DIRITTO CIVILE
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DIRITTO CIVILE
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IL CONTRATTO DI LOCAZIONE DI IMMOBILI ABITATIVI
ASPETTI CIVILISTICI E FISCALI
Xxxxxx Xxxxxx
L'autore
Xxxxxx Xxxxxx esercita la professione di avvocato a Parma con particolare riferimento al diritto tributario, diritto bancario, diritto societario e fallimentare, affiancando alle competenze civilistiche quelle penalistiche.
Si è laureata con lode all'Università degli Studi di Parma, ed ha successivamente conseguito il diploma di master in diritto tributario “A. Berliri” presso l'Alma Mater Studiorum di Bologna.
È socia della Camera degli Avvocati Tributaristi della Provincia di Bologna e del Centro Studi di Diritto Concorsuale di Bologna.
Ha frequentato diversi corsi di perfezionamento in economia e diritto.
È autrice di pubblicazioni, saggi e contributi su riviste specialistiche e periodici online.
L’Opera
Dopo aver illustrato i profili civilistici del contratto di locazione, ci si sofferma su quello ad uso abitativo fornendo una panoramica dei risvolti fiscali ai fini delle imposte indirette e dirette.
INDICE
Capitolo Primo
IL CONTRATTO DI LOCAZIONE- ASPETTI CIVILISTICI
1. La disciplina del contratto
2. L'oggetto e la durata del contratto
3. Il corrispettivo: contratto a canone libero ed a canone concordato
4. L'aggiornamento del canone
5. Le tipologie contrattuali ad uso abitativo
6. Le nullita` del contratto di locazione abitativa
7. Le nullita` previste dall'art. 1 comma 346 legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005)
8. Le nullita` nella legge istitutiva della cedolare secca
9. Il “revirement” della Corte Costituzionale con la sentenza n. 50/2014
10. L'attestato di prestazione energetica
Capitolo Secondo IL REGIME IVA
1. Brevi cenni sull'iva
2. Il regime Iva delle locazioni: tra imponibilita` ed esenzione
3. Gli immobili abitativi
4. Gli immobili non abitativi
5. I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate sulle modalita` di esercizio dell'opzione e sui contratti in corso
Capitolo Terzo
LE ALTRE IMPOSTE INDIRETTE
1. L'imposta di registro: presupposti
2. Aliquote e alternativita` iva-registro
3. Versamenti in un'unica soluzione o per ogni annualita`
4. Le modalita` di registrazione
5. Le sanzioni amministrative in caso di omessa registrazione del contratto
6. Il ravvedimento operoso
7. L'imposta di bollo
Capitolo Quarto
LE IMPOSTE SUI REDDITI
1. Le imposte sui redditi
2. Le detrazioni di imposta per il conduttore
3. Il problema della morosita` del conduttore ai fini della tassazione
4. La cedolare secca Bibliografia
Capitolo Primo
IL CONTRATTO DI LOCAZIONE- ASPETTI CIVILISTICI
■ La legge 9 dicembre 1998, n. 431, che regola la locazione degli immobili, ha abolito il regime vincolistico previsto dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 (meglio conosciuta come “equo canone"), che obbligava ad affittare gli immobili a un canone prestabilito. Oggi vi sono varie tipologie di contratti, ma le principali sono il contratto a canone libero e a canone concordato, con il corrispettivo stabilito in accordi territoriali stipulati tra le organizzazioni degli inquilini e quelle dei proprietari.
APPLICAZIONI - Fermo il limite di carattere generale di cui all'art. 49 d.lgs. n. 231/07, la finalità di conservare traccia delle transazioni in contante, eventualmente intercorse tra locatore e conduttore, può ritenersi soddisfatta fornendo una prova documentale, comunque formata, purché chiara, inequivoca e idonea ad attestare la devoluzione di una determinata somma di denaro contante al pagamento del canone di locazione.
