Contract
Il contratto di compravendita
c.
Rassegna giurisprudenziale e dottrinaria sul contratto di compravendita
Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo I Della vendita – 1470 – 1547
S t u d i o l e g a l e D ’ I s a
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Avv. Xxxxxx X'Xxx
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Sommario
1) Disposizioni Generali – pag. 3
A) STRUTTURA – pag. 3
B) I REQUISITI DEL CONTRATTO – pag. 13
1) L’accordo – pag. 13
2) La causa – pag. 18
3) La forma – pag. 19
4) L’oggetto – pag. 26
5) Prezzo – pag. 40
6) Spese – pag. 53
C) OBBLIGHI PER IL VENDITORE – pag. 57
1) Quella di consegnare la cosa al compratore che ne è divenuto titolare – pag. 57
2) Quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto – pag. 64
A) Vendita di cosa generica – pag. 70
B) Vendita di cosa altrui – pag. 73
C) Vendita di cosa parzialmente altrui – pag. 84
D) Vendita di cosa futura – pag. 86
E) Vendita con riserva di proprietà – pag. 101
F) Vendita alternativa – pag. 101
3) Quella di garantire il compratore dall’evizione e dei vizi della cosa – pag. 107
A) La tutela contrattuale generale – pag. 107
B) Tutela particolare a favore del compratore – pag. 108
1) La Garanzia per l’evizione – pag. 110
2) La Garanzia per i vizi – pag. 152
3) La garanzia per mancanza delle qualità promesse – pag. 195
C) Xxxxx pro alio – pag. 201
D) OBBLIGHI PER IL COMPRATORE – pag. 219
E) LA VENDITA CON PATTO DI RISCATTO – pag. 224
2) Vendita mobiliare – pag. 252
A) Disposizioni generali – pag. 252
B) Alcune tipologie – pag. 263
1) Vendita con trasporto (vendita piazza a piazza) – pag. 263
2) Vendita con garanzia di buon funzionamento – pag. 268
3) Vendita con riserva di gradimento – pag. 279
4) Vendita con riserva di proprietà – pag. 283
5) Xxxxxxx su campione e su tipo di campione – pag. 322
6) Vendita a prova – pag. 327
7) Vendita su documenti – pag. 331
8) Vendita a termine di titoli di credito – pag. 342
9) Vendita di beni di consumo – pag. 347
3) Vendita immobiliare – pag. 356
4) Vendita di eredità – pag. 362
A) La natura – pag. 365
B) Oggetto – pag. 366
C) Gli obblighi delle parti – pag. 368
D) Forma e trascrizione – pag. 371
E) Responsabilità ex lege per i debiti – pag. 371
F) Altre forme di alienazione di eredità – pag. 372
G) Inesperibilità del retratto successorio quando la vendita riguarda singoli beni – pag. 372
H) Ammissibilità della vendita di eredità altrui – pag. 373
1) Disposizioni generali
Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo I Della vendita – Sez. I disposizioni generali – 1470 – 1509
A) STRUTTURA
art. 1470 x.x. xxxxxxx
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il
corrispettivo di un prezzo.
Con questa definizione, si è voluto sottolineare la funzione tipicamente traslativa del contratto, abbandonando l’equivoca nozione legislativa tradizionale, derivata dal codice francese e riportata nell’art. 1447 del c.c. del 1865, la quale sembrava riferirsi ad un presunto effetto meramente obbligatorio, in quanto affermava che: <la vendita è il contratto per cui uno si obbliga a dare una cosa e l’altro a pagarne il prezzo>.
Tale contratto, che fa parte della categoria dei contratti tipici, è contraddistinto, solitamente 1, da due parti: il venditore (o alienante) che trasferisce il diritto e il compratore (o acquirente), che si obbliga a pagare un prezzo, espresso in una somma di denaro, come corrispettivo.
L'attribuzione traslativa consiste in un arricchimento della sfera giuridica del compratore, che si concretizza nell'ingresso di una entità giuridica che prima si trovava nella sfera del venditore, a favore del quale, invece, si ha una attribuzione pecuniaria.
Nel suo patrimonio entrerà un diritto di credito rappresentato dal pagamento di una somma di denaro da parte del compratore.
1 Tranne nel caso, ad esempio, della vendita con trasporto (vendita piazza a piazza), cfr xxx.xx 2) lettera B), punto 1), pag. 263
L'attribuzione traslativa e l'attribuzione pecuniaria costituiscono gli effetti essenziali del contratto di compravendita, senza i quali lo stesso non potrebbe esistere.
La compravendita, pur affondando le sue radici in epoche ben più lontane2, può riconoscere la emptio venditio 3 di derivazione romana come suo ascendente giuridico già notevolmente evoluto e di certo simile alla configurazione attualmente riservata a tale istituto dal nostro codice civile.
Si può tranquillamente, inoltre, affermare che è il principale e più diffuso contratto di scambio di beni (mobili, immobili, mobili registrati, immateriali, etc) nella realtà dei traffici commerciali, nazionali ed internazionali, sia
1) per la rilevanza della sua funzione economica,
2) per il valore paradigmatico che assume nell’ambito della teoria dei contratti
3) per la ricchezza e la varietà di atteggiamenti, di sottospecie, di clausole che presenta.
2 La vendita è il contratto tipico dello scambio in un sistema economico monetario, poiché quanto oggetto di vendita viene scambiato contro un corrispettivo in denaro; in assenza della moneta si aveva in epoca pre romana lo scambio in termini di baratto.
3 Emptio-venditio (compravendita): in forza di questo contratto nascevano i seguenti obblighi: per il venditore, di mettere a disposizione del compratore la cosa (merx) finché non ne acquistava la proprietà.
Per l’acquirente, di trasferire a titolo di corrispettivo al venditore il pretium, la proprietà di una somma di denaro.
Potevano costituire merx tutte le cose mobili e immobili, dunque anche gli schiavi, che erano res mancipi‘, e anche il libero, se venduto a un compratore di buona fede (che lo credeva schiavo).
Questo contratto consensuale era basato sulla bona fides ed il consenso delle parti.
Non trasmetteva la proprietà della cosa comprata, ma faceva sì che sorgesse l’impegno reciproco delle parti a trasferire la cosa e a pagare il prezzo convenuto.
NATURA GIURIDICA – del contratto
A) Consensuale
La consegna del bene e il pagamento del prezzo costituiscono infatti obblighi meramente esecutivi dell’accordo già raggiunto sulla base del mero incontro delle volontà.
Il trasferimento del diritto, conseguente al mero accordo, costituisce l’effetto reale finale, in perfetta aderenza al principio del c.d. consenso traslativo, enunciato dall’art. 1376 c.c., tipico e costante della compravendita, sempre che, ovviamente, il contratto sia valido ed efficace.
B) Ad effetti reali
Nel senso precisato dall’art. 1376 c.c.; esso produce, in ogni caso il trasferimento della proprietà, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di altro diritto.
Né siffatto carattere può dirsi escluso nel tipo di vendita impropriamente denominato vendita obbligatoria: è vero che qui l’effetto reale viene differito, ma questo effetto deve pur sempre ricondursi all’unico contratto di trasferimento.
È estranea al nostro diritto positivo l’idea della vendita come negozio obbligatorio a differenza del modello germanico ove il c.d. principio della separazione distingue il negozio obbligatorio dal successivo negozio traslativo.
C) Con attribuzioni corrispettive – il c.d. sinallagma, il cui significato è quello della reciprocità.
D) Commutativo – non aleatorio 4, perché al momento della conclusione, è possibile valutare l’entità del vantaggio e del sacrificio che si verificano per ciascuna delle parti.
E) Istantaneo
F) Bilaterale
G) Normalmente di straordinaria amministrazione
Vendita reale
Si ha quando il trasferimento non richiede altro elemento oltre al consenso delle parti, in perfetta aderenza al principio del c.d. consenso traslativo, enunciato dall’art. 1376 c.c.
Se Xxxxx vende a Caio il fondo Tuscolano, per il trasferimento del diritto di proprietà, nient’altro occorre se non il loro accordo.
In questo caso sorge sempre l’obbligo di pagare il prezzo e non vi è spazio, come nel caso della vendita obbligatoria, per un’autentica obbligazione di trasferire il diritto, in poche parole nella vendita reale non occorre alcuna successiva attività da parte del venditore, perché il diritto è stato acquistato nel momento in cui, per effetto del semplice consenso, è nato il contratto.
Vendita obbligatoria
Per autorevole dottrina 5 questa figura ricorre quando l’effetto traslativo non si produce con il semplice consenso, legittimamente manifestato, perché sono necessari ulteriori e successivi atto o fatti;
In altri termini, l’effetto reale della vendita può non prodursi immediatamente a causa:
4 Nel caso di vendita di eredità, cfr xxx.xx 4), lettera C) Gli obblighi delle parti, pag. 365, si ha un fattispecie aleatoria, oltreché nell’ambito di emptio spei cfr xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera D) vendita di speranza – pag. 99
5 Gazzoni
1) della volontà delle parti (vendita a termine iniziale o sospensivamente condizionata);
2) della non determinatezza della cosa compravenduta (vendita di cosa generica 6);
3) della cosa compravenduta che non è del venditore (vendita di cosa altrui 7);
4) della non esistenza della cosa compravenduta (vendita di cosa futura8);
5) della non avvenuta scelta della cosa compravenduta (vendita alternativa 9);
In altri termini, dal contratto nasce immediatamente non già l’effetto reale, ma un effetto obbligatorio e precisamente quello a carico del venditore.
L’effetto obbligatorio che nasce:
1) acquistare la cosa dal terzo o comunque di procurarne l’acquisto all’acquirente per vendita diretta del terzo;
2) di farla venire ad esistenza;
3) a carico di entrambi di procedere all’individuazione di cui all’art. 1378
art. 1378 c.c. trasferimento di cosa determinata solo nel
genere
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con l’individuazione fatta
d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti (1465). Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro, l’individuazione
6 Cfr xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera A) vendita di cosa generica, pag. 70
7 Cfr xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera B) vendita di cosa altrui, pag. 73 8 Cfr xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera D) vendita di cosa futura, pag. 86 9 Cfr xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera F) vendita alternativa, pag. 101
avviene anche mediante la consegna al vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti).
FIGURE DIFFERENTI
Vendita e preliminare 10
In merito la Cassazione11 ha affermato che l’elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita è dato dalla volontà delle parti, che nel contratto definitivo è rivolta direttamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare.
10 Per una maggiore consultazione sulle differenze tra definitivo e preliminare aprire il seguente
collegamento on-line Le trattative ed il contratto preliminare
11 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 18-4-2002. Nel caso, la S.C., nel fare applicazione del suindicato principio con particolare riferimento all’individuazione del contenuto del rapporto stipulato dalle parti, ha osservato che in sede di stipulazione del preliminare le parti possono anche determinare un oggetto più ampio di quello successivamente trasfuso nel contratto definitivo, senza che ciò tuttavia assuma alcuna rilevanza ai fini dell’identificazione del contenuto delle determinazioni definitive. Inoltre tale principio è stato anche confermato da ultima sentenza della Cassazione, per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 8 gennaio 2014,
n. 153 , secondo la quale, appunto, il contratto preliminare e il contratto definitivo di compravendita si differenziano per il diverso contenuto della volontà dei contraenti, che è diretta nel primo caso ad impegnare le parti a prestare, in un momento successivo, il loro consenso al trasferimento della proprietà, e nel secondo ad attuare il trasferimento stesso, contestualmente o a decorrere da un momento successivo alla conclusione del contratto, senza necessità di ulteriori manifestazioni di volontà. Lo stabilire se le parti abbiano inteso stipulare un contratto definitivo ovvero un contratto preliminare di compravendita, rimettendo l’effetto traslativo ad una successiva manifestazione di consenso, si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. Tale accertamento è incensurabile in Cassazione, se è sorretto da una motivazione sufficiente ed esente da vizi logici o da errori giuridici e sia il risultato di un’interpretazione condotta nel rispetto delle regole di ermeneutica contrattuale dettate dagli art. 1362 e s. x.x. (Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, 00-00-0000 x. 00000; Corte di Cassazione, 4-10-2006 n. 21381; Corte di Cassazione, 21-5-2002 n. 7429).
Ne consegue che, allorché le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest’ultimo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, può anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per ciò sia necessario un distinto accordo novativo. A tale stregua, in sede di interpretazione del contratto definitivo, non vi è alcun obbligo per il giudice del merito di valutare il comportamento delle parti ex art. 1362, secondo xxxxx, c.c., e di prendere in considerazione il testo del contratto preliminare.
Vendita ed appalto
Le differenze saranno trattare successivamente al xxx.xx 1), lettera C), punto 2) lettera D) vendita di cosa futura e appalto – pag. 91
In generale è bene, però, sottolineare che per la S.C. 12 per stabilire l’esatta natura giuridica di un negozio giuridico complesso nel quale siano commisti e combinati elementi dello appalto ed elementi della vendita, occorre seguire il criterio della prevalenza fra le prestazioni pattuite, ed il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell’uno o dell’altro contratto, in base alla prevalenza degli elementi che concorrono a costituirla. Il fattore decisivo per stabilire tale prevalenza è dato dall’interesse che ha mosso le parti, avendosi una vendita se esse abbiano avuto fondamentalmente interesse a scambiarsi un bene in natura contro
12 Corte di Cassazione, sentenza 26-4-84, n. 2626. Nella specie, in un contratto avente ad oggetto il trasferimento di un bene immobile verso il corrispettivo costituito in parte dal pagamento di una somma di danaro ed in parte dalla costruzione di una strada da parte dell’acquirente, i giudici del merito avevano ritenuto predominante, in base alla valutazione del rispettivo interesse delle parti, il carattere traslativo del contratto, con conseguente assoggettamento dello stesso alla disciplina della vendita, escludendo quindi l’applicabilità dell’art. 1667 c.c. e del relativo termine di prescrizione
una somma di danaro, e solo per ragioni contingenti il venditore si sia adattato a ricevere una parte del corrispettivo sotto forma del compimento di un opus, mentre deve ravvisarsi un appalto se l’interesse originario e fondamentale delle parti sia stato quello di compiere e, rispettivamente, ricevere un’opera, anche se il corrispettivo sia stato integrato con un bene in natura, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto sottratto al sindacato di legittimità, se congruamente e correttamente motivato.
Vendita e permuta 13
Per la Corte di Legittimità 14 al fine di stabilire se un contratto traslativo della proprietà di un bene, per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una compravendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l'ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all'integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi.
13 Per una maggiore consultazione sulla permuta aprire il seguente collegamento on-line
Il contratto di permuta – xxx.xx 6 – la differenza tra la permuta e la
14 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9088 del 16-4-2007
Principio ripreso da ultima Cassazione 15 secondo la quale, appunto, un contratto traslativo della proprietà, nel quale la controprestazione abbia cumulativamente ad oggetto una cosa in natura ed una somma di denaro (ove venga superata la ravvisabilità di una duplicità di negozi, di cui uno di adempimento mediante datio in solutum, o, in virtù del criterio dell’assorbimento, l’ipotesi di un unico negozio a causa mista), può realizzare tanto la fattispecie di una compravendita con integrazione del prezzo in natura, quanto quella di permuta con supplemento in denaro e, in tale ultimo caso, la questione dell’individuazione del negozio in concreto voluto e posto in essere dalle parti non può essere risolta con il mero richiamo all’equivalenza (o anche prevalenza) economica del valore del bene in natura o della somma di denaro che unitamente costituiscono la controprestazione, dovendo invece essere determinata in ragione della prevalenza giuridica dell’una o dell’altra prestazione.
Agli effetti della qualificazione del contratto, è necessario ricostruire gli
interessi comuni e personali, che le parti avevano inteso regolare con il negozio, ed accertare se i contraenti avessero voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro, che, per ragioni di opportunità, avevano parzialmente commutata in un altro bene, ovvero avessero concordato lo scambio tra loro di due beni in natura e fossero ricorsi all’integrazione in denaro, soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi.
15 Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 marzo 2014, n. 5605 Nel caso in esame, la sentenza di merito ha tenuto conto di questi principi e si è fatta carico di ricostruire la volontà effettiva delle parti, sostanzialmente pervenendo alla conclusione che il bene (la BMW) dato in permuta integrava gli estremi di una datio in solutum.
Vendita e mutuo
Per la Cassazione 16 nell’ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un veicolo, venuto meno il contratto per cui il mutuato è concesso in seguito alla intervenuta risoluzione consensuale della compravendita del veicolo, il mutuante è legittimato a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario (acquirente), ma direttamente ed esclusivamente al venditore, che rispetto al mutuo appare terzo, ma che del mutuato in sostanza beneficia.
Infatti nell’ambito della funzione complessiva dei negozi collegati, essendo lo scopo del mutuo legato alla compravendita, in quanto la somma concessa in mutuo viene destinata al pagamento del prezzo, venuta meno la compravendita, il mutuo non ha più ragione d’essere. In tal caso il mutuatario, il quale impiega la somma secondo la destinazione prevista in contratto, sostanzialmente non ricava alcun vantaggio, perché non consegue la proprietà del bene, per il cui pagamento il mutuo gli viene risultante dal collegamento negoziale, il venditore, che riceve la somma mutuata, deve restituirla.
16 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 5966 del 23-4-2001
B) I requisiti del contratto
1) L’accordo
Xxxxxxx le regole previste per i contratti in generale:
a) dei requisiti del contratto (art. 1325 c.c.)
art. 1325 c.c. indicazione dei requisiti
I requisiti del contratto sono:
1) l'accordo delle parti;
2) la causa;
3) l'oggetto;
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.
b) conclusione del contratto (art. 1326 c.c.)
art. 1326 c.c. conclusione del contratto
Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.
L'accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell'affare o secondo gli usi.
Il proponente può ritenere efficace l'accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso all'altra parte.
Qualora il proponente richieda per l'accettazione una forma determinata, l'accettazione non ha effetto se è data in forma diversa.
Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta.
c) esecuzione prima della risposta dell’accettante (art. 1327 c.c.)
art. 1327 c.c. esecuzione prima della risposta dell'accettante Xxxxxxx, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione.
L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.
d) revoca della proposta e dell’accettazione (art. 1328 c.c.)
art. 1328 c.c. revoca della proposta e dell'accettazione
La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subìte per l'iniziata esecuzione del contratto.
L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell'accettazione.
e) proposta irrevocabile 17 (art. 1329 c.c.)
17 Per una maggiore consultazione sulla proposta irrevocabile aprire il seguente collegamento
on-line La proposta irrevocabile (o ferma)
art. 1329 c.c. proposta irrevocabile
Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo , la revoca è senza effetto.
Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia.
f) morte o incapacità dell’imprenditore (art. 1330 c.c.)
art. 1330 c.c. morte o incapacità dell'imprenditore
La proposta o l'accettazione, quando è fatta dall'imprenditore nell'esercizio della sua impresa , non perde efficacia se l'imprenditore muore o diviene incapace prima della conclusione del contratto , salvo che si tratti di piccoli imprenditori o che diversamente risulti dalla natura dell'affare o da altre circostanze.
g) opzione18 (art. 1331 c.c.)
art. 1331 c.c. opzione
Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329.
Se per l'accettazione non è stato fissato un termine, questo può essere stabilito dal giudice.
18 Per una maggiore consultazione sull’opzione aprire il seguente collegamento on-line
h) presunzione di conoscenza (art. 1335 c.c.)
art. 1335 c.c. presunzione di conoscenza
La proposta, l'accettazione , la loro revoca e ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del destinatario , se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia.
i) offerta al pubblico (art. 1336 c.c.)
art. 1336 c.c. offerta al pubblico
L'offerta al pubblico, quando contiene gli estremi essenziali del contratto alla cui conclusione è diretta, vale come proposta , salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi.
La revoca dell'offerta, se è fatta nella stessa forma dell'offerta o in forma equipollente , è efficace anche in confronto di chi non ne ha avuto notizia.
j) trattative e responsabilità precontrattuale 19 (art.1337 c.c.)
art. 1337 c.c. trattative e responsabilità precontrattuale.
Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
19 Per una maggiore consultazione sulle trattative e la responsabilità precontrattuale aprire il
seguente collegamento on-line Le trattative ed il contratto preliminare
k) conoscenza delle cause d’invalidità (art. 1338 c.c.)
art. 1338 c.c. conoscenza delle cause d'invalidità
La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto , non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.
l) inserzione automatica di clausole (art. 1339 c.c.)
art. 1339 c.c. inserzione automatica di clausole.
Le clausole, i prezzi di beni o di servizi, imposti dalla legge, sono di diritto inseriti nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi apposte dalle parti.
m) clausole d’uso (art. 1340 c.c.)
art. 1340 c.c. clausole d'uso c.c.
Le clausole d'uso s'intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti.
n) condizioni generali di contratto (art. 1341 c.c.)
art. 1341 c.c. condizioni generali di contratto
Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.
In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha
predisposte, limitazioni di responsabilità , facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.
o) contratto concluso mediante moduli o formulari (art. 1342 c.c.)
art. 1342 c.c. contratto concluso mediante moduli o formulari Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari , predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate.
Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.
2) La causa
Valgono i principi del contratto in generale –
– 1343 c.c.
art. 1343 c.c. causa illecita
La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.
– 1344 c.c.
art. 1344 c.c. contratto in frode alla legge
Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa.
– 1345 c.c.
art. 1345 c.c. motivo illecito
Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe.
3) La forma
Valgono i principi generali: la libertà di forma è la regola e il formalismo è l’eccezione.
art. 1350 c.c. atti che devono farsi per iscritto
Xxxxxx farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
2) i contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie , il diritto del concedente e
dell'enfiteuta;
3) i contratti che costituiscono la comunione di diritti indicati dai numeri precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano le servitù prediali, il diritto di uso su beni immobili e il diritto di abitazione;
5) gli atti di rinunzia ai diritti indicati dai numeri precedenti;
6) i contratti di affrancazione del fondo enfiteutico;
7) i contratti di anticresi;
8) i contratti di locazione di beni immobili per una durata superiore a nove anni;
9) i contratti di società o di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari per un tempo
eccedente i nove anni o per un tempo indeterminato;
10) gli atti che costituiscono rendite perpetue o vitalizie salve le disposizioni relative alle rendite dello Stato ;
11) gli atti di divisione di beni immobili e di altri diritti reali immobiliari;
12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti;
13) gli altri atti specialmente indicati dalla legge.
In merito alla vendita immobiliare, oltre ai requisiti formali dell’atto scritto ad substantiam, ulteriori necessari presupposti sono l’allegazione, come da ultima modifica legislativa, del certificato APE (ai fini della validità) e la trascrizione dell’atto d’acquisto (ma non ai fini della validità).
Il venditore, infine, ha l’obbligo per la stesura dell’atto notarile e della ricevibilità del medesimo:
1) di indicare al notaio gli estremi della concessione edilizia del fabbricato venduto; come è noto, gli artt. 17 e 40 della L 28 febbraio 1985, n. 47 sanciscono la nullità dei trasferimenti immobiliari che non contengano la prevista dichiarazione (licenza
– concessione o permesso edilizio) concernente la regolarità dell’edificio in oggetto rispetto alla disciplina urbanistica vigente;
2) di produrre tutta la documentazione amministrativa in caso di condono edilizio;
3) di presentare il Certificato di Destinazione Urbanistica rilasciato dal Comune competente in caso di alienazione di terreni;
4) di garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa;
5) di pagare tutte le spese condominiali, anche solo deliberate, sino alla data di vendita salvo patto contrario;
6) di pagare l’I.C.I. sino a tutto il mese di vendita, nel caso in cui il trasferimento avvenga decorsi già 15 giorni del mese stesso, altrimenti sino al mese precedente a quello di conclusione del contratto nel caso ciò avvenga nei primi 15 giorni.
A) La Trascrizione 20 21 22 23 24 25
È lo strumento di pubblicità predisposto dall'ordinamento per rendere certi i fatti che riguadagno i beni immobili (artt. 2643 c.c.) e i beni mobili registrati (artt. 2683 e ss. c.c.)
Si attua attraverso degli appositi registri dove sono riportate le notizie essenziali del bene che interessa; per le automobili, ad esempio, è stato costituito il P.R.A. mentre per gli immobili presso i registri tenuti dalle conservatorie immobiliari (ora, però, la competenza è passata all'Agenzia del territorio ex l. 29.10.1991 e successive modifiche).
1) La trascrizione dell'atto di acquisto di un bene immobile non ne condiziona la validità (come avviene nel sistema tavolare austriaco) ma solo l'opponibilità ai terzi nel senso già chiarito in precedenza;
2) di conseguenza si conferma che nel nostro ordinamento vige il principio consensualistico, anche se la gravità delle conseguenze relative alla mancata o ritardata trascrizione può far dubitare della semplice efficacia dichiarativa della stessa;
20 cfr xxx.xx 1) lettera C) punto 2) lettera A) Vendita di cosa generica, pag. 71
21 cfr xxx.xx 1) lettera C) punto 2) lettera D) vendita di cosa futura, pag. 90
22 cfr xxx.xx 1) lettera C) punto 2) lettera F) vendita alternativa, pag. 105
23 cfr. xxx.xx 1) lettera E) Xxxxxxx con patto di riscatto, punto 7) la trascrizione, pag. 231
24cfr. xxx.xx 2) lettera B) punto 4) Vendita con riserva di proprietà, D) Disciplina,
punto 3) La trascrizione, pag. 305
25 cfr xxx.xx 4) lettera D) Xxxxx e Trascrizione, pag. 371
3) le trascrizioni per avere effetto devono essere continue, cioè trovarsi di seguito e collegate con i precedenti atti di acquisto (art. 2650 c.c.).
L'art. 2643 c.c. stabilisce quali sono gli atti che devono essere trascritti si ricorda, tra i tanti, i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili, o diritti reali di godimento sulla proprietà, o, ancora la comunione costituita per tali diritti.
Secondo l'art. 2645 c.c. devono poi essere trascritti tutti gli atti che producono gli effetti dei contratti previsti dall'art. 2643 c.c. come, ad esempio, la sentenza che costituisce una servitù coattiva ex art. 1032 c.c.
Gli effetti della trascrizione relativamente a tali atti sono disciplinati dall'art. 2644 c.c.
Gli atti enunciati nell'articolo precedente (2643 c.c.) non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi.
Seguita la trascrizione, non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l'acquisto risalga a data anteriore.
In altre parole si sancisce l'opponibilità dell'atto nei confronti di altri che l'hanno trascritto successivamente.
B) Certificato APE
Con il DECRETO–LEGGE 4 giugno 2013, n. 63 26, modificativo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, convertito con modificazioni
26 Le modifiche apportate dalla L. 3 agosto 2013, n. 90
All’articolo 6, comma 1, capoverso Art. 6: al comma 1, le parole da: «L’attestato» fino a: «è rilasciato» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’attestato di prestazione energetica degli edifici è rilasciato» e le parole:
«al termine dei lavori» sono sostituite dalle seguenti: «prima del rilascio del certificato di agibilità»;
al comma 2, nel primo periodo, dopo la parola: «vendita» sono inserite le seguenti: «di trasferimento di immobili a titolo gratuito» e, nell’ultimo periodo, le parole: «congiuntamente
dalla L. 3 agosto 2013, n. 90 è stato previsto all’art. 6 (modificazioni al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, in materia di attestato di prestazione energetica, rilascio e affissione), per i contratti successivi all’entrata in vigore, l’allegazione del certificato APE ai fini della validità del contratto.
– 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’attestato di prestazione energetica degli edifici è rilasciato, per gli edifici o le unità immobiliari costruiti, venduti o locati ad un nuovo locatario e per gli edifici indicati al comma 6. Gli edifici di nuova costruzione e quelli sottoposti a ristrutturazioni importanti, sono dotati di un attestato di prestazione energetica (prima del rilascio del certificato di agibilità).
Nel caso di nuovo edificio, l’attestato è prodotto a cura del costruttore, sia esso committente della costruzione o società di costruzione che opera direttamente.
alla dichiarazione di fine lavori» sono sostituite dalle seguenti: «entro quindici giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità»;
al comma 3, dopo la parola: «vendita» sono inserite le seguenti: «negli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito»; dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. L’attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti»; al comma 4, dopo le parole: «destinazione d’uso,» sono inserite le seguenti: «la medesima situazione al contorno, il medesimo orientamento e la medesima geometria e»;
al comma 5, secondo periodo, le parole: «degli impianti termici» sono sostituite dalle seguenti:
«dei sistemi tecnici dell’edificio, in particolare per gli impianti termici» e le parole da: «dal decreto» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, e al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 75»;
al comma 6, le parole: «centoventi giorni» sono sostituite dalle seguenti: «centottanta giorni»; dopo il comma 6 è inserito il seguente: «6-bis. Il fondo di garanzia di cui all’articolo 22, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, è utilizzato entro i limiti delle risorse del fondo stesso anche per la copertura delle spese relative alla certificazione energetica e agli adeguamenti di cui al comma 6 del presente articolo»; al comma 8, le parole: «l’indice di prestazione energetica dell’involucro edilizio e globale» sono sostituite dalle seguenti: «gli indici di prestazione energetica dell’involucro e globale»; al comma 11, le parole: «rilascio della prestazione energetica» sono sostituite dalle seguenti: «rilascio dell’attestato di prestazione energetica» e le parole: «sistema di attestazione energetica» sono sostituite dalle seguenti:
«sistema di certificazione energetica»; al comma 12, alinea, le parole: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153» sono sostituite dalle seguenti: «pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 158».
Nel caso di attestazione della prestazione degli edifici esistenti, ove previsto dal presente decreto, l’attestato è prodotto a cura del proprietario dell’immobile.
2. Nel caso di vendita (di trasferimento di immobili a titolo gratuito) o di nuova locazione di edifici o unità immobiliari, ove l’edificio o l’unità non ne sia già dotato, il proprietario è tenuto a produrre l’attestato di prestazione energetica di cui al comma 1. In tutti i casi, il proprietario deve rendere disponibile l’attestato di prestazione energetica al potenziale acquirente o al nuovo locatario all’avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime; in caso di vendita o locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della futura prestazione energetica dell’edificio e produce l’attestato di prestazione energetica (entro quindici giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità).
3. Nei contratti di vendita (negli atti di trasferimento di immobili a titolo
gratuito) o nei nuovi contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari è inserita apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore danno atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici. (3–bis. L’attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti).
4. L’attestazione della prestazione energetica può riferirsi a una o più unità immobiliari facenti parte di un medesimo edificio. L’attestazione di prestazione energetica riferita a più unità immobiliari può essere prodotta solo qualora esse abbiano la medesima destinazione d’uso, (la medesima situazione al contorno, il medesimo orientamento e la medesima geometria e) siano servite, qualora presente, dal medesimo impianto
termico destinato alla climatizzazione invernale e, qualora presente, dal medesimo sistema di climatizzazione estiva.
5. L’attestato di prestazione energetica di cui al comma 1 ha una validità temporale massima di dieci anni a partire dal suo rilascio ed è aggiornato a ogni intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell’edificio o dell’unità immobiliare. La validità temporale massima è subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica (dei sistemi tecnici dell’edificio, in particolare per gli impianti termici), comprese le eventuali necessità di adeguamento, previste (dai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, e al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 75). Nel caso di mancato rispetto di dette disposizioni, l’attestato di prestazione energetica decade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata per le predette operazioni di controllo di efficienza energetica. A tali fini, i libretti di impianto previsti dai decreti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b), sono allegati, in originale o in copia, all’attestato di prestazione energetica.
6. Nel caso di edifici utilizzati da pubbliche amministrazioni e aperti al
pubblico con superficie utile totale superiore a 500 m², ove l’edificio non ne sia già dotato, è fatto obbligo al proprietario o al soggetto responsabile della gestione, di produrre l’attestato di prestazione energetica entro (centottanta giorni) dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e di affiggere l’attestato di prestazione energetica con evidenza all’ingresso dell’edificio stesso o in altro luogo chiaramente visibile al pubblico. A partire dal 9 luglio 2015, la soglia di 500 m² di cui sopra, è abbassata a 250 m². Per gli edifici scolastici tali obblighi ricadono sugli enti proprietari di cui all’articolo 3 della legge 11 gennaio 1996, n. 23.
4) L’oggetto
Anche per la vendita può distinguersi un oggetto immediato ed un oggetto mediato.
Per quanto riguarda l’oggetto mediato, può costituire oggetto della vendita ogni cosa mobile o immobile, purché abbia i requisiti tipici previsti dall’art. 1346 c.c.: possibilità, liceità, determinatezza o determinabilità.
Possono essere oggetto di vendita:
A) Vendita di beni futuri (ti do in vendita il magazzino che costruirò sul fondo Tuscolano), in tal caso l’efficacia del contratto è posticipata e condizionata dal venire ad esistenza della cosa locata;
B) Vendita di bene altrui, se poi le parti, nella conclusione del contratto, hanno fatto espresso riferimento al bene altrui, si avrà un’ipotesi
di promessa di un’obbligazione del terzo, prevista e disciplinata dall’art. 1381.
art. 1381 x.x. xxxxxxxx xxxx'xxxxxxxxxxxx x xxx xxxxx xxx xxxxx
Xxxxx che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il
fatto promesso.
Xxxxxx, in generale, per la S.C. 27 l’esigenza della determinatezza o almeno determinabilità dell’oggetto del contratto, sanzionata da nullità dall’art. 1418, secondo xxxxx, c.c. in relazione agli artt. 1346 e 1325 n. 3 c.c., è soddisfatta, con riferimento, nel caso di specie, ad un contratto preliminare di compravendita immobiliare ed alla prestazione di pagare il prezzo, dalla dichiarazione che nella scrittura abbia fatto il venditore che il prezzo è stato pagato, in tale riconoscimento essendo necessariamente implicito che (anche) l’oggetto della obbligazione assunta dal compratore è stato (consensualmente) determinato.
27 Corte di Cassazione, sentenza 8-6-83, n. 3938
Mentre in realtà sempre per la Corte di Legittimità 28, per la validità di una compravendita immobiliare è necessario che l'oggetto di detto contratto sia determinato, ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto (e, perciò, documentati e non estrinseci all'atto stesso), e tale requisito deve essere ravvisato nella inequivocabile identificazione dell'immobile compravenduto per il tramite dell'indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, perciò, che rimangano margini di dubbio sull'identità del suddetto immobile; il relativo accertamento — così come quello relativo alla valutazione circa la sufficienza delle indicazioni riportate nella nota di trascrizione per l'esatta individuazione del bene oggetto della vendita — integra la risultante di un apprezzamento di fatto, come tale rimesso al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione ed immune da vizi logici ed errori di diritto.
Precedentemente la Cassazione 29 precisava che il tipo di frazionamento o la piantina catastale, allegati all’atto e controfirmati dalle parti, costituiscono strumenti fondamentali per l’interpretazione del contratto di compravendita immobiliare, dal momento che a quei documenti le parti hanno fatto espresso riferimento.
Inoltre, sempre per la medesima Xxxxx xx Xxxxxxxxxx 00, nella compravendita dei beni immobili, l'indicazione del bene alienato deve essere effettuata in base alla descrizione obiettiva ed alle indicazioni topografico–catastali e non già secondo riferimenti soggettivi o situazioni di mero fatto che possono essere rilevanti per particolari fini (come l'usucapione, la determinazione del prezzo, l'evizione), ma non quando si controverta sulla estensione e sui limiti dell'effetto traslativo, in ordine al quale l'eventuale contrasto tra i dati descrittivi e catastali con elementi
28 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 12506 del 29-5-2007
29 Corte di Cassazione, sentenza 19-10-99, n. 11744
30 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 19044 del 3-9-2010
estrinseci alla descrizione obiettiva del bene deve essere risolto dando rilievo alla individuazione tecnico topografica dell'immobile, salvo che altre clausole negoziali, ancorché relative alla disciplina di rapporti ed effetti accessori, non siano coerenti con tale accertamento.
Ancora per la Xxxxx xx Xxxxxx Xxxxxx 00 il requisito della determinatezza o determinabilità dell'oggetto del contratto, non postula l'indicazione dei tre confini, richiesta dall'art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52 al solo fine della trascrizione dell'atto, ma soltanto la sicura individuabilità del bene, per la quale può essere sufficiente, nel contratto, l'indicazione dei suoi dati catastali ed il riferimento alle mappe censuarie.
È stato, però, specificato in altra pronuncia 32 che, ai fini dell'individuazione dell'immobile oggetto di una compravendita immobiliare, l'indicazione dei confini — i quali, concernendo punti oggettivi di riferimento esterni, consentono la massima precisione — assume valore decisivo e prevalente rispetto alle altre risultanze probatorie, ed in particolare ai dati catastali che, avendo tra l'altro finalità di natura tributaria, hanno carattere sussidiario.
