ATTIVITA’ DI RICERCA PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO NELLA REGIONE TOSCANA
ACCORDO DI COLLABORAZIONE SCIENTIFICA TRA
REGIONE TOSCANA E
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E AMBIENTALE DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE
PER
ATTIVITA’ DI RICERCA PER LA MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO NELLA REGIONE TOSCANA
Relazione Tecnica Finale Attività “E2”
STUDI TEORICI E SPERIMENTALI PER LA VALUTAZIONE
DELLA VULNERABILITÀ ARGINALE
Gruppo di Lavoro:
Xxxx Xxxxxx (referente, UNIFI), Xxxx Xxxxx (UNIFI), Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx (UNIFI)
Firenze, Gennaio 2014
INDICE
3.1 Modello per la propensione al collasso 5
3.2 Modellazione della vulnerabilità per infiltrazione 7
3.6 Indice sintetico di propensione al collasso 26
3.7 Scenari di rischio idraulico da collasso arginale 26
4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA PROPOSTA 31
1. IL CONTESTO ATTUALE
Gli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio nazionale nell’ultimo decennio riportano con chiarezza all’attenzione il tema della valutazione del rischio associato al cedimento strutturale delle opere arginali, in particolare quelle costruite in terra che costituiscono la maggior parte degli argini presenti sul territorio italiano. Si pensi, ad esempio, alle recenti alluvioni avvenute nel territorio regionale a causa delle rotte degli argini del Serchio, dell’Ombrone Pistoiese e del torrente Calice durante il periodo di Dicembre 2009.
La ricorrenza sempre più accentuata di eventi alluvionali connessi a collassi arginali lascia supporre che sia più probabile il cedimento dell’argine rispetto al suo sormonto da parte dell’onda di piena; pertanto, l’analisi della pericolosità idraulica condotta esclusivamente sulla base del fenomeno idrologico può condurre ad una sottostima del rischio d’esondazione. Difatti, le attuali mappe della pericolosità idraulica nel territorio nazionale sono redatte ipotizzando il solo fenomeno della tracimazione arginale nel presupposto di argini non collassabili. Questo approccio ha portato ad ignorare, nella pianificazione territoriale, i fenomeni di erosione e sifonamento dei rilevati arginali e, di conseguenza, il rischio d’esondazione associato alla vulnerabilità arginale, principalmente a motivo della complessità ed aleatorietà di tale fenomeno. Tale quadro è ancor più aggravato a causa delle vetustà delle opere di contenimento, della moltitudine di problematiche ad esse connesse (ad esempio, l’esposizione ad animali roditori e la presenza di vegetazione), della loro estensione lineare (che ammonta a centinaia, se non migliaia, di km di arginature in terra) e, quindi, delle difficoltà nella manutenzione e controllo.
Considerati i gravi danni e le pesanti implicazioni socio-economiche che possono scaturire dalle rotture arginali in un territorio sottoposto a continua antropizzazione, appare sempre più urgente affrontare il problema nei suoi diversi aspetti: scientifico, tecnico, del monitoraggio e della manutenzione.
2. OBIETTIVI DEL LAVORO
La previsione del cedimento arginale e la valutazione del conseguente rischio idraulico sul territorio circostante costituiscono un problema complesso che, per la molteplicità di conoscenze e di competenze in esso coinvolte, può essere affrontato solo attraverso lo sviluppo di approcci tecnico-scientifici multidisciplinari. Allo stato attuale, esistono studi su casi specifici di rotture arginali, finalizzati alla riproduzione di singoli eventi alla scala locale, basati su modelli più o meno complessi (Vorogushyn, 2008). Non esistono invece metodologie comprovate per la valutazione del rischio idraulico da collasso arginale che siano implementabili a scala di bacino.
Inoltre, la maggior parte degli studi teorici e sperimentali sviluppati nella letteratura internazionale in materia di “breaching” tratta il caso di dighe, considerando condizioni di invaso statico ritenuto a monte, che differisce profondamente dalla dinamica che si sviluppa nel corso d’acqua (Xxxxx et al., 2010).
D’altronde, è quanto mai necessario oggigiorno dotarsi di tutti gli strumenti utili alla mitigazione di ogni condizione di rischio idraulico sul territorio, nell’ottica di prevenire disastri onerosi in termini di danni economico-sociali e di vite umane. Allo stesso tempo, è indispensabile concorrere a creare una consapevolezza nella comunità riguardo all’esposizione a tale fonte di rischio presente sul territorio.
Obiettivo della presente attività di ricerca è dunque quello di contribuire a fornire elementi necessari e strumenti utili ai fini di una mappatura territoriale delle potenziali criticità connesse alla vulnerabilità arginale (sormonto, sifonamento, stabilità). L’ambito di applicazione del presente lavoro è il contesto provinciale di Firenze e regionale della Toscana, sul quale recenti studi si sono concentrati (Paris, 2010; URBAT 2013).
Lo studio dello stato dell’arte in materia di “breaching”, la raccolta di dati sperimentali di letteratura e di dati relativi ad eventi reali, contribuiscono a fornire elementi necessari alla definizione di una metodologia speditiva per la
valutazione della propensione al collasso di un’arginatura fluviale in terra e per la stima dei conseguenti scenari d’esondazione.
3. LA METODOLOGIA
Il lavoro di ricerca mira a definire una metodologia speditiva utile ad individuare la propensione al collasso dei tratti arginati in terra sulla base di indicatori sintetici ed a fornire criteri per la valutazione dei potenziali volumi esondazione in caso di formazione di brecce.
