SENTENZA
Cass. SS.UU. 28.6.2022 n. 20632
SENTENZA
sul ricorso 13286-2020 proposto da:
M.E.G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis], presso lo studio dell'avvocato [Xxxxxxx], che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato [Xxxxxxx];
- ricorrente -
contro PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO
PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis];
- controricorrente -
MU.X., elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis], presso lo studio dell'avvocato [Xxxxxxx], rappresentato e difeso dagli avvocati [Xxxxxxx]; S.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis], presso lo studio dell'avvocato [Xxxxxxx], rappresentato e difeso dall'avvocato [Xxxxxxx]; G.R., A.D., AM.V., L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA [Omissis], presso lo [Omissis], rappresentati e difesi dall'avvocato [Xxxxxxx];
- ricorrenti incidentali adesivi -
contro PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO
PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis];
- controricorrente agli incidentali adesivi -
nonchè contro AN.A., RI.X., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER LA BASILICATA;
- intimati -
sul ricorso 14713-202C) proposto da: AN.A., elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis], presso lo studio dell'avvocato [Xxxxxxx], che lo rappresenta e difende;
- ricorrente contro PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO
MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis];
- controricorrente -
RI.X., elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis], presso lo studio dell'avvocato [Xxxxxxx], rappresentato e difeso dagli avvocati [Omissis];
- ricorrente incidentale adesivo -
contro PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO
PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, [Omissis]
- controricorrente all'incidentale adesivo -
nonchè contro M.E.G.D., MU.X., S.G.P., A.D., L.A., G.R., AM.V., PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA CORTE DEI CONTI PER LA BASILICATA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 264/2019 della CORTE CONTI - I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO - ROMA, depositata il 28.11.2019.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10.5.2022 dal Consigliere [Omissis]; sentito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale [Omissis], che ha concluso per il rigetto dei ricorsi e l'affermazione della giurisdizione contabile; uditi gli avvocati [Omissis].
FATTI DI CAUSA
1.1 Il Procuratore Regionale della Corte dei conti presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti della Basilicata conveniva davanti a detto giudice vari soggetti che nel periodo tra il 2010 e il 2014 avevano rivestito incarichi di revisione o amministrazione di Alfa S.p.A. - società costituita come integralmente partecipata dagli enti locali dell'Ambito Territoriale Ottimale (ATO) per la gestione del Servizio Idrico Integrato della Regione Basilicata - perché fossero condannati a risarcire un danno erariale dell'importo di €
5.266.443 che avrebbero arrecato nel suddetto periodo per avere Alfa S.p.A. costituito una società - a propria esclusiva partecipazione - denominata Alfa Progettazione S.r.l. allo scopo che provvedesse alla progettazione e alla direzione di interventi di gestione delle risorse idriche di competenza di Alfa S.p.A.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale della Basilicata, con sentenza del 24 gennaio 2017, dichiarava il difetto di giurisdizione contabile, ritenendo sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in quanto Alfa S.p.A. non sarebbe stata qualificabile società in house per mancanza del requisito del c.d. "controllo analogo".
1.2 II Procuratore Regionale proponeva appello basato su unico motivo, con il quale sosteneva la sussistenza invece della giurisdizione contabile; si costituivano resistendo E.G.D.M., An.A., D.A., A.L., R.G., Am.X., X.Xx., X.Ri. e G.P.S..
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale Centrale d'Appello, con sentenza del 28 novembre 2019 accoglieva l'impugnazione e per l'effetto rinviava la causa al primo giudice per la decisione sul merito e sulle spese.
1.3.1 Ha presentato ricorso E.G.D.M., dando luogo così alla causa n. 12386/2020 R.G.; si è difeso con controricorso il Procuratore Generale presso la Corte dei conti.
Hanno presentato ricorso incidentale adesivo al suddetto ricorso e al ricorso di An.A. - che ricorrendo avverso la medesima sentenza aveva frattanto avviato un'altra causa, la n.
14713/2020 R.G. di cui si dirà infra - rispettivamente X.Xx., G.P.S. nonché, unitamente, R.G., D.A., Am.V. e A.L.; il Procuratore Generale si è difeso con controricorso nei confronti di ciascuno dei ricorsi incidentali adesivi.
1.3.2 Il suddetto ricorso proposto da E.G.D.M. come unico motivo denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.1 c.p.c., violazione dei principi fondamentali riguardanti il riparto tra giurisdizione contabile e giurisdizione ordinaria, nonché violazione dell'articolo 1 DLgs. 26 agosto 2016 n. 174 recante l'approvazione del Codice della giustizia contabile. Osserva il ricorrente che il presupposto della giurisdizione contabile è che la società sia in
house e quindi sia un soggetto sostanzialmente, e per vari aspetti anche formalmente, indistinto dalla controllante amministrazione pubblica. La verifica dei requisiti affinché la società sia in house deve poi svolgersi, come insegna la giurisprudenza di questa Suprema Corte (si invocano Xxxx. SS.UU. 21 giugno 2019 n. 16641 e Cass. SS.UU. 11 settembre 2019 n. 22712) in riferimento alla normativa e allo Statuto vigente all'epoca in cui sarebbe stato commesso il fatto illecito, occorrendo comunque tutti i requisiti affinché sussista una società "in house providing": i quali requisiti devono "risultare da precise disposizioni statutarie in vigore all'epoca", essendo "essenziale, anche se l'ente privato societario rimane pur sempre centro di imputazione di rapporti e di posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante ..., che siano resi manifesti nei rapporti interni ed esterni il carattere istituzionalmente servente della società in house e la sua fisionomia di mera articolazione della P.A. da cui promana, in contrapposizione a quella di soggetto giuridico esterno e autonomo della P.A.". Pertanto la società sarebbe in house soltanto qualora sussistano forme di controllo dei soci analogo a quello che compiono gli enti pubblici sui propri uffici.
Il giudice d'appello per Alfa S.p.A. avrebbe invece potuto rilevare unicamente che l'assemblea sociale ne nomina gli amministratori - come in ogni assemblea dei soci: articolo 2364 c.c. - e ne deve autorizzare le scelte fondamentali - cioè atti
programmatori, stipulazione di convenzioni con l'Ente d'ambito ottimale e investimenti superiori a un milione di euro -, a ciò aggiungendosi che "lo Statuto rinvia alle leggi per la disciplina residuale". Tutto questo però non costituirebbe un controllo analogo a quello, appunto, che una P.A. ha il potere di compiere sui propri uffici, ovvero il controllo per cui l'ente ha "incombenza" su ogni atto per cui ritiene necessario esercitarlo, "potendone determinare i contenuti, annullarli, preventivamente autorizzarli". Al contrario, nel caso in esame non agli enti controllanti, bensì all'assemblea sociale spettano le scelte che la Corte dei conti definisce fondamentali, ma che sarebbero invece di un "livello generalissimo" (la programmazione delle attività) o riguardanti investimenti superiori ad un importo "molto elevato", e non anche ad ogni spesa. Ciò non distinguerebbe l'assemblea di Alfa S.p.A. da ogni assemblea di società per azioni, cui lo Statuto riserva ai sensi dell'articolo 2364 c.c. "taluni atti aggiuntivi"; quindi non costituirebbe "una generalizzata supervisione sulla vita dell'ente controllato".
