraente piu` debole nell’ambito della contrattazione standardizzata 52. Il suo ambito oggettivo di applicazio- ne e` relativo, in2atti, soltanto a quei contratti c.d. per adesione, conclusi cioe` mediante moduli o 2ormulari, in cui l’aderente puo` essere indotto all’accettazione di condizioni svantaggiose o, quantomeno, dal signi2i- cato poco chiaro 53. []
Qualora, nonostante l’applicazione delle norme indicate, il contrat- to rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se e` a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contem- peramento degli interessi delle parti, se e` a titolo oneroso (art. 1371 c.c.). La regola puo` essere applicata solo quando, nonostante il ricorso agli altri principıˆ previsti dalla legge, il contratto rimanga ancora oscu- ro, ma non quando sia talmente chiaro da non richiedere alcuna inda- gine 54. La norma ha carattere sussidiario, nel senso che viene in evi- denza solo quando il giudice non abbia potuto ricavare, attraverso le precedenti norme di cui agli artt. 1362 ss., il contenuto della volonta` ne- goziale 55.
Interpretazione nel senso
meno gravoso
10.s. Interpretazione autentisa.
Legisla3ione: artt. 1362, 1363 c.c.
Bibliogxafia: Xxxxxx, 1997.
L’interpretazione autentica e` quella 2ornita d’accordo dalle parti per chiarire il signi2icato del testo del contratto. Puo` essere contestuale alla 2ormazione del contratto e in tal caso costituisce parte integrante
52 Cascionn, L’intexpxetazione contxo l’autoxe della clausola, in Contxatti, 2006, 3, 221; Cassottana, Il pxoblema dell’intex- pxetazione delle condizioni genexali di con- txatto, a cura di Xxxxxx, Milano, 1979, 126.
53 Cascionn, L’intexpxetazione contxo l’autoxe della clausola, cit., 225.
54 Pontncorvo, Caxattexe sussidiaxio del cxitexio, di cui all’axt. fi37fi, in Cod. civ. ipextestuale, cit., 1994.
55 Biancmi G., Vizi del contxatto e simu- lazione, cit. 197.
del contratto trattandosi di una dichiarazione che completa, precisan- dolo, il contenuto della volonta` delle parti, oppure puo` essere succes- siva, quando interviene invece per accertare il signi2icato di un contrat- to che le parti hanno gia` stipulato.
L’atto interpretativo successivo puo` perdere la sua 2unzione chiari- 2icatrice per integrare una modi2ica del contratto originario. La rilevan- za tra interpretazione e modi2ica e` priva di rilevanza nei rapporti tra le parti. Rispetto ai terzi, invece, trova applicazione il principio che tutela coloro che abbiano in buona 2ede acquistato diritti sulla base del signi- 2icato apparente del contratto 56.
GIURISPRUDENXA
1. Assordo delle parti.
L’accordo puo` anche riguardare contratti aventi una disciplina parti- colare purche´ siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela se- condo l’ordinamento giuridico. Il giudizio di meritevolezza di un nego- zio atipico e` stato pari2icato dalla giurisprudenza a quello di liceita`: l’in- terprete dovrebbe dunque limitarsi all’esame della non contrarieta` del negozio alle norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume.
« Nell’ambito del giudizio di meritevolezza di un negozio atipico, la norma di cui all’art. 1322 c.c. deve essere collocata nella piu` modesta cornice che, secondo par- te della dottrina, le compete dopo l’adozione della Costituzione, la quale giunge a parificare questo giudizio a quello di liceita`: l’interprete dovrebbe dunque limitarsi all’esame della non contrarieta` del negozio alle norme imperative, all’ordine pub- blico ed al buon costume»
(Trib. Trieste, 23.9.2005, Platinum, 2/2007).
Gli elementi costitutivi del negozio giuridico 2anno normalmente presumere l’esistenza della corrispondente causa tipica. L’eventuale in- tento pratico delle parti deve essere provato in giudizio.
«(omissis). Con il primo motivo del ricorso si denunzia, in riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., violazione degli artt. 1325 e 1362 e ss. c.c, per avere la Corte del me- rito ritenuto sussistente il requisito della causa, nella convenzione del 4 maggio 1979, fondando la sua motivazione su mere ipotesi, articolando due argomenti rive- lantisi illogici ed incongruenti anche in relazione ai dati storici e documentali acqui- siti, risultando al contrario incomprensibili, salvo che alla luce della eccepita minaccia di denuncia penale, le ragioni per le quali esso ricorrente si era impegnato ad abbat- tere una costruzione edificata su terreno di sua proprieta` e a concedere la comunio- ne del muro eretto a confine senza pretendere e ricevere alcun corrispettivo.
56 Bianca, Dixitto civile, cit., 417.
La doglianza e` infondata.
E` noto come la causa o ragione del negozio si identifica con la funzione econo-
mico-sociale dell’atto di autonomia privata nella sintesi dei suoi elementi essenziali e che l’accertamento degli elementi costitutivi del rapporto fa normalmente presu- mere l’esistenza della causa tipica corrispondente, salvo la prova contraria di un di- verso intento pratico perseguito dalle parti. (Cass., sez. II sent. n. 331 del 15.2.1963). Xxxxxx, nel caso che ne occupa, i giudici del merito, con motivazione esente da vizi logici od errori giuridici ed insindacabile in questa sede di legittimita` (Cass., sez. II, sent. n. 1552 del 25.5.1973; id. sent. n. 3157 del 28.6.1989) hanno, in con- formita` ai suddetti principi, accertato la volonta` negoziale manifestata nella con- venzione del 4 maggio 1989, individuandone lo scopo nella regolamentazione dei rapporti di buon vicinato, stante la ‘‘situazione di incertezza’’ e la ‘‘possibilita` di avanzare pretese in contrasto con la situazione di fatto’’ derivanti dalla mancata consacrazione giuridica della divisione soltanto di fatto effettuata dalle parti, come posto in evidenza dalla stessa consulenza tecnica d’ufficio, e l’evidente interesse del T. di evitare azioni promosse dai confinanti per le inevitabili immissioni moleste derivanti dall’attivita` svolta nel manufatto adibito ad officina.
Ne´ l’assuntore dell’impegno a demolire contenuto nella convenzione di che trattasi ha fornito, come era suo onere, dimostrazione dalla asserita mancanza di qualsiasi giustificazione dell’impegno assunto o comunque prova di un diverso sco- po perseguito dai contraenti. (omissis)»
(Cass. civ., 15.7.1993, n. 7844, GCM, 1993, 1187).
All’accordo delle parti per la conclusione di un contratto atipico la giurisprudenza applica, oltre alle norme generali in materia di contrat- ti, anche le norme regolatrici dei contratti nominati, quando il rapporto 2accia emergere situazioni analoghe a quelle disciplinate dalle norme relative ai contratti nominati. Il principio e` stato a22ermato dalla Supre- ma corte, con la massima seguente, con ri2erimento a una vicenda di leasing cosiddetto traslativo cui e` stata ritenuta applicabile la norma che disciplina la risoluzione del contratto di vendita con riserva di pro- prieta` ex art. 1526 del c.c, e, conseguentemente inapplicabile il regime di cui all’art. 1458, 1o co., seconda ipotesi, del c.c.
«Ai contratti non espressamente disciplinati dal codice civile (contratti atipici o innominati) possono legittimamente applicarsi, oltre alle norme generali in materia di contratti, anche le norme regolatrici dei contratti nominati, quante volte il con- creto atteggiarsi del rapporto, quale risultante dagli interessi coinvolti, faccia emer- xxxx situazioni analoghe a quelle disciplinate dalla seconda serie di norme» (Cass. civ., 28.11. 2003, n. 18229, GC, 2004, I, 1506).
1.a. Le parti del sontratto.
Il giudice ha il compito di accertare se, in un atto collegiale, l’obbliga- zione dei promittenti venditori, per essere adempiuta necessita del con- senso di tutti i soci, o della maggioranza e, in caso positivo, la mancanza del quoxum richiesto invalida il contratto anche per i 2irmatari di esso.
«(omissis). Nel dirimere il contrasto, lungamente protrattosi nella giurispruden- za di legittimita`, in ordine all’efficacia del contratto preliminare avente ad oggetto un bene appartenente in comproprieta` a piu` soggetti, le sezioni unite di questa corte, con la sentenza n. 7481/93, hanno affermato, tra l’altro, che, essendo il bene in comunione considerato, di norma, dalle parti come un unigum inscindibile, e non come somma delle singole quote facenti capo ai comproprietari, questi ultimi co- stituiscono un’"unica parte complessa’’, per cui le loro dichiarazioni si fondono in un’unica volonta` negoziale. Hanno altresı` osservato che, quando non e` manifestato il consenso di tutti, la volonta` negoziale di una delle parti del contratto preliminare non si forma o si forma invalidamente, con la conseguenza che il contratto e` ineffi- cace non soltanto nei confronti dei comproprietari rimasti estranei al contratto, ma anche nei confronti dei promittenti venditori, a meno che non risulti la concreta vo- lonta` di questi ultimi di obbligarsi limitatamente alle quote di cui essi sono titolari. A tale proposito, assumono valore decisivo le indicazioni dell’oggetto del contratto come un bene unitario e, soprattutto, la previsione di un prezzo globale.
In definitiva, quindi, secondo l’indirizzo indicato dalle sezioni unite, se all’esito
dell’indagine, che e` rimessa al giudice di merito, non emergono elementi tali da far ritenere che l’obbligo di vendere e` stato assunto soltanto da alcuni dei comproprie- tari, per cui la promessa deve essere riferita non al bene unitariamente inteso ma solo a quella parte di esso di cui potevano disporre i singoli promittenti, il contratto preliminare non puo` esplicare alcun effetto perche´ non si e` validamente formata la volonta` negoziale della parte complessa promittente.
L’accertamento in ordine alla comune intenzione delle parti deve tendere, per- tanto, a verificare se la menzione nell’atto, quale parte promittente venditrice, di tutti i comproprietari abbia carattere essenziale, nel senso che tutti sono obbligati a ven- dere il bene comune in ragione dell’imprescindibile oggetto del contratto, costituito dall’obbligazione di trasferire la proprieta` del bene comune nella sua interezza.
Il principio espresso dalle sezioni unite puo` trovare applicazione anche con ri- guardo a fattispecie diverse dalla promessa di vendita di immobile comune, sempre che concorrano, quali elementi essenziali della pattuizione (l’accertamento dei quali e` riservato al giudice di merito), il requisito soggettivo dell’"unica parte complessa’’ nel senso di cui sopra, e quello oggettivo dell’obbligo, assunto da siffatta parte con- traente, di trasferire i diritti su un bene non di comune proprieta`, che – per previsione contrattuale – possa realizzarsi solo grazie all’adempimento unitario e globale.
Nel caso di specie, gli elementi che caratterizzavano la scrittura 24.5.1984 sono costituiti non soltanto dalla sua predisposizione formale come contratto facente capo, quale parte venditrice, a tutto il gruppo C. con previsione di un prezzo unico come corrispettivo dell’intero bene, ma, altresı`, dall’individuazione del bene com- promesso in vendita come appartenente in proprieta` alla societa` S., di cui i sei fratelli
C. detenevano l’intero capitale sociale. Tali elementi, entrambi pacifici, imponevano al giudice di appello di accertare preliminarmente se il contratto, comunque qualifi- cato, era stato voluto dai contraenti con riferimento a tutti i promittenti enunciati nel- l’atto e al bene considerato unitariamente ovvero come impegno assunto soltanto dai tre sottoscrittori e, come tale, operante nei limiti delle rispettive quote sul bene, ovvero quale impegno di costoro a realizzarne il globale trasferimento.
Essendo il bene di proprieta` della societa`, i contraenti ben avrebbero potuto prevedere che occorresse l’assenso di tutti i soci per poterne trasferire la proprieta` alla F., a nulla rilevando sotto questo profilo la qualificazione del contratto come promessa di vendita di cosa altrui ovvero come promessa di fatto del terzo. Sia nel- l’una che nell’altra ipotesi, per potere realizzare il trasferimento sarebbe occorsa pur sempre una delibera societaria che autorizzasse (nel primo caso) la vendita
del bene dalla societa` ai promittenti venditori, affinche´ potessero trasferirla poi alla promissaria, com’e´ nello schema della promessa di vendita di cosa altrui, ovvero (nel secondo caso) la vendita da parte della societa` direttamente alla F., com’e´ nel- lo schema della promessa del fatto del terzo.
In altri termini, se l’obbligazione assunta dai tre promittenti, comunque intesa (sia come impegno di costoro di trasferire in proprieta` il bene altrui alla promissaria ov- vero come impegno a far concludere la vendita dalla societa` ), avesse avuto per og- getto una prestazione che, per essere adempiuta, necessitava dell’apporto di tutti gli aventi diritto sul bene, sarebbe stato necessario, perche´ la stessa fosse efficace, che l’impegno fosse assunto da tutti e sei i fratelli X. e non solo da alcuni di essi, doven- dosi ritenere – in caso contrario – che il contratto preliminare non era stato valida- mente concluso, in quanto portante un’obbligazione a carico di tutti i soggetti con- siderati parti essenziali nel loro complesso senza il necessario, globale assenso.
Concentrandosi sul problema della qualificazione del contratto, la sentenza ha completamente trascurato di accertare quale e` stata la volonta` dei contraenti, sia in relazione al tenore letterale che al contenuto sostanziale della scrittura. Entrambi i suddetti aspetti risultano considerati soltanto in funzione della qualificazione del contratto, avendo la sentenza dato per dimostrato cio` che invece doveva essere ac- certato, e cioe` se il contratto, con quelle caratteristiche formali e sostanziali di cui finora si e` detto, era stato validamente concluso.
La sentenza, alle pagg. 10 e 13, si limita ad affermare che l’avvenuta sottoscrizio- ne da parte soltanto di alcuni dei fratelli C. comportava unicamente che l’obbligazio- ne di trasferire alla F. la proprieta` del lotto di terreno appartenente alla societa` S. era stata assunta esclusivamente da coloro che avevano sottoscritto la scrittura stessa, ma, al pari della sentenza di primo grado – alla quale fa richiamo – non indica le ra- gioni per le quali doveva ritenersi valido un contratto che disponeva di un bene senza il consenso di tutti coloro che nell’atto figuravano quali parte promittente.
In relazione ai motivi la sentenza va, pertanto, xxxxxxx con rinvio per nuovo esa- me alla corte d’appello, altra sezione, che fara` applicazione del principio innanzi enunciato»
(Cass. civ., 3.11.2000, n. 14346, ICI, 2001, 661).
L’atto complesso si veri2ica, secondo la giurisprudenza, quando le diverse volonta` contrattuali si 2ondono in modo da 2ormarne una sola e sia indicato l’oggetto del negozio come bene unitario e, soprattutto, sia previsto un prezzo globale.
«(omissis). Denunciando la violazione delle norme sulla interpretazione del con- tratto e degli artt. 1361, 1372, 1552 e ss. c.c. il ricorrente con il primo motivo cen- sura la sentenza di appello per non avere ravvisato un contratto di permuta nella deliberazione dell’assemblea condominiale del 17 settembre 1981, essendo man- cato, a fronte del trasferimento da parte del condominio di una porzione del cortile comune, il contestuale trasferimento, da parte sua, di diritti a favore del condomi- nio. La corte non avrebbe rilevato che, avendo egli dato il consenso alla realizzazio- ne di una nicchia nel muro perimetrale del suo magazzino, si era in pratica impe- gnato a cedere al condominio una sia pur piccola parte di tale immobile.
