CONCORDATO PREVENTIVO “CON RISERVA” E APPLICABILITA’ DELL’ART. 169 BIS L.F. AI CONTRATTI BANCARI IN CORSO DI ESECUZIONE ANCHE ALLA LUCE DELLA NOVELLA DEL 2015
CONCORDATO PREVENTIVO “CON RISERVA” E APPLICABILITA’ DELL’ART. 169 BIS L.F. AI CONTRATTI BANCARI IN CORSO DI ESECUZIONE ANCHE ALLA LUCE DELLA NOVELLA DEL 2015
di Xxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx
Sommario: 1. Xxxxx note di commento al provvedimento del Tribunale di Ravenna del 30 maggio 2014 nonché alle successive conseguenti pronunce.
1. Il Tribunale di Ravenna con decreto del 30 maggio 2014 (Pres. X. Xxxxxxx – Rel. X. Xxxxxxx) ha disposto che “Nella fase di concordato con riserva è possibile autorizzare la sospensione dei contratti bancari in corso di esecuzione ai sensi dell'articolo 169 bis L.F. allo scopo di tutelare la par condicio creditorum e di evitare meccanismi risolutivi in attesa del deposito del piano e dell'eventuale contraddittorio che potrà sul punto essere assicurato in sede di udienza di adunanza dei creditori.”
Con la Sentenza si avvalora quindi la sospensione dei contratti bancari in essere con diversi istituti di credito, in corso di esecuzione al momento della presentazione della domanda di concordato ancorché “in bianco”. Il provvedimento è stato reso infatti nell’ambito di una domanda di concordato con “riserva” ed in “continuità” ex artt. 161 co. 6 e 182 bis l.f. aderendo alla richiesta della società debitrice (in seguito per brevità anche solo “la Società”) che motivava con la necessità di preservare la “par condicio creditorum”.
Nel caso di specie la Società aveva acceso aperture di credito a fronte delle quali veniva attivato l’incasso delle fatture (a mezzo ricevute bancarie e al “salvo buon fine”) con anticipo da parte della banca alla quale, secondo la tesi della debitrice, veniva conferito un semplice “mandato all’incasso”.
In merito alla questione della discriminazione fra cessioni di credito e mandato all’incasso del credito si era già espressa la giurisprudenza affermando1 come essa “non risolve da sola la questione dell’attribuzione degli incassi ricevuti dalla banca nel corso della procedura. Infatti il contratto di conto corrente potrebbe contenere un patto di compensazione che secondo un orientamento della Giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. I, 01/09/2011 n. 17999: Cass. Sez. I, 07/03/1998 n. 2538; Cass. Sez. I
05/08/1997 n. 7194 attribuisce alla banca il diritto di incamerare le somme riscosse già oggetto di anticipazione al cliente”
Peraltro, va osservato, il patto di compensazione è clausola “standard”
presente cioè nella quasi totalità dei contratti bancari.
1 Catia Amista, xxx.xxxxxx.xx, Sez. Giurisprudenza, n. 9326 pubb. Il 29/07/13.
I Giudici ravennati di merito, previa acquisizione del parere favorevole del pre-commissario hanno concesso la sospensione dei contratti motivando come “risulta preferibile, in mancanza del piano, adottare la minore e non irreversibile misura della sospensione rispetto allo scioglimento dei rapporti pendenti dianzi ricordati (…) considerato infine, che il presente provvedimento ha un contenuto meramente provvisorio ed interinale, privo di effetti irreversibili, non essendo perciò necessario un contraddittorio preventivo, che potrà comunque essere assicurato in sede di udienza ex art. 162 l.f.”
Va precisato come la domanda con riserva fosse accompagnata da una “disclosure” sulle linee guida della futura proposta concordataria da presentarsi a norma dell’art. 161 co. 6 nel termine assegnato di 60 giorni.
Nello stesso senso: Tribunale di Como (5 novembre 2012): “a fronte di domanda di concordato preventivo con riserva, può essere autorizzato, su richiesta del debitore, lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione con gli istituti di credito, e ciò al fine di evitare il pregiudizio che dalla loro prosecuzione deriverebbe in capo ai creditori sociali qualora le somme incassate dalla banca successivamente alla data di pubblicazione del ricorso per concordato fossero dalla stessa definitivamente trattenute in violazione della par condicio creditorum”; Tribunale di Busto Arsizio (decreto dell’II febbraio 2013): “il debitore che abbia depositato domanda di concordato preventivo con riserva ai sensi dell’art. 161 comma 6 l.f. può essere autorizzato, a norma dell’art. 169 bis l.f., alla sospensione di contratti bancari (nella specie di anticipazione di crediti su fattura) al fine di evitare – a tutela della par condicio – la compensazione dei crediti delle banche con le somme confluenti sui conti correnti di riferimento”; Tribunale di Piacenza (decreto del 1 marzo 2013) che ha sospeso “i contratti bancari di anticipazione dei crediti su fattura e su XX.XX stipulati da XXX con le banche, con conseguente ordine di mettere immediatamente a disposizione della istante tutte le somme che verranno versate in pagamento dai clienti di XXX , sia per rimessa diretta che per XX.XX”. Ciò in quanto “le anticipazioni di cui sopra – cui è seguita la trattenuta da parte degli istituti di credito, delle somme successivamente versate dai clienti di XXX in pagamento delle XX.XX o delle fatture – costituisce condotta pregiudizievole degli interessi degli altri creditori, in quanto idonea ad alterare la consistenza della massa patrimoniale destinata, attraverso l’eventuale futuro accordo, a soddisfare il ceto creditizio nel suo complesso”. Più di recente si è espressa sul punto anche la Corte di Appello di Genova che con decreto del 10 febbraio scorso “ha respinto il reclamo di alcuni istituti di credito contro il provvedimento del Tribunale che aveva autorizzato il debitore in concordato prima a sospendere poi a sciogliere i contratti bancari esistenti dopo il deposito della domanda con riserva”2.
2 Tratto da “Norme e Tributi”, il Sole 24 Ore di lunedi 19 maggio 2014.
L’anticipazione in parola pare indispensabile quindi, secondo la giurisprudenza maggioritaria, ai fini della concessione del provvedimento di sospensione/interruzione in commento, nonostante non risulti da una lettura testuale dell’art. 169 bis. l.fall. bensì da una interpretazione, per così dire, sistematica.
In questo senso si era già espresso anche lo stesso Tribunale di Ravenna il quale in data 24 dicembre 2012 affermava : “nella fase prodromica al deposito del piano, ed in assenza di discovery delle linee dello stesso, in ordine all’attivo , passivo e possibilità di soddisfacimento del ceto creditorio – è possibile unicamente procedere alla sospensione dei rapporti pendenti, dovendosi dare una lettura sistematica dell’art. 000 xxx xxx, xx xxxxxxxx xxx xxxxxxx concesso ai sensi dell’art. 161 comma 6 l.f. eviti la produzione di effetti irreversibili se questi non siano verificabili come convergenti alla migliore realizzazione del piano concordatario e finalizzati al miglior soddisfacimento dei creditori”.
Nel caso di specie, nella disclosure esplicitata, emerge come il concordato realizzerà la continuità in modo “indiretto” tramite il conferimento dei soli assets attivi in società di nuova costituzione e reperendo le risorse finanziarie per la continuità senza necessità di passaggio dei rapporti di finanziamento in essere.
Avverso il decreto del 30 maggio 2014 ha avanzato reclamo uno degli istituti di credito coinvolti. La Corte d’Appello di Bologna adita accoglieva la tesi della ricorrente stabilendo la fondatezza del ricorso in netta antitesi con la giurisprudenza più sopra richiamata.