Mentre, la planimetria allegata al contratto di vendita di un lotto di terreno, facente parte di una lottizzazione edificatoria, e sottoscritta dalle parti con l’espressa indicazione di far parte del contenuto del contratto, ha non solo funzione descrittiva dell’oggetto del contratto ma — ove nella rappresentazione grafica di questo contenga l’indicazione delle misure relative (nella specie, larghezza di una strada) — costituisce anche fonte di diritti ed obblighi per le parti, configurando una manifestazione di
31 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6166 del 20-3-2006. Precedentemente era stato affermato dalla medesima Corte che in tema di compravendita immobiliare, ai fini della sussistenza del requisito della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto del contratto, nell’atto devono essere indicati gli elementi necessari per la identificazione del bene venduto, i quali devono essere certi ed oggettivi, e cioè idonei per l’individuazione dell’oggetto. Detta ipotesi, pertanto, non ricorre nella vendita di un bene — costituito da un lotto di terreno da staccarsi da uno più grande — di cui non siano specificati i confini e venga indicata solo per approssimazione anche l’estensione, essendo tali elementi privi di certezza in ordine alla oggettiva consistenza del bene. Corte di Cassazione, sentenza 12-7-2000, n. 9235
32 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 9857 del 24-4-2007
volontà contrattuale con riguardo alla sua concreta realizzazione, con la conseguenza che la violazione di alcuno dei limiti indicati nella detta planimetria rende inadempiente il contraente che l’ha commessa 33.
Da ultimo la Cassazione 34, ha condivisibilmente statuito che nell’interpretazione dei contratti di compravendita immobiliare, ai fini della determinazione della comune intenzione delle parti circa l’estensione dell’immobile compravenduto, i dati catastali, emergenti dal tipo di frazionamento approvato dai contraenti ed allegato all’atto notarile trascritto, e l’indicazione dei confini risultante dal rogito assurgono al rango di risultanze di pari valore.
Pertanto, si è specificato 35 che le piante planimetriche allegate ai contratti aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene, e costituiscono mezzo fondamentale per l’interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell’immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la quaestio voluntatis della maggiore o minore corrispondenza di tali documenti all’intento negoziale ricavato dall’esame complessivo del contratto.
Da ciò consegue che il giudice del merito chiamato ad interpretare la volontà negoziale in un contratto di trasferimento di bene immobile è tenuto ad utilizzare il tipo di frazionamento e la planimetria catastale ai quali le parti abbiano posto univoco riferimento, onde, in caso di
33 Corte di Cassazione, sentenza 16-6-89, n. 2900
34 Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 marzo 2014, n. 4934 Corte di Cassazione, sentenza n. 10698 del 1994; Corte di Cassazione, sentenza n. 11744 del 1999; Corte di Cassazione, sentenza n. 15304 del 2006; Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx x. 00000 del 2013
35 Corte di Cassazione, sentenza n. 5123 del 1999 e Corte di Cassazione, sentenza n. 6764 del 2003
configurazione di dati contrattuali configgenti con tali documenti, egli deve risolvere la quaestio voluntatis in base all’esame complessivo del contratto stesso (e, quindi, valorizzando adeguatamente anche le risultanze planimetriche formanti parte integrante del rogito di provenienza), offrendo una motivazione che risponda ai requisiti di logicità e sufficienza (per potersi sottrarre al controllo in sede di legittimità).
LIMITI
a) Oggettivi
1) Diritti reali di garanzia – è preferibile la tesi negatrice nettamente dominante (contrariamente un autore 36, ha ammesso tale figura soltanto in una ipotesi, cioè, nel caso in cui il creditore trasferisca, dietro corrispettivo, ad un altro cocreditore del medesimo debitore), la quale si basa soprattutto sulla natura accessoria dell’ipoteca che riguarda quel credito e quello soltanto. A questo decisivo argomento si aggiunge, poi, il silenzio del legislatore che parla solo di cessione del grado (art. 2843 c.c.) e non di cessione dell’ipoteca prevista, invece, nel progetto preliminare.
2) Vi sono limiti in ragione della natura del bene – beni incommerciabili – Es. cadavere, sangue, fegato, o rene umano, che può essere donato ma non compravenduto. La categoria più importante è quella dei beni pubblici e più specificamente dei beni demaniali e patrimoniali indisponibili finché perdura questa loro qualità (artt. 823 e 828 c.c.)
36 – Messineo
art. 823 c.c. condizione giuridica del demanio pubblico
I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano (Cod. Nav. 30 e seguenti, 694 e
seguenti).
Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà (948 e seguenti) e del possesso (1168 e seguenti) regolati dal presente codice.
art. 828 c.c. condizione giuridica dei beni patrimoniali
I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto
non è diversamente disposto, alle regole del presente codice.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano.
Diverse sono le cose c.d. ad uso controllato, le quali pur non essendo sottratte al commercio, sono sottoposte a limitazioni più o meno accentuate, tendenti ad impedire che la loro utilizzazione avvenga in contrasti con certi interessi generali.
Gli edifici destinati all’esercizio pubblico del culto cattolico – non sono inalienabili, ma non possono essere sottratti alla loro destinazione neppure per effetto di alienazione;
Le cose di particolare valore artistico, storico archeologico – se appartengono allo Stato o ad altri Enti pubblici, sono inalienabili ex art. 54
d.lgs. 29 ottobre 1999, n.490 T.U. 37 – Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’art. 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352 38 – abrogato dall’articolo 184, comma 1,
decimo trattino, decreto legislativo n. 42 del 2004 39;
Il ministero per i Beni e le Attività Culturali ne può autorizzare la vendita; se appartengono a persone giuridiche private possono essere alienate previa autorizzazione ministeriale; infine se appartengono a persone fisiche vi è la possibilità dell’alienazione del bene in oggetto purché sia preventivamente comunicata alla Segreteria del Ministero affinché possa essere esercitato il diritto di prelazione 40;
Immobili urbanisticamente irregolari – Prima dell’entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 che all’art. 15 ha sancito la nullità degli atti di trasferimento di immobili costruiti senza concessione edilizia, ove dall’atto stesso non risulti che l’acquirente sia a conoscenza della mancanza della concessione, nessuna norma sanciva espressamente l’invalidità di quei rapporti o l’incommerciabilità di quelle costruzioni, né la nullità della compravendita poteva ritenersi sotto il profilo della illiceità dell’oggetto del contratto, in quanto oggetto della compravendita è il trasferimento della proprietà della cosa, la quale in sé non è suscettibile di valutazione in termine di liceità, questa qualificazione attinendo all’attività di produzione della cosa, estranea, come tale, al contenuto tipico delle prestazioni oggetto del rapporto di compravendita. L’abusività della
37 Per la lettura integrale del testo aprire il seguente collegamento: Decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490
38 Per la lettura integrale del testo aprire il seguente collegamento: Legge 8 ottobre 1997, n. 352 Disposizioni sui beni culturali
39 Per la lettura integrale del testo aprire il seguente collegamento: Decreto Legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137
40 Per una maggiore consultazione sulla prelazione aprire il seguente collegamento on-line
La prelazione volontaria e legale
costruzione poteva, invece venire in rilievo soltanto in termini di insufficienza della prestazione di trasferimento, per la possibilità di evizione totale o parziale o di impedimento dell’uso della costruzione per difetto di abitabilità o agibilità, e quindi trovare il suo rimedio e la sua sanzione nella generale disciplina dell’inadempimento contrattuale, a tutela e su iniziativa del soggetto che, ignaro dell’abusività al momento della stipulazione del contratto, ne avesse subito pregiudizio41.
Energie lavorative – Non sono alienabili o vendibili come tali le energie lavorative, cioè il lavoro in sé e per sé considerato.
Il contratto di lavoro subordinato ha ad oggetto una prestazione la quale, a propria volta, è riferibile ad un'attività di carattere subordinato svolta alle dipendenze di un datore di lavoro, articolatamente regolata da una notevole mole di norme speciali.
Dubbi suscita il cd. "trasferimento di giocatori di calcio" potendo forse sostenersi, soprattutto in materia tributaria, la possibilità di applicare, sia pure per analogia, le norme sulla compravendita.
In senso contrario può osservarsi che il singolo giocatore non può mai essere considerato oggetto di diritto, poiché egli è un soggetto di un contratto di lavoro che intercorre con la società alla quale appartiene e, pertanto, quella che nel linguaggio comune viene denominata vendita dovrebbe invece essere più propriamente qualificata come un'ipotesi di cessione di contratto 42.
41 Corte di Cassazione, sentenza 26-6-90, n. 6466
42 Per una maggiore consultazione sulla cessione del contratto aprire il seguente collegamento
on-line La cessione del contratto
Possesso 43 – limite previsto espressamente dal legislatore all’art. 1470 c.c. <la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo > il possesso è una situazione di mero fatto.
I nodi interpretativi dalla cui risoluzione dipende la configurabilità o meno dell'istituto risultano essere:
1) la definizione della natura del possesso;
2) la individuazione di norme che valgano a legittimare, se non espressamente, almeno da un punto di vista sistematico la compatibilità dell'istituto in esame con il nostro ordinamento e
3) la portata dell'autonomia negoziale delle parti.
In merito proprio al primo punto alcuni autori criticano l'assunto della giurisprudenza e della dottrina prevalente che qualificano il possesso come un'attività o uno stato di fatto.
Esso consiste, invece secondo tali autori, in un diritto affievolito o in un vero e proprio ius possessionis, giacché il possessore è tutelato erga omnes.
Questa teoria sarebbe avvalorata anche dal riconoscimento del risarcimento del danno in caso di lesione del possesso.
La dottrina maggioritaria al contrario nega tale configurazione e sottolinea la natura di attività del possesso, di esercizio di un potere di fatto 44, interpretazione avallata, come già scritto, dalla dizione dell'1470 c.c.
Ciò preliminarmente posto, in senso favorevole alla configurabilità della vendita del possesso vengono citati gli artt. 1146, 1153, 1141 e 1159 c.c.
43 Per una maggiore consultazione sul possesso aprire il seguente collegamento on-line
Il possesso, l’usucapione e le azioni a tutela del possesso
44 Gazzoni – Xxxxxxx – Masi – Xxxxxxx
Questi disciplinerebbero ipotesi di trasferimento del possesso indipendentemente dalla proprietà sia con riferimento ad atti mortis causa (art. 1146 c.c.), sia inter vivos aventi a oggetto beni mobili (art. 1153 c.c.) e immobili (artt. 1141 e 1159 c.c.).
Ciò comporta che a livello sistematico, a parte il tenore letterale dell'art. 1470 c.c., non vi sarebbero ostacoli ad ammettere un contratto di alienazione del possesso.
Resta allora da verificare il ruolo dell'autonomia delle parti in questo contesto.
Se sono solo argomentazioni letterali che impediscono di ritenere compatibile con il nostro ordinamento la vendita del possesso, lo stesso non può dirsi secondo la dottrina minoritaria di un contratto atipico finalizzato al trasferimento del possesso disgiuntamente dalla proprietà, che trova il suo fondamento nell'art. 1322 c.c.
Come è noto, liceità e meritevolezza sono i limiti imposti dal legislatore all'autonomia privata.
Un negozio atipico di trasferimento del possesso non oltrepassa il primo perché in astratto non è contrario a norme imperative, né al buon costume o all'ordine pubblico.
A quella dottrina che, invece, ravvisa una violazione dell'ordine pubblico per mezzo di questo contratto – che andrebbe ad alterare il sistema di circolazione dei diritti reali ed ad infrangere, eventualmente, il principio di tipicità e numero chiuso degli stessi – è stato contestato 45 che la tutela del possesso da parte del legislatore mira al mantenimento della pacifica convivenza tra i consociati e che il principio di tipicità dei diritti reali è oggi sempre più contestato.
Con riferimento alla meritevolezza degli interessi perseguiti con la stipulazione di un contratto atipico di trasferimento della situazione
45 Albergo
possessoria si osserva, ulteriormente, in dottrina che quest'ultimo in astratto non lede la sfera patrimoniale né delle parti, né del proprietario.
Ma, in realtà, la dottrina assolutamente prevalente 46 respinge anche questi due ultimi ragionamenti
Già a livello sistematico che non si può ritenere ammissibile nell'ordinamento italiano il contratto atipico in commento.
Non vi sono norme che in generale fondino e giustifichino il trasferimento del possesso.
L'art. 1146 comma 2, c.c. non regola il trasferimento del possesso, ma solo la possibilità di unire quello del de cuius a quello del successore a titolo particolare.
Inoltre con riferimento agli artt. 1153 e 1159 c.c. il possesso non rileva puramente e semplicemente, ma è accompagnato da determinati requisiti.
Le parti, perciò, non possono per il tramite dell'art. 1322 c.c. c.c. stipulare un contratto che è in contrasto con la lettera degli artt. 1470 e 1140 c.c. e che non trova riscontro in altre norme dell'ordinamento
La giurisprudenza della Corte di Cassazione 47 relativa a tale istituto, seppur non copiosa, si è sempre orientata in senso decisamente negativo. L'argomento cardine, condiviso anche dalla pronuncia in epigrafe, è dato dal tenore letterale dell'art. 1470 c.c. a norma del quale "la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo". Poiché il possesso non è un diritto, ma, come recita l'art. 1140 c.c., "un'attività corrispondente all'esercizio di un diritto", il contratto di compravendita che abbia a oggetto quest'ultimo è nullo per impossibilità dell'oggetto.
Da ultimo, anche la Xxxxx Xxxxxxxxxxx 00 si è espressa in tal senso: i negozi traslativi, quali il contratto di compravendita o la donazione,
46 Grasso e Xxxxxx
47 Corte di Cassazione, sentenza 27 settembre 1996, n. 8528 e Corte di Cassazione, sentenza 12
novembre 1996, n. 9884
00 Xxxxx x'Xxxxxxx Xxxxxxx, sezione II, sentenza 12 marzo 2012, n. 357
possono avere ad oggetto unicamente il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto, e non anche ciò che, pur avendo rilevanza giuridica, non costituisce tuttavia un diritto. In tale ultima fattispecie deve intendersi certamente annoverabile il possesso, quale potere di fatto sulla cosa che si manifesta come un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale e che, pertanto, non è un diritto. Nei contratti con effetti reali, invero, l'incontro della volontà dei contraenti comporta il trasferimento automatico del diritto di proprietà e dello ius possidenti, quale potere di esercitare la signoria sulla cosa, ma non anche quello del concreto esercizio del potere stesso, per il quale occorre una immissione materia o una ficta traditio. Stante quanto innanzi, ne consegue che il possesso ultraventennale di un immobile, in assenza del preventivo accertamento giudiziale dell'intervenuta usucapione, non può formare oggetto di donazione traslativa, in quanto ipotesi non contemplata dalla legge e non riconducibile alla fattispecie della vendita di cosa altrui per mancanza, a carico del donante, della obbligatorietà dell'acquisito della proprietà prevista dall'art. 1478 c.c. è, dunque, nullo per impossibilità dell'oggetto il contratto di donazione recante il trasferimento di un immobile da parte del donante che del medesimo si dichiari proprietario per usucapione a seguito di possesso ultraventennale.
Nonostante il ragionamento lineare della giurisprudenza il problema della configurabilità dell'istituto nel nostro ordinamento non è senza rilievo per due motivi:
1) in primo luogo nella prassi vengono utilizzati, per soddisfare gli interessi dei privati, atti che hanno a oggetto la compravendita del possesso indipendentemente dalla proprietà o altro diritto reale, oppure atti di compravendita che hanno a oggetto la proprietà, acquistata dall'alienante per usucapione senza che xxx xxxxx xxxxxxxx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxx 00;
49 Padula – Albergo – Xxxxxxx
2) in secondo luogo il panorama dottrinale si presenta meno compatto di quello giurisprudenziale nel negare l'ammissibilità della vendita del possesso, infatti, sebbene l'orientamento maggioritario aderisca al pensiero dei Giudici, non sono mancati contributi contrari.
b) Soggettivi
l’art. 1471 pone divieti speciali di comprare privatamente o all’asta pubblica, né direttamente né per interposta persona a carico:
a) degli amministratori dei beni dello stato, dei comuni, delle province o degli altri enti locali o enti pubblici, relativamente ai beni affidati alla loro cura
b) degli ufficiali pubblici rispetto ai beni che sono venduti per il loro ministero
c) di coloro che per legge o per provvedimento amministrativo amministrino beni altrui, rispetto ai beni medesimi
d) dei mandatari 50 rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere, salvo espressa autorizzazione del mandante
Il divieto di comprare stabilito dall’art. 1471, n. 2, c.c. colpisce tutti coloro i quali, nell’esercizio di una pubblica funzione, prendono parte alla procedura relativa al trasferimento coattivo di un bene da un soggetto ad un altro soggetto e pertanto, nel caso di esecuzione forzata, detto divieto si applica anche al custode dei beni pignorati o sequestrati il quale, pur
50 Per una maggiore consultazione sul contratto di mandato aprire il seguente collegamento on- line Il mandato
non essendo espressamente menzionato, è inquadrabile nella più generale categoria contemplata al n. 2 di detta norma poiché, essendo un soggetto al quale viene affidato l’esercizio di una funzione pubblica temporanea da svolgere quale longa manus degli organi giudiziari, proprio in tale veste partecipa alla procedura esecutiva, provvedendo alla conservazione dei beni sottoposti a vincolo ed alla relativa amministrazione, eventualmente necessaria 51.
art. 1471 2 co c.c. divieti speciali di comprare: nei primi
due casi il contratto è nullo, negli altri due è annullabile.
Inefficacia soggettiva –
Tipico caso è il fallimento – a partire dalla sentenza dichiarativa di fallimento e fino alla chiusura del fallimento stesso, il fallito è privato dell’amministrazione e della disponibilità dei propri beni.
Tutti gli atti compiuti ed i pagamenti da lui eseguiti in questo periodo sono inefficaci rispetto ai creditori.
51 Corte di Cassazione, sentenza 21-8-85, n. 4464
5) PREZZO 52
È necessario che il diritto sia trasferito contro il pagamento di un prezzo.
Esso caratterizza la causa (scambio di cosa contro prezzo) della compravendita distinguendola dalla permuta 53.
Per la validità del contratto di compravendita e, quindi, anche del contratto misto nel quale prevalgono gli elementi della vendita, non si richiede che il prezzo sia determinato, essendo sufficiente la sua determinabilità.
Conseguentemente, quando le parti abbiano indicato per la determinazione del prezzo un criterio inidoneo per la sua individuazione e quantificazione, il contratto è nullo per l’indeterminabilità di tale elemento essenziale, la cui indicazione, sia pure come prezzo determinabile e non determinato, quando si tratta di vendita di immobili, deve risultare dal documento, essendo in tal caso la forma scritta richiesta ad substantiam dalla legge 54.
Compravendita o donazione indiretta
La vendita nummo uno (“per un soldo", "a prezzo vile") può anche essere microscopicamente inferiore al valore del bene, ma non sprovvisto di una sostanziale consistenza economica intrinseca, pena la nullità, ma se
52 cfr xxx.xx 1) lettera D) Delle obbligazioni del compratore, pag. 219
53 Per una maggiore consultazione sulla permuta aprire il seguente collegamento on-line
Il contratto di permuta - xxx.xx 6 – la differenza tra la permuta e la
54 Corte di Cassazione, sentenza 23-1-88, n. 523
la ragione giustificatrice è lo spirito di liberalità del venditore, ricorrerà un’ipotesi di donazione indiretta 55.