Il motivo non e` fondato.
2. La corte bolognese ha infatti correttamente rilevato che nella deliberazione dell’assemblea condominiale del 17 settembre 1981 non era possibile ravvisare un valido contratto di permuta per vari motivi, primo tra tutti il mancato contestuale trasferimento, a favore del condominio, di un diritto da parte del B., il quale si
era limitato a prestare il consenso per la eventuale realizzazione di una nicchia nel muro perimetrale delimitante il proprio magazzino. Se si considera che la permuta e` stata definita dal legislatore il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferi- mento della proprieta` di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro (art. 1552 c.c.), e che alla stessa si applicano le norme stabilite per la vendita, in quanto com- patibili (art. 1555 c.c.), appare ancora piu` evidente che il giudizio della corte di ap- pello non merita alcuna censura. Non puo` infatti ritenersi un valido corrispettivo dell’acquisizione della proprieta` di una frazione del cortile comune l’impegno, da parte del B., di consentire – in caso di necessita` – la creazione di una nicchia nel muro perimetrale del proprio magazzino. Ben vero, infatti, che dottrina e giurispru- denza ritengono possibile – come per la vendita – la permuta di cosa presente con cosa futura, ma l’esistenza della cosa futura non puo` essere eventuale, altrimenti si avrebbe la cessione di un diritto senza corrispettivo, cioe` a titolo gratuito, che e` co- sa ben diversa dalla permuta.
Con il successivo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 67 delle di- sposizioni di attuazione del codice civile in relazione all’art. 1399 c.c., nonche´ del- l’art. 100 c.p.c., per avere la corte di merito ritenuto la mancanza del consenso di tutti i condomini relativamente all’atto di alienazione. In tal modo i giudici di appel- lo avrebbero omesso di considerare la successiva ratifica dei condomini rappresen- tati, avente effetto retroattivo ai sensi dell’art. 1399 c.c.
In ogni caso, secondo il ricorrente, ove anche fosse mancato il consenso di tutti i condomini, la conseguenza non sarebbe stata la nullita` della delibera adottata, bensı` solo l’incompletezza e quindi l’inefficacia della stessa, che non potrebbe es- sere fatta valere dai venditori intervenuti alla stipula dell’atto, non avendo costoro un interesse giuridicamente apprezzabile a che la cosa sia venduta per intero, ma solo dal compratore. La corte bolognese, quindi, avrebbe erroneamente ritenuto la legittimazione attiva del S. Anche questo motivo deve essere rigettato. La corte di appello ha sul punto rilevato, infatti, che la condomina G. S., comproprietaria per meta` di un appartamento, non aveva prestato il proprio consenso alla cessione di parte del cortile condominiale, non essendo intervenuta di persona all’assemblea e non avendo conferito a M. S., comproprietario per l’altra meta` di detto apparta- mento, presente alla riunione, alcuna delega. Inoltre un’altra condomina, D.D., che aveva rilasciato delega a M.B., ne aveva ratificato l’operato solo in data 2 feb- braio 1985, quando gia` aveva venduto, fin dal 6 luglio 1982, la propria unita` immo- biliare ed i diritti a lei spettanti sulle parti comuni, per cui la ratifica non poteva re- troagire sino alla data della delibera in questione (17 settembre 1981). Risulta quin- di evidente che le argomentazioni del ricorrente certamente non bastano a supe- rare la motivazione della sentenza impugnata, sia perche´ non tengono conto della posizione della condomina G. S. (della quale non si parla nel ricorso), sia perche´ non considerano che la ratifica dell’altra condomina assente alla riunione era inef- ficace nei confronti dell’acquirente dell’appartamento. L’art. 1399 stabilisce infatti al 2o co. che la ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi, e la giu- risprudenza ha osservato che tali devono considerarsi coloro che abbiano in prece- denza avuto causa dal ratificante, cioe` dal rappresentato, o che dalla ratifica risen- tirebbero danno: vale a dire coloro che in data anteriore all’atto di ratifica abbiano acquistato diritti da colui nel cui nome ed interesse ha agito il rappresentante senza potere, e che non puo`, ratificando successivamente l’operato di tale rappresentan- te, pregiudicare i diritti che prima della ratifica ha trasmesso ad altri.
Non e` poi condivisibile l’affermazione del ricorrente secondo cui, ove manchi il
consenso di tutti i condomini, non vi sarebbe nullita` di contratto, bensı` solo ineffi- cacia dello stesso, che non potrebbe essere fatta valere dai condomini intervenuti
alla stipula dell’atto. E` stato infatti osservato che la vendita di un bene in comunio- ne e` di norma considerata dalle parti come un unigum inscindibile e non come som- ma delle vendite delle singole quote che fanno capo ai vari comproprietari, per cui questi ultimi costituiscono una unica parte complessa e le loro dichiarazioni di ven- dita si fondono in un’unica volonta` negoziale, tranne che dall’unico documento predisposto per il negozio risulti chiaramente la volonta` di scomposizione in piu` contratti, in base ai quali ogni comproprietario vende la propria quota all’acquiren- te senza alcun collegamento negoziale con le vendite degli altri (cfr. in proposito Cass. S.U., 8.7.1993, n. 7481).
3. Nella specie non solo non risulta alcuna manifestazione di volonta` dei condo- mini di scomporre la permuta in tanti singoli contratti, ma se anche tale volonta` vi fosse stata sarebbe stata incompatibile con la particolare natura del bene oggetto della pretesa permuta, costituente una parte comune dell’edificio condominiale, per sua natura inalienabile dai singoli condomini separatamente dall’unita` immobi- liare di loro proprieta` esclusiva.
Pertanto, la vendita incompleta (cioe` senza il consenso di tutti i condomini) di una parte del cortile comune sarebbe stata in ogni caso nulla, e ciascun condomino legittimato a fare valere tale nullita`.
Infine il ricorrente denuncia l’insufficienza e contraddittorieta` della motivazione della sentenza, sostenendo che la corte avrebbe affermato che la vendita di un be- ne comune da parte dei condomini si deve concretare in una manifestazione di vo- lonta` necessariamente unica ed inscindibile, dopo avere rilevato l’invalidita` della delibera assembleare.
Anche questa censura – invero poco comprensibile – va disattesa, poiche´ nella motivazione della sentenza non vi e` alcuna lacuna o contraddittorieta`. La corte bo- lognese si e` limitata ad indicare una pluralita` di ragioni per le quali la tesi del per- fezionamento di un contratto di permuta, sostenuta dal B., doveva essere respinta: la mancanza del consenso di tutti i condomini e la inscindibilita` del contratto di tra- sferimento, da parte dei condomini, di una parte comune dell’edificio condominia- le. Si tratta di argomentazioni tra le quali non vi e` contrasto ma che si integrano a vicenda, essendo ognuna sufficiente al rigetto dell’appello.
L’infondatezza di tutti i motivi prospettati dal ricorrente determina il rigetto del ricorso e la conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate come nel dispositivo»
(Cass. civ., 26.11.1998, n. 11986, Cod. giv. ipertestuale, 1868).
(Conformi: Cass. civ., 25.1.1995, n. 874, Cod. giv. ipertestuale, 1868; Cass. civ., 16.7.1997, n. 6480, ICI, 1997, 2112).
L’esistenza di un contratto di vendita di un bene in comunione e` su- bordinato al consenso di tutti i comproprietari, in mancanza del quale il contratto e` inesistente non essendosi 2ormata la volonta` di una delle parti del negozio.
« Nel caso in cui, con riferimento alla vendita di un bene in comunione, il con- senso non sia stato manifestato da tutti i comproprietari, o sia stato validamente manifestato da alcuni soltanto di loro, si deve parlare di inesistenza (per mancato perfezionamento del suo iter formativo) o di invalidita` del contratto preliminare, non essendosi formata o essendosi formata in modo invalido la volonta` di una delle parti del negozio; con la conseguenza che la mancanza originaria, o la caducazione del vincolo per uno dei comproprietari, preclude in toto al promissario la possibilita` di esercitare l’azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., anche solo
nei confronti dei comproprietari promittenti per il trasferimento dei diritti immobi- liari loro spettanti»
(T.A.R. Xxxxxx-Romagna Xxxxx, 00.0.0000, Platinum, 2/2007)
La giurisprudenza ritiene che, qualora si raggiunga l’accordo di tra- s2erire un immobile « indivisibilmente» a piu` persone, la mancanza di diversa speci2ica pattuizione, le quote di comproprieta` degli acquirenti si presumono uguali, indipendentemente dalle diverse quote di prezzo versate.
« Nel caso di esecuzione in forma specifica di un contratto preliminare con cui venga pattuito il trasferimento di un immobile ‘‘indivisibilmente’’ a piu` persone, le quote di comproprieta` dei singoli acquirenti, in mancanza di diversa specifica pat- tuizione, debbono presumersi uguali, non potendo rilevare, in contrario, la diversa entita` della parte di prezzo da loro versata, la quale se puo` esercitare effetto nei rapporti interni, non esplica alcuna efficacia nel rapporto tra le parti del contratto» (Cass. civ., 28.7.2006, n. 17257, Contr., 2007, 413).
fl. Proposta sontrattuale.
Della proposta 2ormulata con lettera raccomandata o con telegram- ma costituisce prova certa la spedizione attestata dall’u22icio postale, purche´ la comunicazione sia stata consegnata personalmente al desti- xxxxxxx o presso il suo indirizzo. Se la comunicazione e` tata corretta- mente indirizzata, incombe al destinatario l’onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilita` di acquisire la conoscenza medesima.
«Se e` vero che la lettera raccomandata o il telegramma – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituiscono prova certa della spedizione, da cui con- segue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedi- zione e dell’ordinaria regolarita` del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso e che tale presunzione vale anche per le dichiarazioni unilaterali ricettizie, e` anche vero che perche´ tale presunzione operi e` necessario, ai sensi dell’art. 1335 c.c., che la missiva sia giunta all’indirizzo del destinatario»
(App. Catania, 10.1.2006, Platinum, 2/2007).
«(omissis). Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applica- zione degli artt. 2705, 2706 e 2719 c.c. e insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza sul punto del valore della copia del telegramma prodotto in giudizio dalla C. Si sostiene che il documento prodotto in appello dalla C. sarebbe solo una copia del telegramma rilasciata al mittente e non escluderebbe che il telegramma da recapitare al destinatario potrebbe essere di contenuto diverso, non potendosi escludere cioe` che la stazione di arrivo nel trascriverlo sul documento cartaceo lo modifichi, di tal che l’unica prova opponibile al destinatario sarebbe o la copia au- tenticata del telegramma ricevuto ovvero l’originale del telegramma consegnato all’ufficio di partenza e sottoscritto dal mittente.
Con il secondo motivo si deduce contraddittorieta`, omessa ed insufficiente mo- tivazione della sentenza circa l’effettiva ricezione del telegramma da parte del de- stinatario; falsa applicazione degli artt. 1335 e 2706 c.c. in relazione all’art. 58, par. 2 e 3 del regolamento delle XX.XX. – istruzioni per il servizio telegrammi e radiote- legrammi –. Si sostiene che la Corte di merito ha ritenuto provata la ricezione da parte del destinatario del telegramma in questione sulla scorta ‘‘della copia rilascia- ta al mittente dall’ufficio postale trasmittente’’, mentre la produzione di tale docu- mento se puo` dare contezza del tenore del telegramma spedito, non puo` costituire la prova dell’effettiva ricezione del medesimo da parte del destinatario in ipotesi in cui non siano state osservate le norme per la consegna previste dal codice postale: nel caso specifico, il portalettere, in assenza del destinatario, avrebbe omesso di inserire nella cassetta di corrispondenza l’avviso della giacenza del telegramma presso l’ufficio postale.
Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1335 c.c.; nonche´ difetto di motivazione in relazione alla mancata assunzione di mezzi istrut- tori. Si assume che la Corte di merito ha ritenuto inammissibile le istanze istruttorie poiche´ non dirette a dimostrare un evento eccezionale ed estraneo alla volonta` del destinatario e si sostiene che la prova liberatoria incombente al destinatario della dichiarazione recettizia non incontri alcun limite, ben potendo costui provare qual- siasi fatto che abbia reso impossibile la conoscenza di tale atto e, quindi, anche il mancato rispetto delle norme per la consegna stabilite dal codice postale.
I tre motivi possono essere trattati congiuntamente, perche´ tutti hanno il loro addentellato logico-giuridico nella qualificazione giuridica dell’atto posto in essere per via telegrafica dalla C. Finanziaria in data 12 novembre 1992.
Inconferente risulta, nel caso di specie, il richiamo fatto alle disposizioni del co- dice civile (artt. 2705, 2706 e 2719), affinche´ il telegramma assuma il valore proba- torio della scrittura privata, necessaria, a sensi degli artt. 1350 e 1351 c.c., ai fini dell’esistenza dei contratti che trasferiscono la proprieta` dei beni immobili, perche´ il telegramma, nel caso in oggetto, non costituiva l’accettazione della proposta del promissario acquirente dell’immobile da parte dei promittenti venditori, bensı` era solo il mezzo con il quale l’intermediario portava a conoscenza del destinatario che la sua proposta era stata accettata dai promittenti venditori. Ed infatti, e` fuori di- scussione che la C. Finanziaria Immobiliare ha agito nei limiti della sua attivita` di in- termediazione, senza assumere le vesti del mandatario dei promittenti venditori. Xxxxxx, quindi, intendere che i promittenti venditori comunicarono al mediatore che accettavano la proposta del promissario acquirente e che il mediatore, quale xxxxxxx, comunico` la notizia a costui.
Si e`, pertanto, in ambito delle dichiarazioni unilaterali recettizia, che a norma
dell’art. 1335 c.c. non richiedono formule determinate e possono essere trasmesse con ogni mezzo (Cass. civ. 450/1985).
Ma e` proprio delle dichiarazioni unilaterali recettizie, che siano giunte a desti- nazione, la presunzione di conoscenza da parte del destinatario, sicche´ incombe al- lo stesso destinatario, che neghi di averne avuta conoscenza l’onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilita` di prenderne cognizione e, quindi, anche quello di provare la non corrispondenza della dichiarazione inviata a quella di cui il mittente conservi la copia.
Nel caso in esame, risultando dal contesto della sentenza d’appello che la C. ha prodotto in tale grado di giudizio l’originale del telegramma reperito presso l’uffi- cio postale di partenza e che aveva prodotto nel giudizio avanti il tribunale, la di- chiarazione 24 giugno 1993 del Direttore Provinciale dell’Amministrazione P.T. competente per la zona di Settala, attestante che, in base ai registri di consegna
dei telegrammi (mod. 23/U) dell’Ufficio di Settala, risultava documentato che il te- legramma 12 novembre 1992 era stato consegnato il 13 novembre 1992, alle ore 11,20, mediante immissione nella cassetta delle lettere dell’abitazione del Sig. S., in quanto il destinatario era momentaneamente assente, sono conformi a diritto e all’interpretazione datane dai giudici di legittimita` con ritenute pronunce le con- clusioni trattate dalla Corte di merito circa la prova del contenuto del messaggio trasmesso con telegramma e del suo avvenuto recapito nella buca delle lettere al- l’indirizzo del destinatario, specialmente ove si osservi che nessuna specifica conte- stazione e` stata avanzata in ordine al contenuto del telegramma e nemmeno e` stata dedotta una possibile causa d’impedimento a prendere conoscenza dell’atto depo- sitato nella buca delle lettere.
