Contratto di rete di imprese
Maior
Teoria e pratica
X. XXXXXX - I. XXXXXX - A. XXXXX - X. XXXXX - X. XXXXXXX
F. D’XXXXXX - X. D’AURIA - X. XXXXXXXX - X. XXXXXXXXXXX
X. XXXXX - A. XXXXXXXXX - A. NERVI - X. XXXXXXX
Contratto di rete di imprese
a cura di
Xxxxxxxx Xxxxxxx
Società fallimento
e industriale
INTRODUZIONE
1. Una figura contrattuale ha di recente trovato ingresso nell’ordinamento positivo, individuata sul piano normativo prima ancora di assumere specifica concretezza sul piano dell’esperienza degli affari.
Al fine della corretta intelligenza del contratto di rete merita osservare come non sia certo la prima volta che viene dettata la disciplina di un contratto nuovo rispetto a quelli presenti nel disegno del codice ed anzi come negli anni più recenti il fenomeno sia divenuto quasi ricorrente, ma che in questo caso l’intervento legislativo assume una valenza affatto particolare, in quanto la legge ne ha dettato una minuziosa disciplina senza che l’operazione economica per suo tramite realizzata avesse in precedenza acquistato chiari tratti di tipicità sociale. In tale prospettiva, la curiosità dell’interprete rispetto al contratto di rete è ulteriormente sollecitata, dovendo esaminare una disciplina affatto partico- lare giacché in larga misura priva di quel riscontro fattuale invece presente in altre occasioni quando, come ad esempio per il contratto di subfornitura indu- striale, la diffusione della prassi negoziale aveva giustificato l’opportunità, se non la necessità, di una regolamentazione legale.
Per meglio cogliere i requisiti ed i caratteri del contratto di rete è allora necessario ricordare brevemente il significato di precedenti episodi legislativi che pure hanno avuto ad oggetto contratti d’impresa, contratti cioè esclusiva- mente funzionali all’attività imprenditoriale. Il riferimento è, ovviamente, alla legge del 18 giugno 1998, n. 192, recante la disciplina del contratto di subfor- nitura, ed alla successiva legge 6 maggio 2004, n. 129, riguardante il contratto di affiliazione commerciale.
In entrambi gli episodi normativi è, infatti, possibile rilevare alcune costanti che connotano la disciplina dettata per le figure contrattuali che ne sono og- getto, seguendo i medesimi caratteri. In entrambi si muove dalla definizione del contratto; in entrambi il contratto ha quale parte necessaria soggetti che rive- stono la qualità di imprenditore; in entrambi la disciplina esprime un’esigenza di tutela affidata a regole in larga misura analoghe, là dove stabiliscono una forma necessaria, ovvero dettano contenuti imperativi, o ancora prescrivono la nullità delle clausole difformi dal precetto legale. Tecnica legislativa, questa, mutuata dalla disciplina dei contratti del consumatore, tale da indurre alcuni interpreti a prospettare la configurabilità di una sorta di “terzo contratto”, da porre accanto alla figura generale del contratto disciplinata nel Codice civile ed al contratto del consumatore, ormai ospitato nel Codice ad hoc, che condividerebbe con que- st’ultima figura il connotato del contratto “asimmetrico”.
Non è certo possibile ripercorrere, qui e nel dettaglio, i singoli contenuti normativi dei contratti ora brevemente richiamati, ma è certo rispetto a questo quadro normativo che si colloca la vicenda legislativa del contratto di rete, caratterizzata tuttavia da alcune, significative differenziazioni. Per meglio com- prenderle, il volume contiene un’indagine che non si riduce al mero commento delle singole proposizioni normative, ma si svolge seguendo una struttura arti- colata, della quale è opportuno dar conto.
L’analisi muove dalla considerazione del contratto, individuandone i tratti caratterizzanti ed eventuali, per poi approfondire ulteriormente l’esame e quindi riguardare la vicenda negoziale da molteplici angoli prospettici e alla luce di discipline specialistiche la cui esperienza arricchisce i motivi di interesse per l’operazione economica sottesa al contratto di rete.
2. Non deve sorprendere che, benché il contratto di rete abbia da poco trovato ingresso nel diritto positivo, la parte dedicata all’analisi degli elementi si apra con un capitolo dedicato all’esame dell’evoluzione normativa.
Vero è che seppure poco più di un lustro sia trascorso da quando l’espres- sione ‘contratto di rete’ è comparsa in un testo legislativo, la stessa definizione del contratto, primo strumento a disposizione dell’interprete per cogliere l’ope- razione economica che il contratto è diretto a realizzare, è stata resa meno agevole dal susseguirsi convulso di interventi normativi che hanno influito sulla nozione, mutandone i connotati.
Nell’art. 3, comma 4-ter del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito nella legge
n. 33/2009, è stata per la prima volta fatta menzione del contratto di rete del quale era offerta una nozione generica, che lasciava il campo a diverse e non univoche interpretazioni. La disposizione di legge riassumeva sul piano defini- torio la nozione con una formula « con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato », nella quale era sì chiarita la funzione non traslativa del contratto, in quanto contratto a soli effetti obbligatori, ma lasciato in ombra il profilo causale che, da un lato, era indicato con il riferimento allo
« scopo », dall’altro, trovava poi una precisazione nel periodo successivo della medesima disposizione, là dove era solo prescritto che il contratto doveva, tra l’altro, recare « c) l’indicazione di un programma di rete, che contenga l’enun- ciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l’istitu- zione di un fondo patrimoniale comune, in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascun contraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione e le relative modalità di gestione, ovvero me-
un patrimonio
lettera a), del
INTRODUZIONE
diante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di destinato all’affare, ai sensi dell’articolo 244-bis, primo comma, codice civile ».
Per effetto della successiva modifica, apportata dal d.l. 31 maggio 2010, n. 78, (c.d. decreto competitività), convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122, la nozione stessa del contratto è risultata affatto diversa: « con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente x xxxxxxxx- vamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commer- ciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa ».
Nella nuova definizione viene dunque diversamente individuato lo scopo, e quindi la causa del contratto, viene inoltre specificato il novero degli obblighi che con il contratto le parti possono reciprocamente assumere: obblighi di collaborazione, di scambio di informazioni o prestazioni ed ancora obblighi di esercizio in comune di attività.
Una chiarificazione certo utile, ma ancora non definitiva, in quanto due successivi interventi normativi — art. 45, comma 2 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, e art. 36, comma 4-bis, d.l. 18
ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni in legge 17 dicembre 2012,
n. 221 — hanno interessato il contratto.
All’esito di questa sorta di accanimento legislativo resta fermo l’impianto del contratto quanto agli scopi ed ai contenuti, mentre sono precisati alcuni profili che attengono alla forma ed alla pubblicità, realizzata tramite il deposito del contratto nel registro delle imprese, ed aggiunte ulteriori precisazioni circa il contenuto necessario del contratto. L’aggettivo “necessario” (« il contratto ... deve indicare ») merita di essere sottolineato giacché l’esito della riformula- zione dell’enunciato normativo, consente di delineare all’interno della figura del contratto di rete una distinzione tra tipologie negoziali, a seconda che sia o meno previsto il fondo comune e l’organo di rappresentanza della rete.
Di ciò viene dato conto nel volume, prestando separata attenzione, nel secondo e terzo capitolo, al contenuto essenziale del contratto ed al contenuto eventuale.
Il contratto di rete, qual è uscito dall’alambicco legislativo, presenta infatti duplice fisionomia.
Abbandonato il disegno originario, la nuova formulazione del testo di legge ha chiarito come nel contratto di rete possa essere solo eventuale (« il contratto può anche prevedere... ») la costituzione del fondo comune e dell’organismo rappresentativo e conseguentemente ha ridimensionato l’idea stessa della sog- gettività quale connotato ed esito necessario del contratto.
I successivi interventi hanno accentuato la distinzione, nel senso di preve- dere come eventuale la possibilità della costituzione di un fondo patrimoniale e di un organo di rappresentanza, prescrivendo che anche quando le parti ab- biano optato per la costituzione del fondo e la individuazione dell’organo co- mune la soggettività della rete non è un esito scontato, bensì mera facoltà affidata alla ulteriore scelta della iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese poiché solo: « con l’iscrizione nel registro delle imprese la rete acquista soggettività giuridica ».
La formula ultima del contratto appare certo singolare non tanto perché il legislatore non sia libero di enunciare regole giuridiche quanto perché il testo normativo sembra quasi voler espropriare il ruolo dell’interprete. La soggettività è nozione che l’interprete ricava dalla lettura del sistema, di un sistema che conosce testualmente le persone fisiche e le persone giuridiche e rispetto al quale una lunga esperienza di studi ha elaborato il termine soggettività come nozione utile a dar conto di effetti giuridici imputati al gruppo quando non sia possibile identificare la persona giuridica.
La legge può certo stabilire quando ed a quali condizioni il gruppo acquista la personalità giuridica: non ha senso che prescriva quando si determina la soggettività.
In disparte la riflessione critica sulla coerenza del metodo legislativo, il risultato cui si perviene sul piano della messa a fuoco della disciplina è comun- que quello, cui prima è fatto riferimento, di una distinzione tra reti forti, segnate dal predicato delle soggettività giuridica e reti deboli, invece prive di soggetti- vità.
Non a caso, il tema della soggettività riaffiora costantemente nelle pagine dei vari capitoli del testo, ad esempio quando viene esaminato il requisito della forma, ovvero approfondito il contenuto eventuale del contratto o ancora esa- minata la disciplina fiscale, a conferma che la soggettività resta un nodo da sciogliere per la migliore intelligenza della nuova figura offerta dal diritto posi- tivo.
3. Proprio muovendo dal dato positivo, nella pagina introduttiva può essere utile cercare di sintetizzare i caratteri della figura contrattuale.
Il contratto di rete è certamente un contratto tra imprese, nel senso che è
Reti forti in cui più imprenditori si accordano, stabiliscono, un programma di rete, costituiscono un fondo comune destinato alla rete, individuano un sog- getto rappresentativo e vogliono un soggetto distinto; il soggetto in capo al quale sorgeranno i nuovi obblighi e che sarà responsabile nel caso di inadem- pimento degli obblighi stessi. Reti deboli in cui manca la creazione del soggetto e, nelle quali, quindi, tutti gli imprenditori contraenti agiscono per uno scopo unitario, ma senza che i partecipanti possano beneficiare della limitazione della responsabilità.
Termine estratto capitolo
GLI AUTORI
XXXXXXXX XXXXXXX, Professore Ordinario di Istituzioni di Diritto privato nell’Univer- sità di Roma Tre
XXXXXXX XXXXXX, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese nel- l’Università di Firenze
XXXXXX XXXXXX, Professore Aggregato di Diritto del Lavoro nell’Università di Milano Bicocca
XXXXXX XXXXX, Professore Ordinario di Diritto privato nell’Università di Siena XXXXXX XXXXX, Dottore di ricerca nell’Università di Firenze
XXXX XXXXXXX, Avvocato in Firenze
XXXXXXXXX X’XXXXXX, Professore associato di Diritto commerciale nell’Università di Firenze
XXXXXXX X’XXXXX, Professore a contratto di Diritto privato nell’Università di Siena XXXXX XXXXXXXX, Dottoranda di ricerca in Economia aziendale nell’Università Poli-
tecnica delle Marche
XXXXXXX XXXXXXXXXXX, Avvocato in Firenze
XXXXXXX XXXXX, Notaio, Professore associato di Diritto privato nell’Università di Siena
XXXXXXX XXXXXXXXX, Professore aggregato di Diritto tributario nell’Università di Siena
XXXXXX XXXXX, Professore associato di Diritto privato nell’Università di Sassari XXXXX XXXXXXX, Assegnista di ricerca nell’Università di Firenze
PARTE PRIMA
LA RETE E IL CONTRATTO
Termine estratto capitolo
CAPITOLO 1
EVOLUZIONE NORMATIVA DEL CONTRATTO DI RETE NEL SISTEMA DELLE FONTI
di XXXXXX XXXXX
Sommario:
1. Premessa: inquadramento della fattispecie e status quo ante il contratto di rete.
2. Il d.l. n. 5/2009 convertito in legge 9 aprile 2009, n. 33/2009. 3. La miniriforma della legge 23 luglio 2009, n. 99. 4. Le modifiche introdotte dal legislatore con l’art. 42
d.l. n. 78/2010 convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122. 5. Il d.l. n. 83/2012 convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134. 6. Le ultime modifiche: il d.l. n. 179/2012 convertito in legge 17 dicembre 2012. n. 221.
1 Premessa: inquadramento della fattispecie e status quo ante
il contratto di rete
Per la migliore intelligenza del significato del contratto di rete è sen- z’altro opportuno fornire una panoramica sulla evoluzione normativa, tenendo in debita considerazione, anche per i riflessi che hanno avuto sulla disciplina che ci si appresta ad esaminare, gli interventi da parte delle Istituzioni e delle Autorità che a vario titolo si sono interessate al tema (1). Giova premettere cosa indichi, in sintesi, il sintagma reti di imprese. È infatti innegabile, per un verso, che il contratto di rete va ascritto al più generale fenomeno delle reti di imprese e, per l’altro, che il fenomeno reticolare non coincide e non si esaurisce nella normativa di cui al d.l. n. 5/2009 e s.m.i.: un’aggregazione, appunto, tra imprese che assume rilievo
tanto per un profilo interno quanto per uno esterno.
Circa il primo, le imprese, le quali non abbandonano la propria indi- vidualità, continuano a perseguire i propri fini, ma al contempo cercano di soddisfare un interesse comune, di talché si determina un condiziona- mento reciproco, in capo a ciascuna impresa, tra l’interesse individuale e
(1) Si tratta, comesiavràmododiapprofondire, degliinterventidella Commissione Europea, dell’AGCM, dell’Agenzia delle Entrate e della Autorità di Vigilanza Contratti pubblici. Di rilievo altresì il dibattito con il Consiglio nazionale del notariato giacché l’interesse dei notai al contratto di rete è connaturale al fatto che la stipulazione, salvo le modifiche di cui si dirà infra, devono avvenire attraverso il ministero notarile. A livello territoriale, al di là dei Convegni organizzati nei vari Distretti notarili, si segnala l’attività del Comitato Triveneto che ha elaborato delle Linee guida, delle quali il Legislatore ha tenuto conto per approntare le modifiche normative intervenute nel 2012.
4 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
quello collettivo; in relazione al secondo, la rete viene percepita dai terzi come un quid unitario, al riguardo è interessante notare che la l. n. 129/ 2004 sull’affiliazione commerciale, che origina senza dubbio una rete di imprese, all’art. 1 comma 3, lett. b) si riferisce alla capacità di sviluppo della rete al fine di determinare il quantum per entrare a far parte dell’or- ganizzazione (2).
È importante sottolineare che l’aggregazione è prima di tutto un feno- menodirilevanzaeconomica, intaleotticaleretidiimpresesicaratterizzano per autonomia dei partecipanti, stabilità del rapporto, collaborazione e in- terdipendenza (3), altrimenti detto le reti, pur ricorrendo a formule diver- sificate, perseguono, tendenzialmente, questa esigenza.
Ciò che sotto il profilo economico costituisce un unicum, dal punto di
vista giuridico è caratterizzato da una realtà estremamente variegata, e infatti sono stati osservati fenomeni associativi, relazioni di contratti bila- terali, contratti plurilaterali tout court oppure una combinazione di tutto questo: il fine ultimo è, in sostanza, creare un’osmosi economica (4).
La dottrina economica sottolinea da tempo la possibilità di stipulare accordi al fine di ottenere condizioni di massima economicità per i con- traenti, il fenomeno più risalente è senza dubbio il consorzio, nei primi anni novanta la legislazione, statale e regionale, ha introdotto i distretti produttivi (5). La rete si colloca nel solco delineato da dette figure (6).
Con l’art. 6-bis d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto
2008, n. 133 (7), è stato affrontato, per la prima volta, in ottica generale, il
(2) In questi termini X. XXXXXXX, Xxxxx reti di imprese al contratto di rete nella recente prospettiva legislativa, in X. XXXXXXX e X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 931, nota 16.
(3) P. IAMICELI, Le reti di imprese: modelli contrattuali di coordinamento, in CAFAGGI (a cura di), Reti di imprese tra regolazione e norme sociali, Bologna, 2004, 128.
(4) X. XXXXXXXXX, Il recessonelle reti contrattuali, in P. IAMICELI (a cura di), Le reti diimprese e i contratti di rete, Torino, 2009, 337, nonché la nota 24, 343.
(5) È stato rilevato che nel confronto con i distretti emerge che la rete (il contratto di) condivide con essi l’assenza di competizione e di vincoli di subordinazione nonché l’interconne- sione tra le imprese (autonome) partecipanti. In tal senso M. D’AURIA, Dal concetto di rete di imprese al contratto di rete, in X. XXXXXXX (a cura di), I contratti di rete, in Corr. merito, Rassegna monotematica, 2010, f. 1, 17, nota 5.
(6) X. X. XXXXX, Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giur. comm., 2010, 6, 839 e 840.
(7) Art. 6-bis Distretti produttivi e reti di imprese — 1. Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete che ne rafforzino le misure organizzative, l’inte- grazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche appartenenti a regioni diverse, con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle
EVOLUZIONE NORMATIVA NEL SISTEMA DELLE FONTI
tema delle reti di imprese, seppur con una tecnica legislativa differente da quellautilizzataperilcontrattodirete. Infatti nonsiandavaadincidere recta xxx xxx xxxxxxx xxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx, bensì veniva effettuata una rico- gnizione delle forme di coordinamento tra imprese, mediante principi cui attenersi, al precipuo fine di farne discendere una filiera di rapporti amministrativo-fiscali, forme di coordinamento, tutele, strumenti per il ri- conoscimento internazionale: in sostanza in tal guisa, verosimilmente, si intendeva tener conto della eterogeneità economica delle reti di imprese (8).
finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione delle reti delle imprese e delle catene di fornitura.
2. Alle reti, di livello nazionale, delle imprese e alle catene di fornitura, quali libere aggrega- zioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali, si applicano le disposizioni concernenti i distretti produttivi previste dall’articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come da ultimo modificati dal presente articolo, ad eccezione delle norme inerenti i tributi dovuti agli enti locali. (...).
(8) X. XXXXXXX, Reti di impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto, in Contr. e impr., 2010, 4-5, 952 e 953. Sui distretti vedasi X. XXXXXXXX, Il contratto d rete dopo il c.d. “Decreto Sviluppo”, in Ricerche giuridiche, Università Cà Foscari, Venezia, reperibile all’indirizzo xxx.xxxxx.xxxxx.xx, il quale afferma: « Il primo approccio del Legislatore italiano al fenomeno delle aggregazioni tra imprese è stato quello del c.d. “distretto produttivo”. A partire dalla l. 5 ottobre 1991, n. 317 “Interventi per l’innovazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese”, il Legisla- tore inizia ad occuparsi dei distretti industriali intesi quali “aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese”. Il distretto industriale, sostanzialmente, è un concetto geografico, ossia una circoscrizione territoriale caratterizzata da una concentrazione di imprese manifatturiere specia- lizzate in uno specifico settore ed aventi un’importante peso occupazionale nel territorio in cui sono stanziate. Nel corso degli anni la definizione e l’individuazione dei distretti operate dal Legislatore variano molto. Dapprima, la l. 11 maggio 1999, n. 140 “Norme in materia di attività produttiva”, all’art. 6, comma 8, novella la l. n. 317/1991 e modifica la nozione di distretto industriale, che da area geografica diventa “sistema produttivo”, ossia un raggruppamento di imprese caratterizzato da « una peculiare organizzazione interna ». Ciò che rileva non è più la mera adiacenza fisica delle imprese, ma la particolare struttura di relazioni esistenti tra loro. Successivamente, con la legge 23 dicembre 2005, n. 266, c.d. “Finanziaria 2006” (commi da 366 a 372), dal distretto industriale si passa al distretto produttivo, comprendente, quindi, non solo le imprese manifatturiere, ma anche quelle “dei servizi, turistiche ed agricole e della pesca”. I distretti vengono ora definiti “quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale”: ancora maggiore è, quindi, il rilievo posto sui particolari rapporti interni tra le imprese che costituiscono il distretto, tanto che per alcuni aspetti il distretto sembra configu- rarsi quasi come un’entità unitaria. Infatti, tale normativa dispone una serie di misure a favore dei distretti, in materia amministrativa, fiscale e finanziaria, che paiono quasi postulare una sogget- tività unitaria del distretto. Ad esempio, è previsto che le imprese intrattengano i rapporti con la Pubblica Amministrazione per il tramite del distretto; è prevista la c.d. “tassazione unitaria di distretto”; è prevista la c.d. “cartolarizzazione” delle obbligazioni distrettuali. Fino a questo mo-
6 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
Anche in ragione di quanto appena rilevato in uno dei primi com- menti (9) circa la normativa di cui si discorre è stato osservato che se è vero che ha il pregio di aver sgombrato il campo dall’assimilazione con i distretti produttivi è altresì vero che ha il difetto di aver adottato una riduttiva semplificazione nel ricondurre ad uno la complessa fenomenologia delle reti, con la conseguente inidoneità a cogliere il carattere ibrido, ma pur sempre giuridicamente rilevante, delle stesse (10).
2 Il d.l. n. 5/2009 convertito in legge 9 aprile 2009, n. 33/2009
Con il d.l. n. 5/2009, convertito con modificazioni in legge n. 33/2009, il contratto di rete diviene oggetto di disciplina positiva (11) Il tema dei soggetti che possono prendere parte al contratto di rete verrà affrontato nel
mento il distretto viene, comunque, preso in considerazione dal Legislatore solo ed esclusiva- mente dal punto di vista pubblicistico-amministrativo. Tutte le fonti sopra brevemente richiamate definiscono ed individuano i distretti al solo scopo di porre in essere degli interventi pubblici a sostegno del sistema industriale: il distretto, sostanzialmente, è il destinatario di finanziamenti pubblici o di agevolazioni fiscali e amministrative volti a promuovere lo sviluppo economico locale. Il Legislatore non si occupa dell’aspetto privatistico del fenomeno delle aggregazioni di imprese: il distretto non è preso in considerazione per disciplinare i rapporti privatistici intercor- renti tra le imprese che lo compongono, i quali rimangono soggetti alla disciplina del diritto privato comune. ».
(9) X. XXXXXXX, Reti di imprese, contratto di rete e individuazione delle tutele. Appunti per una riflessione metodologica, in P. IAMICELI (a cura di), Le reti di imprese e i contratti di rete, Torino, 2009, 276 e 292.
(10) X. XXXXXXX, Il contratto e la rete: brevi note sul riduzionismo legislativo, in X. XXXXXXX,
X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 951, il quale osserva la creazione di una figura che dovrebbe essere irriducibile al contratto e all’organizzazione in ossequio alla natura ibrida delle reti di imprese. Vedasi anche X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX, Introduzione, X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), in Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 915, i quali aggiungono che la natura ibrida anzidetta involge anche i due poli della gerarchia e del mercato. Sulla natura ibrida delle reti è ineludibile il riferimento a X. XXXXXXX, Network as connected contracts, abstract, reperibile all’indirizzo xxxx://xxxxxxx.xxx.xx.xx/00000/. Vedasi anche X. XXXXXXXX, Il contratto di
rete: una soluzione in cerca del problema, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 934 e 941, il quale osserva che il legislatore nel fare ricorso alla definizione corre il pericolo di lasciare fuori dall’intervento una rilevante parte della fenomenologia reti di imprese, aggiungendo, a 936, che con il “tratto di penna del legislatore della l. 33, l’articolo di Xxxxxxx (...) ora ha la virtù di predicare una cosa non più vera”. In realtà, come risulta a 940, nel momento in cui si adotta una visione critica del contratto di cui si discorre l’espressione “network is not a legal concept” è smentita ma non per questo non vera, nel senso che la realtà composita della rete non si riconduce a sintesi mediante una nuova fattispecie.
(11)
Art. 3 Distretti produttivi e reti di imprese. (...) 4-ter. Con il contratto di rete due o più
imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispet-
tivi oggetti socTialei arllmo scinopeo dei asctcrreasctetroe lacraecpipirotcoalcoapacità innovativa e la competitività sul
CAPITOLO 2
CONTENUTO ESSENZIALE DEL CONTRATTO
Sommario:
SEZIONE 1. Le parti. 1. Gli imprenditori e i soggetti esclusi. SEZIONE 2. La struttura.
1. Il problema della struttura del contratto di rete. SEZIONE 3. Forma e pubblicità del contratto di rete. 1. Considerazioni preliminari. 2. Forma. 3. Controlli. 4. Efficacia.
5. Pubblicità. 6. Soggettività. SEZIONE 4. La causa ed il ruolo dell’autonomia contrat- tuale. 1. Il dato normativo. 2. I problemi. 3. La rete di imprese come categoria economica. 4. La rete di imprese come categoria normativa. 5. Dalla rete di imprese al contratto di rete. 6. Il ruolo dell’autonomia contrattuale. 7. Tipicità vs. trans-tipicità.
8. Causa associativa e rapporti di scambio. 9. La funzione mutualistica. 10. Il contratto di rete come contratto quadro. 11. Il controllo di validità.
SEZIONE 1
LE PARTI
di XXXXXX XXXXX
1 Gli imprenditori e i soggetti esclusi.
La legge di cui si tratta, nella sua prima versione, ossia il d.l. n. 5/2009, convertito in l. n. 33/2009, indica quelli che sono i soggetti che possono partecipare ad un contratto di rete; si tratta di soggetti qualificati dall’essere imprenditore (1). La norma parla, infatti, di “due o più imprese”. Ci si chiede pertanto se incontrino ostacoli alla partecipazione soggetti giuridici prima facie estranei al novero delle imprese. Si pensi ad associazioni e fondazioni che esercitano attività d’impresa (2). In realtà, seppur sotto il profilo stretta-
(1) È noto che non esiste una definizione legislativa di impresa, il legislatore ha infatti ritenuto di definire le caratteristiche dell’attività che esercita colui che è imprenditore, cfr. X. XXXXXXX, L’impresa e il mercato, in Diritto delle imprese, Manuale breve, AA.VV., Milano, 2012, 31. Dall’art. 2082 c.c. (è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organiz- zata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi) emergono gli elementi costitutivi della nozione di impresa, ossia il suo oggetto, che consiste nella produzione o scambio di beni e servizi, e le relative modalità di attuazione: organizzazione, metodo economico e professionalità. Cfr. G. DALLE VEDOVE, Nozioni di diritto d’impresa, Xxxxxx, 0000, 13 e ss.
(2) “Non assurge, in linea di principio, al rango di oggetto principale l’impresa esercitata dall’associazione o dalla fondazione con generici fini lucrativi (...) essa realizza solo in via mediata (...) lo scopo dell’ente; essa implica lo svolgimento, con gli utili dell’impresa, di un’attività ulteriore
58 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
mente giuridico, i c.d. enti del Libro I del Codice Civile possono svolgere anche attività lucrativa ed in quanto tali partecipare, gli attori naturali sono le imprese individuali e le società, siano esse lucrative, cooperative o con- sortili, salvo che, appare corretto affermare, si tratti di enti senza scopo di lucro che svolgono attività d’impresa in via esclusiva o principale.
Sul tema incide il riferimento all’oggetto sociale (“due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali”), questo, se tecnicamente inteso, è configura- bile unicamente rispetto alle società (3). Del resto per l’imprenditore in quanto tale è rilevante che eserciti una delle attività rientranti nelle macro categorie di cui agli artt. 2135 e 2195 c.c. Si impone peraltro una rifles- sione. Se l’inciso concernente l’oggetto sociale è da intendersi “attività da esercitarsi nei limiti dell’oggetto sociale”, esso appare da un lato equivoco e dall’altro superfluo.
Equivoco in quanto in contrasto con la stessa causa del contratto,
che, a sua volta, realizzerà in via immediata lo scopo dell’associazione o della fondazione”. “Ma l’esercizio dell’impresa può porsi anche in rapporto diretto con gli scopi istituzionali dell’ente ed atteggiarsi quale mezzo idoneo alla sua realizzazione”, solo in quest’ultimo caso “potrà dirsi, in analogia con quanto è disposto per gli enti pubblici economici dall’art. 2201, di essere in presenza di un imprenditore commerciale, sottoposto alla speciale disciplina di cui agli artt. 2188-2221; si sarà, invece, di fronte ad un imprenditore senza ulteriore specificazione, sottoposto alla disciplina legislativamente formulata con generico riferimento a tale figura, e non anche di fronte ad un imprenditore commerciale, quando l’esercizio dell’impresa costituisca oggetto secondario del- l’associazione o della fondazione. Così X. XXXXXXX, Persone Xxxxxxxxxx, in Commentario al x.x. Xxxxxxxx-Xxxxxx, xxx. 00-00, Xxxx-Xxxxxxx, 2006, 235-237, il quale rinvia a Cassazione 8374/ 2000, consultabile all’indirizzo xxx.xxxxxxxxxxx.xx. Diversa la posizione di X. XXXXXXXX, Fonda- zione e impresa, in Rivista delle società, 1967, I, 840, per il quale la fondazione che esercita, in via accessoria, attività d’impresa va esente dalla sola registrazione. Si consideri, in termini più gene- rali, che “nella dottrina del passato la società era considerata l’unica forma predisposta dall’ordi- namento per l’esercizio collettivo dell’attività di impresa; un’associazione avente per oggetto un’attività economica doveva essere qualificata come società di fatto ed assoggettata alle norme del V Libro del Codice Civile, anziché del Libro I. Oggi tale impostazione risulta superata”. In questi termini G. DALLE VEDOVE, Nozioni di diritto d’impresa cit., 137; X. XXXXXXXXXX, Gli enti collettivi senza scopo di lucro, Torino, 1996, 5 e ss.; X. XXXXXXXX, Fondazione e impresa, cit., 832. Cfr. anche Trib. Milano 27 ottobre 2011, n. 4831, consultabile all’indirizzo xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
(3) Sulla nozione di oggetto sociale cfr. D. REGOLI, Caratteri generali, nozionie tipi, in Diritto
delle società, Manuale breve, AA.VV., Milano, 2012, 16 e ss, ivi si afferma che “per indicare il tipo di attività economica che caratterizza ogni singola società si parla di oggetto sociale”, “la centralità della funzione svolta dall’oggetto sociale(...) risulta del tutto evidente da un punto di vista econo- mico, prima ancora che giuridico”, “le aspettative di guadagno dipendono, in larga parte, dall’am- bito nel quale la ricchezza investita dai soci è destinata ad essere impiegata, e dunque appunto dalla determinazione dell’oggetto sociale”, per tale ragione è un elemento essenziale, tant’è che “la sua modificazione successiva, quando non richiede addirittura il consenso unanime dei soci (come nelle società di persone), comporta (...) il diritto di recesso”. Cfr. Cass. n. 9475/2014 consultabile all’indirizzo xxx.xxxxxxxxxxx.xx.
CONTENUTO ESSENZIALE DEL CONTRATTO
laddove la si identifichi in “capacità innovativa” e “competitività sul mer- cato”; in altre parole sarebbe precluso al contratto di rete, o quanto meno discutibile e pertanto fonte di potenziale conflitto, far partecipare soggetti al di fuori del normale ambito di operatività di ciascuna impresa aderente. Con la conseguenza che non potrebbero partecipare imprese con rispet- tive produzioni non affini tra loro. In altre parole si correrebbe il rischio di interpretare la norma in guisa che la stipulazione di un contratto di rete possa dirsi legittima se ed in quanto tra le imprese partecipanti sussista un substrato produttivo comune. Ma così ragionando il proposito del con- tratto in parola avrebbe dovuto essere limitato al solo superamento dei limiti territoriali dei distretti produttivi — zone a vocazione industriale mono settoriale — laddove, invece, così non sembra.
Superfluo in quanto le imprese partecipanti, nell’ambito del proprio oggetto sociale, possono svolgere ciò che ritengono più funzionale alle proprie esigenze, pertanto la precisazione in parola altro non fa che riba- dire quello che è possibile desumere dai principi generali, ossia che l’agire al di fuori del proprio oggetto sociale comporta delle modifiche strutturali ed organizzative nonché dei profili di responsabilità che non possono essere superati con l’istituto in esame.
Da quanto precede risulta evidente che risponde alle esigenze per le quali il contratto è sorto dare rilievo alla superfluità del richiamo all’og- getto sociale piuttosto che alla contraddittorietà del riferimento ad esso.
È stato anche osservato che il predetto richiamo deve essere letto nell’ottica della massima funzionalizzazione tra il programma di rete e le imprese aderenti alla rete stessa ponendo così un limite alle attività, per così dire, di rete, senza per ciò stesso richiedere che tali attività siano quelle già svolte uti singuli né, tantomeno, che le imprese aderenti esercitino attività comuni (4).
È però vero che le superiori considerazioni imprimono, per quanto consta, almeno, una spinta decisiva nel prendere posizione rispetto ai soggetti partecipanti, o per meglio dire alla possibile determinazione di una linea scriminante tra gli enti del Libro I e quelli del Libro V, fatta salva la suddetta precisazione: l’art. 2247 c.c., nel dettare la nozione di società, impone la scelta di un’attività economica — l’oggetto sociale — da eserci- tare; diametralmente opposta è l’impostazione degli enti — lato sensu — del Libro I, laddove non si limitano le attività bensì si circoscrive lo scopo al quale dette attività sono funzionali; in altre parole l’associazione, ad es.,
(4) X. XXXXXXX, P. IAMICELI, Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme?, in Obbl. e contr., 2009, 600.
60 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
può realizzare un’attività economica quale essa sia (dal bar alla casa di cura) purché destini gli utili di gestione allo scopo per il quale è stata costituita.
Il che significa che tra le imprese di cui alla legge sul contratto di rete non possono essere annoverate quelle che promanano da associazioni e fondazioni; pertanto il discrimine tra le imprese in grado di partecipare e non, è che solo le società trovano un limite nell’oggetto sociale. Ecco che il riferimento legislativo all’oggetto sociale torna utile, seppur rimane un vuoto relativo all’imprenditore individuale.
Le conclusioni esposte relativamente agli enti del Libro I trovano conferma in dottrina (5).
Si consideri anche che a favore della tesi negativa depone il riferimento all’iscrizione nel Registro Imprese di cui al comma 4-quater, del resto l’iscrizione è tecnicamente possibile per gli imprenditori.
Le associazioni e fondazioni che svolgono attività d’impresa non esclu- siva né prevalente sono attributarie soltanto di un numero di repertorio economico amministrativo (6).
Atteso che nell’ordinamento italiano l’attività economica in comune viene esercitata con il precipuo scopo di guadagnare un quid, non può non essere rilevato che tale guadagno “raggiunge” i soci in modo diverso, e segnatamente a scopo di lucro (cfr. art. 2247 c.c.), a scopo mutualistico (cfr. art. 2511 c.c.) oppure a scopo consortile (cfr. art. 2615-ter c.c.) (7);
(5) X. XXXXXXXX, Il contratto di rete: una soluzione in cerca del problema?, in X. XXXXXXX e
X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di impresa e contratto di rete: spunto per un dibattito, in
Contratti, 2009, 937.
(7) Con riferimento alle società, l’esercizio in comune di un’attività economica è il c.d. scopo mezzo, la specifica attività economica costituisce l’oggetto sociale. Si definisce invece scopo fine ciò che le parti perseguono con il contratto di società. Difatti una società può essere costituita per conseguire utili da dividere tra i soci, si dovrà in tal caso parlare di scopo lucrativo; per fornire direttamente ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che i soci stessi otterrebbero sul mercato, in tal caso si parlerà di scopo mutualistico; per creare un vantaggio patrimoniale tra gli imprenditori consorziati, consistente in minor costi o maggior guadagni per le consorziate e si avrà dunque lo scopo mutualistico. Il tratto comune dei suddetti scopi è l’autodestinazione dei risultati, seppur in modi diversi emerge comunque il fine egoistico. Cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, 2, Diritto delle Società, settima edizione, (a cura di) X. XXXXXXXXXX, Torino, 2009, 9, 25 e 26.
(6) A tale riguardo vedasi la Circolare del Ministero dello sviluppo economico 3668C del 27 febbraio 2014, ove, a 99 ss., vengono fornite indicazioni circa la compilazione del c.d. modulo R, Denuncia al R.E.A di Associazione, Ente, Impresa Estera, il quale occorre, per le associazioni, le fondazioni, i comitati e gli altri enti non societari, che pur esercitando un’attività economica commerciale e/o agricola, non abbiano tuttavia per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’impresa (art. 9, c.1, lett. a) del D.P.R. n. 581/1995 e Circolare MICA 09/01/1997 n. 3407/C).
Termine estratto capitolo
CAPITOLO 3
CONTENUTO EVENTUALE DEL CONTRATTO
Sommario:
SEZIONE 1. L’organo comune e la governance nel contratto di rete: il nodo della soggettività. 1. Premessa. 2. Dato normativo. 3. Reti, organizzazione, governance.
4. La rete-contratto. 5. Il regime disciplinare. 6. L’organo comune: fisionomia. 7. La disciplina dell’incarico. 8. Attuazione del programma e regole d’imputazione. 9. L’ac- quisto della soggettività. SEZIONE 2. La dotazione patrimoniale della rete di impresa e la disciplina dei conferimenti. 1. Osservazioni introduttive. Il fondo patrimoniale nella normativa che istituisce il contratto di rete. 2. La disciplina del fondo patrimo- niale di rete, tra “statuto dell’impresa”.... 2.1. (Segue): ... e “statuto dei patrimoni separati”. 2.2. (Segue): assonanze tra il fondo patrimoniale di rete e il patrimonio destinato ad uno specifico affare. 3. La costituzione e l’alimentazione del fondo patrimoniale di rete. Strumentalità dei beni ed emersione del vincolo di scopo.
3.1. (Segue): il caso della rete-soggetto e quello della rete-patrimonio. 3.2. (Segue): i contributi in conto esercizio e gli eventuali “utili”. 4. Aspetti quantitativi del fondo patrimoniale di rete: il principio di congruità del fondo rispetto al programma co- mune. 5. Aspetti valutativi e conoscitivi del fondo patrimoniale di rete. SEZIONE 3. La responsabilità della rete di imprese. 1. Introduzione: la responsabilità nella rete. 2. La responsabilità della rete. 3. L’evoluzione della normativa sul contratto di rete. 3.1. (Se- gue): la riforma del 2010. 3.2. (Segue): la riforma del 2012. 4. Le possibili tipologie di rete: profilo patrimoniale e profilo soggettivo. 5. La responsabilità della rete senza patrimonio. 6. La rete con patrimonio: normativa applicabile. 7. Il fondo patrimoniale comune. 7.1. (Segue): l’ipotesi del conferimento di patrimoni destinati. 8. Il regime di responsabilità. 8.1. (Segue): l’esperienza del regime del doppio binario nei consorzi con attività esterna. 8.2. (Segue): il giudizio di compatibilità dell’art. 2615, comma 2, c.c.. 9. La responsabilità da fatto illecito. 10. La responsabilità nel caso di partecipa- zione ad appalti pubblici.
SEZIONE 1
L’ORGANO COMUNE E LA GOVERNANCE NEL CONTRATTO DI RETE: IL NODO DELLA SOGGETTIVITÀ
di XXXXXXX X’XXXXX
1 Premessa
Le scelte inerenti la struttura della governance si chiariscono a partire dalla natura “ibrida” delle reti (1).
(1) Sotto questo specifico aspetto, la letteratura economica ha chiarito come la rete di imprese, quale fenomeno di coordinamento inter-imprenditoriale, mette in crisi la partizione
118 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
La letteratura economica suggerisce come, dal punto di vista delle parti, la scelta per un modello di relazione a base contrattuale e di mercato piuttosto che gerarchico, si giustifica a partire dalla considerazione che, in un sistema di transazioni di mercato, tanto più alto è il rischio di compor- tamenti opportunistici, tanto maggiore sarà l’incentivo tra le imprese ad integrarsi.
Sennonché, in un sistema economico caratterizzato dalla possibilità tecnologica di effettuare investimenti produttivi impiegabili in plurimi rapporti con altrettante imprese ed in differenti contesti merceologici e geografici, nonché la possibilità di maggiore interazione tra prestazioni misurabili sul piano della capacità di produrre valore reciproco, il men- zionato rischio di opportunismo alla base della nascita dell’impresa inte- grata, si riduce; conseguentemente, risulta più vantaggioso tessere una trama di collaborazioni di natura contrattuale piuttosto che integrare le varie attività in un’unica impresa.
Sotto questo profilo, il bilanciamento tra mercato e gerarchia che si realizza nell’ambito del contratto di rete, segna una sorta di tregua tempo- ranea tra le ragioni della cooperazione e quelle dell’opportunismo che in maniera dialettica condizionano l’agire dei partecipanti in un rapporto collaborativo. La solidità di tale tregua si fonda sul grado di fiducia che le parti manifestano nel rapporto di cooperazione, ovvero sulla persuasione che i partecipanti non adotteranno comportamenti volti a sacrificare l’in- teresse collettivo in ragione del perseguimento del proprio interesse indi- viduale. Proprio questo trade-off si riflette sulle opzioni in tema di gover- xxxxx nel contratto di rete.
Si consideri, infatti, che il contratto fissa in anticipo i diritti e doveri delle parti, lasciando le stesse libere di stabilire le modalità attraverso le quali conseguire il risultato richiesto; invece, l’impresa gerarchica garan- tisce maggiore flessibilità, rimettendo all’imprenditore la possibilità d’im- partire direttive vincolanti, senza che ciò implichi rinegoziazione degli accordi (2).
tradizionale tra contratto di mercato e impresa gerarchica, dal momento che si combinano in vario grado elementi di competizione ed elementi di cooperazione. Sul punto in particolare si veda XXXXXXXXXX, L’organizzazione economica. Imprese, mercati e controllo politico, Bologna, 1991, 251.
(2) Si veda da ultimo la ricognizione di SMORTO, Dall’impresa gerarchica alla comunità distribuita. Il diritto e le nuove forme di produzione collaborativa, in Orizzonti del diritto commer- ciale, 2014, 1 ss., specialm. 8-9 ed il richiamo alla teoria del contratto relazionale valorizzato anche da XXXXXXXXXX, op. loc. cit., 135 ss.
CONTENUTO EVENTUALE DEL CONTRATTO
L’interazione dialettica tra ragioni del vincolo e ragioni della flessibilità suggerisce che la natura puramente contrattuale rappresenterà un’opzione spendibile laddove il rapporto di rete sia caratterizzato da una forte com- ponente fiduciaria. In tale caso, infatti, le parti saranno più propense a riservarsi margini di libertà nel decidere le modalità di realizzazione degli
obiettivi comuni, ossia nell’attuazione del programma di rete, poiché maggiore è la fiducia che le parti non adotteranno comportamenti oppor- tunistici, volti a sacrificare l’interesse collettivo in ragione dell’interesse individuale.
Al contrario, un sistema di governance altamente strutturato segnala il
fatto che tra le parti vi è un grado di fiducia minore nella capacità di evitare comportamenti opportunistici; pertanto, risulta necessario circoscrivere le modalità di determinazione unilaterale dei modi di realizzazione del pro- gramma, rimettendo alla gestione di organi, vere e proprie stanze di compensazione tra interessi individuali e collettivi, l’attuazione del pro- gramma; finché le parti non decidano di entificare la rete, opzione questa che manifesta al massimo grado la volontà delle parti di blindare il pro- gramma contrattuale, salvaguardandolo da comportamenti opportunistici dei partecipanti.
2 Dato normativo
La traduzione della natura ibrida delle reti in tema di governance si è riflessa nel convulso processo di riformulazione del testo (3) che proprio su tale profilo disciplinare ha subito ampi rimaneggiamenti (4); nonché nella variabilità dei possibili modelli di governance, ossia nella scelta delle regole
(3) La rete di imprese è stata introdotta dall’art. 3, comma 4-ter ss. della l. 9 aprile 2009, n. 33 (Conversione in legge con modificazioni del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi), modificato dall’art. 1 della l. 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in tema di energia) ed ulteriormente modificato ed integrato dall’art. 42, comma 2-quater ss., d.l. 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), conver- tito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122. Il testo è stato poi ulteriormente modificato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese) convertito con modifiche con l. 7 agosto 2012, n. 134 e dall’art. 36, comma 4 d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito con modifiche con l. 17 dicembre 2012, n. 221.
(4) Pare opportuno segnalare che le modifiche introdotte siano state orientate, “cammin facendo” per così dire, dal dialogo con la dottrina. Anche questo profilo rappresenta un aspetto meritevole di attenzione. In questa prospettiva, si vedano in particolare i contributi di CAFAGGI, Il nuovo contratto di rete: “learning by doing”?, in Contratti, 2010, 1143.
120 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
di formazione e manifestazione all’esterno delle decisioni comuni, even- tualmente impiegabili in un contratto di rete (5).
All’esito delle successive riformulazioni, il legislatore ha comunque mantenuto fede all’ispirazione di fondo del proprio intervento, ossia ga- rantire la massima delega operativa all’autonomia negoziale nella defini- zione del design organizzativo della rete di imprese (6).
Oltre alla natura prevalentemente dispositiva dettate in materia di governance, il segnale più evidente di questo orientamento risiede nella previsione che, modificando l’impianto originario della legge, ha reso facoltativa l’istituzione dell’organo comune (come anche del fondo patri- moniale), così assecondando l’esigenza di sussumere all’interno della me- desima disciplina reti meramente interne e reti con attività esterna. Del resto, non pare che si sarebbe potuto ragionare diversamente proprio in considerazione del fatto che la governance assume i connotati di una variabile dipendente dal programma e dai rapporti fiduciari esistenti tra i partecipanti alla rete. Ne deriva, pertanto, che occorrerà ragionare sulla governance della rete squisitamente sul piano della sua adeguatezza ri- spetto agli obiettivi programmatici.
L’evoluzione della disciplina è stata, inoltre, segnata dalla volontà del legislatore di porre fine al dibattito dottrinale se il contratto di rete c.d. “pe- sante”, ossia caratterizzato dalla presenza di un fondo patrimoniale e di un organo comune, sia da considerarsi autonomo centro d’imputazione (7). A
(5) Sul punto si veda DONATIVI, Le reti di imprese: natura giuridica emodellidigovernance, in Società, 2011, 12, 1429 ss il quale sotto questo aspetto condiziona la scelta a seconda della natura associativa o meno del contratto di rete.
diritto societario, in Riv. Soc., 2003, 34 ss., specialm. 41 ss. il quale, sottolineando un processo di “rilassamento” della tipicità, proprio nei termini di “rilassamento del controllo di conformità al tipo” come le ridotte regole inderogabili sarebbero poste non già più a tutela dei terzi rispetto a quegli effetti ultra partes che si ricollegano al contratto sociale, ma per proteggere gli investitori prove- nienti dal risparmio diffuso, che non sono tecnicamente terzi ma parti o future parti; LA PORTA, Dal “tipocontrattuale” al“modellodisocietà”: autonomiacontrattualeenormeinderogabilenelnuovo diritto societario, in Società, 2002, 14 ss. che registra un processo di neutralizzazione della causa, ridotto ai minimi termini nell’esercizio in forma collettiva dell’attività di impresa.
(7) Si tratta di un dubbio che ha attraversato tutta la dottrina sin dalla prima versione del contratto di rete. Si xxxxxx XXXXXXX, Contratti di impresa e contratti tra imprese, in I contratti di rete, in Corr. merito, suppl. 5, 2010, 7 ss. che elegantemente osservava come il legislatore avesse
(6) Peraltro, considerato che la rete di imprese può proporsi alla stregua di una figura alternativa alla società nella gestione di un’attività comune di impresa, non può non ravvisarsi il fil rouge che collega la disciplina delle reti con il sistema delineato dalla riforma del diritto societario, anch’esso caratterizzato da un processo di sostanziale svuotamento del tipo e di connesso ampliamento dell’autonomia contrattuale. Si vedano in proposito le considerazioni di D’ALES- XXXXXX, “La provincia del diritto societario inderogabile (ri)determinato”. Ovvero: esiste ancora il
Termine estratto capitolo
CAPITOLO 4
IL CONTRATTO DI RETE
E LA DISCIPLINA DELLA CRISI (“NELLA” RETE E “DELLA” RETE)
di XXXXXXXXX X’XXXXXX
Sommario:
1. Una premessa: l’impatto della crisi sul contratto di rete. 2. Gli effetti del fallimento sul contratto di rete. L’incidenza del fallimento sui contratti pendenti e l’art. 72 l. fall.
2.1. L’ambito di applicazione dell’art. 72 l. fall. ed il problema della compatibilità con il contratto di rete. 2.2. La mancanza di clausole contrattuali ad hoc. 2.3. Le reti con fondo comune o soggettività giuridica e la tenuta delle conclusioni raggiunte. 3. Con- tratto di rete e concordato preventivo. 4. Contratto di rete e strumenti alternativi di soluzione della crisi. 5. Il fallimento della “rete”.
1 Una premessa: l’impatto della crisi sul contratto di rete
Come è noto, il contratto di rete costituisce una forma organizzativa delle realtà imprenditoriali a morfologia “variabile”, suscettibile di assu- mere diverse configurazioni usualmente incardinate nella dicotomia fra rete “contratto” e rete “impresa” (1). Questo, al di là delle differenti impo- stazioni dogmatiche circa la natura del contratto (se sia autonomo o
(1) Ilriferimentoèalletrediverseformeoggiprevistedall’art. 3, comma 4-ter, d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, sulle quali si rinvia ai vari contributi in questo Volume), nonché, con riferimento alla disciplina anteriore alla novella del 2012, CAFAGGI-IAMICELI (a cura di), Reti di imprese fra crescita e innovazione organizzativa. Riflessioni da una ricerca sul campo, Bologna, 2007; CAFAGGI (a cura di), Il contratto di rete. Commentario, Bologna 2009; XXXXXXX-X. XXXXXXXXXXXX (a cura di), Reti di imprese e contratto di rete. Spunti per un dibattito, in Contratti, 2009, 915 ss., ed ivi i vari con- tributi; IAMICELI (a cura di), Reti di imprese e contratti di rete, Torino, 2009; CAFAGGI-IAMICELI- XXXXX (a cura di), Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Milano, 2012; MALTONI, Il con- tratto di rete. Prime considerazioni alla luce della novella di cui alla l. 122/10, in Notariato, 2011; XXXXXXXXX, Il “contratto di rete” fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. dir. civ., 2011, I, 323 ss.; VILLA, Il contratto di rete, in GIHI-XXXXXXX-NOTARI, I contratti per l’impresa, Bo- logna, 2012, 495 ss.; con riferimento all’attuale configurazione legislativa si vedano CAFAGGI, IA- XXXXXX e XXXXX, Il contratto di rete e le prime pratiche: linee di tendenza, modelli e prospettive di sviluppo, in Contratti, 2013, 799 ss.; XXXXXXXX, Il contrattodiretefraimprese: profili organizzativi, in Contratti, 2014, 397 ss. Di recente si veda la ricostruzione di GUZZARDI, Cooperazione impren- ditoriale e contratto di rete, Padova, 2015. Con riferimento al tema della pubblicità e soggettività della rete, cfr. i contributi di IBBA, Contratto di rete e pubblicità delle imprese (con qualche diva- gazione in tema di soggettività); MARASÀ, La pubblicità dei contratti di rete; e SERRA, Contratto di reteesoggettivitàgiuridica, in Orizzontideldirittocommerciale, rivista telematica, n. 3/2014, con- sultabili all’indirizzo xxxx://xxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/0000/0.
234 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
“transtipico”), è quanto emerge dall’attuale disciplina legislativa, come cristallizzata, da ultimo, a seguito delle novelle del 2012 (2). Occorre pertanto interrogarsi su quelle che possono essere le varie implicazioni e conseguenze dell’eventuale “crisi” che il contratto di rete, o le imprese che vi partecipano, possono trovarsi a fronteggiare.
La lunga e perdurante situazione di crisi economica e i profondi interventi di riforma che negli ultimi dieci anni hanno caratterizzato il diritto “fallimentare” (3), infatti, inducono ad una riflessione quanto meno da un duplice punto di vista:
a) il primo, se vogliamo più “tradizionale”, attiene agli effetti che sul
contratto di rete può avere l’eventuale crisi o insolvenza di una o più delle imprese che al contratto di rete partecipano;
b) il secondo, forse più innovativo, riguarda invece la possibilità di
individuare nella “rete” di imprese il soggetto in crisi, sì da indagare le possibilità di applicare alla rete la disciplina del fallimento degli impren- ditori commerciali nonché gli ulteriori istituti previsti dall’attuale legge fallimentare, con particolare riguardo agli strumenti volti a comporre la crisi in via stragiudiziale (piani attestati ex art. 67, comma 3, lett. d), l. fall., e accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis, l. fall.) ed al concor- dato preventivo previsto dagli artt. 160 ss. l. fall.
(2) Ricordiamo per comodità che la disciplina del contratto di rete, introdotta con il d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con legge n. 99/2009, è stata oggetto di modifiche ad opera della legge 23 luglio 2009, n. 99, del d.l. 31 maggio 2010, convertito con modificazioni dalla legge 122 del 2010, del d.l. n. 83/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134/2012 ed infine del
d.l. n. 179/2012, convertito con legge n. 221/2012.
(3) È noto che il diritto della crisi di impresa (espressione oggi preferibile rispetto a quella tradizionale di diritto fallimentare), è da un decennio un cantiere aperto. Basti pensare che la lunga stagione delle riforme, iniziata con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con legge 14 maggio 2005, n. 80, è proseguita con la riforma organica portata dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, che ha riscritto molte parti della legge fallimentare (r.d. 16 marzo 1942, n. 267). Successivamente sono ancora intervenuti il d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, il d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122, il d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012,
n. 134 (c.d. decreto “sviluppo” che ha avuto una portata innovativa sostanziale), il d.l 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. decreto sviluppo “bis”), il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. “decreto del fare”) convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013 n. 98. Da ultimo, assai di recente, il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con legge 6 agosto 2015, n. 132, ha portato ulteriori modifiche di estrema rilevanza. Come è noto, la parola fine è ben lontana dall’essere scritta come risulta dal lavoro della Commissione istituita con
d.m. 28 gennaio 2015, presieduta dal Presidente Xxxxxx Xxxxxxx, che ha recentemente varato uno schema di legge delega per la riforma organizzata dalle procedure concorsuali (consultabile all’indirizzo xxxx.xxxxxx.xx/xxxx_000).
CONTRATTO DI RETE E DISCIPLINA DELLA CRISI
2 Gli effetti del fallimento sul contratto di rete. L’incidenza del fallimento sui contratti pendenti e l’art. 72 l. fall.
Come detto, la prima problematica ha un retroterra forse più consoli- dato e stabile, posto che il contratto di rete è, appunto e prima di tutto, un contratto, e dunque l’indagine può prendere le mosse dalla disciplina dei contratti pendenti nella crisi di impresa.
Muovendo dalla procedura fallimentare (4), la norma di riferimento è ovviamente l’art. 72 l. fall., in tema di contratti pendenti, da intendersi come i contratti non ancora eseguiti, in tutto o in parte, da entrambe le parti. In tali casi, ai sensi del citato articolo, l’esecuzione è sospesa in attesa che il curatore eserciti il proprio diritto di subentro — previa autorizza- zione del comitato dei creditori — ovvero di scioglimento. Il contraente in bonis si trova dunque in una posizione di soggezione, non avendo altro strumento se non quello di chiedere al Giudice delegato l’assegnazione al curatore di un termine massimo di sessanta giorni decorso il quale, in assenza di determinazioni da parte di quest’ultimo, il contratto sarà sciolto.
Diverso è il trattamento giuridico delle conseguenze, dal momento che: (i) nel caso di subentro, il curatore assumerà tutti gli obblighi con- trattuali (e dunque dovrà adempiere per intero alle proprie obbligazioni e, ad esempio, corrispondere per intero gli eventuali debiti sorti nell’esecu- zione del contratto); (ii) nel caso di scioglimento, il contraente avrà il solo diritto di far valere nel passivo fallimentare gli eventuali crediti, con esclu- sione anche del risarcimento del danno. Nel caso di subentro, dunque, le conseguenze si inquadrano nell’ambito della prededucibilità dei crediti che dovessero sorgere dalla prosecuzione; non così nel caso di sciogli- mento. Il che è logico e coerente con l’intero sistema concorsuale.
La valutazione del curatore, ovviamente, dovrà muovere dalla conve- nienza per i creditori (5), e dunque egli deciderà sulla scorta della compa-
(4) Come vedremo in seguito, oggi anche nel concordato preventivo è dedicata attenzione ai contratti pendenti, stante in particolare il disposto dell’art. 169-bis l. fall. (e dell’art. 186-bis l. fall.).
(5) La centralità dell’interesse dei creditori (e la valutazione di ciò che per essi appare conveniente) permane al centro dell’attenzione del legislatore, e anzi esce rafforzata dai molti interventi di riforma. Basti pensare alla previsione di cui all’art. 186-bis, comma 2, lett. b) (norma introdotta dal decreto sviluppo del 2012) che per il concordato in continuità richiede che la relazione del professionista attesti che la prosecuzione dell’attività di impresa è funzionale al migliori soddisfacimento dei creditori, e, da ultimo, alla (per vero non del tutto chiara) previsione di cui all’art. 161, comma 2, lett. e), oggetto di recentissima integrazione ad opera del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito con legge 6 agosto 2015, n. 132, secondo il quale la proposta di
236 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
razione fra i costi ed i benefici che le due possibilità portano alla massa dei creditori.
Proprio nell’ottica del favor verso la massa dei creditori, il sesto comma
dell’art. 72 l. fall., prevede a sua volta l’inefficacia delle eventuali clausole negoziali che dovessero far dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento di una delle parti (perché per tale via si precluderebbe ovvia- mente ogni possibilità di valutazione da parte degli organi della proce- dura).
La disciplina prevista dall’art. 72 è poi integrata da numerose norme che regolano fattispecie tipiche e specifiche di contratto (6).
2.1 L’ambito di applicazione dell’art. 72 l. fall. ed il problema della compatibilità con il contratto di rete
Numerosi sono i problemi interpretativi che l’art. 72 ha posto e pone. Fra i tanti, non potendo certo in questa sede svolgere una disamina
concordato deve indicare — fra l’altro — “l’utilità specificamente individuata ed economica- mente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”. Quest’ultima disposizione in particolare sembra frutto di una errata interpretazione dell’esigenza di “conve- nienza” per i creditori, ma non dovrebbe esser letta in questa prospettiva. Se infatti è logico e normale che tale convenienza debba essere accertata ogni volta che si tratti di dare stabilità ad atti potenzialmente dannosi per la massa dei creditori (si pensi proprio al richiamato art. 186-bis in tema di concordato in continuità, proprio in considerazione del fatto che la continuità azien- dale produce costi che, in quanto prededucibili, rischiano di assottigliare le risorse destinate al concorso dei creditori) ovvero ad intervenire su singoli rapporti negoziali (e si pensi in particolare alla previsione dell’art. 169-bis), non altrettanto corretta sarebbe l’interpretazione del nuovo art. 161, comma 2, lett. e), l. fall., xxxxxxx si pretendesse di porla a fondamento di una nuova valutazione generale del concordato preventivo in termini di “convenienza” rispetto all’alterna- tiva fallimentare. Non essendo questa la sede per addentrarsi in un tema che esula dai confini del lavoro, mi limito a segnalare come ogni interpretazione volta a reintrodurre una generale valuta- zione di “convenienza” del concordato preventivo si porrebbe in contrasto: (i) con la radicale scelta del legislatore di espungere tale valutazione (rimettendola unicamente ai creditori e sot- traendola al vaglio dell’autorità giudiziaria); (ii) con le indicazioni che giungono dall’Unione Euro- pea, coma mostra la Raccomandazione della Commissione Europea del 12 marzo 2014 su un “nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza” (2014/135/UE). Pertanto, almeno sulla base del diritto oggi vigente (giacché proprio lo schema di legge delega citato alla nota 382 potrebbe condurre ad una diversa lettura) l’indicazione dell’utilità assicurata a ciascun debitore dovrebbe tradusrsi in un supplemento informativo per i creditori volto a chiarire ciò che talora dalle proposte di concordato non appare molto chiaro senza aprire scenari di confronto con l’alternativa del fallimento.
Termine estratto capitolo
(6) Gli artt. 72-bis e ss. si occupano infatti di taluni particolari tipi di contratto, prevedendo discipline ad hoc in deroga alla norma generale dell’art. 72. Non è ovviamente questa la sede per soffermarsi sulle singole soluzioni. Mi limito a ricordare l’art. 72-ter, in tema di “effetti sui finan- ziamenti destinati ad uno specifico affare”, in quanto si tratta di norma che può assumere una qualche rilevanza anche per il contratto di rete, come vedremo in seguito.
CAPITOLO 5
RETI DI IMPRESA E ABUSO
DI DIPENDENZA ECONOMICA
di XXXXXX XXXXX
Sommario:
1. Insufficienza del tipo e nuovo realismo giuridico. 2. Cooperazione e competizione nell’ordine costituzionale. 3. Integrazione relazionale tra imprese e contratto plurila- terale. 4. (Segue): fatto organizzativo e atto di organizzazione. 5. Unità economico- aziendale dell’azione imprenditoriale e abuso di dipendenza economica 6. Situa- zione economica soggettiva di dipendenza economica nei rapporti commerciali.
7. Ambito di applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica. 8. Necessità giuridica del collegamento tra contratti bilaterali e rete verticale. 9. Integrazione verticale delle attività e divieto di abuso di dipendenza economica: la relatività del contratto. 10. Abuso di dipendenza economica e inadempimento: il vantaggio com- petitivo. 11. Contratto di rete e organizzazione verticale della rete di imprese. 12. (Se- gue): la compatibilità causale. 13. Divieto di abuso di dipendenza organizzativa e produttiva. 14. Degenerazione asimmetrica delle reti contrattuali paritetiche. 15. In- terdipendenza degli interessi e scopo comune del contratto di rete. 16. (Segue): identità di misura del potere decisionale. 17. Abuso di dipendenza economica e uguaglianza formale tra poteri e doveri. 18. (Segue): ingiustificato vantaggio compe- xxxxxx e rimedi. 19. Recesso e abuso di dipendenza economica. 20. Rete soggettiviz- zata e vantaggio partecipativo. 21. Esclusione dalla rete. 22. (Segue): risoluzione per recesso e divieto di abuso di dipendenza economica 23. Interdipendenza funzionale e struttura aperta del contratto di rete. 24. (Segue): interdipendenza funzionale e rifiuto di adesione alla rete. 25. Adesione imposta.
1 Insufficienza del tipo e nuovo realismo giuridico
Nella prospettiva della rete di imprese formalizzata mediante un con- tratto plurilaterale con comunione di scopo, il divieto di abuso di dipen- denza economica diviene oggetto di rinnovato interesse per il giurista (1). Si
(1) Il tema è stato approfondito da M.R. XXXXXXX, Reti contrattuali e abuso di dipendenza economica: alla ricerca di nuove discipline?, in Le reti di imprese e i contratti di rete, a cura di XXXXXXXX, Torino, 2009; ma cfr. anche ID., Reti di imprese, contratto di rete e reti contrattuali - Non minor virtus est tueri et perficere rem inventam... quam reperire, in Obbl. e contr., 2009, 951 ss.. Di M. R. XXXXXXX v. altresì la voce Subfornitura (diritto civile) in corso pubblicazione in Xxxxxx Xxx. dir., Milano, che la cortesia dell’Autrice mi ha consentito di leggere in bozze, (passim, ma 34 e ss.). Si v. inoltre X. XXXXXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e reti di imprese, in Contr. e impr., 2012, 390; spunti in IAMICELI, Il coordinamento della filiera produttiva tra collegamento nego- ziale e contratti di rete, in AA.VV., Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Milano, 2012, 315 e ss. in part. 340 e ss.; si v. inoltre O. DE XXXXX, Imprenditore“debole” emercato“debole”. Reti di imprese e obblighi di protezione, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
260 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
tratta però di una direzione di ricerca diversa da quella indicata dallo scam- bio relazionale tra imprese, che pure si era imposta all’attenzione dell’os- servatore; e ciò per la ragione che è connotata da maggiore complessità.
Complessità che, da un lato, genera incuriosito disagio nell’interprete disposto ad assumersi il rischio culturale immanente ad una ricerca che può approdare in luoghi di inquietante incertezza, in cui categorie ed argomentazioni familiari e rassicuranti si dimostrano inadeguate; dall’al- tro, invece, attiva un impegno nell’identificazione del tipo che immagina di gestire la complessità della concreta esperienza rifugiandosi nella sem- plificazione che, solo in apparenza, la dogmatica del contratto offre all’os- servatore (2).
Il discorso giuridico riscopre così il consorzio, sperando o illudendosi di rintracciare il “tipo” che confermi la legittimità di un modello culturale, oppure decide per una rinnovata fiducia nella “classica” teoria generale del contratto di scambio, ormai arricchita e, soprattutto, protetta da un agget- tivo numerale ordinale che ne conservi immutata la permanente vitalità (3).
(2) Costruttivo ed incuriosito disagio veniva manifestato da XXXXXXXX, già in Dalle reti di imprese al contratto di rete: un percorso (in)compiuto, in ID. (a cura di), Le reti di imprese e i contratto di rete, cit., 1 e ss., ma della stessa Autrice v. L’esclusione dal contratto, Torino, 2012 passim, ma XXIII dell’Introduzione, 29 e ss. e 269 e ss. Per il modello culturale riconducibile al tipo cfr. G. VILLA, Il contratto di rete, in AA.VV., I contratti per l’impresa, I, Bologna, 2012, 491 e ss.; X. XXXXXXX, Il “contratto” e la “rete”: brevi note sul riduzionismo legislativo, in Contratti, 2009, 951 ss.; G. VETTORI, Contratto di rete e sviluppo dell’impresa, in Obbl. e xxxxx., 2009, 390 ss.; XXXXXXX, La rete è, dunque, della stessa natura del gruppo di società?, in Contratto e impresa, 2011, 535 ss.; ID., Reti e contratto di rete, Padova, 2012, 57 e ss.
Si tratta di una articolata e complessa riflessione orientata da alcuni modelli normativi: quello societario-consortile, quello delle joint ventures e delle ATI, riconducibile al contratto plurilaterale; ed infine quello della subfornitura e del franchising, che rimanda al contratto bilate- rale ed al collegamento negoziale. Elementi utili per ricostruire questa impostazione si trovano in ZANELLI, Reti di impresa: dall’economia al diritto, dall’istituzione al contratto, in Contr. e impr., 2010, 951 ss. Sono ben note le importanti ricerche svolte, anche in prospettiva comparatistica, da
X. XXXXXXX in tema di distretti industriali e di reti di impresa. Di CAFAGGI, adesso, ci si può limitare a ricordare Il contratto di rete ed il diritto dei contratti, in Contratti, 2009, 911 e Il nuovo contratto di rete: “learning by doing”, ivi, 2010, 1143. Circa il contratto di rete come “tipizzazione norma- tiva” di un modello economico di aggregazione si v. l’interessante studio di X. XXXXXXXX, Coope- razione imprenditoriale e contratto di rete, Padova, 2014, 15 e ss.
(3) X. XXXXXXXXX, Il « contratto di rete » fra (comunione di) impresa e società (consortile), in Riv. dir. civ., 2011, 323 ss. Ma si v. le meditate riflessioni di X. X. XXXXX, Coordinamento consortile per la competitività delle imprese tra codice civile e leggi speciali, in Le reti di imprese e i contratti di rete, cit., 151 ss. Il discorso dovrà ritornare, ma in maniera occasionale incompleta, sul rapporto tra rete contrattuale paritetica e consorzio per segnalare le ragioni di diversità tra le due fenomenologie aggregative di imprese. Adesso ci si può limitare a sottolineare come nel consorzio ‘la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese siano (auto- nome) ragioni giustificative dell’istituzione dell’organizzazione comune. Al contrario, nel con-
RETI DI IMPRESA E ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA
Il vivace dibattito sull’identificazione del tipo, per certi aspetti simile a quello suscitato dalla disciplina della subfornitura, rivela profili e suscita suggestioni che sollecitano l’osservatore ad interrogarsi sull’abuso di di- pendenza economica (4).
Di questo dibattito, l’esito della trans-tipicità non sembra legato solo all’insufficienza della ricostruzione del tipo attraverso la causa, che peral- tro si caratterizza nello specifico dato positivo per estensione, non certo per genericità; sembra invece determinato dalla più generale inadegua- tezza della prospettiva dell’atto a comprendere e spiegare un dato della realtà economico-sociale (5).
Anche il divieto di abuso di dipendenza economica ha costituito og- getto di un vivace confronto, sotto il profilo della trans-tipicità del rimedio, che ha coinvolto pure la giurisprudenza (6). Che si tratti di una disciplina di generale applicazione dovrebbe ormai essere acquisito, ma il faticoso confronto rende ragione, ancora una volta, dell’insufficienza della prospet- tiva dell’atto nella comprensione di un rimedio legato ad una situazione economica soggettiva (7).
tratto di rete, l’esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa, come la collaborazione o, ancora, lo scambio di informazioni o di prestazioni di natura industriale, costituiscono (distinti) oggetti delle obbligazioni assunte dalle imprese partecipanti. Si
v. inoltre X. XXXXXXXXXXXX, Dal collegamento negoziale alla causa di coordinamento nei con- tratti di rete, in Le reti di imprese e i contratti di rete, cit., 66 e ss. in part. 71 e ss e 73 e ss.; ID., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 10, 2009, 961; X. XXXXX, Il contratto di rete in agricoltura, in Riv. dir. civ., 2015, 181 ss. In generale, la suggestione esercitata dalla numera- zione ordinale non si rintraccia solo in A. FICI, Il contratto di franchising, Napoli, 2012, 231 e ss. che anzi utilizza la categoria del “quarto contratto” come avveduta e costruttiva provocazione. Cfr. inoltre X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asimmetria contrattuale nei rapporti discambioeneirapporti “reticolari”, in Riv. crit. dir. priv., 2005, 523 ss.Cfr. inoltre C. CREA, Reti contrattuali ed organizzazione dell’attività di impresa, Napoli, 2008, passim, ma 105 ss. 120 ss.
(4) A riguardo v. ancora M. R. XXXXXXX, Subfornitura, cit., in particolare 10 ss.
(5) Circa la trans-tipicità del contratto di rete (della sua disciplina legale) v., oltre alle opere già citate nella nota 2, X. XXXXXXX, Il contratto di rete nella prassi. Verso il consolidamento, in AA.VV., Il contratto di rete per la crescita delle imprese, a cura di X. XXXXXXX-G. D. XXXXX- IAMICELI, Milano, 2012, 126 e s.; ID., Reti contrattuali e contratti di rete: ripensando il futuro, in AA.VV., Reti di imprese tra crescita e innovazione organizzativa. Riflessioni da una ricerca sul campo, a cura di X. XXXXXXX e IAMICELI, Bologna, 432 e ss., in part. 441 ss.
(6) Il confronto è ricostruito in maniera puntuale da X. XXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2009, 12 e ss.; ma v. già M. R. XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Milano, 131 e ss. Auspica che “la questione sia considerata chiusa” M. LIBER- TINI, La responsabilità per abuso di dipendenza economica: la fattispecie, in Contr. e impr., 2013, 1 e ss., 7. Si v. inoltre la giurisprudenza citata alla successiva nota 22.
(7) Spunti in tale prospettiva in PERLINGIERI, Reti contrattuali tra imprese tra cooperazione e concorrenza, in IAMICELI (a cura di), Le reti di imprese e i contratti di rete, cit., 388 e ss. Circa
262 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
In seguito occorrerà ritornare su quest’ultimo aspetto, adesso si deve sottolineare come sia il contratto di rete che l’abuso di dipendenza econo- mica, ancorché in direzioni e con modalità differenti, sembrano resistere al tipo, come paradigma teorico, ed all’atto come ambito e presupposto della riflessione dogmatica (8).
Abuso e rete contrattuale rintracciano nel rapporto organizzativo e nelle concrete esigenze di tutela che ne derivano, presupposto ed ambito di una rilevanza giuridica più estesa e complessa di quella circoscritta dall’atto giuridico negoziale.
Un fenomeno non isolato, se si considera la più recente evoluzione normativa in tema di “direzione e coordinamento”, che rilevano in quanto fatto, o si tiene presente il centrale valore ricostruttivo che la dottrina, prima, e più di recente anche la giurisprudenza, hanno riconosciuto all’at- tività nella ricostruzione dei fenomeni associativi (9).
Un fenomeno che sembra riemergere anche in ambiti diversi e lontani da quello che si prende adesso in considerazione, se si riflette sulla recente giurisprudenza di legittimità in tema di famiglia di fatto e assegno di divorzio (10).
l’ambito di applicazione del divieto di abuso di dipendenza economica, su cui si avrà modo di ritornare, v. sin d’ora le riflessioni di X. XXXXXXXXXX, Eclissi del diritto civile, Milano, 2015, 103 ss.
(9) Circa l’attività di direzione e coordinamento come fatto, definitiva acquisizione degli studiosi del diritto societario, v. per tutti X. XXXXXXXXXXXX, “Clausole generali”, principi di diritto e disciplina dei gruppi di società, in Studi in ricordo di X. Xxxxxx, Milano, 2011, 579 e ss., 585 ss. Il riferimento all’attività nel fenomeno associativo è centrale nella ricostruzione di FERRO-XXXXX, I contratti associativi, Milano, 1976, passim; in giurisprudenza emblematiche sono a riguardo le sentenze nn. 6070, 6071 e 6072, del 12 marzo 2013 rese, a sezioni unite, dalla Corte di Cassa- zione in tema di cancellazione della società dal registro delle imprese e destino dei rapporti giuridici facenti capo alla società estinta a seguito della cancellazione e tuttavia non definiti nella fase di liquidazione.
(10) Si tratta di Xxxx. 3 aprile 2015, n. 6855 e dell’evoluzione che tale sentenza realizza rispetto a Xxxx. 11 agosto 2011, n. 17195.
(8) In altra sede ho chiarito che per dogmatica intendo il procedimento epistemologico funzionale all’applicazione di una norma per la soluzione di un caso concreto, A. BARBA, Garanzia e precauzione nella vendita di sostanze alimentari, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 1207 ss. È possibile chiarire adesso il senso della frase mediante l’affermazione per cui il ruolo della dogma- tica diventa chiaro se inteso come “Weg, Gerechtigkeitsfragen in ihren Einzelbereichen juristisch operational zu machen”; ossia come procedimento che recepisce, traduce, il problema valutativo posto dal caso in problema epistemologico: “Umsetzungsprozeß von Richtigkeitserwägungen in Denkbarkeitsfragen und Denkaufgaben”, così J. XXXXX, Möglichkeit und Grenzen des dogmati- schen Denkens immodernen Zivilrecht, in Acp, 1972 (172), 97 ss., 113, ma v. anche 109 e s. Da ciò la conseguenza che la dogmatica, in quanto funzionale all’applicazione della norma, non rientra nelle competenze del legislatore: la qualificazione dogmatica fatta dal legislatore non vincola l’interprete.
Termine estratto capitolo
CAPITOLO 6
CONTRATTO DI RETE
E ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
di XXXXXXX XXXXXX e XXXXX XXXXXXXX
Sommario:
1. Introduzione. 2. Definizione e tipologie di reti di imprese. 3. Drivers e finalità di una rete di imprese. 4. Aspetti organizzativi e di governance delle reti di imprese. 5. Con- tributo delle reti allo sviluppo delle PMI. 6. Conclusioni.
1 Introduzione
Il tema delle reti di impresa ha assunto, ormai da anni, un ruolo di crescente rilievo, data la profonda mutazione che ha caratterizzato gli attuali contesti economici.
Gli effetti della globalizzazione dei mercati, della dematerializzazione dei processi produttivi e della convergenza tecnologica hanno, in parte, trasformato le ridotte dimensioni aziendali, la concentrazione territoriale e l’elevata specializzazione, tipiche del nostro tessuto imprenditoriale, da punti di forza in alcuni tra i principali ostacoli allo sviluppo economico. Come evidenziano Xxxxxxxxx e Ricotta (1), i rapporti evoluti tra impresa e contesto possono essere sintetizzati in:
— un cambiamento quantitativo e qualitativo della domanda, caratte- rizzato da non differenziabilità ed eccedenza rispetto all’offerta, che ha comportato un processo di differenziazione della domanda;
— una ricontestualizzazione del concetto di efficienza economica, su cui si fonda la ricerca costante di economie di scala basata, però, sul decentramento produttivo che innesca una progressiva terziarizzazione dei processi, prima di capacità e poi di specialità;
— un aumento della concorrenza tra imprese e della contendibilità dei mercati. Riducendosi progressivamente, in molti settori, il peso delle bar- riere all’ingresso aumenta il livello di concorrenza, di innovazione e, quindi, di rigenerazione delle posizioni di mercato e delle competenze necessarie per mantenere la leadership;
— infine, una difficoltà di accettare come stabile un elevato grado di complessità. Quest’ultima pone, infatti, il problema di aumentare il nu-
(1) XXXXXXXXX-RICOTTA, Dal sistema impresa ai sistemi d’impresa. Suggestioni e limiti delle reti d’impresa, Sinergie, 2009, 80.
354 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
mero di soggetti con i quali collegare l’impresa per ottenere risorse critiche e non producibili all’interno, in un processo di innovazione e apprendi- mento continuo.
Unitamente a tali criticità, i nuovi contesti si caratterizzano per la crescente evoluzione tecnologica e interconnettibilità, che portano le im- prese ad essere sempre più consapevoli dell’importanza e della necessità dello sviluppo di dinamiche reticolari.
In particolare, i contesti economici, sempre più fondati sulla cono- scenza e sull’innovazione, impongono alle singole imprese lo sviluppo di rapporti di cooperazione con altre realtà, per far fronte alle carenze di risorse, di flessibilità, di competenze, che la complessità e la turbolenza di tali contesti hanno fatto emergere (2). Tale evoluzione richiede, dunque, alle imprese di dotarsi di forme organizzative nuove, che rompano il legame territoriale e superino la formula della monocultura industriale (3). Come vedremo approfonditamente nei paragrafi che seguono, tali caratteristiche sono rinvenibili nelle reti d’imprese, che consentono di aprire “il distretto al sapere e alle capacità presenti in altri luoghi e in altri settori” creando nuovi circuiti di scambio della conoscenza. I confini tra gli attori diventano dunque indistinti poiché tra loro interconnessi. Il valore è contenuto nell’informazione e nelle relazioni che trasformano le tradizio- nali catene del valore in una “ragnatela” di molteplici reti di imprese (4). Si può dire pertanto che « le imprese esistono e si sviluppano attraverso le interazioni », che sono in grado di sviluppare sia il territorio che gli attori
in esso presenti (5).
Tali premesse si sposano appieno con la realtà economica del nostro sistema produttivo. Come noto, il sistema industriale italiano è, infatti, caratterizzato da una forte incidenza delle piccole e medie imprese (Pmi), che si contraddistinguono per la frammentazione dimensionale e la spe- cializzazione produttiva. Nonostante ciò possa risultare limitante, tali im- prese sono riuscite comunque a produrre buone performance e a dimo-
(2) CERATO-CIGNOLI-XXXX, Reti d’Impresa. Profili aziendali, civilistici, fiscali, contabili e finanziari, Collana Gestione aziendale e Management, Milano, 2012.
(3) RULLANI, Modernità sostenibile. Idee, filiere e servizi per uscire dalla crisi, Venezia, 2010; ID., Osservatorio sui distretti industriali e i sistemi produttivi locali, in Economia e politica industriale, 2010, 37 (4), 141-165.
(4) XXXXXX-XXXXXXXX, Reti di imprese per competere sui mercati, in Le reti di imprese: funzione del contratto tra imprenditori e profili fiscali, in Dir. e pratica società (Monografia on-line), 2011, n. 2.
(5) XXXXXXXXX-XXXXXXXXXXX, Coevolution in technological developement. The role of friction, Sinergie, 2002.
CONTRATTO DI RETE E ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
strare capacità di sopravvivenza, soprattutto grazie all’avvio di processi di aggregazione e sviluppando forme di rete basate su contratti associativi, accordi di collaborazione e partecipazione a gruppi di imprese.
Emerge, quindi, la necessità di una strategia collettiva, la quale è l’azione combinata da parte delle organizzazioni circa questioni strategi- che. Le relazioni inter-imprese diventano sempre più importanti e la collaborazione appare uno strumento utile a raggiungere una posizione competitiva di lungo periodo (6).
Come evidenziato da Xxxxxxx (7) e da Cerato et al. (8), nonostante la
crescente attenzione da parte di imprese ed istituzioni nei confronti delle reti, nella pratica, e in parte anche nella letteratura aziendale, si riscontra ancora un certo grado di ambiguità e confusione sul significato di “rete di imprese”. Definita in letteratura come una forma intermedia tra impresa (gerarchia) e mercato, la rete trova una definizione in negativo, definita come ciò che non è.
Nei paragrafi successivi vedremo, in modo approfondito, come la rete non è né una semplice forma di collaborazione né qualsiasi forma di collaborazione, come spesso è stata considerata e declinata. Per parlare di rete, infatti, è necessario almeno lo sviluppo di un rapporto di coopera- zione, che porti “ad usare in modo efficace la conoscenza, coltivando in questo modo la propria intelligenza e la propria autonomia nella produ- zione di valore e nella costruzione di vantaggi competitivi” (9).
2 Definizione e tipologie di reti di imprese
Come appena messo in evidenza, il concetto di rete, nonostante noto e ampliamente utilizzato, non ha ancora trovato omogeneità di definizione in letteratura.
Lo sforzo di ottenere una classificazione esaustiva delle diverse forme di aggregazione si è rivelato un compito non facile, sia per la molteplicità dei criteri adottabili sia per la complessità che emerge nel tracciarne i confini (10).
(6) XXXXXX-XXXXXXXX, op. cit.
(7) XXXXXXX, Prefazione, in XXXXXXXXX-XXXXXXX (a cura di), Reti di reti. Apprendimento, comunicazione e cooperazione nel Nordest, Padova, 1996.
(8) CERATO-CIGNOLI-XXXX, op. cit.
(9) XXXXXXX, L’economia della conoscenza nel capitalismo delle reti, Sinergie, 2008, 69.
(10) XXXXXXXX-XXXXXXX, Opportunità e criticità del contratto di rete: lo “stato dell’arte” a quattro anni dalla sua introduzione normativa. Impresa Progetto, in Electronic Journal of Mana- gement, 2013, 1.
356 CONTRATTO DI RETE DI IMPRESEqui
La letteratura considera infatti come “rete” diverse forme di accordi, siano essi di natura commerciale, di cooperazione, di subfornitura di scambio, di licenza e cessione di know-how, di acquisto di componenti e materie prime, fino ad arrivare a sofisticate forme di outsourcing produt- tivo, di franchising, di associazioni temporanee di imprese e quindi di alleanze stabili o temporanee tra imprese.
Tuttavia, per affrontare il tema delle reti di imprese come forme di aggregazione capaci di acquisire vantaggi competitivi non disponibili alla singola impresa, si rende necessaria una prima precisazione, che concerne la distinzione tra impresa rete e rete di imprese, secondo cui:
— impresa rete, in cui una singola impresa occupa una parte rilevante
dello stesso ambito potenziale. Si tratta quindi di aggregazioni di imprese nelle quali esiste un attore dominante per numero di relazioni attive, importanza economica o tecnologica. In particolare, il reticolo che defi-
niamo impresa rete ha un unico organo di governo che ne qualifica costantemente l’identità come soggetto economico unitario;
— rete di imprese, in cui una pluralità di imprese partecipano alle
relazioni produttive le quali, lette in modo unitario, costituiscono la rete. A differenza della precedente, in questa configurazione non si riscontrano posizioni di rilevanza e potere detenute da un soggetto rispetto ad altri. Gli attori sono cioè simili per dimensioni, dotazione di tecnologia, capacità e competenze, posizione di potere sul mercato di sbocco. Le imprese man- tengono identità distinte, ma condividono principi e regole per la proget- tazione e la realizzazione della rete comune e dei legami nei quali questa si concreta.
In termini generali, è possibile definire la rete di imprese come una forma organizzativa che coordina più nodi (le singole imprese) attraverso meccanismi di governance ibridi e alternativi a quelli che caratterizzano il mercato e la gerarchia (11). In particolare, le diverse forme di aggregazione sono accomunate dalla presenza di nodi che, con un vario grado di auto- nomia, tessono con reciprocità e opportunismo mutue relazioni all’origine
(11) XXXXX, The nature of the firm, Economica, 1937, 4; XXXXXXXXXX, Market and Hierar- chies, The Free Press, London.
Ciò che appare evidente, è che pur nella sua ampiezza di definizioni la rete sembra essere uno tra i più importanti strumenti o modelli organiz- zativi per comprendere il fenomeno di convergenza tra imprese; conver- genza tesa a fronteggiare le forti turbolenze dell’ambiente competitivo e l’elevata rapidità del cambiamento tecnologico, esaltando l’importanza del capitale intangibile.
Termine estratto capitolo