ASPETTI TRIBUTARI - In relazione alla registrazione dei contratti di locazione, né la l. n. 392/1978, art. 8, né la legge di registro stabiliscono quale delle parti debba provvedere alla registrazione, ma disciplinano solo la ripartizione delle spese in misura uguale fra entrambi i contraenti, a meno che ci sia una specifica pattuizione contrattuale diversa.
ULTIME - Secondo la sentenza Corte Cost. n. 50/2014 va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (che prevede le sanzioni per il locatore nel caso di contratto di locazione non registrato o registrato con canone inferiore) per contrasto con l'art. 76 Cost., atteso che la disciplina oggetto di censura si presenta del tutto priva di 'copertura' da parte della legge di delegazione.
GIURISPRUDENZA
● Cass. civ., sez. III, 3 gennaio 2014, n. 37 - A fronte di un orientamento secondo cui la mancata registrazione del contratto di locazione non determina nullità, in quanto, nonostante l'indubbio risalto dato dalla legge n. 431/1998 al profilo fiscale relativo alla registrazione del contratto di locazione, la stessa non è stata tuttavia elevata a requisito di validità del contratto, se ne è formato un altro secondo cui la registrazione è requisito di validità, se non addirittura di sussistenza.
● Cass. civ., sez. III, 28 agosto 2013, n. 19802 - La clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del
rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati deve ritenersi legittima ex artt. 32 e 79 della legge sull'equo canone, salvo che non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria.
● Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2009, n. 8148 - In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, e con riferimento ai contratti stipulati anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 1, comma 346, l. 30 dicembre 2004 n. 311 (c.d. legge finanziaria 2005), deve escludersi la nullità di un accordo contemporaneo ed ulteriore relativo alla determinazione di un canone locativo più elevato rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato.
SOMMARIO
1. La disciplina del contratto
2. L'oggetto e la durata del contratto
3. Il corrispettivo: contratto a canone libero ed a canone concordato
4. L'aggiornamento del canone
5. Le tipologie contrattuali ad uso abitativo
6. Le nullità del contratto di locazione abitativa
7. Le nullità previste dall'art. 1 comma 346 legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005)
8. Le nullità nella legge istitutiva della cedolare secca
9. Il “revirement” della Corte Costituzionale con la sentenza n. 50/2014
10. L'attestato di prestazione energetica
1. La disciplina del contratto
Legislazione: c.c. 1571, 1614
Bibliografia: Cuffaro, Ciatti, Calvo 2014
La disciplina generale del contratto di locazione è contenuta nel codice civile che riporta tale definizione:
"la locazione è il contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo"
(art. 1571 c.c.).
La normativa applicabile al contratto non si esaurisce, però, nelle sole disposizioni del Codice, ma ulteriori aspetti sono regolati dalla legislazione speciale (per esempio per quanto riguarda la locazione di immobili urbani).
Tuttavia, la disciplina codicistica, sebbene trovi un'applicazione residuale rispetto alle previsioni della legislazione speciale, detta comunque le regole generali che riguardano le obbligazioni delle parti, relative ad esempio alla consegna del bene o al pagamento del corrispettivo.
Dal punto di vista della qualificazione giuridica:
"La locazione è un contratto consensuale ad effetti obbligatori da cui nasce un diritto personale di godimento a vantaggio del conduttore. Inoltre è contratto a prestazioni corrispettive, in quanto a carico del conduttore è posto l'obbligo di pagare il prezzo e a titolo oneroso, poiché ciascuna parte, al fine di procurarsi un'utilità economica, sopporta un sacrificio patrimoniale"
(Xxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxx 2014).
Si tratta di un contratto di durata, o meglio di una fattispecie a prestazione continuata o periodica, poiché la funzione tipica della locazione si realizza attraverso il protrarsi nel tempo dell'adempimento di talune
prestazioni del contratto, come ad esempio la prestazione del locatore, di contenuto negativo, consistente nel lasciar godere il bene, e quella del conduttore, di pagare il corrispettivo.
