L’ATTIVITA’ CONTRATTUALE DELLA PUBBLICA
Università Ca’ Foscari Venezia
Dottorato di ricerca in DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI CIVILI,
COMMERCIALI E DEL LAVORO, 22° ciclo
(A.A. 2006/2007- A.A. 2008/2009)
L’ATTIVITA’ CONTRATTUALE DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE ALLA LUCE DEL DLGS n. 163/2006
FACOLTA’ DI ECONOMIA -DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
Tesi di dottorato di: XXXXXX XXXXXXX, 955320
Coordinatore del dottorato Tutore del dottorato
xxxx. XXXXXXX XX XXXXXXX prof.ssa XXXXXXX XXXXXXX
INDICE SOMMARIO
Capitolo I
TUTELA della CONCORRENZA e ATTIVITA’ CONTRATTUALE della P.A.
1.1 L’evoluzione della disciplina comunitaria sugli appalti pubblici ……pag. 1
1.2 L’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione pag. 18
Capitolo II
LA STRUTTURA DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di cui al DLGS N. 163/2006 e s.m.
2.1 L’attuale normativa sui contratti pubblici…..……………………….pag. 30
2.2 La struttura del codice de contratti pubblici e le modifiche apportate dai decreti correttivi ……………………………………………….…………..pag. 33
2.2.a Il primo decreto legislativo correttivo………………………………..pag. 37
2.2.b Il secondo decreto legislativo correttivo……………………………..pag. 40
2.2.c Il terzo decreto legislativo correttivo………………………………...pag. 52
2.3 Il regolamento di attuazione: cenni..………………………………….pag. 59
Capitolo III
L’AMBITO DI APPLICAZIONE OGGETTIVO DEL CODICE
3.1 I contratti esclusi……………………………………………………pag. 62
3.1.a I contratti relativi alla produzione e al commercio di armi…...…….pag. 62
3.1.b I contratti segretati …………………………………………………pag. 64
3.1.c I contratti aggiudicati in base a norme internazionali…….………...pag. 65
3.1.d I contratti di servizi ………………………………………………...pag. 65
3.1.e I contratti relativi al settore delle telecomunicazioni……………….pag. 69
3.1.f I contratti di sponsorizzazione… pag. 69
3.1.g Gli altri casi di contratti esclusi…………………………………….pag. 70
3.2 La disciplina applicabile ai contratti esclusi ……………………….pag. 71
3.3 Gli affidamenti diretti .…….………………………………………pag. 73
3.3.a L’in house providing ……………………………………………….pag. 73
3.3.b Gli affidamenti a società miste ..……………………………………pag. 82 3.4 I contratti misti ….………………………………………………….pag. 84
Capitolo IV
L’AMBITO DI APPLICAZIONE SOGGETTIVO DEL CODICE
4.1 I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica .……pag. 89
4.1.a Gli organismi di diritto pubblico pag. 90
4.1.b I concessionari di lavori pubblici …………………………………pag. 94 4.1.c Le società miste ………………………………………………….......pag. 96
4.1.d I soggetti privati che eseguono lavori o servizi con finanziamento pubblico
……………………………………………………………………….pag. 97
4.1.e I concessionari di servizi pubblici ……….………………………….pag. 98
4.1.f Gli enti aggiudicatori nei settori speciali ……………………………pag. 99
4.1.g I soggetti privati titolari del permesso di costruire in relazione all’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio del titolo abilitativo edilizio ai sensi dell’art. 16, comma 2 DPR. n. 380/2001..pag. 99
4.1.h Le centrali di committenza. …………………………………………pag. 101
4.1.i I soggetti aggiudicatori delle infrastrutture strategiche .…………….pag. 101
4.1.l Gli enti aggiudicatori operanti nei settori speciali ..........……………pag. 102
4.2 I soggetti ammessi alle gare ….…………………………………….pag. 103
4.2.a I requisiti di partecipazione…………………………………………pag. 105 4.2.b L’avvalimento ……………………………………………………...pag. 113
Capitolo V
I RAPPORTI tra PROVVEDIMENTO di AGGIUDICAZIONE e CONTRATTO
5.1 I profili problematici del rapporto tra aggiudicazione e contratto ….pag. 116
5.2 La tesi dell’annullabilità pag. 117
5.3 La tesi della nullità ….………………………………………………pag. 119
5.4 La tesi della c.d. caducazione automatica ….……………………….pag. 124
5.5 La tesi dell’inefficacia sopravvenuta …….…………………………pag. 127
Capitolo VI
LA TUTELA GIURISDIZIONALE
6.1 Il riparto di giurisdizione ….………………………………………..pag. 132 6.2 La direttiva c.d. ricorsi n. 2007/66/CE …….……………………….pag. 138
Bibliografia ……..…………..……………………………………………pag. 142
1.1 L’evoluzione della disciplina comunitaria sugli appalti pubblici
Pur in mancanza nel Trattato istitutivo della Comunità Europea1 di un richiamo espresso agli appalti pubblici, la materia riveste un eminente interesse comunitario, rappresentando uno dei settori strategici delle politiche di intervento dell’Unione volte alla realizzazione dell’integrazione europea e del mercato unico2.
Ed in effetti l’aggiudicazione degli appalti da parte delle pubbliche amministrazioni degli Stati membri secondo una procedura trasparente costituisce una manifestazione del libero mercato e della concorrenza, favorendo una competizione in condizioni di parità tra operatori economici aventi sede anche in Stati diversi dell’UE.
Sotto questo profilo, l’affidamento degli appalti pubblici, al pari di qualsiasi attività economica espletata in ambito europeo, deve rispettare i principi generali fissati dal Trattato UE, quali il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità (art. 12), la libera circolazione delle merci (art. 28), la libertà di stabilimento (art. 43), la libera prestazione di servizi (art. 49) e la libera concorrenza (art. 81).
I suddetti principi, limitandosi a vietare comportamenti discriminatori, ma non prescrivendo precisi obblighi in capo alle stazioni appaltanti, si sono rivelati ben presto insufficienti ad assicurare la creazione di un mercato unico degli appalti, in cui
1 Non vi è espresso riferimento alla suddetta materia, neppure nel testo della nuova Costituzione europea approvato a Roma il 29.10.2004, ove solo incidentalmente in tema di ricerca e sviluppo (art. III-248, secondo comma) si prevede che l’Unione mira a permettere alle imprese di sfruttare le potenzialità del mercato interno, grazie, “in particolare, all’apertura degli appalti pubblici nazionali, alla definizione di norme comuni ed all’eliminazione degli ostacoli giuridici e fiscali”. In senso critico, v. G. MESSINA, Le nuove direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in Dir. comm. internaz., 2005, p. 98. Secondo l’Autore, data la notevole importanza degli appalti pubblici nel contesto del mercato unico europeo, sarebbe stato opportuno che tale rilevanza trasparisse esplicitamente nel testo del Trattato costituzionale. Occorre peraltro precisare che la cd. Costituzione europea è stata bocciata dai referenda svolti in Francia e in Olanda. Sul punto, v. I. XXXXXX, Diritto comunitario e diritto nazionale: una convivenza problematica. Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, in Urbanistica e Appalti, n. 6/2007, 677.
2 La grande importanza che la liberalizzazione degli appalti riveste sia sotto il profilo economico generale, sia sotto il più specifico profilo dell’integrazione europea è sottolineata da X. XXXXXX, Presentazione, in Appalti pubblici, Disciplina comunitaria e Adeguamento nazionale (a cura di X. XXXXXX - X. XXXXXXXX con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, IAFE - Iniziative di Alta Formazione Europea e dell’IGI -Istituto Grandi Infrastrutture) Roma, pp. 7 e 8. Anche i dati della Commissione europea evidenziano che gli appalti dell’UE hanno un peso economico pari a circa il 16% del PIL dell’Unione, con un valore di 1.423 miliardi di euro (cfr. COM 2002, 743 def. del 23 dicembre 2002). Sul punto, v. anche C.H. XXXXX, The new public procurement regime in the European Union: a critical analysis of policy, law and jurisprudence, in European Law Review, 2005, p. 608.
la competizione tra imprese sia in grado di garantire un impiego ottimale dei fondi pubblici e di circoscrivere i rischi di frode e corruzione.
Di conseguenza sin dagli anni ’70 in ambito comunitario si sono adottate direttive, con l’obiettivo non tanto di armonizzare l’insieme delle norme nazionali in materia di appalti pubblici, quanto piuttosto di coordinare le procedure che all’interno di ciascuno Stato membro le amministrazioni pubbliche devono utilizzare per aggiudicare gli appalti di importo pari o superiore ad una certa soglia.3
Le prime direttive -la n. 71/305/CEE4 in materia di lavori e la n. 77/62/CEE5 in materia di forniture- mirano al rafforzamento degli impegni derivanti dal Trattato mediante la fissazione di obblighi positivi di comportamento per le amministrazioni committenti e la elaborazione di un insieme di regole di coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione, quali la pubblicità dei bandi di gara, il divieto di prescrizioni tecniche discriminatorie e l’applicazione di criteri oggettivi ed uniformi nella selezione dei candidati e nella aggiudicazione degli appalti.
Tuttavia, per la portata complessivamente limitata delle prescrizioni, non assistite oltretutto da efficaci strumenti sanzionatori, per l’ampiezza delle deroghe consentite e per l’espressa esclusione di settori di primaria rilevanza (acqua, energia, trasporti e telecomunicazioni), la concreta efficacia delle disposizioni di queste direttive risulta alquanto attenuata e soprattutto inadeguata a depurare le procedure di aggiudicazione nazionali da regole e criteri protezionistici e discriminatori.
Secondo la Commissione, le cause principali dell’insuccesso della normativa de qua rispetto all’obiettivo dell’apertura del mercato europeo degli appalti pubblici vanno individuate nel comportamento sostanzialmente elusivo delle regole tenuto dagli Stati membri, e consistente nell’inosservanza degli obblighi di pubblicità, attraverso la sottostima dei valori effettivi e la frammentazione degli appalti, sì da sottrarli all’applicazione della disciplina comunitaria, nell’abuso del ricorso alle procedure di
3 Come bene è stato detto, l’armonizzazione concerne l’appalto-procedimento e non l’appalto- contratto: v. X. XXXXXXXX, Regole comunitarie e internazionali per il contratto di appalto, in Riv. trim. appalti, n. 1/2007, p. 100; A. DE PAULI – X. XXXXXXX, Le operazioni del commercio internazionale, Milano, 2000, p. 73.
4 Direttiva n. 71/305/CEE del Consiglio del 26.07.1971, in GUCE L 185 del 16 agosto 1971, p. 23.
5 Direttiva n. 77/62/CEE del Consiglio del 21.12.1977, in GUCE L 13 del 15 gennaio 1978, p. 5.
aggiudicazione non concorrenziali, ammesse dalle direttive solo a determinate condizioni, e nell’utilizzazione a fini protezionistici degli standard tecnici nazionali. Nel Libro Bianco sul completamento del mercato interno presentato al Consiglio nel giugno 1985, la Commissione sottolinea l’esigenza assolutamente prioritaria di procedere alla revisione delle direttive, proponendo di estenderne l’ambito di applicazione ai settori in precedenza esclusi ed ai servizi.
L’entrata in vigore dell’Atto unico europeo, il cui art. 130 F conferma l’importanza della apertura degli appalti pubblici nazionali per lo sfruttamento adeguato delle potenzialità del mercato interno della Comunità, riporta al centro del dibattito la necessità di un nuovo intervento normativo, tanto più urgente in quanto è ormai diffusa la percezione della permanente chiusura di fatto dei singoli mercati nazionali. Tra la seconda metà degli anni ’80 e i primi anni ’90 viene quindi emanata una seconda ondata di direttive, allo scopo di completare la disciplina in riferimento a tutti i settori degli appalti pubblici e di dare quella effettività giuridica all’azione comunitaria che è invece mancata nelle prime direttive.
In primo luogo vengono modificate le precedenti direttive lavori e forniture rispettivamente con le direttive nn. 89/440/CEE6 e 88/295/CEE7, prevedendo il potenziamento delle forme di pubblicità, l’allungamento dei termini di partecipazione, una maggiore europeizzazione delle prescrizioni tecniche ed un’accresciuta trasparenza nell’applicazione dei criteri di selezione e nella definizione delle modalità di svolgimento delle procedure.
Inoltre, con la direttiva n. 90/531/CEE8 si estende l’applicazione della disciplina degli appalti di lavori e forniture ai settori in precedenza esclusi e cioè acqua, energia, trasporti e telecomunicazioni, tenendo conto della peculiare natura dei soggetti aggiudicatori (spesso operanti in condizioni di monopolio) e delle attività dagli stessi svolte (servizi pubblici essenziali); con la direttiva n. 92/50/CEE9 si detta una disciplina comunitaria per gli appalti di servizi.
6 Direttiva n. 89/440/CEE del Consiglio del 18.07.1989 in GUCE L 210 del 21 luglio 1989, p. 1.
7 Direttiva n. 88/295/CEE del Consiglio del 22.03.1988 in GUCE L 127 del 20 maggio 1988, p. 4.
8 Per un commento a detta direttiva, si rinvia a X. XXXXXXXXXX, La direttiva 17 settembre 1990, n. 531 sugli appalti pubblici nei settori esclusi, in Riv. Amm., 1992, p. 441.
9 Direttiva n. 92/50/CEE del Consiglio del 18.06.1992 in GUCE L 209 del 24 luglio 1992, p. 1.
Un secondo filone di intervento, finalizzato a garantire l’osservanza delle regole sancite a livello comunitario, porta all’emanazione delle cd. direttive ricorsi – la n. 89/665/CEE10 per gli appalti di lavori e forniture e la n. 92/13/CEE11 per i settori cd. esclusi- volte a dotare i partecipanti alle gare, danneggiati da provvedimenti delle amministrazioni appaltanti adottati in violazione delle norme comunitarie di adeguati mezzi di tutela giurisdizionale. Queste direttive segnano una tappa fondamentale nella disciplina europea degli appalti pubblici, fornendo ai giudici nazionali un compiuto sistema di provvedimenti adottabili in caso di violazione delle disposizioni comunitarie nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione, con l’attribuzione di poteri anche di natura cautelare e risarcitoria al fine di rendere effettiva la tutela delle situazioni soggettive sostanziali riconosciute dall’ordinamento comunitario12.
Nel 1993 vengono approvate tre direttive quadro13, di riordino della normativa in materia di appalti di lavori, forniture e settori esclusi: la direttiva n. 93/37/CEE in tema di lavori, la n. 93/36/CEE per le forniture e la n. 93/38/CEE nei settori speciali. Tra le tre, l’unica a carattere innovativo è la direttiva n. 93/36/CEE: nell’intento di allineare la disciplina delle forniture a quella dei lavori e servizi, introduce una definizione di “amministrazione aggiudicatrice” con riferimento a criteri funzionali di individuazione, già adottati per le direttive lavori e servizi; inoltre abbandona la priorità accordata, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, alla procedura aperta, equiparandola a quella ristretta.
10 Direttiva n. 89/665/CEE del Consiglio del 21.12.1989, in GUCE L 395 del 30 dicembre 1989, p. 33. L’applicabilità di tale direttiva ai ricorsi in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi è stata prevista dall’art. 41 della direttiva n. 92/50/CEE.
11 Direttiva n. 92/13/CEE del Consiglio del 25.02.1992, in GUCE L 76 del 23 marzo 1992, p. 14.
12 Diversi Autori (I. XXXXXX, Diritto comunitario e diritto nazionale: una convivenza problematica. Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, cit., p. 676; X. XXXXXX, Gli appalti pubblici, in Trattato di diritto privato, diretto da X. XXXXXXX, vol. XXVI, Il diritto privato dell’Unione Europea, a cura di X. XXXXXXX, II ed., tomo 1, Torino, 2006, P. 682) notano come dette direttive, introducendo la risarcibilità dei danni in favore dei soggetti lesi dalla violazione del diritto comunitario (o dalle norme interne di recepimento) in materia di appalti pubblici, ossia con riferimento a situazioni giuridiche qualificabili nell’ordinamento italiano come interessi legittimi, abbiano inciso profondamente sul principio della irrisarcibilità di tali interessi sino ad allora affermato in modo granitico dalla giurisprudenza del nostro Paese, aprendo anzi la via al suo definitivo abbandono da parte delle sezioni unite della Corte di Cassazione, sancito dalla sentenza 22.07.1999, n. 500 (in Foro it., 1999, I, 2487). Secondo tali Autori, proprio il recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva ricorsi n. 89/665/CEE, avvenuto ad opera dell’art. 13 L. n. 142/1992 (legge comunitaria del 1993), ha comportato la rottura del tabù dell’irrasircibilità delle lesioni degli interessi legittimi.
13 Le direttive nn. 93/36/CEE, 93/37/CEE e 93/38/CEE sono state adottate dal Consiglio il 14.06.1993 e sono pubblicate in GUCE L 199 del 9 agosto 1993, rispettivamente a p. 1, 54 e 84.
Grazie alla formulazione dettagliata di queste direttive e all’attenta supervisione della Corte di Giustizia, vengono così fissate disposizioni vincolanti per gli Stati membri14. Verso la fine degli anni ’90, vengono emanate due direttive -la n. 97/52/CE15 (di modifica delle direttive nn. 92/50/CEE sui servizi, 93/36/CEE sulle forniture e 93/37/CEE sui lavori) e la n. 98/4/CE16 (di modifica della direttiva 93/38 sui settori esclusi) allo scopo di adeguare la normativa comunitaria in materia di appalti all’Accordo internazionale sugli appalti pubblici17 concluso nel quadro dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round. Detto Accordo sottoscritto dalla Comunità europea stabilisce delle condizioni che gli enti appaltanti devono applicare alle imprese degli Stati parti dell’Agreement, prevedendo in alcuni casi regole maggiormente vantaggiose nell’aggiudicazione degli appalti per le imprese extracomunitarie rispetto a quelle stabilite dalle direttive per le imprese comunitarie. Di conseguenza con l’adozione delle direttive nn. 97/52/CE e 98/4/CE, si uniformano le possibilità di accesso agli appalti delle imprese europee alle condizioni più
14 Secondo l’orientamento della Corte di Giustizia, seguito anche dalla Corte Costituzionale italiana (v. sent. 11.07.1989, n. 389 e sent. 2.02.1990, n. 64, in Foro it., 1990, I, c. 747; sent. 18.04.1991, n. 168), si tratta di direttive cd. self-executing, ossia sufficientemente chiare, precise ed incondizionate, che non lasciano margini di discrezionalità per il legislatore nazionale in sede di attuazione, trovando perciò diretta applicazione nell’ordinamento interno. In proposito, v. X. XXXXXXX, Le nuove direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, cit., p. 99, nota 5; cfr. inoltre X. Xxxxx, sez. controllo, 9.06.1993, n. 93, in Cons. Stato, 1993, II, p. 2230, la quale mette in evidenza come nelle materie di rilevanza comunitaria, come gli appalti pubblici, la disposizione da applicare nell’ipotesi concreta deve essere rinvenuta nell’ambito del sistema normativo europeo e tale disposizione, semprechè sia divenuta obbligatoria per il decorso dei termini di recepimento, deve venire osservata, pure se, dal punto di vista formale, non è stata trasposta nell’ordinamento statuale e pur in presenza di norme interne di contenuto difforme. Anche a parere di I. XXXXXX (Diritto comunitario e diritto nazionale: una convivenza problematica. Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, cit., p. 684) in tema di appalti e concessioni la disciplina dettata dall’UE è ormai sufficientemente dettagliata e specifica, per cui i legislatori nazionali difficilmente conservano un autentico margine di autonomia nel regolare dette materie, con la conseguenza che in caso di difformità, la norma interna va disapplicata in favore di quella comunitaria.
15 Direttiva n. 97/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13.10.1997, in GUCE L 328 del 28 novembre 1997, p. 1. Per un primo commento, cfr. X. XXXXXX, Appalti pubblici di servizi, lavori e forniture: entro ottobre ’98 il recepimento delle novità CE, in Guida dir., n. 4/1998, p. 108; X. XXXXXXX, La direttiva UE 97/52 e le modifiche sugli appalti di servizi, lavori e forniture, in Urbanistica e appalti, 1998, p. 237.
16 Direttiva n. 98/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.02.1998, in GUCE L 101 del 1 aprile 1998, p. 1.
17 Si tratta dell’Accordo internazionale sugli appalti pubblici noto come GPA (Agreement on Government Procurement) -concluso in occasione dei negoziati commerciali (Uruguay Round) aperti nell’ambito del General Agreement on Tariffs and Trade (G.A.T.T.), che hanno portato alla nascita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO)- firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, ed approvato dal Consiglio con la decisione n. 94/800/CEE del 22.12.1994, in GUCE L 336, 23 dicembre 1994, p. 1: v. X. XXXXXXX, Le nuove direttive, cit., pp. 99-100.
favorevoli garantite agli operatori extracomunitari appartenenti ai Paesi terzi firmatari dell’Accordo in questione18.
La frammentarietà e disorganicità degli interventi normativi susseguitisi tra gli anni ’80 e ’90, privi di una visione sistematica dei settori da regolamentare, nonché la percezione del mancato allineamento di detta produzione legislativa alla rapida evoluzione verificatasi medio tempore in campo tecnologico, spingono la Commissione ad avviare l’ultimo decisivo ciclo di riflessioni e di riforme della disciplina comunitaria in materia, con l’adozione del Libro Verde sugli appalti pubblici del 27 novembre 199619, su proposta del Commissario al Mercato Xxxxx Xxxxx, cui segue la Comunicazione dell’11 marzo 199820, nella quale la Commissione si impegna a presentare delle modifiche alle vigenti direttive, evidenziando, tra l’altro, l’opportunità di armonizzare la disciplina sugli appalti pubblici con le altre politiche comunitarie, quali la tutela dell’ambiente, del lavoro e dei consumatori, e di attivarsi per una maggiore apertura degli appalti dei Paesi terzi al fine di raggiungere l’obiettivo di adottare un codice multilaterale sugli appalti pubblici nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO).
Dopo ampi dibattiti, si giunge all’approvazione definitiva di due direttive: la direttiva
n. 2004/18/CE21 di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture e la direttiva n. 2004/17/CE22 che coordina le procedure di appalto nei settori speciali (acqua, energia, trasporti, servizio postale). Con le nuove direttive, l’Unione europea essenzialmente ha inteso fornire un “Testo Unico” della disciplina comunitaria in materia di appalti classici, nonché ammodernare la regolamentazione dei settori speciali alla luce della liberalizzazione gradualmente introdotta in alcuni di questi e apportare le modifiche necessarie per rendere i testi normativi più chiari e comprensibili.
18 Sul tema, v. X. XXXXXXXX, Il contratto di appalto, IV ed., Rimini, 2002, p. 80; ID, Regole comunitarie e internazionali per il contratto di appalto, cit., p. 103; X. XXXXXX, Gli appalti pubblici, cit., p. 657.
19 COM (96) 583 def. del 27 novembre 1996, intitolato “Gli appalti pubblici nell’Unione europea - Spunti di riflessione per il futuro”.
20 COM (98) 143 def. dell’11 marzo 1998, intitolata “Gli appalti pubblici nell’Unione europea”.
21 Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.03.2004, in GUCE L 134 del 31.03.2004, p. 114.
22 Xxxxxxxxx 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.03.2004, in GUCE L 134 del 31.03.2004, p. 1.
I recenti interventi legislativi europei, rispetto al corpus normativo previgente, si propongono tre obiettivi primari: semplificazione per razionalizzare le precedenti disposizioni talvolta troppo dettagliate; flessibilità per rispondere alle esigenze dei committenti pubblici che lamentano un’eccessiva rigidità delle procedure; modernizzazione per tener conto delle nuove tecnologie, soprattutto nel campo dell’elettronica e in considerazione del graduale processo di liberalizzazione del mercato dell’energia e degli altri settori speciali. Sotto quest’ultimo profilo la direttiva n. 2004/17/CE, esclude con effetto immediato dal proprio ambito di applicazione il settore delle telecomunicazioni, alla luce della raggiunta apertura alla concorrenza di detto mercato, e prevede, all’art. 30, più in generale, un sistema di graduale esclusione degli altri xxxxxxx00, in ragione dello stato di avanzamento del processo di liberalizzazione che li interessa, su decisione della Commissione, previa notifica da parte dello Stato membro non appena riscontri che l’attività di un dato settore è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili24.
Nel perseguimento degli scopi predetti, si rielaborano le precedenti disposizioni, sopprimendo le incoerenze nelle discipline relative a lavori, forniture e servizi, chiarendo le oscurità presenti nei rispettivi testi, e si introduce un vocabolario comune25 per la stesura dei bandi di gara, migliorando le regole sui criteri di aggiudicazione e sulle specifiche tecniche; si prevedono nuovi istituti e procedure idonei da assicurare maggiore libertà di azione alle amministrazioni appaltanti nelle aggiudicazioni; si favorisce l’uso delle tecnologie informatiche e telematiche.
23 Si tratta dei settori elencati agli artt. da 3 a 7 della direttiva n. 2004/17/CE, e cioè gas, energia termica, elettricità, acqua, servizi di trasporto, servizi postali, attività di prospezione ed estrazione di petrolio, gas, carbone ed altri combustibili solidi, nonché porti ed aeroporti.
24 Per determinare se un’attività è direttamente esposta alla concorrenza, secondo X. XXXXXX, (Il nuovo diritto europeo degli appalti, in Urbanistica e app., n. 7/2004, p. 762) si dovrà ricorrere ai tradizionali criteri conformi alle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, quali le caratteristiche dei beni o servizi interessati, l’esistenza di beni o servizi alternativi, i prezzi, la presenza effettiva o potenziale di più fornitori dei beni o servizi in questione; invece un mercato è considerato liberamente accessibile se lo Stato ha attuato e applicato le norme della legislazione comunitaria di cui all’allegato XI della direttiva. Quanto alle telecomunicazioni, avendone la direttiva
n. 2004/17/CE già previsto l’immediata esclusione, in ragione del completamento del processo di liberalizzazione del settore, a parere dell’Autore, le autorità pubbliche dovrebbero rientrare adesso nel campo di applicazione della direttiva n. 2004/18/CE per le loro commesse in detto settore. Nello stesso senso,v. X. XXXXXXXXX’, Prime considerazioni in merito alle direttive di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Direttive n.n. 17 e 18/2004 del 31 marzo 2004, in Riv. trim. app., 2004, p. 876.
25 Cfr. il 36º considerando dir. 2004/18/CE ove si cita il Common Procurement Vocabulary (CPV).
In aggiunta alle finalità appena descritte, si richiama l’attenzione, nell’affidamento e nell’esecuzione degli appalti pubblici, alle esigenze ambientali e sociali26, al dichiarato scopo di contribuire alla promozione dello sviluppo sostenibile, conformemente a quanto dispone l’art. 6 del Trattato27.
Al di là degli obiettivi specifici, le nuove direttive tendono soprattutto ad adattare l’attuale assetto normativo alle mutate condizioni del mercato e a conciliare l’esigenza di maggiore efficienza dell’attività delle amministrazioni appaltanti con il rispetto delle regole della parità di trattamento, trasparenza e concorrenza, cui deve in ogni caso essere informata la scelta del contraente. Sotto questo profilo assume rilevanza fondamentale l’espresso richiamo contenuto nei primi considerando28 della direttiva n. 2004/18/CE alle decisioni della Corte di Giustizia quale imprescindibile riferimento per il legislatore europeo nella elaborazione della nuova disciplina, a dimostrazione della centralità della giurisprudenza comunitaria nell’individuazione dei principi e delle regole in materia, oltre che nell’interpretazione.
Quanto all’ambito di applicazione della disciplina europea, le soglie al di sopra delle quali gli appalti acquistano rilevanza comunitaria, vengono espresse in euro e non
26 Il richiamo alle suddette esigenze è contenuto in particolare nei considerando nn. 1, 5 e 46 della direttiva n. 2004/14/CE, nonché agli artt. 23 (sulle specifiche tecniche), 26 (sulle condizioni di esecuzione degli appalti) e 53 (sui criteri di aggiudicazione) della direttiva stessa. In dottrina, v. X. XXXXXXXX, Norme di gestione ambientale, in X. XXXXXXXX - M. A. XXXXXXXX (a cura di), Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/Ce e nella legge comunitaria n. 62/2005, Milano, 2005, p. 663; X. XXXXXXXXX, Protezione dell’ambiente e criteri di attribuzione degli appalti pubblici nel diritto comunitario, in Contr. Impr. Eur., n. 1/2004, p. 478; B. POGACE, I criteri ambientali negli appalti pubblici: dalle prime pronunce della Corte di Giustizia alla nuova direttiva 2004/18, in Urb. app., 12/ 2004, p. 1385; X. XXXXXXXXX, I criteri di selezione e di aggiudicazione in
X. XXXXXXXXXX - X. XXXXXX (a cura di), Le nuove direttive europee degli appalti pubblici, in
Quaderni del Giorn. Dir. amm., n. 9, Milano, 2004, p. 108-111
27 Come stabilito da Trattato di Amsterdam del 1997, infatti la protezione dell’ambiente non può essere qualificata quale obiettivo secondario dell’Unione europea. La tutela dell’ambiente è prevista espressamente dall’art. 2 del Trattato tra i compiti da perseguire, secondo l’enunciato dell’art. 6, in tutte le politiche e le attività dell’Unione. L’accoglimento di siffatta impostazione vale quindi a connotare la disciplina comunitaria degli appalti pubblici di finalità non esclusivamente economiche, nell’intento di realizzare un’importante sinergia tra crescita economica e sviluppo sostenibile.
28 A riguardo, il 1º considerando dir. n. 2004/18/CE dichiara espressamente che “la presente direttiva si basa sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia, in particolare sulla giurisprudenza relativa ai criteri di aggiudicazione”. Sul punto, v. anche il 2º e il 3º considerando e l’art. n. 2 della direttiva, nonché Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, C-59/2000 in Foro it., 2000, IV, 67 e circolare del Dipartimento per le politiche comunitarie 29 aprile 2004 in G.U. 12 luglio 2004. Il ruolo centrale della Corte di Giustizia “in interpreting the public procurement legal framework” è evidenziato da C.
H. XXXXX, The new public procurement regime in the European Union: a critical anayisis of policy, law and jurisprudence, cit., p. 609.
più in diritti speciali di prelievo. L’art. 7 della direttiva n. 2004/18/CE stabilisce l’osservanza della normativa comunitaria per gli appalti di servizi e forniture il cui valore stimato, al netto dell’IVA, sia pari o superiore a 162.000,00 €, se aggiudicati dalle amministrazioni centrali, ovvero a 249.000,00 €, se affidati dalle altre amministrazioni pubbliche. Per gli appalti di lavori rende unica la soglia e la innalza a 6.242.000,00 €. La Commissione, con regolamento n. 1874 del 28 ottobre 200429, allo scopo di adeguare le soglie stabilite dalla direttiva al controvalore in euro (arrotondato al migliaio inferiore) delle soglie espresse in diritti speciali di prelievo di cui al richiamato Accordo internazionale degli appalti pubblici, modifica in parte qua la direttiva, sostituendo ai predetti importi i valori rispettivamente di 154.000,00
€ per gli appalti di servizi e forniture qualora aggiudicati dalle amministrazioni centrali, di 236.000,00 € se affidati dalle altre amministrazioni pubbliche, nonché di 5.923.000,00 € per gli appalti di lavori.
Occorre qui precisare che, come più volte ribadito dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale30, le pubbliche amministrazioni nelle procedure di affidamento degli appalti sotto-soglia, sebbene non obbligate all’applicazione delle direttive comunitarie, sono comunque tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato UE, e segnatamente il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità, la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento, la libera prestazione di servizi, la trasparenza, la reciprocità, la proporzionalità e la libera concorrenza, a garanzia del buon funzionamento dello spazio di scambio europeo, ossia del mercato unico.