Risulta, infatti, chiarito in precedenti pronunce di questa Corte, che il principio stabilito dall’art. 1335 c.c. opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichia- razione nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmis- sione adoperato e dall’osservanza delle disposizioni del codice postale: incombe al destinatario l’onere di superare la presunzione di conoscenza, deducendo e pro- vando la dimostrazione di un evento eccezionale ed estraneo alla sua volonta` che gli abbia impedito di avere conoscenza della dichiarazione medesima (Cass. 27.1.1988, n. 715; Cass. 03061/1989).
Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alla rifusione del- le spese del grado in favore della resistente, cosi come liquidate in dispositivo» (Cass. civ., 4.6.2002, n. 8073, AC, 2003, 430).
La proposta contrattuale non si per2eziona sulla base dell’accordo su alcuni punti essenziali del contratto, ma e` necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa sugli elementi costitutivi. In caso di semplice pre- disposizione della minuta o puntuazione del contratto, e` necessario operare una indagine sulla reale intenzione delle parti, sulla base di tutte le risultanze istruttorie.
«(omissis). 1. Con il primo motivo si denuncia ‘‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 2697 c.c. nonche´ art. 116 c.p.c.; motivazione contraddittoria sul punto decisivo della controversia rappresentato dalla presunzione di avvenuto per- fezionamento del contratto, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5’’; la corte di me- rito ha mostrato di aderire all’insegnamento espresso da Xxxx. 22.8.1997, n. 7857, ma nella sostanza se ne e` discostata; secondo tale insegnamento, costituente ius regeptum, ove il documento predisposto dalle parti contenga puntuazione com- pleta delle clausole, si presume che il contratto si sia perfezionato ed e` onere della parte che assume il contrario fornire prova del proprio assunto senza che il giudice si possa sostituire alla parte e supplire in via interpretativa all’inerzia della stessa; in sostanza nella materia esiste una regola di giudizio in virtu` della quale in presenza di puntuazione completa di clausole il giudice deve ritenere perfezionato il contrat- to, se non sia data prova contraria, essendogli precluso sostituirsi alla parte e de- sumere dal testo del documento che il contratto non si e` perfezionato; la corte di merito ‘‘si e` lasciata andare ad una interpretazione del documento 10.7.2000’’, prescindendo dalla presunzione e violando l’art. 2697 c.c.
2. Con il secondo motivo si deduce ‘‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 c.c., 116 c.p.c.; motivazione insufficiente sul punto decisi- vo della controversia rappresentato dalla valutazione della scrittura 10.7.2000 e dal comportamento delle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5’’; la corte
di merito ha violato le regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c., ss.; in particolare: 1) ha omesso di considerare sia il preponderante aspetto volontari- stico sotteso al testo negoziale che la condotta dei contraenti durante le trattative e dopo la formazione del documento; 2) ha assegnato valore determinante alla clau- sola c) del documento (recante l’obbligo di provvedere alla restituzione degli im- mobili sublocati), trascurando di compiere un’indagine sull’effettiva volonta` delle parti; 3) non ha valutato comportamenti come il pagamento a partire dal luglio 2001 del maggiore canone locativo previsto nel documento 10.7.2000 e la propo- sizione di domanda riconvenzionale di risarcimento del danno fondata sull’implicita affermazione di esistenza del contratto locativo; 4) ha violato le regole sussidiarie di interpretazione obiettiva di cui agli artt. 1367 e 1370 c.c.
3. I motivi sono strettamente connessi e vanno esaminati congiuntamente.
4.1. Bisogna riconoscere che questa Corte, superando un precedente orienta- mento (Cass. 21.5.1980, n. 3158), ha affermato che dai documenti negoziali che predispongono l’assetto contrattuale in ogni suo aspetto (cosiddetta puntuazione completa di clausole) deriva una presunzione semplice di perfezionamento contrat- tuale vincibile con la dimostrazione che non si tratta di un contratto concluso, ma di una semplice minuta con puntuazione completa di clausole (Cass. 30.3.1994, n. 3158; Cass. 22.8.1997, n. 7857; Cass. 16.7.2002, n. 10276).
In altri termini di fronte ad un accordo sugli elementi essenziali non occorre pro- vare che esso da` vita ad un contratto, ma che il contratto non si e` formato, essendo la volonta` comune diretta a creare un accordo strumentale, ed il relativo onere fa carico alla parte che lo allega.
4.2. La tesi della ricorrente e` che, se la parte non prova che il contratto non si e` perfezionato, il giudice non puo` desumere la prova aliunde e, particolarmente, non puo` procedere a questo fine alla diretta interpretazione dell’accordo in quanto cio` comporterebbe sollevamento della parte dall’onere probatorio.
4.3. La tesi non puo` essere condivisa.
4.4. Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, l’indagine del giudice deve prevalentemente incentrarsi sul documento in ordine al quale si e` formato l’accor- do delle parti al fine di accertare se esse abbiano inteso porre realmente in essere il rapporto contrattuale sin dal momento dell’accordo oppure se la loro intenzione sia stata quella di differire la conclusione del contratto ad una manifestazione suc- cessiva di volonta` (Cass. 22.8.1997, n. 7857, in motivazione) e, xxxx`, la mancanza di una attuale volonta` di accordo negoziale deve risultare principalmente dal docu- mento interpretato secondo i criteri degli artt. 1362 c.c., ss. (Cass. 30.3.1994,
n. 3158, in motivazione).
E` quindi il documento che diventa il fulcro dell’indagine giudiziale, sicche´ il giu- dice non solo puo`, ma deve portare la propria valutazione su di esso, fermo restan-
do che la parte ha la piu` ampia facolta` di. provare con elementi extratestuali il man- cato perfezionamento del contratto.
4.5. In un ulteriore approfondimento si puo` affermare che la presunzione di per- fezionamento contrattuale appartiene alla categoria di presunzioni create praeter legem dalla giurisprudenza per ripartire l’onere probatorio diversamente da come risulta in base all’art. 2697 c.c. ed alle norme riguardanti il rapporto sostanziale de- dotto in giudizio, come, ad es., la presunzione di gratuita` delle prestazioni rese da parenti conviventi con il datore di lavoro (Cass. 17.8.2000, n. 10923), con l’effetto di rilevare da tale onere la parte che riceve vantaggio dal fatto presunto e porlo a ca- rico della parte che ha interesse contrario.
Tuttavia, la regola di giudizio agtore non probante reus absolvitur invocata dal- la ricorrente ha natura residuale in quanto le risultanze istruttorie, comunque otte-
xxxx e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono formate, concorrono tut- te indistintamente alla formazione del convincimento del giudice (Cass. 19.4.2000, n. 5125; Cass. 25.9.1998, n. 9592).
Pertanto, un fatto giuridicamente rilevante si puo` ritenere provato in qualunque modo ne sia acquisita la prova e la parte non puo` soggiacere alla regola finale di giudizio di essere dichiarata soccombente sol perche´ la prova sia stata acquisita per iniziativa altrui o sia desumibile dagli atti.
4.6. In conclusione, non merita censura la corte di merito per avere ritenuto che dal documento negoziale (lettera 10.7.2000) si possono desumere in via interpreta- tiva elementi a dimostrazione del perfezionamento o del mancato perfezionamento del contratto.
5.1. Per costante giurisprudenza di questa Corte l’interpretazione del contratto e` riservata al giudice di merito con possibilita` di sindacato in sede di legittimita` per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione (ex plurimis Cass. 18.11.2003, n. 17427); le dette regole sono ordinate secondo un principio di gerarchia esterna se appartenenti a classi differenti e di gerarchia inter- na se appartenenti alla medesima classe (ex plurimis Cass. 18.4.2002, n. 5635; Cass. 4.6.2002, n. 8080).
5.2. Nella specie la corte di merito ha sviluppato un articolato iter argomenta- tivo, a conclusione del quale ha affermato che il contratto non si e` perfezionato e le parti si sono limitate ad una mera intesa preparatoria; tanto ha desunto sia da ar- gomenti letterali e logici che dalla ricerca della comune intenzione ricostruita sulla base, oltre che del senso letterale delle parole, del comportamento complessivo delle parti.
5.3. Non vale in contrario osservare che la corte ha attribuito alla clausola c) un valore determinante che essa in realta` non ha, essendosi dalla clausola desunto che le parti hanno fatto esplicito riferimento alla conclusione di un nuovo contratto.
Identicamente dicasi del rilievo che la corte non ha valorizzato in senso favore- vole al perfezionamento del contratto il comportamento successivo delle parti estrinsecatosi nel pagamento del maggior canone locativo fissato nel documento e nella proposizione di azione risarcitoria, risultando dalla sentenza impugnata le ragioni della diversa valutazione e presentandosi le medesime congrue e corrette sul piano logico e giuridico.
Non pare, infine, fondato il rilievo che si dovesse fare ricorso alla regola inter- pretativa finale dell’attribuzione al contratto di un senso che lo renda idoneo a pro- durre un qualche effetto, atteso che le regole interpretative applicate hanno con- sentito di pervenire ad approdi di certezza.
6. I motivi sono, pertanto, infondati ed il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione»
(Cass. civ., 14.7.2006, n. 16118, O e C, 2007, 1, 76).
3. Gonslusione del sontratto.
Nel contratto di compravendita di bene immobile la giurisprudenza ha ritenuto seria la proposta di acquisto ove preveda il preventivo ver- samento della caparra e le in2ormazioni sulla persona del proponente al 2ine di mettere l’oblato nella condizione di veri2icarne la solvibilita` e l’a22idabilita`, mentre ha considerato il mancato versamento della
caparra e la mancata presa di contatto tra i supposti contraenti ogget- tivi elementi deponenti per la mancanza di serieta` della proposta.
«(omissis). Con il primo motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applica- zione dell’art. 1355 x.x. x xxxxx xxxxx xxxx’xxxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx, xx sostiene che la corte di merito avrebbe immotivatamente ritenuto legittimo il rifiuto della
C. alla stipula del preliminare di vendita in favore della persona indicata come futura acquirente, avendo basato il suo giudizio sulla clausola di gradimento inserita in fa- vore del committente nell’atto di conferimento dell’incarico, la quale, non basandosi su fattori oggettivamente apprezzabili, bensı` rimettendo all’arbitrio del committente l’apprezzamento circa la solvibilita` e affidabilita` della persona proposta come acqui- rente, doveva considerarsi una condizione meramente potestativa e, percio`, nulla.
Con il secondo motivo di ricorso, deducendo ‘‘arbitrarieta` e irragionevolezza del- la motivazione nella parte in cui ravvisa un legittimo esercizio della facolta` di non gra- dimento della proposta’’, si sostiene che la corte di merito non avrebbe tenuto conto del fatto che la C. aveva fatto valere la clausola di non gradimento solo in sede giu- diziale, avendo, invece, nel corso delle trattative manifestato l’intento di accettare la proposta; inoltre, che la consegna della caparra era prevista solo in sede di stipula- zione del preliminare; che la mancata presentazione della persona proposta per l’ac- quisto e per la stipula del preliminare dipese dal fatto che per la stipula di tale atto era stato fissato l’appuntamento nell’ufficio della societa` mediatrice per il 12 gennaio 1988 e la C. non si presento` a tale incontro, spostandolo arbitrariamente al giorno successivo, per il quale la persona indicata come acquirente, trovandosi impedita, mando` il proprio figlio; infine, che la C., lungi dall’esprimere il suo dissenso in ordine alla conclusione dell’affare, aveva dato il consenso che la persona proposta per l’ac- quisto traslocasse le sue masserizie nell’appartamento in questione.
I due motivi di ricorso, essendo sostanzialmente i connessi, possono essere esa- minati congiuntamente e rigettati perche´ infondati.
Vale, infatti, osservare che la ricorrente basa le sue osservazioni su circostanze di fatto di cui non indica le fonti di prova e, nel contempo, ammette implicitamente di non aver fornito alla committente le garanzie circa la serieta` della proposta di acquisto, quali appunto il preventivo versamento della caparra del 30% del prezzo della vendita e le dovute informazioni sulla persona proposta per l’acquisto, al fine di mettere la committente nella condizione di verificarne la solvibilita` e l’affidabilita`. Viceversa, la corte di merito ha bene spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di condividere il giudizio del Tribunale circa la legittimita` del rifiuto della committente ad accettare la proposta di vendita, significando che sussistevano molteplici ele- menti oggettivi che ponevano in dubbio la serieta` della proposta, quali l’avanza- mento della medesima nell’imminenza della scadenza del termine fissato per la conclusione dell’affare; la mancata dimostrazione dell’avvenuto versamento del 30% del prezzo di vendita a titolo di caparra; la mancata presa di contatto tra la committente e la persona interessata all’affare; il tentativo posto in essere dalla
stessa di occupare l’immobile prima della stipula del preliminare.
Per le ragioni suesposte il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata alle spese del presente giudizio come liquidate in dispositivo»
(Cass. civ., 7.12.2004, n. 22983, Contr., 2005, 7, 667).
Costituisce accertamento di 2atto, riservato al giudice di merito ove adeguatamente motivato, lo stabilire se tra le parti si sia concluso un contratto, o se le dichiarazioni di xxxxxxx` intercorse abbiano solo il va-
lore di dichiarazione di intenti. In applicazione di tale principio di di- ritto, la S.C. ha ritenuto carente sul piano sia logico che giuridico la motivazione della sentenza con la quale si attribuiva valore di semplice dichiarazione di intenti alle scritture sottoscritte dalle parti, trascuran- do del tutto l’elemento letterale e mancando una analisi completa e compiuta sia delle due missive, sia del comportamento complessivo te- nuto dalle parti.
« L’indagine volta a stabilire se e in che momento tra le parti si sia concluso un contratto, o se le dichiarazioni di xxxxxxx` intercorse abbiano solo il valore di dichia- razione di intenti, costituisce accertamento di fatto, riservato al giudice di merito ove adeguatamente motivato»
(Cass. civ., 18.11.2003, n. 17449, MGI, 2003).
L’accettazione della proposta deve essere con2orme e tempestiva. Ma anche senza una espressa accettazione della proposta la giurispru- xxxxx ha giudicato concluso il contratto anche quando la controparte risponde alla proposta chiedendo delle modi2iche che vengono accolte dal proponente.
«(omissis). Circa il forum gontragtus, il giudice del merito ha spiegato in modo adeguato che, secondo le risultanze documentali agli atti, la proposta contrattuale della societa` Y. Italia s.r.l. venne restituita dalla societa` B. s.r.l. con modifiche e che, rispetto a detta controproposta, la societa` Y. s.r.l. diede corso all’esecuzione del contratto senza il formale invio della sua accettazione.
In tale situazione il giudice del merito ha ritenuto applicabile la disciplina previ- sta dall’art. 1327 c.c., secondo cui, affinche´ il contratto possa intendersi concluso nel tempo e nel luogo dell’iniziata esecuzione senza la preventiva accettazione del- la proposta, e` necessario che ricorra una delle tre ipotesi tassativamente previste e, xxxx`, che lo richieda la natura dell’affare o che lo consentano gli usi o che vi sia, comunque, una espressa richiesta in tal senso del preponente.