Nello Statuto di Alfa S.p.A. non sarebbe previsto un distinto potere di controllo e nessuna delle speciali prerogative già all'epoca delineate dagli articoli 2449 ss. c.c. per le società partecipate dallo Stato o da enti pubblici in ordine alla designazione dei consiglieri di amministrazione e dei sindaci; e null'altro sarebbe stabilito per gli enti controllanti. Nello Statuto non si rinverrebbero né la nomina di organi di gestione della società né la preventiva autorizzazione degli enti controllanti sull'attività della società o forme particolari di ispezioni e di comunicazione informativa. La Corte dei conti pertanto avrebbe fondato la pretesa esistenza del controllo analogo su dati statutari che descrivono l'ordinaria organizzazione di una società; e gli "sporadici interventi" sulla programmazione dei maggiori investimenti sarebbero conferiti all'assemblea dei soci, non agli enti controllanti. Lo Statuto d'altronde non prevederebbe "adeguati flussi informativi" a favore degli enti controllanti, né la facoltà di questi di accedere ai dati della società "in forme prestabilite e penetranti". Sarebbe inattuabile il controllo analogo senza la "correlata possibilità d'imporre la comunicazione di dati continua e completa" e tantomeno senza la possibilità di imporre la trasmissione di tali dati "in caso di omissioni riscontrate o sospettate".
Si trascrivono poi due articoli dello Statuto per evidenziare come il consiglio di amministrazione godrebbe dei "più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria" (articolo 20), oltre alle autorizzazioni riservate all'assemblea ordinaria (articolo 15), per desumerne che l'attività del consiglio di amministrazione non subirebbe "alcun limite nei controlli degli enti soci" - neppure su quanto programmato dall'assemblea - e sarebbe un
"organo gestionale nel più pieno dei suoi poteri operativi".
Pertanto gli enti soci non governerebbero Alfa S.p.A., al cui organo di amministrazione si consentirebbero pure la fusione con altri soggetti e "le ulteriori modalità di trasformazione codicistica": si tratterebbe, in conclusione, di una società per azioni come configurata dalla normativa del codice civile, "e quindi sostanzialmente sovrana delle proprie decisioni, senza ... alcuna qualificante interferenza, in termini di controllo o di formazione della volontà" consentita agli enti pubblici soci.
1.4 II ricorso adesivo di X.Xx. - che si presenta come adesivo non solo a quello M., ma pure a quello An. - non presenta formali rubriche per le sue censure. In riferimento comunque alla determinazione della giurisdizione - evidentemente aderendo all'unico motivo che denuncia l'erronea identificazione della giurisdizione come contabile in entrambi i ricorsi cui aderisce - prende le mosse dal rilevare che nel caso in esame sussistono "due fondamentali principi che regolano il tema".
1.4.1 In primo luogo (cfr. Cass. SS.UU. 19 dicembre 2009 n. 26806) devono distinguersi i danni che subisce direttamente la società di capitali da quelli che subisce il socio pubblico per il valore della partecipazione, e ciò "è particolarmente rilevante per le società che agiscono sul mercato": solo per i danni subiti dal socio pubblico "la giurisdizione sarebbe riservata al giudice contabile".
In secondo luogo, come principio "in evoluzione del primo" (e qui si cita Xxxx. SS.UU. 25 novembre 2013 n. 26283), deve affermarsi che tale distinzione non incide se la società è in house, per la immedesimazione tra questa e la pubblica amministrazione in modo che il danno "si rifletta direttamente nei confronti del soggetto (pubblico) controllante".
Afferma il ricorrente che i due principi sono stati poi codificati dall'articolo 12 DLgs. 175/2016 senza modifica degli esiti raggiunti dalla precedente consolidata giurisprudenza. E sarebbe "in questo quadro" che si dovrebbe ricostruire se si sia dinanzi a una società in house.
D'altronde la questione della giurisdizione "non si risolve nell'alternativa se esista un sistema di controlli o se non esista, ma esclusivamente di chi sia la competenza". Invece nella sentenza impugnata emerge la convinzione che, "al di fuori della Corte dei Conti, non esista alcun vero e reale controllo": assunto, questo, "inaccettabile", in quanto manifestante "sfiducia nell'amministrazione, e nello stesso giudice ordinario".
1.4.2 Entrando nel tema dei requisiti della società in house, si osserva poi che, come risulterebbe dallo stesso atto d'appello della Procura Generale, Alfa S.p.A. è una società "pluripartecipata", necessitante "controllo analogo congiunto", cioè distinto dal "semplice" controllo analogo. La Corte di Lussemburgo ha affermato (sentenza 29 novembre 2012, C-182/2011 e C-183/2011, Econord) che "in caso di società partecipata da più autorità amministrative non è indispensabile che ciascuna di queste "detenga da sola un potere di controllo individuale" sulla società, ma occorre che i soci pubblici esercitino un controllo congiunto, attraverso la partecipazione di ciascuno di essi "sia al capitale, sia agli organi direttivi dell'entità suddetta". Con la sentenza n. 3554/2017, poi, il Consiglio di Stato "ha ulteriormente chiarito" che il controllo congiunto si attua soltanto qualora gli organi decisionali dell'organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, qualora i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell'organismo controllato secondo le regole generali elaborate in riferimento al tradizionale in house providing, e qualora l'organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti. Per questo si sarebbe ritenuto sussistente il controllo analogo congiunto solo nel caso in cui sia previsto un apposito comitato assembleare al fine di valutare tutte le proposte del Consiglio di Amministrazione
e verificare lo stadio di attuazione degli obiettivi indicati nei documenti programmatici e dei contratti di servizio, "comitato titolare del potere di richiedere informazioni e documenti,
oltre che destinatario di referti sulla gestione da parte del medesimo consiglio di amministrazione".
Parimenti fondamentale sarebbe l'esistenza di un "regolamento comune per disciplinare i rapporti tra gli stessi Enti locali e la Società", modificabile solo all'unanimità e conferente a ogni ente locale partecipante un diritto di veto sulle delibere del consiglio di amministrazione dotate di "esclusiva attinenza" al suo territorio, con la facoltà di deferire la questione al comitato assembleare qualora l'organo amministrativo non si uniformi ai rilievi dell'ente locale.
Quindi il controllo congiunto sussisterebbe soltanto qualora le regole societarie, in deroga agli strumenti ordinari che regolano la società, "costruiscano modalità di governance in cui tutti i soggetti che partecipano della società possano disporre di poteri e determinino, in concreto, l'operato societario anche con la possibilità di opporre il veto". Di ciò non vi sarebbe traccia per la società pluripartecipata in questione, né nell'atto d'appello né nella sentenza impugnata, e ciò deriverebbe dal fatto che lo statuto non prevederebbe tali cautele, bensì costituirebbe "un ordinario statuto retto dalle regole tipiche delle società di capitale con la formazione di maggioranze, e, soprattutto, di minoranze, che sono tenute al rispetto ... di quanto deciso dalla maggioranza".
Anche la previsione dell'autorizzazione assembleare per gli investimenti superiori a un milione di euro ad avviso del ricorrente "non si discosta dallo schema maggioranza/opposizione", e dunque non sussisterebbe il "controllo analogo congiunto". La sentenza inoltre non consentirebbe neppure di comprendere di quale tra gli enti pubblici partecipanti la società "possa considerarsi in house".
1.4.3 Rammentato poi che la giurisprudenza consolidata riconosce che "l'influenza sulla società da parte dell'ente pubblico proprietario non si possa ridurre alle facoltà spettanti al socio, ma deve, al contrario, tradursi in veri e propri poteri di comando che limitino in maniera evidente l'autonomia societaria", si rimarca che solo "con la legge regionale del 2016", successiva ai fatti contestati e non ancora attuata, "si è posto il problema del controllo analogo".