Difatti per la Cassazione 56 il prezzo della compravendita deve ritenersi inesistente, con conseguente nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (artt. 1418, 1470 c.c.), non nell’ipotesi di pattuizione di prezzo tenue, vile ed irrisorio, ma quando risulti concordato un prezzo obiettivamente non serio, o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente e simbolico, o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato.
La pattuizione di un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato della cosa compravenduta, ma non privo del tutto di valore intrinseco, può rivelare sotto il profilo dell’individuazione del reale intento negoziale delle parti e della effettiva configurazione ed operatività della causa del contratto, ma non può determinare la nullità del medesimo per la mancanza di un requisito essenziale. Del pari, non può incidere sulla validità del contratto la circostanza che il prezzo, pur in origine seriamente pattuito, non sia stato poi in concreto pagato.
Nel negotium mixtum cum donatione la liberalità è attuata, anziché attraverso il tipico negozio della donazione diretta, mediante un negozio oneroso, producente, in concomitanza con l’effetto diretto ad esso proprio, l’effetto indiretto dell’arricchimento senza corrispettivo — animo donandi — del destinatario della liberalità.
Pertanto, la vendita di un bene ad un prezzo inferiore al suo valore venale configura un negotium mixtum cum donatione ove, accanto alla duplice componente onerosa e di liberalità del negozio, sia accertata anche, in riferimento alla differenza tra il valore del bene ed il prezzo pattuito, la coscienza, nell’alienante, di dare una cosa di valore
55 Per una maggiore consultazione sulla donazione indiretta aprire il seguente collegamento on- line La donazione mista negozio indiretto
56 Corte di Cassazione, sentenza 28-8-93, n. 9144
economicamente maggiore del corrispettivo convenuto a titolo di prezzo, e, quindi, l’intenzione di attribuire gratuitamente tale maggior valore (animus donandi) 57.
Xxxxxxxx, ora, ad analizzare l’obbligazione di pagare il prezzo,
quest’ultima è un’obbligazione pecuniaria e ad essa si applica, perciò la normativa prevista per tali obbligazioni in particolare il principio nominalistico (art. 1277 c.c.) e la regola che consente di pagare in moneta legale il debito di somma determinata in moneta non avente corso legale (art. 1278 c.c.).
art. 1277 c.c. debito di somma di danaro
I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.
Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale
ragguagliata per valore alla prima.
art. 1278 c.c. debito di somma di monete non aventi corso
legale
Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento
(c.c.1182).
L’obbligazione del pagamento del prezzo della compravendita costituisce debito di valuta, con la conseguenza che, soltanto per effetto del ritardo colpevole e dalla data della costituzione in mora decorrono gli interessi (art. 1224, comma 2, c.c.) rendendo possibile al
57 Corte di Cassazione, sentenza 27-2-86, n. 1266
giudice di tenere conto della svalutazione monetaria, se dimostri di aver subito dal ritardo un danno maggiore 58.
Le clausole di garanzia monetaria
Xxxxxxxx xxxxx – clausola moneta estera – clausola oro – e la più diffusa clausola ISTAT, la quale fa riferimento ai numeri indici del costo della vita quali risultano dalle pubblicazioni ufficiali dell’Istituto Centrale di Statistica – per mezzo delle quali, in caso di pagamento differito del prezzo, si tende ad assicurare con riferimento a determinati indici, la corrispondenza costante tra il valore della moneta pattuita e il valore corrente della cosa venduta.
Gli interessi compensativi
Questi interessi prescindono non solo dalla mora del debitore, ma anche dall’esigibilità del credito, perché il loro fondamento sta nell’esigenza equitativa di compensare il venditore che non ha più il possesso della cosa venduta e non ha ancora ricevuto il prezzo.
art. 1499 c.c. interessi compensativi sul prezzo
Salvo diversa pattuizione, qualora la cosa venduta è consegnata al compratore produca frutti (ad es. un agrumeto) (820) o altri proventi (ad es. titoli azionari) (1477), decorrono gli interessi (1284) sul prezzo, anche
se questo non è ancora esigibile.
Determinazione convenzionale del prezzo
Normalmente e regolarmente il prezzo viene stabilito d’accordo dalle parti.
La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell'atto scritto,
58 Corte di Cassazione, sentenza 18-11-96, n. 10069
soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall'art. 2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto 59.
Secondo la giurisprudenza, la modifica del prezzo contrattuale della vendita, quando restino inalterate tutte le altre modalità dell’obbligazione originaria, non determina una novazione ma soltanto una modificazione accessoria del contratto.
Per l’esistenza del contratto di vendita è necessario l’accordo sulla cosa e sul prezzo, ma una volta intervenuto tale accordo, la modifica del prezzo di vendita non importa mutamento essenziale del contratto per cui si ha contratto di compravendita anche quando le parti sostituiscono al prezzo una cosa da dare in solutum, con il patto che — ove essa non sia corrisposta — l’acquirente resti debitore del prezzo originario. Qualora l’accordo sostitutivo preveda l’obbligo di consegnare una cosa di proprietà di un terzo, si hanno due distinti negozi, aventi ciascuno una propria causa, ma coordinati, onde — in caso di inadempienza del negozio solutorio — il venditore può domandare il residuo prezzo originario.
Ai fini della validità della compravendita si deve distinguere il momento formativo dell’accordo da quello diverso, del momento esecutivo dell’accordo già formato. Il pagamento del prezzo, che può essere anche non contestuale al contratto, attiene alla estinzione della obbligazione del compratore e, quindi, alla esecuzione del contratto.
Consegue che, in tema di compravendita di immobili 60, solo l’accordo sulla cosa e sul prezzo deve avvenire, ai sensi dell’art. 1350 c.c., in forma scritta, mentre il negozio solutorio — che può essere anche non contestuale alla vendita immobiliare — può non essere redatto per iscritto
59 Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza 7246 del 26-3-2007
60 cfr xxx.xx 6) La compravendita immobiliare pag. 356
e, per la sua autonomia dal contratto di vendita al quale è collegato, è ammissibile, per esso, la prova per testimoni e per presunzioni 61.
Altra Cassazione 62 ha affermato specificamente che la novazione oggettiva di una precedente obbligazione presuppone un mutamento sostanziale di quest’ultima. Pertanto non può ritenersi intervenuta una novazione per l’intervenuta modifica del prezzo essendo rimasti invariati tutti gli altri elementi della vendita.
Tra le forme convenzionali di determinazione del prezzo il legislatore prevede espressamente:
L’Arbitraggio
art. 1473 c.c. determinazione del prezzo da parte di un terzo
Le parti possono affidare la determinazione del prezzo a un terzo, eletto nel contratto o da eleggere posteriormente.
Se il terzo non vuole o non può accettare l’incarico, ovvero le parti non si accordano per la sua nomina o per la sua sostituzione, la nomina su
richiesta di una delle parti, è fatta dal presidente del tribunale del luogo in cui è stato concluso il contratto.
Questo arbitratore non potrà determinare il prezzo liberamente ma dovrà, secondo la concorde opinione della dottrina 63 e della giurisprudenza, procedere con equo apprezzamento; in mancanza di una norma contraria, infatti, va applicato l’istituto generale e precisamente il 1 co dell’art. 1349 c.c.
61 Corte di Cassazione, sentenza 22-6-71, n. 1966
62 Corte di Cassazione, sentenza 27-7-2000, n. 9867
63 Greco – Cottino – Xxxxxx – Xxxxxx
art. 1349 c.c. determinazione dell’oggetto
Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio 64 ,
il terzo deve procedere con equo apprezzamento [631, 632, 664]. Se manca la determinazione del terzo o se questa è manifestamente iniqua o erronea, la determinazione è fatta dal giudice [778, 1286, 1287, 1473, 2264, 2603]. La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo non si può impugnare se non provando la sua mala fede. Se manca la determinazione del terzo e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo [1421, 1423]65. Nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento.
Difatti, per la S.C.66 anche all’arbitraggio relativo alla determinazione del prezzo della compravendita, previsto espressamente dall’art. 1473 c.c., è applicabile la regolamentazione stabilita dalla norma generale di cui all’art. 1349 c.c. quanto all’estensione che l’incarico al terzo può avere, ai correlativi poteri dell’arbitratore, all’impugnabilità della sua determinazione ed alle conseguenze della mancata determinazione.
La nomina
Ove sorga tra le parti una controversia circa la validità e l’efficacia d’un contratto di compravendita, per cui sia stato dalle parti convenuto di affidare ad un terzo la determinazione del prezzo, secondo la previsione
64 La legge presume, se non risulta una volontà contraria, che le parti si siano affidate all'equo arbitrio (arbitrium boni viri) del terzo: in tal caso, l'arbitratore deve decidere considerando egualmente gli interessi delle parti contrattuali.
65 La determinazione rimessa al mero arbitrio del terzo (arbitrium merum) consente a
quest'ultimo di decidere in base al suo criterio individuale. In questo caso, la mancata determinazione del terzo rende vano l'intero rapporto, mentre l'avvenuta determinazione si può impugnare (ossia contestare nel corso di un processo) solo quando il terzo abbia agito in malafede, cioè abbia danneggiato intenzionalmente una parte.
66 Corte di Cassazione, sentenza 5-10-63, n. 2632
dell’art. 1473 c.c., è onere della parte che v’abbia interesse provocare la nomina del terzo ovvero formulare la domanda di determinazione del prezzo prima che la causa sia rimessa all’udienza di discussione 67.
L’applicabilità dell’art. 1473 c.c. presuppone l’esistenza di un accordo già valido, nel quale va ad inserirsi l’attività dell’arbitratore sostitutiva di quella delle parti, ai fini del perfezionamento del contratto. Pertanto non deve ritenersi consentito di chiedere la nomina di un arbitratore in base ad un accordo verbale relativo a vendita immobiliare, radicalmente nullo per la mancanza della forma scritta ad substantiam 68.
In tema di nomina del terzo arbitratore nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 1473 c.c., contro il provvedimento del presidente della corte d'appello, reso su reclamo avverso il decreto di nomina del presidente del tribunale ai sensi dell'art. 82 disp. att. c.c., non è esperibile il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento di volontaria giurisdizione avente carattere non decisorio, bensì sostitutivo della volontà negoziale delle parti; né tale carattere viene meno allorché il giudice si pronunci anche sulla contestata sussistenza dei presupposti della nomina, atteso che tale verifica non costituisce accertamento idoneo al giudicato, ma ha valenza meramente incidentale in funzione della nomina stessa, e lascia dunque impregiudicata la definizione di ogni questione in sede di giudizio contenzioso, il cui esito può anche porre nel nulla gli effetti della pronuncia presidenziale 69.
67 Corte di Cassazione, sentenza 28-5-90, n. 4954
68 Corte di Cassazione, sentenza 12-7-68, n. 2479
69 Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 novembre 2003, n. 17527. Nell'enunciare il principio di cui in massima, la S.C. ha altresì escluso che contro il provvedimento reso in sede di reclamo, ove erroneamente qualificato dal presidente della corte d'appello "ordinanza- sentenza", sia proponibile il ricorso ordinario per cassazione ex art. 360 c.p.c.
Determinazione ad opera di una parte
È possibile nel silenzio della legge, purché sia escluso ogni arbitrio e si debba, perciò, avere riguardo a parametri obiettivi prefissati.
Si è perciò ammesso:
Vendita con prezzo a scalare: variabile a seconda del variare di dati costi preventivamente indicati.
Vendita con prezzo circa: suscettibile di piccoli ritocchi ad opera del venditore, anche in tal caso con riferimento a dati eventi concordati con l’acquirente.
Vendita con prezzo a chiamata: stabilito sulla base dei prezzi praticati in una data piazza d’affari, scelta ad arbitrio del venditore.
Un autore 70, poi, in particolare segnala la frequente pattuizione di determinate clausole
Vendita cif o caf: prezzo comprensivo anche delle spese per il trasporto e l’assicurazione
Vendita fas: prezzo comprensivo anche delle spese per trasportare le merci fino alla banchina.
Questo tipo di clausola solitamente è formulata comprensivamente con l’espressione franco magazzino – franco vagone partenza – franco domicilio per indicare il luogo fino a dove il costo del trasporto è sopportato dal venditore.
Vendita fob: Prezzo comprensivo anche delle spese per il caricamento della merce sulla nave
Determinazione legale
In omaggio al principio della conservazione del contratto – vi sono alcune ipotesi in cui interviene la stessa legge quando le parti non abbiano determinato convenzionalmente il prezzo.
70 Gazzoni
art. 1474 c.c. mancanza di determinazione espressa del prezzo Se il contratto ha per oggetto cose che il venditore vende abitualmente e le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto il modo di
determinarlo, né esso è stabilito per atto della pubblica autorità, si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore.
Se si tratta di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la
consegna, o da quelli della piazza più vicina.
Qualora le parti abbiano inteso riferirsi al giusto prezzo, si applicano le disposizioni dei commi precedenti; e quando non ricorrono i casi da essi
previsti, il prezzo in mancanza di accordo, è determinato da un terzo nominato a norma del 2°co dell’art. precedente.
1 – A – prezzo del venditore – art. 1474 1 co –
In tale ipotesi, per la S.C.71 la determinazione, nel contratto di compravendita, del prezzo con riferimento a quello normalmente praticato dal venditore, postula merci di larga produzione e molteplicità di contrattazioni. Ove si tratti di vendita di immobili, tale forma di determinazione del prezzo va escluso quando si tratti di beni appartenenti ad un genus limitatum di ristrettissima consistenza per i quali è inconcepibile una molteplicità e continuità di contrattazioni omogenee.
Infine 72, la determinazione del prezzo con riferimento a quello normalmente praticato dal venditore deve avere riferimento a merci di
71 Corte di Cassazione, sentenza 4-3-70, n. 523. Quando il contratto di vendita ha per oggetto cose che il venditore abitualmente vende, la mancata determinazione espressa del prezzo non importa la nullità del contratto, dovendosi presumere che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore, da desumere, se trattasi di prezzo di mercato, tranne patto contrario, dal listino o dalle mercuriali vigenti al momento della consegna. Corte di Cassazione, sentenza 5-6-82, n. 3435 Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 13807 del 23-7- 2004
72 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 719 del 16-1-2006
largo consumo e molteplicità di contrattazione, sicché in tal caso, non può farsi riferimento al criterio del prezzo corrente o di mercato risultante da listini, di cui al secondo comma dell'art. 1474 c.c., né a quello del «giusto prezzo».
2 – A – prezzo corrente – art. 1474 2 co – 3 – A – giusto prezzo – art. 1474 3 co –
Nonostante autorevole opinione contraria 73, è preferibile la tesi seguita dalla dottrina prevalente 74, la quale osserva che il 3 co dell’art 1474 non ha garantito in ogni caso la determinabilità del prezzo (in questo caso il negozio sarà nullo ai sensi dell’art. 1418 perché l’oggetto non è né determinato né determinabile), ma solo qualora le parti si siano riferite, esplicitamente o implicitamente, al giusto prezzo.
Xxxxxx, la Cassazione con una recente pronuncia 75, ha voluto, nuovamente, specificare che in tema di compravendita, per l’ipotesi di mancata determinazione espressa del prezzo, si presume, alla stregua dell’art. 1474, comma 1, c.c. che le parti abbiano inteso fare riferimento al prezzo normalmente praticato dal venditore, a condizione che il contratto abbia per oggetto cose che questi vende abitualmente.
Il secondo comma dello stesso articolo dispone che, se si tratti di cose aventi un prezzo di borsa o di mercato, il prezzo si desume dai listini o dalle mercuriali del luogo in cui deve essere eseguita la consegna o da quelli della piazza più vicina.
Xxx non ricorrano tali ipotesi, a norma del terzo comma dello stesso art.
1474 c.c. il prezzo è determinato da un terzo.
La legge accorda, dunque, la preferenza, in caso di mancata indicazione espressa del prezzo della cosa venduta, al criterio di determinazione
73 Rubino
74 Greco – Cottino – Luminoso
75 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18 novembre 2013, n. 25804
riferentesi al prezzo correntemente praticato dal venditore: ma
l’applicazione di tale criterio postula merci di larga produzione e molteplicità di contrattazioni. Se ne deve concludere che l’esistenza di un prezzo generalmente praticato è concepibile solo in riferimento alle cose generiche, e non anche a quelle specifiche, che, per la loro peculiare individualità, non sono suscettibili di prezzi uniformi, tali da poter fornire un sicuro parametro di riferimento.
Mentre, qualora in un contratto di compravendita i contraenti abbiano pattuito con precisione i prezzi della merce, specificandone l’importo in relazione alla qualità di essa ed in rapporto alla quantità di essa, non può farvi ricorso ai criteri succedanei ed integrativi previsti dagli artt. 1474 e 1561 c.c. relativi rispettivamente ai criteri da adottare per stabilire il prezzo delle cose, quando sia mancata la sua determinazione espressa mediante accordo fra le parti, nonché alla modalità di applicazione di tali criteri nel caso particolare di somministrazione a carattere periodico 76.
Ancora, per altra pronuncia di merito 77, la disciplina ex art. 1474 c.c. non è applicabile nei contratti a formazione progressiva, ove le parti abbiano dichiarato nel contratto preliminare o definitivo di rinviare la determinazione del corrispettivo al futuro, il prezzo non può considerarsi determinato né determinabile ai sensi dell'art. 1474 c.c.
Ne consegue che nel caso in cui le stesse non riescano ad accordarsi in ordine alla determinazione del corrispettivo, il contratto deve ritenersi nullo o comunque definitivamente non perfezionato ed insuscettibile di acquistare rilevanza giuridica. Qualora le parti non abbiano affrontato la questione del prezzo, in caso di controversia è onere del venditore che agisca per ottenere il pagamento, provare il prezzo pattuito e quindi che un prezzo, a prescindere dalla sua entità, sia stato effettivamente pattuito.
76 Corte di Cassazione, sentenza 3-3-81, n. 1232
77 Tribunale Ivrea, sezione I, sentenza 5 luglio 2011, n. 416
In base ai principi fissati negli artt. 1346 e 1474 c.c., ai fini della determinabilità del prezzo della compravendita, è necessario che i parametri prefissati dalle parti abbiano tale carattere di precisazione e di concretezza da permetterne la futura determinazione ad esse stesse, ovvero al giudice in caso di loro dissenso, senza che intervenga un’ulteriore determinazione di volontà delle parti stesse; tale requisito va riconosciuto sussistente ove la determinazione del prezzo venga dalle parti collegata al criterio del prezzo ricavabile da una libera contrattazione ovvero di quello che la parte acquirente pagherà in sede di futuri acquisti nella zona adiacente l’immobile compravenduto: in ambo i casi, infatti, la determinazione del prezzo resta ancorata a criteri obiettivi, per cui l’eventuale disaccordo sul punto tra le parti in sede di determinazione concreta del prezzo ben può essere risolto dal giudice, che quindi sovrapporrà in via autoritaria la propria determinazione a quella non raggiunta dalle parti sulla base dei criteri obbiettivi pur da esse stabiliti in contratto 78.