Al contrario, possono essere considerate istantanee le obbligazioni relative alla consegna del bene locato, che può essere eventualmente differita, ed alla sua riconsegna, che è invece costantemente differita.
Di regola si tratta di negozio bilaterale, anche se non è da escludere che il rapporto locatizio possa configurarsi con una pluralità di soggetti, nel caso in cui ci siano più locatori o conduttori.
Per quanto riguarda le parti del contratto, esaminando la figura del locatore occorre chiarire che non è necessario che sia il proprietario della cosa locata, essendo sufficiente che egli abbia la mera disponibilità del bene locato. Sul punto la Suprema Corte si è così espressa:
"Il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente"
(Cass. civ., sez. III, 14 luglio 2011, n. 15443, GCM 2011, 7-8, 1064; in senso conforme si veda Corte Cass. n. 13204 del 31
maggio 2010).
In giurisprudenza, tuttavia, si registra altresì un filone secondo il quale la nozione di disponibilità del bene locato è maggiormente rigorosa, in quanto si ritiene che debba avere fondamento in un rapporto o titolo giuridico che comprenda il potere di trasferirne al conduttore la detenzione o il godimento, non potendo assumere la veste di locatore colui che abbia soltanto la disponibilità di fatto della cosa stessa.
Passando all'esame della figura del conduttore, si deve evidenziare che tale è colui cui è conferito il diritto del godimento del bene oggetto del contratto di locazione, in forza della stipulazione dello stesso.
Nell'ipotesi in cui vi sia coesistenza di più conduttori nello stesso rapporto locatizio, ciascuno di questi è distintamente tenuto per la medesima prestazione, ovvero il pagamento del canone, con un'obbligazione autonoma.
La Suprema Corte, con orientamento consolidato (di cui si riporta una risalente pronuncia) ha affermato che:
"La coesistenza nello stesso rapporto locatizio di più conduttori non esclude che ciascuno di questi sia tenuto per la medesima prestazione (nella specie: pagamento del canone) con distinta ed autonoma obbligazione. In tal caso deve ritenersi che essi siano obbligati in solido a norma degli art. 1292 e 1294 c.c., poiché si versa in ipotesi di obbligazioni solidali, nelle quali si ha in realtà, non un'obbligazione unica con pluralità di soggetti, ma tante singole obbligazioni quanti sono i debitori, connesse fra loro ed aventi, ciascuna, per oggetto l'identica prestazione"
(Cass. civ., sez. III, 27 febbraio 1978, n. 1011, AC 1978, 758).
2. L'oggetto e la durata del contratto
Legislazione: c.c. 1573, 1574
Bibliografia: Cuffaro, Ciatti, Calvo 2014
L'oggetto del contratto di locazione è il godimento del bene locato che può essere sia mobile che immobile, purché suscettibile di utilizzazione per un determinato periodo di tempo e di restituzione al termine dell'utilizzazione.
Ne consegue che sono materialmente impossibili le locazioni di cose consumabili, come ad esempio l'energia, e fungibili, il cui uso comporta inevitabile distruzione e alienazione.
È al contrario possibile la locazione di cose deteriorabili.
Da ultimo, è ammissibile la locazione di cosa immateriale, tipo licenza o brevetto, o la locazione di cosa generica, come ad esempio l'acquisto di un'autovettura di un certo tipo, cui trova applicazione l'art. 1178 c.c.
Per quanto riguarda la durata del contratto, il legislatore ha previsto che:
"Salvo diverse norme di legge, la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trent'anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto"
(art. 1573 c.c.).
Non è, dunque, ammissibile una locazione perpetua, che sarebbe in contrasto con il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica, con l'interesse generale della libera circolazione dei beni e con la stessa natura del contratto.
La norma appena richiamata ha carattere imperativo; in caso di violazione non si determina la nullità del contratto, ma l'automatica sostituzione della clausola contrattuale con il termine massimo legale.