Non sussisterebbe quindi "l'essenza stessa della qualificazione in house della società come struttura corrispondente ad un'articolazione interna alla pubblica amministrazione (rectius alle singole amministrazioni)", mancando "qualsiasi collegamento con le amministrazioni che compongono la società".
Tutto questo sarebbe stato trascurato dalla sentenza impugnata, limitatasi a sottolineare il divieto di trasferimento di quote a soggetti non pubblici - qui ininfluente -, a evidenziare la competenza dell'assemblea per la nomina degli amministratori - "non si comprende chi altrimenti dovrebbe farla" - e l'autorizzazione assembleare per investimenti superiori a un milione di euro - omettendo "di considerare che le relative delibere sono adottate con le regole ordinarie del diritto societario e, dunque, a maggioranza, così che chi non ne fa parte semplicemente le subisce", onde si realizzerebbe il paradosso che "il (presunto) controllore dovrebbe subire le decisioni ritenute a lui sfavorevoli qualora queste vengano adottate da parte del (presunto) controllato" -.
Lo statuto non prevederebbe, ribadisce il ricorrente, clausole che consentano ai partecipanti un controllo analogo come se la società fosse una propria struttura interna ma, al contrario, della società "rimarca la autonomia", delineando "un modello societario in cui l'organo amministrativo risponde esclusivamente alla Assemblea", come usualmente avviene nelle società di capitali; in questo senso lo statuto è l'unica fonte di eventuali responsabilità. E sarebbe evidentemente diverso "il profilo delle funzioni esercitate che, esse sì, devono essere definite dalla norma di rango superiore", la quale non incide però sulla giurisdizione "che riguarda il modo con cui concretamente è affidato il servizio e non l'astratta definizione di esso".
1.5 II ricorso incidentale adesivo di G.P.S. presenta un unico motivo rubricato come
denunciante, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.1 c.p.c., violazione dei principi fondamentali del riparto tra la giurisdizione contabile e la giurisdizione ordinaria, nonché violazione dell'articolo 1 DLgs. 26 agosto 2016 n. 174 di approvazione del codice di giustizia contabile.
1.5.1 Secondo il ricorrente la sentenza impugnata avrebbe individuato nello Statuto di Alfa
S.p.A. gli articoli 15 e 16 come norme che apporterebbero il requisito del controllo analogo, ovvero la riserva all'assemblea dei soci della nomina degli amministratori e della preventiva autorizzazione delle scelte fondamentali (programmazione, sottoscrizione della convenzione con AATO Basilicata e investimenti eccedenti un milione di euro).
Il ricorrente, peraltro, osserva che questi richiami "non sono sufficienti a far ritenere l'esistenza di un controllo analogo" perché "il richiamo è ai poteri dell'assemblea dei soci e non certo a quello degli Enti (quali tra Regione e Comuni?)" e perché tali poteri "sono riconducibili a quelli attribuiti a qualsiasi assemblea di società" secondo la disciplina codicistica. Né la Regione né i Comuni partecipanti "avevano il potere di nomina e revoca degli amministratori, dei sindaci e del direttore amministrativo", e il Consiglio di Amministrazione godeva dei più ampi poteri di gestione ordinaria e straordinaria, salvi appunto i casi indicati nell'articolo 15 dello Statuto.
Mancando allora il potere di nomina e revoca degli amministratori, dei sindaci e del direttore amministrativo "non era ipotizzabile alcuna forma di controllo degli organi amministrativi della società".
1.5.2 La mancanza sarebbe stata confermata dall'avere la Regione previsto solo con la
L.R. 1/2016 che l'EGRIB effettuasse il controllo analogo sul gestore di affidamento in house; e solo con il DLgs. 175/2016 sarebbe stato stabilito che l'affidamento diretto del servizio pubblico può essere svolto soltanto da società in house e quindi sottoposte a controllo analogo.
Non a caso la Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti della Basilicata, nell'udienza del 27 luglio 2018, nell'ambito del giudizio di parificazione del Rendiconto Generale della Regione Basilicata per l'anno 2016, a proposito di Alfa S.p.A. manifestava "perplessità in ordine all'esclusione da "qualsiasi controllo" sulla gestione delle risorse "pubbliche" di un organismo partecipato al 100% da Enti pubblici", perplessità resa più "intensa" essendo deputato al controllo "un ente strumentale della Regione (EGRIB)". Vi sarebbe dunque "un'anomalia di base", non essendo "esercitata in via congiunta dagli enti soci" nessuna forma di controllo, demandato ad un ente terzo, l'EGRIB", ovvero "un ente strumentale della Regione, e cioè un ente costituito per svolgere le funzioni delegate dalla Regione".
Quanto rilevato quindi dalla Sezione Regionale di Controllo in tale sede confermerebbe comunque la "inesistenza di qualsiasi controllo esercitato in via congiunta dagli enti soci su Alfa S.p.A., che inoltre era stato escluso dai destinatari delle direttive sul controllo analogo standardizzato dell'Ente sulle società in house con deliberazione del 29 maggio 2015 n.
703 della Giunta Regionale.
Richiamata la giurisprudenza in ordine ai tre requisiti di cui deve essere dotata la società in house e che costituiscono il presupposto della giurisdizione contabile per l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali per i danni cagionati al patrimonio della società - requisiti che devono emergere dallo statuto vigente all'epoca -, si sostiene che da quanto sopra illustrato "deriva che dallo Statuto di Alfa S.p.A. non era possibile evincere la sussistenza di un potere di controllo analogo da parte degli enti pubblici che ne facevano parte".
1.6 Il ricorso incidentale adesivo di R.G., D.A., Am.V. e A.L. denuncia, con un unico motivo, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.1 c.p.c., violazione dei principi del riparto tra la giurisdizione contabile e la giurisdizione ordinaria nonché violazione dell'articolo 1 DLgs. 174/2016 di approvazione del Codice della giustizia contabile.
1.6.1 Ribadita la necessità dei tre requisiti per configurare una società in house come indicato da numerosi arresti di queste Sezioni Unite, si nega la sussistenza nel caso in esame del requisito del controllo analogo, in quanto lo Statuto non attribuirebbe agli enti pubblici partecipanti in Alfa S.p.A. "alcun potere di dettare le linee e scelte operative e/o di esprimere un potere di comando direttamente sulla gestione della società", avendo viceversa modalità di partecipazione "riconducibili ai consueti diritti e facoltà spettanti al socio secondo le regole comuni civilistiche, senza preventiva ingerenza e successivo controllo".
A differenza poi di quanto affermato nella impugnata sentenza, il divieto di trasferimento di quote a soggetti privati stabilito nello Statuto sarebbe un "elemento neutro per sussumere l'esistenza del terzo necessario requisito"; e proprio l'esame delle singole disposizioni statutarie condurrebbe a escludere "forme di ingerenza, poteri di coordinamento o linee di comando degli enti partecipanti sulla gestione sociale", come la giurisprudenza indica per il requisito del controllo analogo.
1.6.2 Vengono richiamati dello Statuto gli articoli 20 - Poteri dell'organo amministrativo: "L'organo amministrativo è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della Società, e in particolare gli sono riconosciute tutte le facoltà per il raggiungimento degli scopi sociali..." - e 24 - Controllo contabile: "Il controllo contabile è esercitato da un revisore o da una Società di revisione iscritti nell'apposito registro" - per segnalare poi anche "l'assenza di flussi informativi tra organo gestorio ed enti partecipanti".