Per altra sentenza della Cassazione 79 qualora le parti, nel concludere un contratto di compravendita, abbiano fatto riferimento per la determinazione del prezzo al contenuto di una norma di legge regolatrice di tale prezzo (nella specie, l'art. 5, comma ottavo, d.l. 29 ottobre 1986, n. 708, conv., con modif., nella l. 23 dicembre 1986, n. 899 80), occorre stabilire quale tipo di rinvio – "fisso" o "mobile" – esse abbiano inteso effettuare (e il relativo giudizio, trattandosi di interpretazione del contratto, è riservato al giudice di merito, salvo il sindacato di legittimità nei limiti in cui è esercitabile in materia di ermeneutica negoziale); con la conseguenza che, solo se si tratta di rinvio mobile, il contenuto negoziale resta esposto
78 Corte di Cassazione, sentenza 27-6-85, n. 3853
79 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 febbraio 2004, n. 2111
80 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 ottobre 1986, n. 708, recante misure urgenti per fronteggiare l'eccezionale carenza di disponibilità abitative
alle vicende modificative ed estintive della norma richiamata; in mancanza, dovendo il rinvio ritenersi fisso, il contenuto della norma viene definitivamente recepito nella dichiarazione negoziale, divenendone elemento stabile e immutabile, insensibile alle vicende della norma stessa sopravvenute dopo la conclusione del contratto (nella specie, l'art. 5 d.l. cit. era stato abrogato, dopo la conclusione del contratto ma prima della decisione di merito, dall'art. 13 l. 30 aprile 1999, n. 136).
6) SPESE
art. 1475 c.c. spese della vendita
Le spese del contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente.
Le parti possono anche pattuire che esse siano ricompresse nel prezzo, quindi, a carico del venditore.
L'art. 1475 c.c., detta una norma che è al tempo stesso suppletiva, perché la sua operatività è subordinata alla mancanza di esplicita diversa pattuizione, e in bianco, poiché la dizione «spese accessorie» può estendersi ad una pluralità di contenuti determinati prima dai contraenti in sede di conclusione del contratto e, poi, dall'interprete che, nella fase contenziosa, è il giudice di merito 81.
Per spese del contratto di compravendita, che l'art. 1475 c.c. pone in via generale a carico del compratore, devono intendersi tutte quelle che siano necessarie per la conclusione del contratto e siano, perciò, con questo in stretto rapporto di causalità, efficienza e strumentalità, con la conseguenza che vanno escluse soltanto quelle spese per cui risulti mancante un
81 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 843 del 16-1-2007
rapporto causale — anche sotto il profilo della inutilità evidente e della esorbitanza delle stesse — ovvero l'eventuale contrario accordo delle parti. Costituiscono, pertanto, ad esempio, spese della compravendita, a carico anche del compratore, ai sensi dell'art. 1475 citato — in quanto strumentalmente compiute per rendere possibile il negozio — gli onorari spettanti ad un professionista per la redazione di una relazione tecnica per il frazionamento e di una planimetria che, costituenti parte integrante dell'atto pubblico di vendita di un immobile, siano state effettuate su
incarico del solo venditore 82.
Con una lontana pronuncia la Corte 83 ebbe modo di specificare che l’art. 1475 c.c., disponendo che le spese del contratto di vendita e le altre accessorie sono a carico del compratore, se non è stato pattuito diversamente, e comprendendo implicitamente, tra tali spese, quelle per
l’imposta di registro gravante sull’atto di trasferimento, non aggiunge, alle obbligazioni scaturenti reciprocamente a carico delle parti dalla loro volontà consacrata nell’atto, un’obbligazione ex lege del compratore verso il venditore.
Tutte quelle spese, infatti, non sono dovute dal compratore al venditore, ma costituiscono un suo debito verso terzi (notaio, ufficio del registro ecc.). E, se, nei rapporti esterni, e cioè, con particolare riferimento alle spese per l’imposta di registro, nei rapporti verso il fisco le anzidette spese gravano solidalmente sul compratore e sul venditore, nei rapporti interni, invece, quelle spese costituiscono per il compratore soltanto un onere, nel senso che lo stesso, ha, verso il venditore, l’onere di pagarle alle persone o agli organi cui sono dovute e verso i quali sussiste un vero e proprio obbligo di pagamento, salvo che, data anche la indicata solidarietà, il venditore le abbia anticipate, nel qual caso il compratore ha l’obbligo di rimborsargliele, in via di regresso. Onere del pagamento ed obbligo del
82 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 7004 del 8-5-2012
83 Corte di Cassazione, sentenza 15-6-64, n. 1500
rimborso sono, quindi, al di fuori dello schema del sinallagma, non costituiscono cioè obbligazioni principali, né accessorie, né esplicite, né implicite, derivanti direttamente dalla volontà delle parti o dalla volontà integrativa della legge, non costituiscono perciò, né l’uno né l’altro, obbligazioni corrispettive e contrapposte della compravendita.
Mentre, la provvigione dovuta al mediatore 84 non rientra tra le spese del contratto di compravendita e le altre accessorie che, salvo diverso accordo delle parti, l’art. 1475 c.c. pone a carico del compratore perché la relativa spesa non è accessoria al contratto di compravendita, scaturendo da un diverso rapporto, quello di mediazione, e del diritto che, nell’ambito di questo rapporto, è attribuito al mediatore nei confronti di ciascuna delle parti che ha concluso l’affare e per la quota ad esso spettante (art. 1755 c.c.) 85.
Anche le spese in favore del commercialista per la redazione del preliminare successivamente divenuto definitivo, come da ultima pronuncia86, non rientrano nelle spese accessorie, difatti per spese accessorie della compravendita devono intendersi solo quelle necessarie alla conclusione del contratto e non anche quelle relative ad attività prodromiche che non hanno alcun rapporto di strumentante e causalità per la conclusione del contratto stesso (come, per l’appunto, quelle inerenti alla predisposizione – da parte di un terzo – del preventivo testo del relativo contratto preliminare, il cui incarico, nel caso di specie, era stato conferito dal promittente venditore, che, perciò, rivestiva la qualità di
84 Per una maggiore consultazione sul contratto di mediazione aprire il seguente collegamento on-line Il contratto di mediazione
85 Corte di Cassazione, sentenza 24-2-93, n. 2263. La provvigione dovuta al mediatore non rientra tra le spese del contratto di compravendita e nelle altre accessorie che l'art. 1475 c.c. pone, salvo diverso accordo, a carico del compratore, atteso che essa scaturisce non dal contratto in questione ma dal diverso rapporto di mediazione, dal quale solo sorgono in capo al mediatore diritti nei confronti di ciascuna delle parti che ha concluso l'affare per la quota ad essa spettante. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 6 luglio 2011, n. 14899
86 Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 16 aprile 2014, n. 8886
effettivo committente dell’opera professionale compiuta dal professionista, per l’appunto, incaricato).
Ai fini prettamente procedurali, poi, secondo altra massima87 la disposizione di diritto sostanziale contenuta nell’art. 1475 c.c. non comporta la pronuncia di ufficio della condanna a dette spese, e di conseguenza, qualora il giudice di primo grado, in mancanza di una specifica richiesta, non abbia condannato il compratore a detto pagamento, la relativa domanda non può essere proposta per la prima volta in appello.
87 Corte di Cassazione, sentenza 11-1-89, n. 75
C) OBBLIGHI PER IL VENDITORE
Libro IV delle obbligazioni – Titolo III dei singoli contratti – Capo I Della vendita – sez. I disposizioni generali – § 1 delle obbligazioni del venditore – 1476 – 1497
art. 1476 c.c. obbligazioni principali per il venditore
Le obbligazioni principali per il venditore sono:
1) <quella di consegnare la cosa al compratore che ne è divenuto titolare>
In termini generali la consegna — costituente una delle obbligazioni del venditore — è l’atto con cui il compratore è posto nella condizione non solo di disporre materialmente della cosa trasferita nella sua proprietà, ma anche di goderla secondo la funzione e destinazione in considerazione della quale l’ha comprata 88.
Inoltre 89, è opportuno già precisare che qualora il venditore abbia assunto nei confronti del compratore l’obbligo di consegnare l’immobile ceduto libero da cose e persone, l’inadempimento del venditore all’obbligo predetto non è escluso dalla circostanza che l’acquirente fosse a conoscenza della occupazione in atto al momento della vendita.
88 Corte di Cassazione, sentenza 25-7-81, n. 4818. Pertanto, quando dal contratto risulta che il venditore si è obbligato a mettere a disposizione il suo personale specializzato, sia pure verso compenso da conteggiarsi a parte, per la messa in opera della macchina — che indica nel linguaggio tecnico la collocazione di un apparecchio o di una struttura o delle parti di un impianto nel luogo in cui devono funzionare deve ritenersi che le parti abbiano inteso che a carico del venditore sussiste l’obbligo di provvedere al montaggio come requisito indispensabile per l’adempimento dell’obbligazione di consegnare, con la conseguenza che, ai fini dell’individuazione del locus destinatae solutionis, si deve avere riguardo allo stabilimento dell’acquirente dove, col montaggio della macchina, viene effettuata quella consegna nel senso sopra indicato
89 Corte di Cassazione, sentenza 19-2-86, n. 1024
art. 1477 x.x. xxxxxxxx (o traditio) della cosa
La cosa deve essere consegnata nello stato in cui si trovava al momento della vendita.
Salvo diversa volontà delle parti, la cosa deve essere consegnata
insieme con gli accessori, le pertinenze e i frutti dal giorno della vendita.
Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta.
La consegna nel nostro sistema contrattuale non è un presupposto necessario per il verificarsi dell’effetto traslativo (il contratto reale, del quale esempio tipico è il mutuo, rappresenta un’eccezione), ma costituisce soltanto un obbligo del venditore che deriva dall’avvenuto trasferimento.
La compravendita non produce un effetto immediatamente traslativo del possesso o della detenzione del bene, che il venditore, ai sensi dell’art. 1476 c.c., ha l’obbligo di consegnare, e, conseguentemente, il relativo atto, ove non contenga una specifica indicazione in tal senso, non fornisce, di per sé prova del contestuale acquisto del possesso di tale bene da parte del compratore 90.
C onnesso all’obbligo di consegna sussiste quello della custodia,
difatti, per la S.C. 91 in tema di compravendita, grava sul venditore, in quanto tenuto a consegnare la cosa al compratore, ai sensi dell'art. 1476,
n. 1), cod., civ., altresì l'obbligo strumentale di custodire la stessa fino al momento del suo effettivo trasferimento all'acquirente, conservandola nella consistenza materiale e giuridica sussistente all'epoca del contratto; ne consegue che il medesimo venditore è passivamente
90 Corte di Cassazione, sentenza 4-3-93, n. 2660
91 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 29 marzo 2013, n. 7957. Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva negato la pretesa risarcitoria azionata nei confronti del venditore dal compratore di un appartamento, il quale, ottenuta la declaratoria giudiziale di nullità della clausola negoziale di riserva di proprietà dell'area destinata a parcheggio condominiale, non aveva potuto fruire del diritto d'uso riconosciutogli, essendo stata detta area già trasferita ad altri soggetti
legittimato con riguardo all'azione proposta dal compratore per il risarcimento dei danni derivanti dal mancato godimento del bene compravenduto, quale effetto dell'alienazione della cosa a terzi operata prima della sua consegna all'originario acquirente.
Presupposto dell’obbligo che l’art. 1477, ultimo comma, c.c. pone a carico del venditore di consegnare i documenti relativi all’uso della cosa venduta è che tali documenti siano necessari per l’uso della medesima e si trovino in possesso del venditore, il quale dovrà, in caso negativo, curarne la formazione al momento della conclusione del contratto, cosicché in caso di preventiva conclusione di contratto preliminare, è necessario che tali documenti siano acquisiti e consegnati al promissario acquirente all’atto della stipula del contratto definitivo di vendita92.
Natura
atto giuridico in senso stretto e precisamente di un atto reale.
Modi di consegna
La consegna può essere eseguita materialmente, come avviene di solito per le cose mobili o simbolicamente, per gli immobili, ad esempio con la consegna delle chiavi.
La consegna può anche essere virtuale in caso di traditio brevi manu (il proprietario possessore aliena l’immobile locato al locatario senza consegnarglielo, perché costui già lo detiene in virtù del contratto di locazione) o di costituto possessorio (il proprietario – possessore vende, stipulando nel contento con l’acquirente una locazione in proprio favore dello stesso immobile, con ciò divenendo da possessore detentore, senza consegna dell’immobile all’acquirente che avrebbe dovuto riconsegnarglielo in virtù del contratto di locazione).
92 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 12 novembre 2013, n. 25427
Luogo della consegna
Per i beni mobili –
art. 1510 c.c. luogo della consegna
In mancanza di patto o di uso contrario, la consegna della cosa deve avvenire nel luogo dove questa si trova al tempo della vendita, se le parti non erano a conoscenza, ovvero nel luogo ove il venditore aveva il suo
domicilio o la sede dell’impresa.
Per i beni immobili
La consegna materiale non può avvenire che nel luogo in cui essi si trovano – se poi si tratta di consegna simbolica (chiavi o documenti) deve avvenire nel luogo stabilito dal contratto, in mancanza si applicherà il principio generale stabilito dall’art. 1182 c.c.
Per ultima Cassazione 93 la consegna del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del contratto, ove questo sia un appartamento da adibire ad abitazione, pur non costituendo di per sé condizione di validità della compravendita, integra un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 c.c., attenendo ad un requisito essenziale della cosa
93 Per la consultazione del testo integrale aprire il seguente collegamento on-line
Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 11 ottobre 2013 n. 23157 . In precedenza la medesima Cassazione ugualmente stabiliva che nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto poiché vale a incidere sull'attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico — sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità. Pertanto, il mancato rilascio della licenza di abitabilità integra inadempimento del venditore per consegna di «aliud pro alio», adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell'art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell'abitabilità o esonerato comunque il venditore dall'obbligo di ottenere la relativa licenza. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto che detto esonero non vi fosse stato, atteso che il compratore poteva nutrire la legittima aspettativa che nei sette mesi intercorrenti tra la stipula del preliminare e il tempo stabilito per la stipula del contratto definitivo, la controparte avrebbe procurato il certificato). Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 1514 del 26-1-2006
venduta, in quanto incidente sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto
Nella vendita di immobili destinati ad abitazione, la licenza di abitabilità è un elemento che caratterizza il bene in relazione alla sua capacità di assolvere la determinata funzione economico–sociale negoziata, e, quindi, di soddisfare i concreti bisogni che hanno indotto il compratore ad effettuare l’acquisto. Pertanto, la mancata consegna del certificato di abitabilità implica un inadempimento che, sebbene non sia tale da dare necessariamente luogo a risoluzione del contratto, può comunque essere fonte di un danno risarcibile, configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità, essendo al riguardo irrilevante la concreta utilizzazione ad uso abitativo da parte dei precedenti proprietari.
art. 1182 c.c. luogo dell’adempimento
Se il luogo nel quale la prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può desumersi dalla natura della prestazione (1774) o da altre circostanze, si osservano le
norme che seguono (att. 159).
L’obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel luogo in cui si trovava la cosa quando l’obbligazione è sorta
(1510).
L’obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio (43) che il creditore ha al tempo della scadenza (1209, 1219, 1498). Se tale domicilio è diverso da quello che il creditore
aveva quando è sorta l’obbligazione è ciò rende più gravoso
l’adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento al proprio domicilio.
Negli altri casi l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza (att. 159).
Il tempo della consegna
Mancano al riguardo disposizioni particolari in tema di vendita e trova perciò applicazione la normativa prevista dall’art. 1183 c.c.
art. 1183 c.c. tempo dell’adempimento
Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente (1219–2). Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal giudice (1331, 1817).
Se il termine per l’adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è
rimesso alla volontà del creditore, il termine può essere fissato su istanza del debitore che intenda liberarsi.
Se le parti pattuiscono che la consegna avvenga in un momento successivo alla conclusione, il venditore, come già scritto in precedenza, ha
l’obbligo di custodire la cosa ex art. 1177, c.c.
Obbligo non principale ma strumentale rispetto a quello della consegna.
art. 1177 c.c. obbligazione di custodire
L'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna.
Immissione nel possesso
La consegna consiste nell’immissione del compratore nel possesso della cosa e per questo non è possibile nel caso della vendita della sola nuda proprietà.
Nel negozio traslativo della proprietà o di altro diritto reale non è ravvisabile un costituto possessorio implicito 94, nel senso che al trasferimento del diritto segua automaticamente il possesso della cosa, ciò perché il trasferimento stesso costituisce, ai sensi dell’art. 1476 c.c. l’oggetto di una specifica obbligazione del venditore, per il cui adempimento non sono previste forme tipiche. Pertanto, nell’ipotesi in cui l’alienante trattenga la cosa presso di sé, occorre accertare caso per caso, in base al comportamento delle parti ed alle clausole contrattuali (che non siano di mero stile) se la continuazione, da parte dell’alienante stesso, dell’esercizio del potere di fatto sulla cosa sia accompagnata dall’animus rem sibi habendi ovvero configuri una detenzione nomine alieno 95.
Consegne ripartite
La consegna può avvenire anche mediante più atti reali nel tempo, se le parti hanno previsto il frazionamento di una prestazione divisibile.
L’istituto ha una certa affinità con la somministrazione 96, ma la differenza è evidente: nella vendita a consegne ripartite, il frazionamento della consegna costituisce soltanto una modalità di esecuzione dell’unica prestazione; nella somministrazione, invece, le consegne corrispondono ad una pluralità di prestazioni che sono autonome, anche se tra loro esiste una connessione in quanto dirette ad un unico fine.
94 Per una maggiore consultazione sul possesso aprire il seguente collegamento on-line
Il possesso, l’usucapione e le azioni a tutela del possesso
95 Corte di Cassazione, sentenza 21-12-93, n. 12621
96 Per una maggiore consultazione sul contratto di somministrazione aprire il seguente
collegamento on-line Il contratto di somministrazione ex artt. 1559 e ss. c.c.
2) < quella di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l’acquisto non è effetto immediato del contratto >
Ricorre in questa ipotesi la figura della vendita obbligatoria, ossia quando il trasferimento del diritto non si verifica nel momento in cui si perfeziona il contratto con la manifestazione del consenso, ma viene differito in un momento successivo.