Sul punto, la Giurisprudenza si è espressa chiarendo che:
"In tema di durata della locazione, il limite massimo previsto dall'art. 1573 c.c. deve intendersi applicabile non solo quando sia stata pattuita sin dall'inizio una durata eccedente i trenta anni ma anche quando, pur pattuita una durata inferiore, sia stata in contratto altresì prevista la rinnovazione del rapporto per un numero indeterminato di volte, in quanto la pattuizione della rinnovazione è valida ed efficace soltanto nei limiti temporali del trentennio, altrimenti realizzandosi attraverso la pattuizione di successive rinnovazioni proprio ciò che la norma ha inteso escludere in occasione della prima stipulazione del rapporto, con conseguente elusione del divieto dalla stessa norma stabilito"
(Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2006, n. 2137, GCM 2006, 1).
In tema di durata del contratto, il codice civile stabilisce altresì che:
"Quando le parti non hanno determinato la durata della locazione, questa s'intende convenuta:
1) se si tratta di case senza arredamento di mobili o di locali per l'esercizio di una professione, di una industria o di un commercio, per la durata di un anno, salvi gli usi locali;
2) se si tratta di camere o di appartamenti mobiliati, per la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurata la pigione;
3) se si tratta di cose mobili, per la durata corrispondente all'unità di tempo a cui è commisurato il corrispettivo;
4) se si tratta di mobili forniti dal locatore per l'arredamento di un fondo urbano, per la durata della locazione del fondo stesso"
(art. 1574 c.c.).
Per quanto riguarda, infine, la forma, la locazione è, di regola, un contratto non formale, essendo lo scritto ad substantiam previsto per i soli contratti di locazione di beni immobili che abbiano ab origine durata superiore a nove anni, ai sensi dell'art. 1350, n. 8 c.c.; inoltre, per tali contratti è previsto l'onere della trascrizione, a lettera dell'art. 2643, n. 8.
Tuttavia, per locazioni di immobili ad uso abitativo, l'art. 1, quarto comma, della legge n. 431/1998 richiede la forma scritta ad substantiam.
3. Il corrispettivo: contratto a canone libero ed a canone concordato
Legislazione: c.c. 1571 e ss. - l. 27.7.1978, n. 392, art. 27 - l. 21.2.1989, n. 61 - l. 9.12.1998, n. 431, art. 32 - d.m.
30.12.2002
Bibliografia: Trimarchi 2014
Elemento imprescindibile del contratto di locazione, considerata la natura onerosa dello stesso, è il corrispettivo che può consistere in una prestazione di qualsiasi natura (denaro, utilità, servizi o prestazioni personali) purché offra un'utilità giuridicamente apprezzabile.
È inoltre necessario che ricorra il duplice requisito della determinatezza e della obbligatorietà.
Per ciò che riguarda il corrispettivo delle locazioni di immobili destinati ad uso abitativo, occorre distinguere tra contratto a canone libero e a canone concordato.
Nella prima tipologia, il corrispettivo non è sottoposto ad alcun vincolo e può essere liberamente determinato dalle parti, né è stato limitato un eventuale aggiornamento del canone stesso attraverso l'indicazione di una percentuale massima della rivalutazione.
Per quanto riguarda, invece, i contratti di locazione a canone concordato, le parti devono
"definire il valore del canone, la durata del contratto, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative"
(l. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 2, co. 3).
Il canone deve, dunque, essere inferiore a quello di mercato, secondo le regole concertate in sede locale tra le organizzazioni dei locatori e dei conduttori. Prescrizioni particolari riguardano anche l'ubicazione dell'immobile che:
"deve essere in uno dei Comuni ad alta densità abitativa individuati dall'art. 1 del DL 30 dicembre 1988, n. 551, convertito
con modificazioni, nella l. 21 febbraio 1989, n. 61, e successive modificazioni e l'immobile deve essere destinato ad uso abitativo (categoria catastale A con la sola eccezione della categoria A/10)"
(l. 9 dicembre 1998, n. 431).