29 Regolamento della Commissione n. 1874 del 28 ottobre 2004, in GUCE L 326 del 29 ottobre 2004. 30 Cfr. Corte di Giustizia, ordinanza 3 dicembre 2001, n. C-59/2000, in Riv. giur. ed, 2002, I, p. 857; Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 0 dicembre 2000, n. C-324/98, in Corr. giur., 2001, p. 489; in senso conforme v. la comunicazione interpretativa della Commissione in GUCE, 29 aprile 2000 C 121 e più di recente, la comunicazione interpretativa della Commissione n. 2006/C 179/02 commentata da X. XXXXXX, Il diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive, in Urb. e app., 5/2007, 533 ss. In quest’ultima circolare la Commissione, lungi dal voler imporre l’applicazione del diritto comunitario in via automatica a tutti gli appalti pubblici, precisa che l’obbligo di osservare il diritto comunitario di cui ai principi generali del Trattato riguarda solo quei contratti che hanno sufficiente rilevanza per il funzionamento del mercato interno, ovvero gli appalti che per l’importanza che hanno sul mercato nazionale, presentino interesse anche per gli operatori economici di altri Stati membri. A livello nazionale v. Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934; circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento politiche comunitarie, 6 giugno 2002, n. 8756.
In ogni caso, l’art. 9 della direttiva n. 2004/18/CE prescrive il divieto di frazionamento nel calcolo del valore dell’appalto, per evitare che attraverso l’aggiramento delle soglie sopra viste attuato mediante la suddivisione in più appalti di importi inferiori di una stessa commessa, venga di fatto elusa la disciplina.
Prima di addentrarci nell’analisi delle più importanti novità introdotte dalle direttive in esame, occorre sottolineare come le stesse delineino, tra le disposizioni iniziali, un compiuto quadro definitorio al fine di rendere l’interpretazione delle regole comunitarie il più possibile univoca, così determinando l’ingresso negli ordinamenti degli Stati membri di nozioni del tutto nuove o addirittura diverse da quelle tradizionalmente in uso. L’art. 3 della direttiva n. 2004/18/CE, contempla tra le definizioni generali, ad esempio, quelle di organismo di diritto pubblico, operatore economico, concessione, fornitura, che impongono al legislatore italiano un adattamento di istituti già presenti nelle varie branche dell’ordinamento, ma aventi significati ed ambiti operativi differenti. Ed in effetti la nozione di organismo di diritto pubblico implica il ripensamento della categoria degli enti pubblici economici; quella, assai lata, di operatore economico -che accorpa sé quelle di imprenditore, fornitore e prestatore di servizi prima contemplate dalle tre direttive- sembra non richiedere più in capo ai soggetti aspiranti a partecipare alle gare per l’affidamento degli appalti pubblici la qualità di imprenditore commerciale31, requisito invece, sia pur implicitamente, ritenuto indispensabile per stipulare un contratto d’appalto ai sensi dell’art. 1665 c.c.; la concessione32 (di lavori o servizi -quest’ultima esclusa peraltro dall’ambito di applicazione della direttiva n. 2004/18/CE) per il diritto comunitario è un contratto pubblico che si distingue da quello di appalto per la previsione quale corrispettivo del diritto di gestione dell’opera o del servizio, a differenza delle varie tipologie in cui si articola tale istituto nel diritto amministrativo
31 In tal senso, si è già espressa anche la giurisprudenza italiana: v. T.A.R. Veneto, sez. I, 26 giugno 2006, n. 1899, in Urb. e app., 2006, p. 1328, la quale ha disapplicato l’art. 34, comma 1 lett. a) del DLGS n. 163/2006, laddove, in contrasto con la normativa comunitaria, impone la qualifica di imprenditore commerciale per il rilascio dell’attestazione SOA. Secondo I. XXXXXX (Diritto comunitario e diritto nazionale, cit., p. 676 e 684) il concetto di imprenditore appare piuttosto sfocato ed in ombra nella nuova disciplina comunitaria degli appalti.
32 Secondo X. XXXXXX (Il nuovo diritto europeo degli appalti, cit., p. 757) La definizione sembra chiarire una volta per tutte la matrice esclusivamente contrattuale dell’istituto e l’esclusione di qualsiasi contaminazione con elementi attinenti a prerogative di autoritatività.
(concessione costitutiva, concessione traslativa e concessione contratto); infine la fornitura è divenuta uno dei possibili oggetti dell’appalto, mentre per il nostro diritto civile è un contratto avente una sua fisionomia autonoma. Un’altra definizione che merita di essere segnalata è quella di impresa pubblica (collegata) contenuta nel combinato disposto di cui agli artt. 2, paragrafo 1 e 23 della direttiva 2004/17/CE, di rilevanza fondamentale per la ricostruzione dei limiti entro cui sono compatibili con la disciplina comunitaria, e perciò ammissibili, gli affidamenti in house. I criteri utilizzati dalla direttiva per l’individuazione di una forma di collegamento che giustifichi la non applicabilità delle procedure di gara per tali affidamenti sono sostanzialmente due. Si considera collegata l’impresa i cui conti annuali sono consolidati con quelli dell’ente aggiudicatore a norma della direttiva n. 83/349/CEE, come modificata dalla direttiva 90/605/CEE; si ritiene altresì collegata un’impresa su cui l’ente aggiudicatore possa esercitare direttamente o indirettamente un’influenza dominante (perché ne è proprietario, perché vi ha una partecipazione finanziaria o in virtù di norme che disciplinano le imprese pubbliche secondo l’art. 2 par. 1 lett. b) della direttiva n. 2004/17/CE). Occorre inoltre che almeno l’80% del fatturato medio realizzato dall’impresa collegata nel triennio precedente nel campo dei servizi, delle forniture o dei lavori provenga dalla prestazione di quei servizi, quelle forniture o quei lavori all’ente pubblico cui è collegata. Secondo la dottrina più attenta33 la ratio delle disposizioni appena viste, è quella di contemperare l’esigenza di evitare distorsioni al regime della concorrenza, con quella di permettere alle amministrazioni aggiudicatici di scegliere liberamente se provvedere all’acquisizione di beni o servizi necessari allo svolgimento delle proprie funzioni attraverso un operatore economico terzo, ovvero avvalendosi di un soggetto a loro strettamente collegato da un rapporto di delega interorganica.
33 V. C. VITALE, La disciplina comunitaria degli appalti pubblici,Riv. Trim. app., 2004, 1132; X. XXXXXXXXX, Delegazione interorganica ovvero in house providing nei servizi pubblici locali, in Foro amm., 2004, p. 1136 ss.; X. XXXXXX, In huose providing: verso una concreta definizione del controllo analogo, in Urb. e app., 2004, p. 932.
Inoltre è stato bene evidenziato come l’elaborazione del concetto di impresa pubblica, unitamente a quello di influenza dominante, di fatto recepisca le conclusioni della Corte di Giustizia34 in tema di controllo analogo.
Fatta questa necessaria puntualizzazione in merito alle definizioni contemplate dalle nuove direttive, passiamo a trattare dei meccanismi di flessibilità delle procedure di aggiudicazione degli appalti, con particolare riguardo al dialogo competitivo ed all’accordo quadro. Bisogna innanzitutto precisare che il recepimento di questi strumenti negli ordinamenti interni ha carattere facoltativo35.
Quanto al primo istituto, l’art. 29 della direttiva n. 2004/18/CE dispone che nel caso di appalti particolarmente complessi, in cui le amministrazioni aggiudicatici non sono in grado di stabilire con precisione tutti gli elementi dell’appalto, né di conoscere le soluzioni tecnico-finanziarie che il mercato potenzialmente è in grado di offrire, le stesse possano avvalersi del dialogo competitivo, qualora ritengano che il ricorso alle altre procedure tradizionali non permetta l’affidamento dell’appalto.
Al riguardo, la direttiva, oltre a confermare le tre procedure di gara (aperta, che corrisponde alla nostra asta pubblica; ristretta, comprensiva della licitazione privata e
34 Cfr. la nota sentenza Xxxxxx: Xxxxx xx Xxxxxxxxx, 00 novembre 1999, causa C-107/98, in Riv. it. dir. pubb. com., 2000, p. 1393 ss. La prima definizione dell’istituto dell’in house providing, è contenuta nel Libro Bianco COM (98) 143 def., del 1 marzo 1998 della Commissione, e rappresenta un’opzione organizzativa in base alla quale l’amministrazione si serve di un ente sul quale esercita una particolare forma di controllo per provvedere ai propri bisogni. In Italia, v. l’art. 113, comma quinto del DLGS n. 267/2000, come modificato dall’art. 14 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, conv. In L. 24 novembre 2003, n. 326 in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali a società a capitale pubblico.
35 L’opportunità del recepimento da parte delle legislazioni nazionali della procedura del dialogo competitivo è peraltro segnalata dal Libro Verde relativo ai “paternariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”, della Commissione del 30 aprile 2004 n. COM (2004) 327 def., con il quale si programma un intervento ad hoc per disciplinare a livello comunitario le diverse ipotesi di concessione attualmente escluse dall’ambito di applicazione delle direttive. Questa nuova iniziativa della Commissione è volta ad avviare un dibattito sull’applicazione delle norme sugli appalti pubblici e concessioni di lavori all’area del “paternariato pubblico-privato”, espressione riferibile alle forme di cooperazione tra le autorità pubbliche ed il mondo delle imprese, miranti a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio. Il tema -che è strettamente connesso a quello del project financing- risponde, più in generale, all’esigenza di aprire al gioco concorrenziale buona parte delle risorse ancora sottoposte a regime di monopolio o all’esercizio di diritti speciali e/o esclusivi e alla necessità di portare ordine e chiarezza in un ambito caratterizzato da una crescente privatizzazione e dal sempre maggiore ingresso dei privati in settori fortemente condizionati dall’interesse pubblico: cfr. 11º e 16º considerando della direttiva n. 2004/18/CE. Sul punto, v. altresì M. A. XXXXXXXX, Il paternariato pubblico-privato e il diritto europeo degli appalti e delle concessioni: profili di tutela, in Riv. it. dir. pubb. com., 2005, p. 167; P. KALBE, Public-Private Partnerships under the Constraint of EC Procurement rules, in Public Procurement Review, 2006,6, NA, p. 176.
dell’appalto concorso; negoziata, equivalente alla trattativa privata), e a ribadire che le stazioni appaltanti possono liberamente scegliere se ricorrere alla procedura aperta o ristretta, dovendo invece utilizzare la procedura negoziata solo nei casi tassativamente previsti, ne introduce una quarta, denominandola dialogo competitivo. La nuova procedura si articola in tre fasi: una introduttiva, in cui l’amministrazione pubblica un bando, con cui rende note le necessità e le esigenze e seleziona i candidati che partecipano al dialogo sulla base dei sistemi ordinari descritti agli artt. 44-52 della direttiva; una centrale in cui si svolge il dialogo tra la stazione appaltante e i candidati prescelti finalizzato all’individuazione dei mezzi più idonei al soddisfacimento delle necessità dell’ente; quella finale di aggiudicazione dell’appalto all’offerta economicamente più vantaggiosa. Due sono i presupposti per il ricorso a tale procedura: la complessità dell’appalto e l’inidoneità delle normali procedure di gara a soddisfare le esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice36. Inoltre, a tutela dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale, si prevede il divieto per la stazione appaltante di divulgare agli altri partecipanti le soluzioni proposte e le informazioni avute da ciascun concorrente. E’ interessante notare come in detto modulo l’onere di individuare gli elementi essenziali dell’appalto da aggiudicare si trasferisce dall’amministrazione al concorrente, analogamente a quanto avviene nell’appalto concorso. La maggiore elasticità procedurale si riscontra nella formazione in progress delle offerte e di conseguenza dei contenuti dell’appalto.
L’art. 32 della direttiva n. 2004/18/CE estende poi agli appalti nei settori classici, l’istituto dell’accordo-quadro, già previsto dalla pregressa disciplina nei settori speciali37, definendolo come “l’accordo concluso tra una o più amministrazioni e uno o più operatori economici, il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste”. In sostanza si distinguono due fasi: nella prima si seleziona il fornitore con cui si conclude l’accordo quadro; nella seconda si
36 V. il 31º considerando della direttiva n. 2004/18/CE, che prevede il ricorso al dialogo competitivo per le amministrazioni che si trovino nell’impossibilità oggettiva di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze e di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche e/o soluzioni giuridico-finanziarie.
37 Cfr. nell’ordinamento italiano previgente, art. 16 del DLGS. Del 17 marzo 1995, n. 158.
emanano gli specifici ordinativi a valere sul contratto quadro. Qualora l’accordo quadro venga concluso con una pluralità di operatori (in numero di almeno tre), se questo contempla tutte le condizioni del singolo appalto, può essere concluso con uno dei soggetti firmatari dell’accordo, senza un nuovo confronto, diversamente è ammesso il rilancio competitivo delle offerte per la definizione delle condizioni contrattuali non stabilite nell’accordo, a garanzia della flessibilità della procedura.
.La ratio dell’istituto rispecchia l’esigenza di definire in via generalizzata le clausole e le condizioni da praticare per gli appalti da affidare durante un determinato periodo di tempo (non superiore a quattro anni), accorpando in un’unica cornice negoziale acquisti ricorrenti, con il vantaggio gestionale (risparmio di costi in termini di tempo e di risorse) di non dover ripetere gare per appalti di entità contenuta e con il beneficio economico di spuntare condizioni più favorevoli, permettendo altresì di assoggettare alla concorrenza una serie di piccoli acquisti ripetitivi che altrimenti esulerebbero dall’ambito di applicazione delle direttive comunitarie.
Accordo quadro e dialogo competitivo, pur rappresentando entrambi dei possibili rimedi alla rigidità procedurale nell’affidamento delle commesse pubbliche, sono dunque pensati per tipologie di appalto differenti: l’uno per appalti dal contenuto tecnico limitato, l’altro per appalti caratterizzati da un elevato tasso di complessità.
Collegata alla disciplina dell’accordo quadro è quella della centrale di committenza. L’art. 1, paragrafo 10 della direttiva n. 2004/18/CE, definisce questo organismo come “un’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture e/o servizi e affida appalti di lavori, anche mediante la conclusione di accordi quadro, destinati al soddisfacimento delle esigenze di una pluralità di amministrazioni”. Queste ultime per le loro necessità possono rivolgersi direttamente alla centrale ovvero utilizzare gli schemi e le condizioni fissate dalla medesima e sottoscrivere poi i singoli contratti con i fornitori. La disciplina comunitaria delle centrali di committenza di cui all’art. 11 della direttiva n. 2004/18/CE -figure già sperimentate in alcuni Stati membri38-
38 In Italia il modello si afferma per effetto della L. 23 dicembre 1999, n. 488 e del successivo D.M. 24 febbraio 2000, in base al quale la CONSIP S.p.A. -Concessionaria Servizi Informatici Pubblici, interamente controllata dal Ministero dell’economia- diventa titolare dei compiti in materia di acquisti di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni. Altrettanto significative sono le esperienze in materia di centralizzazione in Danimarca, Olanda, Francia e Inghilterra. Sul tema, v. X. XXXXXXXXXX, Il modello Consip dopo la legge finanziaria per il 2004, in Gior. Dir. amm., pp. 65 ss.
deriva dalla considerazione, condivisa in sede di approvazione del testo, che la centralizzazione comporti una significativa riduzione dei costi di gestione attraverso la concentrazione della domanda ed una maggiore possibilità di controllo e coordinamento delle politiche di acquisto39.
Nel tentativo di evitare possibili distorsioni della concorrenza, la direttiva prevede che il controllo del rispetto della disciplina comunitaria in materia di centralizzazione degli acquisti vada effettuato a monte, e cioè verificando l’osservanza delle regole europea da parte della centrale di committenza, e non successivamente, quando la singola amministrazione aggiudicatrice ricorre a detto organismo.
Tra gli obiettivi perseguiti da tale istituto, oltre quello di razionalizzare la spesa pubblica, accorpando beni o servizi, grazie alle economie di scala realizzate con grandi volumi di acquisto, vi è inoltre quello di semplificare le procedure e ridurre i tempi di approvigionamento, anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologicamente avanzati, come il commercio elettronico (cd. e-procurement).
Alla finalità di modernizzazione delle procedure di aggiudicazione, nel senso di adeguare la disciplina degli appalti all’evoluzione tecnologica del mercato -sul presupposto che proprio la gestione elettronica degli appalti possa comportare maggiore economicità e rapidità delle gare40- rispondono altri due istituti: le aste elettroniche ed i sistemi dinamici di acquisizione, nonché la previsione a carattere generale dell’utilizzo di mezzi elettronici nella comunicazione e nella presentazione delle offerte. Quanto a quest’ultimo profilo, l’art. 42 della direttiva n. 2004/18/CE, dispone che tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni possono avvenire, a scelta dell’amministrazione, per posta, mediante fax, per via elettronica o per telefono. Dalla norma de qua sembra potersi ricavare un principio di equi-
39 V. in particolare, il 15º considerando della direttiva n. 2004/18/CE, ove si ammette espressamente che le tecniche di centralizzazione consentono, dato il volume degli acquisti, un aumento della concorrenza e dell’efficacia della commessa pubblica. Cfr., inoltre il 16º considerando della direttiva citata, nonché il 23 ed il 24 considerando della direttiva n. 2004/17/CE. A proposito dell’esperienza italiana, v. X. XXXXXXXXXX, Il codice degli appalti, in Urb. e app., n. 11/2006, p. 1183.
40 Cfr. sul punto, X. XXXXXX, Appalti e nuove tecnologie, in X. XXXXXXXXXX-X. XXXXXX (a cura di), Le nuove direttive europee sugli appalti, cit., p. 40, il quale rileva come determinante nell’introduzione del mercato elettronico in materia di appalti pubblici si sia dimostrata la pressione di alcuni Stati membri, in particolare della delegazione danese.
ordinazione41 dei diversi mezzi elettronici nella comunicazione tra amministrazioni aggiudicatrici e soggetti partecipanti alle gare, con riconoscimento di un potere discrezionale in capo alla stazione appaltante circa la scelta del mezzo di comunicazione tra quelli previsti, purché il sistema prescelto sia comunemente disponibile tra gli operatori economici dei diversi Stati membri, onde non limitare la concorrenza nella partecipazione alle gare.
L’incidenza delle tecnologie elettroniche sulle procedure di affidamento degli appalti pubblici si riscontra in modo maggiore nella disciplina dell’asta on line, di cui all’art.
54 della direttiva n. 2004/18/CE. Un’asta elettronica è un processo per fasi successive, basato su un dispositivo elettronico di presentazione di nuovi prezzi, modificabili al ribasso e/o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle stesse, permettendo la loro classificazione secondo un trattamento automatico. La definizione fornita dall’art. 1 della direttiva, lascia intendere che detto istituto, più che un’ulteriore tipologia di gara, costituisce in realtà una tecnica, che l’amministrazione può decidere di utilizzare a determinate condizioni nelle diverse procedure tradizionali. La lettura che si dà dell’art. 1 trova, del resto, esplicita conferma nell’art. 54, che indica il campo di applicazione di tale sistema con riferimento alle procedure aperte, ristrette o negoziate, a condizione che le specifiche tecniche dell’appalto possano essere agevolmente predeterminate42. L’asta on line è da taluni43 descritta come un luogo di contrattazione virtuale, in cui si concentrano e si scambiano una molteplicità di informazioni, quali i progressivi ribassi sulle offerte dei partecipanti e le comunicazioni trasmesse dalle amministrazioni aggiudicatici, in tempo reale grazie all’utilizzo delle tecnologie elettroniche, in modo da incrementare la competitività tra gli operatori nel rispetto della concorrenza.
41 L’espressione è di X. XXXXXX, La nuova disciplina degli appalti pubblici, cit., p. 1141.
42 Di conseguenza il ricorso alla tecnica in parola è escluso con riferimento a taluni appalti di servizi e di lavori che hanno ad oggetto prestazioni intellettuali (ad esempio progettazione di lavori): x. xxx. 0, xxxxxxxxx 0 xxxxxxxxx x. 0000/00/XX.
43 In tal senso, v. X. XXXXXX, La nuova disciplina comunitaria, cit., p. 1143; X. XXXXXXXXX’, Prime osservazioni in merito alle direttive di coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici. Direttive nn. 17 e 18 del 31 marzo 2004, cit., p. 863.
Quanto infine al sistema dinamico di acquisizione, si tratta, come chiarisce l’art. 1, paragrafo 6 della direttiva n. 2004/18/CE, di un processo di acquisizione interamente elettronico, per acquisti di uso corrente, generalmente disponibili sul mercato, avente carattere limitato nel tempo e aperto per tutta la sua durata all’ingresso di nuovi operatori economici che soddisfino i criteri di selezione e abbiano presentato un’offerta indicativa conforme al capitolato d’oneri. L’art. 33 suddivide tale istituto in tre fasi: quella iniziale introdotta dal bando di gara, in cui vengono precisati gli elementi essenziali della procedura, finalizzata altresì alla prequalificazione degli operatori che parteciperanno al sistema dinamico; la fase centrale in cui i partecipanti per essere ammessi, dovranno presentare le loro offerte; quella conclusiva, ove si svolge il confronto concorrenziale che coinvolge il singolo appalto da aggiudicare. La dinamicità del sistema viene garantita dalla idoneità a consentire l’ingresso a nuovi operatori per tutta la durata della procedura e dalla sua gestione completamente elettronica, che agevola l’accesso libero, diretto e completo al capitolato d’oneri e a qualsiasi documento complementare citato nel bando di gara. In sostanza attraverso tale sistema, le amministrazioni hanno a disposizione una procedura specifica, che permette loro di creare un elenco di offerenti già accettati, con possibilità per altri concorrenti di aderirvi anche successivamente e di disporre attraverso i mezzi elettronici del potere di attingere, secondo le necessità, a detto elenco di fornitori per aggiudicare i singoli appalti in un arco di tempo sufficientemente ampio (in ogni caso non superiore a quattro anni). Vale la pena di notare che il nostro ordinamento conosce già sistemi del genere: il DPR n. 101/2002 regola infatti i criteri e le modalità di svolgimento, da parte delle amministrazioni pubbliche, di procedure telematiche di acquisto, prevedendo a tal fine due distinti strumenti, quello della gara telematica e quello del mercato elettronico44.
44 Si sofferma diffusamente sulle differenze tra le tecniche elettroniche introdotte dalle direttive comunitarie e quelle previste dal DPR n. 101/2002, X. XXXXXXXXXX, (Il codice degli appalti, cit., p. 1183, nota 38), il quale ritiene che detto regolamento, quantomeno in riferimento agli acquisti di valore superiore alla soglia comunitaria sia destinato a venire abrogato in sede di recepimento delle direttive comunitarie.
1.2 L’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione
Illustrato il quadro europeo in materia di appalti pubblici, prima di analizzare nel dettaglio la disciplina di cui al Dlgs. n. 163/2006, con la quale il legislatore italiano ha inteso recepire le direttive sopra viste, è necessaria una premessa relativa alle norme ora di diritto amministrativo ora dell’ordinamento civile all’interno delle quali si inserisce l’oggetto della nostra indagine. Ed in effetti da sempre la materia de qua e, più in generale, quella della contrattualistica pubblica ha suscitato vivaci dibattiti per l’innegabile intreccio tra la disciplina civilistica sui contratti e quella sul procedimento amministrativo volto alla scelta del (miglior) contraente privato.
L’utilizzo sempre maggiore di modelli organizzativi mutuati dal diritto privato in ambito amministrativo si coglie del resto in tutte le riforme che a partire dagli anni ’90 hanno interessato la P.A., il cui scopo è stato quello non solo di snellire e riordinare gli apparati burocratici, ma anche e soprattutto di ridurre l’area complessiva di intervento dei pubblici poteri45, affidando ai privati tutte quelle attività che sono in grado di svolgere più adeguatamente rispetto agli enti pubblici, secondo il principio di sussidiarietà orizzontale46. In questa prospettiva si colloca anche il graduale mutamento del rapporto tra Stato e mercato, ispirato all’ampliamento della libertà di iniziativa economica dei privati e alla conseguente riduzione della sfera di azione pubblica, sotto la spinta dell’Unione Europea volta a realizzare un mercato unico aperto alla concorrenza.
45 v. X. XXXXXXXXX, La riduzione della sfera pubblica, Torino, 2000. In particolare sul fenomeno delle privatizzazioni, cfr. X. XXXXXXX, Privatizzazioni e trasformazioni in atto nell’amministrazione italiana, in Dir. amm., 1995, 519; X. XXXXX, Privatizzazioni, in Trattato di diritto amministrativo diretto da X. XXXXXXX, Diritto amministrativo speciale, Milano, 2003, vol. IV, 3947.
46 Come bene sottolinea X. XXXXXXXX, Autonomia pubblica e diritto privato nell’amministrazione, Padova, 2005, 4 nt. 6, detto principio costituisce applicazione al rapporto pubblico-privato del principio di sussidiarietà verticale sancito dall’art. 3 del Trattato europeo con riferimento agli interventi della Comunità ed è stato inizialmente introdotto nel nostro ordinamento nell’ambito del riparto di attribuzioni tra autonomie territoriali e Stato dall’art. 4, comma 3 lett. a) della L. 15.03.1997,
n. 59, mentre nella sua accezione orizzontale è stato codificato nell’art. 3 del Testo unico Enti Locali
n. 267/2000, per poi essere riconosciuto a livello costituzionale dall’art. 118 Cost., a seguito della riforma del titolo V. L’art. 118, ultimo comma Cost. stabilisce che “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Sul tema degno di nota è il contributo di X. XXXXXXX, La sussidiarietà “orizzontale” alla prova dei fatti nelle recenti riforme legislative, in AA.VV., Sussidiarietà e ordinamenti costituzionali,a cura di X. XXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXXXXX, Padova, 1999, 169, cui si rinvia.
Per unanime dottrina il giro di boa dell’ordinamento amministrativo dalla sfera dell’autorità a quella del consenso è senza dubbio segnato dalla disciplina del giusto procedimento di cui alla L. 241/1990, ove ampi spazi di partecipazione vengono riconosciuti ai cittadini nel processo stesso di formazione delle decisioni pubbliche47. Più specificamente assumono rilevanza l’art. 11, comma 2, laddove dispone che agli accordi integrativi o sostitutivi dei provvedimenti sono applicabili, “ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili” e l’art. 1, comma 1 bis L. 241/’90, a mente del quale “la pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”. Dall’interpretazione sistematica delle disposizioni ora citate, si ricava che la P.A. nei casi espressamente previsti dalla legge, in cui deve procedere all’emanazione di un provvedimento, può integrare o addirittura sostituire tale atto con accordi dal contenuto libero, ma tipizzato risultanti dall’incontro di volontà con i soggetti partecipanti al procedimento; al di fuori della portata di applicazione dell’art. 11 L. cit., la P.A. può anche seguire regole, prassi, iniziative non tipizzate. L’art. 1, comma 1 bis L. 241/’90 rimette l’attività negoziale della P.A. alle norme del diritto privato, ad eccezione delle ipotesi tassativamente previste dalla legge per cui è tenuta a seguire regole imperative. Il modello privatistico sembrerebbe inteso in un’accezione lata, ossia comprendente tutto ciò che non è imposto, ma negoziato, non prevede disparità di posizioni, ma pariteticità di piani d’azione, non rispecchia alcun esercizio del potere rispetto al quale il privato si trova in soggezione, ma piuttosto rappresenta l’attuazione dell’attività amministrativa mediante il consenso dell’interessato48.
47 In dottrina precursore di questi sviluppi dell’ordinamento amministrativo è stato X. XXXXXXXXX, (Disegno dell’amministrazione italiana, Padova, 1996, 61), non a caso definito uno dei primi teorici della sussidiarietà. Su questo aspetto, v. l’intervento di X. XXXXXXXX, Benvenuti, teorico del principio di sussidiarietà, al convegno su La scienza del diritto amministrativo nel pensiero di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, svoltosi a Venezia l’11 dicembre 1999, i cui atti sono stati pubblicati dalla Cedam nel 2001. In generale sul tema v. F.G. SCOCA, Autorità e consenso, in Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Milano, 2002.
48 X. XXXX, Divagazioni sull’attività negoziale della P.A. nella nuova disciplina del procedimento amministrativo, in I Contratti, n. 2/2006, 176. L’Autore non manca di sottolineare come le norme sopra citate “nate per semplificare l’azione amministrativa, per coordinare in modo sistematico gli atti della P.A., per liberalizzare le modalità di esercizio della funzione pubblica consentendo alla P.A. di agire come agiscono i privati, in realtà prestano il fianco ad una pluralità di interpretazioni che creano incertezza proprio in quei rapporti che vorrebbero liberare dal giogo dei procedimenti burocratizzati”.
Occorre peraltro rilevare come la portata innovativa del comma 1 bis inserito nel testo dell’art. 1 L. 241 cit. dalla L. 15/2005, è messa in discussione dalla dottrina più attenta49, secondo cui la scrittura della norma è inutile e non dice nulla di nuovo, dato che la possibilità per la P.A. di ricorrere a strumenti di diritto privato nell’esercizio di attività non autoritativa è pacificamente ammessa anche a livello giurisprudenziale.
Ed in effetti la stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, in tema di servizi pubblici, ha avuto modo di ribadire la non ricorrenza della giurisdizione esclusiva del G.A. qualora la P.A. non agisca nell’esercizio di un pubblico potere, ma come qualsiasi altro soggetto obbligato in base al contratto e sia perciò del tutto assente qualsivoglia profilo riconducibile all’amministrazione come autorità, indipendentemente dal coinvolgimento di pubblici interessi nella controversia50.
Sin dall’emanazione della L. 241/1990, si registra un’evoluzione in senso oggettivo della attività della pubblica amministrazione, che dalla tradizionale identificazione in base al soggetto (pubblico), si delinea sempre più quale funzione amministrativa volta alla cura degli interessi pubblici a prescindere dalla natura pubblica o privata dei soggetti cui tale compito è affidato.
49 v. sul punto, X. XXXXXXXX, L’adozione degli atti non autoritativi secondo il diritto privato, in Riv. trim. dir. amm., n. 2/2006, 382 nt. 110, ove richiama in tal senso l’intervento di A. POLICE al convegno La nuova disciplina dell’attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento,tenutosi alla Seconda Università degli Studi di Napoli, Caserta-Palazzo Reale il 20 maggio 2005; B. CAVALLO, Tipicità e atipicità nei contratti pubblici fra diritto interno e normativa comunitaria: rilievi procedimentali e sostanziali, in Contratto e Impresa, 2006, 357 e 366. Quest’ultimo Autore critica la vacuità dell’inutile formula di cui all’art. 1, comma 1 bis L. 241/’90, che ricorda essere il frutto di un maldestro tentativo di costituzionalizzare la privatizzazione dell’azione amministrativa da parte del civilista Xxxxxx Xxxxx, cui un noto collega amministrativista ha voluto apportare un miglioramento ortopedico.
50 C. Cost., sent. 6 luglio 2004, n. 204, in Dir. proc. amm., 2004, 3 con nota di X. XXXXXXX XXXXXX. Con tale pronuncia le Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 24, 25, 100, 102, 103, 111 e 113 Cost., dell’art. 33, commi 1 e 2 Dlgs 80/1998, come sostituito dall’art. 7
L. 205/2000, nella parte in cui al comma 1 prevede che siano devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli”, anziché “le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore di pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché”, e , al comma 2 individua esemplificativamente controversie nelle quali può essere del tutto assente ogni profilo riconducibile alla p.a.-autorità.