Il rischio da collasso arginale è dunque analizzato sulla base di un approccio articolato nelle seguenti fasi:
I. Modello fisicamente basato di infiltrazione arginale: i rilevati arginati sono analizzati sulla base di un modello interpretativo della propensione al collasso basato sull’interazione tra proprietà geometriche e geotecniche dell’argine e caratteristiche idrauliche delle onde di piena;
II. Indicatori della propensione al collasso: mediante l’applicazione del modello interpretativo, gli indicatori di propensione al collasso sono individuati, quantificati, classificati in classi di pericolosità e infine mappati sul territorio;
III. Definizione degli scenari di rischio: per i tratti a pericolosità elevata di collasso arginale vengono applicati dei criteri per la valutazione dell’apertura di brecce e dei conseguenti volumi di esondazione, utili ad effettuare perimetrazioni delle aree allagabili per collasso arginale.
3.1 Modello per la propensione al collasso
I meccanismi che portano un argine fluviale costituito da materiale sciolto a collassare sono vari e complessi.
In particolare, la letteratura scientifica e l’esperienza pratica mostrano come i collassi arginali siano prevalentemente causati da fenomeni di sormonto e sifonamento del rilevato.
Il sormonto delle strutture arginali può causare danni alla struttura a causa dell’azione erosiva della corrente che tracima l’opera. Se questo avviene, le conseguenze in termini di volumi di esondazione saranno più ingenti rispetto a quanto previsto dalle attuali mappe di pericolosità tracciate per argini sormontabili ma non collassabili.
Mentre il monitoraggio visivo e strumentato del livello idrico in alveo aiuta a prevedere il sormonto arginale, molto più complicato è il controllo dell’infiltrazione nel corpo arginale.
Quest’ultimo meccanismo è particolarmente pericoloso, in quanto spesso non mostra segni della sua evoluzione e, nel momento in cui segnali di affioramento dell’infiltrazione a campagna vengono registrati, risulta troppo tardi per intervenire e per evitare il seguente collasso dell’opera.
D’altronde, sono sempre più frequenti eventi alluvionali legati al sifonamento e alla rottura delle strutture di contenimento prima ancora che ne avvenga il sormonto. Diventa dunque necessario definire dei criteri fisicamente basati che forniscano indicazioni sulla pericolosità alla filtrazione dei rilevati arginali esistenti.
Nella presente attività di ricerca, si è sviluppato un modello interpretativo della propensione al collasso per sifonamento dei rilevati arginali in terra, basato sull’interazione tra caratteristiche del rilevato e caratteristiche idrauliche dell’onda di piena.
Viene proposta una metodologia che, seppur basata su approcci necessariamente semplificati a causa della complessità del fenomeno, valuta la propensione al collasso delle arginature e stima le relative conseguenze in termini di volumi di esondazione.
La propensione al collasso del rilevato arginale viene valutata tramite tre differenti indici che concorrono a definire alcune tra le principali condizioni di pericolosità di un argine, di date caratteristiche geometriche e geotecniche, nei confronti dei fenomeni di infiltrazione innescati dalla permanenza in alveo di determinati livelli di piena.
3.2 Modellazione della vulnerabilità per infiltrazione
Lo studio delle più usate formulazioni per la linea di infiltrazione negli ammassi in terra ha portato ad implementare un modello speditivo di valutazione della filtrazione, basato sull’approccio di Xxxxxx (1957, 1961).
In tale approccio la linea di infiltrazione più pericolosa in moto vario è definita dalla linea di saturazione dell’argine, intesa quale inviluppo delle linee di infiltrazione che si possono tracciare nei diversi istanti del periodo di piena considerato a partire da un riferimento verticale in corrispondenza del livello di piena sul paramento di valle.
Il procedimento, partendo dall’inviluppo dell’onda di piena con un’onda rettangolare, consente di determinare analiticamente la linea di saturazione più pericolosa e quindi di verificare l’argine alla filtrazione in modo speditivo.
La modellazione si applica a geometrie semplificate dei terrapieni, con forma trapezoidale (geometria tipica delle più comuni arginature fluviali) e caratteristiche omogenee ed isotrope. Grado di porosità e, soprattutto, coefficiente di permeabilità sono i principali parametri geotecnici influenti la fisica del problema.
3.2.1 La formulazione matematica del modello
Con riferimento allo schema di figura 1, si definisce:
- h(x,t) = carico piezometrico riferito allo strato impermeabile all’asse x e al tempo t;
- h1(x,t) = carico piezometrico riferito alla quota di falda all’asse x e al tempo t;
- h0(t) = livello idrico nel corso d’acqua riferito alla quota di falda;
- Hf = spessore dello strato di falda;
- n = porosità del mezzo filtrante;
- k = permeabilità del mezzo filtrante.
h0
(n,k)
Falda
y
h1
x
h
h0
Hf
T t
Strato impermeabile
Sezione argine Linea saturazione
Quota falda Schema Marchi
Figura 1. Schema per il modello Marchi (1957): sezione fluviale e linea saturazione.