Si adduce altresì che le disposizioni statutarie relative a nomina, formazione e funzionamento degli organi di gestione (articoli 16-20) ovvero all'attività di controllo (articoli 24-25) confermano la tesi prospettata, "non esistendo alcuna forma di diversa e più pregnante cautela rispetto ad un tipico statuto societario regolato dalle norme di diritto comune né diverse competenze affidate all'Assemblea dei soci", e comunque mancando "forme di ingerenza o poteri di comando diversi e più incisivi rispetto alle facoltà che spettano al socio di una società regolata dal codice civile".
Che poi all'assemblea dei soci spettino la nomina degli amministratori ("tipico potere di ogni assemblea") e la preventiva autorizzazione su atti di programmazione e su investimenti oltre un milione di euro "non sposta il problema di fondo", dato che "tali scelte statutarie riconoscono pur sempre all'Assemblea, dunque ai soci, facoltà rientranti nella fisiologia dinamica di una società comune, perché non autorizzano una ingerenza preventiva sulle scelte da parte degli enti - controllanti - né un controllo successivo analogamente a quello esercitato su atti e attività dei propri uffici", onde "nei rapporti interni ed esterni" la società non presenta il necessario "carattere istituzionalmente servente", né una fisionomia di mera articolazione della pubblica amministrazione.
2. Una ulteriore causa, la n. 14713/2020 R.G., come già sopra si accennava, è sortita dal ricorso proposto sulla base di un unico motivo da An.A., e da cui si è difeso con controricorso il Procuratore Generale presso la Corte dei conti. In questa causa G.Ri. ha presentato ricorso incidentale definito adesivo al ricorso di E.G.D.M. e al ricorso di An.A.; il Procuratore Generale si è difeso con controricorso.
2.1 L'unico motivo del ricorso di An.A. denuncia, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.1, c.p.c. violazione dei principi fondamentali di riparto tra giurisdizione contabile e ordinaria, nonché violazione dell'articolo 1 DLgs. 26 agosto 2016 n. 174 recante l'approvazione del codice della giustizia contabile. Il motivo viene comunque illustrato in tre distinti submotivi.
2.1.1 In primo luogo, "con riferimento alla parte motiva" della sentenza, si osserva che in essa la Corte dei conti ha affermato che l'articolo 7, ultimo comma, dello Statuto (per cui "il trasferimento delle azioni, tanto a titolo oneroso quanto a titolo gratuito, è consentito unicamente a favore di enti pubblici territoriali costituenti l'Autorità d'Ambito Territoriale
Ottimale di Basilicata") "deve ritenersi bastevole per poter affermare, in fattispecie, la sussistenza della giurisdizione" contabile.
Per di più il divieto di cedere le partecipazioni a privati varrebbe soltanto come "elemento confermativo", ma non sostitutivo dei tre requisiti necessari.
Lo Statuto di Alfa S.p.A. nulla prevederebbe a proposito del controllo analogo così come era vigente quando avvennero i fatti da cui sarebbe sorto il presunto danno erariale. Si invoca, da ultimo, Xxxx. SS.UU. 7824/2020, per cui tutti i requisiti devono risultare da specifiche disposizioni statutarie dell'epoca, non rilevando "la loro ricorrenza in fatto", essendo necessario esternare nei rapporti interni ed esterni "il carattere istituzionalmente servente della società in house" quale "mera articolazione della P.A. da cui promana", in contrapposizione alla natura di "soggetto giuridico esterno e autonomo dalla P.A.".
Ne consegue la necessaria contemporaneità dei tre requisiti.
2.1.2 In secondo luogo il ricorrente lamenta carenza del requisito del controllo analogo, da intendere come esercizio da parte della pubblica amministrazione di un potere gestionale e decisionale sulla società in house quale fosse una propria articolazione organizzativa, così che - come insegna la giurisprudenza (ancora Xxxx. SS.UU. 26283/2013) - la società in house ha della società soltanto la forma esteriore. Quindi per operare un siffatto controllo non basterebbe la sola partecipazione pubblica della società in house, il controllo d'altronde dovendo essere esercitato con mezzi diversi da quelli previsti dal codice civile, tali da privare di ogni autonomia gestionale gli organi sociali. Il che andrebbe previsto in modo preciso e inderogabile dallo Statuto sociale, indicando puntualmente come si esercita sulla società "una vera e propria forma di comando" idonea a farne una longa manus della pubblica amministrazione.
Tutto questo difetterebbe nello Statuto di Alfa S.p.A., come rilevato dal primo giudice: lo Statuto "rimanda esclusivamente alle norme del codice civile" per le società di capitali (articoli 2380 ss. c.c.), senza nulla aggiungere. Ciò sarebbe stato confermato, poi, dal giudizio di verifica del rendiconto del 2016 effettuato dalla Sezione Regionale del giudice contabile, e confermato altresì dalla introduzione della "conseguente" L.R. 8 gennaio 2016 n.1, prevedente il controllo, e dalla quale avrebbe dovuto derivare la modifica dello Statuto, peraltro non attuata.
2.1.3 In terzo luogo, riguardo alle "argomentazioni di parte appellante" (sic) osserva il ricorrente che quest'ultima aveva prospettato un'infondata tesi: ricostruita la normativa nazionale e regionale, avrebbe affermato che il controllo analogo sarebbe stato desumibile "da fonti di rango superiore allo Statuto come leggi o regolamenti". Il che però non emergerebbe dalla normativa, nella quale nulla sarebbe stato previsto in ordine al controllo analogo fino alla promulgazione della L.R. 1/2016.
Gli stessi fatti contestati dimostrerebbero, d'altronde, l'assenza del controllo analogo: il Consiglio di Amministrazione di Alfa S.p.A. avrebbe scelto in modo autonomo come gestire la società.
2.2. Il ricorso incidentale adesivo di G.Ri. propone a sua volta un unico motivo, denunciante, in riferimento all'articolo 360, primo comma, n.1, c.p.c., violazione dei principi fondamentali di riparto tra giurisdizione contabile e ordinaria, nonché violazione dell'articolo 1 DLgs. 26 agosto 2016 n. 174 recante l'approvazione del codice della giustizia contabile.
2.2.1 Si richiama la giurisprudenza di queste Sezioni Unite in ordine ai tre requisiti che rendono una società in house, e si invoca pure giurisprudenza della Corte di Giustizia CE (sentenza 13 ottobre 2005, C-458/2003, Parking BriXen) per sostenere che il controllo analogo si caratterizza per la sua particolare incisività, effettività e concretezza d'esercizio, così da risultare incompatibile con ampi poteri di gestione dell'organo amministrativo, instaurando al contrario un rapporto di subordinazione gerarchica tra esso e l'ente pubblico socio, dovendo l'ente pubblico avere "statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house".
Il controllo d'altronde non coinciderebbe con l'influenza dominante che i soci in posizione maggioritaria o il socio unico possano esercitare sull'assemblea della società, integrando invece un potere di controllo previsto nello Statuto e direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con modalità e intensità diverse rispetto ai diritti e alle facoltà dei soci dettati dal codice civile, così da escludere ogni rilevante autonomia gestionale degli organi societari (e qui, oltre a Xxxx. SS.UU. 30 agosto 2019 n. 21871, si cita Cons. Stato, Ad. plen. 3 marzo 2008 n.1).
2.2.2 Richiamata la più recente giurisprudenza di queste Sezioni Unite per ribadire i principi sopra esposti, si afferma che in sostanza dovrebbe essere lo Statuto a prevedere "più stringenti forme di controllo rispetto a quelle previste dal codice civile", per giungere quindi a escludere che ciò si ravvisi nello Statuto di Alfa S.p.A., sia quanto alle norme relative alle modalità di formazione e di funzionamento del Consiglio di Amministrazione (articoli 16-20), sia quanto alle norme regolanti il controllo (articoli 24 e 25).