In questa mutata configurazione soggettiva della P.A., la funzionalizzazione al soddisfacimento dell’interesse pubblico si realizza quindi non soltanto con provvedimenti amministrativi tipici o atipici, ma anche e soprattutto attraverso modelli propri del diritto privato, tanto da far parlare gli studiosi di “amministrazione per contratto”51, in contrapposizione al modello autoritativo ormai in recessione.
E’ stato opportunamente rilevato52 che quando la P.A. opera per contratti l’effetto costitutivo nella sfera giuridica del privato non è imposto, ma è condiviso, non è quindi conseguenza dell’idoneità del provvedimento a produrre unilateralmente l’effetto voluto, bensì è frutto dell’incontro delle volontà espresse dalla P.A. e dal privato nel confronto paritario delle reciproche posizioni. La natura non autoritativa degli atti negoziali adottati dalla P.A. comporta che gli effetti del rapporto non discendano dal provvedimento amministrativo, ma dal contratto posto in essere sulla base del consenso manifestato dal privato, che pertanto non potrà ritenersi esterno rispetto alla fattispecie genetica del rapporto, anche nei casi in cui l’accordo sia preceduto da un procedimento amministrativo.
Bisogna ora verificare come e in che misura sia compatibile il nuovo modulo dell’ “amministrazione di risultato”53 con l’autonomia privata, fermo restando che anche l’attività amministrativa contrattuale deve essere finalizzata al perseguimento dell’interesse pubblico, che ne costituisce il suo imprescindibile Sollen54, nel rispetto
51 X. XXXXX, l’Attività contrattuale della p.a. e i principi di diritto comune nella riforma del procedimento amministrativo a seguito della l. n. 15 del 2005, in Contratto e Impresa, 2006, 1176. L’Autrice pone in evidenza come l’espressione “amministrazione per contratto” si iniziò ad utilizzare nell’ambito della Scuola di specializzazione in studi sull’amministrazione di Bologna all’indomani della L. 241/1990; AA.VV., Diritto amministrativo e strumenti di diritto privato, Giornate di studio in onore di M. S. XXXXXXXX, SPISA, Bologna, 1998.
52 v. X. XXXXXXXXX, Gli interessi legittimi negoziali:vi sono invero situazioni giuridiche di vantaggio del privato collegate a diritti soggettivi (e non già a potestà) della pubblica amministrazione. Critica alla communis opinio che assoggetta alla giurisdizione ordinaria l’esecuzione del contratto, in Riv. trim. app., 2006, p. 401.
53 Il nuovo modello di amministrazione funzionale è sottolineato da X. XXXXXXXXX, L’autonomia privata della P.A., la gestione di strumenti negoziali ed i nuovi modelli di amministrazione funzionale, in X. XXXXXXX, L’attività contrattuale della P.A., vol. 1, 2005, 58; X. XXXXXXXX, Principio di legalità e amministrazione di risultato, in Scritti in onore di X. XXXXXXX, Napoli, 2001, vol. II, 743;
X. XXXXXX XXXXXXX, Sulla formula “amministrazione di risultati”, ivi, 815; X. XXXXXXXX,
Funzione amministrativa e legalità di risultato, Torino, 2003.
54 L’espressione è di B. CAVALLO, Tipicità e atipicità, cit., 361.
dei principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., nonché di economicità, efficacia e trasparenza previsti dall’art. 1 L. 241/’9055.
Per autonomia privata generalmente s’intende il potere delle parti di autoregolamentazione dei propri rapporti patrimoniali attraverso lo strumento del contratto cui la legge riconosce il carattere dell’impegnatività, ossia la vincolatività degli effetti prodotti ex art. 1372, comma 1 c.c., con l’unico limite della liceità e della meritevolezza degli interessi perseguiti ai sensi dell’art. 1322, comma 1 c.c.56. La funzione autonormativa, attraverso cui si esplica il potere delle parti di determinare liberamente il contenuto del contratto, fissando regole pattizie, opera in una duplice direzione: è libertà di perseguire finalità diverse da quelle perseguibili con i contratti tipici, ma è anche libertà di perseguire con modalità contrattuali atipiche finalità già perseguibili con contratti tipici57.
In riferimento ai contratti di appalto di pubblici lavori, forniture e servizi è innegabile che l’autonomia negoziale della P.A. non sia piena, ma trovi un inderogabile vincolo nell’evidenza pubblica58, ossia nel procedimento volto a manifestare le ragioni di pubblico interesse per cui l’amministrazione intende addivenire alla stipula del contratto ed al relativo impegno di spesa, attraverso atti di controllo che rilevano come requisiti di validità ed efficacia dell’accordo.
È bene precisare che l’attività amministrativa per definizione non è libera, essendo sempre vincolata al perseguimento dei fini di interesse pubblico che la legge pone. In tal senso si parla di attività amministrativa discrezionale ovvero vincolata, a seconda
55 Tali principi, è bene ricordarlo, valgono anche nel caso in cui preposti all’esercizio di attività amministrative siano soggetti privati, come del resto espressamente prevede l’art. 1, comma 1 ter L. 241/1990, inserito dalla L. 15/2005. Sul punto, v. P. XXXXXXXX, op. cit., 11 nt. 23.
00 x. X. XXXXXXX, Xx istituzioni del diritto privato contemporaneo, 2ª ed., Napoli, 2007, 193 e ss.
57 X. XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1 , Padova, 2004, 170; X. XXXXXXX, op. cit., 200.
58 Sull’evidenza pubblica quale modulo procedimentale predisposto dalla legge generale sulla contabilità di Stato di cui al X.X. 00 novembre 1923, n. 2440 e dal relativo regolamento approvato con
X.X. 00 maggio 1924, n. 827, applicabile a tutti i contratti che importano una spesa per la P.A., c.d. contratti passivi, allo scopo di approntare un complesso sistema di atti di controllo sull’operato dell’amministrazione stipulante affinché sia perseguito nel miglior modo possibile l’interesse pubblico, e vengano di conseguenza evidenziate le ragioni per cui intende concludere il contratto, v.
X. XXXXXXXXXX, Premessa e introduzione generale: il sistema dell’evidenza pubblica, in AA. VV.,
L’attività contrattuale della P.A.,a cura di X. XXXXXXX , vol. I, Padova, 2005, 18 e ss.
che la legge lasci uno spazio più o meno ampio alla P.A. nella valutazione del modo e dei mezzi con cui intende raggiungere i propri fini istituzionali59.
La discrezionalità amministrativa, intesa appunto come eterodeterminazione dei fini comporta che l’attività contrattuale della P.A. incontri oltre al limite della liceità, anche quello della legittimità60, dovendo il procedimento di evidenza pubblica che si innesta nel modulo civilistico, consentire la verificabilità della rispondenza dell’attività negoziale al miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost.61
A ben vedere il procedimento di formazione della volontà contrattuale della P.A. non si svolge integralmente sul piano del diritto privato, articolandosi attraverso una serie di atti di natura procedimentale, quali la deliberazione a contrarre, l’aggiudicazione, l’approvazione, la registrazione, il visto62.
Tuttavia, il modo di formazione della volontà contrattuale della P.A. non impedisce certo che a valle del procedimento di evidenza pubblica, possa ravvisarsi l’in idem placitum consensus tra amministrazione procedente e privato contraente63.
L’obiezione secondo cui con lo strumento contrattuale si possono perseguire solo fini di carattere privatistico non coglie nel segno64. Come abbiamo visto sopra infatti il contratto rappresenta il mezzo attraverso cui si esplica il potere di
59 V. per tutti, X. XXXXXXXXXX-X. XXXXXXX-X. DEL GIUDICE, Diritto amministrativo, XX ed., Xxxxxx, 2003,407 e ss. Gli autori non mancano di mettere in evidenza come all’attività amministrativa discrezionale corrisponda di solito una riserva di legge relativa mentre a quella vincolata una riserva di legge assoluta nei rispettivi settori.
60 In tal senso, v. X. XXXXXX, Introduzione al Diritto Amministrativo, Bologna, 2005, 11; X. XXXXXXXXX, op. cit., 408 e ss.
61 V. C. Xxxx., sez. lav., 24.03.2004, n. 5941, secondo cui nei rapporti interprivati i motivi del negozio sono di solito giuridicamente irrilevanti, mentre per la parte pubblica essi devono essere evidenziati, quali motivi di pubblico interesse, mediante un apposito procedimento amministrativo preordinato al controllo della conformità dell’intera attività negoziale rispetto alle fondamentali regole di legalità, imparzialità e buon andamento. Vale la pena di sottolineare che per il diritto civile è vero che i motivi, quali scopi e ragioni soggettive individuali sono di regola giuridicamente irrilevanti, ma sempre che le parti non li abbiano dedotti in contratto, regolandone nell’accordo il costo, il perseguimento ed il relativo rischio, inserendo delle clausole specifiche, e rendendoli così noti all’altro contraente. Sul punto, v. X. XXXXXXX (Le istituzioni, cit., 225-226), che opportunamente precisa come il principio dell’irrilevanza dei motivi riposi sulla necessità di garantire la stabilità dei contratti e dei traffici mercantili contro il rischio di paralisi del mercato che sorgerebbe dall’attribuzione a ciascun contraente del diritto di modificare o sciogliere il contratto in ragione di diritti personali ignoti e non considerati dall’altro contraente.
00 X. XX XXXXXXXX, Affidamento di lavori, servizi e forniture, in Giust. Amm., 2005, I, 778. 00 X. X. XXXXX, Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Torino, 2003, 117. 64 X. XXXXX, 2004, 1357.
autoregolamentazione degli interessi delle parti, purché questi siano meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ossia non siano in contrasto con norme imperative, ordine pubblico o buon costume. L’art. 1322, secondo comma c.c. non richiede affatto che tali interessi meritevoli abbiano carattere individuale e debbano essere riconducibili esclusivamente alle parti. Una siffatta interpretazione peraltro non sarebbe conforme alla sistematica stessa del codice civile, che ben conosce ipotesi ove gli effetti prodotti dal contratto ricadono nella sfera giuridica di soggetti diversi dalle parti contraenti: basti citare il contratto a favore di terzo di cui agli artt. 1411 c.c. e ss. o il contratto di mandato con rappresentanza65 ex art. 1704 c.c.
Né può sostenersi che essendo il contenuto del contratto predeterminato dalla P.A., l’autonomia negoziale ne uscirebbe del tutto frustrata.
Innanzitutto lo stesso codice civile prevede tecniche di conclusione del contratto in cui il principio della libertà contrattuale, inteso quale potere di entrambe le parti di determinare il contenuto del contratto è fortemente limitato nel senso che il contratto anziché formarsi in virtù dell’accettazione conforme alla proposta a seguito di trattative, si conclude sulla base della mera adesione di una parte ad un contratto-tipo standardizzato il cui contenuto è stato predisposto unilateralmente dall’altra. La ratio di questa modalità di conclusione del contratto risiede nell’esigenza di accelerare e semplificare l’organizzazione della produzione e della distribuzione di beni, e più in generale, degli scambi commerciali da parte delle imprese nei loro rapporti con i clienti, che verrebbe rallentata ed ostacolata dal modello ordinario di contrattazione. Tuttavia al fine di evitare che le imprese trasferiscano sulla massa dei clienti le disfunzioni del ciclo produttivo o addirittura i costi di gestione, con conseguente alterazione dell’assetto del mercato concorrenziale, il codice civile all’art. 1341, secondo comma c.c. reintroduce il vincolo dell’accettazione formale per le c.d. clausole vessatorie a pena di inefficacia delle stesse66.
65 Sulla rappresentanza, X. XXXXXXX (I contratti pubblici, in AA. VV., Sistema del diritto amministrativo italiano, collana diretta da F.G. SCOCA-X. XXXXXXX MONACO-X. XXXXXXXXXX, Torino, 2004, 6) nota come tuttavia mentre nel codice civile tale istituto sia rivolto alla tutela del terzo in ossequio ai principi dell’apparenza e dell’affidamento, nei contratti ad evidenza pubblica, volendo provare a fare un raffronto, semmai la tutela sarebbe più a favore del rappresentato.
66 Sulla tematica v. diffusamente X. XXXXXXX, Le istituzioni, cit., 291 e ss.
L’applicabilità della disciplina codicistica in tema di clausole vessatorie67 anche alle condizioni generali di contratto predisposte unilateralmente dalla P.A. nei contratti conclusi coi privati, è stata riconosciuta a partire dalla seconda metà degli anni ottanta grazie ad alcune pronunce68 che costituiscono il fondamento della creazione del diritto privato comune a pubblici e privati operatori economici, e che oggi rappresentano l’orientamento consolidato. Nella materia degli appalti pubblici l’operatività dell’art. 1341, comma 2 c.c. viene in rilievo con specifico riferimento alla prima fase dell’evidenza pubblica, ossia alla deliberazione di contrarre, ove la
P.A. predispone unilateralmente il progetto di contratto, che nella terminologia amministrativa assume l’accezione tecnica di “capitolato”. L’art. 45 r.d. n. 874 del 1924 (regolamento sulla contabilità di Stato) distingue due tipologie di capitolati, quello generale, che contiene clausole destinate a regolare tutti i contratti di una certa categoria, e quello speciale predisposto in vista di un certo contratto da concludere. Per quanto concerne i capitolati generali in passato si discuteva in dottrina circa la loro natura contrattuale ovvero regolamentare. Detta disputa è stata risolta, almeno limitatamente al settore dei lavori pubblici, attraverso l’adozione del Nuovo Capitolato Generale del Ministero dei lavori pubblici con decreto presidenziale (DPR
n. 1063 del 16 luglio 1962)69, che in quanto regolamento, ne ha confermato la natura normativa. Di conseguenza dovrebbe ritenersi almeno in linea di principio che i capitolati generali non contenendo clausole contrattuali, bensì disposizioni normative siano sottratti all’ambito di applicazione dell’art. 1341 x.x., xxxxx xxxxxxxx xxx xxxxx
00 Non si ritiene essere pertinente all’oggetto della nostra indagine la verifica dell’applicabilità ai contratti ad evidenza pubblica degli artt.1469 bis c.c. e ss., ora inseriti nel codice del consumo del 2005, in quanto dette disposizioni si applicano solo ai contratti conclusi tra professionisti e consumatori, qualifica che non ricorre certo in capo al privato che contratta con la P.A. in materia di appalti. Tuttavia sulla loro rilevanza in ambito di servizi pubblici nei rapporti tra gestori e utenti, v. X. XXXXX, L’attività contrattuale cit., 1184-1185. L’autrice nota come il fatto che dalla trasposizione dell’art. 1469 bis c.c. al codice del consumo, sia scomparso dal testo della norma l’inciso relativo alla natura pubblica o privata del professionista, non sia d’ostacolo all’applicazione dell’articolo in questione, essendo tale precisazione superflua nell’ottica dell’armonizzazione del diritto di derivazione comunitaria.
68 In particolare si ricorda X. Xxxx., 00.00.0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 1984, I, c. 2442 con nota di XXXXXX; per un commento della giurisprudenza pilota degli anni ottanta, si rinvia a X. XXXXX, Clausole vessatorie e contratti della pubblica amministrazione, in Contratto e Impresa, 1985, 376 ess. 69 V. sul punto, X. XXXXXXXXXX, op. cit., 28. Ricordiamo che di recente è stato approvato il nuovo capitolato generale di appalto di lavori pubblici, con D.M. n. 145 del 2000, sulla cui natura regolamentare valgono le medesime considerazioni svolte sopra.
sostanziale della ricorrenza dei requisiti di generalità ed astrattezza delle disposizioni. Nessun limite all’operatività dell’art. 1341, comma 2 c.c. dovrebbe sussistere invece con riguardo ai capitolati speciali, data la loro natura contrattuale, le cui clausole vessatorie andranno specificamente approvate per iscritto dal privato contraente, a pena di inefficacia70.
Per escludere che nei contatti ad evidenza pubblica la P.A. goda di un’effettiva autonomia privata, la giurisprudenza amministrativa71 ha puntualizzato come al di fuori della procedura volta alla formazione della volontà contrattuale dell’amministrazione, non vi possano essere spazi di libertà di determinazione, in quanto la P.A. non ha alcun potere di rinegoziazione del contratto, non potendo modificarne il contenuto se non attraverso il ricorso alla medesima procedura.
Sul punto certa dottrina72 è invece favorevole alla configurabilità di un potere di rinegoziazione (anche con riguardo agli artt. 2957 e 2958 c.c.) in conformità con le interpretazioni di recente offerte al fenomeno dalla dottrina privatistica73.
Come bene è stato osservato74, per quanto si voglia enfatizzare la rilevanza della procedura pubblicistica, occorre sempre tener presente che la stessa è circoscritta alla fase di formazione della volontà contrattuale dell’amministrazione e che per tutto ciò che non risulta coperto dall’evidenza pubblica, il contratto è regolato integralmente
70 Contra, v. X. XX XXXXXX, L’attività preparatoria, in AA. VV., L’attività contrattuale della P.A., a cura di X. XXXXXXX, Padova, 2005, vol. I, 76. Secondo l’autore sarebbe d’ostacolo all’applicazione dell’art. 1341 c.c. la circostanza che il capitolato speciale non sarebbe destinato a regolare una serie indefinita di rapporti attraverso moduli o formulari, bensì una singola, specifica vicenda negoziale. In tal senso cita anche X. Xxxx. 14.08.1997, n. 7626; X. Xxxx., 0.00.0000, x. 00000. 71 Cons. Stato, sez. V, 13.11.2002, n. 6281, in Giust. Civ., 2003, 1141, con osservazioni di X. XXXX, Sulla rinegoziazione del contratto aggiudicato con la pubblica amministrazione; sul tema v. anche X. XXXXXXXXX, Atto di aggiudicazione e potere di rinegoziazione della pubblica amministrazione nei contratti ad evidenza pubblica, in Gior. Dir. amm., 2003, 503.
72 v. X. XXXXXXXX, L’adozione degli atti non autoritativi, cit., 377; ID., Gli istituti di partecipazione tra pubblico e privato nell’ordinamento locale (La l. 142 dell’8 giugno 1990 alla luce dei principi della l. n. 241 del 7 agosto 1990) in MARAMMA-XXXXXXXX-PUGLIESE, Profili dell’autonomia nella riforma degli ordinamenti locali, Napoli, 1991; contra X. XXXXXXX, I contratti pubb. cit., 9.
73 X. XXXXXXX, Problemi di rinegoziazione, Milano, 2004; X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996; X. XXXXXX XXXXXXX, Obbligo di rinegoziare nei contratti di durata, in AA. VV., Diritto privato europeo e categorie civilistiche, a cura di X. XXXXXX, Milano, 1998.
74 X. XXXXX, Accordi e contratti della pubblica amministrazione, in AA. VV., Sistema del diritto amministrativo italiano, collana diretta da F.G. SCOCA-X. XXXXXXX MONACO-X. XXXXXXXXXX, Torino, 2004, 428
dalla disciplina codicistica, di principio e di dettaglio relativa non solo ai contratti in genere, ma anche al singolo tipo contrattuale.
Quanto alla possibilità per la P.A. di ricorrere a figure contrattuali atipiche, e cioè di avvalersi ai sensi dell’art. 1322, comma 2 c.c. dell’autonomia privata, intesa come potere di concludere contratti diversi da quelli previsti dal codice civile nel rispetto del limite della meritevolezza degli interessi perseguiti75, la dottrina76 è portata ad escludere che nel settore degli appalti pubblici una tale libertà possa esplicarsi, per lo meno con riferimento agli appalti di valore pari o superiore alla soglia comunitaria. Secondo tale opinione nell’ambito delle commesse pubbliche sopra soglia sarebbe riscontrabile addirittura una doppia tipicità relativa cioè alla procedura di negoziazione secondo l’evidenza pubblica e alle figure contrattuali previste dalla normativa speciale di cui al Dlgs n. 163/2006, per l’esigenza di garantire oltre all’imparzialità e buon andamento della P.A., anche la libera concorrenza e la trasparenza del mercato. Xxxxxxx chiedersi se le forme tipiche di chiara derivazione comunitaria disciplinate dal codice dei contratti pubblici (v. art. 53 Dlgs cit.) trovino la loro disciplina esclusiva nella normativa speciale o non siano invece riconducibili agli schemi contrattuali del codice civile. La risposta a tale quesito non potrà che essere data nel proseguo del nostro lavoro, quando tratteremo nel dettaglio dei singoli contratti previsti dal Xxxxxx Xx Xxxx, limitandoci per ora a porre il problema tra i temi della nostra indagine. A conclusioni opposte, e cioè all’affermazione della possibilità per la P.A. di ricorrere a contratti atipici in materia di commesse pubbliche dovrebbe condurre la espressa previsione nel Codice degli appalti dei contratti misti77, oltre che di tecniche di conclusione del contratto flessibili, quali le procedure ristrette, negoziate e il dialogo competitivo, che restituiscono ampi margini di negoziazione alle parti contraenti. Inoltre l’utilizzabilità di schemi atipici da parte della P.A. dovrebbe ammettersi in linea generale quantomeno rispetto alla contrattazione sotto soglia, ove non sembra ricorrano limiti all’esplicazione
75 V. supra, 22.
76 V. B. CAVALLO (Tipicità e atipicità nei contratti pubblici, cit., 363-364) il quale cita ad esempio il contratto di engineering, che ben lontano dal rientrare nell’appalto di cui al codice civile, risulta tipico rispetto al contratto di appalto di servizi come definito dal Codice dei contratti pubblici.
77 Sul tema dei contratti misti nel settore degli appalti pubblici e sui criteri per determinare la disciplina applicabile prima del Dlgs 163/2005, v. X. XXXXXXXXXX, op. cit.,10 e ss.
dell’autonomia contrattuale della P.A., purché i contratti non rispondenti ad un modello tipico posti prescelti dalle parti siano idonei a garantire il rispetto dei principi comunitari del Trattato a tutela della concorrenza, oltre che l’imparzialità e buon andamento della P.A.
Da quanto è emerso sinora, appare chiaro che in tema di attività contrattuale dell’amministrazione siamo di fronte a fattispecie contrattuali a formazione progressiva, ove l’evidenza pubblica, regolata da una disciplina speciale78, si innesta nell’autonomia privata della P.A., per garantire non solo che la scelta del contraente privato rispecchi il miglior impiego delle risorse pubbliche, ma in ultima analisi anche la tutela della concorrenza e del libero mercato. Sotto la spinta dell’ordinamento comunitario, l’evidenza pubblica si arricchisce di una nuova funzione, trasformandosi da procedura preordinata a tutelare l’interesse pubblico della P.A. in procedimento volto anche alla tutela dell’interesse esterno dei concorrenti79. Quest’ultimo interesse va ritenuto non solo meritevole di tutela, ma anzi di rango costituzionale, come di recente la Corte Costituzionale ha ribadito. Con la sentenza n. 401 del 200780, la Consulta ha precisato infatti che l’attività contrattuale della P.A. ha una struttura bifasica, che si compone: a) della fase pubblicistica relativa alla procedura di affidamento, finalizzata alla scelta del contraente, che va ascritta alla materia costituzionale della tutela della concorrenza, anche qualora si tratti appalti al di sotto della soglia comunitaria; b) della fase privatistica, inerente la stipulazione del contratto, da ricondurre alla materia
78 Sul punto v. X. XXXXXXX XXXXXX, Note critiche in tema di attività amministrativa secondo modelli negoziali, in Dir. amm., 2003, 243.
79 Sul punto v. X. XXXXXXX, I contratti, cit., 21; X. XXXXXXXXXX, Premessa, cit., 26; in giurisprudenza, x. Xxxx. Xxxxx, Xxx. X, 00.00.0000, x. 0000; Cons. Stato, sez. IV, 25.03.2003, n. 2332, ove si precisa che la P.A. è obbligata all’osservanza delle norme sull’evidenza pubblica poste a tutela di un interesse anche trascendente quello specifico del singolo contraente pubblico, in quanto collegato al valore imperativo della concorrenza e quindi anche all’interesse particolare delle imprese che sono tutelate dalle prescrizioni volte alla stimolazione della dinamica competitiva.
80 Per un commento alla sentenza della C. Cost., n. 401/2007, definita epocale, v. R. DE NICTOLIS, La Corte Costituzionale si pronuncia sul codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in Urbanistica e app., n. 1/2008, 5 e ss. Detta pronuncia si è occupata del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di pubblici appalti, sancendo che la materia rientra nella legislazione esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117 Cost., ora sotto il profilo della tutela della concorrenza (fase pubblicistica), ora sotto il profilo dell’ordinamento civile (fase privatistica).
dell’ordinamento civile, ove la P.A. opera nell’esercizio della propria autonomia negoziale, in assenza di poteri autoritativi ed in posizione di tendenziale parità con il privato contraente.
Non si può certo negare tuttavia che le deroghe rispetto al diritto privato introdotte dalle regole sull’evidenza pubblica operino come limite alla libertà contrattuale della P.A., in virtù del loro carattere imperativo.
È bene qui precisare che la disciplina comunitaria in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture recepita da ultimo con il Dlgs. 163/2006, che ci accingiamo ad analizzare, riguarda essenzialmente la fase del procedimento di evidenza pubblica, perché, come bene è stato detto81, è in tale momento si giocano i principi del libero mercato e della concorrenza.
81 X. XXXXXXX, Introduzione. I contratti della pubblica amministrazione dalla ricerca del mercato alla ricerca delle regole, in AA. VV., I contratti della pubblica amministrazione in Europa, a cura di
X. XXXXXXX, Torino, 2003, XX. Secondo l’autore le direttive comunitarie non riguardano gli appalti, ma solo le procedure per la loro aggiudicazione; X. XXXXXXX, op. cit., 418.
2.1 L’attuale normativa sui contratti pubblici
Il processo di attuazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici ha sempre incontrato innumerevoli problemi e difficoltà, in gran parte derivanti dalle diffuse resistenze manifestate dall’apparato statale nell’adeguare il nostro ordinamento ad istituti e procedure per molti aspetti estranei ai nostri schemi tradizionali. Le fisiologiche difficoltà di adeguamento sono state aggravate dall’esistenza oltre che di un tessuto legislativo stratificato e complesso, di distorsioni e lacune di matrice non normativa, nelle quali si riflette la sostanziale riluttanza ad accettare regole e principi concorrenziali diretti a garantire i presupposti minimi per un’attività trasparente delle amministrazioni pubbliche1. Occorre considerare, come abbiamo visto sopra, che quello comunitario è un corpo normativo improntato al conseguimento di finalità parzialmente diverse da quelle proprie della normativa di settore italiana. Quest’ultima è sempre stata ispirata all’interesse pubblico di individuare il miglior contraente possibile per la P.A., garantendo allo stesso tempo la trasparenza dell’attività amministrativa in un settore che, coinvolgendo ingenti interessi economici, è costantemente esposto a rischi di inquinamento. La normativa comunitaria, viceversa è preordinata ad assicurare la libera prestazione di servizi, la libertà di stabilimento da parte delle imprese degli Stati membri, con conseguente accesso senza discriminazioni, né restrizioni alle procedure di aggiudicazione. Si tratta di due ottiche almeno in parte diverse: quella nazionale privilegia gli interessi pubblici e necessità evidenziate dall’amministrazione appaltante, quella comunitaria si pone invece dalla parte delle imprese concorrenti alle quali cerca di garantire il terreno adatto per competere.
Il merito delle regole poste dall’ordinamento comunitario è stato quello di far penetrare il valore della concorrenza e della tutela del mercato all’interno della nostra legislazione, che sin dagli anni ’90 ha intrapreso, sia pur con notevoli ritardi nel recepimento delle direttive via via emanate sugli appalti, il cammino verso
1 Un’analisi puntuale delle carenze normative e delle disfunzioni amministrative che hanno afflitto il settore degli appalti pubblici si rinviene nella Relazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato su Appalti pubblici e concorrenza, presentata al Presidente del Consiglio dei Ministri nel luglio 2002, sulla quale v. X. XXXXXX, Gli appalti pubblici, in AA. VV., Trattato di diritto privato, diretto da X. XXXXXXX, vol. XXVI, Il diritto dell’Unione europea, a cura di X. XXXXXXX, II ed., tomo 1, Torino, 2006, 683.
l’europeizzazione delle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento degli appalti, arricchendole e trasformandole da procedimento volto alla scelta del miglior contraente a procedura funzionalizzata anche alla tutela delle imprese concorrenti.
Coglie quindi nel segno chi2 rileva come l’intera disciplina sugli appalti è stata, sotto la spinta dell’Unione Europea, rivista e corretta sotto una luce nuova, che guarda alla materia degli appalti come ad uno strumento funzionale al mercato, inteso quale valore da promuovere e tutelare, e che di conseguenza le procedure ad evidenza pubblica devono essere interpretate, integrate ed attuate alla stregua dei principi che regolano il mercato interno, l’interesse pubblico che le stazioni appaltanti devono perseguire corrisponde anche alla promozione di un mercato realmente competitivo. Le direttive n. 2004/18 e n. 2004/17 sugli appalti pubblici3 fissavano per il loro recepimento da parte degli Stati membri il termine del 31.01.2006.
Il legislatore italiano con la L. 18 aprile 2005 n. 62 (legge comunitaria 2004) ha conferito al governo la delega per l’adozione di uno o più decreti attuativi, nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi4 (art. 25 L. cit.):
a) compilazione di un unico testo normativo recante disposizioni legislative in materia di procedure di appalto sia nei settori classici che in quelli speciali disciplinate dalle due direttive;
b) semplificazione delle procedure di affidamento che non costituiscono diretta applicazione delle normative comunitarie, finalizzata a favorire il contenimento dei tempi e la massima flessibilità, attraverso l’individuazione di un nucleo di principi e disposizioni comuni applicabili a tutti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sia sopra che sotto la soglia di valore di rilevanza comunitaria;
c) conferimento all’Autorità per la vigilanza dei lavori pubblici dei compiti di controllo anche in materia di servizi e forniture;
d) adeguamento della normativa alla sentenza del 7 ottobre 2004, con cui la Corte di Giustizia ha censurato la legislazione italiana laddove impone il ricorso al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, anziché prevedere lo stesso in alternativa a
2 X. XXXXXXXXXX, Il Codice degli appalti, in Giorn. Di dir. amm., 11/2006, 1187.
3 V. artt. 80 della direttiva n. 2004/18 e 71 della direttiva n. 2004/17.
4 Sui criteri direttivi dettati per l’esercizio della delega, v. M. A. SANDULLI, Prefazione, in AA. VV.,
La disciplina degli appalti misti, a cura di X. XXXXXXXX-X.X.XXXXXXXX,
quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rimettendone la scelta alla discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatrici5.
Come appare evidente la legge delega riproduce nella sostanza gli obiettivi di semplificazione, modernizzazione e flessibilità stabiliti a livello comunitario.
La necessità di provvedere all’attuazione interna della disciplina comunitaria ha rappresentato l’occasione per un riassetto organico della normativa in materia di appalti pubblici, realizzato attraverso un’incisiva opera di armonizzazione anche con riferimento ai principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria.
In esecuzione della delega, il governo ha emanato il Dlgs. n. 163/2006, cui va riconosciuto il merito di aver disciplinato in un’unica fonte i profili regolati dalle direttive n. 18/2004/CE e n. 17/2004/CE, i profili essenziali già dettati in modo frammentario e carente di organicità dalle precedenti normative e il contenzioso, lasciando al regolamento di attuazione6 gli aspetti di dettaglio.
L’opera di sistemazione e codificazione della materia dei contratti pubblici, si inserisce del resto in una fase storica caratterizzata da un’intensa attività di semplificazione e riordino da parte del legislatore delegato italiano che ha toccato diversi ambiti, portando all’emanazione di veri e propri codici di settore, connotati di una forte specialità rispetto alla disciplina di diritto comune7.