Tali contratti, peraltro, godono di particolari agevolazioni dal punto di vista fiscale, che saranno analizzate nei capitoli seguenti.
Per gli immobili con destinazione diversa dall'abitazione, l'art. 27 della legge n. 392 del 27 luglio 1978) consente la libera determinazione del canone, ma l'art. 32 detta norme specifiche per l'aggiornamento del canone.
"Le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto. Le variazioni in aumento del canone, per i contratti stipulati per durata non superiore a quella di cui all'articolo 27, non possono essere superiori al 75 per cento di quelle, accertate dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati"
(l. 27 luglio 1978, n. 392, art. 32).
Si riportano alcune interessanti pronunce della Giurisprudenza in tema di canone:
"Deve ritenersi legittima, quale espressione di autonomia contrattuale, la clausola con la quale venga pattuito un canone locativo costituito per una parte da una somma di danaro e per l'altra dall'esborso di somme determinate per ristrutturazione e restauro dell'immobile locato"
(Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 2005, n. 19475, GCM 2005, 10).
In tal senso, inoltre, si deve segnalare un'ulteriore pronuncia della Suprema Corte che recita:
"È legittima la clausola con cui si convenga una determinazione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive del tempo nell'arco del rapporto, purché sia ancorata ad elementi predeterminati, idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta, risultando altrimenti una sottostante volontà delle parti volta, in realtà, a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo, così, i limiti quantitativi posti dall'art. 32 sull'equo canone con conseguente nullità prevista ex art. 79 della medesima legge"
(Cass. civ., sez. VI, 1 ottobre 2012, n. 16717, Diritto e Giustizia online 2012, 2 ottobre).
4. L'aggiornamento del canone
Legislazione: c.c. 1571 e ss. - l. 27.7.1978, n. 392, art. 27 - l. 21.2.1989, n. 61 - l. 9.12.1998, n. 431, art. 32 - d.m.
30.12.2002
Bibliografia: Xx Xxxxxx, Falbella 2010
La richiesta dell'aggiornamento del canone si configura come un onere del locatore e costituisce appunto la condizione per il sorgere del relativo diritto.
La legge non prevede che la richiesta debba essere rivestita di una forma particolare e le parti possono, dunque, scegliere le modalità di attuazione che preferiscono.
Può, infatti, essere validamente formulata verbalmente e addirittura anche implicitamente o per facta concludentia.
"le parti possono stabilire le modalità attuative della richiesta, prescritta dall'art. 32... per ottenere l'aumento del canone in dipendenza delle variazioni dell'indice Istat"
(Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 2002, n. 14655, GCM 2002, 1805).
Per quanto riguarda gli immobili ad uso non abitativo, ai sensi dell'art. 32 della legge 392/1978, le variazioni del canone non possono essere superiori al 75% di quelle dell'indice Istat solo quando il contratto sia di durata non superiore a quella legislativamente prevista, di sei o nove anni.
Sulle modalità di richiesta dell'aggiornamento, la Corte di cassazione ha affermato che:
"La richiesta dell'aggiornamento del canone per le locazioni non abitative previsto dall'art. 32, l. 27 luglio 1978 n. 392 può essere formulata con l'invio da parte del locatore di una fattura indicante un canone maggiore rispetto a quello da ultimo pagato
dal conduttore dalla quale possa desumersi - attraverso il raffronto tra la misura del canone così richiesto e la misura del canone precedentemente corrisposto - la percentuale dell'aggiornamento applicato"
(Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2012, n. 16068, RGE 2012, 5, I, 1082).
L'invio della fattura, infatti, secondo la Corte, consente al conduttore di conoscere in modo chiaro ed univoco la volontà del locatore di ricevere il maggior canone comprensivo dell'aggiornamento Istat maturato, e di desumere, raffrontando l'importo richiesto con il minor canone precedentemente pagato, la misura della percentuale di aggiornamento applicata, e di compiere così la verifica della legittimità della richiesta medesima.