Si segnalano dello Statuto, in particolare, il testo dell'articolo 15 ("Sono soggetti alla preventiva autorizzazione dell'assemblea ordinaria: il programma annuale e triennale dell'attività di gestione e degli investimenti; la sottoscrizione della convenzione (e delle sue modificazioni) con l'ente d'ambito; la realizzazione di singoli investimenti con impegno che ecceda € 1.000.000,00 e non ricompresi nei piani già approvati.") e quello dell'articolo 24 ("Il controllo contabile è esercitato da un revisore o da una Società di revisione iscritti nell'apposito registro"), per desumerne che non stabiliscono alcun potere di comando direttamente esercitato sulla gestione della società "con modalità e intensità non riconducibili ai normali diritti e facoltà che spettano al socio in base alle regole dettate dal codice civile". E in effetti, sia per le norme relative al Consiglio di Amministrazione, sia per le norme relative al controllo "lo Statuto rimanda esclusivamente agli articoli del codice civile" relativi alle società di capitali, senza riconoscere agli enti pubblici in essi partecipanti "alcun ulteriore potere di comando".
Le norme statutarie invocate nella sentenza impugnata in realtà si limiterebbero "a descrivere l'ordinaria attività organizzativa di Alfa S.p.A., in cui all'Assemblea dei soci sono affidate le decisioni ordinarie di carattere generale, relative alla programmazione dell'azione della società o ad interventi superiori ad un determinato importo". Non può pertanto ritenersi sussistente la giurisdizione contabile, mancando il requisito del controllo analogo alla società in questione.
3. Entrambe le cause sono state chiamate all'udienza pubblica del 25 maggio 2021, per la quale il Procuratore Generale di questa Suprema Corte ha presentato conclusioni scritte in riferimento al ricorso M., al ricorso An., al ricorso incidentale adesivo Mu. e al ricorso incidentale adesivo G.-A.-Am.-L., reputandoli tutti infondati.
All'esito della discussione del 25 maggio 2021, con ordinanza interlocutoria, è stata riunita alla causa n.13286/20 R.G. la causa n.14713/20 R.G. e si è chiesta relazione del Massimario, che è stata depositata nel dicembre 2021.
Le cause riunite, dapprima fissate alla pubblica udienza dell'11 gennaio 2022, sono state poi collocate nella pubblica udienza del 10 maggio 2022, in riferimento alla quale il PG ha nuovamente concluso per il rigetto e hanno depositato memoria rispettivamente il S., il M. e l'An., quest'ultimo proponendo istanza di discussione orale, che è stata effettuata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Tutte le censure, ictu oculi, possono essere unitariamente considerate, in quanto relative all'addotta assenza del requisito del controllo analogo, non essendo stati posti in effettiva discussione gli ulteriori due requisiti propri della società in house.
La pluralità dei ricorsi contiene, invero, pur da punti di vista non sempre coincidenti, un'unica censura: avere la sentenza impugnata ritenuto la presenza del requisito del controllo analogo su Alfa S.p.A., requisito che invece non sarebbe sussistente, non emergendo dal suo statuto elementi diversi da quelli conformi alla disciplina delineata nel codice civile per le società di capitali.
I ricorrenti identificano, è possibile evidenziare in assoluta sintesi, il requisito del controllo analogo nella sua sostanziale assimilazione con il controllo operato dagli enti pubblici sulle proprie articolazioni organizzative e sui propri uffici, assimilazione di tale intensità da far ritenere le due forme sovrapponibili; pertanto rimarcano il difetto di vincoli gerarchici tra gli enti pubblici titolari delle partecipazioni di Alfa S.p.A. e i suoi organi sociali, nonché la mancanza di forme generalizzate di approvazione di ogni atto per cui lo si ritenga necessario con correlato potere di determinarne i contenuti, annullarli e in via preventiva autorizzarli, adducendo correlativamente che ricorrerebbe l'assenza di un potere di comando direttamente sulla gestione, valevole come prova dell'inesistenza del requisito.
5. E' opportuno rilevare che la sentenza impugnata è pervenuta a riconoscere la sussistenza del requisito del controllo analogo con un percorso, soprattutto all'avvio, non completamente lineare, ma comunque ben comprensibile, vale a dire sufficientemente logico.
In primis nella sentenza si è condivisa la prospettazione del Procuratore appellante, che aveva censurato la sentenza di primo grado per avere tenuto in conto solo l'assenza di clausole statutarie che manifestino un controllo analogo" e altresì osservato che l'esistenza di questo è evincibile non solo dallo statuto, ma pure da fonti ad esso superiori come leggi o regolamenti attribuenti la natura (sostanziale) di ente pubblico.
Si adduce poi, peraltro, che "molto più semplicemente il riferimento primario" è proprio lo statuto, evidenziando quindi che il suo articolo 7, all'ultimo comma, vieta il trasferimento di azioni a soggetti diversi dagli "enti pubblici territoriali costituenti l'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale di Basilicata", il che sarebbe "bastevole". Tuttavia, subito dopo si invoca la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui i requisiti della giurisdizione contabile costituiscono la ben nota triade (richiamando pure la fondamentale Cass. SS.UU. 26283/2013), per attribuire in seguito un effetto predominante ad uno di essi:
"Ma quel che maggiormente interessa - al di là della contemporanea presenza di questi elementi - è che lo Statuto deve vietare «in modo assoluto» la cessione a privati delle partecipazioni".
A questo punto il giudice contabile d'appello inserisce l'elemento della condivisibilità di cui risulta, a suo avviso, dotato il rilievo del Procuratore appellante per cui, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, "lo Statuto prevede comunque alcune forme di supremazia dell'amministrazione pubblica, rilevanti ai fini del controllo".
Ricostruita successivamente, con dettaglio, la normativa regionale a proposito del servizio idrico e dato dunque atto che alla Autorità d'Ambito compete, tra l'altro, il controllo sulla gestione di tale servizio - autorità peraltro sostituita dalla Conferenza Interistituzionale Xxxxxx dal 1 gennaio 2011 ma all'epoca dei fatti non ancora costituita e quindi sostituita da un Commissario: la vicenda in esame, come già si è visto, riguarda gli anni dal 2010 a 2014 -, il giudice contabile d'appello osserva in particolare che la L.R. 63/1996 aveva
previsto, all'articolo 11, l'affidamento della gestione del servizio idrico ad un soggetto, che fu appunto Alfa S.p.A., in base ad una convenzione che avrebbe dovuto approvare il Consiglio Regionale. Quest'ultimo effettivamente approvò la convenzione tipo con delibera
n. 502/2002, per cui AATO stipulò con detta società la "Convenzione di gestione", il cui articolo 1 stabilisce:
"L'Autorità di Ambito Territoriale Ottimale, unico in Basilicata, affida in via esclusiva la gestione del servizio idrico integrato ad Alfa S.p.A.".