I Giudici bolognesi affermano che: “si premette che il provvedimento impugnato, nonostante sia dato per un tempo limitato e attenga solo alla sospensione e non allo scioglimento dei contratti, è in realtà suscettibile di provocare effetti definitivi e/o permanenti sull’assetto degli interessi in gioco: infatti per effetto di esso la banca è già obbligata a riversare al cliente le somme riscosse dai terzi (…)Si aggiunge che, come da giurisprudenza prodotta dalla reclamante (App. Milano 8 marzo 2013) il provvedimento risulta inaudita altera parte, con statuizione a parere di questa Corte non legittima, incidendo da subito sulle contrapposte posizioni soggettive (e non necessariamente dei soli creditori concorsuali e del debitore) anche in modo definitivo ed irreversibile (…) Nel merito, si osserva che non è affatto pacifico che l’art. 169 bis possa applicarsi alle domande di concordato con riserva o in “bianco”: a favore della contraria conclusione, qui accolta (cfr. anche App. Brescia 29/05/2013 prodotto dalla reclamante), militano invece sia il mancato espresso richiamo della norma alle domande ex art. 161, 6° comma l.f. (…) Che le anticipazioni siano state concesse è in effetti la stessa reclamata ad asserirlo a p. 13 e 14 del suo ricorso, sicchè ora la stessa non può fondatamente negarlo per quanto attiene la banca reclamante (…) soprattutto appare estranea alla funzione dell’art. 169 bis l.f. il – recupero di attivo – attraverso la
sospensione/scioglimento avallata dal pre-commissario giudiziale di determinati rapporti (peraltro rientranti nel novero degli atti di ordinaria amministrazione consentiti al debitore ex art. 161 l.f., 7° co.) che prescindono totalmente dalle immediate necessità inerenti la continuità aziendale, recupero che invece potrebbe e dovrebbe esercitarsi esclusivamente attraverso specifiche azioni recuperatorie e/o revocatorie, ma solo qualora ne sussistano i presupposti (…) ulteriormente si osserva sotto questo ultimo aspetto che, come osservato da attenta ma non in altri aspetti completamente condivisibile giurisprudenza (Trib. Milano 28/05/2014 in xxxxxx.xx), essendo sovrapponibile la nozione di contratti in corso ex art. 169 bis l.f. con quella dei contratti pendenti ex art. 72 l.f., non si potrà applicare detta norma alle anticipazioni già concesse e alla relativa clausola di compensazione (legittima ex. Cass. 17999/2011; cfr. anche a contrario Xxxx. 8752/2011; contra Cass 10548 /2009).
Quest’ultimo motivo relativo alla sovrapponibilità del concetto di “contratti in corso” con quello di “contratti pendenti ex art. 72 l.f.” risulta poi avallato dalla modifica legislativa introdotta dall’art. 8, comma 1, lett.b), DL 27 giugno 2015 n. 83 convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2015 n. 132 che ha rubricato nuovamente la norma denominandola “contratti pendenti” anziché “contratti in corso di esecuzione” ed ha peraltro sancito l’obbligo di “sentire l’altro contraente”. Sul punto si ritornerà infra.
La questioni sollevate dalla citata Giurisprudenza sono quindi lontane dal trovare un’univoca soluzione mancando ad oggi pronunce in merito da parte della Suprema Corte.
Le motivazioni addotte dalla Corte di Bologna non appaiono peraltro del tutto convincenti e si mostrano in contrasto con lo spirito della norma in particolare per l’obbligo di “sentire” la parte, nel caso specifico la banca, prima della pronuncia.
Avverso la citata sentenza si costituiva la Società debitrice, presentando ricorso per Cassazione. Con esso veniva sostenuto quanto segue3.
“È evidente che il decreto della Corte di Appello di Bologna, ancorché pronunciato con riferimento ad una singola fattispecie specifica (il rapporto di anticipazione s.b.f. in essere con la sola –banca omissis-) ed alla sola fase del pre-concordato, contiene l’enunciazione di numerosi principi di diritto non condivisibili e destinati a produrre effetti definitivi non solo nel rapporto contrattuale di cui è causa (consentendo alla banca reclamante di trattenere quanto incassato in forza del mandato all’incasso ricevuto e della clausola di compensazione), ma anche nell’attuazione della proposta di concordato preventivo appena presentata, finendo col riconoscere a banca - omissis- un trattamento preferenziale rispetto alle altre banche che invece
3 Tratto dal ricorso a firma dell’Avv. Xxxxx Xxxxxxxx.
hanno visto sospesa e vedranno interrotta la facoltà di trattenere quanto incassato ad estinzione dei propri crediti.
Detto decreto deve quindi essere impugnato, così come si impugna col presente atto ai sensi degli artt. 360, ult. comma c.p.c. e 111, comma 7 Cost., venendo ad incidere in maniera definitiva, per la sua natura decisoria, su diritti soggettivi di natura sostanziale (nello specifico, il diritto della società ricorrente di ottenere la restituzione degli incassi ricevuti dalla banca resistente, la quale, una volta revocata la sospensione dei contratti in corso, avrebbe diritti di trattenerli definitivamente, sottraendoli così al riparto ai creditori), il tutto sulla base dei seguenti:
MOTIVI
(…) Non è condivisibile l’affermazione della Corte di Appello di Bologna, secondo cui comporterebbe effetti definitivi la mera sospensione di un rapporto contrattuale nel corso della procedura di pre-concordato ex art. 161, comma 6 l. fall. ed in attesa della presentazione della proposta e del piano di concordatario definitivi.
E’ invece evidente che la sospensione degli effetti sostanziali di un contratto comporta semplicemente l’inapplicabilità temporanea della relativa regolazione di interessi, senza alcuna conseguenza definitiva.
In particolare, nei rapporti bancari in cui è previsto che la banca possa rientrare di propri crediti precedenti l’avvio di una procedura concorsuale riguardante il proprio cliente-debitore, mediante compensazioni con debiti sorti successivamente, la semplice sospensione dell’effetto estintivo proprio della compensazione non può comportare effetti definitivi.
Semplicemente, le somma riscosse dalla banca e che questa dovrebbe retrocedere al cliente che ha presentato una domanda di concordato “con riserva”, in considerazione della sospensione degli effetti della clausola di compensazione, dovranno restare nella temporanea disponibilità del cliente, in attesa che a quelle somme venga data una destinazione definitiva, coerente col piano concordatario in corso di presentazione.
Non vi è la possibilità che il cliente distragga dalla finalità concordataria quelle somme accreditate a suo nome, tenuto conto che qualsiasi utilizzo non coerente con il piano concordatario non sarebbe possibile in quanto mancante della necessaria autorizzazione del Tribunale ex art. 161, comma 7 l. fall. durante la pendenza del termine di cui all’art. 161, comma 6 l. fall. e comporterebbe comunque la revoca dell’ammissione al concordato preventivo ai sensi degli artt. 167 e 173 l. fall.. (…)
La Corte di Appello di Bologna ha ritenuto che l’art. 169-bis l. fall. non consenta la sospensione dei contratti in corso di esecuzione durante la pendenza del termine ex art. 161, comma 6 l. fall., tenuto conto del fatto che tale possibilità sarebbe riconoscibile solo laddove sussistesse l’esigenza dell’imprenditore in crisi di gestire l’impresa in termine di migliore economicità, ma non quando si tratti di tutelare la par condicio creditorum e di impedire alle banche di mantenere un canale preferenziale di soddisfacimento mediante l’applicazione di una clausola di compensazione.
Una interpretazione così restrittiva dell’art. 169-bis l. fall. appare erronea.
Anzitutto l’esigenza di assicurare la gestione di un’impresa in crisi e la funzionalità rispetto ad essa della sospensione o dello scioglimento dei rapporti contrattuali in corso potrà semmai essere tenuta in considerazione nell’ipotesi in cui si prospetti la presentazione di una proposta di concordato preventivo in continuità ex art. 186-bis l. fall. (che non a caso, al comma 3, richiama l’art. 169-bis l. fall.).
Si tratta però di una prospettazione ancora prematura nella fase di richiesta di termine nell’ambito di una proposta di concordato “con riserva” ex art. 161, comma 6 l. fall. e quindi non esigibile in quella fase, essendo ogni valutazione in ordine alla funzionalità della richiesta di autorizzazione ex art. 169-bis l. fall. rimandata al momento della presentazione della proposta definitiva.
Va comunque sottolineato che il ricorso per concordato preventivo “in bianco” conteneva proprio una “domanda di concordato in continuità” come si legge al paragrafo 3 a pag. 7 del ricorso ex art. 161, comma 6 l. fall., dove si espone testualmente che: “La presente proposta di concordato preventivo in continuità viene avanzata nella convinzione che essa debba essere accompagnata da profondi cambiamenti nelle linee strategiche al fine di adeguarsi ai mutamenti di mercato che di seguito vengono esposte”, sviluppando poi successivamente, sia pure in maniera ancora embrionale, il piano industriale finalizzato alla predetta ristrutturazione.
La Corte di Appello di Bologna ha completamente omesso di considerare questo aspetto fondamentale della domanda di concordato preventivo “in bianco”, il che già di per sé costituisce un vizio del provvedimento impugnato, rilevante anche sotto il profilo di cui all’art. 360, n. 5) c.p.c..