Anche il codice dei contratti pubblici rientra in questa categoria, con la precisazione, come abbiamo visto sopra, che la disciplina è volta a regolare in misura prevalente la fase di formazione della volontà contattuale della P.A., ossia le procedure di
5 Corte di Giustizia, sent. 7.10.2004, causa C-247/02, in Foro amm./Tar, 2004, 2424 ss. La pronuncia della Corte giunge a conclusione del rinvio pregiudiziale promosso dal Tar Lombardia con ordinanza del 26.06.2004 n. 997 (in Foro amm./Tar, 2005, 17) ed avente ad oggetto l’art. 21 L. 109/1994 in riferimento all’art. 30 della direttiva 93/37CEE. Per un commento, v. X. XXXXXXXXX (Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici: la tutela della concorrenza e la “nuova” discrezionalità delle amministrazioni aggiudicatici, in Foro amm./Tar, 2005, 19), il quale evidenzia come sia ormai un concetto acquisito che la competizione tra imprese possa esplicarsi non solo mediante una politica di riduzione dei costi, ma anche attraverso la proposizione di un prodotto di qualità migliore.
6 La normativa di dettaglio verrà disciplinata in un apposito regolamento, attualmente ancora in corso di approvazione. Fino all’adozione di detto regolamento per il settore lavori continuerà ad applicarsi il DPR. N. 554/1999.
7 Basti citare il Codice in materia di protezione dei dati personali (DLGS n. 196/2003); il Codice delle comunicazioni elettroniche (DLGS n. 295/2003); Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLGS
n. 42/2004); il Codice della proprietà industriale (DLGS n. 30/2005), e da ultimo il Codice del consumo (DLGS n. 206/2005) ed il Codice dell’ambiente (DLGS n. 152/2006).
evidenza pubblica preordinate alla scelta del miglior contraente privato. Il codice degli appalti pubblici non tocca le regole generali in materia di contratti vigenti nel nostro ordinamento. Tuttavia è indubbio che le disposizioni speciali sull’evidenza pubblica influiscano in maniera rilevante sull’autonomia contrattuale della P.A.
Sarà dunque compito della nostra indagine valutare il rapporto tra il codice dei contratti pubblici e la disciplina sui contratti contenuta nel codice civile per chiarire a quale esito conduce l’interferenza tra le due normative.
2.2 La struttura del codice dei contratti pubblici e le modifiche apportate dai decreti correttivi
Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è stata istituita una Commissione composta da esperti del settore8, incaricata della concreta elaborazione del testo di attuazione nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi contenuti nella delega di cui all’art. 25 L. 18 aprile 2005, n. 62. All’esito dei lavori della Commissione di studio, sullo schema approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, sono stati resi i pareri obbligatori previsti in legge delega (conferenza unificata e commissioni parlamentari) ed il parere, sebbene non previsto formalmente in delega, del Consiglio di Stato9. Il testo, una volta adeguato ai pareri resi, è stato approvato in via definitiva dal Governo, e di conseguenza è stato emanato il DLGS 12 aprile 2006, n. 163, recante il “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2.05.2006 ed entrato in vigore il 1 luglio 2006. La struttura del codice dei contratti pubblici, frutto di uno sforzo di armonizzazione notevole, è articolata in cinque distinte parti:
1) la prima parte (artt. 1-27), intitolata “Principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice”, contiene le
8 La Commissione, presieduta dal Presidente del TAR del Lazio, Xxxxxxxx Xx Xxxx è stata istituita con
D.P.C.M. 23 maggio 2005, e nella sua opera si è avvalsa anche dei significativi apporti di tutti i Ministeri interessati e delle organizzazioni di settore. Inoltre sull’articolato predisposto ha acquisito le osservazioni delle associazioni delle categorie professionali ed imprenditoriali interessate e delle amministrazioni pubbliche coinvolte.
9 Il parere del Consiglio di Stato è stato ritenuto obbligatorio, in ragione della competenza di tale organo ad esprimere pareri sui testi unici, in considerazione del fatto che la stessa legge delega espressamente autorizzava il Governo, nell’attuare i principi e i criteri direttivi fissati, ad adottare la soluzione del testo normativo unico. Il testo del parere del Consiglio di Stato, Adunanza Generale, 6 febbraio 2006, n. 355, è disponibile in Foro amm., Cons. di Stato, 2006, 600 e ss.
norme (titolo I) relative all’oggetto (art. 1), ai principi (art. 2), alle definizioni (art. 3), al riparto di competenze tra Stato e Regioni (art. 4), all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (art. 6 e 8), all’Osservatorio (art. 7), allo Sportello dei contratti pubblici (art. 9), al responsabile del procedimento (art. 10), al diritto di accesso agli atti (art. 13), nonché l’elencazione dei contratti esclusi, cui è dedicato l’intero titolo II, ove sono menzionati, tra gli altri, i contratti segretati, gli appalti aggiudicati in base a norme internazionali e i contratti di sponsorizzazione;
2) la seconda parte (artt. 28-205), dedicata ai “Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari” , disciplina i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, sia sopra che sotto soglia comunitaria, ed è suddivisa in quattro titoli, a loro volta ripartiti in capi e sezioni. Il titolo primo (artt. 28- 120) disciplina i contratti di rilevanza comunitaria, dando così attuazione alla direttiva 2004/18/CE, laddove contiene la regolamentazione delle procedure di affidamento, nonché i principi in tema di esecuzione del contratto10. Sembra opportuno sottolineare come detto titolo costituisca il nucleo centrale ed il modello generale di riferimento per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. In quest’ambito, degno di particolare rilievo è il capo II, dedicato alla disciplina dei requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento (artt. 34- 52), ove il legislatore delegato fissa i requisiti per la partecipazione alle gare dei consorzi (art. 35), la nozione di consorzi stabili (art. 36), i requisiti di idoneità professionale (art. 39), le vicende soggettive del candidato, dell’offerente e dell’aggiudicatario (art. 51), le modalità di controllo sul possesso dei requisiti (art. 48), e l’istituto dell’avvalimento (artt. 49 e 50), rispetto al quale il codice impone rigidi criteri di ammissibilità. Di grande importanza è pure la sezione II (artt. 63-69), dedicata a bandi, avvisi ed inviti. Il titolo secondo (artt. 121-125), regolamenta i contratti sotto-soglia comunitaria, mediante l’enucleazione di specifiche regole derogatorie rispetto alla disciplina dei contratti sopra-soglia, con una clausola di rinvio, per quanto
10 E’ bene qui specificare che le disposizioni in tema di esecuzione del contratto, non derivano dalla fonte comunitaria, che si occupa solo delle procedure di affidamento, bensì dal riordino della disciplina nazionale previgente.
non espressamente ivi regolato, alla parte II del codice (ossia alla disciplina dei contratti di rilevanza comunitaria11). Il titolo terzo (artt. 126-194) detta disposizioni specifiche per i contratti relativi ai lavori pubblici, disciplinando, in particolare, la concessione di opere pubbliche (artt. 142-151), la finanza di progetto (artt. 152-160); la concessione e l’affidamento a contraente generale per le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi (artt. 161-181), nonché le procedure per la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere (artt. 182-185). Anche per queste figure contrattuali il modello è costituito dalla disciplina generale dettata per i contratti sopra-soglia, salve le deroghe specificamente previste. Il titolo quarto (artt. 195-205) disciplina i contratti di lavori, servizi e forniture in alcuni settori specifici, quali la difesa (artt. 195-196) e i beni culturali (artt. 197-205);
3) la terza parte del codice (artt. 206-238) è intitolata “Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali” e reca disposizioni di recepimento della direttiva 2004/17/CE. Inoltre, l’art. 206 individua specificamente tra le norme dettate per i settori ordinari quelle che sono applicabili anche ai settori in questione, che ricordiamo essere gas, energia termica ed elettricità, acqua, servizi di trasporto, servizi postali, prospezione ed
11 Quanto alle soglie di rilevanza comunitaria, esse sono fissate per i settori ordinari dall’art. 28 del codice nei seguenti importi, da intendersi al netto dell’IVA: a) 137.000,00 € per gli appalti pubblici di forniture e servizi aggiudicati dalle amministrazioni centrali dello Stato; b) 211.000,00 € per gli appalti di servizi e forniture aggiudicati da tutte le altre amministrazioni; c) 5.278.000,00 € per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni di lavori pubblici. Per i settori speciali, le soglie, sempre al netto dell’Iva, sono indicate dall’art. 215 del codice in: a) 422.000,00 € per gli appalti pubblici di forniture e servizi; b) 5.278.000,00 € per gli appalti pubblici di lavori. L’art. 248 DLGS 163/2006 prevede inoltre una procedura per la revisione periodica delle suddette soglie. E’ bene precisare che, a prescindere dal meccanismo di aggiornamento formale previsto dall’art. 248 citato, con regolamento comunitario n. 1422/2007, pubblicato nella G.U.C.E. del 5.12.2007, sono state ritoccate verso il basso le soglie di rilevanza comunitaria, in un’ottica di progressiva estensione del diritto comunitario e del conseguente ritrarsi di quello interno. Le nuove soglie sono entrate in vigore dal 1 gennaio 2008 ed hanno efficacia immediata e diretta nell’ordinamento, a prescindere da un formale atto di recepimento, trovando fonte in un regolamento comunitario. Di conseguenza, nei settori ordinari le soglie previste per i servizi e le forniture da 137.000,00 € e 210.000,00 € passano a 133.000,00 € e 206.000,00 €, quella per i lavori passa da 5.278.000,00 € a 5.150.000,00 €; nei settori speciali, la soglia per i servizi e forniture passa da 422.000,00 € a 412.000,00 €, e per i lavori da 5.278.000,00 € a 5.150.000,00 €. Sul regolamento e la fissazione delle nuove soglie di rilevanza comunitaria, v. R. DE NICTOLIS, La riforma del Codice appalti, in Urbanistica e appalti, n. 3/2008, 269; P. URBANI - X. XXXXXXX, Guida al codice dei contratti pubblici, Torino, 2008, 38 e ss.
estrazione di petrolio e combustibili solidi, porti ed aeroporti; l’art. 238 fissa il regime applicabile a detti settori nel caso di contratti di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria;
4) la quarta parte (artt. 239-246), dal titolo “Contenzioso”, contiene la disciplina degli strumenti stragiudiziali e giudiziali di composizione delle liti in materia di contratti pubblici, quali la transazione (art. 239), l’accordo bonario (art. 240), l’arbitrato (artt. 241-243), le norme in materia di giurisdizione esclusiva (244), riti speciali (art. 246) e tutela cautelare ante causam (art. 245, commi 3 e ss.);
5) la quinta parte (artt. 247-257) reca le disposizioni di coordinamento e transitorie, nonché le abrogazioni. Seguono gli allegati, ordinati così come nelle direttive recepite, rispetto alle quali sono stati aggiunti due allegati che riguardano gli appalti relativi alle infrastrutture strategiche12.
Occorre subito precisare che il codice dei contratti pubblici, all’indomani della sua emanazione ha subito diverse modifiche di notevole rilievo, di cui qui di seguito tenteremo di dare una rassegna il più completa ed aggiornata possibile.
Con l’art. 1 octies D.L. 12 maggio 2006, n. 173, inserito dalla legge di conversione,
L. 12 luglio 2006, n. 22813, è stata differita sino al 1 febbraio 2007, l’applicazione di alcuni istituti del codice: in particolare è stata sospesa fino a tale data l’efficacia delle disposizioni in materia di centrali di committenza (art. 33), avvalimento (art. 49, comma 10), appalto integrato, ossia misto di progettazione ed esecuzione (art. 53), procedura negoziata con e senza previa pubblicazione del bando (artt. 56 e 57), dialogo competitivo (art. 58) e accordo quadro (art. 59). A ben vedere, la ragione del differimento risiede nel carattere innovativo di tali disposizioni rispetto agli strumenti conosciuti dalla nostra tradizione giuridica in materia di appalti pubblici, ed infatti le norme la cui efficacia è stata prorogata riguardano proprio quegli istituti
c.d. a recepimento facoltativo, in relazione ai quali le direttive lasciavano liberi gli Stati membri di decidere se introdurli o meno nei rispettivi ordinamenti. Pertanto lo
12 Si tratta dell’allegato XXI, che corrisponde al c.d. allegato tecnico introdotto dal DLGS n. 189 del 2005 e dell’allegato XXII, che corrisponde all’allegato al DLGS. n. 190 del 2002.
13 Detta disposizione ha introdotto, con la tecnica della novellazione, il comma 1 bis all’art. 253 del codice dei contratti pubblici, che reca appunto la disciplina transitoria.
slittamento persegue la finalità di disporre di più tempo per valutare l’impatto e quindi gli effetti dei nuovi istituti sul piano operativo.
a) Il primo decreto legislativo correttivo
L’efficacia delle disposizioni sopra viste, fatta eccezione per l’art. 49, comma 10 in materia di avvalimento, è ulteriormente slittata fino al 1 agosto 2007 ad opera del DLGS. 26 gennaio 2006, n. 6 (pubblicato in G. U. del 31 gennaio 2007, n. 25 ed entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione), emanato in attuazione della medesima delega sulla scorta della quale è stato adottato il codice. Infatti l’art. 25, comma terzo L. 62/2005 consente l’emanazione di disposizioni correttive ed integrative al codice dei contratti pubblici entro due anni dall’entrata in vigore dello stesso. Il citato provvedimento, meglio noto come primo decreto legislativo correttivo, non ha solo disposto il differimento fino al 1 agosto 2007 di quasi tutti gli istituti c.d. a recepimento facoltativo già sospesi fino al 1 febbraio 2007 dalla L. 228/2006 (centrali di committenza, appalto integrato, procedura negoziata con e senza previa pubblicazione del bando, dialogo competitivo e accordo quadro)14, ma ha anche introdotto delle modifiche sostanziali ad alcune disposizioni del codice dei contratti pubblici. Tra le più importanti, segnaliamo la nuova formulazione dell’art. 49, comma 10, in tema di avvalimento, disciplina entrata in vigore, come appena visto, già a partire dal 1 febbraio 2007. Detta disposizione a seguito dell’intervento
14 Per quanto riguarda il regime transitorio, a seguito della L. 228/2006 e del primo decreto legislativo correttivo (DLGS n. 6/2007), è stato opportunamente rilevato (v. R. DE NICTOLIS, La riforma del codice appalti, in Urbanistica e appalti, n. 3/2007, 274; X. XXXXXX, La vicenda del parziale rinvio dell’entrata in vigore del codice, i decreti correttivi ed il regolamento attuativo: cenni, in AA.VV. Il nuovo codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (a cura di X. XXXXXX), Padova, 2008,
60) come l’applicabilità delle disposizioni del codice dei contratti pubblici debba essere esaminata in riferimento a tre periodi: 1) il periodo che va dal 1 luglio 2006 all’11 luglio 2006, ossia fino al giorno prima della data di entrata in vigore della L. 228/06. In relazione a tale periodo tutte le disposizioni del codice -anche quelle successivamente sospese in tema di avvilimento, procedura negoziata, centrali di committenza, accordo quadro, dialogo competitivo, appalto integrato- sono applicabili, sicché ai bandi ed inviti pubblicati in tale arco di tempo si applica il codice dei contatti pubblici integralmente; 2) il periodo tra il 12 luglio 2006 e il 31 gennaio 2007, ossia fino al giorno prima dell’entrata in vigore del DLGS n. 6/2007. Limitatamente agli istituti dell’avvilimento, della procedura negoziata, delle centrali di committenza, dell’accordo quadro, del dialogo competitivo e dell’appalto integrato, la cui efficacia è stata sospesa si applica, ove esistente, la disciplina vigente anteriormente all’emanazione del codice, per cui per i lavori pubblici nei settori ordinari, continuano ad applicarsi in tema di trattativa privata le disposizioni della Merloni e del relativo regolamento; 3) il periodo dal 1 febbraio 2007 al 31 luglio 2007. Per tutti gli istituti a recepimento facoltativo di cui al secondo periodo, eccetto che per l’avvalimento, continuano ad applicarsi, ove esistenti, le disposizioni previgenti di cui alla Merloni ed al relativo regolamento. Per l’avvalimento, l’art. 49, comma 10, come modificato dal DLGS n. 6/2007, si applica già a partire dal 1 febbraio 2007.
correttivo non prevede più il divieto dell’affidamento in subappalto nei confronti dell’impresa ausiliaria, stabilendo che questa possa partecipare all’esecuzione dell’appalto, assumendo il ruolo di subappaltatore, nei limiti dei requisiti prestati. La norma come emendata appare sicuramente più in linea con la disciplina comunitaria in materia (artt. 47, 48 e 52 direttiva 2004/18/CE e 53 e 54 direttiva 2004/17/CE), e mira ad evitare il rischio che l’avvalimento si trasformi sul piano operativo in un mero prestito di requisiti, che potrebbe favorire lo sviluppo di mercato dei requisiti da parte di operatori economici che, anziché agire come imprenditori, si limitano a fare da prestatori di requisiti15. In tema di responsabile del procedimento, si introduce (art. 10, comma 5) la possibilità per le amministrazioni aggiudicatici di designarlo tra il personale dipendente in servizio, anche non di ruolo, in caso di accertata carenza di dipendenti di ruolo in possesso di professionalità adeguate e, limitatamente all’amministrazione della difesa (art. 196, comma 4), la facoltà di individuarlo in un dipendente specializzato in materie giuridico-amministrative. In materia di vigilanza sull’attività delle società e degli organismi di attestazione, c.d. SOA, l’art. 40, comma quarto, lett. f bis, demanda al futuro regolamento di attuazione la definizione delle modalità per assicurare il coordinamento tra l’Autorità di vigilanza ed il Ministero delle Infrastrutture, mentre l’art. 253, comma ventuno rinvia ad un decreto del Ministro delle Infrastrutture, da adottarsi su mero parere (e non più d’intesa, come nel vecchio testo) dell’Autorità di Vigilanza, la fissazione dei criteri, delle modalità e delle procedure per la verifica dei certificati dei lavori pubblici e delle fatture utilizzati ai fini del rilascio delle attestazioni SOA intervenute dal 1 marzo 2000 fino alla data di entrata in vigore del codice. Le norme ora citate estendono quindi le competenze del Ministero delle Infrastrutture in materia di vigilanza delle SOA, e le coordinano con quelle dell’Autorità di Vigilanza. Importanti innovazioni riguardano il regime della pubblicità: secondo l’art. 66, comma sette -disposizione espressamente richiamata dagli artt. 122, comma cinque e 124, comma 5 per gli appalti sottosoglia rispettivamente di lavori e di servizi e forniture- gli avvisi e i bandi di gara devono essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, Serie Speciale, entro
15 Sul punto, v. D. XXXXX, Anche l’impresa che presta i requisiti può partecipare all’esecuzione dell’opera, in Guida dir., n. 7/2007, 48.
il sesto giorno feriale successivo al ricevimento della documentazione da parte dell’Ufficio inserzioni dell’Istituto poligrafico e zecca dello Stato16. La ratio sottesa a tale disposizione è quella di evitare che i tempi lunghi di pubblicazione dei bandi in Gazzetta Ufficiale possano vanificare le esigenze di celerità delle stazioni appaltanti. Per gli appalti di lavori sottosoglia, inoltre si estende l’obbligo di pubblicazione dei bandi e degli avvisi di gara: per gli appalti di importo superiore a 500.000,00 € si prevede che vengano pubblicati su almeno due quotidiani di cui uno a tiratura nazionale e l’altro a maggiore diffusione locale; mentre per gli appalti di importo inferiore a 500.000,00 € si prescrive che i bandi e gli avvisi di gara vengano pubblicati nell’albo pretorio del Comune dove si devono eseguire i lavori e nell’albo della stazione appaltante (art. 122, comma cinque). Quest’ultima disposizione, criticata da parte della dottrina più attenta17, in quanto comporterebbe in riferimento agli appalti sottosoglia un’inutile aggravio di costi per le stazioni appaltanti, nelle aspirazioni del legislatore delegato, tende, attraverso l’ampliamento della pubblicità, a salvaguardare le esigenze di trasparenza e concorrenza. Infine il DLGS. n. 6/2007 interviene in materia di concessioni di lavori e servizi nei settori speciali, inserendo il comma 1 bis all’art. 216 del codice, per chiarire che nel caso in cui il concessionario non coincida dal profilo soggettivo con uno degli enti aggiudicatori che esercitano una o più attività di cui agli artt. 208-213 e non sia stato scelto con procedura di gara aperta o ristretta, qualora intenda affidare un appalto a valle della concessione di cui è titolare, è tenuto ad applicare le stesse disposizioni alle quali sono soggetti i predetti enti, ossia le norme che sono previste per i settori speciali. L’aggiunta del comma appena citato è scaturita dall’esigenza di impedire eventuali distorsioni che sarebbero potute derivare dall’applicazione del comma 1 dell’art. 216, secondo cui gli enti aggiudicatori che svolgono le attività di cui agli artt. 208-213, nei settori speciali possono affidare concessioni liberamente, senza seguire alcuna procedura di evidenza pubblica.
16 A seguito del Decreto del Ministero della Giustizia 13 dicembre 2006, pubblicato in G.U. 18 dicembre 2006, n. 293, è stata infatti istituita e disciplinata in attuazione dell’art. 253, comma 11 del codice, la quinta serie speciale relativa ai contratti pubblici della Gazzetta Ufficiale, che a decorrere dal 1 gennaio 2007 è appositamente destinata a pubblicare ogni lunedì, mercoledì e venerdì gli avvisi ed i bandi di gara relativi ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
17 V. per tutti, X. XX XXXXXXXX, La riforma, cit., 278.
b) Il secondo decreto legislativo correttivo
Modifiche di maggior spessore sono state introdotte ad opera del DLGS 31 luglio 2007, n. 113 (pubblicato in G.U. del 31 luglio 2007, n. 173 ed entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione), emanato in attuazione dell’art. 25, comma terzo L. n. 62/2005. Le innovazioni di carattere sostanziale che tale provvedimento, meglio noto come secondo decreto legislativo correttivo, ha comportato rispetto all’originaria impostazione del codice, hanno spinto buona parte della dottrina a stigmatizzare e criticare, anche sotto il profilo della legittimità costituzionale, le modalità con cui è stata utilizzata la possibilità di un esercizio ripetuto della delega: le novità introdotte dal secondo correttivo, come subito vedremo, vanno ben oltre i limiti posti dalla L. n. 62/2005, secondo cui è ammissibile il ricorso a più decreti successivi per attuare la medesima delega, purché gli stessi rechino disposizioni di carattere meramente integrativo e correttivo delle precedenti norme, nel rispetto delle scelte già operate18. Del resto, lo stesso Consiglio di Stato, nel parere sullo schema di tale decreto legislativo, ha precisato che la ratio del potere correttivo è quella di consentire un breve periodo di sperimentazione delle riforme normative più complesse, prima di radicarle definitivamente nel nostro ordinamento giuridico, per cui il governo non dovrebbe andare “oltre il semplice ampliamento dell’oggetto del primo decreto legislativo a quei profili della materia delegata, come individuati nei criteri direttivi, trascurati in prima attuazione”19. Sotto altro profilo, è stato opportunamente rilevato20 come il proliferare di decreti prima sospensivi e poi correttivi del codice dei contratti pubblici rischia di frustrare in modo irreversibile uno dei principali obiettivi dell’attività di codificazione, in palese contrasto con le stesse direttive europee, ossia quello di semplificazione e razionalizzazione della disciplina vigente in materia di appalti pubblici, attraverso la regolazione unitaria e
18 Circa i profili di illegittimità costituzionale che possono riscontrarsi nel caso di deleghe complesse,
v. C. Cost., sent. 206/2001. Quanto ai problemi di legittimità costituzionale che entrambi i decreti correttivi del codice degli appalti pongono, v. X. XXXXXX (Il secondo correttivo del codice dei contratti pubblici, in Giornale dir. amm., n. 12/2007, 1255, nt. 4), la quale cita l’opinione autorevolmente espressa da P. DE XXXX in tal senso al Convegno Il codice dei contratti un anno dopo, svoltosi a Roma, Palazzo Spada, il 19 ottobre 2007.
19 Cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Generale, parere 6 giugno 2007, n. 1750, riportato da X. XXXXXX, Il secondo corr., cit., 1255, nt. 2.
20 Sul punto, v. X. XXXXXX, Il secondo corr., cit., 1256.
coerente ed il riassetto organico di una materia caratterizzata da sempre da eccessiva frammentarietà e complessità: il susseguirsi di modifiche ed integrazioni ha determinato una notevole confusione del quadro normativo generale e prodotto incertezze e problemi pratici alle amministrazioni aggiudicatici e agli operatori economici che si trovano ad utilizzare strumenti e procedure sottoposti a continue trasformazioni. Inoltre entrando nel merito delle scelte compiute dal secondo decreto correttivo, si riscontra una discrepanza tra le finalità dichiarate e le disposizioni normative adottate. Nella relazione illustrativa vengono indicati obiettivi pienamente condivisibili, quali il perseguimento di una più profonda conformazione dell’ordinamento alle esigenze di matrice anche comunitaria, nel senso di una maggiore incentivazione dell’apertura del mercato e della promozione effettiva di condizioni sostanziali di sana e corretta concorrenza tra gli operatori economici, di trasparenza, flessibilità e snellimento degli adempimenti burocratici nelle procedure di affidamento degli appalti. In alcuni casi, come per l’eliminazione del diritto di prelazione del promotore nella finanza di progetto, questi obiettivi sembrano essere realizzati dal decreto. Ma l’esame complessivo del testo evidenzia numerose contraddizioni rispetto alle finalità dichiarate. A ben vedere, da un lato, il secondo correttivo introduce disposizioni che sembrano restringere, anziché rafforzare la concorrenza, come le previsioni che stabiliscono l’ampliamento dei casi di ricorso alla trattativa privata, estendendo l’ambito di applicazione soggettivo degli appalti segretati anche all’amministrazione della giustizia, o la riduzione del rischio del concessionario, attraverso il riconoscimento in favore di quest’ultimo di un prezzo per la restituzione del bene al termine della durata della concessione. Dall’altro, vengono eccessivamente ristretti i margini di manovra delle amministrazioni aggiudicatici, in contraddizione con la finalità di agevolare le stesse nella gestione degli appalti, garantendo loro la massima flessibilità nel rivolgersi al mercato, attraverso l’utilizzo degli strumenti giuridici innovativi previsti dalle direttive: vengono infatti introdotte forti limitazioni al ricorso all’appalto integrato e all’appalto concorso (c.d. appalti misti) nei contratti sotto soglia, e alla procedura ristretta; si fissano limiti e divieti agli accordi quadro e si pone il divieto di ricorso al dialogo competitivo nel settore delle infrastrutture strategiche. Quanto alla centrale di
committenza, stupisce invece che nessuna modifica venga introdotta, dato che le disposizioni inerenti tale istituto erano state sospese in attesa di una dichiarata volontà di revisione. Fatta questa necessaria premessa, conviene quindi procedere all’esame specifico delle disposizioni maggiormente innovative introdotte dal decreto legislativo n. 113/2007, seguendo, per quanto possibile, l’ordine delle partizioni del codice sulle quali vanno ad incidere. In relazione alle novità introdotte in tema di procedure di scelta del contraente, occorre innanzitutto rilevare come detto provvedimento consente la piena efficacia di alcuni degli istituti giuridici in precedenza sospesi, quali la procedura negoziata, l’accordo quadro e la centrale di committenza, mentre subordina l’entrata in vigore dell’appalto misto e del dialogo competitivo all’emanazione del futuro regolamento di attuazione del codice (art. 253, commi 1 quater e 1 quinquies). Secondo il Consiglio di Stato tale differimento non trova alcuna ragione pratica, né tanto meno giuridica, dato che si tratta di istituti previsti da norme immediatamente precettive21, che non hanno bisogno per la loro operatività di alcuna disposizione di dettaglio. In tema di contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice, il novellato art. 17, comma primo, come sopra accennato, include l’amministrazione della giustizia tra il novero dei soggetti che possono affidare con trattativa privata, previa gara informale con invito di almeno cinque candidati, i c.d. contratti segretati. Come visto sopra, si tratta di una norma che, determinando un ampliamento del ricorso alla trattativa privata, restringe la concorrenza, apportando una vistosa deroga alle regole dell’evidenza pubblica, in controtendenza rispetto agli indirizzi indicati dalla stessa giurisprudenza comunitaria22, che già ha avuto occasione di stigmatizzare l’utilizzo eccessivo della trattativa privata e della segregazione da parte degli Stati membri. Quanto alle modifiche in senso limitativo introdotte in materia di procedure negoziate, il decreto correttivo espunge dall’art. 56 del codice due ipotesi di procedura negoziata previo bando, ed in particolare la fattispecie di lavori, servizi e forniture la cui particolare
21 Il Consiglio di Stato per descrivere la natura delle disposizioni in esame usa il termine “self executing”: x. Xxxxxxxxx di Stato, Adunanza Generale, parere 6 giugno 2007 n. 1750, citato da X. XXXXXX, Il secondo corr., cit., 1258.
22 Basti pensare alla recente procedura di infrazione avviata il 23 marzo 2006 dalla Commissione CE contro l’Italia in relazione al decreto del Ministro dell’Interno 11 luglio 2003 relativo all’appalto di fornitura di elicotteri leggeri.
natura o i cui imprevisti oggettivamente non imputabili alla stazione appaltante, non consentano la fissazione preliminare e globale dei prezzi (art. 56, lett. b, ora soppresso) e quella dei servizi per i quali la natura della prestazione renda impossibile stabilire le specifiche del contratto con precisione sufficiente per poter aggiudicare l’appalto selezionando la migliore offerta con la procedura aperta o ristretta (art. 56, lett. c, ora soppresso). E’ stato sottolineato23 come la soppressione ora riferita si ponga in evidente contrasto con l’art. 40 della direttiva 2004/18/CE, che espressamente contempla entrambe le fattispecie. Secondo la relazione illustrativa, invece l’innovazione è tesa ad eliminare dall’ordinamento la possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere a due ipotesi di procedura negoziata con bando che potrebbero, di fatto, limitare la concorrenza per il rischio di indeterminatezza che è sotteso alla loro stessa previsione, e la soppressione di queste non contrasterebbe perciò con la direttiva 2004/18/CE, laddove questa lascia liberi gli Stati membri in sede di recepimento di introdurre previsioni di maggior tutela della libertà di concorrenza. Per quanto riguarda la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, da un lato l’art. 57, comma cinque, lett. b, elimina la possibilità di estendere ai lavori tale istituto, che resta quindi limitato ai soli servizi, nel caso di ripetizione di prestazioni analoghe a quelle oggetto dell’appalto da effettuarsi dall’aggiudicatario entro il triennio dalla stipula del precedente contratto, sulla base del rilievo per cui solo in riferimento ai servizi si può ravvisare un’effettiva e rigorosa serialità, e dall’altro l’art. 204, comma 1 bis, ammette il ricorso a tale procedura anche per la ripetizione di lavori analoghi, ma solo in riferimento agli appalti relativi ai beni culturali e sempre entro il triennio dalla stipula del precedente contratto. Come è stato notato tali modifiche in sostanza ripristinano la disciplina vigente ante codice dei contratti pubblici24, allineandola peraltro alle osservazioni della giurisprudenza comunitaria25, laddove fanno decorrere il triennio entro cui l’impresa aggiudicataria del primo appalto può ricorrere a tale possibilità per i nuovi
00 X. XX XXXXXXXX, Le novità normative in materia di contatti pubblici di lavori, servizi e forniture,
in Urbanistica e appalti, n. 9/2007, 1072; X. XXXXXX, Il secondo corr., cit., 1259.