L’ipotesi di una vendita con effetti soltanto obbligatori si verifica sia quando il negozio stipulato non consente l’attuazione degli effetti reali (perché, ad esempio, la cosa non è determinata o non è di proprietà del venditore), sia quando tra le parti vi è accordo per differire il trasferimento ad un momento successivo in previsione di un fatto o di un adempimento ulteriore. Tale accordo, in sé, non richiede una dichiarazione espressa né una forma particolare e l’accertamento della sua esistenza costituisce indagine di fatto 97.
Pur essendo la vendita normalmente un contratto con effetti reali, che cioè trasferisce il diritto venduto per effetto del semplice consenso ed al momento stesso della formazione di questo, tuttavia in dipendenza di circostanze e clausole varie o di ulteriori adempimenti il trasferimento del diritto può essere differito ad un momento successivo alla conclusione del contratto.
In questo caso si ha una vendita obbligatoria, cioè, in altri termini, un contratto non meramente preliminare, ma con effetto traslativo differito ad un momento posteriore alla conclusione del contratto in quanto per il trapasso del diritto, che è pur sempre effetto dell’unico contratto di vendita, non basta il semplice consenso ma occorre il successivo verificarsi di un ulteriore fatto, che in ipotesi può consistere nella determinazione concreta del prezzo a seguito della misurazione del fondo– oggetto della
97 Corte di Cassazione, sentenza 16-12-68, n. 3997
vendita — ovvero anche nella traduzione della scrittura nello strumento pubblico 98.
Q uest’obbligo può consistere in un’attività
sia positiva vendita di cosa altrui –
vendita di cosa futura –
che negativa del venditore, in quest’ultimo caso il venditore deve limitarsi a non ostacolare l’acquisto che avviene a seguito di un fatto ulteriore al quale egli non partecipa
vendita con riserva di proprietà – il pagamento dell’ultima rata da parte del compratore
vendita alternativa – la scelta effettuata da compratore.
La natura giuridica – la dottrina ha proposto varie teorie –
1 – A – teoria del doppio negozio 99 – uno meramente obbligatorio e l’altro, ancorché collegato al primo (c.d. atto dispositivo) ad effetti reali, determinante per il trasferimento del diritto.
Una tale opinione, già contestata nella precedente legislazione può ancora meno sostenersi nel codice vigente, il quale, ex art. 1376 c.c., imputa ogni trasferimento soltanto al consenso delle parti, e non a fatti ulteriori.
2 – A – teoria del negozio tipico 100 – poiché vi è una scissione
temporale tra l’effetto obbligatorio e quello reale.
Ma in realtà il differimento di cui parla l’autore in questione non riguarda la perfezione del contratto ma soltanto l’efficacia del trasferimento
98 Corte di Cassazione, sentenza 31-5-71, n. 1637
99 Gorla – Ferrara – Xxxxxxx Xxxx
100 Salis
3 – A – teoria della fattispecie traslativa complessa 101 – a formazione successiva, i cui elementi sono costituiti non solo da quelli essenziali per ogni contratto, ma anche da fatti ulteriori estranei allo scema causale del contratto stesso.
In contrario è stato osservato che anche questa tesi finisce, in concreto, col negare alla vendita obbligatoria la natura di autentica vendita, la quale è l’unica fonte del trasferimento, per declassarla ad un fatto giuridico che concorre, con altri fatti o presupposti, alla formazione della fattispecie traslativa.
4 – A – teoria del negozio condizionato 102 – la quale riconduce al meccanismo della condizione i fatti dai quali, nelle varie ipotesi di vendita obbligatoria, deriva l’effetto (differito) del trasferimento del diritto.
In contrario si ritiene che la condizione sospende l’efficacia di ogni effetto del negozio sia reale che obbligatorio; nella vendita obbligatoria, invece, ciò che non si verifica subito è solo il trasferimento del diritto, mentre sorgono immediatamente determinati effetti sia pure solo obbligatori che sono effetti definitivi e non preliminari
5 – A – teoria del negozio con effetti differiti 103 – l’immediata efficacia del trasferimento è un carattere normale, non essenziale del contratto, come d’altronde è confermato dal citato art. 1476 n. 2 c.c.
Ricapitolando:
2 fasi caratterizzate da effetti diversi
1A Effetti obbligatori
Nasce al momento stesso della conclusione del contratto e consiste nell’irrevocabilità del consenso e nell’impegno del venditore di far
101 Xxxxxxx
102 Cariota Ferrara – De Martini
103 Capozzi – Rubino – Cottino – Mirabelli – Greco e la giurisprudenza prevalente
acquistare la proprietà della cosa, o il diritto al compratore e nel contemporaneo obbligo del compratore di pagare il prezzo.
2A Effetti reali
Vale a dire il trasferimento del diritto, si ha, invece, quando si verifica il fatto o l’atto ulteriore; da quel momento il compratore diventa proprietario della cosa venduta e ne assume i rischi.
Nella vendita con effetti reali, in cui l’acquirente, una volta concluso il contratto, consegue, immediatamente e senza bisogno di materiale consegna, non solo la proprietà ma anche il possesso (in senso giuridico) della cosa, l’obbligo del venditore di trasferirne il possesso materiale può essere derogato allorché il venditore d’accordo con l’acquirente mantiene la relazione immediata con la cosa venduta, possedendola non animo domini bensì ad altro titolo. Tale risultato è raggiungibile sia attraverso la costituzione di usufrutto per riserva del venditore — che, trattandosi di immobili, esige la forma scritta ad substantiam ai sensi dell’art. 1350, n. 2, c.c. — sia attraverso qualsiasi negozio (tipico o atipico, a titolo oneroso o gratuito) che sia idoneo ad attribuire al venditore un diritto di ritenzione della cosa a scopo di godimento, di uso o di garanzia e che, dando luogo ad un rapporto di natura personale, richiede la stessa forma solo se si concreti in uno degli atti compresi nell’art. 1350 citato, con le correlative conseguenze in ordine alla prova104.
La disciplina nelle 2 fasi
A) in via analogica e nei limiti della compatibilità, viene applicata la normativa sul negozio condizionato, e in particolare, quella relativa agli atti conservativi.
104 Corte di Cassazione, sentenza 16-3-84, n. 1808
B) È ammissibile la risoluzione per inadempimento 105 (artt. 1453 ss.) perché già esistono anche prima del trasferimento, specifici obblighi sia a carico del compratore che del venditore.
C) È applicabile la risoluzione per impossibilità sopravvenuta.
D) Anche prima dell’ effetto reale possono verificarsi i presupposti dell’azione di risoluzione per eccessiva onerosità (si pensi a chi vende la cosa altrui, il cui acquisto dal terzo è divenuto eccessivamente oneroso per imprevedibile e straordinario avvenimento.
E) È consentita anche la rescissione 106 del contratto (artt. 1447 ss) – Maggiori dubbi circa la loro applicabilità riservano:
F) la garanzia per evizione – sembra preferibile la tesi negatrice107:
1) innanzitutto perché il compratore può esercitare tale azione qualora abbia subito effettivamente la privazione (totale o parziale) della cosa alienata;
2) in secondo luogo perché è ben possibile che, anteriormente al trasferimento, sia evitato il pericolo dell’evizione;
G) le azioni del compratore per vizi della cosa e per mancanza di qualità promesse – poiché esse possono essere proposte solo quando la cosa, anche se non ancora trasferita, sia definitivamente individuata.
105 Per una maggiore consultazione sulla risoluzione aprire il seguente collegamento on-line
106 Per una maggiore consultazione sulla rescissione aprire il seguente collegamento on-line
107 Capozzi – Degni – Salis – Rubino
H) La trascrizione – quando la vendita abbia ad oggetto beni immobili – È preferibile la tesi positiva 108 sostenuta dalla dottrina e giurisprudenza prevalenti, poiché nell’ampia e comprensiva espressione dell’art. 2643, n. 1, devono ritenersi inclusi non solo i contratti ad effetti reali immediati, ma altresì quelli ad effetti reali differiti, i quali hanno pur sempre ad oggetto il trasferimento della proprietà di un bene anche se l’effetto traslativo sia differito nel tempo. In analogia con la condizione sospensiva (artt. 2659, u.c. e 2668, 3 co) comporta un procedimento di pubblicità distinto in 2 tempi –
A) viene trascritto il contratto di vendita con la menzione, nella nota, della ragione per cui non vi è trasferimento immediato;
B) viene cancellata la menzione per l’avveramento del c.d. fatto ulteriore
108 Xxxxxxx – Xxxxxx – Xxxxxx – De Martini – Maiorca – Mastrocinque – Mariconda
A) Vendita di cosa generica 109
Nella vendita di cose generiche la proprietà si trasmette con l’individuazione o specificazione fatta d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti.
Cosa generica e cosa fungibile
La fungibilità individua, all’interno di un determinato genus, le cose che possono essere indifferentemente sostituite l’una con l’altra. L’alienazione di cosa fungibile può, quindi, essere alienazione di cose specifiche e produrre l’immediato effetto traslativo del diritto
La cosa generica non ha una propria specificità se non con riferimento al genus e pretende pertanto la concreta individuazione al fine di circolare mediante trasferimento del relativo diritto.
Il riferimento può essere
A) numerico (100 automobili FIAT)
B) al peso (500 quintali di grano)
C) alla misura (100 metri cotone)
D) alla qualità (50 quintali di pasta di semola)
E) illimitato (100 quintali di grano)
F) limitato (100 quintali del mio grano) e la distinzione non è senza importanza, perché rileva soprattutto relativamente al perimento della cosa: ad es. se un fulmine distruggesse il mio granaio il contratto sarà risolto per impossibilità sopravvenuta.
109 cfr xxx.xx 2) lettera B) punto 5) Xxxxxxx su campione e su tipo di campione, pag. 322
art. 1378 c.c. trasferimento di cosa determinata solo nel
genere
Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con l’individuazione fatta
d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti (1465).(L’individuazione nella c.d. vendita da piazza a piazza 110) Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un altro, l’individuazione avviene anche mediante la consegna (produce un duplice contemporaneo effetto:
individua la cosa generica e libera il venditore dall’obbligo della consegna)
al vettore (1678 e seguenti) o allo spedizioniere (1737 e seguenti).
L’individuazione
E’ un negozio giuridico 111 (contra 112, si tratta di un atto giuridico in senso stretto) bilaterale ovvero unilaterale (alienante o acquirente), che deve attuarsi secondo le modalità stabilite e con mezzi idonei a realizzare la separazione, nel senso di assicurare l’indisponibilità e quindi la non sostituibilità del bene da parte del debitore; in tal modo si determina il trasferimento del bene e, conseguentemente, il passaggio dei rischi dall’alienante all’acquirente.
Trascrizione 113 – trascrivibilità dell’immediata vendita obbligatoria
Annotazione: il notaio procede all’annotazione a margine della trascrizione originaria, l’atto d’individuazione con cui si restringe l’efficacia del trasferimento alla sola, ad esempio, porzione dell’immobile trasferito.
110 cfr xxx.xx 2) lettera B) punto 1) Vendita da piazza a piazza, pag. 266
111 Gorla – Gazzarra – Majello – Mirabelli – Gazzoni
112 per tutti, Panico
113 cfr. xxx.xx 1) lettera B), punto 3) la forma, lettera A) la trascrizione, pag. 21
La vendita di massa
art. 1377 c.c. trasferimento di una massa di cose
Quando oggetto del trasferimento è una determinata massa di cose, anche se omogenee, si applica la disposizione dell’articolo precedente, ancorché, per determinati effetti, le cose debbano essere numerate,
pesate o misurate.
In questa vendita, a differenza della vendita di genere, la massa di cose, anche se trattasi di cose omogenee, viene individuata e, quindi, considerata come cosa specifica e trasferita per un unico prezzo (Ti vendo tutto il grano esistente attualmente nel mio granaio).
Poiché l’oggetto è già individuato, non ha natura di vendita obbligatoria, ma di vendita con effetto reale immediato e la proprietà della massa passa al compratore per effetto del semplice consenso.
B) Vendita di cosa altrui 114 115 116
art. 1478 c.c. vendita di cose altrui
Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa.
Attività diretta del venditore, affinché il compratore diventi titolare.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista (a titolo oneroso a titolo gratuito, inter vivos, mortis causa, a meno che in quest’ultimo caso, la vendita di cosa altrui non dia luogo ad un patto successorio) la proprietà dal titolare di essa
Attività indiretta – ad es. contratto a favore del terzo 117: il venditore di cosa altrui (stipulante/designatore) fa con il titolare del bene (promittente/titolare del bene) un contratto a favore dell’acquirente (terzo/beneficiario).
Nella vendita o nella promessa di vendita di cosa altrui in cui il venditore o il promittente venditore assume in proprio l’obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto e all’eventuale risarcimento del danno spetta sia al compratore che ignori
114 Servitù di un vantaggio futuro - Per una maggiore consultazione sulle servitù aprire il
seguente collegamento on-line Le servitù prediali – xxx.xx H – Servitù di un vantaggio futuro
115 cfr xxx.xx 4) lettera C) Gli obblighi delle parti, pag. 368
116 cfr xxx.xx 4) lettera H) Ammissibilità della vendita di cosa altrui, pag. 374
117 Per una maggiore consultazione sul contratto a favore del terzo aprire il seguente collegamento on-line Il contratto a favore del terzo
l’altruità della cosa secondo la previsione dell’art. 1479 c.c., sia al compratore che sia consapevole di tale altruità (art. 1478 c.c.). Peraltro, mentre in quest’ultima ipotesi il compratore o il promissario acquirente deve attendere la scadenza del termine convenzionalmente stabilito o fissato dal giudice per l’adempimento del venditore o del promissario venditore, nell’ipotesi considerata dall’art. 1479 c.c. il compratore o il promissario acquirente può agire illico et immediate per la risoluzione, salvo che, prima della domanda di risoluzione, la situazione sia stata sanata con l’acquisto del diritto da parte del venditore o promittente venditore o con la vendita direttamente effettuata dal terzo titolare a favore del compratore o del promissario acquirente118.
Per una recente pronuncia di una Corte di merito119 riguardo all'appello formulato ai fini della riforma della sentenza di prime cure con la quale il Tribunale abbia disatteso la domanda giudiziale volta a far dichiarare la nullità o l'inefficacia della vendita per difetto di titolo in capo al venditore, mero usufruttuario dell'immobile compravenduto, è destituita di fondamento la tesi dell'appellante secondo cui la vendita di cosa altrui sarebbe nulla per impossibilità dell'oggetto o della causa. Ebbene una tale tesi non merita alcuna condivisione in quanto l'illiceità della causa o dei motivi determinano nullità del contratto solo in caso di contrarietà a norme imperative o a principi dell'ordine pubblico e del buon costume, ovvero quando la stipulazione del negozio è volta ad eludere una norma imperativa. Il negozio, pertanto, deve ritenersi pienamente valido ed efficace potendo, il terzo che rivendichi la proprietà della cosa venduta, solamente opporre ad compratore che lo possieda, l'inesistenza dell'effetto traslativo derivante dalla mancanza di titolarità del bene in capo al venditore.
118 Corte di Cassazione, sentenza 23-2-2001, n. 2656 (conf. Corte di Cassazione, sentenza 6-6- 83, n. 3839)
119 Corte d'Appello Campobasso, civile, sentenza 24 ottobre 2013, n. 266
Ancora per altra sentenza di merito 120 la vendita di un bene da parte di chi non è proprietario dello stesso non costituisce negozio nullo, né annullabile, ma configura unicamente una ipotesi di carenza della legittimazione al negozio e, dunque, di un contratto concluso a non domino, secondo la disciplina della vendita di cosa altrui, la quale produce effetti obbligatori tra le parti, a norma dell'art. 1478 c.c., e dunque l'obbligo del venditore di far acquistare la proprietà della res all'acquirente, risultando in tal caso l'alienazione inopponibile al proprietario effettivo che non abbia preso parte alla stipula dell'atto. Il compratore ignaro dell'altruità del bene, in ogni caso, ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo pagato ed il risarcimento del danno ex art. 1223 c.c., previa dimostrazione della buona fede del medesimo, ex art. 1479 c.c., la quale non può essere esclusa per la semplice possibilità di verificare l’altruità della cosa qualora l'acquirente si sia fidato della contraria dichiarazione formulata dal venditore al momento dell'atto. (Fattispecie avente ad oggetto la vendita di un veicolo di proprietà altrui, ove, provato l'inadempimento del venditore e la buona fede dell'acquirente, deve farsi luogo all'accoglimento della domanda, da questi formulata, di risoluzione del contratto e restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto risolto).
A tale validità, inoltre, non può essere opposto l'articolo 28 della Legge Notarile, vietando al notaio di ricevere atti "espressamente proibiti dalla legge o manifestamente contrari al buon costume", intende riferirsi a tutti e soli gli atti affetti da vizi che diano luogo a nullità assoluta (senza che rilevi sul punto la distinzione tra norme proibitive e precettive e la differenza tra nullità espressa e non espressa o tra nullità formale e sostanziale), non ricadendo nel divieto tutte le ulteriori ipotesi di difformità del negozio/documento dal paradigma teorico previsto dall'ordinamento,
120 Tribunale Perugia, civile, sentenza 29 giugno 2013, n. 905
cioè le violazioni connesse ad un vizio di portata diversa ed inferiore (semplice annullabilità, inefficacia o inesistenza) 121.
La produzione dell’effetto reale
L’obbligo di far acquistare la proprietà al compratore si adempie nello stesso istante in cui il venditore acquista, solitamente entro un determinato termine, dal terzo proprietario il bene. A quel momento si produce automaticamente l’effetto reale in favore dell’acquirente, senza che sia necessario un successivo atto tra venditore ed acquirente medesimo.
In caso di vendita di cosa altrui, l’obbligo del venditore può essere adempiuto
1) sia mediante l’acquisto della proprietà della cosa da parte sua, con l’automatico ed immediato trapasso della proprietà al compratore,
2) sia mediante la vendita diretta della cosa stessa operata dal terzo suo proprietario in favore del compratore.
In tale ultimo caso, tuttavia, ai fini della valutazione dell’avvenuto adempimento dell’obbligo, è pur sempre necessario che la vendita diretta abbia avuto luogo in conseguenza di un’attività svolta dallo stesso venditore nell’ambito dei suoi rapporti con il proprietario, e che quest’ultimo manifesti, in forma chiara ed inequivoca, la propria volontà di vendere il bene di sua proprietà al compratore.
Solo in tal modo, infatti, si realizza, con l’effetto traslativo, quel risultato che il compratore intendeva conseguire e che il venditore s’era obbligato a procurargli122.
121 Tribunale Roma, sezione X, sentenza 18 ottobre 2012, n. 19672. Nel caso di specie il notaio veniva accusato di aver rogato un atto - trasferimento di immobile - da parte di un venditore che non ne era proprietario. Il tribunale ha escluso che si rientrasse nella fattispecie di cui all'art. 28 della legge notarile in quanto tale ipotesi è disciplinata dagli artt. 1478 e 1479 c.c. - Vendita di cosa altrui; Buona fede del compratore
122 Corte di Cassazione, sentenza 2-2-98, n. 984, Corte di Cassazione, sentenza 18-2-86, n. 960
Disciplina giuridica
è applicabile anche all’istituto in esame la disciplina dettata dagli artt.