Nella sentenza impugnata, ribadito allora che "sulla base della disciplina innanzi richiamata, all'AATO erano affidate tutte le funzioni amministrative di programmazione, organizzazione, vigilanza e controllo sulla gestione del servizio idrico integrato, mentre la gestione del servizio era affidata, in via esclusiva, ad Alfa", si ritorna a questo punto a valorizzare il contenuto dello Statuto: "Come correttamente rileva parte attrice nel proprio atto di appello, lo Statuto non ha soltanto previsto l'incedibilità delle azioni a soggetti differenti dagli enti locali territoriali d'ambito, ma anche l'oggetto e lo scopo sociale ..., nonché la riserva all'Assemblea dei soci non solo della nomina degli amministratori (art. 16), ma soprattutto della preventiva autorizzazione su scelte fondamentali della società, ovvero il programma annuale e triennale della gestione e degli investimenti, la sottoscrizione della convenzione con l'AATO della Basilicata e la realizzazione di investimenti eccedenti il valore di €1.000.000,00 (art. 15) ed, infine, il rinvio alle leggi previste in materia quale criterio residuale di disciplina (art. 29)". Da ciò si perviene a concludere che Alfa è società in house "sulla base dell'intera disciplina posta a fondamento del legislatore nazionale e comunitario, ma ancor prima dello Statuto".
6. La società in house - è ben noto - rappresenta un istituto ibrido (non a caso è stata definita frutto di diritto pretorio della CGUE), il quale si colloca formalmente entro la specie disegnata dal codice civile ma parimenti, in particolare per giustificarne l'esonero dalla sottoposizione ai bandi di gara con evidente ripercussione sul principio unionale della concorrenza (principio intensamente forte, tanto che potrebbe definirsi "insistente"), se ne distanzia costruendo la propria struttura di eccezione soprattutto mediante la caratteristica/requisito su cui si impernia - tra le tre connotazioni che devono in essa coesistere - il nucleo della discussione svoltasi in questa causa, cioè l'assoggettamento al controllo analogo dell'ente pubblico cui si rapporta (o degli enti pubblici, come nel caso in esame) così da assumere una concretezza funzionale insita, "interna" all'ente pubblico, costituendone una effettiva propaggine nonostante il rivestimento privatistico.
Da tempo, oramai, questo che è un fenomeno di discostamento tra forma e sostanza si presenta come oggetto di viva attenzione giurisprudenziale e legislativa.
Poiché, come si è visto, la vicenda qui in esame è insorta in epoca precedente agli ultimi interventi normativi - si prospetta danno erariale nel periodo tra il 2010 e il 2014, e quindi anteriormente al DLgs. 19 agosto 2016 n. 175, Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, che ha attuato nell'ordinamento interno le direttive sui contratti pubblici nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sostituenti la direttiva 2006/123/Ce, e che in seguito è stato a sua volta novellato - appare opportuno rievocare sinteticamente lo "stato giuridico" dell'epoca in cui essa deve inquadrarsi.
7.1 Più rilevante in effetti del dato normativo interno sussistente in tale epoca (l'articolo 23-bis DL 25 giugno 2008 n. 112, convertito nella L. 6 agosto 2008 n. 133 aveva previsto l'obbligo della procedura competitiva di evidenza pubblica salva l'eccezione, qualora sussistessero particolari caratteristiche che non avrebbero consentito un efficace e utile ricorso al mercato, dell'affidamento diretto a "società di capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta 'in house' e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano", abrogato poi nel 2011,
susseguendo poi il più restrittivo articolo 4 DL 13 agosto 2011 n. 138, convertito nella I. 14 settembre 2011 n. 148, neanche un anno dopo a sua volta espunto, per incostituzionalità dichiarata dalla sentenza 20 luglio 2012 n. 199 della Consulta) che, come si è appena visto, non ha potuto ancora fruire delle direttive UE del 2014 e del correlato testo normativo interno, è l'ondata giurisprudenziale di Lussemburgo in tema, avviata dalla sentenza CGUE Xxxxxx, e che ha riconosciuto, appunto in pretoria, che in difetto di intersoggettività dall'ente affidante e quello affidatario non è configurabile un appalto bensì una gestione in house compatibile con i principi del Trattato che vietano la discriminazione degli operatori economici presenti sul mercato (così riassume il nucleo di questo fenomeno interpretativo la Corte Costituzionale nella sentenza 23 dicembre 2008 n. 439).
7.2 La sentenza 18 novembre 1999, C-107/1998, Xxxxxx, ha offerto per prima l'individuazione dell'entità in house precisando nella parte finale della propria motivazione che, "relativamente all'esistenza di un contratto, il giudice nazionale deve verificare se vi sia stato un incontro di volontà tra due persone distinte" si deve reputare sufficiente in linea di principio, "conformemente all'art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, ... che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall'altra, da una persona giuridicamente distinta da quest'ultimo", subito però avvertendo - ed è questo il punto - : "Può avvenire diversamente solo nel caso in cui, nel contempo, l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che la controllano".
Il "controllo analogo" così emerso viene confermato (richiamando la Teckal) dalla Corte di Lussemburgo con la sentenza 11 gennaio 2005, C-26/2003, Stadt Halle, per cui non sussiste l'obbligo di gara competitiva qualora "l'autorità pubblica, che sia un'amministrazione aggiudicatrice, eserciti sull'entità distinta in questione un controllo analogo a quello che essa esercita sui propri servizi e tale entità realizzi la parte più importante della propria attività con l'autorità o le autorità pubbliche che la controllano".
Come si possano accertare i requisiti focalizzati viene chiarito dalla successiva sentenza Parking Brixen, del 13 ottobre 2005, C-458/2003: occorre un'indagine caso per caso, che si rapporta quindi alla singola fattispecie.
Quanto al controllo analogo, dunque, occorre "tener conto di tutte le disposizioni normative e delle circostanze pertinenti" per verificare appunto se l'affidatario "è soggetto a un controllo che consente all'autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni": influenza, questa, che deve essere determinante "sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti".
Ulteriore presidio della natura in house viene altresì identificato nella cristallizzazione dell'oggetto sociale come manifestazione del rapporto fondamentale tra l'entità in house e gli enti pubblici, opponendosi a tale natura anche solo un'astratta possibilità di attivarsi in altri settori per elasticità dell'oggetto sociale nell'ambito di un'assoluta autonomia.
Quest'ultimo rilievo sarà confermato dalla sentenza 11 maggio 2006, C-340/2004, Carbotermo, in una fattispecie cui gli organi sociali godevano "i più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria della società", onde il controllo dell'ente pubblico si risolveva "sostanzialmente nei poteri che il diritto societario riconosce alla maggioranza dei soci", il che limitava "considerevolmente il suo potere di influire sulle decisioni" della società che avrebbe dovuto essere in house.
Tra le successive pronunce, rimanendo naturalmente entro l'area temporale anteriore alle direttive UE del 2014, non si può infine non ricordare la già sopra citata Econord, cioè la sentenza 29 novembre 2012, C-182/2011 e C-183/2011, che per l'esercizio del controllo analogo apre l'ingresso anche allo strumento dei patti parasociali nel caso di "un'entità posseduta in comune da più autorità pubbliche", che così possono esercitarlo congiuntamente.
8. Denso è stato il riverbero della giurisprudenza di Lussemburgo sugli interventi di questa Suprema Corte, ed è ben noto che, proprio all'epoca in cui sarebbero avvenuti i fatti de quibus, una tendenziale stabilizzazione in tale ampio flusso tematico è stata elaborata e inserita da Xxxx. SS.UU. 25 novembre 2013 n. 26283, massimata nel senso che la giurisdizione è contabile quando si tratta di azione "diretta a far valere la responsabilità degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio di una società 'in house', così dovendosi intendere quella costituita da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi, di cui esclusivamente i medesimi enti possano essere soci, che statutariamente esplichi la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti e la cui gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici".