24 L’ammissibilità della procedura negoziata senza bando era infatti prevista, oltre che per i servizi, per i soli lavori aventi ad oggetto beni culturali dal DLGS. n. 34/2004.
00 X. Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 14 settembre 2004, C 358/2002.
lavori consistenti nella ripetizione di opere simili a quelle già affidate dalla stipulazione del contratto iniziale e non dalla conclusione dei lavori. Sempre in ambito di procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, si specifica all’art. 110, che è possibile ricorrere a tale istituto per i concorsi di progettazione ed i concorsi di idee sotto soglia, prevedendo altresì l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatici di invitare almeno cinque soggetti e di assicurare l’adeguata partecipazione di giovani professionisti. Un’ulteriore modifica al codice dei contratti incide sulla disciplina dell’appalto misto di progettazione ed esecuzione, istituto a cui gli artt. 53 e 122 avevano riconosciuto una piena liberalizzazione, nel senso che riconoscevano in capo alle stazioni appaltanti la libertà di scegliere caso per caso se affidare la sola esecuzione, ovvero l’esecuzione e la progettazione esecutiva (c.d. appalto integrato), ovvero l’esecuzione e la progettazione esecutiva, previa acquisizione del progetto definitivo (c.d. appalto concorso). A seguito della novella apportata dal DLGS n. 113/2006, da un lato, per i settori ordinari relativi ai contratti sopra soglia, l’art. 253, comma 1 quinquies, differisce, come abbiamo visto sopra, l’entrata in vigore dell’art. 53, commi secondo e terzo fino all’emanazione del futuro regolamento di attuazione, e dall’altro per i contratti sotto soglia, l’art. 122, comma primo pone dei limiti al ricorso a tale procedura, circoscrivendone l’ambito oggettivo di applicazione ai soli casi di speciale complessità dell’opera, di progetti integrali, o di lavori di manutenzione, restauro e scavi archeologici. L’aver ristretto i casi di ammissibilità del ricorso all’appalto misto di progettazione ed esecuzione per i contratti sotto soglia, quando per i contratti sopra soglia tale istituto è ammesso senza limiti, crea una disparità che non appare ragionevole. Quanto al dialogo competitivo, il secondo correttivo, oltre a rinviarne l’entrata in vigore, come già accennato, fino all’emanazione del futuro regolamento di attuazione (art. 253, comma 1 quater), modifica in modo sostanziale tale istituto, escludendolo per le infrastrutture strategiche, e subordinandolo al previo parere del Consiglio dei lavori pubblici, e, per i beni culturali, a quello del Consiglio superiore dei beni culturali (art. 58, comma primo). Anche la restrizione dell’ambito operativo di tale procedura di affidamento suscita dubbi di conformità alle direttive comunitarie. Peraltro, secondo la relazione
illustrativa26, l’espressa esclusione del ricorso a tale istituto per le infrastrutture strategiche si giustifica per la sostanziale incompatibilità tra le relative discipline: dette opere presuppongono un livello di definizione preventivo delle esigenze dell’amministrazione, al contrario il dialogo competitivo implica che l’amministrazione non sia oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi e non sia perciò capace di specificare l’impostazione giuridica o finanziaria di un progetto; inoltre il ricorso al dialogo competitivo è consentito solo ove l’amministrazione ritenga di non poter aggiudicare l’appalto mediante procedura aperta o ristretta (v. art. 58), mentre per le infrastrutture strategiche l’aggiudicazione della concessione o l’affidamento a contraente generale costituisce sempre il momento finale di una procedura ristretta (v. art. 177); infine l’aggiudicazione dei contratti relativi alle infrastrutture strategiche può avvenire indifferentemente secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa (v. art. 177, comma quarto), mentre per il dialogo competitivo, l’unico criterio di aggiudicazione consentito è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (v. art. 58, comma quarto). Un altro intervento in chiave restrittiva riguarda l’accordo quadro, che viene ammesso in relazione ai soli lavori di manutenzione ed escluso per la progettazione e per gli altri servizi di natura intellettuale (art. 59, comma primo). In tema di procedura ristretta, il DLGS n. 113/2007 prosegue nell’opera di sostanziale trasformazione di tale istituto in procedura aperta27, come già aveva fatto la Legge Merloni limitatamente agli appalti di lavori, discostandosi notevolmente dall’impostazione comunitaria. Secondo le direttive infatti la procedura ristretta si caratterizza per la discrezionalità che riconosce in capo alle stazioni appaltanti nella scelta degli operatori economici da invitare alla gara, mentre la disciplina interna snatura l’essenza di questo istituto, disponendo che le stazioni appaltanti debbano invitare alla gara tutti gli operatori economici che ne facciano richiesta. Per ottenere tale risultato il secondo correttivo interviene con una vera e propria operazione di chirurgia ortopedica, sopprimendo
26 Per un commento alle giustificazioni poste dal governo alla base dell’esclusione del dialogo competitivo per le infrastrutture strategiche, v. D. PONTE, Opere strategiche: niente dialogo competitivo, in Guida dir., n. 36/2007, 85.
00 X. xxx xxxxx X. XX XXXXXXXX, Xx novità, cit., 1071.
l’inciso “lavori” dal testo dell’art. 55, comma sesto e le parole “servizi e forniture” da quello dell’art. 66, comma primo. In tal modo anche per i contratti di servizi e forniture, e non più per l’affidamento dei soli lavori pubblici, le stazioni appaltanti dovranno invitare tutti gli operatori economici che ne facciano richiesta (art. 55, comma sesto), mentre la procedura ristretta propriamente detta -ossia quella ove la scelta delle imprese da invitare è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante- resta limitata ai soli contratti di lavori di importo pari o superiore a 40 milioni di euro (art. 62, comma 1), oltre che agli affidamenti aventi ad oggetto le infrastrutture strategiche (art. 177). Come anticipato sopra, un’importante novità riguarda la disciplina della concessione di lavori pubblici. In base alla nuova formulazione dell’art. 143, comma sette del codice il piano economico finanziario di copertura degli investimenti, contenuto nell’offerta e nel successivo contratto di concessione, deve specificare il valore residuo del bene al netto degli ammortamenti annuali e l’eventuale valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della concessione, “anche prevedendo un corrispettivo per tale valore residuo”. Secondo attenta dottrina28 la norma va criticata sotto un duplice profilo, in quanto da un lato altera il rischio del concessionario, non permettendo più di distinguere la concessione dall’appalto, in contrasto con il diritto comunitario, e dall’altro consente l’affidamento di lavori in assenza di risorse pubbliche attuali e certe, differendo al futuro l’onere finanziario per la stazione appaltante, senza indicazione dei mezzi con cui far fronte al pagamento del prezzo di restituzione dell’opera, in contrasto con il principio di certezza della spesa pubblica. Nelle intenzioni del legislatore delegato tale modifica mira ad incentivare il project financing (in cui il rapporto tra stazione appaltante e promotore aggiudicatario è qualificabile in termini di concessione di lavori pubblici) per la realizzazione e la gestione delle infrastrutture strategiche reputate indispensabili per lo sviluppo economico-sociale del Paese, attraverso la possibilità riconosciuta all’amministrazione di sottoscrivere un piano economico- finanziario con i privati, ancorché non abbia le risorse per far fronte all’impegno, rinviando l’esborso di spesa di sua competenza al termine della durata della
28 V. per tutti, X. XXXXXX (Il secondo corr., cit., 1261-1261), secondo cui la disposizione così come novellata potrà indurre le amministrazioni aggiudicatrici ad avviate opere senza una reale copertura, comportando effetti distorsivi ben noti (opere non finite, aumento dell’indebitamento).
concessione: si tratterebbe di una programmazione della capacità di spesa, nell’ottica dell’incremento della trasparenza e dell’incentivazione alla realizzazione e gestione delle grandi opere. Un altro intervento di rilievo incisivo interessa la disciplina delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione dovuto per il rilascio del permesso di costruire. Secondo quanto dispone l’art. 16, comma secondo DPR 380/2001, T.U. sull’edilizia, il titolare del permesso di costruire può assumere in via diretta le opere di urbanizzazione connesse all’intervento assentito a scomputo totale o parziale degli oneri dovuti per il rilascio dell’autorizzazione. In tale caso il codice dei contratti pubblici prevedeva che qualora le opere di urbanizzazione fossero di importo superiore alla soglia comunitaria, il titolare del permesso di costruire assumesse la veste di promotore ed entro novanta giorni dal rilascio del titolo, presentasse all’amministrazione il progetto preliminare delle opere, da porre a base della gara, e potesse esercitare il diritto di prelazione nei confronti dell’eventuale aggiudicatario, versando allo stesso una quota pari al 3 % del valore del contratto (art. 32, comma 1, lett. g), dettando una disciplina ispirata al modello del project financing, mentre qualora le opere di urbanizzazione primaria fossero di importo inferiore alla soglia comunitaria, il titolare del permesso di costruire potesse realizzarle in via diretta, senza gara, purché fossero inerenti al singolo intervento edilizio assentito (art. 122, xxxxx xxxx). Per quanto concerne le opere di urbanizzazione sopra soglia, l’art. 32, primo comma lett. g, come riformulato, anche in considerazione dei rilievi mossi dalla giurisprudenza comunitaria alla disciplina italiana previgente29, precisa che il bando e l’effettuazione della gara sono svolte dall’amministrazione che rilascia il permesso di costruire e non dal promotore- titolare di tale permesso, e che il promotore delle opere di urbanizzazione deve essere
29 La normativa italiana che consentiva l’affidamento diretto, senza gara di tutte le opere di urbanizzazione in favore del titolare del permesso di costruire era stata dichiarata non conforme alle direttive comunitarie già con la sentenza della Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 luglio 2001, C-399/98, per un commento della quale si rinvia a M.A. QUAGLIA, Le opere di urbanizzazione tra convenzioni urbanistiche e procedure di evidenza pubblica, in Riv. it. Dir. com., n. 5/2001, 815. Per un esame dell’attuale contenzioso comunitario sulle opere a scomputo, v. inoltre R. DE NICTOLIS, La riforma del codice appalti, in Urbanistica app., n. 2/2007, 279-280; ID, La riforma del codice appalti, in Urbanistica app., n. 6/2008, 673. In tale ultima opera, l’autrice da conto della conclusione con sentenza della Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 febbraio 2008, C-412/04, di un’altra procedura di infrazione intrapresa dalla Commissione CE contro l’Italia in riferimento a diverse norme della Merloni, tra cui l’art. 2, comma 5, che nel prevedere la suddivisione in lotti delle opere di urbanizzazione a scomputo, elude le soglie comunitarie. Si precisa che tale norma non è stata riprodotta nel codice.
in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dall’art. 40. Questa modifica mira ad evitare che si verifichi una pericolosa commistione di ruoli in capo al promotore, che altrimenti sarebbe concorrente e aggiudicatore al tempo stesso. In riferimento alle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia, il DLGS n. 113/2007 amplia la deroga prevista dall’art. 122, comma otto al principio della gara per l’affidamento delle opere pubbliche, consentendo al titolare del permesso di costruire l’esecuzione diretta di dette opere alla sola condizione che siano funzionalmente connesse all’intervento edilizio assentito. Se è vero che la norma, nella precedente versione (ove si faceva riferimento al singolo intervento edilizio assentito), di fatto veniva scarsamente applicata, a seguito della modifica consentirà invece di sottrarre al libero gioco della concorrenza opere pubbliche anche di rilievo non indifferente, quali ad esempio le opere di urbanizzazione previste dai piani di lottizzazione30. Forse per rimediare all’eccessiva dilatazione della deroga, l’art. 122, comma otto prevede che prima dell’inizio dell’esecuzione, gli uffici tecnici delle amministrazioni locali interessate trasmettano alle competenti Procure regionali della Corte dei Conti gli atti adottati e tutta la documentazione relativa alle opere di urbanizzazione a scomputo da realizzare. L’attività demandata alla Corte dei Conti sembra finalizzata alla valutazione caso per caso della legittimità dell’esenzione dalle procedure di gara sia dal punto di vista quantitativo (entità economica delle opere di urbanizzazione primaria31), che qualitativo (natura delle opere da realizzare)32. Quanto alla finanza di progetto, il secondo correttivo provvede a rendere la relativa disciplina conforme alla normativa comunitaria, eliminando la possibilità per il promotore di adeguare la propria proposta a quella giudicata più conveniente dall’amministrazione (art. 153, comma terzo) e il conseguente diritto di prelazione (art. 154, comma primo, ultimo periodo). La modifica mira a porre fine alla procedura di infrazione di cui alla causa
30 Sul punto, v. X. XXXXX, Esecuzione diretta più ampia per le opere a scomputo, in Edilizia e territorio, Speciale Codice appalti, n. 32-33, 2007, 13.
31 Ricordiamo che ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b) della Legge n. 847 del 29 settembre 1964, espressamente richiamata dall’art. 122, comma otto del codice dei contratti pubblici, per opere di urbanizzazione primaria si intendono le strade residenziali, gli spazi di sosta o di parcheggio, le fognature, la rete idrica, la rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, la pubblica illuminazione e gli spazi di verde attrezzato.
32 Cfr. X. XXXXXX, Xxxxxxxxxx appalti: come cambia il ruolo della Corte dei Conti, in Dir. e pratica amm., n. 10/2007, 60.
C-412/04 avviata dalla Commissione delle Comunità europee contro la Repubblica Italiana33, e va vista favorevolmente, in quanto, come sottolineato dal Consiglio di Stato, la prelazione a favore del promotore sul piano sostanziale appare inopportuna perché rende poco appetibile la partecipazione alla gara da parte degli altri operatori, con il risultato di sottrarre di fatto alla concorrenza questo importante istituto. Il secondo correttivo ha inoltre trasferito nel codice dei contratti pubblici l’istituto del leasing finanziario (art. 160 bis), espungendolo dall’ambito della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (c.d. legge finanziaria per il 2007), ove era contemplato all’art. 1, commi 907, 908, 912-914. A parere del Consiglio di Stato il decreto correttivo, riguardato sotto il profilo della semplificazione e della c.d. better regulation, dimostra di essere un utilissimo strumento per coordinare le disposizioni sopravvenute all’emanazione del codice, inserendole nel corpo normativo di base ed evitare così l’inconveniente delle norme “extravaganti”. Peraltro il leasing finanziario rientra nella definizione comunitaria di appalto di lavori, inteso quale forma di esecuzione con qualsiasi mezzo. In base al nuovo art. 160 bis, sostanzialmente riproduttivo delle disposizioni già contenute nella legge finanziaria per il 2007, è ammessa la facoltà per i committenti di opere pubbliche di avvalersi del contratto di locazione finanziaria; alla gara può partecipare un contraente generale o anche un’associazione temporanea di imprese composta dal soggetto finanziatore e dal realizzatore con facoltà di sostituzione in caso di fallimento o inadempimento di uno dei due con altro soggetto avente i medesimi requisiti, previo consenso del committente. Attenta dottrina34 ha rilevato come sarebbe stato auspicabile inserire tale istituto anche all’interno delle definizioni di cui all’art. 3 del codice. Una serie di interventi di modifica concernono le disposizioni del codice relative alla finanza di progetto per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici: si inserisce l’obbligo per i soggetti aggiudicatari di redigere studi di fattibilità delle opere da realizzare da inserire nel programma delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale, previa approvazione dell’Unità tecnica-Finanza di
33 Tale procedura riguarda le norme di cui agli artt. 37 ter, 37 quater, 27, comma 2 e 28, comma 4 della legge Xxxxxxx (L. 11 febbraio 1994, n. 109), sostanzialmente riprodotti agli artt. 153, comma 3 e 154, comma 1 del DLGS. n. 163/2006 ante novella.
00 Xxx. XX XXXXXXXX, Le novità, cit., 1081.
progetto (art. 161, comma 1 bis); si introduce un meccanismo di priorità nell’esecuzione delle infrastrutture già avviate, dei progetti esecutivi già approvati e degli interventi a finanziamento con maggior capitale privato (art. 161, comma 1 ter); si prevede un sistema di monitoraggio finanziario per tali opere (art. 161, comma 6 bis); si attribuiscono al Ministero delle Infrastrutture nuove competenze, tra cui quella di seguire le istruttorie per l’avanzamento dei progetti (art. 163, comma terzo, lett. f bis); si prevede la pubblicazione ad opera del Ministero delle Infrastrutture su apposito sito e in Gazzetta Ufficiale della lista delle infrastrutture inserite nel programma di cui all’art. 164 e per le quali si intende sollecitare la proposta dei promotori, seguita dalla pubblicazione dell’avviso indicativo dei criteri di valutazione comparativa delle proposte che dovranno pervenire entro quattro mesi a pena di decadenza ed infine si ammette la possibilità per i promotori di presentare proposte di intervento e studi di fattibilità non inseriti nella suddetta lista (art. 175, commi 1, 2, 3). Un’altra modifica in tema di infrastrutture strategiche riguarda la valutazione di impatto ambientale di cui all’art. 185, comma quinto del codice, ove viene esteso l’obbligo di aggiornamento dello studio di impatto ambientale in ogni caso di differenza tra progetto preliminare e quello definitivo che comporti una significativa modificazione dell’impatto globale del progetto sull’ambiente. La novella del precedente testo che prescriveva detto aggiornamento solo in caso di sensibile differenza tra progetto preliminare e quello definitivo si è resa necessaria per porre fine alla procedura di infrazione n. 2002/5170 avviata dalla Commissione contro la Repubblica Italiana proprio in riferimento alla norma in discorso. In riferimento alla parte del codice dedicata ai requisiti dei partecipanti alle gare, il DLGS n. 113/2207 apporta modifiche in tema di consorzi e di sistema di qualificazione SOA. In relazione ai primi, la novella dell’art. 37, comma 7 intende chiarire che il divieto della contemporanea partecipazione alla stessa procedura di gara alla quale prende parte il consorzio riguarda tutti i consorziati e non solo quelli con i quali il consorzio dichiara di concorrere. Si allinea così la disciplina dei consorzi ordinari a quella dettata per i consorzi stabili dall’art. 36, comma 5, risolvendo il contrasto interpretativo che la norma aveva suscitato nella direzione
auspicata dalla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici35. All’art. 37, comma otto si estende la possibilità per l’operatore economico invitato individualmente di presentare offerte come mandatario di operatori riuniti già prevista per le procedure negoziate o ristrette anche ai casi di dialogo competitivo. La novità più importante riguarda il rafforzamento del sistema delle società ed organismi di attestazione (SOA), che risulta ora inequivocabilmente attratto al diritto pubblico: l’art. 40, comma terzo qualifica espressamente l’attività svolta dalle SOA in termini pubblicistici ai fini penali, prevedendo che per le false attestazioni si applichino gli artt. 476 e 479 c.p. Inoltre l’art. 40, comma quarto lett. g estende il potere sanzionatorio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici anche al caso di inerzia da parte delle SOA nel fornire le informazioni e gli atti richiesti. L’art. 38, comma primo lett. m bis introduce infine una ulteriore causa di esclusione dalle gare per i soggetti nei cui confronti sia stata sospesa o revocata l’attestazione SOA da parte dell’Autorità nel caso di falsa documentazione o dichiarazioni mendaci risultanti dal casellario informatico, mentre in caso di avvenuta aggiudicazione dell’appalto, l’art. 135, comma uno bis, configura la stessa evenienza quale causa di risoluzione del contratto. In materia di selezione delle proposte secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il secondo correttivo apporta due rilevanti modifiche: tra i criteri di valutazione dell’offerta, L’art. 83, comma primo lett. e inserisce l’espresso richiamo alle caratteristiche ambientali ed al contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto; mentre l’art. 84, comma otto nell’intento di semplificare e rafforzare la funzionalità delle commissioni giudicatrici, prevede per la loro composizione, quale criterio prioritario, il ricorso a funzionari della stessa stazione appaltante, in subordine, in caso di accertata carenza di organico, il ricorso a funzionari di altre amministrazioni aggiudicatici e solo in via residuale, con un criterio di rotazione, il ricorso a professionisti esterni. Con un’ultima serie di modifiche in materia di tutela dei lavoratori, Il DLGS n. 113/2007 si prefigge infine di assicurare un elevato livello di
35 Sul punto, v. X. XXXXXX, op. cit., 1263, nt. 52. Detta autrice nota inoltra come la possibilità di ammettere la contemporanea partecipazione del consorzio e delle imprese consorziate non indicate come esecutrici permane per i consorzi tra società cooperative di produzione e lavoro e fra imprese artigiane ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. b.
occupazione e di sicurezza nei cantieri. A tal fine inserisce tra le materie demandate al futuro regolamento di attuazione la disciplina del documento unico di regolarità contributiva (art. 5, comma quinto lett. g), nonché la previsione di interventi sostitutivi ad opera della stazione appaltante nel caso di inadempienze retributive e contributive dell’appaltatore (art. 5, comma quinto, lett. r). Si prevede inoltre che l’Osservatorio dei contratti pubblici nella fissazione dei costi standardizzati per tipi di lavori, servizi e forniture si avvalga delle determinazioni sul costo della manodopera del Ministero del Lavoro (art. 7, comma 5 bis). In materia di subappalto all’art. 118, comma terzo si introduce la sospensione dei pagamenti da parte della stazione appaltante quale sanzione per la violazione dell’obbligo della ditta appaltatrice di trasmissione entro venti giorni delle fatture quietanziate al subappaltatore, mentre ai commi 4, 6 e 6 bis, si stabiliscono nuove verifiche procedurali contro il lavoro nero e nell’ottica di tutela della sicurezza.
c) Il terzo decreto legislativo correttivo
All’indomani dell’adozione del secondo decreto correttivo, quando ormai il quadro normativo di riferimento sembrava essersi finalmente stabilizzato, la Commissione europea, con decisione 31 gennaio 2008, apriva nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione -già anticipata con lettera di messa in mora n. 2007/2309- relativa al codice dei contratti pubblici, contestando sotto più profili un incompleto e non corretto recepimento delle direttive. Tra le contestazioni più rilevanti, si segnalano quelle riguardanti: la nozione restrittiva di operatore economico (artt. 34, 90, 101); i limiti al subappalto (art. 37, comma 11) e all’avvalimento (artt. 45, 49, 50); la disciplina del dialogo competitivo (art. 58); la mancata previsione della doverosità della comunicazione di mancata aggiudicazione della gara a tutte le imprese escluse (art. 79); la ammissibilità della c.d. gara a scorrimento nel caso di fallimento dell’aggiudicatario (art. 140); la disciplina del promotore finanziario36, con particolare riferimento alle opere di urbanizzazione a scomputo di importo sopra soglia, ove permane il diritto di prelazione (art. 32); la ammissibilità dell’affidamento
36 A parere di X. XX XXXXXXXX (La riforma del Codice appalti, in Urbanistica app., n. 6/2008, 672), l’istituto del promotore finanziario andrebbe completamente rivisto, attesa la sua inutilità una volta venuta meno la prelazione, e la utilizzabilità alternativa di altri strumenti, quali la concessione di costruzione e gestione, il leasing finanziario, il dialogo competitivo.
diretto alla società pubblica di progetto (art. 172); la mancata previsione di limiti al ricorso alla procedura negoziata per le concessioni relative alle infrastrutture strategiche (art. 174). Per evitare la condanna dell’Italia per l’ennesimo inadempimento alla normativa comunitaria e per conformarsi alla sentenza della Corte di Giustizia Ce del 15 maggio 2008 emessa contro la Repubblica Italiana in tema di esclusione automatica delle offerte anomale nei contratti sotto soglia37, il governo ha emanato il DLGS. 11 settembre 2008, n. 152 (pubblicato in G.U. 2 ottobre 2008, n. 231 ed entrato in vigore il 17.10.2008), ossia il terzo decreto legislativo correttivo al codice dei contratti pubblici, sempre in esecuzione della medesima delega di cui all’art. 25, comma terzo della Legge n. 62/200538, con la quale è stato approvato il DLGS n. 163/2006. Gli obiettivi dichiarati, come emergono dalla relazione di accompagnamento39 consistono nel perseguimento di una reale apertura al mercato attraverso la promozione di condizioni sostanziali di concorrenza tra operatori economici, in un’accezione attenta ai profili sostanziali e funzionali, più che formalistici; nel potenziamento degli strumenti idonei a garantire la trasparenza e lo snellimento delle procedure. Il terzo correttivo, oltre a rimediare ai sospetti di non conformità comunitaria di svariate disposizioni del codice, prosegue nell’opera, già avviata con i precedenti provvedimenti, di adattamento delle norme del DLGS n. 163/2006 alle esigenze emerse in sede applicativa, seguendo le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere n. 3262 del 2007 e dalla Corte dei Conti nel parere n. 51/1 del 26 maggio 2008 resi sullo schema di regolamento di attuazione40 rispettivamente in sede consultiva e di controllo. Procediamo quindi ad esaminare le principali modifiche apportate dal DLGS n. 152/2008 al codice dei contratti. L’art. 24, in tema di appalti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi, viene riformulato, con specificazione che l’ambito di operatività di tale norma è
37 Sul punto, v. infra, cap. II, par. 2, pag. 57.
38 Come bene nota D. PONTE (Con due maxi articoli il codice appalti recepisce i rilievi europei e nazionali, in Guida dir. , Dossier n. 9/2008, 90), il governo per esercitare tempestivamente la delega, in scadenza al 1 lugllio 2008, ha dovuto utilizzare l’escamotage della proroga generale di cui alla legge comunitaria a tenore della quale l’invio alle commissioni parlamentari dello schema definitivo e dei relativi pareri consente un allungamento di tre mesi per l’approvazione finale.
39 Sul punto, v. X. XXXXXXXXXXX, Appalti taglia il traguardo l’ultimo decreto correttivo, in Dir. e pratica amm., n. 10/2008, 3.
40 Sull’iter di approvazione del regolamento di attuazione del codice, v. infra, cap. II, par. 3.
limitato ai settori speciali. Di conseguenza l’applicabilità del codice è esclusa per gli appalti relativi ai soli settori speciali aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi, quando la stazione appaltante non gode di alcun diritto speciale od esclusivo per la vendita o la locazione e quando altri enti possono liberamente venderlo o darlo in locazione alle stesse condizioni. In relazione alle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto dall’art. 16, comma due DPR n. 380/2001 di importo superiore alla soglia comunitaria, in accoglimento delle osservazioni della Commissione CE, il terzo correttivo ritorna sull’art. 32, comma 1 lett. g del codice, già modificato dal secondo correttivo41, eliminando il diritto di prelazione a favore del titolare del permesso di costruire, allineando così la relativa disciplina a quella generale del project financing. Secondo la nuova formulazione, l’avente diritto in sede di richiesta del permesso di costruire, su indicazione dell’amministrazione, presenta un progetto preliminare delle opere di urbanizzazione da realizzare, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L’amministrazione che rilascia il permesso indice una gara con procedura aperta o ristretta ex art. 55, ponendo a base d’asta il progetto preliminare; il contratto avrà ad oggetto la progettazione definitiva e l’esecuzione dei lavori. In parallelo, il terzo correttivo ritocca anche la disciplina delle opere di urbanizzazione a scomputo di importo sotto soglia, sopprimendo dal testo dell’art. 122, comma otto il riferimento alle sole opere di urbanizzazione primaria, la possibilità di affidamento diretto delle stesse senza gara e l’obbligo di trasmissione degli atti e documenti relativi alla Corte dei Conti: in base alla nuova formulazione per tutte le tipologie di opere di urbanizzazione sotto soglia, sia primaria, che secondaria, è ora previsto l’affidamento mediante gara informale tra almeno cinque soggetti, con espresso rinvio alle procedura negoziata senza bando di cui all’art. 57, comma sesto. Si restituisce così alla concorrenza anche il mercato delle opere di urbanizzazione sotto soglia, in riferimento alle quali la Corte di Giustizia, con sentenza del 21.02.2008 C-412/04, pur riconoscendo la discrezionalità in tale ambito degli Stati Membri, in riferimento alla normativa italiana vigente ante codice, aveva stigmatizzato l’eccessiva apertura all’esecuzione diretta di dette opere in favore del titolare del permesso di costruire, in quanto non preceduta dalla verifica
41 V. supra, cap. II, par. 2, 47.
dell’entità complessiva delle opere, secondo un’artificiosa suddivisione delle stesse in primarie e secondarie42. Sempre in adesione ai rilievi comunitari, il terzo correttivo provvede alla completa riscrittura dell’art. 153 norma generale in tema di finanza di progetto. Tale istituto, non più considerato come risorsa che permette il ricorso al capitale privato al fine di soccorrere le finanze pubbliche non sempre in grado di farsi carico di lavori pur necessari, viene articolato secondo una procedura complessa, connotata essenzialmente dall’estensione dell’affidamento tramite gara, senza specificazione della percentuale minima di capitale privato. Secondo il nuovo modello di project financing, l’affidamento dei lavori da realizzarsi con risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori, che sbocca nella conclusione di un contratto di concessione, può svolgersi secondo tre modalità: per i lavori inseriti nella programmazione triennale, nell’elenco annuale o negli altri strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione, a base della gara, che si svolge secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, vengono posti gli studi di fattibilità predisposti dalla stessa amministrazione; per i lavori inseriti nell’elenco annuale, ma i cui bandi non siano ancora stati pubblicati decorsi sei mesi dall’adozione dell’elenco, a base della gara, che si svolge secondo le cadenze del dialogo competitivo, viene preso il progetto preliminare contenuto nella proposta del promotore; infine per i lavori non presenti nella programmazione triennale o negli strumenti di programmazione, è prevista la possibilità dell’amministrazione di valutazione e adozione entro sei mesi dal ricevimento, degli studi di fattibilità ritenuti di pubblico interesse proposti dal promotore, senza diritto ad alcun compenso per quest’ultimo43. In chiave sistematica, nell’ambito dell’art. 3 del codice, vengono inserite le nozioni di leasing finanziario (comma 15 bis), inteso quale contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori, e di contratti di paternariato pubblico e privato (comma 15 ter), definiti come contratti aventi ad oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la
42 Sulla quale v. supra, cap. II, par. 2, pag. 48 nt. 29, e, più in generale sulle modifiche del secondo decreto correttivo all’art. 122, comma 8, pag. 49.