L’applicabilita` della suddetta norma e` corretta, dovendosi ritenere, in conformi- ta` all’indirizzo della giurisprudenza di legittimita` (ex multis: Cass., n. 4699/1999), che, nella specie, della norma medesima ricorreva l’ipotesi riferita alla natura del- l’affare, per il quale ragioni di speditezza imponevano, nell’interesse prevalente del preponente, la immediata esecuzione della prestazione e rendevano superflua ogni ulteriore trattativa.
Occorre anche aggiungere che la disciplina, per la quale nelle ipotesi tassative dell’art. 1327 c.c. il contratto deve ritenersi concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione, non e` invocabile quando il preponente abbia richiesto espressamente una formale accettazione, il che, nella specie, deve escludersi, per- che´ di tale esplicita richiesta la societa` ricorrente non ha dato la dimostrazione, ma neppure ha fatto cenno.
Anche in ordine al forum destinatae solutionis resta esclusa la competenza ter- ritoriale dell’adito tribunale, essendo risultato, secondo il puntuale accertamento del giudice del merito sulla scorta di quanto chiarito in citazione, che la consegna della macchina oggetto del contratto doveva essere effettuata a Parma, presso l’utilizzatore finale del bene societa` P.
Il ricorso, pertanto, e` rigettato, restando, quindi, confermata l’incompetenza
per territorio del tribunale di La Spezia, competenti essendo, invece, in via alterna- tiva, il tribunale di Monza ed il tribunale di Parma.
Sussistono giusti motivi (art. 92 c.p.c.) per compensare interamente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione»
(Cass. civ., 1.6.2006, n. 13132, MGI, 2006).
3.a. Termine.
Se il proponente non ha 2issato un termine per la risposta, il giudizio sulla tardivita` o meno della accettazione spetta al giudice di merito sul- la base della reale e concreta situazione di 2atto, secondo la natura del- l’a22are o gli usi.
«(omissis). L’appellante col primo motivo di doglianza ha lamentato che il primo Giudice, con argomentazione ‘‘quanto meno stravagante’’, avesse disatteso la sua domanda d’adempimento alla divisione del garage, ai sensi dell’articolo 2932 c.c., statuendo che la proposta di S.C. e di M.C. sarebbe stata priva del carattere del- l’irrevocabilita`, atteso che questa non esprimeva una volonta` vincolante ed era pri- va di tutte le clausole essenziali, e che, inoltre, doveva ritenersi caducata, ai sensi dell’art. 2932/2 c.c., per effetto del lungo tempo trascorso e per il successivo com- portamento delle parti, com’evidenziato dalle lettere, redatte dai tre comproprie- tari alcuni anni dopo tale proposta, dalle quali emerge che i tre comproprietari non avevano inteso dare seguito alle trattative.
In proposito deduceva che, al contrario, la proposta era stata il frutto di un ela- borato progetto tecnico e di numerose trattative fra le parti e che era completa e definitiva, includendo anche la minaccia di ricorrere all’autorita` giudiziaria, ove non accettata.
La proposta, inoltre, non poteva essere ritenuta caducata, essendo la sua attua- zione subordinata alla definizione del giudizio cautelare, intrapreso dai tre compro- prietari contro il locatario del garage, ed essendo vincolata alla scadenza del con- tratto di locazione del garage con sua riconsegna da parte del conduttore.
Xxxxxxxxxx che la proposta aveva la qualita` intrinseca dell’irrevocabilita` sino alla scadenza del termine e, quindi, la stessa era efficace sino al suo maturarsi, rile- vando che la scadenza del termine d’irrevocabilita` non incide sull’efficacia della proposta, che puo` essere accettata anche tardivamente.
Evidenziava che solo dopo la sua accettazione della proposta di divisione, fatta dagli appellati, costoro avevano comunicato di ritenere piu` vantaggiosa la stipula di un nuovo contratto di locazione e che, pertanto, l’accettazione della proposta, co- municata per iscritto, aveva determinato il perfezionamento del contratto.
Il primo motivo di lamentela e` infondato e va, di conseguenza, disatteso.
La domanda di divisione tende sia all’effetto strumentale della cessazione dello stato giuridico della comunione sia all’effetto finale dell’attribuzione della rispettiva porzione alle parti aventi diritto.
Nella specie la conclusione del contratto va determinata, ai sensi dell’art. 1326 c.c., il quale ha sancito che la valutazione dell’interesse ad indicare il momento in cui uscire dall’incertezza circa la conclusione del contratto spetta, in primo luogo, allo stesso proponente, al quale ha attribuito il potere di fissare il termine, alla cui scadenza costui non ha piu` interesse alla conclusione di quel contratto.
Tale norma ha stabilito che, in mancanza di tale indicazione, deve farsi ricorso ai
fissati criteri oggettivi, che non tengono conto dei comportamenti delle parti, ed, all’uopo, ha statuito che l’accettazione deve giungere al proponente nel termine ordinariamente necessario secondo la natura degli affari o secondo gli usi.
La dizione della norma, pertanto, rende non applicabile per l’accettazione della proposta, il termine di prescrizione di dieci anni, di cui all’art. 2946 c.c.
Il Collegio, quindi, non avendo i proponenti fissato un termine per la risposta, deve stabilire se vi sia stato ritardo o meno nell’accettazione della proposta di di- visione in esame, e deve stabilire in particolare, a norma dell’art. 1326 c.c., sulla ba- se della reale e concreta situazione di fatto secondo la natura dell’affare o gli usi, l’eventuale sussistenza di tale ritardo obiettivo indipendentemente dalle dichia- razioni e dai comportamenti delle parti (vedi Cass. civ., sez. II, 18.3.1986, n. 1844). La prodotta documentazione dimostra che, con lettera raccomandata in data 12 dicembre 1994, l’architetto F.D., incaricato d’effettuare la divisione del garage fra i tre comproprietari, ha comunicato alla V.T. l’intendimento e la disponibilita` di S.C. e di M.C., che hanno apposto la loro sottoscrizione ‘‘per autorizzazione e condivisio- ne’’, a addivenire alla divisione del locale secondo lo schema di massima, a suo tempo approntato, e secondo le modalita`, indicate nella citata lettera, che ha mera
natura tecnica di schema preliminare di divisione dell’immobile.
La V.T., comunque, non ha prestato la sua adesione immediatamente e, pertan- to, non sono sorti i due atti prenegoziali, proposta ed accettazione, che, fondendo- si, danno vita al contratto.
L’oblata solo con la lettera raccomandata in data 8 giugno 1999 e, quindi, dopo quattro anni e mezzo dalla ricezione della proposta ha manifestato l’accettazione. La proposta, che, peraltro, non e` stata formulata in maniera irrevocabile espli- citamente e neppure implicitamente, soddisfa, in vero, la sua natura giuridica di di- chiarazione recettizia, essendo stata portata a conoscenza dell’altra parte, ma, co- me esattamente rilevato dal primo Xxxxxxx, non e` caratterizzata dalla completezza del suo contenuto dispositivo, non prefigurando quello contrattuale, che avrebbe potuto essere accettato dall’oblata, poiche´ non riveste la necessaria forma propria del contratto di scioglimento della comunione, mancando delle clausole essenziali del contratto da concludere, rinviando in particolare ad un successivo momento il modo della divisione, la determinazione del valore del garage ed il calcolo dei con-
guagli.
L’appellante, che non ha manifestato il suo consenso con forma scritta per quat- tro anni e mezzo, ha, inoltre, dimostrato di non volere aderire alla proposta anche col silenzio, che ha mantenuto per detto lungo periodo.
Il silenzio, accompagnato ad altre circostanze, quale la prodotta documentazio- ne, successiva alla citata lettera del tecnico incaricato, con la quale le parti di comu- ne accordo hanno dato la disdetta del contratto di locazione al conduttore con la lettera in data 15 gennaio 1999, obiettivamente dimostra che l’appellante non ave- va interesse allo scioglimento della comunione, di cui, peraltro, tutte le parti si sono sostanzialmente disinteressate, avendo dimostrato di volere gestire unitariamente il bene in comunione.
In conclusione non ha rilievo l’accettazione tardiva, formulata dall’oblata, rite- nuta esattamente irrilevante dai proponenti, che non l’hanno accettata con sua con- seguente inefficacia.
L’appellante col secondo motivo di doglianza ha lamentato che il primo Xxxxxxx avesse rigettato la sua domanda di divisione giudiziaria, deducendo la mancanza di prova del diritto di proprieta` del garage, quale diritto reale, pieno ed assoluto, che puo` sussistere anche in capo a piu` titolari, non avendo provato l’avvenuto acquisto e la perdurante titolarita` con apposita certificazione, rilasciata dal competente Uf-
xxxxx del Registro Immobiliare, e non avendo dimostrato la proprieta` del bene attra- verso una regolare serie di passaggi per il tempo necessario per l’usucapione, rile- vando che l’insufficienza della mera produzione documentale amministrativa, che nella specie si sostanzia nella produzione della nota di trascrizione nei registri im- mobiliari, nella nota dell’Ufficio del Registro Immobiliare, nella denuncia di succes- sione del presunto dominus e nei dati ricavati dai registri catastali.
L’appellante ha depositato in atti una certificazione notarile, attestante la pro- prieta` del garage, ed idonea, quindi, all’accoglimento, se non altro, della domanda subordinata con revoca dell’impugnata sentenza.
Il secondo motivo di lamentela e` infondato e va, di conseguenza, disatteso. L’appellante, come rilevato dal primo Giudice, era tenuto a dimostrare la pro-
prieta` del garage, di cui ha assunto la comproprieta` ed, all’uopo doveva fornire la prova (anche risalendo i propri danti causa) dell’acquisto a titolo originario della res, oggetto della controversia, non potendo, all’uopo, ritenersi sufficiente la mera produzione della citata documentazione amministrativa ovvero l’assenza di conte- stazioni sul tema da parte degli altri comproprietari, sui quali, inoltre, non poteva ritenersi gravante alcun onere d’allegazione o dimostrazione della legittimita` del possesso dagli stessi esercitato (vedi Cass. civ., sez. II, 21.11.1997, n. 11605).
La documentazione notarile, depositata in questa fase d’appello, secondo la re- cente giurisprudenza, che ha cambiato quella precedentemente applicata, non puo` essere considerata, atteso che la stessa non e` stata indicata nell’atto di citazione di primo grado e non e` stata depositata contestualmente allo stesso con conseguente decadenza per l’appellante del diritto alla produzione della citata documentazione in questa fase di gravame.
Peraltro, tale documentazione, consistente nel certificato notarile, attestante le risultanze delle trascrizioni risultanti dalle visure dei registri immobiliari di Roma ol- tre il ventennio, e la relazione ipotecaria, e` stata formata dal dottor L.B., notaio in Roma, in data 10 settembre 2002 e, pertanto, alla luce della citata giurisprudenza, la sua produzione in appello non trova giustificazione nel tempo della sua formazio- ne, essendo successiva alla pubblicazione della gravata sentenza, ne´ nell’evolversi dei fatti successivamente alla citazione, essendo tale situazione cristallizzata nel tempo (vedi Cass. civ., 20.4.2005, n. 8202).
Il mancato accoglimento dei due motivi di doglianza comporta rigetto dell’ap- pello.
L’appellante, stante la sua soccombenza, va condannata al rimborso delle spese processuali, liquidate per questo grado in complessivi Euro 3.000,00, di cui Euro 2.250,00 per onorario d’avvocato ed Euro 250,00 per spese vive oltre I.V.A.,
C.P.A. ed il 12,50% per le spese generali» (A. Roma, 11.10 2005, Platinum, 2/2007).
3.s. Silenzio e dishiarazione tasita.
Secondo la giurisprudenza, il silenzio, di per se´, non signi2ica con- senso. Assume rilievo solamente quando sussista l’onere di parlare, ed e` ammesso come mancata opposizione all’altrui comportamento di inadempienza.
« Affinche´ il silenzio possa assumere il valore negoziale di consenso, occorre o che il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti,
impongano l’onere o il dovere di parlare, o che, secondo un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualita` delle parti e alle loro relazioni di affari, il tacere di una possa intendersi come adesione alla volonta` dell’altra»
(Cass. civ., 20.2.2004, n. 3403, Gius, 2004, 2665).
4.a. Glausole vessatorie.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la clausola del « prezzo mi- nimo di rivendita» o di « prezzo imposto», inserito in un contratto di compravendita di beni mobili, deve quali2icarsi come clausola vessato- ria, poiche´ comprime la liberta` contrattuale dell’acquirente-aderente, limitandone la autonomia relativamente alla scelta del prezzo di riven- dita del bene acquistato.
«La clausola del prezzo minimo di rivendita o del ‘‘ricarico minimo’’ o del ‘‘prez- zo imposto’’, inserita in un contratto di compravendita di beni mobili, a tutela delle esigenze di organizzazione del mercato e di tutela del marchio facenti capo al fab- bricante – venditore, rientra tra le clausole riduttive della liberta` contrattuale della parte acquirente, in quanto ne condiziona e limita l’attivita` negoziale nelle succes- sive vendite a terzi della merce oggetto del contratto»
(Cass. civ., 23.5.1994, n. 5024, GC, 1995, I, 786).
La Cassazione ha a22ermato che non vale a sottrarre la clausola di tacita proroga o rinnovo del contratto alla speci2ica approvazione per iscritto la circostanza che essa non e` stata posta a carico del solo ade- rente, poiche´ anche in questo caso puo` dirsi che il predisponente ha avuto la possibilita` di ponderare preventivamente tale patto a di22eren- za dell’aderente.
«(omissis). Con il primo mezzo di ricorso – denunziandosi violazione o falsa ap- plicazione degli artt. 1341, 1342, 1671 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – si sostiene sol- tanto che la clausola n. 2 del contratto, anche a volerne ammettere in ipotesi il carattere oneroso, era stata validamente richiamata e sottoscritta dal committente. Il motivo e` inammissibile in quanto, al di la` della mera indicazione delle norme assertivamente violate, non contiene alcun accenno al vizio di legittimita` che si in- tende denunziare ma solo la prospettazione di una tesi in fatto in contrasto con la precisa affermazione della sentenza impugnata circa la mancanza di specifica ap-
provazione scritta della clausola.
Con il secondo mezzo si contesta che la clausola suddetta abbisognasse di spe- cifica approvazione per iscritto, e cio` perche´, stante la reciprocita` o bilateralita` del patto di tacita proroga del contratto, tale patto non poteva considerarsi sancito unicamente ‘‘a carico’’ del contraente per adesione, secondo quanto previsto dal 2° comma dell’art. 1341 c.c., ma valeva anche per il contraente che lo aveva predi- sposto, ne´ poteva dirsi aprioristicamente a chi esso giovasse, se al creditore fruitore del servizio oppure al creditore del prezzo pattuito.
Se ne deduce che la disdetta del 29 novembre 1984, in quanto fatta meno di tre mesi prima della scadenza triennale, non aveva fatto cessare gli effetti del contratto al 31 dicembre 1984, bensı` al 31 dicembre 1987.
La censura e` priva di fondamento.