Stanti le ipotesi di:
- validità della legge di Darcy
- mezzo filtrante omogeneo ed isotropo
e utilizzando la condizione di continuità, il moto di filtrazione è retto dall’equazione di Laplace
∂2h ∂2h ∂2h
Δ2 h = ∂x2 + ∂y2 + ∂z 2 = 0
(1)
Trascurando l’influenza della capillarità e ritenendo invariabile (e pari al livello di falda) la quota piezometrica ad una distanza infinita a valle, la variazione della superficie libera nel dominio spazio-temporale è data da:
n ∂h
∂t
⎡⎛ ∂h ⎞2
= k ⎢⎜ ∂x ⎟
⎛ ∂h ⎞2
+ ⎜ ∂y ⎟
⎛ ∂h ⎞2
+ ⎜ ∂z ⎟
− ∂h ⎤
⎥
∂z
(2)
⎢⎣⎝ ⎠
⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎥⎦
Per ottenere delle soluzioni analitiche si introducono delle ulteriori ipotesi semplificative, quali:
- moto piano di filtrazione;
- superfici di ugual carico piane e verticali (ipotesi di Dupuit). Da cui l’eq. 2 diventa:
2n ∂h
∂t
∂2h2
=
k ∂x2
(3)
Inoltre, se si ammette che la perturbazione h1 sia di modesta entità rispetto allo spessore Hf dell’acquifero a riposo (ipotesi che permette di linearizzare l’equazione 3), si ha:
∂h ∂2h
n 1 = kHf 1
(4)
∂t ∂x2
L’eq. 4 è risolvibile una volta assegnata la condizione al contorno, data dall’evoluzione temporale h0(t) dei livelli idrici del corso d’acqua.
Inviluppando l’onda di piena mediante una forma aperiodica rettangolare contenente tutte le possibili onde di altezza h0, si ottiene la soluzione maggiorante (5):
⎧ ⎡ ⎛ x n ⎞⎤
⎠⎦
⎝
⎪ h (x, t) = h ⎢1 − erf ⎜ ⎟⎥
per t ≤ T
2
⎣
⎪ 1 0 ⎢
⎨
⎜ kHf t ⎟⎥
(5)
⎪ ⎡ ⎛ x
n ⎞ ⎛ x
n ⎞⎤
h (x, t) = h ⎢erf ⎜
⎟ − erf ⎜
⎟⎥
per t > T
⎪ 1 0 ⎢
⎜ 2 kH
(t − T ) ⎟
⎜ 2 kH t ⎟⎥
⎩⎪ ⎣ ⎝
f ⎠ ⎝
f ⎠⎦
nella quale h1 attinge al valore massimo per t=T:
h (x)
⎛ x n ⎞
2
⎠
h
⎝
1max = 1 − erf ⎜ ⎟
(6)
0 ⎜ kHf T ⎟
In alternativa, una soluzione simile alla (6) viene ricavata da Xxxxxx (1961) prescindendo dall’ipotesi di Xxxxxx, mantenendo quella di perturbazione modesta rispetto alla falda (h1<Hf) e assumendo profondità infinita di falda:
h1max (x) = 2 arctg kT
(7)
h0 π nx
ritenuta dall’autore e da altri studi (Xxxxxx e Fontana, 1999) più in generale valida per x<Hf.
Con riferimento allo schema di figura 2, si implementa il modello Marchi nell’ottica di valutare la potenziale criticità associata ai rilevati arginali per affioramento della linea di saturazione sul lato campagna.
LG
P4
L
P5
Lato fiume
h0
Golena
X0
XXX
X0
(x,x)
y
h1
x
HLC
P6
Lato campagna
HPC
Quota falda
2/3ΔCT
ΔCT
Thalweg
P1
Figura 2. Schema per applicazione del modello di infiltrazione di Marchi.
L’argine viene schematizzato come un ammasso con geometria semplificata (sezione trapezoidale definita dai punti notevoli P3, P4, P5, P6) e da caratteristiche geotecniche omogenee, isotrope, e uniformi anche per il sottostrato (in termini di porosità n e permeabilità k). Il modello di Xxxxxx risolve l’infiltrazione partendo da un paramento lato fiume verticale, riferito alla quota dei livelli idrici in alveo. Tale schematizzazione porta a trascurare il processo di infiltrazione sotto il paramento lato fiume, aspetto che costituisce una situazione più gravosa nei confronti della filtrazione lato campagna.
Inoltre, in mancanza di specifiche informazioni sulla quota di falda, si assume quest’ultima a 2/3 della distanza ΔCT tra thalweg e piano campagna, compiendo una scelta cautelativa.
Anche lo spessore dell’acquifero a riposo è un’informazione solitamente carente. D’altronde, ipotizzando uno spessore di falda dell’ordine dei 10-20 m, e considerando le dimensioni geometriche delle arginature presenti sul territorio regionale (larghezze L nell’ordine di 10-15 m), si può ritenere di cadere nell’ambito di applicazione dell’eq. 7 e pertanto utilizzare il modello Marchi a falda infinita per ricavare la soluzione maggiorante della linea di saturazione.
In alternativa, nel caso si avessero a disposizione dati specifici sullo spessore dell’acquifero, si potrebbe utilizzare anche l’approccio fornito dall’eq. 6.
66
64
62
60
58
56
Sez. semplificata hfiume
Xxxxx Xxxxxx ∞
Marchi
54
55
60
65
70
75 80
x [m]
85
90
95 100
y [m slm]
Un confronto tra le due soluzioni per una geometria tipica degli argini di fondo valle del fiume Bisenzio, evidenzia come le linee di saturazione calcolate coi due metodi differiscono tra loro: lo scarto in termini di altezza del fronte di saturazione tra i due metodi non assume un trend costante, in quanto le soluzioni cambiano di entità differenti alla variazione dei parametri presenti.
Figura 3. Confronto tra la soluzione di eq. 6 (“Marchi”) e di eq. 7 (“Marchi ∞“) al tempo T=8h e con Hf=15m, k=10-4 m/s, n=0.3.
Non è pertanto possibile sostenere quale tra i due metodi fornisca in generale la soluzione più cautelativa in termini di avanzamento del fronte di saturazione all’interno dell’ammasso, in quanto tale risposta dipende dai parametri presenti (permeabilità, porosità, altezza e quota di falda), e dalla coordinata spaziale x e durata temporale T in corrispondenza delle quali la linea di saturazione è computata.