Anche in linea di astratto diritto comunque, non è corretta la lettura restrittiva dell’art. 169-bis l. fall. offerta dalla Corte di Appello di Bologna, non escludendo affatto l’art. 169-bis l. fall. che la sospensione o anche lo scioglimento dei rapporti contrattuali in corso non possa essere prevista ed autorizzata a tutela della par condicio creditorum e precisamente per escludere che alcuni creditori siano soddisfatti in modo preferenziale rispetto ad altri, anche per mezzo di una clausola di compensazione inserita nei contratti in vigore.
Una simile interpretazione restrittiva finisce infatti col far dire alla norma in esegesi quello che essa non dice affatto e quindi finisce coll’operare una non consentita interpretazione additiva del contenuto della norma.
In realtà l’art. 169-bis l. fall. si limita a prevedere che “Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 puo' chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso”.
La norma non distingue tra le diverse finalità che lo scioglimento o la sospensione debbano avere: è chiaro che un collegamento funzionale con la proposta di concordato e con l’attuabilità del piano concordatario debba esistere, ma non è affatto previsto che detta finalità debba essere collegata
alla gestione dell’impresa e non piuttosto alla miglior tutela della par condicio creditorum.
In particolare, la finalizzazione alla prosecuzione della gestione dell’impresa sarà tipica di una proposta concordataria con continuità aziendale ex art. 186-bis l. fall., mentre invece una sua funzionalizzazione ad una più equa soddisfazione dei creditori sarà tipica di una proposta di concordato liquidatorio, ma non esclusa neppure in una proposta di concordato in continuità.
Tali finalizzazioni difficilmente saranno già evidenziate o verificabili compiutamente nell’ambito di una proposta di concordato “con riserva” ex art. 161, comma 6 l. fall., ma questo non esclude che, anche in pendenza del relativo termine, possa ammettersi l’applicazione dell’art. 169-bis l. fall..
La norma in esame è applicabile a seguito di qualsiasi ricorso ex art. 161 l. fall., come il suo chiaro tenore letterale chiarisce, precisando che “il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161” (che comprende, al comma 6, anche il ricorso per concordato “con riserva”) possa chiedere lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione.
Una conferma dell’applicabilità dell’art. 169-bis l. fall. anche ai concordati con riserva viene, oltre che da suo tenore letterale, dalla genesi della norma.
L’art. 169-bis l. fall. è stato aggiunto dall'art. 33, comma 1, lett. d) del
D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (decreto sviluppo), convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134.
L’art. 161, comma 6 l. fall. è stato introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. b), n. 4) del medesimo D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e quindi contestualmente all’art. 169-bis l. fall..
E’ allora evidente che il legislatore, quando ha ritenuto opportuno facilitare la presentazione di proposte di concordato, spinto dall’esigenza di salvaguardare le imprese in crisi, lo ha fatto volendo prevedere, in qualsiasi fase di avvio di una procedura di soluzione concordata della crisi d’impresa, la possibilità di scioglimento o di sospensione dei contratti in corso di esecuzione, a tutela di qualsiasi esigenza sottesa alla proposta da presentare ai creditori.
Spetterà al Tribunale valutare se esista una funzionalità tra la proposta concordataria e la richiesta di scioglimento o di sospensione di contratti d’impresa, ma non è affatto vero che questa funzionalizzazione debba essere riferita solo alla gestione dell’impresa.
Non a caso, si è ormai consolidato l’orientamento secondo cui è pacifica la possibilità di procedere alla sospensione dei contratti in corso di esecuzione in pendenza del termine ex art. 161, comma 6 l. fall.4.(…)
4 Si rileva una quasi fisiologica compatibilità del concordato prenotativo con la sospensione dell’efficacia dei contratti pendenti nella giurisprudenza citata in CASA– XXXXXXXXXX, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Fall., 2014, n. 5, 605; si vedano in particolare: Trib. Genova 4.11.2013, in Fall., 2014, n. 5, 609 proprio con riferimento all’applicabilità dell’istituto della sospensione ai contratti bancari, sia unilaterali sia bilaterali, nei quali la banca abbia già eseguito la propria prestazione; App. Trento, 4.11.2013, in xxx.XxxxxxxxxxxXxxxxxx.xx; Trib. Vicenza, 25.6.2013, in Redazione
Si tocca qui il problema se, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, sia ammissibile la sospensione o lo scioglimento dei rapporti bancari di anticipazione salvo buon fine (d’ora innanzi anticipazioni s.b.f.) che un imprenditore in crisi ha in essere con le banche creditrici ed in forza delle quali abbia già ricevuto anticipazioni su crediti presentati all’incasso. I rapporti di anticipazione s.b.f. in esame, oggetto del provvedimento di sospensione reclamato, contengono una clausola di compensazione (pactum de compensando o clausola di elisione o di annotazione), in forza della quale la banca che abbia anticipato, in tutto o in parte, crediti rappresentati da effetti presentatile dall’imprenditore in crisi prima della domanda di concordato “con riserva” affinché essa ne curi l’incasso ha diritto di trattenere quanto pagato dal terzo debitore, fino a concorrenza del proprio credito restitutorio derivante dalla concessa anticipazione (per questa ragione si parla di questi rapporti come linee di credito auto liquidanti o
mandati all’incasso rafforzati).
Si tratta allora di decidere se la clausola di compensazione contenuta nei rapporti bancari in esame:
a) sopravviva alla formale apertura di una procedura concorsuale o diventi in qualche modo inoperante dopo quel momento (ed in particolare dopo la domanda di ammissione al concordato preventivo), a prescindere dallo scioglimento del rapporto bancario in cui è inserita;
b) possa essere resa temporaneamente o definitivamente inefficace mediante la sospensione o lo scioglimento autorizzato del rapporto contrattuale nel quale si trova inserita.
Le due questioni presuppongono considerazioni diverse tra loro e pertanto occorre esaminarle distintamente.
* * * * *
a) La sopravvivenza della clausola di compensazione in pendenza dell’apertura di una procedura di concordato preventivo “con riserva” o ordinario.
La presentazione della domanda di concordato preventivo (sia in bianco che ordinario) produce gli effetti previsti dagli artt. 168 e 169 l. fall., tra i quali il divieto di compensazione, vigente per i creditori fin dalla presentazione della domanda di concordato, in riferimento al concorso tra crediti sorti prima dell’apertura della procedura e debiti sorti successivamente.
Conseguentemente, con specifico riferimento alle somme riscosse dalla banca per conto del cliente in forza di un preesistente mandato all’incasso, l’istituto di credito, di regola, non ha diritto di compensare il proprio debito di versamento al cliente delle somme riscosse dopo l’apertura della procedura di concordato preventivo con i corrispondenti crediti di cui sia
Xxxxxxx, 2013; Trib. Teramo, 11.1.2013, in Foro it., 2013, 4, 1338; Trib. Ravenna,
24.12.2012, ivi, 2013, 4, 1338; Trib. Modena, 30.11.2012, ivi, 2013, 2, 666; Trib. Pistoia,
31.10.2012, ivi, 2013, 4, 1339.
invece titolare e che siano sorti prima della presentazione della domanda di concordato5.
A quest’ultimo proposito va infatti ricordato che ai, sensi degli artt. 167, 168 e 169 l. fall., dalla data di deposito della domanda di concordato ex art. 161, comma 6 l. fall. o dalla data di deposito della domanda di concordato preventivo ordinario, l’imprenditore conserva l’amministrazione del suo patrimonio, ma ha il divieto di porre in essere pagamenti di crediti concorsuali (cioè le cui ragioni di credito derivano da un titolo precedente il decreto di ammissione alla procedura), operando il principio della cristallizzazione della massa passiva6, salva la possibilità di porre in essere pagamenti urgenti, previa autorizzazione del Tribunale (in pendenza del procedimento di concordato in bianco ex art. 161, comma 7 l. fall.) o previa autorizzazione del Giudice Delegato in caso di ammissione alla procedura di concordato preventivo ordinario (art. 167 l. fall.).