Vero e` che questo Supremo Xxxxxxxx, con alcune sentenze alquanto remote ci- tate nel ricorso (n. 2504 del 1950, n. 3192 del 1960, n. 154 del 1961) ebbe a rico- noscere efficacia giuridica a clausole di tacita proroga o rinnovazione di contratti per adesione nonostante la mancanza di specifica approvazione scritta della parte aderente, e cio` argomentando, appunto, dalla loro reciprocita` o bilateralita`, com- portante la protrazione della durata del contratto, per il previsto periodo di proro- ga, nei confronti non soltanto del contraente per adesione ma anche del contraen- te che lo ha predisposto, nonche´ dal fatto di essere in grado il primo di impedire il verificarsi della proroga o della rinnovazione con la semplice manifestazione di vo- lonta`, mediante l’intimazione di tempestiva disdetta, con la conseguente supposta impossibilita` di considerare sancite simili clausole, secondo la previsione dell’art. 1341 c.c., 2° co., unicamente ‘‘a carico’’ del contraente per adesione.
E` altrettanto vero, pero`, che tale orientamento giurisprudenziale e` stato capo-
volto dalla sentenza 8 ottobre 1968, n. 3161 la quale ha enunciato l’opposto prin- cipio che ‘‘le clausole di tacita proroga o di rinnovazione del contratto, se predispo- ste dal contraente piu` forte in un contratto per adesione, rientrano tra quelle san- cite a carico del contraente aderente e sono, pertanto, prive di efficacia, a norma dell’art. 1341 c.c., 2° co., qualora non siano dal contraente aderente specificamente approvate per iscritto’’.
Duest’ultimo indirizzo si ritiene qui di dover senz’altro condividere perche´ ba- sato su argomentazioni logiche e giuridiche del tutto convincenti che possono es- sere cosı` sintetizzate:
- La clausola di tacita proroga del contratto per adesione non puo` non avere il carattere reciproco o bilaterale, giacche´, ovviamente, la protrazione della durata del rapporto non puo` verificarsi che nei confronti di tutti i soggetti di esso;
- Una clausola siffatta, ancorche´ bilaterale e reciproca, viene inserita nel contrat- to per adesione dal contraente che lo predispone se ed in quanto egli, dopo aver- ne preventivamente valutato la portata, la trovi vantaggiosa per i propri interessi, mentre, viceversa, una preventiva valutazione, circa l’eventuale svantaggio che pos- sa derivargliene, puo` sfuggire al contraente per adesione il quale, infatti, dato il particolare sistema formativo di detto contratto, viene di regola posto in presenza di uno schema negoziale gia` minutamente predisposto dalla controparte in ovvia precipua funzione della salvaguardia dei propri interessi;
- Nello stesso 2° co. dell’art. 1341 c.c. il legislatore prescrive la specifica appro- vazione dell’aderente, affinche´ possano essere per lui vincolanti, anche per altre clausole reciproche (oltre quella in oggetto), quali sono le ‘‘clausole compromisso- rie’’ o quelle che importano ‘‘deroghe alla competenza dell’autorita` giudiziaria’’;
- L’argomento tratto, a favore della contraria opinione, dalla possibilita` per il contraente piu` debole di rendere, ove creda, inoperante la clausola mediante l’in- timazione di tempestiva disdetta e` basato su un criterio opposto a quello che ha consigliato il legislatore a dettare l’art. 1341 c.c., cpv., ossia sul criterio che il con- traente aderente, pur in mancanza di specifica approvazione scritta, si trovi o sia messo in grado di acquistare consapevolezza della clausola e di valutarla, la` dove, invece, l’anzidetta specifica approvazione e` dalla legge richiesta proprio in funzione delle indicate finalita`, le quali, pertanto, non possono altrimenti ritenersi raggiunte.
Prima di concludere il discorso sul motivo in esame e` opportuno rilevare che le piu` recenti sentenze citate dalla societa` ricorrente a sostegno di esso, come la
n. 4540 del 1986, non riguardano la clausola di tacita proroga o rinnovazione del contratto bensı` quella, nulla avente a che fare con essa, che prevede la facolta` di recesso unilaterale a favore di entrambi i contraenti.
Con il terzo mezzo – denunziandosi violazione o falsa applicazione dell’art. 1671
c.c. anche in relazione agli artt. 1372 e 1373 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – si cen- sura la sentenza impugnata la` dove essa ha ritenuto che, a causa della asserita man- canza di specifica approvazione della clausola, il contratto, giunto alla sua naturale scadenza il 31 dicembre 1981, fosse successivamente divenuto a tempo indetermi- nato, con conseguente non necessita` di un particolare preavviso se non imposto dal principio di buona fede sancito dall’art. 1375 c.c.
In cio`, a giudizio della ricorrente, si annida un errore clamoroso consistente nel non aver tenuto conto che si trattava di un contratto di appalto di servizi per il quale il recesso del committente e` ammesso, ma alle condizioni dettate dall’art. 1671 c.c., xxxx` ‘‘purche´ tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno’’, con la conseguenza che il Condominio, non avendo es- so rispettato il previsto termine di preavviso e non avendo la O. accettato il suo an- ticipato e unilaterale recesso, era tenuto al pagamento dell’indennizzo convenzio- nalmente fissato, all’art. 8, lett. F del contratto, nel 75% del corrispettivo di canoni che avrebbe dovuto corrispondere fino al 31 dicembre 1987.
Ne´ in cio` poteva ravvisarsi un’ingiusta locupletazione, tenuto conto che la misu- ra del canone era stata determinata sull’affidamento nella durata del rapporto per un certo periodo e sarebbe stata di gran lunga piu` ragguardevole se il periodo fos- se stato piu` breve e tenuto conto, altresı`, del fatto che i costi generali programmati in relazione alle necessita` correlate al numero dei rapporti di assistenza restano so- stanzialmente inalterati nel caso del venir meno di qualcuno di essi.
Neppure questa censura merita accoglimento.
Al riguardo basta osservare che la ricorrente, al fine di ottenere l’indennizzo a norma dell’art. 1671 c.c., correlato all’art. 8, lett. F del contratto, per quello che ri- tiene essere stato (in base all’impostazione giuridica data alla concreta fattispecie dal Tribunale) un unilaterale recesso dal contratto di appalto di servizi da parte del committente Condominio A., avrebbe dovuto propone apposita domanda.
Orbexx, xxa siffatta domanda non risulta essere stata mai proposta, risultando, invece, che la O. ha sempre e soltanto richiesto la conferma dei decreti ingiuntivi opposti ossia il pagamento dei canoni come tali per il periodo triennale di tacita proroga del contratto non tempestivamente disdettato dalla controparte.
Ne consegue che, a prescindere da ogni altro rilievo, la questione prospettata col motivo in discorso deve considerarsi del tutto nuova ed estranea al thema de- gidendum trattato in sede di merito e che, quindi, nessun vizio di violazione di leg- ge puo` addebitarsi al giudice d’appello in relazione ad una problematica non sot- toposta minimamente al suo esame.
Alla stregua delle osservazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo»
(Cass. civ., 27.2.1998, n. 2152, FI, 1998, I, 1051).
5. Xxxxx del sontratto.
La causa costituisce la sintesi degli interessi che il contratto stesso e` diretto a realizzare, rilevabile, secondo la giurisprudenza, al di la` del modello astratto utilizzato.
«La causa quale elemento essenziale del contratto non deve essere intesa come mera ed astratta funzione economico-sociale del negozio bensı` come sintesi degli
interessi reali che il contratto e` diretto a realizzare, e cioe` come funzione individua- le del singolo, specifico contratto, a prescindere dal singolo stereotipo contrattuale astratto, fermo restando che detta sintesi deve riguardare la dinamica contrattuale e non la mera volonta` delle parti»
(Cass. civ., 8.5.2006, n. 10490, CorG, 2006, 12, 1718).
5.a. Xxxxx illesita.
La nullita` del contratto puo` conseguire, oltre che all’illiceita` della causa, anche a violazioni che riguardano elementi intrinseci del con- tratto, ma non consegue all’illegittimita` della condotta tenuta nel cor- so delle trattative per la 2ormazione del contratto, o nella sua esecu- zione.
«La nullita` del contratto per contrarieta` a norme imperative, postula che la vio- lazione attenga ad elementi intrinseci alla fattispecie negoziale, cioe` relativi alla struttura o al contenuto del contratto. Di conseguenza, l’illegittimita` della condotta tenuta nel corso delle trattative per la formazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullita` del contratto, indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista»
(Trib. Roma, 3.1.2008, Platinum, 3/2008).
6. Oggetto del sontratto.
La Cassazione a22erma condivisibilmente che il requisito della de- terminatezza o della determinabilita` dell’oggetto dell’obbligazione co- stituisce la 2ondamentale esigenza di concretezza dell’atto.
«Il requisito della determinatezza o della determinabilita` dell’oggetto dell’ob- bligazione esprime la fondamentale esigenza di concretezza dell’atto contrattuale, avendo le parti la necessita` di sapere l’impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che puo` essere pregiudicato dalla possibilita` che la mi- sura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti. (In applicazione dell’e- nunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata ritenendo che la corte territoriale non avrebbe potuto riconoscere la validita` e la concreta applicabilita` della clausola del contratto di utenza che consentiva al consorzio di modificare uni- lateralmente, nel corso del rapporto, i canoni dovuti in presenza di variazioni dei costi e del bilancio economico dell’attivita`, senza verificare se tale pattuizione fosse integrata da eventuali altre clausole relative ai criteri di determinazione della misura dei canoni)»
(Cass. civ., 29.2.2008, n. 5513, MGI, 2008).
La cassazione include tra le speci2icazioni necessarie dell’oggetto del contratto di costituzione di societa` anche la speci2icazione della ve- ste giuridica che si intende 2ar assumere alla stessa.
«Il contratto preliminare di societa`, che non identifichi il tipo di societa` da co- stituire, e` nullo per indeterminatezza dell’oggetto, a nulla valendo che sia stato specificato trattarsi di societa` a base personale; a tale insufficiente specificazione, infatti, non potrebbe comunque sopperire il giudice ex art. 2932 c.c., potendo tale pronuncia tenere luogo del contratto, ma non sostituirsi alle parti nella definizione del contenuto negoziale incompleto»
(Cass. civ., 18.6.2008, n. 16597, MGI, 2008).
L’oggetto materialmente impossibile – quando cioe` le parti non riu- scirebbero ad assolvere l’impegno derivante dall’accordo – determina la nullita` genetica del contratto, rendendo irrilevante l’inadempimento ed escludendo il diritto al risarcimento del danno.
«(omissis). All’esito dell’istruttoria svolta e` emerso che in data 14.6.2000 M.B. e la s.r.l. V. hanno concluso un contratto in forza del quale quest’ultima si obbligava a vendere e posare all’attore un camino ‘‘GOR’’ completo di ‘‘tubo telescopico’’ e ‘‘comando a distanza’’ al prezzo di Lire 10.500.000.
Nessun dubbio sussiste sul fatto che tra le parti il contratto di fornitura e posa si era del tutto perfezionato: infatti la ‘‘commissione’’ redatta su carta intestata della
V. s.r.l. contenente le clausole e le previsioni contrattuali, che ha valore di ‘‘propo- sta’’, e` stata sottoscritta (doc. 1 di parte attrice e di parte convenuta) dall’attore, il quale ha apposto la firma nell’apposito spazio previsto per ‘‘l’accettazione’’, deter- minando in tal modo l’incontro tra le due volonta` negoziali.
Del tutto infondata e`, inoltre, l’eccezione di parte convenuta secondo la quale il contratto non si e` concluso perche´ la commissione e` stata redatta dal sig. A.V. che non ha poteri rappresentativi della societa` convenuta.
Infatti il sig. A.V. non e` solo il marito della legale rappresentante della V.N. s.r.l. (oltre che padre dell’amministratrice L.V.), xx e` anche agente di tale societa` (la cir- costanza e` stata dichiarata dallo stesso A.V. in sede di testimonianza): pertanto, in qualita` di agente, il signor A.V. aveva il potere di proporre offerte contrattuali in nome e per conto della V.N. s.r.l.
Peraltro l’amministratrice della societa` convenuta L.V. ha dichiarato, nel corso della testimonianza resa, che fu da loro redatta una ‘‘proposta d’ordine’’, vale a dire quella sottoscritta per accettazione dall’attore, confermando cosı` che l’operato del- l’agente A.V. era del tutto condiviso dalla V.N. s.r.l.
In conclusione, dunque, certamente tra le parti e` stato concluso un contratto definitivo.
Cio` chiarito, va osservato come l’attore agisca chiedendo l’adempimento del contratto, vale a dire la fornitura e la posa in opera del camino marca WarmArt mod. GOR, xx il risarcimento del danno subito a causa dell’inadempimento con- trattuale asseritamente posto in essere dalla convenuta, che non ha fornito e posa- to tale camino.
La societa` convenuta ha eccepito in merito, seppure in via subordinata, la nullita` del contratto perche´ l’installazione del camino sarebbe pericolosa per la salute e per la pubblica incolumita`.
In considerazione di quanto prospettato dalle parti e` stata disposta una C.T.U. diretta ad accertare se l’installazione del camino richiesta dall’attore potesse essere pericolosa per la salute dell’attore e della sua famiglia.
All’esito degli accertamenti svolti, il C.T.U. ha risposto al quesito affermando che ‘‘il caminetto marca WarmArt mod. GOR previsto in installazione nel fabbricato
dell’attore non e` sicuro nel corretto funzionamento e quindi pericoloso per la salute e per l’incolumita` delle persone’’.
La relazione del consulente appare accurata e ben argomentata sulla base di esami obiettivi; inoltre le sue valutazioni appaiono esenti da vizi logici, tecnicamen- te esatte nonche´ correttamente e adeguatamente motivate.
Non possono in alcun modo essere condivise le valutazioni del C.T.P. di parte attrice secondo cui ‘‘soltanto con l’installazione del caminetto vi sia l’assoluta cer- tezza del buon funzionamento o l’accertamento della pericolosita` ’’: e` evidente, in- fatti, che non e` possibile mettere in pericolo la salute dell’attore e di tutta la sua famiglia al fine di verificare in concreto la pericolosita` del camino.
Pertanto la C.T.U. e` del tutto convincente, non puo` essere disattesa e deve es- sere fatta propria dal giudicante.
All’esito delle conclusioni peritali e` emersa, quindi, l’ineseguibilita` dell’adempi- mento del contratto concluso tra le parti perche´ il suo oggetto (fornitura e posa in opera del camino marca WarmArt mod. GOR) non e` ‘‘possibile’’, determinando es- so la messa in pericolo della salute (e addirittura della vita stessa) dell’attore e dei suoi famigliari, bene da tutelare dall’ordinamento giuridico e dalla Costituzione in via primaria.
L’impossibilita` dell’oggetto che, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., rende nullo il contratto, ricorre qualora la prestazione non possa essere obiettivamente esegui- ta per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico, che ostacolano in modo assoluto il risultato a cui essa e` diretta, rimanendo, invece, inin- fluenti a tal fine le difficolta` piu` o meno gravi che ostacolino in maniera non irrime- diabile il risultato a cui la prestazione e` diretta.
Nel caso di specie e` pacifico che la prestazione pattuita tra le parti (regtius: og- getto del contratto) sin dal momento della conclusione dell’accordo contrattuale era ‘‘impossibile’’ perche´ quel tipo di camino non poteva essere installato nell’abi- tazione dell’attore, pena la messa in pericolo la salute delle persone che vi abita- vano.
Pertanto il contratto concluso tra le parti deve necessariamente dichiararsi nullo ai sensi del combinato disposto degli artt. 1418 e 1346 c.c., essendo il suo oggetto ‘‘impossibile’’ in via originaria e non sopravvenuta.