Un’ulteriore analisi utile a valutare criticamente il metodo analitico di Marchi è svolta mediante il confronto con una diversa soluzione analitica sviluppata a partire da ipotesi differenti.
Assumendo che il moto di filtrazione avvenga su piani orizzontali tra loro indipendenti, utilizzando la legge di Darcy e l’equazione di continuità, si può ottenere l’inviluppo della linea di filtrazione integrando l’idrogramma di piena (vedi schema di figura 4).
Il metodo (di seguito indicato come “Schema piani orizzontali”) permette di ricavare la massima distanza dal paramento lato fiume raggiunta dalla linea di filtrazione ad una certa quota in funzione del volume di piena associato ai livelli superiori la quota considerata:
xmax ( y) =
t
2k V ( y)
n
2
; V ( y) = ∫[h(t) − y]dt
t1
(8)
h
H0
V(y)
y
t
x
t1
t2
xmax(y)
T
Figura 4. Schema per applicazione del modello di infiltrazione a piani orizzontali.
La figura 5 mostra il confronto tra le soluzioni di Xxxxxx con la (8).
Il modello di Xxxxxx pare sufficientemente cautelativo nel descrivere la coda di avanzamento del fronte di saturazione, che generalmente avanza più lentamente secondo lo schema a piani orizzontali, il quale non trascura il volume arginale sotto il paramento lato fiume. Quest’ultimo, d’altronde, mostra una descrizione più cautelativa delle condizioni di saturazione nella parte alta dell’arginatura lato fiume.
Xxxxxxxxx et al. (2004) svolgono un’analisi simile, confrontando quanto le soluzioni approssimate di Marchi e di Green-Ampt (sviluppata per tubi di flusso orizzontali concettualmente simili a quanto proposto dall’eq. 8) differiscono da una soluzione più completa fornita da un modello numerico bidimensionale a saturazione variabile. Anch’essi pervengono a soluzioni simili a quanto evidenziato in figura 5, e propongono l’inviluppo delle due soluzioni approssimate come maggiorazione della linea di saturazione per la verifica delle arginature nei bacini regionali dell’Xxxxxx Xxxxxxx.
66
64
62
60
58
56
Sez. semplificata hfiume
Xxxxx Xxxxxx ∞ Marchi
Schema piani orizzontali
54
55
60
65
70
75 80
x [m]
85
90
95
100
y [m slm]
Figura 5. Pericolosità all’infiltrazione localizzata al piede a campagna (individuata dal modello Marchi). Parametri simulazione: T=8h, Hf=15m, k=10-4 m/s, n=0.3.
In effetti, se il piede lato campagna dell’arginatura è prima raggiunto dalla soluzione di Xxxxxx, è anche vero che si possono avere delle combinazioni geometriche/geotecniche che rendono l’infiltrazione del paramento a campagna più gravosa negli strati alti prima che al piede, come mostrato in figura 6.
65
64
63
62
61
60
Sez. semplificata hfiume
Falda
Marchi ∞
Schema piani orizzontali
55 60 65 70
75 80
x [m]
85
90
95 100
y [m slm]
Figura 6. Pericolosità all’infiltrazione localizzata nella parte alta a campagna (individuata dallo schema a piani orizzontali). Parametri simulazione: T=10h, k=10-4 m/s, n=0.3.
In base alle precedenti considerazioni, si ritiene dunque cautelativo l’uso dell’approccio di Xxxxxx (nella formulazione di falda infinita in mancanza di dati più specifici) per l’analisi del processo di infiltrazione nei rilevati arginali in terra al fine di individuare condizioni di criticità in corrispondenza del piede del paramento lato campagna.
Lo schema a piani orizzontali può invece fornire indicazioni su possibili criticità nella parte medio-alta del paramento di campagna.
La metodologia sviluppata nel seguente paragrafo tiene in considerazione entrambi gli approcci, nell’ottica di fornire un inviluppo delle condizioni di pericolosità individuabili da tali schematizzazioni.
3.2.2 La metodologia
La metodologia proposta prevede l’imposizione di un livello idrico in alveo fino alla quota della cresta arginale (che risulta essere la condizione più
gravosa in termini di infiltrazione) e la risoluzione della filtrazione nell’ammasso per tempi crescenti di persistenza T del livello h0.
Quindi si individua il tempo critico Tcr di “tenuta” arginale come il minimo tempo necessario alla linea di saturazione per affiorare sul paramento arginale lato campagna, situazione potenzialmente critica per il sifonamento della struttura.
66
64
62
60
← T=15h
← T=10h
← T=5h
← T=15h
← T=10h
← T=5h
58
56
Sez. semplificata hfiume
Falda
Marchi ∞
Schema piani orizzontali
54
55
60
65
70
75
x [m]
80
85
90
95
100
y [m slm]
Un esempio di risoluzione dell’infiltrazione nel corpo arginale è fornito in figura 7.
Figura 7. Linee di saturazione nel rilevato arginale per varie persistenze del livello in alveo
(k=10-4 m/s, n=0.3).
L’applicazione dei due approcci descritti nel precedente paragrafo porta ad individuare due differenti tempi critici per la saturazione dell’ammasso.
Nel modello Marchi, la durata critica Tcr,1, che può essere direttamente ricavata dalla (7):
π
⎛
Tcr ,1 = tan⎜ ⋅
HPC
⎞ n ⋅ L
⎟
⋅
(9)
⎝ 2 HPC + HLC ⎠ k
Nello schema a piani orizzontali, la durata critica Tcr,2 varia a seconda del livello y considerato. Imponendo che l’ascissa xmax raggiunga il paramento di valle, si ricava la seguente funzione T2(y):
(b y + b )2 n
T2 ( y) = 1 2 ⋅
(10)
H 0 − y 2k
dove b1 e b2 sono i coefficienti della funzione lineare tra larghezza arginale e quota y (figura 8):
⎧b1 = (− ctgα − ctgβ )
⎨
⎩ b2
= Lb
Lc
P4
P5
Lato fiume
y
P3 β
x
α
P6
Lb
Figura 8. Definizione coefficienti geometrici per applicazione modello a tubi orizzontali.