Come ben precisato da Cass. 7.5.2009, n. 10548 “In caso di ammissione del debitore al concordato preventivo, la compensazione tra i suoi debiti ed i crediti da lui vantati nei confronti dei creditori postula, ai sensi dell'art. 56
l. fall. (richiamato dall'art. 169 della medesima legge), che i rispettivi crediti siano preesistenti all'apertura della procedura concorsuale; essa, pertanto, non può operare nell'ipotesi in cui il debitore abbia conferito ad una banca un mandato all'incasso di un proprio credito, attribuendole la facoltà di compensare il relativo importo con lo scoperto di un conto corrente da lui intrattenuto con la medesima banca; a differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, ma l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima debba aver luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione”. Il principio è stato recentemente confermato anche da Xxxx. 15 maggio 2014, n. 10683, secondo cui perché operi la compensazione, sia essa volontaria o legale, occorre che la “coesistenza dei reciproci debiti e crediti, liquidi ed esigibili, risalga ad epoca anteriore al pignoramento” (ben potendosi il pignoramento assimilare all’apertura di una procedura
concorsuale).
La ragione dell’esclusione della compensazione tra un credito precedente l’apertura di una procedura concorsuale ed un debito
5 PANZANI, Le garanzie tipiche ed atipiche nel concordato preventivo, in Fall., 2014, n. 5, pag. 508, nota 9; in giurisprudenza: Cass. 23.7.1994, n. 6870; Cass. 7.5.2009, n. 10548; Trib. Napoli, 4.12.2012, in Fall., 2013, 372 e, con specifico riferimento al mandato all’incasso, Trib. Lucca, 21.5.2013, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Terni, 12.10.2012, in xxx.xxxxxx.xx.
6 Il richiamo che l’art. 169 l. fall. fa all’art. 55 l. fall. porta la giurisprudenza a ricavare, anche per il concordato preventivo, l’applicazione del principio della cristallizzazione della massa passiva (Cass., sez. trib., 14.3.2008, n. 6953; Trib. Bergamo, 19.10.2011, in Foro pad., 2012, 3, 515).
successivo sta nell’esigenza di tutelare il principio della par condicio creditorum che “è violato non solo dai pagamenti eseguiti dal debitore successivamente alla dichiarazione di fallimento o nel c.d. periodo sospetto, ma da qualsiasi atto estintivo di un debito a lui riferibile, sia pur indirettamente, in quanto effettuato con suo denaro o per suo incarico ……. o in suo luogo. A quest’ultima categoria va ricondotto il pagamento eseguito dal terzo debitore in favore del creditore del fallito….” (Cass., Sez. I, 20 agosto 2014, n. 18051).
Appare evidente che il pagamento che il cliente-debitore dell’imprenditore in concordato preventivo fa accreditando direttamente quanto dovuto sul c/c di quest’ultimo che rechi un saldo passivo o scoperto, in sostanza, esegue un pagamento a favore della banca che trattiene l’accredito compensandolo contabilmente col saldo debitore.
Il problema è se il principio appena enunciato possa venire derogato per effetto di una clausola di compensazione inserita in un contratto bancario di cui non si determini la sospensione o lo scioglimento per legge o per volontà (autorizzata ex art. 169-bis l. fall.) del cliente proponente un concordato preventivo.
Va detto anzitutto che la concessione del termine ex art. 160, comma 6 l. fall. (concordato “con riserva”) o l’ammissione al concordato preventivo del cliente-correntista non determina lo scioglimento ex lege del rapporto di conto corrente bancario, nel quale di regola è inserita una linea di credito auto-liquidante.
Infatti, ancorchè non manchino voci favorevole all’applicazione degli artt. 72 e segg. l. fall. al concordato preventivo7, l’opinione preferibile e prevalente è quella che sostiene l’autosufficienza della disciplina dei rapporti non ancora eseguiti nel concordato preventivo e quindi l’inapplicabilità delle norme sui rapporti pendenti nel fallimento ed in particolare l’art. 78 l. fall. che prevede lo scioglimento di diritto del rapporto di conto corrente bancario8.
Pertanto, quando – come si verifica di regola – la clausola di compensazione risulta inserita nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario, l’inapplicabilità dell’art. 78 l. fall. al concordato preventivo richiesto dal cliente correntista, lascia in essere il rapporto e, con esso, la clausola in esame.
La clausola di compensazione non può ritenersi invalida, perché non è ravvisabile la violazione di una norma imperativa nel momento in cui essa è stata concordata (la regola della par condicio creditorum non costituisce infatti una norma imperativa e la sua violazione diviene tutt’al più motivo di
7 Trib. Vicenza, 25.6.2013, in xxx.xxxxxx.xx; CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in xxx.xxxxxx.xx, Articoli, 11.3.2013, pag. 2.
8 App. Venezia, decreto, 20.11.2013, in Il corr. giur., 2014, n. 7, 957; nello stesso senso XXXXXXXXX, Xxxxxxxxxx preventivo e autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti in corso: la (supposta) necessaria attuazione del contraddittorio nei confronti del contraente in bonis, in Il corr. giur., 2014, n. 7, 960.
revocatoria fallimentare se ed in quanto ne ricorrano i presupposti9). Neppure può ritenersi inefficace quella medesima clausola per effetto dell’apertura della procedura di concordato preventivo, non essendo esperibile alcuna azione revocatoria fallimentare nell’ambito di quella procedura concorsuale minore.
Xxxxxxx però chiedersi se la clausola in esame non divenga inoperante perché contrastante con la regola della cristallizzazione del passivo a seguito dell’ammissione del correntista al concordato preventivo.
Al quesito si reputa di dover dare risposta affermativa, ritenendo che la clausola in questione risulta contraria al prevalente principio della cristallizzazione della massa passiva al momento dell’apertura di una procedura concorsuale, operante anche nella nuova disciplina del concordato preventivo, ancor più se – come diremo – si ritiene non operante il meccanismo della compensazione di cui all’art. 56 l. fall..
Infatti il principio della non compensabilità tra crediti sorti prima dell’apertura di una procedura concorsuale e debiti sorti dopo deve ritenersi operare anche in presenza di un pactum de compensando inserito in un rapporto bancario di conto corrente.
Si è ben precisato che, anche a voler ritenere l’indivisibilità della disciplina del conto corrente bancario e della sua prosecuzione nelle procedure minori nella sua interezza, con estensione a tutte le clausole pattizie, ivi compresa quella di compensazione, tale prosecuzione appare ininfluente rispetto ai principi generali in materia fallimentare, posto che la continuazione del rapporto di conto corrente, nel concordato preventivo - a differenza che nel fallimento dove si scioglie automaticamente (art. 78 l. fall.) - non comporta l’alterazione del corretto svolgimento della procedura concordataria, riconducibile al fenomeno della c.d. cristallizzazione delle situazioni attive e passive ante-concordato (App. Milano, 2.3.2001, in Banca borsa e tit. cred., 2002, II, 552; Cass., 28.8.1995, n. 9030).
Deve infatti ritenersi inderogabile il principio che richiede, ai fini della compensabilità delle opposte ragioni di credito prevista dall’art. 56 l. fall. (espressamente richiamato per l'ipotesi di concordato preventivo dall’art.
169 l. fall.) la preesistenza, rispetto alla procedura concorsuale, di entrambi i fatti genetici dei rispettivi crediti contrapposti che si vogliono portare in compensazione (si vedano la dottrina e la giurisprudenza richiamate alla nota 2).
Nel mandato all'incasso, immancabilmente presente in un’operazione di anticipazione bancaria s.b.f., è solo al momento in cui viene incassata la somma da parte della banca-mandataria che sorge nei confronti del cliente l'obbligo di restituire quanto riscosso. E poiché la riscossione dei crediti del cliente da parte della banca reclamante o non è ancora avvenuta o avviene dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo con riserva, non potrà operarsi alcuna compensazione, in
9 Cass., sez. un., 25.10.1993, n. 10603; Cass., 24.10.1983, n. 6239; Cass. 4.10.2010, n.
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applicazione del principio della necessità della preesistenza dei rispettivi crediti.
La prevalenza del principio della cristallizzazione dei crediti è così assorbente da aver indotto autorevole dottrina a ritenere inoperativa anche la cessione del credito in garanzia in fattispecie «a cavallo» delle procedure concorsuali10.
Non valgono a contraddire tutto quanto appena esposto quelle sentenze (ed in particolare Cass. 1.9.2011, n. 17999) che ammettono l’operatività della clausola di compensazione inserita in un rapporto bancario, riferendosi però alla procedura di amministrazione controllata che era procedura caratterizzate da tutt’altre finalità rispetto alla procedura di concordato preventivo o di fallimento, non essendo soggetta al principio della cristallizzazione della massa passiva, come del resto testualmente ricordato proprio da Cass. 17999/2011 che si riferisce ad un’ipotesi di incasso dei titoli anticipati dalla banca in costanza della procedura di amministrazione controllata e non dopo l’apertura di concordato preventivo o di fallimento11.