Va osservato, in via del tutto ultronea, come la nullita` del contratto possa essere rilevata d’ufficio dal Giudice (art. 1421 c.c.), ma nel caso di specie e` stata eccepita, seppure solo in via subordinata, dalla convenuta sin dalla comparsa di costituzione e risposta.
In conseguenza della dichiarata nullita` del contratto, nessun effetto negoziale si e` prodotto tra le parti in causa e, dunque, non puo` neppure essere accolta la do- manda risarcitoria svolta dall’attore perche´ fondata esclusivamente sull’inadempi- mento contrattuale della convenuta (artt. 1218 e seguenti c.c.): poiche´ nessuna pre- stazione e` sorta in capo alla s.r.l. V. (stante la nullita` del contratto), nessun inadem- pimento e` addebitabile a quest’ultima.
Probabilmente l’attore avrebbe potuto invocare l’art. 1338 c.c., secondo il qua- le la parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di inva- lidita` del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte e` tenuta a risarcire il dan- no da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validita` del con- tratto.
Infatti, la responsabilita` prevista dalla norma di cui all’art. 1338 c.c., pur avendo natura ‘‘extracontrattuale’’, a differenza della fattispecie prevista dall’art. 1337 stes- so codice, non tutela l’affidamento di una delle parti sulla conclusione del contrat- to, ma l’affidamento della parte sulla validita` del contratto, per cui il danno risarci-
bile non e` in relazione alla mancata conclusione del contratto, ma quello ricondu- cibile al fatto di avere confidato nella validita` dell’accordo negoziale.
Peraltro, tale domanda – del tutto diversa da quella risarcitoria, fondata sull’ina- dempimento contrattuale – non e` stata proposta dall’attore e dunque e` inutile va- lutarne l’ammissibilita` e la eventuale fondatezza.
In conclusione, pertanto, devono rigettarsi tutte le domande svolte dall’attore.
Le spese della C.T.U., nella misura gia` liquidata, devono porsi definitivamente a carico dell’attore perche´ soccombente.
Anche le spese della lite, che si liquidano come in dispositivo, debbono fare ca- rico all’attore soccombente: peraltro poiche´ la societa` convenuta ha sottoscritto il contratto senza accertarsi adeguatamente in via preventiva della possibilita` di in- stallare il camino e considerato che le eccezioni principali svolte dalla s.r.l. V. sono state rigettate, si ritiene di compensare per la meta` tali spese»
(Trib. Ferrara, 13.2.2006, Platinum, 2/2007).
Il requisito della determinatezza o della determinabilita` dell’ogget- to, nell’ipotesi di un preliminare di vendita immobiliare, non puo` esse- re 2ornita in base a documenti estrinseci al contratto, ma puo` essere da- ta dal ri2erimento alla planimetria allegata e colorata descrittiva del- l’immobile oggetto del tras2erimento.
«(omissis). Gli appellati non costituiti, come in epigrafe, benche´ ritualmente ci- tati, sono contumaci. Infondata, poi, e` l’eccezione in limine di nullita` del gravame giacche´, ad onta della prospettata violazione dell’obbligo di specificita` dei motivi, questi risultano chiaramente enunciati in modo da circoscrivere i punti del riesame. Infatti, col primo motivo, gli appellanti deducono che nonostante la colorazione in rosa i cespiti in questione non trovano riscontro descrittivo nel titolo di assegnazio- ne; col secondo motivo, si lamenta l’aver il giudice demandato al CTU il giudizio sull’appartenenza dei locali attribuendo valore decisivo alla colorazione anziche´ alla descrizione nel titolo; col terzo mezzo, si lamenta il contrasto con il giudicato del 1986 che ha fatto riferimento al titolo e non alla planimetria; col quarto mezzo, si deduce che il giudice ha riconosciuto spettanti agli attori i cespiti in questione pre- scindendo dal titolo ove non sono menzionati sicche´ non avendone costoro prova- ta l’appartenenza la revindica andava respinta; da quanto sopra, gli appellanti, col quinto mezzo, fanno conseguire la nullita` della pronuncia del giudice in ordine al- l’inefficacia della cessione dei locali benche´ senza domanda ad hoc; col sesto mez- zo, si contesta la errata interpretazione dei titoli, non avendo i convenuti affermato di essere proprietari ma semplicemente contestato la proposta revindica dei locali; col settimo, mezzo si censura il governo delle spese. A loro volta, merce´ l’appello incidentale condizionato, gli appellati ripropongono la domanda subordinata svolta in prime cure relativa al riconoscimento della comunione dei locali.
I motivi dell’appello principale vanno congiuntamente esaminati per stretta connessione logica. Risulta dagli atti che in conformita` della scrittura divisionale ad- dı` 11.5.1975, per la successione di A.O., resa esecutiva con la mentovata sentenza irrevocabile del Tribunale di Santa Xxxxx Xxxxx Vetere, in data 13.11.1986, la V quota, colorata in planimetria in giallo, rimase assegnata a S.M. in G. che l’alieno` poi in parte ai V.-G., attuali appellanti, mentre la VI quota, colorata in planimetria in rosa, rimase assegnata agli S.A. e A., attuali appellati. Sul terrazzo, rimasto in co- mune ad ambo le quote, insistono due caserini affiancati (v. foto 7-8 CTU del set- tembre 1999). Il tecnico di ufficio, e conseguentemente il giudice di primo grado,
hanno attribuito agli attori S.A. e A. i xxx caserini sul rilievo che nella relativa pla- nimetria del titolo di assegnazione questi sono ricompresi nella colorazione in rosa. Orbene, come leggesi testualmente nella mentovata sentenza del 1986, il Tribuna- le attribuı` i cespiti dell’asse divisionale secondo le quote ‘‘formate, individuate e descritte dalla scrittura 11.5.1975’’ e secondo i tipi di frazionamento predisposti dal CTU e ai quali il Tribunale attribuiva efficacia di completamento della divisione gia` perfetta inter partes. Nella scrittura e nella descrizione delle rispettive quote da assegnarsi ai condividenti, non vennero menzionati, nella quota VI, i caserini, non- dimeno tale quota venne individuata con la colorazione planimetrica in rosa che in- clude chiaramente i due locali. Pertanto, l’espressione ‘‘formate, individuate e de- scritte’’ usata dal giudice e` di portata non gia` congiuntiva e restrittiva dell’oggetto, quanto agli elementi necessari a identificarlo, bensı` esemplificativa e accrescitiva del medesimo nel senso che per individuarlo e` sufficiente la descrizione comunque fattane nel contratto e poiche´, in quest’ultimo, il cespite veniva individuato median- te descrizione cromatica cio` costituisce a tutti gli effetti una individuazione della co- sa e che prevale sulla descrizione analitica in quanto modo complementare ed ef- ficace di individuazione. Ben vero, a sensi dell’art. 1348 c.c., l’oggetto del contratto deve essere ‘‘determinato’’ o ‘‘determinabile’’ per cui, allorche´ in un contratto di alienazione di immobile a titolo oneroso le parti abbiano comunque fatto riferimen- to alla planimetria allegata e colorata descrittiva dell’immobile oggetto del trasfe- rimento, questa si intende sopperire ad ogni effetto alla descrizione eventualmente mancante. Tale conclusione e` avvalorata dalla circostanza che i detti caserini non furono cromaticamente inclusi dai contraenti in alcun’altra quota e, relativamente ai medesimi, mancherebbe, comunque, una descrizione per poterli ritenere con-
trattualmente quali cespiti lasciati in comune ad essi condividenti tutti o quanto me- no ai soli quotisti contitolari del terrazzo. E` presumibile, piuttosto, che, attesa la evi-
dente natura accessoria di tali cespiti, essi siano stati inclusi nella quota degli attori comprendente la cosa principale e cio` senza necessita` di apposita descrizione. Puo` xxmbrare strano, come ha fatto rilevare il difensore degli appellanti, che secondo il modo di argomentare del Tribunale, nella sentenza del 1986, andrebbe ritenuta di proprieta` esclusiva degli appellati anche la porzione di terrazzo che seppur colorata in rosa e` riconosciuta pacificamente di proprieta` comune.
Il rilievo e` pertinente ma trova la spiegazione nelle lacune e incongruenze in materia contrattuale e che danno origine alle piu` disparate controversie sicche´ sa- rebbe stato onere della parte interessata, proprio per dirimere eventuali incertezze gia` in sede di divisione amichevole, in dipendenza di quote formate con criterio non esaustivo, evidenziare l’incongruenza laddove, una volta che la quota e` stata chiaramente individuata in base alla descrizione cromatica accettata dai contraenti e, altresı`, l’individuazione sia coperta da giudicato, manca assolutamente la possi- bilita` di rimettere tutto in discussione.
Non possono, pertanto, condividersi le censure degli appellanti che addebitano al Tribunale di aver investito il CTU della responsabilita` della formazione concreta del- la quota di cui e` causa, tanto piu` che, come si e` detto dianzi, la circostanza dell’omes- sa descrizione dei caserini nel titolo potrebbe rispondere anche all’esigenza dello stesso destino dell’unita` principale di cui alla quota divisionale di spettanza. Ne´ vale osservare che i convenuti non abbiano reclamato per se´ i caserini ma semplicemente contrastato la pretesa revindicatoria degli attori giacche´ la semplice contestazione della relativa titolarita` giustifica l’azione proposta. Duanto alla pronuncia di ineffica- cia dei contratti di trasferimento di cui gli appellanti lamentano la mancanza di do- manda ad hoc, non si tratta evidentemente di vizio di ultrapetizione in quanto il primo giudice non ha dichiarato in dispositivo l’inefficacia dei medesimi ma si e` limitato in
motivazione a ravvisare l’ipotesi di inefficacia delle disposizioni a titolo particolare po- ste in essere medio tempore a favore degli acquirenti a non domino, il che e` naturale riflesso dell’utile esperimento dell’azione di revindica che, com’e` noto, la legge (art. 948 c.c.) consente di sperimentare in via recuperatoria nei confronti di qualsiasi pos- sessore o detentore attuale (tanto, quindi, che l’acquisto sia avvenuto a domino, quanto che a non domino). Cos`ı integrata la motivazione della sentenza impugnata, questa resiste alle censure di merito e devesi, quindi, respingere l’appello principale, restando assorbita ogni altra questione in proposito e cos`ı pure il gravame incidenta- le formulato, quest’ultimo, condizionatamente all’accoglimento di quello principale, nonche´ la censura principale riguardante il regolamento delle spese giudiziali svolta per la sola ipotesi di riforma. Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti co- stituite le spese e competenze del presente grado del giudizio»
(App. Napoli, 7.2.2006, Platinum, 2/2007).
Se il venditore ha dichiarato che il prezzo e` stato pagato non sussi- ste nullita` per mancanza del requisito essenziale del prezzo, essendo implicito che esso e` stato determinato.
«In tema di contratto di compravendita immobiliare, nel caso in cui il venditore dichiari in sede di stipulazione del negozio che il prezzo e` stato pagato non si con- figura nullita` per mancanza del requisito essenziale del prezzo, giacche´ l’esigenza della determinatezza o determinabilita` di quest’ultimo e` soddisfatta da tale dichia- razione, essendo in essa necessariamente implicito che l’oggetto dell’obbligazione assunta dal compratore e` stato determinato, per accordi intercorsi tra le parti, non potendosi concepire il pagamento di un prezzo che non sia stato in concreto esat- tamente definito. In tale ipotesi, nemmeno qualora – per accordi inter partes – la dichiarazione d’avvenuto pagamento non sia rispondente al vero, puo` escludersi che sia stato comunque pattuito un prezzo, il cui effettivo pagamento attiene al di- verso piano dell’esecuzione del contratto»
(Cass. civ., 30.5.2003, n. 8810, « Contratti in genere», n. 377, MFI, 2003).
7. Forma ssritta.
Il criterio della valutazione del comportamento complessivo delle parti, nei contratti soggetti alla 2orma scritta ab substantiam, non puo` evi- denziare una 2ormazione del consenso al di 2uori dello scritto medesimo.
«(omissis). L’interpretazione del contratto, cosı` nel suo complesso come in cia- scuna sua singola clausola, mirando a determinare una realta` storica ed obiettiva qual e` la comune intenzione delle parti contraenti, e` tipico accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice del merito, che e` censurabile in sede di legit- timita` unicamente per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli artt. 1362 ss. c.c. e per vizi logici di motivazione; per il che, onde far valere una violazione in tal senso, il ricorrente per cassazione non puo` limitarsi a fare astratta- mente richiamo alle dette regole legali d’interpretazione od anche ad indicare i ca- noni in concreto inosservati ma deve, soprattutto, specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi da tali canoni discostato, non essen- do idonea, ai fini dell’ammissibilita` del motivo di ricorso, la mera critica del risultato raggiunto dal giudice medesimo mediante la contrapposizione di una difforme in-
terpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trat- tandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia il cui riesame non e` consentito in sede di legittimita`.
Ne´ ancora, come nella specie, puo` fondatamente imputarsi al giudice del me- rito il mancato ricorso ai criteri d’interpretazione sussidiari quando quelli principali siano stati correttamente ed utilmente applicati.
Le regole legali d’ermeneutica contrattuale sono, infatti, dettate nel libro IV, ti- tolo II, capo IV, c.c. (artt. 1362-1371) secondo un rigoroso ordine di priorita` nell’u- tilizzazione, per il quale i criteri ermeneutici soggettivi, previsti nelle norme cosid- dette strettamente interpretative degli artt. dal 1362 al 1365 c.c., debbono trovare preliminare applicazione rispetto ai criteri ermeneutici oggettivi, previsti nelle nor- me cosiddette interpretative integrative degli artt. dal 1366 al 1371 c.c., e ne esclu- dono la concreta operativita` quando la loro applicazione renda palese la comune volonta` dei contraenti (Cass. 12.4.2000, n. 4671, 11.8.1999, n. 8584, 28.4.1999,
n. 4241, 26.6.1996, n. 5893).
Ad ulteriore specificazione del posto principio generale d’ordinazione gerarchica delle regole ermeneutiche, il legislatore ha, inoltre, attribuito, nell’ambito della stes- sa prima categoria, assorbente rilevanza al criterio indicato nel primo comma dell’art. 1362 c.c. – eventualmente integrato da quello posto dal successivo art. 1363 c.c. per il caso di concorrenza d’una pluralita` di clausole nella determinazione del pattuito – onde, qualora il giudice del merito abbia ritenuto il senso letterale delle espressioni utilizzate dagli stipulanti, eventualmente confrontato con la ratio complessiva d’una pluralita` di clausole, idoneo a rivelare con chiarezza ed univocita` la comune volonta` degli stessi, cosicche´ non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore lette- rale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti – cio` che e` stato fatto nella specie dalla Corte territoriale, con considerazioni logiche ed esaustive, alle pp. 7 ed 8 del- l’impugnata sentenza – detta operazione deve ritenersi utilmente compiuta, anche senza che si sia fatto ricorso al criterio sussidiario del secondo comma dell’art. 1362 c.c., che attribuisce rilevanza ermeneutica al comportamento delle parti successivo al- la stipulazione (Cass. 4.8.2000, n. 10250, 18.7.2000, n. 9438, 19.5.2000, n. 6482,
11.8.1999, n. 8590, 23.11.1998, n. 11878, 23.2.1998 n. 1940, 26.6.1997, n. 5715,
16.6.1997, n. 5389); non senza considerare, altres`ı, come detto comportamento, ove trattisi d’interpretare, come nella specie, contratti soggetti alla forma scritta ad substantiam, non possa, in ogni caso, evidenziare una formazione del consenso al di fuori dell’atto scritto medesimo (Cass. 20.6.2000, n. 7416, 21.6.1999, n. 6214,
20.6.1995, n. 6201, 11.4.1992, n. 4474). (omissis)»
(Cass. civ., 4.6.2002, n. 8080, GC, 2003, I, 1863).