La funzione (10) ha un minimo in corrispondenza di una certa quota y che dipende dal livello di piena e dalla geometria del rilevato arginale.
Ponendo:
dT2 ( y) = 0
dy
si ottiene
T = −2b ⋅ (b H
+ b )⋅ n
(11)
cr ,2
1 1 0 2 k
Il tempo critico di tenuta arginale viene scelto come il minore tra i due tempi ottenuti:
T = min(T ;T )
(12)
cr cr ,1 cr ,2
Riprendendo l’esempio di figura 7, si hanno i seguenti tempi di infiltrazione:
Tcr,1 = 5.5 h ; Xxx,2 = 19.1 h
Da cui il tempo critico di tenuta risulta: Tcr = 5.5 h.
3.2.3 Dipendenza dai parametri geotecnici
Come già accennato in precedenza, i risultati dei modelli sono dipendenti dalla configurazione geometrica della sezione arginale e dai parametri geotecnici presenti.
In questa sezione, si analizza pertanto la sensitività del modello a variazioni di porosità e permeabilità.
Si prende come riferimento il modello di Marchi (analoghe conclusioni possono esser ricavate per il secondo approccio) e si esegue l’analisi di sensitività in riferimento alle combinazioni critiche di livello idrico in alveo h0 e persistenza temporale T che provocano affioramento dell’infiltrazione sul paramento di valle: si ottengono delle curve decrescenti che discriminano gli stati “sicuri” (regione verde sotto la curva) da quelli “potenzialmente pericolosi” (regione rossa sopra la curva) e che dipendono dai valori imposti di porosità e permeabilità (figura 9).
65
64.5
64
63.5
Stati “pericolosi”
63
62.5
62
61.5
Stati “sicuri”
0
10 20 30
40 50
Tcr [h]
60 70 80 90 100
h [m slm]
fiume
Figura 9. Curve delle combinazioni h-T critiche secondo il modello Marchi (per k=10-4 m/s e n=0.3).
65
64.5
Porosità n=0.3
Porosità n=0.4 Porosità n=0.5
64
63.5
63
62.5
n crescente
62
61.5
0
10 20 30
40 50
Tcr [h]
60 70 80 90 100
h [m slm]
fiume
L’influenza di n è riportata in figura 10, che mostra come le criticità sono raggiunte più velocemente considerando porosità più basse.
Figura 10. Influenza della porosità sulla curva delle combinazioni h-T critiche (k=10-4 m/s).
65
64.5
Permeabilità k=0.0001 m/s
Permeabilità k=5e-005 m/s Permeabilità k=2e-005 m/s
64
63.5
k crescente
63
62.5
62
61.5
0
10 20
30
40 50
Tcr [h]
60 70
80 90 100
h [m slm]
fiume
L’influenza di k è invece evidenziata in figura 11, in cui si nota l’effetto aggravante legato alle permeabilità più elevate.
Figura 11. Influenza della permeabilità sulla curva delle combinazioni h-T critiche (n=0.3).
Il coefficiente di permeabilità risulta avere maggior influenza sul modello rispetto alla porosità a causa della maggior variabilità riscontrabile nel primo parametro. I terreni costituenti le arginature sono spesso composti da varie granulometrie, che vanno dal limo, alla sabbia se non anche fino alla ghiaia.
La metodologia proposta cerca pertanto di tenere in considerazione i tempi critici del processo di filtrazione associati a dei possibili ranges di permeabilità, mentre la porosità (avente influenza e variabilità minore) viene mantenuta costante ad un valore cautelativamente basso (n = 0.3).
3.3 Indice di filtrazione
Data una geometria arginale (definita dai punti notevoli prima introdotti) e stabilito il livello della falda e il livello idrico in alveo (pari alla sommità arginale), si procede al computo di un indice di filtrazione sulla base di quanto descritto nel presente paragrafo.
Il minimo tempo critico di infiltrazione può esser riferito a vari scenari di permeabilità, ad esempio:
Scenario | Permeabilità | Granulometria tipica |
“Alta permeabilità” | k1 = 10-4 m/s | Sabbia e ghiaia |
“Media permeabilità” | k2 = 10-5 m/s | Sabbia e argilla |
“Bassa permeabilità” | k3 = 10-6 m/s | Limo |
Ad ogni scenario corrisponde una minima durata critica Tcr per l’affioramento lato campagna della linea di saturazione: tanto minore è tale tempo tanto più pericoloso sarà quel rilevato arginale.
Tali valori sono riferiti ad una scala temporale tipica del tratto fluviale considerato.
Come scala temporale si considera un tempo tipico Δt di permanenza delle portate in alveo al livello di piena.
Prendendo come piena di riferimento quella avente tempo di ritorno Tr pari a 30 anni, si stima il tempo di pioggia tp necessario affinché portate simili o leggermente inferiori alla Q30 permangano in alveo. In corrispondenza di tali portate, infatti, si instaureranno, persistendo nel tempo tp, dei livelli idrometrici rilevanti per i processi di infiltrazione nel rilevato arginale.
Tale approccio utilizza informazioni ricavabili dalle curve segnalatrici di possibilità pluviometrica.