Anche nei casi esaminati da Cass. 7.3.1998, n. 2539 e da Cass. 5.8.1997,
n. 7194 (spesso richiamate a sostegno della sopravvivenza della clausola di compensazione) l’incasso degli effetti anticipati dalla banca era avvenuta nel xxxxx xxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx00.
Dalle considerazioni che precedono, dovrebbe quindi concludersi che, in astratto, non pare ammissibile la compensazione, legale o volontaria, tra crediti bancari sorti prima della presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo e debiti della banca sorti successivamente, mancando la riconducibilità di entrambe le contrapposte ragioni di credito ad un fatto genetico antecedente quella domanda.
La conclusione appare a maggior ragione da confermare tenuto conto che l’utilizzo da parte della banca delle somme riscosse presso i terzi, in esecuzione del mandato irrevocabile all’incasso per rientrare del credito restitutorio di precedenti anticipazioni, non avviene in forza di un meccanismo di compensazione, ma sulla base di una mera annotazione contabile o di elisione di partite di dare e avere.
10 INZITARI, La cessione del credito a scopo di garanzia: inefficacia e inopponibilità ai creditori dell’incasso dal cessionario nel fallimento, nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, 156.
11 Il fatto descritto nella sentenza della Suprema Corte n. 17999/2011 fa chiaro riferimento ad operazione di anticipazione salvo buon fine di effetti nell’ambito di una procedura di amministrazione controllata ed anche la massima richiamata alle pagg. 14 e 15 della motivazione si riferisce espressamente ad operazioni di anticipazione su ricevute bancarie regolate in conto corrente “compiute in epoca antecedente rispetto all’ammissione del correntista alla procedura di amministrazione controllata”.
12 Come ben chiarisce XXXXXX in nota a Cass. 7194/1997, nell’articolo intitolato Anticipazioni su ricevute bancarie ed accredito in conto delle somme riscosse durante l’amministrazione controllata, in Fall., 1998, 56.
L'art. 1853 c.c. disciplina infatti il regime della compensazione tra i saldi di più rapporti o tra i diversi conti stabilendo che, salvo patto contrario, i saldi attivi si compensano reciprocamente.
Deve però precisarsi che la compensazione di cui parla la norma appena citata (da intendersi come compensazione legale) opera solo quando tra la banca ed il correntista esistono più rapporti o più conti.
Diversamente, nel caso in cui esista un unico conto, gli annullamenti per quantità corrispondenti dei successivi versamenti e prelevamenti (che costituiscono il meccanismo contabile caratterizzante il conto corrente bancario) non costituiscono una vera e propria compensazione, ma semplicemente un conguaglio contabile, ossia una modificazione quantitativa del saldo volta per volta risultante dalle contrapposte annotazioni.
Infatti, com’è ben noto, il presupposto della compensazione in senso tecnico è la reciproca autonomia dei contrapposti rapporti di credito e debito, mentre le variazioni del saldo derivanti da versamenti o prelevamenti operati sullo stesso conto corrente bancario non hanno origine da due distinti rapporti giuridici, ma da un unico rapporto bilaterale.
Nell'ambito di questo rapporto unitario gli accrediti e gli addebiti annotati sul conto corrente non corrispondono a debiti o crediti in senso giuridico, ma costituiscono atti d'esecuzione dell'unico rapporto di conto corrente bancario e pertanto rappresentano mere variazioni quantitative del saldo13.
In mancanza di una compensazione in senso tecnico, non trova quindi neppure applicazione l’art. 56 l. fall. che, quando applicabile, costituisce una deroga eccezionale al principio della concorrenza paritaria dei creditori.
Infatti le somme confluite su di un conto corrente di corrispondenza successivamente all’apertura di una procedura concorsuale che vadano a ridurre il saldo debitore nato prima dell’inizio della procedura danno luogo ad un’annotazione inefficace nei confronti dei creditori ex art. 44, comma 2
l. fall. in caso di fallimento e comunque integrano gli estremi di pagamenti non consentiti in caso di concordato preventivo, non potendo operare alcuna compensazione, mancando il requisito della reciprocità dei crediti14. In particolare, come già detto, gli accrediti su di un conto corrente bancario che provengono da un terzo debitore dell’imprenditore in stato di insolvenza successivamente alla dichiarazione di fallimento o all’apertura di altra procedura concorsuale costituiscono pagamenti assimilabili a
quelli dell’imprenditore stesso.
13 Ci sia permesso il rinvio a BONTEMPI, Diritto bancario e finanziario, Milano-Xxxxxxx, 2014, pagg. 419 ss. dove ulteriori riferimenti giurisprudenziali sul punto.
14 Per il caso di fallimento si vedano: Cass., 24.3.2000, n. 3519; Cass. 25.7.1972, n. 2545; App. Xxxxxx, 00.0.0000, in Fall., 1984, 1209; per il caso di concordato preventivo il divieto di compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura si veda App. Milano, 2.3.2001, in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, 552.
Essi infatti estinguono non solo il debito del terzo verso l’imprenditore ammesso alla procedura concorsuale, ma anche il debito del fallito verso la banca, andando a ridurre il passivo del conto corrente di corrispondenza acceso a suo nome, con mezzi provenienti dal patrimonio del correntista (Cass., Sez. I, 20 agosto 2014, n. 18051).
Pertanto, le somme confluite sul conto corrente di corrispondenza dell’imprenditore che abbia chiesto l’ammissione al concordato preventivo e dopo la presentazione della relativa domanda, debbono essere retrocesse al debitore anche se derivanti dall’esecuzione di un mandato irrevocabile all’incasso (Cass. 26.2.1999, n. 1671, in Fall., 2000, 362), non potendo appunto in tal caso operare alcuna compensazione (Cass. 28.6.1985, n. 3874, in Fall., 1986, 157).
Per concludere, a prescindere dalla sospensione o dallo scioglimento ex art. 169-bis l. fall. del contratto di anticipazione s.b.f. o meglio del rapporto di conto corrente bancario nel quale si inserisce la clausola di compensazione in esame, pare preferibile la tesi secondo cui detta clausola di compensazione non dovrebbe più operare una volta che il cliente abbia presentato domanda di concordato “con riserva” o di ammissione al concordato preventivo e sia poi stato ammesso, quantomeno con riferimento alle somme incassate dalla banca dopo il deposito della domanda.
Ne consegue che le somme riscosse dalla banca dopo il deposito di siffatta domanda dovrebbero venire retrocesse al cliente per essere destinate a sostegno del piano concordatario.
Ma, a maggior ragione – come stiamo per esporre subito qui di seguito - la conclusione non muta ed anzi è rafforzata nel caso in cui il cliente- correntista chieda ed ottenga l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento del rapporto ex art. 169-bis l. fall.. (…)
Come si diceva concludendo la riflessione che precede, anche a voler ritenere che la clausola di compensazione legittimi una reciproca elisione delle partite di DARE e AVERE (quale effetto di una compensazione in senso tecnico o, come dovrebbe, quale effetto di una mera operazione contabile) e che essa sopravviva all’apertura della procedura concorsuale minore, la sua operatività può comunque essere esclusa ai sensi dell’art. 169-bis l. fall., quando ciò sia funzionale alla miglior fattibilità della proposta concordataria.
La norma richiamata legittima infatti la sospensione o lo scioglimento dei contratti “in corso di esecuzione” in pendenza del termine ex art. 161, comma 6 l. fall. o a seguito dell’ammissione al concordato preventivo ordinario, previa autorizzazione del Tribunale in sede di decreto di ammissione alla procedura o del Giudice Delegato in corso di procedura.
In primo luogo va precisato che la sospensione o lo scioglimento è sempre autorizzabile quando appaia funzionale rispetto al piano, ossia rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, secondo quello che deve ritenersi il criterio guida dell’attività autorizzativa riservata al Tribunale in ambito concordatario15.