1470 ss. c.c., purché non si tratti di norme eccezionali incompatibili.
Non si ritengono ad es. applicabili, in linea di massima, le norme in materia di negozio condizionato.
Troveranno applicazione l’art. 1357 e l’art. 1358 c.c., mentre non sarà applicabile l’art. 1356 c.c., perché il particolare carattere di alienità dell’oggetto esclude l’attribuzione del potere di compiere atti diritti a far salvi i futuri diritti.
La consapevolezza dell’altruità o meno
La consapevolezza da parte di entrambi i contraenti della non appartenenza della cosa al venditore, ai fini dell’applicazione dell’art. 1478 c.c., in tema di vendita di cosa altrui, sussiste ove il venditore con sufficienti e significative espressioni, manifesti al compratore l’alienità del bene oggetto della compravendita123.
Perché si abbia vendita di cosa altrui è rilevante non il convincimento che l'alienante abbia o meno dell'altruità della cosa, ma l'effettiva appartenenza ad altri della stessa124.
Ma, per la Cassazione125, la disciplina positiva distingue i rimedi esperibili a seconda che l'acquirente sia o meno consapevole che il bene sia di proprietà aliena.
123 Corte di Cassazione, sentenza 21-7-80, n. 4776. Nella specie il venditore aveva dichiarato al compratore di avere acquistato l’immobile venduto con un «compromesso». La Corte Suprema ha ritenuto implicitamente accertato dal giudice del merito l’estremo dell’alienità del bene in quanto tale espressione, nel linguaggio dei pratici, allude all’esistenza di un contratto preliminare
124 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 7515 del 27-3-2007. Nel caso di specie, la S.C. ha confermato sul punto la sentenza di merito, che aveva qualificato il contratto intercorso tra le parti come vendita di cosa altrui, in quanto l'amministratore di una società semplice era intervenuto nella vendita dei beni sociali in proprio, dichiarandosi unico proprietario dei beni, mentre dalla motivazione risultava chiaramente che i beni oggetto del contratto erano, in forza dei titoli di provenienza richiamati dalla scrittura privata di vendita, di proprietà esclusiva della società
125 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 gennaio 2011, n. 1567
Nel primo caso, previsto dall'art. 1478 c.c., non è data l'azione di risoluzione, ma solo quella di adempimento, mentre nella seconda ipotesi, disciplinata dall'art. 1479 c.c., la risoluzione può essere domandata dall'acquirente che al momento della conclusione del contratto abbia ignorato che il venditore non era titolare del bene, salvo, nel frattempo, questi non gliene abbia procurato la proprietà. Alla prima delle due fattispecie va ricondotta anche l'ipotesi in cui le parti abbiano dedotto nel contratto che la proprietà del bene è controversa, essendovi lite pendente tra il venditore e terzi. La comune previsione (espressa o implicita) che il bene non possa essere (efficacemente) trasferito ove l'esito della lite pendente sia sfavorevole al venditore, come non fa venire meno la responsabilità dell'alienante nell'assumersi titolare della res vendita, così non dimostra che l'acquirente abbia avuto altra consapevolezza se non del particolare rischio contrattuale assunto. Quest'ultimo, a sua volta, non rende automaticamente aleatorio l'accordo negoziale, sia perché è aleatorio soltanto il contratto in cui il fattore di pura sorte, da cui dipende il risultato economico sperato rispettivamente dalle parti, svolge un'efficienza di tipo causale, sia in quanto, in difetto di apposita clausola di segno opposto, il venditore resta tenuto all'obbligazione di trasferimento della proprietà e soggiace, in caso di inadempimento, alla responsabilità relativa.
art. 1479 c.c. buona fede del compratore
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se
frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà.
Salvo il disposto dell’art 1223 il venditore è tenuto a restituire
all’acquirente il prezzo pagato, anche se la cosa è diminuita di valore o è deteriorata; deve inoltre rimborsagli le spese e i pagamenti legittimamente fatti per il contratto. Se la diminuzione di valore o il deterioramento
derivano da un fatto del compratore, dall’ammontare suddetto si deve detrarre l’utile che il compratore ha ricavato.
Vendita di cosa altrui venduta come propria
È questa un’ipotesi c.d. patologica, ed è previsto, oltre al risarcimento del danno (art. 1223), la risoluzione immediata ex art. 1479 1 co, a meno che frattanto il debitore non gli abbia fatto acquistare la proprietà e salva l’ipotesi in cui non sussista la colpa del venditore, la quale mancherà soltanto in casi eccezionali (si pensi al caso in cui il venditore ignori in buona fede che il suo rappresentante, nonostante la revoca delle procura, abbia già alienato il bene ad altri).
Il compratore di cosa mobile acquistata ignorando che la cosa stessa non era di proprietà del venditore, può chiedere la risoluzione del contratto, benché il venditore gliene abbia trasmesso il possesso, sussistendo l’inadempimento per l’omesso trasferimento del diritto come effetto immediato del puro e semplice consenso, e non essendo venuto meno tale inadempimento per il fatto che il compratore abbia acquistato il diritto per effetto del trasferimento del possesso nella sussistenza dei requisiti richiesti dall’art. 1153 c.c., poiché il trasferimento del possesso a non domino, essendo privo di valore negoziale, non può equivalere a trasferimento del diritto come effetto immediato del puro e semplice consenso126.
In caso di vendita o di promessa di vendita di cosa altrui, il compratore o il promissario, in buona fede, hanno non solo la facoltà di chiedere, a norma dell’art. 1479 c.c., la risoluzione del contratto non appena vengano a conoscenza dell’alienità della cosa, salvo che nel frattempo la situazione non sia stata sanata con l’acquisto del diritto da parte del venditore, ma anche quella di sospendere il pagamento delle ulteriori rate fin quando il venditore o il promittente non si sia procurato la proprietà della cosa o abbia dato, almeno, valide garanzie a tale riguardo, senza che sia necessaria la fissazione di un termine per l’adempimento, a norma dell’art.
126 Corte di Cassazione, sentenza 25-7-77, n. 3306
1183 c.c., dal momento che in caso di vendita o promessa di vendita di cosa altrui, nell’ipotesi di cui all’art. 1479 c.c., l’inadempimento si verifica nel momento in cui è compiuto l’atto dispositivo della cosa altrui facendola passare come cosa propria127.
La differenza sostanziale nella consapevolezza o meno dell’altruità si ha
ai fini prescrizionali dell’azione.
La prescrizione dell’azione di risoluzione o di riduzione del prezzo e di risarcimento dei danni, di cui agli artt. 1479 e 1480 c.c. rimane sospesa, a norma dell’art. 2941, n 8, c.c., quando il venditore abbia dolosamente occultato al compratore la parziale alienità della cosa, precludendogli, con il suo comportamento doloso, la possibilità di far valere il proprio diritto, ed il termine per l’esercizio di tale azione, quindi, non può decorrere se non dalla data in cui l’acquirente abbia scoperto che la cosa vendutagli appartiene in tutto o in parte a persona diversa dal venditore 128.
Il termine di prescrizione dell’azione di risoluzione del contratto di compravendita di cosa altrui proposta dal compratore in buona fede, che, al momento della conclusione del contratto, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore (art. 1479, c.c.) non può essere interrotto con un atto stragiudiziale di costituzione in mora ai sensi dell’art. 2943, quarto comma, c.c., in quanto quest’ultima norma è applicabile di diritti di credito, non anche ai diritti potestativi, qual é quello esercitato con la succitata azione, rispetto al quale sussiste una situazione di mera soggezione, non già un obbligo, del contro interessato 129.
127 Corte di Cassazione, sentenza 24-3-81, n. 1727
128 Corte di Cassazione, sentenza 6-12-78, n. 5773
129 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 18477 del 3-12-2003
Rifiuto del terzo
In questo caso secondo la tesi 130 preferibile, anche in caso di rifiuto, ci si adegua ai principi generali (a differenza di chi 131 ha previsto una responsabilità oggettiva del venditore), nel senso che per richiedere la risoluzione del contratto e il conseguente risarcimento del danno, c’è bisogno della colpa del venditore di cosa altrui, il quale non si assicurò, al momento in cui assunse l’obbligo di trasferire, che avrebbe avuto il consenso del terzo o, comunque, non si attivò sufficientemente per procurarsi la disponibilità della cosa da lui imprudentemente alienata.
Qui si coglie la differenza dalla promessa dell’obbligazione del terzo, nella quale il promettente accetta, sin dal momento della conclusione del contratto, il rischio del rifiuto del terzo.
Affinità con la figura giuridica della promessa del fatto del terzo
L’affinità sussiste nel fatto che, nella maggior parte dei casi, lo stesso risultato può essere raggiunto con l’uno o con l’altro mezzo giuridico:
Xxxxx potrà vendere a Caio il bene di Xxxxxxxxx (vendita di cosa altrui) ovvero potrà promettere, dietro corrispettivo, di far trasferire il bene dal proprietario Xxxxxxxxx al promissorio Xxxx (promessa del fatto del terzo).
Ma la distinzione tra i due istituti è evidente, perché nella promessa il promettente assume l’obbligo non di acquistare la cosa dal terzo, ma di farla vendere direttamente da costui al promissorio. Si è, perciò, completamente fuori dalla compravendita e il contratto che si conclude non avrà effetti reali, ancorché differiti, ma meramente obbligatori.
In effetti per la S.C.132 la vendita di cosa altrui e promessa del fatto del terzo, di cui, rispettivamente, agli artt 1478 e 1381 c.c., si differenziano perché, nella prima, il venditore assume in proprio l’obbligo del trasferimento del bene e, nella seconda, tale trasferimento è demandato al
130 Bianca – Xxxxxxx
131 Rubino
132 Corte di Cassazione, sentenza 22-4-81, n. 2363
facere del terzo, venendo dedotto in obbligazione solo per questa via, secondaria ed eventuale, sicché, mentre nella vendita di cosa altrui l’obbligazione del venditore di procurare al compratore l’acquisto della cosa altrui nasce come obbligazione primaria, sin dal momento della conclusione del contratto, nella promessa del fatto del terzo contenuto del negozio e l’obbligo assunto dal promittente verso il promissario di adoperarsi affinché il terzo si obblighi a fare o faccia ciò che il promittente medesimo ha promesso.
Riassumendo per altra autorevole dottrina 133
a) prima ipotesi: vendita di cosa dichiaratamente altrui:
Secondo altro autore134: in tal caso se il venditore non consegue la proprietà della cosa entro un certo termine (fissato convenzionalmente o dal giudice ex art. 1183 2 co) può ritenersi applicabile:
art 1381 x.x. xxxxxxxx xxxx’xxxxxxxxxxxx x xxx xxxxx xxx xxxxx
colui che ha promesso l’obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto ad
indennizzare l’altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.
Secondo altra impostazione 135, l’acquirente potrebbe agire con l’azione di risoluzione e conseguente risarcimento del danno ex art. 1479, pur senza dimostrare la colpa del venditore:
1) conoscenza dell’altruità da parte dell’acquirente : quando il venditore aliena la cosa altrui in nome proprio, ma l’altruità del bene è nota all’acquirente, in questo caso, se il venditore
133 Gazzoni
134 Rubino
135 Greco e Cottino
ignorava l’altruità potrebbe ipotizzarsi, da parte sua un’impugnativa per errore sulla qualità giuridica del bene.
2) ignoranza dell’altruità: se invece l’acquirente ignorava l’altruità del bene e nel frattempo il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà, può chiedere la risoluzione ex art. 1479 1 co c.c..
b) seconda ipotesi: vendita di cosa parzialmente altrui: il compratore che ignorava la circostanza può chiedere:
1) la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma
dell’art.1479 c.c., quando deve ritenersi che egli non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario.
2) riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno ex art. 1480 c.c.
C) Vendita di cosa parzialmente altrui
art. 1480 c.c. vendita di cose parzialmente di altri
Se cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui (fattispecie patologica), il compratore può chiedere la
risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell’art. precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno .
E’ discusso se nella fattispecie della vendita di cosa parzialmente altrui (fisiologica o patologica – es.Tizio vende a Caio 10.000 metri quadrati del suolo edificatorio, mentre è proprietario soltanto di 8.000 metri quadrati) rientri anche l’ipotesi di alienazione per intero di un bene di cui il venditore sia proprietario soltanto pro quota e Xxxxx vende l’intero fondo Tuscolano del quale è proprietario soltanto per la metà.
A) alcuni autori 136 sostengono la tesi negativa, affermando che, fino a quando perdura lo stato di comunione 137, non esiste ancora una parte del venditore, né può esistere una parte concreta idonea a costituire oggetto di attuale trasferimento; assimilano, cioè, la vendita dell’intero bene del quale si è soltanto comproprietari alla vendita di cosa totalmente altrui.
B) Ma la tesi positiva 138,la quale ritiene che le due ipotesi sono giuridicamente equivalenti, perché, per configurare la vendita di cosa parzialmente altrui, è sufficiente la parziale alienità della cosa, poco importa se si tratti di parte materiale o di parte giuridica (quota): in entrambe le ipotesi
136 Greco e Cottino
137 Per una maggiore consultazione sulla comunione aprire il seguente collegamento on-line
La comunione – xxx.xx F) Poteri ed obblighi dei contitolari – La vendita
138 Capozzi – Bianca
troveranno applicazione l’art. 1478 c.c., se ricorre la fattispecie fisiologica, e l’art. 1480 c.c., se ricorre la fattispecie patologica.
In questo caso è importante notare che il venditore potrà diventare proprietario della cosa parzialmente altrui, oltre al modo previsto dall’art. 1478 (acquistare – inter vivos o mortis causa), anche attraverso una successiva divisione 139, con la quale gli venga assegnato l’intero bene.
Per la Cassazione 140 la disciplina di cui all'art. 1480 c.c. comprende sia la vendita per intero di una parte materiale della cosa di cui l'alienante assuma di essere proprietario (communio pro diviso), sia l'ipotesi di vendita da parte di un comproprietario, di una cosa di proprietà comune pro indiviso; per contro, la vendita di un bene interamente (e non parzialmente) di proprietà altrui, è regolata dall'art. 1479 c.c.
La disciplina dell’art. 1480 c.c. per la vendita di cosa parzialmente altrui trova applicazione anche nel caso del patto di prelazione 141 che abbia ad oggetto la vendita di un immobile per l’intero, ove sia stato stipulato da alcuni soltanto dei suoi comproprietari a favore di persona ignara della parziale alienità del bene, con la conseguenza che il patto di prelazione conserva efficacia limitatamente alle quote dei comproprietari che lo hanno stipulato e l’avente diritto alla prelazione, che ne abbia interesse, può valersi di questa per l’acquisto di tali quote dell’immobile, allorquando i predetti comproprietari procedano alla loro vendita 142.
139 Per una maggiore consultazione sulla divisione aprire il seguente collegamento on-line
140 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 387 del 12-1-2005
141 Per una maggiore consultazione sulla prelazione aprire il seguente collegamento on-line
La prelazione volontaria e legale
142 Corte di Cassazione, sentenza 11-2-80, n. 950
D) Vendita di cosa futura: emptio rei speratae
Per autorevole autore 143 la cosa si configura come futura ogniqualvolta essa non è, per qualsivoglia motivo, deducibile immediatamente in contratto in quanto ancora non suscettibile di appropriazione in termini giuridici.
Beni inesistenti in rerum natura (un raccolto che deve essere seminato; un appartamento che deve essere costruito).
Beni esistenti ma ancora res nullius (vendita di pesce non pescato).
Beni esistenti non ancora distaccati dallo cosa madre (i frutti)
Sono configurabili come diritti futuri, quando essi dipendono dall’avveramento di una condizione ovvero costituiscono la controprestazione di un adempimento non ancora eseguito, come nel caso di cessione onerosa di un credito.
art. 1472 c.c. vendita di cose future
Nella vendita che ha per oggetto una cosa futura, l’acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si acquista
quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati.
Qualora le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio la vendita è nulla se la cosa non viene ad esistenza.
143 Gazzoni
prima ipotesi: beni prodotti dalla natura144: la cui venuta ad esistenza è considerata dai contraenti come incerta e non dipendente esclusivamente dalla volontà dell’uomo:
frutti di un fondo, i parti degli animali o altre cose la cui esistenza non dipende dalla volontà esclusiva dell’uomo.
Conseguenza: applicabilità dell’art. 1472 2 co e il contratto non produrrebbe effetto non tanto perché nullo, quanto perché incompleto o inutile.
Natura giuridica
In merito la Cassazione 145, ha affermato che la vendita di alberi da tagliare (o di frutti del fondo da raccogliere) non può mai avere effetto reale immediato, poiché un prodotto naturale, fino a quando non sia staccato dalla cosa madre, è insuscettibile di proprietà separata. Pertanto, come testualmente dispone l’art. 1472 c.c., per il quale la proprietà si acquista quando gli alberi siano tagliati ed i frutti separati, detta vendita ha natura meramente obbligatoria.
seconda ipotesi: b eni prodotti dall’uomo 146 : come nel caso di edificio da costruire 147.
Conseguenza: inapplicabilità dell’art.1472 2 co ma validità dei principi generali in materia di contratto. E nel caso in esempio vi potrebbe essere
144 Lipari
145 Corte di Cassazione, sentenza 21-3-87, n. 2827
146 Giorgianni
147 A differenza della vendita di cosa futura, la quale ha per oggetto beni prodotti dalla natura, come i frutti di un fondo, i parti degli animali o altre cose la cui venuta ad esistenza è considerata dai contraenti come incerta e non dipendente in modo esclusivo dalla volontà dell’uomo, ed in cui se la cosa non viene ad esistenza il contratto è nullo, nella vendita di cosa da costruire il venditore assume l’obbligazione di prestare l’attività necessaria per la produzione del bene e pertanto risponde per l’inadempimento contrattuale nel caso in cui non dimostri che la prestazione promessa è venuta a mancare per causa a lui non imputabile. Corte di Cassazione, sentenza 10-11-89, n. 4772
inadempimento dell’obbligo di fare (costruire l’immobile) e il contratto potrebbe essere risoluto ex art 1453.
Secondo quest’ultimo autore 148 si applicano i principi generali in materia di contratto anche ai beni prodotti dalla natura se si considera che la coltivazione del fondo o l’allevamento del bestiame sono strumentali al prodursi dei frutti o ai parti degli animali (mentre la prima ipotesi 149 parte dall’errato presupposto che la loro venuta ad esistenza dipenda essenzialmente dalle favorevoli condizioni naturali e solo in via secondaria dall’attività dell’uomo) si dovrà concludere che anche in questo caso è ipotizzabile un inadempimento relativo all’obbligo, con conseguente risoluzione.