In particolare, le piogge che danno luogo ad una certa portata con tempo di ritorno assegnato sono ricavabili, in prima approssimazione e in modo speditivo, tramite il metodo razionale:
T
Q = φ ⋅ A ⋅ hp
r 3.6 ⋅ t
(12)
p
dove: QTr portata con assegnato tempo di ritorno Tr [m3/s];
φ coefficiente di deflusso [-];
A area del bacino sotteso dalla sezione considerata [km2]; hp altezza di pioggia [mm];
tp durata di pioggia [h].
Utilizzando la curva segnalatrice:
r
p
hp = a ⋅ t
q ⋅T m
(13)
con: | hp | tempo di pioggia [mm] |
tp | tempo di pioggia [ore] | |
Tr | tempo di ritorno [anni] |
a, q, m parametri ricavabili dal codice ALTO la (12) diventa:
φ ⋅ A ⋅ a ⋅ t
r
p
Q =
q−1 ⋅T m
(14)
Tr 3.6
φ ⋅ A ⋅ a ⋅ t
q−1 ⋅ 30m
La Q30 è calcolabile con la (14): Q30 = corr
3.6
Inoltre si ha:
⎛ 3.6 ⋅ QT
1
⎞ q−1
⎜ m ⎟
t = ⎜ r ⎟
p φ ⋅ A ⋅ a ⋅T
(15)
⎝ r ⎠
Una pioggia uniformemente distribuita nel bacino considerato e costante nel tempo con durata pari al tempo di corrivazione tcorr fornirà la massima portata per assegnato tempo di ritorno, mentre portate più basse ma più prolungate nel tempo saranno generate da una pioggia con un tempo tp superiore a tcorr.
Imponendo dunque la minima portata che si considera possa indurre livelli di piena nel corso d’acqua come percentuale δ della Q30 (con δ=0.7), si ottiene la permanenza temporale Δt oltre il tempo di corrivazione (vedi figura 12):
⎛ 1 ⎞
Δt = ⎜ δ q−1 −1⎟ ⋅ t
(16)
⎜ ⎟ corr
Q
Δt
t
⎝ ⎠
δ⋅Q30
tc
tp
Figura 12. Individuazione della scala temporale di riferimento sull’idrogramma di piena.
Si assume che Δt individui una scala temporale caratteristica di permanenza delle piene a cui rapportare il tempo critico per il sifonamento dell’argine.
1.00E+04
1.00E+03
Tcr/Δt = 0.855⋅(k/krif)-1
1.00E+02
1.00E+01
1.00E+00
1.00E-01
1.00E-02
1.00E-04 1.00E-03
1.00E-02 1.00E-01
k/krif [-]
1.00E+00 1.00E+01
Tcr/Δt [-]
I risultati di tale analisi possono essere riportati in un grafico che mostra l’andamento del rapporto tra tempo critico Xxx e persistenza della piena Δt in funzione della variabilità del coefficiente di permeabilità k normalizzato rispetto ad un valore di riferimento krif ritenuto significativo delle arginature vulnerabili a meccanismi di sifonamento. Impostando krif = 10-4 m/s, si ottiene la seguente relazione per il rilevato arginale d’esempio di figura 7:
Figura 13. Curva dei tempi critici di filtrazione per l’argine di esempio in funzione della
permeabilità (n=0.3).
Sulla base della relazione evidenziata in figura 13 e del valore indagato di permeabilità k, si possono quindi stabilire i valori di un indice di pericolosità per filtrazione ifiltr associabili a dei ranges del parametro Tcr/Δt, ovvero:
Tabella 1. Classi di pericolosità associate all’indice di filtrazione.
Tcr/Δt | ifiltr | Classe di pericolosità |
[0 ÷ 0.5] | 3 | “Molto elevata” |
[0.5 ÷ 1] | 2 | “Elevata” |
[1 ÷ 5] | 1.5 | “Media” |
[5 ÷ 10] | 1 | “Medio-Bassa” |
[10 ÷ 100] | 0.5 | “Bassa” |
3.4 Indice di froldo
Le arginature poste in froldo, ovvero a diretto contatto con i livelli idrici del corso d’acqua anche per basse portate senza interposizione di golena, costituiscono un elemento di potenziale pericolosità, in quanto sono più frequentemente oggetto di fenomeni di infiltrazione nonché sono spesso esposte alle azioni erosive esercitate dalla corrente fluviale.
A differenza di tali casi, la presenza di un piano golenale che divide l’arginatura dall’alveo attivo implica che il rilevato sia sollecitato idraulicamente solamente durante eventi di piena di intensità tale da indurre l’occupazione delle golene da parte dei livelli idrici.
Nell’ambito del presente lavoro, si considera pertanto l’effetto aggravante (o attenuante) legato all’assenza (o presenza) del piano golenale nei confronti della vulnerabilità arginale.
Si introduce un indice di argine in froldo ifr sulla base delle dimensioni geometriche della golena e del rilevato arginale (vedi richiamo in figura 14):
⎛ LG ⎞
⎝
i fr = f ⎜ H
⎟
LF ⎠
(17)
dove: LG larghezza piano golenale [m]
HLF altezza paramento lato fiume sopra la golena [m]
LG
Lato fiume
P4
P5
Lato campagna
HLF
Golena
P2
P6
P3
Figura 14. Grandezze geometriche rilevanti per l’indice di argine in froldo.
L’indice di argine in froldo risulta tanto maggiore quanto più rilevante è il piano golenale rispetto all’altezza del rilevato arginale.
In tabella 2 si sintetizzano i pesi e le classi di pericolosità proposte per l’indice di argine in froldo.
Tabella 2. Xxxx e classi di pericolosità associate all’indice di argine in froldo.