15 Trib. Cuneo, 14.11.2013, in xxx.xxxxxxxx.xx.
Il legislatore, come già visto, ha inteso disciplinare in modo autonomo la sospensione o lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nell’ambito del concordato preventivo, avendo voluto agevolare la definizione concordata della crisi di impresa, facilitando la fattibilità giuridica ed economica del piano concordatario, anche mediante la sospensione o lo scioglimento di contratti già eseguiti da una delle parti, in cui rimane pendente la prestazione a carico dell’altro contraente, come accade liberando l’imprenditore dall’esecuzione di una prestazione divenuta superflua o eccessivamente onerosa.
Così, in particolare, il problema si pone nell’ambito di un rapporto di anticipazione bancaria o, in genere, di una linea di credito auto-liquidante ove la prestazione fondamentale in capo alla banca si è già consumata con la messa a disposizione del denaro, residuando solo quella di restituzione a carico del cliente anticipato.
La contraria tesi secondo cui l’anticipazione bancaria non sarebbe più passibile di sospensione o di scioglimento una volta che la banca avesse erogato l’anticipazione in quanto, analogamente al contratto di mutuo, si tratterebbe di contratti a prestazioni unilaterali in cui, una volta eseguita la prestazione di erogazione del finanziamento, residuerebbe solo un credito della banca alla sua restituzione, non solo è erronea per le ragioni già spiegate sopra (sub III motivo di impugnazione), ma non considera neppure adeguatamente l’esatta natura giuridica del rapporto in cui si inserisce lo schema contrattuale in esame.
Infatti non può dimenticarsi che il rapporto mediante il quale il cliente ottiene dalla banca l’anticipazione salvo buon fine di un credito rappresentato da effetti che il cliente consegna alla banca affinché la stessa ne curi l'incasso presso i terzi debitori configura un mandato all'incasso, ove la consegna dei documenti (ricevute bancarie, fatture, cambiali ecc.) serve soltanto a comprovare l'esistenza del credito garantito ed a consentirne l'incasso da parte della banca.
L'anticipazione salvo buon fine su ricevute bancarie è stata ricondotta ad un contratto atipico di finanziamento disciplinato dagli accordi delle parti e dalla prassi bancaria ove sia stabilito il carattere oneroso dell'utilizzazione da parte del cliente delle somme anticipate dalla banca prima della loro effettiva esazione presso il debitore (Cass. 23 novembre 1994, n.7835, in Giust. civ., 1995, I, 992).
Ciò tuttavia non esclude che tale figura negoziale, di regola inserita nell’ambito di un più ampio rapporto qualificabile come conto corrente bancario16, abbia prevalente natura di mandato o quantomeno contenga in sé anche elementi propri del mandato.
16 La dottrina sottolinea l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto avente ad oggetto la messa a disposizione di liquidità (anticipazione s.b.f., sconto di portafoglio, sconto bancario, ecc., rapporti spesso regolati all’interno di un sotto conto tecnico definito c/anticipi) ed il rapporto di conto corrente bancario in forza del quale la banca presta un servizio di cassa, fatto di pagamenti e di incassi (MIRONE, L’apertura di credito, in I contratti per l’impresa – II. Banca, mercati, società, a cura di X. Xxxxx – X. Xxxxxxx – X. Xxxxxx, Bologna, 2012, 45 ss.; CAVALLI, Lo sconto bancario, in CAVALLI-CALLEGARI, Lezioni
Lo dimostra il fatto che la banca non si limita ad erogare un finanziamento al cliente sotto forma di anticipazione di suoi crediti, ma svolge anche (e principalmente) un servizio di pagamento e continua a svolgerlo anche dopo l’erogazione del finanziamento, avendo un preciso interesse a riscuotere gli effetti anticipati, appunto al fine di rientrare di quel finanziamento attraverso l’operatività della clausola di compensazione.
Allora, l’anticipazione salvo buon fine costituisce solo uno dei momenti dell’esecuzione del contratto di conto corrente bancario.
Se dunque l’anticipazione bancaria salvo buon fine si inserisce in un rapporto di conto corrente bancario, partecipando della sua natura giuridica, va ricordato che il contratto di conto corrente bancario costituisce quell’accordo (qualificato come contratto innominato misto, con prevalente funzione di xxxxxxx00), con cui la banca si impegna nei confronti del cliente, sul presupposto dell'esistenza di una disponibilità presso di sé, a «prestare un servizio, consistente in sostanza in un servizio di cassa, ossia nel provvedere per conto del cliente correntista, su ordine diretto ed indiretto e con le sue disponibilità, ai pagamenti ed alle riscossioni»18.
Tali attività rientrano nella nozione di servizi di pagamento (disciplinati dal D. Lgs.vo 27.1.2010, n. 11 che ha introdotto il Titolo V-ter al T.U. bancario, comprendente gli articoli da 114-sexies a 114-sexiesdecies). Essa ricomprende l'incasso ed il trasferimento di fondi, la trasmissione o l’esecuzione di ordini di pagamento, gli addebiti o accrediti effettuati con qualunque modalità, la compensazione di debiti e crediti, l'emissione e gestione di carte di credito o di altri mezzi di pagamento (tant’è vero che il conto corrente bancario può rientrare nella nozione di conto di pagamento nei limiti in cui sia utilizzato per la prestazione di servizi di pagamento come precisa il provvedimento della Banca d’Italia del 30 luglio 2011, Sez. I, par. 2, lett. h).
Appare quindi evidente che l’attività di incasso dei crediti anticipati presso i terzi debitori rientra nell’ambito di uno di questi servizi di
sui contratti bancari, Torino, 2011, 193 ss. e 201 ss.; COSTA, Lo sconto bancario, in I contratti per l’impresa – II. Banca, mercati, società, a cura di X. Xxxxx – X. Xxxxxxx – X. Xxxxxx, Bologna, 2012, 82 ss..
17 Cass. 23 gennaio 0000, x. 000, xx Xxxxx, Xxxxx, xxx. xxxx., 0000, XX, 000; Cass. 6 dicembre
0000, x. 0000, xx Xxxxx. xxx., 0000, X, 000; Cass. 21 dicembre 1971, n. 3701; Cass. 9 ottobre
1971, n. 2793; Cass. 30 ottobre 1968, n. 3637, in Rass. avv. st., 1968, I, 5, 838 ove si parla di contratto misto; la qualificazione come contratto atipico è stata sempre ribadita dalla Suprema Corte (Cass. 23 maggio 1986, n. 3447, in Giur. it., 1988, 889; Cass. 10 febbraio
1982, n. 815, in Banca, borsa, tit. cred., 1982, II, 124).
18 La definizione è chiaramente delineata nella pur risalente Cass. 30 ottobre 1968, n. 3637; conforme è Xxxx. 21 dicembre 1971, n. 3701 e, da ultimo, Cass. 5 dicembre 2011, n. 25943 in Giust. civ., 2012, 9, 1726; in dottrina XXXXXXX, Il conto corrente di corrispondenza, Milano, 1992, 41 ss.; SPINELLI-GENTILE, Diritto bancario, Padova, 1991, 298; FERRI, voce Conto corrente di corrispondenza, in Enc. del dir., IX, Milano, 1961, 666.
pagamento e costituisce quindi un elemento naturale del contratto di conto corrente bancario.
Deve allora chiarirsi che è il mandato la figura negoziale prevalente nello schema causale dell'operazione bancaria in esame.
Chiarita la natura giuridica del contratto anticipazione s.b.f. regolato all’interno di un conto corrente bancario e considerata la sua prevalente funzione di mandato, è agevole concludere che la concessione e l’effettiva erogazione delle anticipazioni a favore del cliente costituisce solo uno dei momenti della fase di esecuzione del predetto contratto.
Ma anche dopo l’esecuzione di questo momento, resta ancora la fase esecutiva che si concretizza nella esecuzione, da parte della banca, del servizio di incasso commissionatole dal cliente.
Quindi, se questa fase di esecuzione del mandato all’incasso è destinata ad essere portata a compimento dopo l’apertura della procedura di concordato preventivo, deve concludersi che il contratto non è stato compiutamente eseguito da una delle parti (la banca) con la semplice erogazione dell’anticipazione sui crediti portati al salvo buon fine.
La banca infatti dovrà ancora eseguire l’incasso degli effetti anticipati, prestazione per la quale peraltro il cliente paga un corrispettivo, rappresentato dalle commissioni di incasso e dalle spese di tenuta del conto.
Il cliente invece dovrà ancora eseguire la restituzione delle somme anticipategli.