La 2orma scritta ad substantiam e` sempre previsto per ogni contrat- to stipulato dalle pubbliche amministrazioni.
«Il negozio di cessione volontaria, concluso da un’amministrazione comunale nell’ambito di un procedimento espropriativo, si deve ritenere soggetto, al pari di ogni contratto stipulato dalle pubbliche amministrazioni, all’osservanza di tutti gli adempimenti richiesti dall’evidenza pubblica, primo fra tutti il requisito della for- ma scritta ad substantiam, che ne costituisce elemento essenziale avente funzione costitutiva e non dichiarativa, conseguendone che la prova dell’esistenza e del con- tenuto di tale negozio, specie per quanto attiene all’obbligazione di pagare il prez- zo, da parte dell’amministrazione, non puo` essere fornita attraverso la confessione o il riconoscimento di debito»
(Cass. civ., 15.1.2007, n. 621, MGI, 2007).
8. Gontratto preliminare.
Se il contratto de2initivo presenta delle di22ormita` rispetto al preli- minare, si presume, salvo prova contraria, che le parti abbiano voluto modi2icare l’originario programma.
« Ove, in esecuzione di un contratto preliminare, sia stipulato un definitivo che presenti delle difformita` rispetto al primo, si presume che le parti abbiano voluto modificare l’originale programma negoziale. Tale presunzione, ove l’operazione abbia ad oggetto il trasferimento di beni immobili, puo` essere vinta solo mediante prova scritta»
(Cass. civ., 10.1.2007, n. 233, DPS, 2007, 18, 87).
Se viene richiesta l’esecuzione speci2ica di un contratto prelimina- re di vendita, la Cassazione non ritiene che il richiedente sia tenuto ad anticipare il prezzo totale, se il pagamento risulta dovuto all’atto della stipulazione del contratto de2initivo.
«(omissis). Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1470, 1476, 1453, 1454, 1460 e 2932 x.x., xxx. 000 x.x.x., xx xxxxxxxxx xx- l’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.
La Corte di appello ha argomentato che l’inadempimento dedotto del mancato pagamento del saldo del prezzo non rivestisse il carattere della gravita` perche´ an- cor prima e a sua volta inadempiente era il promittente venditore, che non aveva consegnato il bene.
Non risultava ne´ dalla missiva del 22 gennaio 1991 ne´ dalla comparsa di risposta che il B. avesse contestato di essere inadempiente per esserlo il G., era errato che dal preliminare scaturiva l’obbligo della consegna perche´ solo il rogito o la senten- za passata in giudicato ex art. 2932 c.c., determinano il trasferimento, per cui fino a quella data il promittente venditore e` proprietario e possessore.
Il rapporto originato dalla sentenza costitutiva e` del tutto nuovo ed i suoi effetti sono equiparabili a quelli negoziali.
Non era revocabile in dubbio: 1) che l’assunta proposta eccezione di inadempi- mento dovesse ritenersi, per come formulata, inammissibile a mente del disposto dell’art. 1460 c.c., non versandosi in ipotesi di inadempimento di obbligazioni con- trapposte scaturenti dallo stesso rapporto contrattuale ne´ potendosi configurare inadempimento di obbligazioni contrapposte; 2) che, non essendo stata dedotto dal B. alcun inadempimento del G. agli obblighi scaturenti dalla sentenza costituti- va ne´ essendo configurabile a carico del G. un inadempimento all’obbligo di con- segna, gli argomenti addotti erano incongrui, illogici ed erronei.
La censura e` infondata.
La Corte di appello ha proceduto ad un esame comparativo delle reciproche contestate inadempienze, deducendo che ben piu` grave era quella dell’odierno ri- corrente che non aveva consegnato nel termine previsto per la stipula del definitivo il bene e non aveva consentito di percepire i canoni, cosi come si era impegnato a fare, comunicando sin dal mese di febbraio 1980, al conduttore che doveva rimet- tere i canoni al nuovo acquirente.
L’ammontare del residuo prezzo era ben inferiore agli importi dei canoni scaduti. Il promissario, gia` con lettera del 22 febbraio 1991 e con la comparsa di costi-
tuzione in primo grado, aveva contestato di essere inadempiente per esserlo ancor prima ed a sua volta il promittente.
La Corte di appello ha aggiunto che la decisione del Tribunale, secondo cui non v’era traccia nel contratto preliminare di un obbligo del G. di far percepire i canoni al B., non poteva essere condivisa perche´ il primo Giudxxx xxxva completamente trascurato la circostanza che con il preliminare (in cui si dava atto che l’immobile era tenuto in locazione da tale C.V.) i contraenti si erano obbligati a stipulare il de- finitivo di li a quindici giorni (entro il 17 gennaio 1980) per cui a tale data doveva farsi riferimento per stabilire il termine di adempimento dell’obbligo di consegna, quale mezzo per consentire al promissario di far propri i canoni di locazione.
Non c’era dubbio, secondo la Corte di appello, che l’avvenuto pagamento dei due terzi del prezzo al momento della stipula del preliminare e l’impegno del pro- missario a pagare il terzo residuo dopo soli quindici giorni, era una circostanza cor- relata alla possibilita`, da parte del promissario, di incassare immediatamente i xxxx- ni, per effetto dell’automatico subingresso nella posizione occupata dal promitten- te nel contratto di locazione.
Osserva questa Corte suprema che la motivazione della Corte di appello si sot- trae alle censure mosse, non esistendo le dedotte violazioni di legge e non poten- do il vizio di motivazione consistere nell’opporre all’iter argomentativo della sen- tenza impugnata un diverso percorso logico, peraltro fondato sulla deduzione di un fatto inesistente, la mancata contestazione della inadempienza altrui.
Il B. non avra` eccepito la mancata consegna ma ha certamente eccepito la man- cata percezione dei canoni, rispetto alla quale la mancata consegna ha funzioni strumentali ed e`, quindi, implicita.
L’indagine comparativa compiuta dalla Corte di appello, immune da vizi logici, e` incensurabile in Cassazione.
Duesta Corte suprema ha, peraltro, statuito che il contraente che chiede, a nor- ma dell’art. 2932 c.c., l’esecuzione specifica di un contratto preliminare e` tenuto ad eseguire la prestazione a suo carico od a farvi offerta nei modi di legge se tale pre- stazione sia gia` esigibile al momento della domanda, mentre non e` tenuto a pagare il prezzo quando, in virtu` delle obbligazioni nascenti dal preliminare il pagamento del prezzo (o della parte residua) risulti dovuto all’atto della stipulazione del con- tratto definitivo (Cass. 1.8.2001, n. 10469, Cass. 11.7. 2000, n. 9176).
Al rapporto originato dalla sentenza costitutiva di accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di eseguire un contratto preliminare di compravendita e` applicabile l’istituto della risoluzione per inadempimento, essen- do equiparabili gli effetti della sentenza ex art. 2932 a quelli di natura negoziale, sottoposti percio` alla stessa disciplina (Cass. 26.11.1997, n. 11850).
Pertanto, poiche´ l’effetto traslativo della proprieta` e` subordinato al pagamento del prezzo, anche con riguardo al suddetto rapporto, l’inadempimento di tale ob- bligazione puo` portare alla risoluzione del rapporto avuto riguardo alla gravita` del- l’inadempimento stesso a norma dell’art. 1455 c.c., al cui riscontro il Giudice deve provvedere anche d’ufficio (Cass. 36.2.1994, n. 1955).
Ne deriva che alla risoluzione, anche dopo la sentenza ex art. 2932 c.c., si puo` far luogo solo in caso di inadempimento grave, escluso dalla Corte di merito.
In conclusione la Corte di appello non e` incorsa nei vizi denunziati col motivo in esame ed in particolare ne´ nell’erronea individuazione della norma da applicare alla fattispecie ne´ nell’erronea interpretazione della stessa ne´ nell’erronea determina- zione delle conseguenze giuridiche riferibili al caso concreto.
La motivazione addotta e` sufficiente e non contraddittoria e rivela un corretto
uso del potere di valutazione delle prove e di apprezzamento dei fatti, insindaca- bile in sede di legittimita`, per cui le doglianze vanno rigettate.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1454, 1455, 2932, 1470, 1476, 1477, 1241 e 1243 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, art. 360 c.p.c., n. 5.
La Corte di appello, dopo aver affermato che il primo Giudice era incorso in er- rore nel ritenere che la domanda di restituzione dei canoni percetti dal G. andasse rigettata in mancanza di prova che le parti avessero convenuto l’anticipata conse- gna dell’immobile, ha affermato che tale obbligo dovesse ritenersi sussistente ed inadempiuto, avendo le parti convenuto che il trasferimento doveva avvenire entro il 15 gennaio 1980 ed avendo il G. comunicato al conduttore che i canoni, dal feb- braio 1980, andavano corrisposti al B.
La giurisprudenza della S.C. citata non prevede che il promissario acquirente abbia diritto a percepire frutti del preliminare rimasto inadempiuto ma che tra i danni risarcibili vi sia quello conseguente alla ritardata consegna e che esso si possa quantificare nei limiti dei canoni percepibili.
Nel caso di specie le parti non convennero ne´ l’anticipata consegna ne´ che i ca- noni dovessero essere percepiti indipendentemente dal trasferimento.
La censura e` infondata.
La motivazione riportata in relazione al motivo precedente rende ragione della censura sia perche´ l’interpretazione del contratto spetta al Giudice di merito e non si ravvisano vizi logici sia perche´ il ricorrente pretende di applicare una massima della S.C., relativa a fattispecie diversa ma di per se´ non incompatibile con la fattispecie, in modo difforme rispetto alla interpretazione di fatto logicamente svolta dalla impu- gnata sentenza, con particolare riferimento alla comunicazione fatta dal G. al condut- tore, secondo cui i canoni, dal febbraio 1980, andavano corrisposti al B.
Sulla possibilita` di ritenere legittima la compensazione, la Corte di appello ha ad- dotto ampia e corretta motivazione, osservando (pagina 17 e seguenti) che ‘‘il B. non solo eccep`ı che il G. era inadempiente, ma oppose in compensazione al preteso de- bito di pagamento del residuo prezzo, il credito verso il G. relativo alle spese di lite... nonche´ l’ammontare dei canoni percepiti indebitamente’’, importi non seriamente contestati, tecnicamente opponibili in compensazione ex art. 1241 c.c., e art. 1243 c.c., comma 1, valutabili in un semplice accertamento contabile di dare ed avere. Al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese liquidate come da dispo-
sitivo»
(Cass. civ., 7.4.2006, n. 8212, Contr., 2007, 18).
9. Gontratto sondizionale.
La Cassazione individua, oltre ad una condicio facti, anche una condi- cio iuxis, il cui mancato de2initivo avveramento, rende irrimediabilmente ine22icace il contratto indipendentemente dalla volonta` delle parti. Nella specie, di cui alla massima seguente, le parti avevano subordinato l’e22i- cacia del contratto preliminare di vendita di un bene immobile al rilascio
– mai avvenuto – della concessione edilizia entro un dato termine.
«In tema di contratto, le parti possono assumere l’evento consistente nella gon- digio iuris, che e` un requisito necessario di efficacia del negozio, alla stessa stregua
di una gondigio fagti, assoggettando la prima a regolamentazione pattizia, pur non potendola superare o eliminare in forza di successivi accordi o per loro inerzia; in- fatti, la stessa trovando fonte nell’ordinamento giuridico esula dall’autonomia ne- goziale nel senso che il suo mancato definitivo avveramento rende irrimediabilmen- te inefficace il contratto indipendentemente dalla volonta` delle parti. Ne consegue che, essendo legittima la previsione di un limite temporale all’avverarsi della gon- digio iuris, il venir meno, nel termine stabilito, dell’elemento (esterno) legalmente necessario per l’efficacia del contratto, ne comporta l’invalidita`»
(Cass. civ., 9.2.2006, n. 2863, Im, 2006, 1354).
9.b. Gondizione potestativa impropria.
Il principio di buona 2ede costituisce, secondo la Cassazione, ad un tempo interpretazione e limite del comportamento discrezionale del contraente dalla cui volonta` dipende in parte l’avveramento della con- dizione mista.
«Il contratto sottoposto a condizione mista e` soggetto alla disciplina dell’art. 1358 c.c., che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede durante lo sta- to di pendenza.
In tema di contratto condizionato, l’omissione di un’attivita` intanto puo` ritenersi contraria a buona fede e costituire fonte di responsabilita`, in quanto l’attivita` omes- sa costituisca oggetto di un obbligo giuridico. La sussistenza di un siffatto obbligo deve affermarsi anche per il ‘‘segmento’’ non casuale della condizione mista. Cio` in quanto, gli obblighi di correttezza e buona fede, che hanno la funzione di salva- guardare l’interesse della controparte alla prestazione dovuta e all’utilita` che la stessa assicura, impongono una serie di ‘‘comportamenti di contenuto atipico’’, che assumono la consistenza di ‘‘standard’’ integrativi di tali principi generali, e so- no individuabili mediante un giudizio applicativo di norme elastiche e soggetto al controllo di legittimita` al pari di ogni altro giudizio fondato su norme di legge» (Cass. civ., 19.9. 2005, n. 18450, GI, 2006, 1141).
9.d. Avveramento della sondizione.
Se l’evento condizionante e` incerto anche relativamente all’epoca del suo accadimento, le parti possono concordare un limite temporale riguardo al suo veri2icarsi.
«(omissis). Con il secondo motivo, denunziando violazione dell’art. 360 c.p.c.,
n. 5, nonche´ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto de- cisivo della controversia, prospettato dalla parte, i ricorrenti deducono che la sen- tenza impugnata, affrontando il tema della clausola stabilita dalle parti, aveva qua- lificato la stessa come condizione sospensiva, giacche´ dall’evento futuro e incerto dell’approvazione del progetto di modifica di destinazione d’uso le parti avevano inteso far dipendere l’efficacia del contratto e non gia` da un termine, ritenendo che la sussistenza dell’uno e dell’altro fenomeno avesse un valore antinomico, per cui non avrebbe avuto senso parlare di essenzialita` o meno del termine. Al con-
trario, termine e condizione, erano elementi che dovevano necessariamente en- trambi sussistere ai fini della valida definitiva efficacia del negozio. Nel caso di spe- cie, le parti avevano sospeso l’efficacia del contratto al verificarsi, entro un deter- minato termine, della condizione (l’approvazione del progetto da parte della Com- missione Edilizia). La Corte Veneta, contraddicendo la premessa, aveva dato per scontato che le parti avessero fissato un termine entro il quale doveva avverarsi la condizione dedotta in negozio.
L’aver confuso il termine con la condizione costituiva violazione dell’art. 1353 c.c., dettato in tema di condizione, con omissione di motivazione nonche´ contraddit- torieta` della stessa. Il giudice di merito, invece, avrebbe dovuto accertare se per l’av- veramento della condizione sospensiva era fissato un termine, determinare la data di detto termine, per inferirne o meno la legittimita` del recesso operato dallo Z.