Range | Valore ifr | Classe di pericolosità |
LG > 2⋅HLF | 0 | “Bassa” |
HLF < LG ≤ 2⋅HLF | 0.5 | “Media” |
LG ≤ HLF | 1 | “Elevata” |
3.5 Indice di pensilità
La posizione altimetrica dell’argine rispetto all’alveo attivo e al piano campagna può essere un ulteriore fattore aggravante i processi di infiltrazione nell’ammasso.
Si introduce pertanto un indice di pensilità ipe del rilevato arginale, che tiene in conto la posizione di questo rispetto al piano campagna (figura 15):
⎛ HLC ⎞
ipe =
f ⎜ ⎟
⎝ HLF ⎠
(18)
dove: HLF altezza paramento lato fiume [m]
HLC altezza paramento lato campagna [m]
Lato fiume
X0
X0
XXX
Lato campagna
HLC
P2 P3
P6
Figura 15. Grandezze geometriche rilevanti per l’indice di pensilità.
L’argomento della funzione (18) può teoricamente variare tra 0 (quota del piano campagna alla sommità arginale, caso per il quale l’argine diventa di fatto una sponda) e valori superiori all’unità (indicativamente fino a 1.5-2), per cui si propone il seguente sistema di pesi e classi di pericolosità:
Tabella 3. Xxxx e classi di pericolosità associate all’indice di pensilità.
Range | Valore ipe | Classe di pericolosità |
HLC < 1/2⋅HLF | 0 | “Bassa” |
1/2⋅HLF ≤ HLC < HLF | 0.5 | “Media” |
HLC ≥ HLF | 1 | “Elevata” |
3.6 Indice sintetico di propensione al collasso
I tre indici esposti nei precedenti paragrafi contribuiscono a classificare le condizioni di vulnerabilità associabili a degli argini fluviali in terra. Il principale processo fisico indagato è l’infiltrazione, che può spesso portare a fenomeni di sifonamento e quindi a rotture del rilevato ed è tale fenomeno che ha più peso all’interno dell’indice sintetico. Ulteriori contributi alla vulnerabilità del rilevato sono quantificati in base alle condizioni golenali (indice di froldo) e del piano campagna (indice di pensilità).
I tre indici sono combinati all’interno di un unico indice sintetico di vulnerabilità arginale itot, nel quale concorrono a definire le condizioni di pericolosità mostrate in tabella 4.
itot = ifiltr + ifr + ipe
(19)
Tabella 4. Classi di pericolosità associate all’indice di vulnerabilità sintetico.
Valore itot | Classe di pericolosità |
0 ≤ itot < 1.5 | “Bassa” |
1.5 ≤ itot < 3 | “Media” |
3 ≤ itot ≤ 5 | “Elevata” |
3.7 Scenari di rischio idraulico da collasso arginale
Per i tratti a pericolosità totale elevata di collasso arginale, si propone una valutazione preliminare dell’ordine di grandezza dei volumi di esondazione conseguenti allo sviluppo di una possibile breccia.
L’approccio seguito in questa parte utilizza alcuni recenti risultati ottenuti da Xxxxxxxxxx (2013) e Xxxxxxxxxx e Xxxxxxxx (2013).
Nella ricerca succitata, basata su indagini sperimentali a scala di laboratorio (di cui si riporta un’immagine in figura 16) e raccolta di dati relativi
ad eventi reali, si analizza il processo di rottura di un argine fluviale in terra, attraverso l’evoluzione temporale delle variabili della breccia (in particolare la lunghezza di breccia Lbr e la portata defluente attraverso essa Qbr) durante quattro differenti fasi.
L’indagine si focalizza sulla quarta fase, in cui si analizza l’esistenza di uno stato finale di equilibrio tra il corso d’acqua e la breccia nell’argine.
Figura 16. Immagine di un test sperimentale di rottura arginale.
Risultati sperimentali di laboratorio e dati di eventi reali mostrano come si possa preliminarmente valutare la lunghezza finale della breccia Lbr nell’ordine della larghezza B bagnata del fiume e la massima portata di breccia Qbr nell’ordine di una percentuale pari a circa il 50-60% della portata Qu defluente nel corso d’acqua durante il processo di rottura. La relazione di equilibrio risulta più netta tra le portate rispetto alle grandezze geometriche (Xxxxxxxxxx, 2013).
Le figure 17 e 18 mostrano le relazioni tra grandezze relative alla breccia e grandezze del corso d’acqua.
Tisza
Versilia Serchio Ombrone Pt Calice
Fujita Exp.
Bacchiglione (Ponte S.Niccolo) Muson dei Sassi
Bacchiglione (Caldogno) Chiyoda channel
Present Study (movable bed) Lbr = 1.68xB
Lbr = 0.76xB
0.1
1000
100
10
1
1
10
100
0.1
Laboratory scale
Real rivers
scale
0.01
Larghezza alveo fiume B [m]
Versilia
Serchio Ombrone Pt Fujita Exp.
Bacchiglione (Ponte S.Niccolo) Muson dei Sassi
Bacchiglione (Caldogno) Chiyoda channel
Present Study (movable bed) Qbr = 0.61×Qu
Qbr = 0.28×Qu
1000
100
10
1
0.001
0.01
0.1
1
10
100
1000
10000
Laboratory
scale
0.1
Real rivers
scale
0.01
0.001
Portata fiume Qu [m3/s]
Portata breccia Qbr [m3/s]
Lunghezza breccia Lbr [m]
Figura 17. Dati sperimentali ed eventi reali sulla lunghezza finale della breccia arginale.
Figura 18. Dati sperimentali e di eventi reali relativi alla massima portata fluente attraverso
la breccia arginali.