Quindi, anche nella denegata ipotesi in cui si volesse mai ritenere applicabile analogicamente la nozione di rapporto pendente quale risulta ricavabile dall’art. 72 l. fall. e quindi anche a voler ritenere passibili di scioglimento anticipato solo i contratti a prestazioni corrispettive non ancora eseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, dovrebbe sempre concludersi che il mandato all’incasso rientra perfettamente in tale categoria di negozi, dato che le prestazioni gravanti sulla banca non si limitano alla messa a disposizione o all’accredito di fondi, ma consistono anche nella prestazione di un continuativo servizio di cassa (non potendosi quindi ritenere che - dopo l’anticipazione - sopravviva solo un debito restitutorio scaduto in capo al debitore concordatario)19.
Per concludere, vuoi che si voglia considerare l’art. 169-bis l. fall. una norma recante una nozione di contratti non ancora eseguiti e passibili di scioglimento anticipato diversa da quella propria dei rapporti giuridici pendenti di cui parla l’art. 72 l. fall., vuoi che si vogliano considerare coincidenti i due concetti, in entrambi i casi è possibile la sospensione o lo scioglimento anticipato dell’anticipazione s.b.f.. (…)
Xxxxxxx già detto, nel trattare il precedente motivo di gravame, che la sospensione o lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione ex art. 169-bis l. fall. è sempre autorizzabile quando appaia funzionale rispetto al piano, ossia rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, secondo
19 App. Bari, 11.11.2013, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
quello che deve ritenersi il criterio guida dell’attività autorizzativa riservata al Tribunale in ambito concordatario20.
Non si comprende allora che cosa dovrebbe escludere la possibilità di utilizzare la sospensione e poi lo scioglimento dei contratti bancari in corso di esecuzione per una distribuzione dell’attivo che risulti più coerente col principio della par condicio creditorum e soprattutto col già ricordato principio della cristallizzazione della massa passiva.
Peraltro erra la Corte di Appello di Bologna quando identifica la sospensione dei contratti di anticipazione s.b.f. in discussione con il “recupero di attivo”.
Il fatto che la banca non possa trattenere le somme riscosse (dopo la domanda di concordato “con riserva”) in pagamento di crediti dell’imprenditore in crisi che la stessa abbia anticipato non significa recuperare un attivo altrimenti inesistente, in quanto quell’attivo esisteva già sotto forma di crediti da riscuotere.
Il fatto che l’imprenditore in crisi abbia diritto di vedersi retrocedere anche quelle somme significa invece che esse vengono diversamente distribuite tra i creditori, in modo più rispettoso dei principi concorsuali che si sono più volte ricordati e che traggono fondamento da norme inderogabili.
Non è vero quindi che, nel caso in esame, si abbia un uso dello strumento offerto dall’art. 169-bis l. fall. sostitutivo dell’azione revocatoria fallimentare (notoriamente inammissibile nell’ambito della procedura di concordato preventivo): semplicemente l’art. 169-bis l. fall. consente di evitare l’operatività di un meccanismo di soddisfacimento preferenziale di taluni creditori per il solo fatto che questo meccanismo sia previsto nell’ambito di rapporti contrattuali in essere che tuttavia possono essere sospesi o sciolti.(…)
Va anzitutto premesso che il ricorso straordinario per Cassazione ammette la censurabilità del provvedimento impugnato anche per carenze motivazionali, le quali sono prospettabili in rapporto all'ultimo comma dell'art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n. 5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata (Cass. sez. un. 21.10.2009, n. 2223821).
20 Trib. Cuneo, 14.11.2013, in xxx.xxxxxxxx.xx.
21 Precisano le Sezioni Unite nel corpo della motivazione della sentenza citata nel testo che: “Per le pronunce emesse successivamente all'entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, anche le carenze motivazionali denunciate in alcuni motivi dell'impugnazione principale e in quella incidentale, sono prospettabili ai sensi dell'art. 111 Cost., in rapporto dell'art. 360 c.p.c., u.c., novellato dalla Legge del 2006, che qualifica violazione di legge il
n. 5 del comma 1 della norma del codice di xxxx, in relazione ai principi del giusto processo, che non può che svolgersi nel contraddittorio tra le parti e concludersi con una pronuncia motivata, come sancito dalla norma costituzionale (in tal senso Cass. 5 giugno 2009 n. 12990 e 3 novembre 2008 n. 26426)”.
Nel decreto della Corte di Appello di Bologna qui impugnato si legge una affermazione apodittica, riferita ad un fatto decisivo per il giudizio, che è rimasta priva di riscontro e di motivazione, ancorché specificamente oggetto di contestazione nella memoria difensiva depositata dal sottoscritto difensore nel corso del giudizio di reclamo (come tra poco si citerà testualmente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione): si afferma l’esistenza delle cessioni dei crediti anticipati dalla banca resistente a favore della società ricorrente, senza però fare alcun cenno alla necessità ed alla esistenza della data certa di queste asserite cessioni e tantomeno all’espletamento di formalità idonee a renderle opponibili alla Procedura ex art. 45 l. fall. (si legge nel decreto impugnato, al capo 4.4., 4° capoverso: “Anche la contestuale cessione del credito è puntualmente riportata nella maggior parte dei moduli – sottoscritti – allegati alle distinte di presentazione”).
A dispetto però dell’apodittica affermazione circa la loro esistenza e la loro opponibilità, non risulta alcun riferimento ad opera della corte bolognese e non risulta minimante agli atti né la data certa22 né l’espletamento di alcuna delle formalità previste dall’art. 45 l. fall. (applicabile anche alla procedura di concordato preventivo ordinario o in bianco ex art. 169 l. fall.) delle singole cessioni di crediti asserite dal decreto della Corte di Appello di Bologna qui impugnato.
Appare quindi evidente una non corretta applicazione degli artt. 2704
c.c. e soprattutto dell’art. 45 l. fall., così come una omessa considerazione di un fatto decisivo della controversia (l’inesistenza di elementi idonei a rendere le pretese cessioni opponibili alla Procedura).
Tali aspetti avevano formato oggetto di specifica eccezione a cura di questa difesa nella propria memoria di costituzione del 9 luglio 2014, a pag. 4, punto 4), laddove si precisava: “in ogni caso, non risulta minimamente né la data certa né l’espletamento di alcuna delle formalità previste dall’art. 45 l. fall. (applicabile anche all procedura di concordato preventivo ordinario o in bianco ex art. 169 l. fall.) delle asserite cessioni di crediti né vi è data certa dell’invocato patto di compensazione, il che rende non opponibile alla Procedura concorsuale in corso l’accordo preferenziale invocato dalla banca reclamante, con conseguente non opponibilità delle asserite pattuizioni nei confronti della procedura concorsuale a cui è sottoposta la – omissis- .”.
Il decreto impugnato afferma che le singole distinte di presentazione prevederebbero la cessione dei crediti anticipati a favore della banca, ma omette completamente di spiegare quali formalità attribuirebbero a dette distinte la data certa e, soprattutto, con quali formalità dette pretese
cessioni di credito sarebbe state rese opponibili ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 45 l. fall.23.
La mancanza della data certa e delle formalità di cui all’art. 45 l. fall. appaiono elementi di immediata percezione che legittimano certamente una pronuncia di cassazione senza rinvio del decreto impugnato anche ai sensi dell’art. 384, comma 2 c.p.c..
Nel decreto della Corte di Appello di Bologna qui impugnato si legge un’affermazione apodittica, riferita ad un fatto decisivo per il giudizio, che è rimasta priva di riscontro e di motivazione, ancorché specificamente oggetto di contestazione nella memoria difensiva depositata dal sottoscritto difensore nel corso del giudizio di reclamo (come tra poco si citerà testualmente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione): si afferma l’esistenza della data certa delle singole anticipazioni salvo buon fine in quanto risultante sul contratto di anticipazione s.b.f. (si legge nel decreto impugnato, al capo 4.4., 3° capoverso: “Del resto su diversi documenti prodotti dalla banca la data certa è invece al contrario ricavabile dalla apposizione del timbro postale proprio a questo scopo (cfr. doc. inerenti i documenti di sintesi, le condizioni contrattuali ecc., puntualmente nelle stesse distinte richiamate”).
Non vi è invece data certa delle singole anticipazioni di credito che legittimerebbero l’applicazione dell’invocato patto di compensazione, il che rende non opponibile alla Procedura concorsuale l’accordo preferenziale invocato dalla banca oggi resistente.