Pertanto l’art. 1472 2 co trova applicazione solo quando la cosa viene ad esistenza per fatto comunque non imputabile al venditore.
Per una pronuncia della Cassazione 150 nell’ipotesi in cui il proprietario di un terreno, nel procedere alla sua vendita, si riservi il diritto — esclusivo, perpetuo e trasmissibile a terzi sia per atti tra vivi che mortis causa — di escavare ed estrarre materiali esistenti nel sottosuolo, non si è in presenza di una vendita mobiliare di massa di cose future, né alla costituzione di un diritto personale a favore dell’alienante, bensì dell’alienazione di un diritto reale avente ad oggetto la proprietà della parte di sottosuolo interessata dal giacimento, distinto dal diritto di proprietà trasferito all’acquirente e condizionante l’estensione del diritto di quest’ultimo, il quale acquista la proprietà del suolo in superficie e della parte di sottosuolo sottostante al giacimento. In tal caso, la possibilità di separata alienazione del suolo dal sottosuolo come entità reali giuridicamente autonome — nonché della costituzione di diritti di servitù, a carico della superficie, strumentali allo sfruttamento del sottosuolo — non trova ostacolo nella eliminazione della superficie a seguito dell’utilizzazione del sottosuolo, in
148 Giorgianni
149 Lipari
150 Corte di Cassazione, sentenza 15-4-99, n. 3750
quanto il diritto dell’acquirente, su un più basso livello della superficie, resta comunque suscettibile, una volta cessato lo sfruttamento della cava ed estinto il diritto dell’alienante, delle più diverse e pertinenti utilizzazioni.
Natura giuridica
1A) Ipotesi dottrinaria – Contratto perfetto 151
La compravendita di cosa futura (c.d. res sperata), si perfeziona con l’accordo secondo la regola generale, essendo solo spostato nel tempo l’effetto reale. Di qui l’idea che il contratto sia suscettibile d’immediata trascrizione, tesi, questa, più che discutibile, perché prima che la cosa venga ad esistenza il contratto non produce effetti reali non già per volontà delle parti (come nel caso di condizione sospensiva o di termine dilatorio, per cui si giustifica la trascrivibilità con la menzione prevista dall’art. 2659 2 co) ma per intrinseca carenza funzionale, cosicché esso non rientra nella xxxx.xx dell’art.2643 n.1.
2A) Ipotesi dottrinaria – Contratto in via di formazione 152 che si
perfeziona solo nel momento in cui la cosa viene ad esistenza.
In questa prospettiva l’eventuale inadempienza del venditore dell’obbligo di favorire tale venire ad esistenza non rileva sul piano contrattuale ma su quello precontrattuale, determinando così una culpa in contraendo.
Per la Cassazione 153, invece, la vendita di cosa futura, pur non comportando il passaggio della proprietà della cosa al compratore simultaneamente e per effetto della semplice manifestazione del consenso, non costituisce un negozio a formazione progressiva, di carattere e con effetti meramente preliminari (aventi per contenuto quello di porre in
151 Gazzoni
152 Rubino
153 Corte di Cassazione, sentenza 28-11-87, n. 8863
essere un successivo negozio), ma configura un’ipotesi di vendita obbligatoria di per sé sufficiente a produrre l’effetto traslativo della proprietà al momento in cui la cosa verrà ad esistenza.
Con altra successiva pronuncia154 è stato ribadito che la vendita di cosa futura non consiste in un contratto a formazione progressiva non ancora completo di tutti i suoi elementi, i cui effetti siano destinati a prodursi in un momento successivo a quello in cui la cosa venga ad esistenza, bensì costituisce un negozio perfetto ab origine, con contenuto ed effetti obbligatori, di cui il principale per il venditore è quello di osservare un comportamento necessario perché la cosa venga ad esistenza. Ne consegue che la mancata consegna della cosa stessa (nella specie, bene immobile) nel termine contrattualmente stabilito determina a carico del venditore l'insorgere del rischio per il ritardo nell'adempimento (c.d. perpetuatio obligationis, ex art. 1721 c.c.).
La trascrizione 155
In tema di trascrizione, anche la vendita di cosa futura, ove abbia per oggetto beni immobili, è soggetta, per opporne gli effetti ai terzi, a trascrizione, che grava inizialmente sul terreno e, in virtù del principio dell'elasticità del dominio, potenzialmente sulla costruzione, non rilevando in contrario che la proprietà del bene oggetto del contratto si trasferisca all'acquirente non alla data dell'accordo, bensì nel momento in cui il bene medesimo sia venuto ad esistenza 156.
154 Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 20998 del 30-9-2009
155 cfr. xxx.xx 1) lettera B), punto 3) la forma, lettera A) la trascrizione, pag. 21
156 Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16921 del 21-7-2009. Nella fattispecie, relativa alla compravendita di un immobile da costruire, poiché un terzo creditore del costruttore aveva iscritto ipoteca sull'immobile, prima che gli acquirenti avessero trascritto sia il contratto che la domanda giudiziale di accertamento della proprietà, la sentenza di accoglimento è stata ritenuta non opponibile al creditore ipotecario
Inoltre 157, la compravendita d’immobile futuro — e quindi la domanda relativa al suo accertamento — è soggetta a trascrizione, perché, pur non determinando il trasferimento della proprietà del bene al compratore per effetto del solo consenso delle parti, non costituisce un negozio a formazione successiva, ma configura un’ipotesi di vendita obbligatoria, idonea a produrre l’effetto traslativo della proprietà al momento in cui l’immobile venga ad esistenza e rientra, quindi, nell’ampia dizione dell’art. 2643, n. 1, c.c., cioè tra i contratti che trasferiscono la proprietà degli immobili.
Vendita di cosa futura e appalto –
In generale la vendita e l'appalto sono due contratti diversi tra loro sotto molti punti di vista.
Fondamentalmente, non dovrebbe porsi un problema di qualificazione poiché la vendita ha un'efficacia essenzialmente traslativa e dà origine ad un'obbligazione di dare mentre l'appalto determina il sorgere di un'obbligazione di fare.
Tuttavia, in alcuni casi particolari, il contratto non si limita ad imporre ad una delle parti una precisa obbligazione di dare o di fare ed assume contorni più sfumati imponendo una prestazione consistente sia in un dare che in un fare. Ciò accade, ad esempio, nel caso della vendita di cosa futura espressamente contemplata dal legislatore nell' art. 1472 c.c.
Come già ampiamente argomentato l'art. 1476 c.c. stabilisce quali sono le obbligazioni principali del venditore e prevede che quest'ultimo, oltre a dover consegnare al compratore la cosa venduta, deve anche fargliene acquistare la proprietà se l'acquisto non è effetto immediato del contratto.
Nel caso specifico della vendita di cosa futura, poiché il bene ancora non esiste in rerum natura , sorge per il venditore l'obbligo di fare tutto ciò che
157 Corte di Cassazione, sentenza 10-7-86, n. 4497
è necessario affinché la cosa venduta venga ad esistenza. Ciò potrà quindi determinare in capo al venditore l'obbligo di provvedere, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, alla realizzazione del bene.
Anche nell'appalto ci si può trovare di fronte ad un'ipotesi particolare, come quella dell'appalto dotato di effetto traslativo, in cui alla normale obbligazione di fare dell'appaltatore si affianca un'obbligazione di dare. Basti pensare all'ipotesi in cui debba essere realizzata un'opera con materiali forniti dallo stesso appaltatore.
In questo caso, una delle parti assume l'impegno non soltanto di compiere l'opera commissionatagli con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, ma anche quello di trasferire al committente i materiali impiegati per la realizzazione.
Peraltro, l'ipotesi dell'appalto con effetto traslativo è tutt'altro che infrequente, posto che l'art. 1658 c.c. espressamente prevede che, se le parti non hanno stabilito diversamente, i materiali necessari per il compimento dell'opera devono essere forniti dall'appaltatore; dunque, nella maggior parte dei casi, accanto all'obbligazione di fare sussisterà in capo all'appaltatore un'obbligazione di dare.
Appare subito chiaro che le due figure contrattuali della vendita di cosa futura e dell'appalto con effetto traslativo si somigliano molto non solo perché in entrambi i casi abbiamo un contratto che impone ad una delle parti sia un'obbligazione di fare sia un'obbligazione di dare, ma soprattutto perché la prestazione dovuta dalla parte finisce sostanzialmente per essere identica. Infatti, tanto il venditore quanto l'appaltatore dovranno provvedere a realizzare un'opera, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, facendone acquistare la proprietà alla controparte.
La differenza tra vendita di cosa futura e appalto è, in teoria, di estrema chiarezza, in quanto l’appalto ha un’efficacia essenzialmente obbligatoria, mentre la compravendita ha un’efficacia essenzialmente traslativa.
Nella pratica, invece, i confini tra i due istituti non sono sempre marcati e precisi nelle ipotesi, non infrequenti, di contratti in cui un soggetto si obbliga verso un altro soggetto ad eseguire una determinata opera che egli realizzerà non solo con la propria organizzazione e a proprio rischio, ma anche con proprio materiale; lo stesso risultato economico, infatti, può essere raggiunto sia con la vendita di cosa futura che con l’appalto.
Appalto
a) Beni mobili qualora i materiali non siano forniti dal costruttore, ma dal committente
b) Costruzione di beni immobili, qualora il suolo non sia del costruttore
In questi due casi il negozio non produce alcun effetto traslativo, ma soltanto l’obbligo di compiere l’opera dietro corrispettivo.
Vendita di cosa futura
Qualora il suolo sia del costruttore, nella maggior parte dei casi, le parti avranno concluso una vendita di cosa futura.
In tale ipotesi la natura traslativa dell’appalto richiederà sia la forma scritta che la trascrizione, secondo l’ampia formula degli artt. 1350 n.1 e 2643 n.1 c.c., comprensiva di tutti i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili.
Me nella pratica, molto spesso le parti pongono in essere più contratti, attraverso la figura giuridica del collegamento negoziale 158, e precisamente: una vendita di cosa presente (con effetti reali immediati) del suolo, un appalto (che ha per oggetto la costruzione) ed eventualmente anche una divisione di cosa futura (nel caso in cui sei debba costruire un edificio composto da più appartamenti).
Per quanto riguarda la disciplina di tale contratto essa varia rispetto a quella della vendita di cosa futura, poiché la forma scritta sarà prevista soltanto per la divisione e la vendita immediata del suolo mentre per l’appalto sarà libera e per quanto riguarda il momento dell’acquisto dell’immobile, nell’ipotesi dei negozi collegati l’acquisto si avrà per accessione 159 (art. 934 c.c.), mentre nel caso di vendita di cosa futura si avrà soltanto quando l’opera sarà terminata.
La differenza tra le due figure (Appalto e vendita di cosa futura) è sottile, evidentemente, nel caso in cui i materiali (per i beni mobili) ovvero il suolo (per gli immobili) appartengono all’appaltatore ovvero a colui che esegue i lavori.
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L’individuazione delle due figure può essere fatta,
1) innanzitutto attraverso la volontà delle parti – che può essere diretta, esclusivamente o prevalentemente, al trasferimento (nella vendita di cosa futura) ovvero alla produzione dell’opera (nell’appalto) –
2) indi qualora dalla volontà delle parti non possa emergere alcuna interpretazione, si fa ricorso al criterio dell’accessorietà; secondo il quale il negozio deve qualificarsi vendita di cosa futura quando il carattere principale ed essenziale del contratto è nel trasferimento, mentre l’opera dell’uomo costituisce un elemento strumentale ed accessorio; deve, invece, considerarsi appalto qualora abbia carattere accessorio il trasferimento e
xxx in primo piano l’opera dell’uomo.
In effetti per la cassazione 160 quando oggetto prevalente del contratto non è un dare, ma un facere, la convenzione tra le parti dove qualificarsi come appalto, e non vendita di cosa futura, con la conseguenza che non possono trovare applicazione nella specie le regole della compravendita
3) Altro criterio è quello della normale produzione, nel senso che si ha vendita e non appalto quando l’oggetto costituisce la normale attività del fornitore. In virtù del criterio della normale produzione, il contratto deve essere qualificato come vendita di cosa futura nel caso in cui la cosa che forma oggetto del contratto, pur ancora non realizzata, costituisca un bene, con caratteristiche predeterminate e costanti, che viene prodotto periodicamente e professionalmente dalla parte. Il contratto deve essere invece qualificato come appalto nel caso in cui l'opera che deve essere fornita dalla parte non abbia le normali caratteristiche dei prodotti da questa periodicamente e professionalmente realizzati, ma se ne discosti in modo significativo, presentando caratteristiche particolari convenute tra i contraenti.
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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza del 30 ottobre 2012, n. 18656
4) Un ulteriore criterio, è quello dato dall’interferenza, che si ha quando viene attribuito un potere di partecipazione e di controllo a colui che ha conferito l’incarico.
5) La ricostruzione come contratto misto o complesso
Alcune sentenze, infine, hanno qualificato la fattispecie contrattuale in esame come un'ipotesi atipica di contratto, riconducibile alle figure del contratto misto o del contratto complesso, caratterizzata dalla presenza di elementi riconducibili ai contratti tipici della vendita e dell'appalto. Lasciando da parte i dubbi sorti in dottrina e in giurisprudenza sulla possibilità di operare una distinzione tra contratto misto e contratto complesso, è sufficiente qui sottolineare che la disciplina legislativa applicabile sarà comunque quella del tipo contrattuale prevalente. Per determinare quale sia il tipo contrattuale prevalente sarà ancora una volta necessario indagare quale sia stato l'intento che ha spinto le parti a porre in essere il contratto: se esse hanno avuto come interesse principale quello di scambiare un bene contro una somma di denaro e l'attività diretta a far venire ad esistenza la cosa aveva una funzione solo strumentale, ci si trova di fronte ad una vendita; se invece le parti hanno avuto come interesse principale quello di realizzare una determinata opera dietro pagamento di una somma di denaro e solo per ragioni di opportunità l'esecuzione dell'opera è stata accompagnata dal trasferimento dei materiali, ci si trova di fronte ad un appalto.
6) Il criterio della prevalenza in senso oggettivo
In un primo tempo, è stato affermato un criterio oggettivo di distinzione detto della prevalenza in forza del quale il contratto dovrebbe essere considerato vendita di cosa futura nel caso di una oggettiva prevalenza dell'elemento fornitura e trasferimento dei materiali da una parte del contratto all'altra, mentre dovrebbe essere qualificato come appalto nel caso di una oggettiva prevalenza dell'opera di lavorazione del materiale fornito. Si tratta di un criterio distintivo che è stato fatto proprio anche dal
legislatore in una disposizione tributaria, l'articolo 1 comma 1, della legge 19 luglio 1941, n. 771, secondo cui ai fini dell'imposta di registro devono essere considerati contratti di vendita e non di appalto quelli in cui prevalga il prezzo o il valore delle materie, merci e prodotti, rispetto al prezzo o al valore della prestazione d'opera. Un simile criterio aveva il pregio di non allontanarsi, anche nel caso delle fattispecie contrattuali più ambigue e incerte, dalla distinzione dogmatica classica che vede fondamentalmente nell'appalto un contratto dal quale nasce un'obbligazione di fare e nella vendita un contratto dal quale nasce un'obbligazione di dare. Nel caso in esame, l'obbligazione nascente dal contratto sarebbe da considerarsi come di dare nel caso di prevalenza nella prestazione dell'elemento traslativo della materia, mentre dovrebbe considerarsi come di fare nel caso in cui nella prestazione fosse prevalente l'elemento lavoro.
Però, la Cassazione 161, in merito, ha affermato che la distinzione tra vendita e appalto, nei casi in cui la prestazione di una parte consista sia in un dare, sia in un facere, non si esaurisce nel dato meramente oggettivo del raffronto fra il valore della materia e il valore della prestazione d’opera, essendo, all’uopo, necessario avere riguardo alla volontà dei contraenti, per cui si ha appalto quando la prestazione della materia costituisce un mezzo per la produzione dell’opera ed il lavoro è lo scopo essenziale del negozio, in modo che le modifiche da apportare alle cose, pur rientranti nella normale attività produttiva del soggetto che si obblighi a fornirle ad altri, consistono non già in accorgimenti marginali e secondari diretti ad adattarle alle specifiche esigenze del destinatario della prestazione, ma
161 Corte di Cassazione, sentenza 21-6-2000, n. 8445 (conf. Corte di Cassazione, sentenza 17- 12-99, n. 14209. Nella specie la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., aveva qualificato come appalto il contratto con il quale, oltre alla completa fornitura dell’arredamento necessario all’installazione di un bar pasticceria, si prevedeva anche e soprattutto un’attività di progettazione, di direzione nonché di esecuzione dei lavori da parte dell’obbligato, che si sarebbe potuto servire, a sua volta, anche di altre ditte, rimanendo, peraltro, sempre personalmente responsabile verso il committente
sono tali da dare luogo ad un opus perfectum, inteso come effettivo e voluto risultato della prestazione.
7) Il criterio della prevalenza in senso soggettivo
Per rispondere ad interrogativi come questo, la giurisprudenza, come già evidenziato, ha elaborato un altro criterio, definibile della prevalenza in senso soggettivo, in cui il punto di riferimento per operare una distinzione continua ad essere la prevalenza dell'uno o dell'altro elemento della prestazione contrattuale; tuttavia, tale prevalenza deve essere valutata non più oggettivamente in base ad una valutazione astratta, fondata esclusivamente sul contenuto del contratto e sulla concreta attività che deve essere svolta da una delle parti, ma deve essere determinata dall'interprete sulla base di quella che è stata l'effettiva comune intenzione delle parti. L'elemento distintivo per determinare la corretta qualificazione del contratto diventa dunque la reale volontà dei contraenti: se nella comune intenzione delle parti l'attività lavorativa di trasformazione della materia è stata considerata a servizio del trasferimento del bene e quindi come attività meramente strumentale, ci si troverà di fronte ad una vendita di cosa futura; se invece è stato il trasferimento della proprietà dei materiali ad essere considerato come elemento accessorio diretto a consentire lo svolgimento dell'attività di trasformazione, allora ci si troverà di fronte ad un contratto di appalto.
In realtà per la S.C.162 la circostanza che il venditore sia anche il costruttore del bene compravenduto, non vale ad attribuirgli la veste di appaltatore nei confronti dell’acquirente e a quest’ultimo la qualità di committente nei confronti del primo. L’acquirente non può pertanto esercitare l’azione per ottenere l’adempimento del contratto d’appalto e l’eliminazione dei difetti dell’opera a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c., spettando tale azione esclusivamente al committente del contratto d’appalto di natura contrattuale, diversamente da quella prevista dall’art.
162 Corte di Cassazione, sentenza 19-10-92, n. 11450