In questa sede, come si è visto, la focalizzazione è esclusivamente sul requisito del controllo analogo, ma è comunque opportuno riportare i passi più rilevanti del riordino operato in tale arresto fondamentale:
"La direttiva 2006/123/Ce, relativa ai servizi nel mercato interno, lascia liberi gli Stati membri di decidere le modalità organizzative della prestazione dei servizi d'interesse economico generale (art. 1, par. 6). È perciò certamente consentito che, in conformità ai principi generali del diritto comunitario, gli enti pubblici scelgano se espletare tali servizi direttamente o tramite terzi e che, in quest'ultimo caso, individuino diverse possibili forme di esternalizzazione, ivi compreso l'affidamento a società partecipate dall'ente pubblico medesimo. In tale ambito, peraltro, si possono dare ipotesi ben distinte: l'affidamento a società totalmente estranee alla pubblica amministrazione, l'affidamento a società con azionariato misto, in parte pubblico ed in parte privato, ed infine l'affidamento a società
c.d. in house. Solo in quest'ultimo caso la Corte di Giustizia Europea (sin dalla nota sentenza Teckal del 18 novembre 1999, n. 107/98) ha escluso la necessità del preventivo ricorso a procedure di evidenza pubblica, muovendo dal presupposto che non sussistono esigenze di tutela della concorrenza quando la società affidata ria sia interamente partecipata dall'ente pubblico, eserciti in favore del medesimo la parte più importante della propria attività e sia soggetta al suo controllo in termini analoghi a quelli in cui si esplica il controllo gerarchico dell'ente sui propri stessi uffici." A proposito, allora, del controllo analogo, "quel che rileva è che l'ente pubblico partecipante abbia statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica.
L'espressione "controllo" non allude perciò, in questo caso, all'influenza dominante che il titolare della partecipazione maggioritaria (o totalitaria) è di regola in grado di esercitare sull'assemblea della società e, di riflesso, sulla scelta degli organi sociali; si tratta, invece, di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con modalità e con un'intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente spettano al socio (fosse pure un socio unico) in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto che agli organi della società non resta affidata nessuna autonoma rilevante autonomia gestionale (si vedano, in tal senso, le chiare indicazioni di Cons. Stato, Ad. Plen., 3 marzo 2008, n.1, e della conforme giurisprudenza amministrativa che ne è seguita)".
Puntualizza ancora, in seguito, questa pronuncia sotto un profilo più generale e alla luce di ulteriori, ivi richiamati interventi ermeneutici:
«l'ente in house non può ritenersi terzo rispetto all'amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell'amministrazione stessa» (così Cons. Stato, Ad. plen., n. 1/08...). Il velo che normalmente nasconde il socio dietro la società è dunque squarciato: la distinzione tra socio (pubblico) e società (in house) non si realizza più in termini di alterità soggettiva.
L'uso del vocabolo società qui serve solo allora a significare che, ove manchino più specifiche disposizioni di segno contrario, il paradigma organizzativo va desunto dal modello societario; ma di una società di capitali, intesa come persona giuridica autonoma cui corrisponda un autonomo centro decisionale e di cui sia possibile individuare un interesse suo proprio, non è più possibile parlare." E da questo, alla fine dell'analisi, Cass. SS.UU. 26283/2013 deduce la ricorrenza del danno erariale.
9.1 Tra i vari arresti successivi a questa stabilizzazione interpretativa qui si limita naturalmente il richiamo di quelli di maggiore pregnanza rispetto alla fattispecie in esame. È il caso, in particolare, di Cass. SS.UU. ord. 12 dicembre 2019 n. 32608, che, nella motivazione, descrive e, per così dire, accetta sine metu l'evoluzione, deformalizzante in quanto teleologica, che ha colpito il danno erariale in questi anni, riconoscendo che "si esercita attività amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall'ordinamento, si perseguono le finalità proprie dell'amministrazione pubblica mediante un'attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza che il dato essenziale che radica la giurisdizione della Corte dei conti è rappresentato dall'evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non più dal quadro di riferimento - pubblico o privato - nel quale si colloca la condotta produttiva del danno"; e dunque "la responsabilità amministrativa per danno erariale postula una relazione funzionale tra il presunto autore dell'illecito e l'amministrazione pubblica: relazione che non implica necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente un rapporto di servizio nella sua accezione, appunto, di relazione funzionale che rende l'autore del danno compartecipe dell'operato dell'amministrazione o dell'ente". Tale rapporto di servizio sussiste nel caso in cui "un ente privato esterno all'amministrazione venga incaricato di svolgere, nell'interesse e con le risorse di quest'ultima, un'attività o un servizio pubblico in sua vece, inserendosi in tal modo nell'apparato organizzativo della P.A., mentre è irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi secondo gli schemi generali previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto o in parte".
9.2 Dunque, se si ragiona su questi rilievi, considerando il legame tra l'ente pubblico e il soggetto che ne è longa manus dal punto di vista di quest'ultimo, emerge comunque una scioltezza strutturale ormai raggiunta, per cui il "controllo analogo" che il primo dovrebbe esercitare sul secondo a sua volta diventa più elastico e commisurato al caso specifico. Cass. ord. 32608/2019, in seguito, ribadisce che la partecipazione pubblica è il presupposto del controllo analogo, ma osserva poi che "nel corso degli ultimi anni, la nozione di pubblica amministrazione si è progressivamente frantumata e relativizzata ... l'ingresso di nuovi soggetti, l'ampliamento delle funzioni svolte dagli apparati amministrativi e, soprattutto, il carattere flessibile della nozione di ente pubblico hanno mutato l'assetto tradizionale: se prima la pubblica amministrazione evocava l'immagine di un pianeta con i suoi satelliti (l'amministrazione statale, in posizione di centralità, con gli altri enti pubblici che le gravitavano intorno), oggi essa ha invece assunto le sembianze di una costellazione multilivello e policentrica.
Questa trasformazione, dalla pubblica amministrazione alle pubbliche amministrazioni, è rispecchiata nell'evoluzione legislativa e giurisprudenziale: con il legislatore che via via sottopone, con espresse disposizioni, soggetti formalmente privati a regole pubblicistiche,
e con il formante giurisprudenziale pronto a riconoscere, dando rilievo a dati sostanziali e funzionali, natura pubblicistica a soggetti formalmente privati, al fine di assoggettarli in tutto o in parte ad un regime di diritto amministrativo".
10. In un siffatto quadro definibile di movimentazione informale (l'ordinanza appena richiamata si associa all'affermazione che "l'ordinamento si è ormai orientato verso una nozione funzionale e cangiante di ente pubblico" presente in Cons. Stato, sez. VI, 26 maggio 2015 n. 2660), è evidente che il controllo analogo, a sua volta, come già si accennava, non è un elemento rigido e uniforme, trovando a ben guardare il suo nucleo nell'aggettivo "analogo", che non solo impedisce l'identificazione di questo tipo di controllo con il controllo che la pubblica amministrazione esercita sui suoi uffici e sulle sue branche strictosensu, ma pure lascia intendere che l'analogia si commisura di caso in caso, cioè sussiste attraverso una forma variante che deriva dalle caratteristiche specifiche del soggetto da sottoporre al controllo analogo.