Per quanto riguarda, invece, la legittimità della clausola contenuta in un contratto di locazione non abitativa che preveda che l'aggiornamento del canone operi automaticamente, senza necessità di richiesta, la Giurisprudenza ha affermato che:
"La clausola di un contratto di locazione, con la quale le parti convengano l'aggiornamento automatico del canone su base annuale (a seguito della modifica dell'art. 32 l. n. 392 del 1978 operata dall'art. 1 d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, conv., con modifiche, dalla l. n. 118 del 1985) senza necessità di richiesta espressa del locatore, è affetta da nullità, in base al combinato disposto degli art. 32 e 79 l. sull'equo canone, perché il citato art. 32 (non prevedendo più, come nella sua originaria formulazione, la possibilità di aggiornamento soltanto biennale, svincolato da ogni riferimento alla richiesta del locatore) introduce, all'esito della modifica, la possibilità di aggiornamenti annuali, presupponendo che gli aumenti possano avvenire soltanto su specifica richiesta del locatore, da operarsi successivamente all'avvenuta variazione degli indici di riferimento"
(Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2012, n. 3014, GCM 2012, 2, 231).
Altra questione dibattuta è quella della legittimità di una richiesta successiva di aggiornamento riferita a più anni. In argomento la Corte di Cassazione ha chiarito che:
"è contraria al disposto dell'art. 32" − e pertanto nulla ex art. 79 l. 392/78 − non soltanto "una clausola che preveda una richiesta preventiva dell'aggiornamento con effetto attributivo di tutte le variazioni Istat che interverranno nel corso del rapporto (Cass. n. 15799/2003)" ma anche "una richiesta successiva riferita ad anni diversi da quello immediatamente precedente, e ciò perché la richiesta si pone come condizione per il sorgere del relativo diritto"
(Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2005, n. 2417, GC 2007, 6, I, 1502).
5. Le tipologie contrattuali ad uso abitativo
Legislazione: l. n. 431/1998 - d.m. 5.3.1999, art. 3
Bibliografia: Xx Xxxxxx, Falbella 2010
Come noto, la locazione può avere ad oggetto immobili ad uso abitativo o immobili ad uso diverso da quello abitativo.
La disciplina delle locazioni abitative è stata radicalmente modificata con l'entrata in vigore della l. 9 dicembre 1998, n. 431, la quale, oltre ad introdurre alcune particolari agevolazioni fiscali, ha profondamente modificato la normativa di settore, abrogando completamente la l. 8 agosto 1992, n. 359, relativa al regime dei patti in deroga ed abrogando parzialmente le disposizioni previsto dalla l. 27 luglio 1978, n. 392, relative all'equo canone e numerosi articoli della l. 21 febbraio 1989, n. 61, in materia di sfratto.
L'art. 1, comma 4, della l. 9 dicembre 1998, n. 431 prevede che, dal 30 dicembre 1998, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta ad substantiam, senza alcuna specifica esclusione.
In questo caso, ove il requisito essenziale non sia osservato nella stipula del contratto, lo stesso è irrimediabilmente nullo ed ognuno dei contraenti può farne dichiarare la nullità.
Per quanto riguarda i contratti di locazione di immobili a destinazione abitativa, è opportuno distinguere le seguenti tipologie contrattuali, tutti disciplinati dalle legge 431/1998.
- contratti di locazione a canone libero o "4+4";
- contratti di locazione a canone concordato o "3+2";
- contratti di locazione di natura transitoria;
- contratti di locazione per studenti universitari.
Vi sono poi ulteriori tipologie, quali i contratti di locazione per finalità turistiche; quelli stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio; di alloggi di edilizia residenziale pubblica; di locazione di immobili di lusso e di immobili di interesse storico od artistico.
Per quanto riguarda, in particolare i contratti per studenti universitari, è previsto che: