COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MASSERA Presidente
(RM) PAGLIETTI Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) RECINTO Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) NERVI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(RM) CHERTI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore ESTERNI - XXXXXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 11/05/2017 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
.1 – Il ricorrente riferisce che in data 31.12.2015 l’intermediario comunicava il passaggio al formato elettronico dei documenti bancari, indirizzando una proposta unilaterale di modifica del contratto, in forza della quale, a partire dal 6.6.2016, alle firme cartacee si sarebbero sostituite le firme in forma grafometrica e digitale.
Con nota del 12.5.2016 il ricorrente domandava chiarimenti al riguardo, manifestando perplessità circa la sicurezza di tali modalità di firma – in particolare, riguardo al rischio di apposizione fraudolenta e alla possibilità di disconoscimento – e rivendicando la facoltà di continuare ad apporre la firma cartacea.
In data 4.7.2016, l’intermediario riscontrava detta richiesta di chiarimenti, rassicurando il ricorrente circa la sicurezza delle modalità di firma proposte, nonché circa la loro conformità a legge (artt. 20 e 21 D. Lgs. 82/2005 e artt. 55 ss. DPCM 22.2.2013).
Con successiva nota del 9.8.2016, il ricorrente comunicava di essere disposto a firmare solo in forma cartacea, chiedendo di essere informato circa le conseguenza di tale sua decisione.
In data 2.9.2016 l’intermediario riscontrava detta nota, informando il ricorrente che la mancata adesione al servizio di firma grafometrica o digitale “non permette in alcun modo la conclusione dei contratti mediante firma cartacea”.
Il ricorrente, sulla base delle considerazioni in fatto e in diritto sopra riportate, concludeva, chiedendo che l’intermediario venisse “obbligato a considerare valide e possibili le firme messe tramite una penna scrivendo su carta”, così come in precedenza consentito dalle condizioni generali di contratto.
. 2 - Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario replicava: .
a) chiedendo, in via preliminare, che la domanda sia considerata inammissibile, in quanto volta ad ottenere una pronuncia costitutiva che modifichi direttamente il contratto inter partes secondo le richieste del ricorrente o, in ogni caso, che obblighi l’intermediario a stipulare un nuovo contratto conforme a tali richieste;
b) nel merito che:
- sono offerte ai clienti due modalità di firma elettronica avanzata ex artt. 55 e ss. D.P.C.M. 22.2.2013 (“Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali”):
a) la ‘firma digitale’, basata su certificati emessi direttamente dall’Intermediario (in qualità di certificatore accreditato presso l’Agenzia per l’Italia Digitale);
b) la ‘firma grafometrica’, cioè apposta su tablet dal cliente;
- i documenti informatici sottoscritti con questi due tipi di firma hanno lo stesso valore giuridico di una scrittura privata e consentono di soddisfare il requisito della forma scritta, ai sensi dell’art. 21, co. II, D. Lgs. 7.3.2005, n. 82;
- quanto alla possibilità di disconoscimento – della firma grafometrica, la sola per la quale si pone una questione di disconoscibilità – questa è soggetta, in quanto firma elettronica avanzata, alla disciplina generale stabilita dagli artt. 214 ss. del c.p.c. in tema di disconoscimento della scrittura privata;
- quanto alla possibilità di apposizione fraudolenta della firma, viene precisato, dal punto di vista tecnico, che le firme introdotte dalla banca rispettano:
I) i più alti standards di sicurezza (certificati anche da certificatori indipendenti) e, in particolare, l’esigenza di univoca e inscindibile connessione tra documento e firmatario, nonché tra firma e firmatario;
II) i presidi di conservazione dei dati biometrici indicati dalla normativa sulla Privacy;
- in punto di diritto, poi, che si deve ritenere che la modifica del contratto si sia perfezionata, essendo stata comunicata con preavviso di oltre 6 mesi e non essendo intervenuto, nei due mesi successivi, recesso da parte del cliente ai sensi dell’art. 118 TUB.
L’intermediario, sulla base delle considerazioni in fatto e in diritto sopra riportate, concludeva, chiedendo:
a) di rigettare il ricorso in quanto infondato;
b) di dichiarare il ricorso inammissibile.
DIRITTO
.1 – Preliminarmente deve esaminarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla parte resistente.
Tale eccezione risulta infondata, posto che non potrebbe ravvisarsi una decisione di tipo costitutivo nell’ipotesi di accoglimento della domanda formulata dal ricorrente, considerato che l’eventuale accertata inefficacia della modifica unilaterale formulata dall’intermediario
dovrebbe determinare la permanenza tra le parti delle originarie pattuizioni presenti nelle condizioni generali di contratto, non potendosi astringere il cliente in quella che questo Collegio ha già in passato definito come “implacabile alternativa” fra l’accettazione della modifica e la rinuncia ai servizi bancari (in tal senso, seppur con riguardo all’ipotesi di modifica unilaterale dei tassi di interesse in un contratto di mutuo, cfr. Coll. Roma, dec. n. 10006/16).
.2 – Nel merito deve rilevarsi quanto segue.
Innanzitutto occorre verificare se (e in che misura) l’intermediario possa modificare – come sarebbe avvenuto nel caso qui in oggetto – le condizioni di un contratto a tempo indeterminato.
Sul punto viene in rilievo l’art. 118 T.U.B., in tema di c.d. ius variandi, che – in deroga al principio generale di cui all’art. 1372 c.c. - prevede che “Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo”.
La norma prosegue, stabilendo, poi, sotto il profilo procedurale, che “Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente”.
Infine, è previsto che “La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate”.
Secondo un consolidato orientamento di questo Arbitro, premesso che l’art. 118 T.U.B. risulta applicabile anche alle modifiche normative e regolamentari del contratto (cfr., di recente, Coll. Roma, dec. n. 2505/17):
- la modifica da parte dell’intermediario delle condizioni previste nei contratti a tempo indeterminato è possibile solo ove il contratto preveda espressamente tale possibilità e solo in caso di giustificato motivo. Dovendosi a contrario ritenere che, in difetto di previsione contrattuale o della ricorrenza di un giustificato motivo, la facoltà di modifica da parte dell’intermediario sia esclusa;
- quand’anche l’intermediario possa procedere alla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, è fatta salva la possibilità per il cliente di recedere dal contratto.
Ciò premesso, relativamente al caso in esame, occorre osservare quanto segue.
In primo luogo, deve rilevarsi che non sono versati in atti i contratti a cui si riferirebbero le modificazioni in oggetto.
Sì che non è dato verificare la presenza, o meno, della previsione a favore dell’intermediario della facoltà di modifica unilaterale della condizioni contrattuali per giustificato motivo
Inoltre deve, altresì, rilevarsi che l’adozione delle modalità di firma proposte dall’intermediario è regolata da una specifica disciplina di settore.
Al riguardo viene in rilievo, innanzitutto, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 febbraio 2013, “Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali”, che disciplina, in via generale, sia la firma digitale, sia la firma grafometrica (avanzata), in quanto ‘firme elettroniche avanzate’.
Tale D.P.C.M. prevede espressamente all’art. 57 del D.P.C.M. - regolante gli obblighi a carico dei ‘soggetti che erogano soluzioni di firma elettronica avanzata’ (quale è, in questo caso, l’Intermediario resistente) - che tali soggetti debbano:
- “a) identificare in modo certo l’utente tramite un valido documento di riconoscimento, informarlo in merito agli esatti termini e condizioni relative all’uso del servizio, compresa ogni eventuale limitazione dell’uso, subordinare l’attivazione del servizio alla sottoscrizione di una dichiarazione di accettazione delle condizioni del servizio da parte dell’utente;
- […] h) assicurare, ove possibile, la disponibilità di un servizio di revoca del consenso all’utilizzo della soluzione di firma elettronica avanzata e un servizio di assistenza”.
Sì che dalla normativa in esame sembra potersi ricavare che la disciplina di settore richieda, ai fini dell’impiego di tali modalità di firma, l’assenso del titolare espresso per iscritto.
Pertanto, rilevato che la disciplina di settore allo scopo di salvaguardare la consapevole scelta del soggetto interessato in ordine all’utilizzo delle suddette modalità di firma presuppone il suddetto assenso scritto, rilevato, altresì, che non sembrano emergere ragionevoli motivi per escluderne l’applicazione nell’ambito dei contratti bancari, deve concludersi che, in virtù di una interpretazione sistematica della intera normativa di riferimento, per dar corso a quella particolare modifica del contratto che introduca tanto la firma digitale quanto la firma grafometrica avanzata, è necessario – oltre alla previsione contrattuale di uno ius variandi e il ricorrere, in concreto, di un giustificato motivo – l’assenso scritto da parte del cliente.
Requisiti, questi, non soddisfatti nella vicenda in esame.
Peraltro, con particolare riguardo alla firma grafometrica – che, richiedendo il trattamento di dati biometrici, involge profili di tutela della privacy – il quadro di diritto si arricchisce di ulteriori prescrizioni normative.
Sul punto, premesso che, secondo l’orientamento dell’Arbitro, questo è competente a conoscere delle controversie che impingono le materie disciplinate dal Codice della Privacy (o da testi normativi adottati ai suoi sensi), quante volte venga dedotta in giudizio una violazione “riconducibile o comunque connessa all’esecuzione da parte dell’intermediario di servizi od operazioni bancari e finanziari” (cfr. Coll. Roma n. 984/2016), vengono in rilievo, innanzitutto, le ‘Linee Guida in materia di riconoscimento biometrico e firma grafometrica’ allegate al ‘Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria n. 513’, adottate dall’Autorità Garante della Privacy il 12 novembre 2014.
In particolare, all’art. 4.1 (Liceità) di tale provvedimento si stabilisce, nell’ambito dei Principi Generali cui è informato il trattamento dei dati biometrici (quale è la firma grafometrica), che i soggetti privati (a differenza di quelli pubblici) “prima di iniziare il trattamento, devono, di regola, acquisire il consenso informato dell’interessato, che è sempre revocabile e deve essere manifestato in forma libera ed espressa, ossia deve essere scevro da eventuali pressioni o condizionamenti, fermi restando i casi in cui si è in presenza di uno dei presupposti equipollenti (artt. 23 e 24 del Codice)”.
In secondo luogo, e più in particolare, viene in rilievo il Provvedimento dell’Autorità Garante della Privacy denominato «Rettifica alla Deliberazione n. 513 del 12 novembre 2014 recante 'Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria'» del 15 gennaio 2015 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 34 dell'11 febbraio 2015).
Tale provvedimento precisa, con riguardo al trattamento dei dati biometrici costituiti da informazioni dinamiche associate all'apposizione a mano libera di una firma autografa, che
«il presupposto di legittimità del trattamento dei dati biometrici è dato dal consenso, effettivamente libero degli interessati ovvero, in ambito pubblico, dal perseguimento delle finalità istituzionali del titolare. Il consenso è espresso dall'interessato all'atto di adesione
al servizio di firma grafometrica e ha validità, fino alla sua eventuale revoca, per tutti i documenti da sottoscrivere» (art. 4.4 - Sottoscrizione di documenti informatici).
Pertanto, come già rilevato, nella vicenda in oggetto, in difetto del necessario assenso scritto – e in presenza, come nel caso di specie, addirittura di un rifiuto scritto – la modifica unilaterale del contratto (quand’anche fosse stata prevista dal contratto al ricorrere di un giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 T.U.B) deve ritenersi non perfezionata.
Ciò detto, occorre ulteriormente valutare se l’esercizio di tale rifiuto da parte del cliente possa tradursi nella facoltà, per l’intermediario, di negare i propri servizi o nell’onere, per il cliente, di esercitare il recesso dal contratto.
Una simile soluzione, tuttavia, appare in contrasto con il dovere di correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. – anche tenuto conto dell’onere modesto che, in concreto, il ricorrente sembra richiedere all’intermediario nell’adempimento delle sue obbligazioni contrattuali.
Diversamente opinando, poi, come già osservato, finirebbe per astringersi il cliente in quella che questo Collegio ha ritenuto rappresentare una “implacabile alternativa” fra l’accettazione della modifica e la rinuncia ai servizi bancari (cfr., ancora, Coll. Roma, dec. n. 10006/16).
Sì che deve ritenersi, una volta accertato il mancato perfezionamento della modifica unilaterale formulata dall’intermediario, che il resistente abbia diritto a vedere applicate le originarie condizioni contrattuali in materia di firma previste nei diversi contratti stipulati con l’intermediario stesso.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accerta l’illegittimità del comportamento dell’intermediario e dispone che l’intermediario applichi al ricorrente la disciplina originaria del contratto di conto corrente in materia di “Firma autografa – altre firme” e del contratto prestazione servizi di investimento e servizi aggiuntivi e del contratto di deposito amministrato in materia di deposito firme”.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1