43 Sulla nuova disciplina della finanza di progetto, v. X. XXXXXXXX, Project financing, un sistema più complesso, in Guida dir., Dossier n. 9/2008, 111.
fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. In quest’ultima tipologia di contratti rientrano, a titolo esemplificativo, la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, l’affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. L’art. 160 bis, commi 1 e 4 quater, precisa inoltre che la locazione finanziaria è un appalto di lavori, che l’opera segue il regime delle opere pubbliche ai fini espropriativi, urbanistici ed edilizi, e può essere realizzata anche su area nella disponibilità del soggetto aggiudicatario. In tema di verifica dell’anomalia dell’offerta, l’art. 13, secondo comma, lett. c bis prescrive il differimento del diritto di accesso fino all’aggiudicazione definitiva, mentre l’art. 88, ultimo comma prevede che all’esito del procedimento di verifica progressiva delle migliori offerte anormalmente basse, la stazione appaltante debba dichiarare l’esclusione delle offerte risultate inaffidabili contestualmente all’aggiudicazione definitiva in favore della migliore offerta non anomala. In tale ambito la modifica di maggior rilievo investe l’eliminazione del meccanismo dell’esclusione automatica delle offerte anomale nei contratti sotto soglia: il novellato art. 122, comma 9 del codice restringe la possibilità per i bandi di gara di prevedere l’esclusione automatica delle offerte anomale, limitandola alle procedure per l’affidamento di contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore ad un milione di euro, ove il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso e le offerte siano superiori a dieci. Come visto sopra questa modifica si è resa necessaria a seguito della sentenza della Corte di Giustizia CE del 15.05.2008, cause riunite C-147/06 e C-148/06, con la quale l’Italia è stata condannata in riferimento alla disciplina di cui all’art. 21, comma 1 bis della Legge Merloni per non conformità di detta norma alle direttive, laddove prevede l’esclusione automatica delle offerte negli appalti sotto soglia aggiudicati con il criterio del prezzo più basso. Parte della dottrina44 nota come l’efficacia della pronuncia di condanna appena citata si dovrebbe ritenere limitata al caso sottoposto alla Corte di Giustizia, relativo agli appalti di interesse
44 V. per tutti, X. XXXXXXXXXXX, Meno automatismo sulle offerte, in Gudia dir.,Dossier n. 9/2008, 105.
transfrontaliero, e pertanto evidenzia come la regola dell’esclusione automatica delle offerte anomale nei contratti sotto soglia contenuta nel codice De Lise, come novellato, dovrebbe ritenersi al riparo da qualsivoglia censura di scarsa compatibilità con la normativa comunitaria, considerato oltretutto che gli artt. 122, comma nove (per i lavori) e 124, comma otto (per i servizi e forniture)45 appaiono dettare una disciplina ragionevole, ispirata alla celerità ed al buon andamento della pubblica amministrazione, laddove mirano a non sottoporre la stazione appaltante a sforzi organizzativi tali da compromettere la tempestiva realizzazione dei progetti a causa dei ritardi sull’andamento della procedura necessari per la verifica in contraddittorio delle offerte anomale, qualora il numero dei partecipanti sia eccessivamente elevato. Quanto ai requisiti di partecipazione alle gare, il terzo correttivo include nel novero dei soggetti ammessi alle procedure di affidamento nazionali, le imprese straniere, a condizione che le stesse siano costituite in conformità ai rispettivi ordinamenti giuridici (artt. 34, comma 1, lett. f bis; 90, comma 1 lett. f bis; 91, comma 2). In tema di consorzi stabili, l’art. 36, comma quinto come novellato, restringe il divieto di contemporanea partecipazione dei consorziati alla medesima gara cui concorre il consorzio, ai soli consorziati indicati dal consorzio in sede di offerta quali soggetti con cui intende concorrere, mentre estende tale divieto a tutti i consorziati (ossia anche a quelli non indicati dal consorzio stabile in sede di offerta) qualora il bando di gara contempli l’esclusione automatica delle offerte anomale nel caso di contratti sotto soglia di lavori (ex art. 122, comma 9) o di servizi e forniture (ex art. 124, comma 8) per i quali il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso. Per garantire una par condicio nella partecipazione alle gare tra consorzi stabili e i consorzi di cooperative di produzione e lavoro, l’art. 37, comma sette prevede che il divieto di partecipazione contemporanea valga per tutti i consorziati (e non solo per quelli indicati nell’offerta dal consorzio) nel medesimo caso di cui sopra anche
45 La disciplina dettata dall’art. 122, comma 9 per i lavori è infatti sostanzialmente riprodotta dall’art. 124, comma 8 per i servizi e forniture, per l’affidamento dei quali pertanto le stazioni appaltanti potranno prevedere nel bando di gara l’esclusione automatica delle offerte anomale qualora il criterio di aggiudicazione sia quello del prezzo più basso, l’importo del contratto sia pari o inferiore a centomila euro e le offerte siano superiori a dieci.
quando partecipi alla gara un consorzio di cooperative di produzione e lavoro46. Un’importante novità concerne l’art. 37, comma 11, dal cui testo viene cancellato il divieto di subappalto per le opere c.d. superspeciali di importo superiore al 15% dei lavori e il conseguente obbligo di costituire un raggruppamento temporaneo di tipo verticale: nel caso appalto o concessione di lavori aventi ad oggetto, oltre ai lavori prevalenti, opere di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali che superino il 15 % del totale dei lavori, se l’affidatario non è in grado di realizzarle, è ammesso ad utilizzare il subappalto. La norma appare recepire in toto le osservazioni della Commissione UE, secondo cui l’operatore economico deve essere libero di avvalersi della capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei legami giuridici con questi ultimi. Diverse modifiche interessano l’istituto dell’avvalimento, la cui portata viene notevolmente estesa. Secondo l’art. 45, comma 1 bis del codice, negli elenchi ufficiali dei prestatori di servizi e forniture adesso possono iscriversi anche gli operatori economici facenti parte di un gruppo, che si avvalgono della capacità di altre società del medesimo gruppo, indicando i mezzi di cui si avvalgono, la proprietà degli stessi e le condizioni contrattuali dell’avvalimento. Inoltre l’art. 50, comma quarto prevede l’estensione delle disposizioni sull’attestazione SOA conseguita mediante avvilimento, prima prevista per i soli servizi, anche alle forniture. Per i lavori, l’art. 49, commi sesto e settimo del codice specificano che ai fini della qualificazione secondo il sistema SOA, il concorrente può avvalersi di una sola impresa ausiliaria, salvo che il bando non permetta l’avvalimento di più imprese ausiliarie in ragione dell’importo dell’appalto o della peculiarità delle prestazioni. In relazione alla disciplina del dialogo competitivo, il DLGS n. 152/2008 interviene in due direzioni: da un lato sopprime il comma tredici dall’art. 58, eliminando la possibilità per la commissione di fissare criteri diversi nel bando e nel documento descrittivo; dall’altro chiarisce all’art. 58, comma quindici che per i lavori la procedura del dialogo competitivo si può concludere con l’affidamento di una concessione. Una modifica di non poco momento riguarda l’art. 79, comma quinto,
46 Si nota come a seguito di tale modifica, la disciplina dei consorzi ordinari, sulla quale era intervenuto il secondo correttivo (v. supra, cap. II, par. 2, p. 50), risulti ancora non perfettamente allineata a quella dei consorzi stabili.
lett. b bis, laddove viene inserito l’obbligo per la stazione appaltante di provvedere alla comunicazione per iscritto a tutti i candidati esclusi della decisione di non aggiudicazione dell’appalto o di non conclusione dell’accordo quadro. La portata innovativa di tale previsione rispetto alla precedente disciplina è evidente, se solo di pensa che prima della novella l’esclusione veniva comunicata solo su richiesta dell’interessato, in palese contrasto con gli artt. 41.1 direttiva 2004/18/CE e 49.1 direttiva 2004/17/CE. Per eliminare i sospetti di non conformità alle direttive comunitarie ora citate, il legislatore delegato interviene anche sull’art. 140 del codice che disciplina la c.d. gara a scorrimento per fallimento o grave inadempimento dell’aggiudicatario. In caso di fallimento o inadempimento dell’esecutore, si prevede la facoltà per la stazione appaltante di interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato alla gara originaria fino al quinto in graduatoria, onde vagliare l’opportunità di stipulare un nuovo contratto per il completamento dei lavori; qualora il soggetto accetti la richiesta di completamento, al contratto si applicano le stesse condizioni economiche contenute nella proposta dell’originario aggiudicatario, anziché quelle contenute nell’offerta presentata a suo tempo dal soggetto progressivamente interpellato, come prevedeva la vecchia formulazione della norma. Tale modifica si è resa necessaria sulla base del rilievo che la precedente versione dell’art. 140 consentiva di fatto una rinegoziazione del contratto, al di fuori di una procedura di gara ed in assenza dei rigidi presupposti prescritti per l’attivazione della procedura negoziata senza bando. Con la novella della disposizione in esame, tale rischio viene meno, costituendo l’accordo tra la stazione appaltante e il soggetto progressivamente interpellato accettante, una mera riproposizione del medesimo contratto a suo tempo stipulato con il primo aggiudicatario, peraltro determinata in via automatica, sulla base dello scorrimento in graduatoria.
2.3 Il regolamento di attuazione: cenni
Sembrava in dirittura di arrivo il nuovo regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici previsto dall’art. 5 DLGS n. 163/2006. Lo schema, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri a dicembre 2007, vale a dire
dopo il primo correttivo appalti, e firmato dal Quirinale nel mese di gennaio 200847, è stato invece ritirato dal Ministero delle Infrastrutture48 per potervi apportare diverse correzioni, secondo le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti nei rispettivi pareri. In particolare, la Corte dei Conti nel mese di maggio 2008 ha formulato numerosi rilievi formali e sostanziali allo schema di regolamento, evidenziando come sul testo devono essere acquisiti i concerti espressi dai singoli ministri indicati dall’art. 5 del codice, non sostituibili e assorbibili dalla delibera collegiale del Consiglio dei Ministri, come rilevato dallo stesso Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema n. 3262/2007; l’articolato va integrato con le nuove materie allo stesso demandate dal secondo correttivo appalti, con conseguente necessità di risentire gli organi consultivi sul nuovo testo; non è stata data congrua motivazione del mancato adeguamento del testo alle osservazioni contenute nel parere del Consiglio di Stato49. A seguito di tali rilievi, lo schema di regolamento è attualmente in fase di adeguamento ai pareri, e dovrà riprendere l’iter dei pareri consultivi. Detto testo al momento si compone di 363 articoli, che sommati ai 257 del codice, formano il c.d. testo unico della contrattualistica pubblica, con una mole complessiva di ben 620 articoli, cui si devono aggiungere gli allegati: 14 allo schema di regolamento e 22 al codice dei contratti. Quando il regolamento entrerà in vigore saranno abrogati il DPR n. 554/1999, il DPR n. 34/2000, il D.M. n. 145/2000 e altri provvedimenti minori. L’emanando regolamento ricalca in molte parti l’attuale regolamento n. 559/1999 sui lavori pubblici e ricomprende la normativa sulla qualificazione dei lavori di cui al DPR n. 34/2000 e una parte della disciplina contenuta nel capitolato generale d’appalto di cui al citato D.M. 145/2000. Il futuro regolamento in sostanza estende, con i dovuti adattamenti, molte regole già esistenti per i lavori al diverso comparto dei servizi e delle forniture. Esso al momento risulta essere suddiviso in sette parti:
1. la prima parte contiene le disposizioni comuni agli appalti;
2. la seconda parte regolamenta i lavori nei settori ordinari;
47 Sul punto v. R. DE NICTOLIS, La riforma del Codice appalti, in Urban. e app., n. 3/2008, 272.
00 X. X. XX XXXXXXXX, La riforma del Codice appalti, in Urbanistica e app., n. 6/2008, 671.
00 X. X. XX XXXXXXXX, La riforma del Codice appalti, in Urbanistica e app., n. 9/2008, 1065.
3. la terza parte disciplina i contratti attinenti all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari;
4. la quarta parte, contempla le disposizioni di dettaglio per servizi e forniture;
5. la quinta parte definisce la disciplina applicabile agli enti nei settori speciali;
6. la sesta parte è relativa al contenzioso;
7. la settima parte reca disposizioni transitorie, precisando che il regolamento entrerà in vigore trascorsi 10 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, data a decorrere dalla quale avranno effetto anche le abrogazioni.
Quanto al parere del Consiglio di Stato50, occorre sottolineare come l’organo consultivo abbia precisato che la natura giuridica di tale fonte normativa, è quella di regolamento di mera attuazione, e non di delegificazione. In quest’ottica il Consiglio di Stato ha osservato come dallo schema di regolamento dovrebbero essere eliminate sia le norme che disciplinano materie prive di copertura legislativa primaria (quali ad esempio quelle in tema di avvalimento), sia le disposizioni che costituiscono mera riproduzione delle norme già contenute nel codice, in ossequio all’esigenza di semplificazione. Inoltre il Consiglio di Stato ha evidenziato la necessità di integrare lo schema di regolamento con le sopravvenute modifiche introdotte dal secondo correttivo, che come abbiamo visto nel paragrafo precedente, demanda a tale fonte secondaria la disciplina di dettaglio di ulteriori materie.
50 Sul tema, v. X. XXXXXX, Codice dei contratti pubblici, il regolamento secondo Palazzo Spada, in
Dir. e pratica amm., n. 10/2008, 55.
3.1 I contratti esclusi
E’ importante evidenziare come le disposizioni del codice dei contratti pubblici, con il quale il legislatore nazionale ha inteso recepire entrambe le direttive n. 2004/18/CE e n. 2004/17/CE relative alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici rispettivamente nei settori ordinari e nei settori speciali, sono applicabili solo ai contratti a rilevanza comunitaria, ossia a quei contratti aventi ad oggetto lavori, servizi o forniture, il cui valore è pari o superiore alle soglie fissate dall’art. 28 per i settori ordinari, e dall’art. 215 per i settori speciali. Il codice prevede altresì una procedura di periodico aggiornamento delle predette soglie all’art. 2481. Di conseguenza il DLGS n. 163/2006 non si applica ai contratti c.d. sottosoglia. Inoltre il codice dei contratti pubblici contempla specifici casi di esclusione dal proprio ambito di applicazione, sui quali intendiamo soffermarci, anche al fine di verificare, volta per volta, se si tratta di ipotesi di inapplicabilità totale, o soltanto parziale2.
a) I contratti relativi alla produzione e al commercio di armi
L’art. 16 del codice, in accordo con l’art. 296 del Trattato, esclude dal proprio ambito di applicazione i contratti relativi alla produzione ed al commercio di armi, munizioni e materiale bellico3. E’ bene precisare che ai fini dell’esclusione, deve trattarsi di forniture di armi destinate a fini specificamente militari, anche se non esclusivamente tali. Pertanto è legittima la sottrazione alla concorrenza delle forniture c.d. dual use. Peraltro, secondo la giurisprudenza comunitaria, occorre procedere ad un’interpretazione restrittiva dell’art. 296 del Trattato, per cui la sottrazione alle regole del diritto comunitario in riferimento agli appalti aventi ad oggetto la fornitura di materiale di armamento appare giustificata solo laddove siano
1 Sugli importi fissati dai citati articoli, x. xxxxx, xxx. 0, par. 2, nt. 11, ove si dà conto anche del regolamento comunitario n. 1422/2007, che, a prescindere dalla procedura prevista dall’art. 248 del codice dei contratti pubblici, ha ritoccato verso il basso le soglie dei contratti pubblici di rilevanza comunitaria, in un’ottica di progressiva estensione del diritto comunitario che sia uniforme per tutti gli Stati Membri.
2 Xxx contratti esclusi dal codice appalti, si rinvia a X. XXXXX, Contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice, in Urb. App., 2006, 758; X. XXXXXX-X. XXXXXXXXXX DI PATTI, Xxxxxxxxx esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice (artt. 16-17), in AA. VV., Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ( a cura di X. XXXXXX), Milano, 2006, 137 e ss.
3 Detta norma recepisce quanto prevede l’art. 10 della direttiva n. 2004/18/CE. Peraltro tale esclusione era già contenuta nelle precedenti direttive e codificata nell’ordinamento italiano all’art. 4 del DLGS. n. 358/1992.
in gioco interessi essenziali per la sicurezza degli Stati Membri. Seguendo tale interpretazione restrittiva, la Corte di Giustizia4 ha condannato l’Italia in relazione all’adozione del Decreto del Ministro dell’Interno dell’11.07.2003, n. 588/04/03/RR con il quale veniva autorizzata la deroga alla normativa comunitaria in materia di appalti pubblici di forniture per l’acquisto di elicotteri leggeri destinati a soddisfare le esigenze delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. La Corte di Giustizia CE ha ritenuto infatti incompatibile con il diritto comunitario l’affidamento diretto all’Agusta degli appalti aventi ad oggetto la fornitura di elicotteri per uso sia civile che militare, osservando che in relazione a detti elicotteri, mentre la vocazione civile era certa, la finalità militare era meramente eventuale.
Occorre rilevare che a livello europeo già da alcuni anni, nell’ambito della politica comunitaria di sicurezza e difesa, viene perseguito l’obiettivo del coordinamento delle capacità militari, anche in riferimento alle spese per le attrezzature belliche. All’interno di questo quadro si inserisce la comunicazione n. 626/2005 della Commissione europea, che avendo rilevato come la sottrazione degli appalti pubblici della difesa al diritto comunitario contribuisca alla frammentazione dei mercati e ad un minore coordinamento delle capacità militari degli Stati membri, con effetti negativi sulla concorrenzialità della base industriale e tecnologica di difesa europea, ha definito le possibili iniziative future per migliorare la situazione, pubblicando i risultati della consultazione avviata dal Libro verde sugli appalti pubblici della difesa adottato in data 23.09.2004. La Commissione, prendendo atto che la maggior parte degli Stati membri applica in via estensiva l’art. 296 del Trattato, avanza due proposte per ricondurre al diritto comunitario quelle parti di mercato che non rientrano con certezza nella predetta deroga: una comunicazione interpretativa, cui seguirà, se necessaria, una proposta di nuova direttiva che preveda procedure più flessibili per l’acquisizione degli armamenti che non toccano interessi essenziali della sicurezza rispetto alle regole rigide dettate dalle direttive appalti classiche.
0 x. Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 2.10.2008, causa C-157/06, in Guida dir., 41/2008, 101. Occorre precisare che la Corte di Giustizia aveva già una volta condannato lo Stato Italiano, stigmatizzando la deprecabile prassi dell’Italia di procedere ad affidamenti diretti senza gara all’Agusta in relazione agli appalti di forniture di elicotteri de quibus: v. Corte di Giustizia CE, Grande Sezione, 8.04.2008, causa C-337/05, in Guida dir., 17/2008, 101.
b) I contratti segretati
L’art. 17 sottrae dall’ambito di applicazione del codice i contratti segretati5, per l’affidamento dei quali altresì dispone una speciale disciplina avente carattere derogatorio rispetto alle ordinarie procedure di aggiudicazione contemplate dal DLGS. n. 163/2006. Per contratti segretati si intendono gli appalti aventi ad oggetto opere, servizi e forniture destinati alle attività svolte dalla Banca d’Italia, dalle forze armate, dai corpi di polizia, nonché dall’amministrazione della giustizia6, e perciò finalizzati alla difesa della Nazione o ai compiti istituzionali dei predetti soggetti pubblici, nei casi in cui sono richieste misure speciali di sicurezza o di segretezza o quando lo esiga la protezione degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato.
Gli appalti de quibus sono ancorati quindi a presupposti oggettivi e soggettivi, al ricorrere dei quali, una volta apposto il vincolo di segregazione, detti contratti possono essere affidati in deroga alle procedure di evidenza pubblica, con trattativa privata previa gara informale preceduta dall’invito ad almeno cinque operatori economici. L’art. 17 del codice conferma che la segretazione deve essere dichiarata con provvedimento motivato, secondo la disciplina sul segreto di Stato7. Inoltre si richiede in capo a colui che esegue tali contratti, il possesso oltre dei requisiti ordinari di qualificazione, anche dell’abilitazione alla sicurezza. Si prevede altresì la possibilità per l’operatore economico invitato di essere autorizzato a presentare la propria offerta in qualità di mandatario di un raggruppamento temporaneo di imprese, del quale dovrà indicare i componenti. Occorre precisare che tali contratti, se affidati da amministrazioni statali, sono sottoposti al controllo successivo della Corte dei Conti, la quale si pronuncia altresì sulla regolarità, sulla correttezza e sull’efficacia della gestione. Dell’attività contrattuale segretata è dato conto entro il
5 Detta disposizione recepisce quanto previsto dagli artt. 14 e 57 della direttiva 2004/18/CE e dall’art. 21 della direttiva 2004/17/CE.
6 Come già abbiamo avuto modo di vedere quando abbiamo analizzato le novità introdotte dal secondo decreto correttivo al codice degli appalti pubblici (v. supra, cap. 2, par. 2), l’estensione all’amministrazione della giustizia di tale disciplina speciale, si deve al DLGS. n. 113/2007. A seguito della novella introdotta se, in base alla disciplina previgente, l’art. 17 poteva applicarsi ai contratti relativi ai compiti d’istituto della polizia penitenziaria (in quanto corpo di polizia che fa capo al Ministero della giustizia), ora potrà essere utilizzato anche per l’affidamento di appalti relativi alla realizzazione di carceri o di palazzi di giustizia.
7 L’art. 17 rinvia al X.X. x. 0000/0000 e la L. n. 801/1977. Tuttavia tale richiamo deve intendersi effettuato alla L. n. 124/2007 (art. 39) e al D.P.C.M. 8 aprile 2008, che contengono la nuova disciplina sul segreto di Stato e al contempo abrogano la precedente.
30 giugno di ogni anno in una relazione al Parlamento. Infine per i contratti aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture inerenti alle attività svolte da SISMI e SISDE, è prevista l’adozione di un apposito regolamento8, che disciplini le relative procedure di affidamento nel rispetto dell’art. 17 del codice dei contratti pubblici. Detto regolamento preciserà i lavori, i servizi e le forniture che, per tipologie o per valore, potranno essere acquisiti in economia o con trattativa privata.
c) I contratti aggiudicati in base a norme internazionali
Ai sensi dell’art. 189 sono esclusi dall’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici, gli appalti aggiudicati in base: 1) ad un accordo internazionale, concluso tra l’Italia e uno o più Paesi terzi, riguardante forniture o lavori destinati alla realizzazione e allo sfruttamento congiunti di un’opera da parte degli Stati firmatari, o concernente servizi destinati alla realizzazione comune o alla gestione comune di un progetto da parte degli Stati firmatari (lett. a); 2) ad un accordo internazionale concluso in relazione alla presenza di truppe di stanza e concernente imprese dello Stato italiano o di un Paese terzo (lett. b); 3) alla particolare procedura propria di un’organizzazione internazionale (lett. c). In relazione a detti appalti, l’art. 18, comma primo bis, inserito dal DLGS. n. 152/2008 (c.d. terzo decreto legislativo correttivo), precisa che le stazioni appaltanti applicano in sede di aggiudicazione condizioni favorevoli quanto quelle concesse dai Paesi terzi agli operatori economici italiani, in applicazione dell’accordo istitutivo dell’organizzazione mondiale del commercio. Sul punto si può notare come il codice degli appalti pubblici abbia accolto un criterio di specialità, escludendo dal proprio ambito di applicazione gli appalti le cui procedure di aggiudicazione siano previste da accordi internazionali.
d) I contratti di servizi
L’art. 1910 elenca i contratti di servizi esclusi dall’ambito di applicazione del codice. Pertanto il DLGS. n. 163/2006 non si applica ai contratti aventi ad oggetto: 1)
8 Detta disposizione, prima contenuta nell’art. 17, comma ottavo del codice dei contratti pubblici, è ora prevista dall’art. 29, comma quarto della L. n. 124/2007: infatti il comma ottavo dell’art. 17 è stato abrogato dall’art. 29, comma quinto L. n. 124 cit.
9 L’art. 18 del codice appalti pubblici recepisce gli artt. 15 e 57 della direttiva 2004/18/CE e l’art. 22 della direttiva 2004/17/CE.
10 L’art. 19 del codice appalti pubblici recepisce gli artt. 16 e 18 della direttiva 2004/18/CE e gli artt. 24 e 25 della direttiva 2004/17/CE.
l’acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti reali su tali beni (lett. a); 2) l’acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi televisivi destinati alla trasmissione da parte di emittenti radiotelevisive e concernenti il tempo di trasmissione (lett. b); 3) l’arbitrato o la conciliazione (lett. c); 4) i servizi finanziari relativi all’acquisto, alla vendita, e al trasferimento di titoli o altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i servizi forniti dalla Banca d’Italia (lett. d); 5) i rapporti di lavoro (lett. e); 6) i servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente alla stazione appaltante, perché li usi nell’esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione (lett. f). In riferimento a quest’ultima tipologia, occorre precisare che i contratti di ricerca e sviluppo, qualora abbiano ad oggetto prototipi ai fini dell’acquisizione e manutenzione di impianti e di apparecchiature ad alta tecnologia, trovano una disciplina speciale all’art. 1 della l. n. 770/198611, che prevede per il loro affidamento la trattativa privata, la quale deve essere preceduta da un confronto concorrenziale, i cui criteri di valutazione sono stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con i Ministri competenti. Tale disposizione deve ritenersi compatibile con il codice nei limiti in cui i contratti siano volti all’acquisizione di servizi di ricerca e sviluppo esclusi dall’ambito di applicazione del DLGS. n. 163/2006 ai sensi dell’art. 19, primo comma lett. f.
Ai sensi dell’art. 19, comma secondo, il codice non sia applica ai contratti aventi ad oggetto servizi aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore ad un’altra amministrazione aggiudicatrice o ad un’associazione o consorzio di amministrazioni aggiudicatrici in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni di leggi, regolamenti o atti amministrativi, purché compatibili con il Trattato.
11 Su tale ipotesi di trattativa privata “procedimentalizzata”, v. X. XXXXXX, brevi considerazioni sulla
l. 11 novembre 1986, n. 770, in materia di procedure contrattuali aventi ad oggetto l’acquisizione e la manutenzione di prodotti ad alta tecnologia, in Riv. trim. app., 1987, 1195.
In riferimento ai contratti di servizi elencati nell’allegato II B, l’art. 2012 dispone che a siffatti appalti sono applicabili solo gli artt. 65, 68 e 225 del DLGS. n. 163/2006, relativi rispettivamente all’avviso sui risultati della procedura di affidamento, alle specifiche tecniche ed agli avvisi relativi agli appalti aggiudicati. Nel medesimo senso dispone l’art. 21, con riguardo agli appalti aventi ad oggetto sia servizi elencati nell’allegato II A, sia servizi indicati nell’allegato II B, qualora il valore di questi ultimi superi quello dei servizi di cui all’allegato II A. Tuttavia, in virtù della norma finale di chiusura di cui all’art. 27, applicabile ai contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del codice, e quindi anche agli appalti di servizi elencati dall’allegato II B, nell’affidamento di tali appalti andranno comunque rispettati i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità e previa consultazione con invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile all’oggetto del contratto. L’applicabilità dell’art. 27 ai contratti di servizi di cui all’allegato II B è stata affermata dalla giurisprudenza13 con riferimento ad un appalto di servizi di refezione scolastica. Si è osservato come l’appalto in questione pur escluso in via generale dall’ambito di applicazione del codice degli appalti, è soggetto tuttavia ad un nucleo minimo di regole, dallo stesso individuate, sicché l’amministrazione aggiudicatrice dovrà di volta in volta scandire i tempi di gara e quelli per la presentazione delle offerte non in modo arbitrario, bensì nel rispetto dei principi di cui all’art. 27. A conclusioni analoghe è pervenuta l’Autorità di Xxxxxxxxx, con delibera del 6.03.2007 n. 72 resa in sede di precontenzioso, in relazione ad un appalto avente ad oggetto la manutenzione del verde pubblico. Secondo l’Autorità in tal caso va rispettato l’art. 27 del codice, nonché la Comunicazione interpretativa della Commissione europea per l’aggiudicazione dei contratti non o solo parzialmente disciplinati dalle direttive c.d. appalti14, secondo cui va comunque garantita un’adeguata pubblicità del bando o avviso di gara. L’Autorità si è occupata
12 L’art. 20 del codice appalti pubblici recepisce gli artt. 20 e 21 della direttiva 2004/18/CE e gli artt. 31 e 32 della direttiva 2004/17/CE. L’elenco si cui all’allegato II B contempla i seguenti servizi: alberghi e ristorazione; trasporto per ferrovia; trasporto per via acqua e relativi servizi di supporto e sussidiari al settore dei trasporti; servizi legali; collocamento e reperimento di personale; investigazione e sicurezza, ad esclusione dei servizi con furgoni blindati; istruzione, anche professionale; sanità e assistenza sociale; cultura e sport; altri servizi.
13 Tar Puglia-Lecce, sez. II, 30.03.2007, n. 1333, in Foro amm.-Tar, 2007, 1105.
14 La sopracitata comunicazione interpretativa è pubblicata in G.U.C.E., 1.08.2006, n. C 179.
anche dell’art. 27, terzo comma, che lascia all’amministrazione procedente la facoltà di stabilire o meno il divieto di subappalto, in deroga al principio generale secondo cui il subappalto per i contratti sottoposti all’applicazione del codice non può essere vietato, nel rispetto delle scelte imprenditoriali degli operatori economici concorrenti, espressione della loro libertà di autodeterminazione in ordine all’organizzazione della propria attività d’impresa. Pertanto nel caso di affidamento di contratti aventi ad oggetto servizi elencati nell’allegato II B, l’amministrazione procedente è libera di introdurre il divieto di subappalto; nel caso in cui invece decida di inserire negli atti di gara la facoltà di subappaltare, dovrà essere rispettata anche la disciplina generale del subappalto dettata dall’art. 118. Tra i servizi elencati nell’allegato II B, un’interessante questione si è posta in relazione alle regole da rispettare per l’affidamento da parte delle pubbliche amministrazioni dei servizi legali, ivi compreso il patrocinio in giudizio. Ed invero, di regola tali servizi vengono affidati mediante incarichi fiduciari, per cui il professionista è scelto in via diretta, senza previa gara. Peraltro, il vigente ordinamento italiano prevede il patrocinio ex lege dell’Avvocatura dello Stato per le amministrazioni pubbliche statali e per altre categorie di enti pubblici (v. Regioni), talora anche privatizzati, purché sovvenzionati dallo Stato (v. Istituto Poligrafico e Zecca di Stato: art. 7 viciesquater, comma quarto
D.L. n. 7/2005, con. in L. n. 43/2005, letto in combinato disposto con l’art. 43 R.D.
n. 1611/1933). Si è posto il problema della compatibilità di un tale affidamento ex lege con il principio comunitario della libera circolazione dei servizi nel settore del patrocinio legale. Secondo il Consiglio di Stato15, la legislazione italiana sul patrocinio dell’Avvocatura dello Stato in favore delle amministrazioni pubbliche e degli enti sovvenzionati non è lesiva della libera circolazione dei servizi, considerato che l’allegato II B del codice dei contratti pubblici colloca i servizi legali tra quelli non prioritari ai fini dell’applicazione delle regole comunitarie in materia di appalti. Inoltre l’inserimento di detti servizi tra le attività astrattamente contendibili sul mercato, a parere dei giudici di Palazzo Spada, non comporta un generale ed incondizionato obbligo per il legislatore nazionale di escludere ipotesi di devoluzione ex lege del patrocinio legale nell’interesse delle amministrazioni pubbliche in favore
15 C. Stato, sez. VI, 22.04.2008, n. 1852.
di un organismo, quale è l’Avvocatura dello Stato, ascrivibile anch’esso a pieno titolo nell’alveo pubblicistico e conseguentemente escluso, almeno in via tendenziale, dall’applicazione delle norme comunitarie in tema di evidenza pubblica. In considerazione delle evidenti ed esclusive finalità di interesse pubblico perseguite dall’Avvocatura dello Stato, dell’assenza di scopo di lucro, nonché dell’esclusiva destinazione dei relativi servizi in favore di soggetti pubblici o enti sovvenzionati, il Consiglio di Stato, ritiene dunque che detto organismo non sia riconducibile nell’ambito delle “imprese pubbliche” di cui all’art. 86, paragrafo primo del Trattato, con l’ovvia conseguenza che la relativa attività non è in alcun modo valutabile alla luce delle previsioni comunitarie in materia di libera circolazione dei servizi.
e) I contratti relativi al settore delle telecomunicazioni
L’art. 22 esclude dalla sfera di applicazione del codice, i contratti pubblici principalmente finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di telecomunicazioni. Come già visto in sede di analisi delle direttive comunitarie sugli appalti pubblici16, si tratta di una novità rispetto alle precedenti direttive, in quanto gli appalti relativi alle telecomunicazioni in precedenza erano disciplinati dalla direttiva sugli appalti pubblici nei settori speciali. Sul presupposto dell’apertura ad una concorrenza effettiva del settore delle telecomunicazioni17, gli appalti in questione sono stati del tutto esclusi dalla sfera di operatività del codice, anche in riferimento alle regole poste per i settori ordinari.
f) I contratti di sponsorizzazione
Ai sensi dell’art. 26, i contratti di sponsorizzazione sono esclusi dall’ambito di applicazione del codice. E’ bene precisare come la sponsorizzazione sia un contratto atipico, in cui una parte, detta sponsor, esegue una prestazione a propria cura e spese in favore dell’altra parte, detta sponsee, ricevendone in cambio un ritorno pubblicitario. Il codice colloca la sponsorizzazione -quale utile strumento alternativo all’appalto, con il quale le pubbliche amministrazioni possono provvedere al finanziamento di opere, servizi e forniture, senza doverne sopportare i relativi costi-
16 x. xxxxx, xxx. 0, par. 1.