Il decreto impugnato afferma che ad avere data certa sarebbe il contratto di anticipazione s.b.f. grazie all’apposizione del timbro postale, ma omette completamente di considerare l’inesistenza di analoga data certa nelle singole distinte di presentazione alla banca degli effetti da anticipare ed incassare, non considerando che anche queste ultime avrebbero dovuto avere data certa per poter riferire ad esse la clausola di compensazione contenuta nel contratto quadro.
A nulla vale affermare che la data certa sulle distinte di presentazione deriverebbe dal fatto che la società ricorrente avrebbe richiesto la sospensione dei contratti di anticipazione s.b.f. proprio sul presupposto dell’attualità ed anteriorità dei rapporti di cui si discute: appare infatti evidente che richiamare i contrati quadro da sospendere non significa richiamare i singoli atti esecutivi successivi (le singole distinte di
23 E’ pacifico che sono opponibili ad una procedura concorsuale le sole cessioni di credito che siano state notificate al debitore ceduto o da questi accettate, con atto di data certa, anteriormente all’apertura della procedura, ritenendosi applicabili gli artt. 1265 e 2914, n.2
c.c. alla procedura concorsuale in cui viene a trovarsi il cedente, la quale crea appunto un concorso coattivo di tutti i creditori sul patrimonio di questo e quindi anche sui di lui crediti (Xxxx. 27 settembre 1999, n. 10668, in Contratti, 2000, 357 e Cass. 22 marzo 2001, n. 4090 le quali precisano che sono inefficaci nei confronti del fallimento del cedente le cessioni di credito che, sebbene anteriori all'apertura della procedura, siano state notificate al debitore o da lui accettate dopo il fallimento).
presentazione degli effetti anticipati), i quali non sono affatto coperti da alcuna data certa.(…).”
In pendenza del giudizio presso la Corte di Cassazione la Società debitrice otteneva il decreto di apertura della procedura di concordato ed in tale sede reiterava la richiesta di interruzione dei rapporti bancari, ivi incluso quello intrattenuto con la banca appellante atteso che il relativo giudizio non risultava passato in giudicato.
Il Giudice Delegato “ritenuta la necessità di provvedere al contraddittorio fra le parti” fissava udienza mandando la debitrice per la notifica del provvedimento agli istituti di credito.
All’udienza fissata si costituivano solo alcune delle banche interessate dalla richiesta di interruzione. Fra le banche costituitesi due si opponevano alla richiesta e due dichiaravano di non opporsi rimettendosi a giustizia.
Circa gli Istituti opponenti il Giudice Delegato non disponeva l’interruzione dei rapporti di conto corrente sulla base di un provvedimento i cui punti salienti possono così riassumersi.
In primo luogo il magistrato aderiva alla tesi secondo la quale la nozione di contratti in corso di esecuzione coinciderebbe con quella di contratti pendenti, tesi poi recepita dalla citata novella legislativa. In tale ottica la sospensione dei rapporti bancari di conto corrente non sarebbe possibile stante la completa esecuzione della prestazione da parte della banca e sussistendo conseguentemente solo un rapporto di credito della stessa verso la società in concordato: “chi scrive condivide la tesi prevalente in dottrina ed accolta anche in giurisprudenza, ad esempio dal già citato Trib. Milano 28 maggio 2014, secondo cui la differenza lessicale è soltanto apparente e non può essere sopravvalutata: in primo luogo va osservato che il Legislatore, nell’introdurre l’art. 169 bis. l. fall. Ha voluto risolvere il problema storico della mancanza nel concordato preventivo di una disciplina degli effetti che derivano sui rapporti giuridici preesistenti analoga a quella prevista per il fallimento dagli artt. 72 e segg. l.fall. e, dall’altra parte, in una chiave di lettura storico-genetica, le due espressioni (come pure altre similari, ad es. quella di –contratti ineseguiti – sono sempre state utilizzate dagli operatori quali sinonimi, con riferimento ai contratti ineseguiti o non completamente eseguiti da entrambi in contraenti. Inoltre, come ha osservato la decisione cit. del Tribunale di Milano, l’art. 169 bis l. fall. contiene all’ultimo comma il riferimento a tre norme sui contratti pendenti nel fallimento, ossia agli artt. 72, comma8, 72 ter e 80, comma 1 l.fall., ai quali le disposizioni dell’art. 169 bis l. fall. -non si applicano-. Questo richiamo espresso ha un senso solo se si accoglie la tesi che il legislatore, quando ha scritto la disposizione della cui applicazione si discute, intendesse riferirsi allo stesso fenomeno disciplinato dagli artt. 72 ss. l.fall. Infine, si deve segnalare che, ove fosse accolta la diversa opzione interpretativa che vuole che anche i contratti ineseguiti o non
compiutamente eseguiti da uno solo dei due contraenti possano essere sciolti ai sensi dell’art. 169 bis l.fall. allora il debitore potrebbe chiedere di sciogliere tutti i rapporti dai quali sono derivati debiti che non ha pagato pur se la controparte ha già completamente eseguito la propria prestazione, magari proprio in prossimità della presentazione del ricorso per concordato e – quindi- già con la certezza di non volere adempiere, dando così luogo a quell’abuso del diritto che la giurisprudenza ha a più riprese stigmatizzato”.
In secondo luogo il Magistrato riteneva assorbente la circostanza che nei contratti stipulati con l’istituto di credito risultava la pattuizione secondo cui le anticipazioni concesse dalla banca erano avvenute dietro cessione dei relativi crediti. Non era di converso ritenuta pertinente la richiesta avanzata dalla debitrice, la quale sostenendo la sussistenza di semplici mandati all’incasso e non di cessioni di crediti, chiedeva che la banca provasse le asserite cessioni dei crediti mediante atto avente data certa anteriore (tipicamente la raccomandata inviata al debitore ceduto): non appare pertinente in questa sede l’eccezione di difetto di -data certa- che nel corso dell’udienza in data 12 novembre u.s. la ricorrente ha comunque fatto rilevare. In questa sede, infatti, non si tratta di decidere della natura prededuttiva o “anteriore” di un eventuale credito avanzato nei confronti della società in concordato (ed in modo non dissimile tale eccezione non appare proponibile di per sé – a differenza della procedura di fallimento- sia per l’assenza di terzietà che connota la curatela rispetto alla società debitrice in bonis, sia per l’assenza di una fase formale di verifica dello stato passivo che, come noto, connota la procedura minore concordataria”.
Alla luce della citata pronuncia sorgono due motivi di riflessione. Il primo attiene alla valutazione per la debitrice di promuovere una causa di merito ordinaria al fine di provare l’esistenza nei casi in esegesi, di un mandato all’incasso anziché di cessioni di crediti, vertenza che si prospetta dall’esito quantomai incerto, stante quanto sopra esposto ed i cui tempi sono sicuramente incompatibili con le esigenze di una società in concordato preventivo. In secondo luogo ci si chiede se si sarebbe pervenuti a diverso risultato se la debitrice avesse comunicato all’istituto di credito la risoluzione del rapporto di conto corrente prima del deposito del ricorso per la procedura di concordato, quesito cui, al momento, non si è in grado di dare risposta.
Una breve riflessione deve anche essere svolta con riferimento alla citata novella legislativa che ha modificato l’art. 169 bis l.fall stabilendone l’applicabilità in modo esplicito questa volta ai soli “contratti pendenti”, recependo invero quella che era in precedenza la tesi maggioritaria. Alla luce di essa, la interruzione dei rapporti bancari potrà essere disposta solo laddove si qualificasse il rapporto “di anticipazione su conto corrente con mandato all’incasso” un rapporto complesso con plurime prestazioni in parte ineseguite da entrambe le parti. Tale tesi sostenuta solo da una parte della dottrina bancaria afferma in altri termini che l’anticipazione della
provvista da parte della banca sarebbe solo una delle prestazioni cui è tenuto l’istituto di credito, posto che l’incasso delle somme (da effettuarsi in conseguenza del mandato ricevuto) sarebbe ancora ineseguita al momento della presentazione della domanda di concordato. Se invece si considerasse la prestazione della banca consistente unicamente nella anticipazione, la sua prestazione risulterebbe completamente eseguita ed in tale ottica la norma in commento non potrebbe essere più applicata, analogamente a quanto avviene per il contratto di mutuo, in cui la prestazione della banca (consistente nella erogazione di una somma) viene eseguita in un’unica soluzione in conseguenza della quale la banca rimane titolare solo di un credito verso la società debitrice.