Relazioni di equilibrio tra breccia e fiume possono dunque esser proposte per una valutazione preliminare dei volumi d’esondazione associabili a un collasso arginale, nell’ottica del modello concettuale mostrato in figura 19.
Figura 19. Schema concettuale dell’evoluzione della breccia fino allo stato di equilibrio.
In particolare, l’esistenza di un valore limite di equilibrio tra la portata di breccia e quella del corso d’acqua consente di definire un approccio speditivo alla risoluzione del problema che superi la modellazione del processo di rottura.
Nell’ottica di una valutazione preliminare delle aree allagabili e considerando che il processo di rottura, una volta innescato, evolve molto velocemente fino all’ultima fase se l’onda di piena persiste nel corso d’acqua, si può pensare di associare una portata Qbr=0.6⋅Qu a tutto il tempo utile di esondazione Tes.
Il tempo Xxx può ricavarsi, in base all’approccio definito al precedente paragrafo, come intervallo di tempo oltre la tenuta critica Tcr dell’argine durante il quale persistono i livelli di piena in alveo (figura 20). Il tempo critico viene valutato considerando la permeabilità di riferimento krif.
La portata di riferimento Qu è invece definita come portata al colmo dell’idrogramma di piena considerato. Il volume d’esondazione Ves può dunque esser valutato come (vedi figura 21):
Ves = Qbr ⋅ Tes = 0.6 ⋅ Qmax ⋅ Tes
Q
Δt
Tcr
Tes
t
tc
tp
Figura 20. Schema concettuale del tempo utile all’esondazione attraverso la breccia.
Q
Qmax
0.6⋅Qmax
t
Tes
Ves
Figura 21. Schema concettuale per il calcolo del volume d’esondazione attraverso la
breccia.
4. APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA PROPOSTA
La metodologia esposta nei paragrafi precedenti per la mappatura della propensione al collasso di arginature viene applicata ad un tratto del torrente Ombrone Pistoiese.
Il tratto si estende dall’abitato di Poggio a Caiano fino alla confluenza in Arno e se ne mappano gli argini classificati in seconda categoria (segnati in rosso in figura 22).
Poggio a Caiano
T. Ombrone
®
X. Xxxx
0 0.3 0.6 0.9
1.2
Kilometers
Figura 22. Tratto del torrente Ombrone di mappatura della vulnerabilità arginale.
Il risultato dell’applicazione della metodologia per la propensione al collasso sugli argini analizzati del torrente Ombrone porta seguente mappatura degli indici sintetici in sinistra e in destra idraulica esposta in figura 23, dove la classificazione della pericolosità è definita dalla tabella 4.
PERIC
Bassa Media
Elevata
Poggio a Caiano
T. Ombrone
®
X. Xxxx
0 0.3 0.6 0.9
1.2
Kilometers
Figura 23. Mappatura della pericolosità arginale del torrente Ombrone
in seconda categoria.
La mappatura fornisce indicazioni sulle zone più propense al collasso per conformazione geometrica del rilevato arginale e posizione rispetto all’alveo fluviale (indice di froldo) e al piano campagna (indice di pensilità). Tale analisi prescinde da diverse condizioni geotecniche sugli argini, in quanto vengono utilizzati valori predefiniti sia per la permeabilità (k=10-4 m/s) che per la porosità (n=0.3).
Un’ulteriore applicazione viene svolta utilizzando il modello di rottura arginale.
Si considera l’evento reale di breccia avvenuta sul torrente Ombrone in località Bottegone nel Dicembre 2009, di cui si riportano alcuni dettagli nelle figure 24 e 25.
Figura 24. Planimetria della rotta del torrente Ombrone nel Dicembre 2009.
Figura 25. Foto della rotta del torrente Ombrone nel Dicembre 2009.
Disponendo informazioni sulla geometria della sezione fluviale in corrispondenza della rotta, sulle caratteristiche della breccia (in particolare la portata della breccia ricavata da pregressi studi) e sull’idrologia del sito (curva di possibilità pluviometrica) e del bacino (tempo di corrivazione), il calcolo degli indici di propensione al collasso porta ai seguenti risultati:
ifiltr = 3 => pericolosità molto elevata alla filtrazione
ifr = 1 => pericolosità elevata di froldo
ipe = 1 => pericolosità elevata di pensilità
itot = 5 => pericolosità totale elevata
La metodologia dunque individuerebbe nell’argine indagato una pericolosità significativa con possibili formazioni di brecce.
Il modello di rottura arginale può essere impiegato per stimare i volumi d’esondazione relativi all’evento del Dicembre 2009.
Considerando che la portata convogliata in alveo al momento della rottura ammontava a circa 190 m3/s e applicando il modello di rottura esposto nel paragrafo 3.7, si ha che il volume stimato Vesmod è dello stesso ordine di grandezza di quello ricostruito da analisi post-evento Vesmis:
Vesmis | Vesmod |
[m3] | [m3] |
9.0⋅105 | 1.4⋅106 |
BIBLIOGRAFIA
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[4] Xxxxxxxxxx, X., 2013. Breaching of river levees: analytical flow modelling and experimental hydro-morphodynamic investigations. Tesi di Dottorato.
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[7] Xxxxxxxxx, X., Xxxx, O., e Xxxxxx, F., 2004. Sul calcolo dei tempi di saturazione delle arginature. Atti XXIX Convegno di Idraulica e Costruzioni Xxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000,Xxx. 3, pp. 457-461.
[8] Xxxxx, X., B.J. Xxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx,
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[10] Xxxxxxxxxx, S., 2008. Analysis of flood hazard under consideration of xxxx breach. Dissertation Thesis. Mathematisch-Naturwissenschaftlichen Fakultät der Universität Potsdam.