17 V. 21° considerando della direttiva 2004/18/CE.
tra i contratti esclusi. Si tratta peraltro di un’esclusione soltanto parziale, atteso che l’art. 26 richiama una parte della disciplina dettata per gli appalti pubblici. Occorre muovere dalla considerazione che il contratto di sponsorizzazione non è gratuito, né è mosso sotto il profilo causale da spirito di liberalità, atteso che lo sponsor persegue un vantaggio ben suscettibile di valutazione economica, sottoforma di ritorno pubblicitario, che a volte può essere anche di entità molto rilevante. Alla luce di tale elemento, il codice precisa che la scelta dello sponsor da parte delle amministrazioni pubbliche non è libera, dovendo avvenire comunque nel rispetto dei principi del Trattato. Inoltre l’art. 26 impone che nella selezione dello sponsor si applichino le norme sui requisiti di qualificazione dei concorrenti, e dispone che la pubblica amministrazione beneficiaria della prestazione finanziata dallo sponsor impartisca a quest’ultimo le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, direzione ed esecuzione del contratto. Infine alla sponsorizzazione è applicabile anche l’art. 27 del codice, norma di chiusura valida per tutti i contratti esclusi, come già visto sopra, ed in particolare, la regola per cui l’affidamento deve essere preceduto dall’invito ad almeno cinque operatori economici, se compatibile con l’oggetto del contratto, nonché quella in materia di subappalto, sicché ove la pubblica amministrazione beneficiaria ammetta la possibilità di subaffidamento, si applica anche la disciplina dettata dall’art. 118. Occorre ricordare che la disposizione in commento presuppone che, sotto il profilo soggettivo, lo sponsee non sia a sua volta un’amministrazione pubblica. Ove lo fosse, si avrebbe un’operazione tra enti pubblici sottratta anche a quel nucleo minimo di regole dettate dall’art. 26 del codice.
g) Gli altri casi di contratti esclusi
L’art. 23 prevede che le disposizioni del codice non si applichino ai contratti aventi ad oggetto servizi di autotrasporto mediante autobus. In relazione a tale esclusione, la giurisprudenza18 ha evidenziato come trattandosi di norma avente carattere eccezionale, debba essere interpretata in senso restrittivo, per cui l’art. 23 deve essere riferito esclusivamente agli appalti relativi al servizio pubblico di trasporto mediante autobus, che si caratterizzano per essere rivolti ad una collettività indifferenziata di persone, che vi accede mediante il semplice pagamento di un biglietto. Detta norma
18 Tar Lombardia-Brescia, sez. I, 19.04.2007, n. 410.
quindi non riguarda gli appalti relativi al servizio di autotrasporto tramite scuolabus, in quanto tale servizio è destinato esclusivamente agli alunni iscritti agli istituti scolastici di riferimento e comporta ben precise modalità di accesso non indiscriminato, bensì rivolto ad una fascia di utenti prestabilita.
L’art. 24 esclude dall’ambito di applicazione del codice i contratti aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi limitatamente ai settori speciali. Detta specificazione è stata inserita dal terzo decreto correttivo, ai fini dell’adeguamento della disciplina de qua ad una precisa contestazione della Commissione europea, secondo cui la versione originaria dell’art. 24 non recepiva correttamente le disposizioni in materia recate dalle direttive appalti, ed in particolare l’art. 19 della direttiva n. 2004/17/CE e l’art. 12 della direttiva n. 2004/18/CE.
L’art. 25 esclude dalla sfera di operatività del codice gli appalti aggiudicati per l’acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia.
3.2 La disciplina applicabile ai contratti esclusi
Come già accennato, il codice contiene una norma generale di chiusura, che impone il rispetto di un nucleo minimo di regole volte a tutela della concorrenza e del buon andamento dell’amministrazione anche nell’affidamento dei contratti esclusi (art. 27). Detta norma è del resto in linea con l’orientamento costante degli organi comunitari, che emerge anche dal 9° considerando della direttiva 2004/17/CE, secondo cui anche ai contratti sottosoglia o esclusi dall’ambito delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, si applicano comunque i principi del Trattato. Come la Commissione europea ha avuto modo di precisare nella comunicazione interpretativa
n. 2006/C 179/0219, i principi del Trattato vanno osservati anche negli appalti non compresi nell’ambito di applicazione delle direttive comunitarie, con particolare riguardo alla pubblicità della procedura di affidamento e alla tutela giurisdizionale. Quanto alla pubblicità, la stessa deve essere effettiva ed efficace, non essendo sufficiente allo scopo la comunicazione del bando alle sole imprese che lo richiedono (c.d. pubblicità passiva), o la diffusione delle informazioni relative in occasione di
19 Commissione CE, Comunicazione interpretativa, 2006/C 179/02, in G.U.C.E., 1.08.2006, n. C179. Per un commento a tale comunicazione, si rinvia a X. XXXXXX, Il diritto comunitario applicabile alle aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive, in Urb. App., 2007, 533.
dibattiti o congressi, dovendosi ritenere idonea invece la pubblicazione di un avviso sulla stampa quotidiana, con preferenza per le riviste specialistiche, e, per gli appalti di importo modesto, la pubblicazione su albi pretori, bollettini o stampa locale. Le procedure di aggiudicazione devono rispettare il principio di imparzialità, assicurando il diritto di accesso alle stesse informazioni per tutti i concorrenti interessati, la predeterminazione delle regole di gara e l’assegnazione di termini congrui per la presentazione delle offerte. Per la scelta del contraente, si ammette il ricorso ad albi o elenchi, purché questi siano formati con criteri di trasparenza e utilizzati con criteri non discriminatori, quali il sorteggio o la rotazione. Quanto alla tutela giurisdizionale, questa deve essere adeguata, a cominciare dall’obbligo di motivazione dei provvedimenti lesivi. E’ bene ricordare che i principi del Trattato si applicano a tutti i contratti ove è parte la pubblica amministrazione, anche se atipici, e dunque non riconducibili al modello dell’appalto o della concessione. Ciò è stato ribadito anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato20 in relazione ad una “convenzione quadro aperta” avente ad oggetto l’erogazione di prestiti personali e mutui ipotecari ai propri dipendenti in servizio o in quiescenza al fine di soddisfare le richieste di finanziamento che non possono essere accolte direttamente dall’INPDAP. I giudici di Palazzo Spada hanno precisato che la configurazione della convenzione in parola alla stregua di una fattispecie atipica, estranea al modello dell’appalto di servizi per difetto della corrispettività delle prestazioni, non ne escluda la sottoposizione ai principi del Trattato a tutela della concorrenza, valevoli, secondo l’impostazione comunitaria recepita dal codice, per tutte le attività contrattuali della pubblica amministrazione, al fine di evitare restrizioni ingiustificate e sproporzionate alla regola generale della libertà di competizione degli operatori economici. Detti principi sono a fortiori pertinenti nel caso della convenzione quadro sopra vista, ove pur in assenza di un corrispettivo pecuniario a carico dell’ente pubblico, viene in rilievo un’utilità in termini di ritorno pubblicitario e di avvicinamento ad una clientela di notevoli dimensioni, che rappresenta un’ipotesi paradigmatica di rilevanza economica indiretta.
20 C. Stato, sez. VI, 10.01.2007, n. 30, in Urb. App., 2007, 721, con nota di X. XXXXXXXXXX,
Obbligo di gara anche per i contratti gratuiti.
L’art. 27 prevede altresì che l’affidamento dei contratti esclusi avvenga nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità. Si tratta dei principi generali di ogni procedimento amministrativo, la cui disciplina è contenuta nella L. n. 241/1990, peraltro espressamente richiamata dalla norma in esame in virtù del rinvio operato all’art. 2, comma 3 del codice. Quanto all’economicità dell’azione amministrativa, l’art. 27, attraverso il rinvio all’art. 2, comma 2 del codice, prevede che anche in relazione ai contratti esclusi, tale parametro possa essere subordinato dalla pubblica amministrazione procedente al rispetto dei criteri sociali e ambientali. La disposizione de qua, come già detto sopra, prescrive inoltre che l’affidamento dei contratti esclusi sia preceduto dalla previa consultazione di almeno cinque operatori economici, interpellati tramite invito, se compatibile con l’oggetto dell’appalto. Infine, in riferimento alle norme applicabili al contratto, esaurita la procedura di affidamento secondo le regole appena viste, l’art. 27, in virtù del rinvio operato all’art. 2, comma quarto del codice, richiama le diposizioni del codice civile.
3.3 Gli affidamenti diretti
Con riferimento all’ambito di applicazione del Codice degli appalti pubblici, oltre al tema dei contratti espressamente esclusi, occorre analizzare l’interessante questione dell’ammissibilità e della compatibilità con il diritto comunitario dei c.d. affidamenti diretti di lavori, servizi o forniture da parte dell’ente pubblico a società totalmente partecipate dallo stesso (società in house), o a partecipazione mista di capitale pubblico o privato (società miste).
a) L’in house providing
Quanto all’in house providing, bisogna precisare che a livello applicativo tale istituto continua a suscitare notevoli problemi, in quanto manca una norma che consenta in via generale agli enti pubblici di costituire una società dagli stessi totalmente partecipata cui affidare senza gara lavori o servizi, quale valida alternativa al ricorso al mercato, e che delinei con certezza le caratteristiche che detta società deve avere. Infatti analizzando le fonti a livello comunitario in materia, bisogna notare come sul punto le direttive appalti contengano disposizioni davvero scarne: l’art. 18 della direttiva 2004/18 CE consente nei settori ordinari, a certe condizioni, l’affidamento
diretto senza gara, con esclusivo riferimento ai servizi, così come per i settori speciali dispone l’art. 25 della direttiva 2004/17/CE. Procedendo alla ricognizione delle norme che in ambito europeo ammettono l’in house providing, occorre peraltro menzionare l’art. 5 del recente regolamento CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.10.2007, n. 1370 relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia21, in base al quale le autorità locali hanno la facoltà di procedere all’aggiudicazione diretta di contratti di servizio pubblico in favore di un soggetto giuridicamente distinto sul quale esercitano un controllo analogo a quello che svolgono sulle proprie strutture. Con riguardo al diritto interno, bisogna notare come il codice De Xxxx non contenga una norma sull’in house nei settori ordinari, essendo stata stralciata in sede di approvazione definitiva la disciplina contenuta nei lavori preparatori, la quale prevedeva dei requisiti stringenti cui subordinare l’ammissibilità della costituzione da parte degli enti aggiudicatori di imprese pubbliche cui affidare lavori o servizi senza gara. Secondo certa dottrina l’in house è stata “la più clamorosa scommessa persa del codice appalti”22. Nei settori speciali, l’in house trova invece disciplina all’art. 218 del codice, che sottrae tale formula organizzativa al proprio ambito di applicazione al ricorrere di determinati requisiti: la società a totale partecipazione pubblica cui l’ente aggiudicatore affida direttamente i lavori, i servizi o le forniture, deve essere soggetta all’influenza dominante di detto ente; inoltre almeno l’80% del fatturato medio calcolato negli ultimi tre anni della società in house deve provenire dalla esecuzione dei lavori, fornitura dei servizi o messa a disposizione delle forniture in favore dell’ente cui è collegata. Dalla disposizione appena richiamata si ricava agevolmente come nei settori speciali l’in house providing sia consentito in riferimento non solo ai servizi, ma anche ai lavori e forniture, sia pur subordinatamente al ricorrere delle condizioni sopra viste.
Al di fuori dei settori speciali, in mancanza di una previsione espressa, i requisiti al ricorrere dei quali si ritiene ammissibile l’affidamento diretto di lavori, servizi o
21 Si sofferma sul regolamento CE n. 1370/2007, ed in particolare sull’art. 5, par. 2 di tale atto normativo, X. XXXXXXXXX, Il modello dell’in house providing tra mito (interno) e realtà (comunitaria), in Urb. App., n. 2/2008, 212.
00 x. XX XXXXXXXX, Manuale degli appalti pubblici, Roma, 2008, 326.
forniture a società in house, sono stati elaborati grazie al prezioso contributo della giurisprudenza sia interna che comunitaria. In particolare deve riconoscersi come sul tema la Corte di Giustizia CE abbia svolto un ruolo davvero fondamentale nella delineazione dei requisiti cui subordinare l’ammissibilità di detto modello. Secondo la costante giurisprudenza comunitaria, le direttive appalti non ostano ad un regime giuridico quale quello delle imprese a totale partecipazione pubblica, che consente loro di essere affidatarie dirette di servizi pubblici, operanti in qualità di strumento esecutivo interno anche di diverse amministrazioni, dal momento che, da un lato, le amministrazioni pubbliche interessate esercitano un controllo analogo a quello che svolgono sui propri servizi, e che, dall’altro, dette imprese realizzano la parte più importante della propria attività con le amministrazioni controllanti23. Tre sono quindi i requisiti che la società in house deve avere perché possa svolgere i servizi pubblici che l’ente le affida prescindendo dal rispetto delle procedure di evidenza pubblica: 1) essere a totale partecipazione pubblica, anche di più enti pubblici; 2) essere sottoposta ad un controllo da parte del socio o dei soci pubblici analogo a quello da essi esercitato sui propri servizi; 3) realizzare la parte più importante della propria attività con il socio o i soci pubblici. Ciascuno di questi tre requisiti ha dato luogo a questioni interpretative delicate in sede di applicazione. In ordine al primo requisito, è stato evidenziato come la partecipazione pubblica totalitaria non sussiste non solo qualora una quota di capitale sociale, sia pur minima, sia in concreto detenuta da soci privati, ma anche nei casi in cui lo statuto societario preveda la astratta possibilità di cedere una parte del capitale a privati24; mentre sussiste nel caso di una pluralità di soci tutti pubblici25. Maggiori problemi applicativi ha suscitato il requisito del c.d. controllo analogo che l’ente o gli enti pubblici devono esercitare
23 cfr. da ultimo, Corte di Giustizia CE, sez. II, 19.04.2007, causa C-295/05, Tragsa, in Urb. App., n. 12/2007, 1479. Il leading case in tema di in house providing -sebbene la pronuncia si sia occupata della questione solo a livello di obiter dictum, come bene rileva X. XXXXXXX (Dodo, Rondine o Fenice: quale futuro per l’in house?, in Urb. App., 12/2007, 1486)- è considerata Corte di Giustizia CE, 18.11.1999, causa C-107/98, Tekal s.r.l., in Riv. it. dir. pubbl. comun., 2000, 1393.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 13.10.2005, C-458/03, Parking Brixen Gmbh, in Foro it., 2006, IV, 76 con nota di X. XXXX, La Corte di Giustizia stabilisce i requisiti del controllo sulle società “in house”; C. Stato, sez. V, 22.04.2004, n. 2316, in Cons. Stato, 2004, I, 862; C. Stato, sez. V, 13.07.2006, n. 4440,
in Amb. & Svilupp., 12/2006, 1156; C. Stato, sez. V, 30.08.2006, n. 5072, in Giurisdiz. Amm., 2006, I, 1180; C. Stato, sez. VI, 1.06.2007, ivi, 2007, I, 905.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, sez. II, 19.04.2007 C-295/05 cit.
sulla società in house. E’ stato sottolineato come detto controllo debba essere rigoroso ed effettivo, sicché non si ritiene sussistente in tutti i casi in cui il consiglio di amministrazione della società partecipata conservi ampi spazi di autonomia gestionale e decisionale26; mentre ricorre ogni qual volta sia strutturato in modo da assicurare “l’influenza determinante sia sugli obbiettivi strategici che sulle decisioni importanti” della società in house da parte di tutte le amministrazioni pubbliche interessate. Come bene è stato evidenziato in dottrina27, ai fini del controllo analogo, occorre un modello di partecipazione pubblica alla vita scoiale rafforzato rispetto a quello ordinariamente previsto dal diritto civile, per cui da un lato non basta che il socio o i soci pubblici abbiano un mero potere di nomina dei membri del consiglio di amministrazione della società in house, e dall’altro detto organo non può avere tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, dovendosi consentire interventi, anche gestionali, provenienti dal socio o dai soci pubblici. La speciale forma di controllo che deve essere riconosciuta all’ente o agli enti pubblici che detengono il capitale sociale deve esplicarsi in una serie di poteri che consentano una influenza preventiva e non meramente successiva, essendo finalizzati in ultima analisi ad impedire non già l’autonoma gestione del servizio affidato, bensì la arbitraria determinazione da parte della società in house di strategie imprenditoriali che possano provocare distorsioni della concorrenza. In particolare, al fine di impedire in concreto l’attuazione ad opera della società in house di politiche aziendali che incidano sulla concorrenza, i poteri in cui si articola detto controllo di tipo strutturale sono stati enucleati dalla giurisprudenza amministrativa più xxxxxxx00, che li ha così elencati: a) determinazione dell’ordine del giorno del consiglio di amministrazione;
b) indicazione dei dirigenti; c) elaborazione delle direttive sulla politica aziendale; d) controllo del bilancio; e) controllo sulla qualità dell’amministrazione; f) poteri ispettivi diretti e concreti, compreso quello di visitare i luoghi di produzione; g) determinazione delle strategie e politiche aziendali, anche attraverso l’istituzione di
26 C. Stato, sez. VI, 25.01.2005, n. 168, in Urb. App., 2005, 329.
27 v. X. XXXXXX - X. XXXXXX, Sul controllo analogo e strumentalità passa un’interpretazione restrittiva, in Guida dir., 12/2008, 101;
00 x. Xxxxxxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, sez. giurisd., 4.09.2007, n. 719, in Urb. App., 2/2008, 211; C. Stato, sez. V, 8.01.2007, n. 5.
un apposito organo, distinto dal consiglio di amministrazione e dall’assemblea, che eserciti i poteri di direzione, coordinamento e supervisione dell’attività della società in house. Come è stato opportunamente sottolineato29, alcuni dei poteri appena visti sono di fatto difficilmente compatibili con il tradizionale modello delle società di capitali disciplinato dal nostro codice civile, in quanto per poter prescindere dal rispetto della procedura di evidenza pubblica, occorrono maggiori strumenti di controllo da parte del socio pubblico rispetto a quelli previsti dal diritto civile. Peraltro, a seguito della recente riforma del diritto societario, alcuni autori30, hanno individuato nell’innovativo sistema di governance c.d. dualistico di cui agli artt. 2409 octies e ss. c.c. un’utile modello cui le società in house costituendae potrebbero ispirarsi ai fini dell’integrazione del requisito del controllo analogo: detto paradigma si caratterizza per l’accentuazione del distacco tra azionisti ed organo gestorio, in quanto scelte tipicamente imprenditoriali (quali l’approvazione del bilancio e la nomina degli amministratori) sono sottratte all’assemblea e affidate ad un organo, denominato consiglio di sorveglianza, che si interpone tra assemblea e consiglio di gestione. Tale sistema permette di concentrare in capo al consiglio di sorveglianza sia le funzioni di vigilanza e le responsabilità del collegio sindacale, sia una parte significativa delle funzioni di indirizzo della gestione che, nel sistema tradizionale, sono proprie dell’assemblea dei soci. Inoltre detto organo può deliberare in ordine alle operazioni strategiche e ai piani industriali e finanziari della società predisposti dal consiglio di gestione (art. 2409 terdecies, comma primo, lett. f bis c.c.). Il consiglio di sorveglianza, se adeguatamente strutturato sulla base dello statuto societario, potrebbe quindi costituire quell’apposito organo richiesto dalla giurisprudenza sopra vista (v. lett. g), in grado di garantire l’effettivo svolgimento del controllo analogo da parte dell’ente o degli enti pubblici soci. Altri autori31 , nel caso di società in house il cui capitale sia detenuto da una pluralità di soci pubblici, ritengono che la forma giuridica più idonea ad assicurare il controllo analogo -
29 X. XXXXXX, La totale proprietà pubblica del capitale è requisito necessario ma non sufficiente, in
Guida dir., n. 39/2007, 94.
30 X. XXXXXXXXX, Il modello in house providing, cit., 217.
31 X. XXXXX, L’affidamento ad organismo in house in caso di pluralità di soci: i vantaggi dell’ipotesi consortile per il controllo analogo, in Urb. App., n. 5/2008, 553.
soprattutto dopo che la riforma del diritto societario ha rafforzato nelle società per azioni, il divieto dell’assemblea dei soci di svolgere attività di gestione della società, riservandola al consiglio di amministrazione- sia quella del consorzio di cui all’art. 2602 c.c., e più in particolare, del consorzio con attività esterna ex art. 2612 c.c.
Quanto al terzo requisito, quello della realizzazione della parte più importante della propria attività in favore dell’ente o degli enti pubblici soci, la giurisprudenza amministrativa più rigorosa32, ritiene che detta condizione sia soddisfatta sia quando la società affidataria diretta non fornisca i suoi servizi a soggetti diversi dal socio o dai soci controllanti, anche se pubblici, e sia quando li fornisca in misura quantitativamente irrisoria e qualitativamente irrilevante rispetto alle strategie aziendali, ed in ogni caso non al di fuori dall’ambito di competenza territoriale dell’ente o degli enti pubblici per i quali svolge in prevalenza la propria opera. Si tratta di affermazioni coerenti con quanto già statuito dalla Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX00, secondo cui ogni attività non destinata alla produzione in house del servizio pubblico deve avere carattere marginale, requisito da valutarsi alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, sia qualitative che quantitative, secondo parametri rigorosi, onde evitare che i vantaggi finanziari derivanti dall’attività con i soci pubblici vengano impegnati sul mercato per attività con soggetti terzi. Attenta dottrina ha rilevato come, dall’applicazione dei principi giurisprudenziali ora richiamati, discende che un’attività svolta sul mercato ha carattere marginale solo se si pone in termini di complementarità rispetto alle altre attività gestite in house ovvero rappresenta un’attività accessoria preordinata a non disperdere le utilità generate dalla produzione in house del servizio pubblico; al contrario non si può considerare marginale, quell’attività effettuata sul mercato in relazione alla quale la società impiega risorse e mezzi paragonabili a quelli adoperati per le attività svolte in house, quand’anche dall’esercizio di detta attività non deriva la parte preponderante del fatturato dell’impresa pubblica. Peraltro, oggi la possibilità per le società in house di svolgere parte della propria attività per soggetti diversi dagli enti pubblici soci è fortemente limitata dall’art. 113, comma sesto del DLGS. n. 267/2000, il quale non
00 x. Xxxxxxxxx xx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, sez. giurisd., 4.09.2007, n. 719, cit.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, sez. I, 11.05.2006, causa C-340/04, Carbotermo, in Urb. App., 2006, 1047.
ammette a partecipare alle gare indette dagli enti pubblici locali per l’affidamento di servizi pubblici di rilevanza economica, tra l’altro, le società che gestiscono in Italia o all’estero servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto. Inoltre ai sensi dell’art. 23 bis, comma nove del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni nella L. n. 133/200834, i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati mediante procedure competitive, ossia le società in house che gestiscono servizi pubblici locali, non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori ovvero in ambiti territoriali diversi, ne' svolgere servizi o attività' per altri enti pubblici o privati, ne' direttamente, ne' partecipando a gare. In senso analogo, viene in rilievo l’art. 13 del D.L. 4.07.2006, n. 223, convertito con modificazioni nella L. 4.08.2006,
n. 24835, che impone alle società in house costituite o partecipate da amministrazioni pubbliche regionali o locali per la produzione di beni o servizi strumentali alle funzioni pubbliche di detti enti -con esclusione dei servizi pubblici locali- di operare esclusivamente con gli enti pubblici soci, senza possibilità di svolgere prestazioni in favore di altri soggetti pubblici o privati, nemmeno tramite gara. Dalle disposizioni appena citate, sembra emergere la progressiva tendenza del legislatore interno, a sostituire il requisito della prevalenza con quello dell’esclusività dell’attività svolta dalla società in house per l’ente pubblico socio, quantomeno con riferimento all’ambito dei servizi pubblici locali (v. art. 113, comma sesto DLGS n. 267/2000; art. 23 bis, comma nono D.L. n. 112/2008 conv. in L. n. 133/2008 e s.m.) e dei servizi strumentali svolti in favore di enti regionali o locali (v. art. 13 D.L. 223/2006, conv. in L. n. 248/2006), introducendo ulteriori limiti all’operatività di tale modulo. Tra questi, merita menzione quanto dispone l’art. 23 bis, comma quarto D.L. n. 112 cit. in tema di affidamenti diretti di servizi pubblici locali, secondo cui l'ente locale che affida i servizi a società in house, senza ricorso al mercato e perciò senza gara,
34 Occorre precisare che il comma undici dell’art. 23 bis del D.L. n. 112/2008, conv. in L. 133/2008, ha disposto l’abrogazione dell’art. 113 DLGS n. 267/2000, nelle parti incompatibili con le disposizioni da esso introdotte. Tuttavia il rapporto di compatibilità/incompatibilità tra le due norme è tutt’altro che chiaro, come bene rileva R. DE NICTOLIS, La riforma dei servizi pubblici locali, in Urb. App., n. 10/2008, 1112. Quanto al comma nove dell’art. 23 bis D.L. n. 112/2008, il contenuto di tale disposizione sopra riportato appare sostanzialmente invariato anche a seguito della modifica intervenuta ad opera dell’art. 15, comma primo lett. d del recentissimo D.L. n. 135/2009.
35 Per un approfondito commento alla disposizione de qua, v. X. XXXXX, Le novità del Decreto Bersani in materia di giustizia, appalti e pubblica amministrazione, in Urb. App., 2006, 1161. Ricordiamo che la sanzione prevista per i contratti stipulati in violazione di tale divieto è la nullità.
deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della predetta relazione, e che in caso di decorso del termine s’intende favorevole36. Un altro problema di non poco rilievo concerne la possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere ad affidamenti diretti aventi ad oggetto opere e lavori pubblici in mancanza di una apposita norma. Secondo una primo orientamento, le società in house ben possono avere come oggetto sociale, oltre ai servizi, anche i lavori, in quanto l’in house providing è una formula organizzativa alternativa a quella dell’aggiudicazione tramite gara, che può sempre essere utilizzata dalla pubblica amministrazione, in virtù dell’autonomia privata e della capacità generale di diritto privato di cui dispone. A sostegno di tale tesi, si cita una pronuncia della Corte di Giustizia CE37, secondo cui è configurabile il modello in house anche per la realizzazione di lavori pubblici. Inoltre si ritiene irrilevante il silenzio del codice dei contratti pubblici sull’in house, in quanto tale istituto trova una disciplina compiuta ed organica a livello comunitario, e segnatamente nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, le cui sentenze sono direttamente applicabili nell’ordinamento interno. Peraltro lo stesso codice contempla un’ipotesi particolare di società in house per la realizzazione di lavori: l’art. 172 disciplina la società pubblica di progetto per la realizzazione e la gestione di infrastrutture strategiche. Occorre notare come a parere di questa dottrina l’in house providing costituisce un’opzione politica e manageriale alternativa all’outsorcing o contracting out: attraverso la costituzione di una società in house l’amministrazione non si rivolge al mercato, preferendo l’autoproduzione, attraverso una struttura interna di gestione che agisce come
36 Quanto a detto limite previsto dall’art. 23 bis D.L. n. 112/2008 per le società in house cui sono affidati servizi pubblici locali, si precisa che di recente l’art. 15 del D.L. n. 135/2009 ha inserito il comma 4 bis all’art. 23 bis D.L. n. 112/2008. Detta disposizione demanda all’Autorità garante della concorrenza e del mercato l’individuazione con propria delibera delle soglie di valore per cui è necessario il parere sopra riferito.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, sez. I, 18.01.2007, X-000/00, Xxxx Xxxxxx, xx Xxx. App., 2007, 552.
proprio organo indiretto, in virtù di un rapporto di delegazione interorganica38. In altri termini l’in house providing rappresenta una mera formula organizzativa interna all’amministrazione, che ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico a lei demandati mediante propri strumenti, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne. In tal caso, anche secondo la giurisprudenza comunitaria39, non si può parlare di contratto a titolo oneroso concluso con un soggetto giuridicamente distinto dall’amministrazione pubblica e pertanto non sussistono i presupposti per applicare le norme comunitarie in materia di appalti pubblici. A ben vedere infatti manca quell’alterità tra amministrazione aggiudicatrice e privato che è alla base dei contratti di appalto o concessione, per l’affidamento dei quali la pubblica amministrazione è tenuta a rivolgersi al mercato e quindi a rispettare la procedura di evidenza pubblica per la selezione del contraente: nell’in house providing, il contratto di società si profila quale mero strumento organizzativo interno alla stessa pubblica amministrazione che ne detiene l’intero capitale sociale. In senso opposto all’indirizzo ora riferito si pone l’orientamento maggioritario, secondo cui, in mancanza di una apposita norma, non sarebbe possibile estendere il modello della società in house ai lavori pubblici, in quanto l’affidamento diretto a società totalmente controllata dall’ente pubblico costituisce un’eccezione, una deroga alle regole generali del diritto comunitario sull’evidenza pubblica, e pertanto i requisiti in presenza dei quali è possibile ricorrere all’in house providing devono essere interpretati restrittivamente40. Di conseguenza è necessaria una norma espressa per estendere detto modello ai lavori pubblici, in mancanza della quale deve applicarsi la disciplina sugli affidamenti tramite procedure di evidenza pubblica di cui al codice dei contratti pubblici, volta alla esternalizzazione delle opere e dei
38 Riconduce alla delegazione interorganica il modulo organizzativo dell’in house providing, anche LA PERGOLA nelle conclusioni presentate quale Avvocato Generale il 19.02.1998 nel procedimento C-360/96, poi recepite sul punto dalla sentenza.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 11.01.2005, causa X-00/00, Xxxxx Xxxxx, xx Xxx. Xxx., 0000, 288.