Il motivo va disatteso.
In linea generale, e` pacifico il principio secondo cui, nel caso in cui una condi- zione sia costituita da un evento incerto sia nell’an che nel quando, le parti possono concordare un limite temporale riguardo al suo verificarsi, per non lasciare indefi- nitamente nell’incertezza l’efficacia del contratto, e sono abilitate a porre tale limite nell’interesse esclusivo di una di esse, nonche´ a rinunciare a farlo valere, anche con comportamenti concludenti.
Il che e` stato sostanzialmente fatto nella fattispecie in esame, come puntual- mente rilevato dalla sentenza impugnata, laddove si afferma che: ‘‘se si e` in presen- za di una condizione, e non di un termine, non ha senso parlare di essenzialita` o meno del termine, perche´ alla data stabilita, o la condizione si e` avverata, oppure non si e` avverata. Nel caso di specie, alla scadenza stabilita la condizione non si e` avverata, per cui il contratto preliminare era tamquam non esset’’.
Con il terzo motivo, i ricorrenti, denunziando violazione dell’art. 1359 c.c. in re- lazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, si dolgono della circostanza che la sentenza impu- gnata aveva affermato apoditticamente che ‘‘in tema di negozio condizionato l’in- vocato art. 1359 c.c. non e` applicabile nel caso in cui la parte tenuta condizionata- mente ad una data prestazione abbia anch’essa interesse all’avveramento della condizione’’. Peraltro, la Corte, si era sottratta all’onere di accertare quale fosse la parte interessata al non avveramento della condizione e, una volta identificata tale parte, di verificarne il comportamento, onde dedurne la verificazione della con- dizione come figtio iuris ex art. 1359 c.c..
Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando insufficiente e contraddittoria motivazione, nonche´ violazione di norme di legge, deducono che la Corte Territo- riale aveva omesso di motivare in ordine alla ragione per cui, con riferimento alla menzionata norma codicistica, nella specie si veniva a configurare una condizione mista. Sussisteva, poi, omessa motivazione per avere la Corte ritenuto assorbiti i due motivi di appello, relativi all’inadempimento dello Z., nonche´ alla non essenzia- lita`, nell’economia contrattuale, del ritardo di sei giorni.
I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, vanno disattesi.
La norma dell’art. 1359 c.c., secondo cui la condizione del contratto si conside- ra avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario al suo avveramento, non e` applicabile nel caso in cui la parte tenuta con- dizionatamente ad una determinata prestazione abbia anch’essa interesse all’avve- ramento di essa. I contraenti, nella loro autonomia contrattuale, ben possono pat- tuire una condizione, che subordina l’efficacia di un contratto al verificarsi o non ve- rificarsi di un determinato evento, nell’interesse di uno solo di essi, ma, in linea ge- nerale, la condizione deve ritenersi apposta nell’interesse di tutte le parti.
Perche´ una condizione possa ritenersi operante nell’interesse di una soltanto
delle parti contraenti, occorre una espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso o, quanto meno, un insieme di elementi che siano idonei a indurre il con- vincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun in- teresse.
Mancando una prova sicura in tal senso, la condizione deve ritenersi apposta, come nella fattispecie in esame, nell’interesse di entrambe le parti.
Per cui, correttamente la sentenza impugnata ha escluso la ricorrenza nella spe- cie della disciplina della menzionata norma codicistica.
Del tutto legittimamente, infine, sono stati ritenuti assorbiti i motivi di appello concernenti il preteso inadempimento dello Z. (in ordine al quale, peraltro, in vio- lazione del principio di autosufficienza non e` indicato in che cosa lo stesso si sareb- be sostanziato), l’essenzialita` o meno del termine apposto dalle parti alla condizio- ne, posto che, comunque, non e` stata data la prova che la condizione medesima si era avverata.
Con il quinto motivo, denunziando violazione dell’art. 1350 c.c., in relazione al- l’art. 360 c.p.c., n. 3, nonche´ contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, i ricorrenti assumono che la Corte Veneta, a fron- te del motivo di appello, secondo cui ‘‘il termine di cento giorni era rimasto sospe- so, essendo rimasto parimenti sospeso l’iter amministrativo stante la richiesta di chiarimenti e integrazioni della Commissione Edilizia; e che quindi il termine torna- va a decorrere dalla presentazione di queste integrazioni’’, affermava, nel rigettare il motivo dell’appello, che si trattava di una modifica della clausola contrattuale scritta e che siffatta modifica successiva non risultava da nessun atto scritto. Peral- tro, tale affermazione urtava contro il principio secondo cui la forma scritta richiesta ad substantiam riguarda solo i requisiti essenziali del contratto, e non elementi di- versi, come quelli che ne regolano l’esecuzione.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione» (Cass. civ., 12.1.2006, n. 419, Contr., 2006, 765).
10. Interpretazione del sontratto.
L’orientamento giurisprudenziale prevalente pone in primo piano l’elemento letterale, ma ritiene che non ci si debba limitare nell’inter- pretazione del contratto all’analisi del signi2icato letterale delle parole. Tale mezzo e` comunque prioritario e 2ondamentale per la corretta ri- costruzione della comune intenzione dei contraenti, per cui il giudice, deve accedere ad altri, diversi parametri di interpretazione, solo in pre- senza di un documento non chiaro.
«(omissis). Il ricorso e` fondato per quanto di ragione. Le censure mosse dalla ricorrente alla sentenza impugnata, in quanto incentrate tutte ed unicamente sul- l’errata interpretazione data dalla corte di appello alla missiva del 19 giugno 1982, spedita dalla Cooperativa L. alla I. si prestano ad essere esaminate congiun- tamente.
Con le stesse viene criticata la statuizione della corte fiorentina, difforme da quella del tribunale, sostanzialmente sotto il duplice profilo della violazione delle norme che enunciano i criteri ai quali il giudice deve attenersi nella interpretazione
dei contratti, e del vizio di motivazione, che inficerebbe irrimediabilmente, secondo la ricorrente, la statuizione medesima.
Si osserva, al riguardo, che la corte, pur affermando che dalla missiva sopra menzionata (e trascritta per intero nella sentenza) ‘‘emerge, senza insorgenza di dubbi di sorta, che la Coop. L. ha assunto la garanzia della soddisfazione dei crediti vantati dalla I. nei confronti dell’impresa G."’’, non ha precisato, peraltro, che ge- nere di garanzia avrebbe assunto, in effetti, la committente nei confronti del subap- paltatore, ne´ ha inquadrato e qualificato giuridicamente il negozio che con la lette- ra de qua veniva posto in essere; di tal che non e` dato comprendere come l’affer- mazione che precede si raccordi con quella successiva, con la quale si esclude che la garanzia assunta dalla Coop. L. equivalesse all’assunzione di un’obbligazione di pagamento diretto dei crediti vantati dalla I. nei confronti dell’impresa G.
In altri termini, posto che viene ribadito dalla corte che sarebbe stata comunque quest’ultima a pagare i crediti della I. – essendo del tutto estranea la committente
L. al rapporto tra appaltatore (G.) e subappaltatore (I.) –, e viene precisato, altresı`, ‘‘che la garanzia sarebbe consistita nel fatto che, a condizione che la I. desse comu- nicazione al direttore dei lavori degli stati di avanzamento maturati per la parte di spettanza di essa I., quest’ultima sarebbe stata pagata dall’impresa G., contestual- mente alla riscossione delle spettanze dell’impresa’’, l’ulteriore spiegazione che vie- ne fornita circa il reale contenuto della garanzia – ‘‘la Coop. L. avrebbe garantito che, contestualmente al pagamento da parte sua all’impresa G. delle spettanze di quest’ultima, la stessa impresa G. avrebbe provveduto, si ripete contestualmen- te, al pagamento in favore della I. delle spettanze di competenza di quest’ultima’’ –, lungi dal dare un ben definito e concreto contenuto alla garanzia medesima, sna- tura, a ben vedere, la funzione di questa, che, secondo quanto prevede la norma- tiva relativa ad uno degli istituti tipici di garanzia, e come, del resto, sembra avere affermato la stessa corte nella prima parte della sentenza, consiste precisamente nel garantire un’obbligazione altrui, ‘‘obbligandosi personalmente verso il credito- re’’ (art. 1936 c.c.).
Ne´ ha accertato e chiarito, il giudice di appello, – avendo il tribunale evidente- mente ritenuto che l’evento dedotto come condizione si fosse avverato e che, co- munque, la coop. L. era tenuta, proprio per la garanzia assunta nei confronti della I., al pagamento dei crediti da questa vantati nei confronti dell’impresa G. – il reale significato e la portata della condizione apposta dalla Coop. L. per l’operativita` del- la garanzia medesima; nel senso che non ha spiegato esattamente il meccanismo attraverso il quale si sarebbe dovuta realizzare la pretesa condizione – essendo il tenore della lettera, sul punto, ancora una volta non privo di ambiguita` – e, di con- seguenza, non ha adeguatamente motivato la statuizione con cui, a causa del man- cato avveramento della condizione (‘‘Darete comunicazione al Direttore dei lavori degli stati di avanzamento maturati per la vostra parte...’’), ha rigettato, contraria- mente a quanto deciso dal primo giudice, la domanda di pagamento proposta dal- la I. nei confronti della Coop. L.
Poiche´, dunque, la corte, in presenza di un documento obiettivamente non chiaro e tutt’altro che perspicuo quanto a significato e contenuto, e` pervenuta alla conclusione, criticata dalla ricorrente, sulla base della mera interpretazione lette- rale della missiva 19 giugno 1982, senza fare ricorso, quindi, agli altri criteri di er- meneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e seguenti – dai quali il giudice non puo` prescindere nell’operazione di ricerca ed individuazione della comune vo- lonta` delle parti e nell’inquadramento di questa nel corrispondente schema legale (Cass. n. 10290/2001, n. 3804/2001) – e non ha, inoltre, adeguatamente motivato l’assunta decisione, s’impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio
ad altra sezione della corte di appello di Firenze, che, avuto riguardo ai criteri di cui agli artt. 1362 c.c. e seguenti, dovra` individuare quale sia stata, nel caso con- creto, l’effettiva ‘‘comune intenzione dei contraenti’’, inquadrare e qualificare quindi il negozio giuridico posto in essere dalle parti e dare, infine, debito conto, con congrua motivazione, delle conclusioni che ne trarra`. (omissis)»
(Cass. civ., 14.5.2004, n. 9212, « Contratti in genere», n. 441, MFI, 2004).
Qualora il testo non sia chiaro, il giudice puo` ricorrere all’esame del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla con- clusione del contratto, senza 2ermarsi soltanto al senso letterale delle parole.
« L’art. 1362 c.c. stabilisce che per interpretare il contratto deve indagarsi quale sia stata la comune volonta` delle parti senza fermarsi al senso letterale delle parole, ma anche con la valutazione del loro comportamento complessivo anche successi- vo alla conclusione del contratto; pertanto, i criteri di ermeneutica contrattuale fis- sati dagli artt. 1362 e ss. c.c., xxx incluso quello dell’interpretazione secondo buona fede, devono essere rivolti all’individuazione dell’effettivo contenuto della comune intenzione dei contraenti (cfr. tra l’altro. Cass. 16.2.2001, n. 2293)»
(App. Roma, 29.12.2005, Platinum, 2/2007).
10.b. Interpretazione delle slausole.
La giurisprudenza e` orientata a 2ar rientrare tra i criteri sussidiari di interpretazione del contratto il criterio della interpretazione contxa sti- pulatoxem, quando le intenzioni dei contraenti non risultino chiare do- po l’applicazione degli altri criteri.
«In tema di interpretazione dei contratti, ma anche degli atti negoziali unilate- rali tra vivi a contenuto patrimoniale (art. 1324 c.c.), il criterio della interpretazione gontra stipulatorem rientra fra gli strumenti sussidiari di interpretazione della vo- lonta` negoziale, a cui e` possibile fare ricorso solo quando risulti non appagante il ricorso ai criteri di cui agli artt. 1362 1365 c.c. e il giudice fornisca compiuta e arti- colata motivazione della ritenuta equivocita` e insufficienza del dato letterale» (Cass. civ., 5.4.2004, n. 6656, Gius, 2004, 3260).
(Conforme: Cass. civ., 15.3.2004, n. 5234, « Contratti in genere», n. 448, MFI, 2004).
L’interpretazione contxa stipulatoxem non e` orientata alla tutela di ogni debitore in quanto tale, ma e` volta a proteggere il contraente piu` debole nell’ambito della contrattazione standardizzata e, secondo la Cassazione, e` un criterio solo sussidiario, dovendo essere adottato dall’interprete soltanto se, dopo aver 2atto uso dei canoni ermeneutici principali della letteralita` e sistematicita`, rimanga dubbio.
«(omissis). Con il secondo motivo denuncia la ‘‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1370 c.c.’’. Rileva che, qualora si faccia ricorso alla contrattazione mediante moduli predisposti da una delle parti – come nel caso di specie –, sia per le condi-
zioni generali, sia per le deroghe, l’interpretazione, nel dubbio, deve essere con- dotta nel senso piu` favorevole al contraente non predisponente, nel caso concreto, l’attuale ricorrente.
Diversamente, il giudice di merito, in violazione dell’art. 1370 c.c., ha sostenuto un’interpretazione delle clausole contrattuali predisposte dall’Assitalia piu` favore- vole a quest’ultima.
Anche tale motivo va disatteso.
Il ricorso al criterio previsto dall’art. 1370 c.c., in tema di interpretazione del contratto, secondo il quale la clausola di dubbia interpretazione deve essere inter- pretata contro l’autore di essa, e` solo sussidiario, ed allo stesso deve rivolgersi l’in- terprete solo se, dopo avere fatto uso dei canoni principali della letteralita` e siste- maticita`, rimanga dubbio il significato delle clausole (Cass. 27.5.2003, n. 8411).
Nella fattispecie concreta, il giudice del merito non ha per nulla violato tale principio, escludendone soltanto la sua applicabilita` per non esservi dubbio sull’in- terpretazione delle clausole, condotta alla luce dei canoni ermeneutici principali, come rilevato nell’esame del primo motivo di ricorso.
Con il terzo motivo denuncia la ‘‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1342 c.c.’’. Rileva che il giudice del merito – in violazione dell’art. 1342 c.c. il quale prevede che nella contrattazione mediante l’uso di moduli le clausole aggiunte prevalgano su quelle contenute nel modulo – abbia dapprima applicato correttamente l’art. 1342
c.c. in ordine alla prima deroga contrattuale, salvo poi disapplicarlo, senza alcuna mo- tivazione, in ordine alla seconda deroga stilata con le medesime modalita` della prima. Per le ragioni piu` sopra evidenziate nell’esame del primo motivo di ricorso – alle quali si rimanda – nessuna violazione della norma e` stata commessa dal giudice del merito, il quale ha interpretato nella sua globalita` la convenzione e le clausole ag- giuntive derogatorie, facendo corretto uso dei criteri ermeneutici principali della letteralita` e sistematicita` da tale norma previsti, valorizzando, attraverso la via inter- pretativa, proprio la volonta` delle parti e fornendo, al contempo, adeguata e con-
grua motivazione del suo convincimento.
Il motivo conseguentemente va rigettato. (omissis)» (Cass. civ., 27.5.2005, n. 11278, Contr., 2006, 3, 221).
Addis
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