Non incide, poi, che la fattispecie sia collocata anche in epoca anteriore allo sviluppo di questa evoluzione, dal momento che l'evoluzione di per sé costituisce sempre una indicazione interpretativa della sostanza dell'istituto, esternandone le caratteristiche proprio la chiarificante progressione.
ord. 12 aprile 2020 n. 7824, non massimata; condivisibilmente invece Xxxx. SS.UU. ord. 8 luglio 2020 n. 4316, non massimata, riconosce la potenziale pluralità delle fonti del potere di controllo analogo, affermando che "il requisito del controllo analogo (a quello che si esercita nei confronti degli organi pubblici e agli enti pubblici funzionali) ... consiste nel potere, riconosciuto dallo Statuto o dalla legge, dell'ente pubblico partecipante di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house, di esprimere un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente societario con modalità ed intensità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà normalmente spettanti al socio secondo le regole del codice civile", nel caso che era in esame vagliando quindi sia le previsioni normative sia le previsioni statutarie per concludere che si era dinanzi ad una società in house per "le caratteristiche complessive emergenti dall'evoluzione legislativa della struttura e funzione ... e le coerenti indicazioni statutarie").
Per completezza, poi, in relazione al caso eventualmente opposto, non si può non rilevare che la connotazione della analogia è necessaria componente della natura del potere sulla società in house, in quanto, se tale potere fosse del tutto sovrapponibile a quello gerarchicamente esercitato dall'ente pubblico su una sua articolazione interna, verrebbe meno la esistenza, anche codicistica, della società in house, che deve invece permanere, per quanto nella misura fortemente ridotta dal suo scopo. Anche questo deriva appunto dalla sostanza dell'analogia, la quale è una mera prossimità ontologica, che non può essere confusa con l'assoluta identità.
Che il controllo analogo dunque debba qualificarsi come un aliud rispetto di controllo esercitato dalla pubblica amministrazione sugli uffici dipendenti è stato di recente confermato da Cass. SS.UU. ord. 8 luglio 2020 n. 14236, non massimata, che, pur in relazione a una società in house strettamente avvinta all'ente pubblico da una serie di specifiche norme statutarie, e quindi mediante un obiter, ha comunque disatteso "una nozione di «controllo analogo» esercitata dall'ente pubblico sulla società in house tale da declassare la società di capitali a mera articolazione interna dell'ente pubblico, del tutto
priva di autonomia e sottoposta all'identico potere gerarchico esercitato dall'Amministrazione sugli uffici dipendenti", proprio per le appena qui identificate ragioni: "Osta a tale interpretazione il dato letterale della norma che, qualificando il controllo esercitato come «analogo», intende propriamente affermare che esso non è uguale ma semplicemente simile a quello esercitato dall'ente pubblico sui propri servizi gestiti direttamente. Inoltre una interpretazione del «controllo analogo» tale per cui la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica indistinguibile da quello esercitato dall'ente pubblico sulle proprie articolazioni interne appare incompatibile con i principi di autonomia patrimoniale e attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali".
12. Tirando le fila di quanto finora si è considerato, si deve dunque affermare che il controllo analogo non è un controllo assoluto come su un pubblico ufficio, e quindi non è un controllo gerarchico, essendo costituito dal controllo di un soggetto esterno e rimasto distinto, a ben guardare, da quello controllato. Ne consegue ontologicamente la limitazione dell'obiettivo del controllo alle decisioni fondamentali del soggetto così controllato, ovvero quelle riconducibili alle linee strategiche e alle più importanti scelte operative, con il presidio a monte di un adeguato flusso di informazioni, in modo tale quindi da incidere sulla complessiva governance dell'attività della società in house, per tenere in conto e preservare le finalità pubbliche che comunque la permeano.
Le finalità pubbliche sono in effetti la stella polare del controllo quale elemento dinamico che connette concretamente la società in house con il pubblico ente: e lo strumento per concretizzare lo spazio attuativo del controllo non può essere identificato esclusivamente nello statuto, potendo pervenire pure dall'esterno della società in house, ovvero dal quadro normativo che si riverbera anche nel potere direzionale a mezzo di controllo che è attribuito all'ente pubblico.
Lo scopo e le modalità, dunque, del fenomeno giuridico dell'attività "in house" (che, non si può non ammettere, sfiora di per sé una contraddizione in termini) si avvincono, come già sopra si segnalava, alla concretezza del caso: devono pertanto essere determinati caso per caso, anche ai fini della identificazione della giurisdizione e quindi della possibilità o meno della sussistenza di un danno erariale, sulla base dell'attribuzione appunto del controllo sulle decisioni fondamentali all'ente pubblico (o agli enti pubblici coinvolti), per finalità invero esterne/estranee alle esigenze strictosensu societarie e che attribuiscono all'ente (o agli enti) un plus ontologico rispetto alla - per quanto indispensabile - qualità di socio (o di soci) della società in house.
13.1 E nel presente caso, allora, la potenzialità del danno erariale è stata correttamente e condivisibilmente individuata ai fini della identificazione del giudice in quello contabile dalla sentenza qui in esame, per quel che concerne il controllo analogo individuando i corrispondenti segnali sia nello statuto di Alfa S.p.A. sia nel pattern normativo in cui è innestato.
Come sopra si è visto, la Corte dei conti ha rilevato che lo statuto di Alfa S.p.A. all'assemblea dei soci, oltre ad attribuire la nomina degli amministratori, "soprattutto" riserva la "preventiva autorizzazione su scelte fondamentali per la società, ovvero il programma annuale e triennale della gestione e degli investimenti, la sottoscrizione della convenzione con l'AATO della Basilicata e la realizzazione di investimenti eccedenti il valore di 1.000.000", disponendo inoltre lo statuto stesso - come una sorta di connessione conclusiva - "il rinvio alle leggi previste in materia quale criterio residuale di disciplina" (la sentenza dedica una dettagliata descrizione alle pertinenti leggi regionali).
13.2 La sussistenza del controllo analogo può essere corroborata e "spiegata", logicamente, dal suo incastonarsi nella presenza degli altri requisiti, qualora conformati in senso sintonico e quindi costituenti un indice di tale sussistenza - pur non decisivo, in quanto il controllo analogo si incentra non su una base dominicale, ma, ictu °culi, su una
dimensione funzionale -.
Così nel caso in esame, ancora condivisibilmente, la sentenza impugnata ha ravvisato una forma di supremazia pubblica nell'articolo 7 dello statuto, che circoscrive il trasferimento delle azioni a qualunque titolo agli "enti pubblici territoriali costituenti l'Autorità di Ambito Territoriale Ottimale di Basilicata"(cfr. Cass. SS.UU. 21 giugno 2019 n. 16741, la quale - anche alla luce di giurisprudenza della CGUE come le sentenze del 13 novembre 2008, C- 327/2007, CoditelBrabant SA, e del 19 giugno 2014, C-574/2012, Centro Hospitalar de Setubal - giunge a precisare che "non può attribuirsi un carattere formale al requisito della iscrizione nello statuto della società in house della clausola di appartenenza esclusiva del capitale sociale all'ente che esercita il controllo in termini analoghi").
14. La sussistenza, in conclusione, della giurisdizione contabile nel caso in esame deve allora confermarsi, le ampie argomentazioni dei ricorsi non essendo comunque risultate tali da inficiare tutti gli elementi emersi ed illustrati che la sorreggono.
Ne consegue il rigetto dei ricorsi stessi, non essendovi luogo a pronuncia sulle spese processuali, in quanto il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha rivestito il ruolo di parte soltanto in senso formale (tra le pronunce massimate lo hanno condivisibilmente affermato la recente S.U. 28 febbraio 2020 n. 5589 nonchè la più risalente Cass. SS.UU. ord. 2 aprile 2003 n. 5105).
Seguendo l'insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, DPR 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi. Nulla spese.
Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, DPR 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.