00 Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 18.01.2007 cit.; Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX ,00.00.0000, xxx.; Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 6.04.2006, causa X-000/00, Xxxx, xx Xxxx xx., 0000, XX, 000; Corte di Giustizia CE, 10.11.2005, causa C-29/04, Commissione c. Austria; Corte di Giustizia CE, 13.10.2005, cit.; Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00.00.0000, causa C-231/03 Corame; Corte di Giustizia CE, 11.01.2005, cit.; C. di Stato, sez. VI, 3.04.2007, n. 1514, in Giorn. Dir. amm., 2007, 893.
lavori pubblici in capo a soggetti terzi, selezionati tramite gara in chiave di tutela del mercato e della concorrenza.
b) Gli affidamenti a società miste
Ancor più problematico appare il tema degli affidamenti a società miste, ossia con partecipazione di capitale pubblico e privato, attraverso cui si realizza una forma di concorso del capitale privato al finanziamento di opere o alla gestione di servizi pubblici. Occorre subito precisare come, tale modulo organizzativo da un lato deve essere tenuto ben distinto dall’in house providing, e dall’altro vada più correttamente ricondotto ad una forma di paternariato pubblico-privato. A mente dell’art. 1, comma secondo del codice dei contratti pubblici, qualora le norme vigenti consentano la costituzione di società miste, la scelta del socio privato deve avvenire nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica. In relazione all’attività che dette società possono svolgere, si è posto il quesito se, per l’affidamento di successivi incarichi, sia necessario procedere ad una nuova gara. Sul punto il Consiglio di Stato41 ha reso parere negativo, chiarendo che non è necessaria la doppia gara. In tal senso si è orientata anche la Commissione europea42, che, nella comunicazione interpretativa avente ad oggetto il paternariato pubblico privato (che in Italia, come sopra visto, assume la forma tipica della società mista) ha affrontato tale questione, ritenendo sufficiente una sola procedura di gara, avente un duplice oggetto, ossia la scelta del partner privato, di cui verranno fissati requisiti e prestazioni, e l’affidamento a tale socio privato della missione o delle missioni al cui perseguimento è finalizzato il paternariato istituzionale. Secondo la Commissione esigere una doppia gara è una soluzione poco pratica e soprattutto rischia di scoraggiare i privati dall’apportare il proprio capitale nell’ambito del paternariato istituzionale. Si ribadisce peraltro che la società mista opera nei limiti dell’affidamento iniziale e non può ottenere senza gara ulteriori missioni che non siano state già previste nel bando originario; pertanto si consiglia che venga inserita già nel bando iniziale la previsione di eventuali modifiche, rinnovi o ulteriori missioni, nel rispetto dei principi di parità di
41 C. Stato, sez. II, 18.04.2007, n. 456, in Urb. App., 2007, 984.
42 Commissione europea, Comunicazione interpretativa sul paternariato pubblico privato n. C 2007/6661 del 5.02.2008, citata da X. XX XXXXXXXX, Manuale degli appalti pubblici, cit., 330 e ss.
trattamento, non discriminazione e trasparenza. La Commissione ha altresì precisato come il ruolo del privato deve consistere non solo in un apporto di capitale o altre risorse, ma soprattutto in una partecipazione attiva allo svolgimento dei contratti affidati alla società mista, rappresentando detto modulo organizzativo una forma di cooperazione tra parte pubblica e soggetto privato. Per la scelta del socio privato e l’affidamento della relativa missione o missioni (contratti di appalto o concessione), tra le procedure previste dalle direttive appalti, la Commissione suggerisce il dialogo competitivo, in quanto più flessibile. Un’occasione per chiarire l’esatta portata degli affidamenti a società mista, sembra essere stata sprecata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato43, la quale, dopo aver chiarito che l’affidamento diretto di servizi socio-sanitari a società mista è illegittimo, e che occorre ricondurre tale istituto nell’ambito del paternariato pubblico privato istituzionale, tenendolo ben distinto dall’in house providing, per il resto non si è pronunciata in relazione alle questioni importanti rimesse alla sua attenzione, trincerandosi dietro il fatto che, in mancanza di indicazioni precise da parte della normativa e della giurisprudenza, non è possibile elaborare una soluzione univoca o un modello definitivo di società mista, senza sconfinare in un’interpretazione praeter legem. In tema di servizi pubblici locali, occorre precisare che la normativa attualmente vigente è chiara nell’escludere la possibilità per gli enti locali di affidare direttamente detti servizi a società miste. Infatti l’art. 15, comma primo lett. b del D.L. n. 135/2009, ha sostituito l’art. 23 bis, comma secondo del D.L. n. 112/2008 conv. in L. n. 133/200844. Detta disposizione ora vieta espressamente agli enti locali di procedere all’affidamento diretto della gestione dei servizi pubblici locali a società miste, prevedendo che detti servizi possano essere svolti anche da società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento (art. 23 bis, comma
00 X. X. Xxxxx, Xx. Xxxxxxxx, 0.00.0000, n. 1, in Guida dir., 12/2008, 87.
44 Occorre ricordare che l’art.. 23 bis, comma undicesimo del D.L. n. 112/2008 ha abrogato l’art. 113 DLGS n. 267/2000 nelle parti in cui è incompatibile con le disposizioni in esso previste. Pertanto la fonte di disciplina dei servizi pubblici locali deve rinvenirsi nell’art. 23 bis D.L. n. 112 cit. e s.m.
secondo lett. b D.L. n. 112/2008 come modificato dall’art. 15, comma primo lett. b
D.L. 135/2009). Dalla norma in esame si ricava agevolmente che anche qualora si voglia affidare ad una società mista la gestione di servizi pubblici locali, sarà necessario rispettare le procedure di evidenza pubblica, e che in particolare la gara dovrà avere ad oggetto non solo la scelta del socio privato, ma anche i contratti- missione che gli verranno affidati. Infine la disposizione de qua sembra recepire le indicazioni contenute nella comunicazione interpretativa della Commissione europea, laddove pone in capo al socio privato compiti operativi ed industriali, e non solo di mero finanziamento45.
3.4 I contratti misti
In riferimento all’ambito oggettivo di applicazione del codice, assume particolare rilevo l’individuazione della disciplina cui vanno assoggettati i contratti c.d. misti. A tal fine, il codice dei contratti pubblici introduce delle disposizioni specifiche agli artt. 14 e 15, i quali recano la definizione e i criteri per stabilire quale sia la disciplina applicabile ai contratti misti. Ai sensi dell’art. 14, i contratti misti sono contratti pubblici aventi per oggetto: lavori e forniture; lavori e servizi; lavori, servizi e forniture; servizi e forniture. Per determinare quale sia la disciplina applicabile al contratto misto, il codice accoglie un criterio qualitativo46, basato sull’oggetto principale del contratto, fondato quindi sull’individuazione della prestazione prevalente rispetto a quella o a quelle accessorie: a mente dell’art. 14, secondo comma, un contratto pubblico avente ad oggetto la fornitura di prodotti, e a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione, è considerato un appalto pubblico di forniture (lett. a); un contratto pubblico avente per oggetto prodotti e servizi di cui all’allegato II, è considerato un appalto pubblico di servizi, quando il valore dei servizi supera quello dei prodotti (lett. b); un contratto pubblico avente per oggetto dei servizi di cui all’allegato II e dei lavori ai sensi dell’allegato I solo a titolo accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto, è considerato un appalto pubblico di servizi (lett. c). Nella consapevolezza che il criterio qualitativo spesso
45 Sul punto, v. in Guida dir., n. 41/2009, 70 e ss.
46 Sul punto, il codice mostra di recepire puntualmente la direttiva n. 2004/18/CE, a differenza della disciplina italiana previgente che aveva optato per un criterio quantitativo, non facendo corretta applicazione della disciplina comunitaria in materia di appalti misti.
può essere fonte di incertezze applicative, il codice segue la soluzione di cui all’art. 24 L. n. 62/2005, che indica come criterio sussidiario, per stabilire quale sia l’oggetto principale del contratto, il criterio quantitativo. Secondo tale impostazione, per determinare quale sia la prestazione principale e quella o quelle accessorie, si guarda al valore economico delle stesse, per cui di regola sarà principale la prestazione il cui valore super il 50% del prezzo complessivo. Dispone infatti l’art. 14, comma terzo che, ai fini dell’applicazione del comma secondo, l’oggetto principale del contratto è costituito dai lavori, se l’importo degli stessi assume rilievo superiore al 50%, salvo che, secondo le caratteristiche specifiche dell’appalto, i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto ai servizi o alle forniture, che costituiscono l’oggetto principale del contratto. Il criterio quantitativo, conformemente al diritto comunitario, conserva perciò una portata residuale. E’ importante rilevare che in tema di requisiti di qualificazione dei candidati, il codice, in deroga alla regola generale della prevalenza e di quella residuale del valore economico appena viste, all’art. 15 adotta il criterio della combinazione delle differenti discipline47. Facendo applicazione di tale criterio, deriva che, ad esempio, le regole dettate in tema di qualificazione per gli appalti di lavori, andranno rispettate ogni qualvolta il contratto misto comprenda dei lavori, a prescindere dall’accessorietà e dal valore degli stessi rispetto ai servizi o alle forniture, e fatta salva per il resto l’applicazione della normativa relativa alla tipologia cui il contratto è in prevalenza riconducibile (servizi o forniture)48. Occorre notare come, rispetto alla normativa previgente al codice dei contratti pubblici, diversificata a seconda che l’appalto avesse ad oggetto lavori, servizi e forniture, l’unificazione della disciplina di questi tre settori in un unico testo normativo e l’omogeneità, per molti aspetti, delle rispettive regole, sdrammatizza la necessità di una corretta qualificazione dell’appalto come di lavori, servizi, forniture, quantomeno per le procedure di affidamento e per i criteri di scelta, mentre tale operazione ermeneutica conserva ancor oggi la sua rilevanza in riferimento ai profili
47 v. X. XXXXXXXX, I contratti misti e la qualificazione nei contratti misti, in AA. VV., Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (a cura di X. XXXXXX), Tornio, 2006, 129; X. XXXXXXX, Appalti misti e obblighi dei partecipanti alla gara, in Urb. App., 2006, 969. 48 In tal senso, prima dell’emanazione del codice degli appalti pubblici, v. anche Autorità di Xxxxxxxxx, delibera del 6.04.2005, n. 3, in Urb. App., 2005, 1137, con nota di X. XXXXXXX, L’autorità fa il punto sugli appalti misti alla luce delle modifiche introdotte dalla Comunitaria 2004.
inerenti alla fase di esecuzione dell’appalto, che differiscono a seconda del tipo di prestazione dedotta in contratto. Così, ad esempio l’individuazione della disciplina applicabile ad un appalto misto ha rilevanza in ordine ai termini di pagamento delle prestazioni da parte della stazione appaltante: la disciplina sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali di cui al DLGS. n. 231/2002, stante la definizione di “transazioni commerciali” di cui all’art. 2, comma primo lett. a del DLGS cit., si applica ai contratti delle pubbliche amministrazioni che hanno ad oggetto forniture o servizi in via esclusiva o prevalente, e di conseguenza non è estendibile agli appalti pubblici aventi ad oggetto (in via esclusiva o prevalente) lavori.
A livello sistematico, sono riconducibili alla nozione di contratti pubblici misti, le seguenti fattispecie: 1) il global service; 2) la permuta; 3) la vendita di cosa futura, la locazione di cosa futura e il leasing immobiliare; 4) la concessione di costruzione e gestione; 5) l’affidamento unitario a contraente generale per la realizzazione di infrastrutture strategiche; 6) gli appalti di manutenzione. Conviene dare brevemente conto di alcuni di questi contratti, evidenziando a quali conseguenze può portare la loro esatta qualificazione sul piano pratico.
Quanto al global service49, la figura più utilizzata nella prassi, si riferisce ai contratti aventi ad oggetto la manutenzione e la gestione di immobili appartenenti all’amministrazione pubblica, mediante l’affidamento di un’ampia gamma di servizi e un’attività di conservazione del patrimonio immobiliare, spesso di notevole rilevanza economica. Dottrina e giurisprudenza sono divise nel ritenere che l’oggetto principale di tale contratto vada individuato in una prestazione di lavori o piuttosto di servizi. In un caso relativo alla gestione e manutenzione di 4.500 alloggi del Comune di Venezia, il Consiglio di Stato50 ha ritenuto che l’oggetto principale di tale
49 Tale figura, nella disciplina previgente al codice degli appalti pubblici, veniva riconosciuta a livello normativo dall’art. 30, comma ottavo della L. n. 448/1999 (c.d. Xxxxxxx ter), che peraltro non ne dettava le relativa disciplina, limitandosi ad incentivare il ricorso da parte degli enti pubblici alla formula del contratto di risultato di cui alla norma UNI 10685, rispondente ai principi di economicità ed efficienza. Sul tema, v. X. XXXXXXXX, Manutenzione immobiliare e contratti misti nella più recente evoluzione normativa e giurisprudenziale, in I contratti dello Stato e degli enti pubblici, 1/2000, 41; S. CARTA, Gli appalti misti di lavori, servizi e forniture, anche con riferimento alla figura del global service, in Riv. trim. app., 3/2004, 535.
50 C. Stato, sez. V, 11.06.1999, n. 630, in Urb. App., 2000, 64, con nota di L. R. PERFETTI, Gli appalti misti tra vincoli comunitari e fraintendimenti del Consiglio di Stato; contra Tar Veneto, sez. I,
contratto sia ravvisabile nella attività di manutenzione, privilegiando il criterio della prevalenza della prestazione in concreto, tenendo conto del contenuto del contratto e della volontà delle parti, e ha quindi applicato la disciplina relativa agli appalti di lavori, ribaltando la decisione del Tar Veneto, che per individuare la normativa applicabile, aveva invece adottato il criterio della prevalenza sotto il profilo funzionale, giungendo alla conclusione che si trattasse di un contratto di servizi. In altra pronuncia il Consiglio di Stato51 ha ricondotto all’appalto di servizi, il contratto misto per la gestione tecnologica integrata e la manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica, in cui i lavori avevano una componente inferiore al 50%. In dottrina si è osservato che la figgura del global service rientra o meno nella disciplina dell’appalto di lavori a seconda della prevalenza della prestazione di lavori rispetto a quella di servizi, avuto riguardo all’interesse della pubblica amministrazione committente a seconda che sia o meno principalmente incentrato a mantenere in efficienza il proprio patrimonio immobiliare attraverso attività costruttive.
In ordine alla permuta, un’ipotesi di tale contratto misto è disciplinata dall’art. 53, commi 6-12 del codice, che consente di pagare in tutto o in parte il prezzo dell’appalto mediante la cessione di beni pubblici. Vi è concordia in dottrina nel ritenere che alla permuta, in virtù del criterio della prevalenza, vada applicata la disciplina dell’appalto di lavori, e, in caso di lacune, per quanto non stabilito dall’art. 53, anche la normativa sulla cessione di beni pubblici.
Un elemento rilevante e comune a molti appalti misti è quello della manutenzione. In tema di manutenzione di opere, occorre notare come ai sensi dell’art. 3, comma ottavo del codice, questa siano ricondotta nell’ambito dei contratti di lavori pubblici, a differenza della direttiva n. 2004/18/CE, ove viene fatta rientrare tra i servizi pubblici di cui all’allegato II A. Nello schema di regolamento al codice dei contratti pubblici52, la manutenzione viene definita come “la combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un’opera o un impianto nella condizione di svolgere la
11.02.1997, n. 363, in Foro amm., 1997, 2398; Tar Lazio-Roma, sez. II, 15.03.1995, n. 445, in Trib.
Amm. Reg., 1995, I, 1520.
51 C. Stato, sez. V, 28.09.2005, n. 5196, in Giur. it., 2006, 413, con nota di XXXXXXX.
52 v. supra, cap. II, par. 3.
funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto”. Ancora una volta per stabilire quale sia la disciplina applicabile ai contratti misti, tra le cui componenti figuri anche la manutenzione, andrà individuata la prestazione prevalente. Sulla base del criterio qualitativo, in taluni appalti misti è stata ritenuta prevalente la prestazione di lavori (v. appalto di gestione e manutenzione del patrimonio immobiliare, di cui abbiamo trattato a proposito del global service), mentre in altri quella dei servizi (v. appalto relativo alla manutenzione globale degli impianti interni di allarme degli uffici postali53). Sul punto, il Consiglio di Stato ha precisato come la manutenzione sia riconducibile all’appalto di lavori e non a quello di servizi solo se comporta un’attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica, con l’utilizzazione, la manipolazione e l’installazione di materiali aggiuntivi e sostitutivi che risultino consistenti sul piano strutturale e funzionale rispetto all’entità originaria dell’opera da mantenere; mentre si ricade nell’appalto di servizi nel caso di manutenzione programmata con controlli periodici della funzionalità di impianti già installati, ovvero di interventi per l’individuazione della causa del guasto con riparazione solo su richiesta dall’amministrazione appaltante con ordine apposito fuori contratto, o, infine, di eventuale smontaggio e rimontaggio degli impianti in caso di trasferimento di sede, senza creazione di un quid novi o la fornitura di ulteriori materiali. In quest’ultimo caso, secondo i giudici di Palazzo Spada, i lavori di riparazione del guasto o quelli di smontaggio e rimontaggio per trasferimento di sede rivestono carattere accessorio e marginale e non sono quindi in grado di alterare la natura di servizio dell’oggetto essenziale dell’appalto. Dalle decisioni appena citate, emerge chiaramente come la giurisprudenza amministrativa se in linea generale mostra di applicare il criterio qualitativo, basato sul rapporto di prevalenza/accessorietà tra le prestazioni, in alcuni casi non nasconde di utilizzare anche il criterio quantitativo della marginalità economica delle prestazioni.
53 C. Stato, sez. VI, 16.12.1998, n. 1680, in Cons. Stato, 1998, I, 2000.
4.1 I soggetti tenuti a seguire le procedure di evidenza pubblica
E’ importante delineare quale sia l’ambito di applicazione soggettivo del codice non solo in relazione ai soggetti ammessi a partecipare alle gare d’appalto, ma anche in riferimento al novero delle amministrazioni aggiudicatrici committenti, in quanto il codice dei contratti pubblici, in conformità alle direttive comunitarie in materia, accoglie una nozione estesa di pubblica committenza, fondata più che sulla natura pubblicistica rivestita dal soggetto aggiudicatore, sulla funzione oggettivamente volta alla cura dell’interesse pubblico realizzata attraverso l’affidamento dei pubblici lavori, servizi e forniture, con la conseguenza di vincolare al rispetto delle regole dell’evidenza pubblica un’ampia sfera di soggetti, come vedremo, anche privati.
Ai fini dell’esatta individuazione delle varie categorie soggettive destinatarie degli obblighi previsti dal codice De Lise per l’affidamento di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, vengono in rilievo alcune disposizioni: l’art. 3, commi da 25 a 34 e, in particolare, il comma 32 per le infrastrutture strategiche; l’art. 32 per i settori ordinari e l’art. 207 per i settori speciali. Infatti, occorre subito precisare che l’ambito di applicazione soggettivo del codice varia in relazione al tipo di appalto, e segnatamente, a seconda che si tratti di settori ordinari o speciali o infrastrutture strategiche. Inoltre in funzione del diverso grado di pubblicità del committente, varia l’ambito degli obblighi sullo stesso gravanti: se la definizione di amministrazione aggiudicatrice, implica il rispetto di tutte le norme in materia di procedure di affidamento e di esecuzione del contratto, vi sono categorie soggettive private, tenute all’osservanza di un numero più ridotto di obblighi. Così, ad esempio, l’art. 32, in riferimento ai settori ordinari, oltre ad individuare puntualmente i soggetti che rientrano nel concetto di stazione appaltante, delimita per ciascuna categoria soggettiva l’ambito oggettivo dei relativi obblighi. Quanto alla nozione di stazione appaltante, occorre rilevare come l’art. 3, comma 33 del codice non ne dia una definizione espressa, ma si limiti a utilizzare tale espressione come categoria di riferimento dei settori ordinari, comprensiva cioè di tutti i soggetti elencati all’art. 32. Conviene quindi occuparci dei soggetti tenuti al rispetto delle regole di evidenza pubblica nei settori ordinari. L’art. 32 del codice menziona anzitutto le amministrazioni aggiudicatrici (v. lett. a). Ai sensi dell’art. 3, comma 25, sono
amministrazioni aggiudicatrici: le amministrazioni statali, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici, gli organismi di diritto pubblico, le loro associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati.
a) Gli organismi di diritto pubblico
Nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici rientrano anche gli organismi di diritto pubblico, la cui corretta individuazione ai fini dell’applicazione delle regole sull’evidenza pubblica, non è stata sempre agevole nella prassi. Il codice, all’art. 3, comma 26 precisa che per organismo di diritto pubblico s’intende “qualsiasi organismo, anche in forma societaria, che sia istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, dotato di personalità giuridica, e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà sia designata dallo Stato, dagli enti territoriali o da altro organismo di diritto pubblico”. Rispetto alla disciplina previgente, il codice non ha modificato la nozione di organismo pubblico, limitandosi ad aggiungere espressamente che tale soggetto può anche avere veste societaria, in tal modo recependo un orientamento giurisprudenziale consolidato1. L’allegato III del codice riporta un elenco esemplificativo e non tassativo delle categorie di soggetti che rientrano nella nozione di organismi di diritto pubblico. Perciò, in riferimento alle categorie ivi non menzionate, occorrerà verificare in concreto se ricorrono i tre requisiti sopra citati, ossia il perseguimento di finalità aventi carattere generale, la personalità giuridica e l’influenza pubblica dominante sull’attività svolta. Come bene è stato notato, detti requisiti rappresentano gli elementi costitutivi dell’organismo di diritto pubblico, e perciò devono essere tutti sussistenti. Quanto al primo, quello della preordinazione funzionale dell’attività del soggetto allo specifico soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere commerciale o industriale, per giurisprudenza
0 x. xxx xxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx XX, 15.05.2003 C-214/00, in Urb. App., 2003, 885. Secondo tale pronuncia il carattere privato, rappresentato dalla forma societaria del soggetto, non è di per sé solo idoneo a escludere la natura di organismo di diritto pubblico.
costante2, ai fini della sussistenza di tale elemento, non è necessario il perseguimento in via prevalente o esclusiva di detto scopo, ben potendo evidenziarsi oltre a questo, anche quello del soddisfacimento di interessi di tipo commerciale o industriale, con la conseguenza che il soggetto va qualificato come organismo di diritto pubblico anche se la cura di bisogni di interesse generale costituisce solo una parte relativamente poco importante delle attività che effettivamente svolge. Occorre precisare che, secondo la giurisprudenza comunitaria, una volta che sia stata accertata la qualifica di organismo di diritto pubblico in capo all’ente, questo dovrà ritenersi vincolato al rispetto della normativa europea in materia di appalti pubblici, non solo per le attività volte a soddisfare un bisogno generale di carattere non commerciale o industriale, ma anche per le eventuali ulteriori attività propriamente industriali e commerciali, e ciò in ossequio al principio di certezza del diritto, a mente del quale una norma comunitaria deve essere chiara e di sicura applicazione per tutti gli interessati. In sostanza, secondo la Corte di Giustizia, un organismo di diritto pubblico è tale anche se solo una parte della sua attività ha i requisiti richiesti, con vis actrativa anche sulla restante parte dell’attività. In ordine all’individuazione del carattere non industriale o commerciale dei bisogni perseguiti dall’ente, è stato altresì precisato3 come tale requisito sussista anche qualora l’ente in astratto svolga attività con fine di lucro offrendo beni o servizi sul mercato, ma senza in concreto alcuna assunzione del relativo rischio d’impresa e delle perdite connesse: se, dall’analisi delle circostanze del caso, si evince che la società che opera sul mercato è beneficiaria di un finanziamento pubblico, e che la pubblica amministrazione finanziatrice interviene a ripianare le perdite, e, ove necessario, procede alla sua ricapitalizzazione per consentirle di continuare l’attività, è verosimile che detta attività soddisfi un bisogno di interesse generale privo di carattere industriale o commerciale, al di là della finalità del profitto perseguita in via astratta. Quanto al finanziamento pubblico, quale indice da cui dedurre la sussistenza del perseguimento di interessi generali a carattere non industriale o commerciale da parte dell’ente, i
0 Xxxxx Xxxxxxxxx XX, sez. IV, 10.04.2008, C-393/06, in Foro it., 2008, V, con nota di I. XXXXX; Corte Giustizia CE, sez. V, 22.05.2003, C-18/01, in Urb. App., 2003, 1144; Corte Giustizia CE, 27.02.2003, C-373/00, in Foro amm. -CdS, 2003, 424.
0 Xxxxx Xxxxxxxxx XX, sez. V, 22.05.2003, C-18/01, cit.
giudici comunitari4 hanno ritenuto che le medesime considerazioni valgano anche in relazione ai casi di finanziamento indiretto, quale ad esempio quello di cui godono le emittenti radiotelevisive. Sul punto, la Corte di Giustizia CE ha statuito che gli enti radiotelevisivi finanziati con canone a carico degli utenti, imposto, calcolato e riscosso secondo disposizioni di natura pubblicistica, costituiscono organismi di diritto pubblico, tenuti all’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di procedure di affidamento degli appalti pubblici, precisando come l’inapplicabilità delle direttive appalti vada riferita esclusivamente ai contratti aventi ad oggetto i servizi attinenti alla loro specifica attività (creazione e realizzazione di programmi culturali e sociali), essendo tale esclusione eccezionale e perciò di stretta interpretazione, con la conseguenza che per l’affidamento di un contratto di servizi di pulizia dei propri locali, gli enti radiotelevisivi dovranno applicare le procedure previste dalla disciplina degli appalti pubblici. La questione affrontata dai giudici comunitari appare di notevole interesse in relazione al nostro sistema giuridico, dove la R.A.I. fruisce di finanziamento indiretto, mediante canone normativamente imposto agli utenti. La giurisprudenza italiana ha qualificato tale emittente radiotelevisiva, ora come organismo di diritto pubblico, ora come impresa pubblica soggetta al DLGS. n. 158/19955. Come già visto a proposito dei contratti esclusi6, le attività costituenti la missione propria degli enti radiotelevisivi sono sottratte all’ambito di applicazione del codice (art. 22). Il problema si pone in relazione agli appalti strumentali, quali quelli appunto aventi ad oggetto i servizi di pulizia e di vigilanza dei locali ove detti enti svolgono la propria attività. Nel senso che la R.A.I. costituisce organismo di diritto pubblico, si sono pronunciate di recente le sezioni unite della Cassazione7, confermando l’impostazione comunitaria secondo cui solo gli appalti specificamente relativi a servizi di radiodiffusione e televisione si sottraggono alle procedure di evidenza pubblica, mentre per affidare altri appalti,
0 Xxxxx Xxxxxxxxx XX, sez. IV, 13.12.2007, C-337/06, in Foro it., 2008, V, con nota di I. XXXXX.
5 Per la qualifica di organismo di diritto pubblico della R.A.I., v. Tar Lazio, sez. III, 9.06.2004, n. 5460, in Giorn. dir. amm., 2004, 1112; contra, nel senso di impresa pubblica soggetta alla disciplina di cui al DLGS. n. 158/1995, v. C. Stato, sez. VI, 22.11.2005, n. 6525, in Foro amm.-CdS, 2005, 3396; C. Stato, sez. VI, 18.04.2005, n. 1770, in Cons. Stato, 2005,I, 682.
6 x. xxxxx, xxx. XXX, xxx. 0.
7 C. Cas., sez. unite, 23.04.2008, n. 10443, in Urb. App., 2008, 1083.
quale quelli inerenti i servizi di vigilanza delle sedi, la R.A.I. deve rispettare per la scelta del contraente dette procedure, con conseguente giurisdizione del G.A.
Tra le tematiche all’attenzione della giurisprudenza nazionale, vi è stata anche quella della possibilità di qualificare come organismi di diritto pubblico anche società a totale o parziale partecipazione pubblica. La questione è stata risolta nel senso che anche una società per azioni a totale partecipazione pubblica può in concreto avere i requisiti dell’organismo di diritto pubblico, atteso che la veste societaria è neutrale. Così, ad esempio è stata riconosciuta la natura di organismo di diritto pubblico all’Interporto toscano S.p.A.8, nonché all’Interporto Padova S.p.A.9, società a totale partecipazione pubblica, in quanto costituite per soddisfare un bisogno di interesse generale per la collettività territoriale di riferimento, quale è il servizio volto allo sviluppo di un nodo integrato di trasporti. Nello stesso senso, è stata ritenuta rientrare nel novero degli organismi di diritto pubblico anche la SOGEI, società di gestione del sistema informativo del Ministero delle finanze10, nonostante la struttura privatistica, in virtù della particolare natura della convenzione di concessione, con la quale le sono stati devoluti compiti attinenti a scopi non esclusivamente industriali o commerciali, quali ad esempio le attività inerenti all’anagrafe tributaria. Analogo ragionamento è stato seguito in relazione a Poste italiane S.p.A.11, che, una volta qualificata come organismo di diritto pubblico, è stata ritenuta soggetta al rispetto delle procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente per la totalità dei propri appalti, ivi compresi quelli relativi allo svolgimento delle attività più propriamente privatistiche di sua pertinenza, quale il servizio di bancoposta. Maggiori incertezze si sono registrate circa la configurabilità in termini di organismo di diritto pubblico di Grandi Stazioni S.p.A., società che svolge attività tipicamente commerciali. Secondo una pronuncia della V sezione del Consiglio di Stato12, relativa ad un appalto avente ad oggetto gli spazi commerciali all’interno di una stazione ferroviaria, è stato escluso che detta società rivesta la qualifica di organismo
8 C. Stato, sez. VI, 28.10.1998, n. 1478, in Cons. Stato, 1998, I, 1655.
9 X. Xxxx., sez. unite, 12.05.2005, n. 9940, in I contratti, 1/2006, 35, con nota di X. XXXXXXX,
Organismi di diritto pubblico e applicazione della normativa sugli appalti pubblici.
10 C. Stato, sez. III, 11.04.2000, n. 588/00, in Foro it., 2002, III, 427.
11 C. Stato, sez. VI, 2.03.2001, n. 1206, in Cons. Stato, 2001, I, 566.
12 C. Stato, sez. V, 6.10.2003, n. 5092, in Cons. Stato, 2003, I, 2129.
di diritto pubblico. In senso opposto, un’altra decisione della VI sezione del Consiglio di Stato13, con riferimento ad un diverso appalto, avente ad oggetto la pulizia dei treni e delle stazioni ferroviarie, ha propeso per la natura giuridica di organismo di diritto pubblico di tale società, e, stante il contrasto con la V sezione, ha rimesso la questione all’adunanza plenaria. Detto consesso tuttavia non ha risolto il contrasto, privilegiando una diversa opzione ermeneutica, e cioè quella di ricondurre Grandi Stazioni S.p.A. nel novero delle imprese pubbliche, come tale soggetta alla disciplina di cui al DLGS. n. 158/199514. Sul tema sono intervenute anche le sezioni unite della Cassazione, secondo cui Grandi Stazioni S.p.A.15 non va qualificata come organismo di diritto pubblico, in quanto l’attività di riqualificazione, gestione e valorizzazione di spazi interni agli edifici delle stazioni svolta dalla stessa, non è finalizzata al soddisfacimento di bisogni di interesse generale, né è in alcun modo attinente alla gestione delle reti di trasporto pubblico o di messa a disposizione di impianti terminali di trasporto ai fini della applicabilità della disciplina dettata per gli appalti pubblici nei settori speciali.
b) I concessionari di lavori pubblici
L’art. 32, menziona tra i soggetti tenuti all’applicazione delle procedure di evidenza pubblica, nei limiti di cui subito diremo, anche i concessionari di lavori pubblici, qualora intendano a loro volta affidare a terzi appalti aventi ad oggetto lavori pubblici (lett. b). Dall’esame della disposizione de qua in coordinamento con le norme che si occupano nello specifico degli appalti del concessionario di cui agli artt. 142-151 e 174 del codice, si ricava che sussiste un obbligo più o meno esteso di rispetto delle procedure di evidenza pubblica, a seconda che si tratti di concessione di soli lavori, concessione di opere e servizi, o concessione per la realizzazione di infrastrutture strategiche. Nel caso di appalti affidati dal concessionario di lavori pubblici, secondo l’art. 149 del codice, questo è tenuto al rispetto delle forme di pubblicità previste dall’art. 66, ma non è vincolato a seguire una procedura particolare, potendo scegliere liberamente tra quella aperta, ristretta o negoziata. Inoltre ai sensi dell’art. 142, detti concessionari devono osservare le disposizioni del
13 C. Stato, sez. VI, 22.01.2004, n. 167, in Cons. Stato, 2004, I, 72.
14 X. Xxxx, ad. plen., 23.07.2004, n. 9, in Cons. Stato, 2004, I, 72.
15 X. Xxxx., sez. unite, 4.05.2006, n. 10218, in Giurisdiz. Amm., 2006, III, 321.