INDICE
INDICE
PREMESSA
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Pag. 6
INTRODUZIONE
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Pag. 8
Capitolo 1 – L’Accertamento con adesione: iter storico-giuridico dell’istituto
§ 1. Introduzione ………………………………………………… | Pag. | 16 |
§ 2. La Riforma Tributaria…………………….………………….. | » | 17 |
§ 3. L’accertamento con adesione: il D.L. N. 564/1994 ……………………………………………………………………. | » | 19 |
§ 4. La legge di accompagnamento alla finanziaria 1997: L. | ||
23 DICEMBRE 1996, N. 662 …………………………………... | » | 21 |
§ 5. La nuova disciplina dell’accertamento con adesione: il | ||
D.Lgs. n. 218/1997 …………………………………………… | » | 23 |
Capitolo 2 – Il campo di applicazione dell’accertamento con adesione: Imposte dirette ed I.V.A.
§ 1. Introduzione Pag. 25
§ 2. Ambito Soggettivo ……………………………………………. » 28
2.1. Le società personali e le associazioni professionali
...........................................................................................… | » | 31 |
§ 3. Ambito Oggettivo …………………………………………….. | » | 32 |
Capitolo 3 – Procedure di definizione dell’Accertamento con Adesione (Imposte Dirette – I.V.A.)
§ 1. La fase dell’iniziativa ………………………………………… | Pag. | 34 |
§ 2. Il contraddittorio ……………………………………………… | » | 41 |
§ 3. Il perfezionamento dell’adesione …………………………... | » | 43 |
§ 4. Adempimenti successivi al concordato …………………… | » | 42 |
§ 5. L’attività accertativa successiva alla definizione |
……………………………………………….…………………… | ||
» | 49 | |
Gli effetti della definizione ………………………………….. | » | 54 |
6.1. Effetti Tributari ………………………………………… | » | 54 |
6.2. Effetti Extratributari …………………………………... | » | 56 |
§ 6.
Capitolo 4 – L’Accertamento con Adesione per le altre Imposte Indirette
§ 1. Introduzione …………………………………………………… | Pag. 59 | |
§ 2. I presupposti e l’oggetto dell’adesione …………………… | » | 60 |
§ 3. Il procedimento di definizione ……………………………… | » | 63 |
Capitolo 5 – La natura giuridica dell’Accertamento con Adesione: istituto di natura pubblica o privata? Una querelle ancora in atto
§ 1. Introduzione …………………………………………………... Pag. 64
§ 2. Il concordato come contratto di diritto privato
…………………………………………………………………. » 67
§ 3. Il concordato come contratto di diritto pubblico
……………………………………………………………………. » 68
§ 4. Il concordato come modello convenzionale non contrattuale .................................................................................. » 69
Capitolo 6 – L’Accertamento con adesione: dalla teoria alla prassi
§ 1. Esame di un caso concreto ………………………………… Pag. 73
§ 2. Ambito di operatività dell’istituto nella realtà gestionale dell’Ufficio Locale dell’Agenzia delle Entrate » 78
BIBLIOGRAFIA …………………………………………….. Pag. 84
PREMESSA
L’accertamento con adesione, cd. a regime, è stato introdotto nel nostro ordinamento tributario con l’art. 2-bis e 2-ter del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, integrato dal D.L. 30 novembre 1994, n. 656, trasformato ed ampliato
dal D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.
Tale istituto consente al contribuente di definire le rettifiche effettuate dall’Ufficio, attraverso l’instaurazione di un contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate improntato ai principi di collaborazione e trasparenza1.
La gestione del potere è così aperta a tutte le componenti attive della società, passando da una fase definita di “sacralizzazione” degli atti amministrativi, ad una fase contrassegnata da nuovi diritti fondamentali del cittadino nei confronti dalla Pubblica Amministrazione, radicati ormai nella coscienza civile della collettività, quali il diritto di partecipazione all’attività amministrativa, il diritto all’efficienza della Pubblica Amministrazione, il diritto alla comprensibilità e semplicità degli atti e delle attività amministrative… ecc., fino a giungere ad una sorta di “coamministrazione” in cui sono privilegiate le esigenze comunitarie e partecipative nell’ottica di fondare, per quanto possibile, rapporti paritari fra Pubblica Amministrazione e cittadini da considerare non più come semplici amministrati (ossia soggetti passivi), in ossequio al principio della sovranità
1 Accanto ai tradizionali principi regolatori dell’azione amministrativa, la dottrina e la giurisprudenza, nel corso dell’ultimo decennio, ne hanno individuato uno nuovo, destinato a ridefinire in chiave democratica il rapporto tra amministratori ed amministrati, trasformando questi ultimi da spettatori a protagonisti dell’operato dei pubblici poteri: il cd principio di trasparenza. Si tratta di un principio concretizzantesi nell’attribuzione ai cittadini del potere di esercitare un controllo democratico sullo svolgimento dell’attività amministrativa e sulla conformità della stessa agli interessi sociali ed ai precetti costituzionali. Va inteso – alla luce dell’art. 7 della L. 241/90 – come immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’operato della P.A. onde garantirne e favorirne lo svolgimento imparziale.
popolare (ex art. 1, co. 2, Cost.), fonte primigenia ed originaria di tutte le funzioni pubbliche2.
Scopo precipuo di tale istituto, che si andrà ad illustrare nelle pagine seguenti, è quello di ottimizzare la specifica attività amministrativa che riveste forte valenza innovativa sia nei rapporti con il contribuente che come strumento deflativo del contenzioso nonché di celere acquisizione all’erario dei tributi dovuti.
L’accertamento con adesione tende, quindi, a raggiungere i seguenti obiettivi:
❖ dare maggiore efficienza ed efficacia all’azione accertatrice;
❖ instaurare un diverso e meno conflittuale rapporto con il contribuente;
❖ ridurre la creazione di inutile contenzioso;
❖ anticipare la riscossione dei tributi con conseguenti risultati positivi dell’azione di accertamento.
2 Sul punto si veda SELLERI, Pubblica Amministrazione e cittadino, alla ricerca della “parità”, Napoli, 1984.
INTRODUZIONE: BREVE CENNO ALL’ISTITUTO DELL’ACCERTAMENTO TRIBUTARIO
Con il termine “accertamento” o, più esattamente “procedimento di accertamento”, si fa riferimento al complesso delle attività poste in essere dalla Pubblica Amministrazione al fine di determinare l’an e il quantum dell’obbligazione tributaria. Pur trattandosi, ovviamente, di un procedimento amministrativo (come tale disciplinato in generale dalla L. n. 241/1990), bisogna sottolineare che l’accertamento tributario è comunque un’attività sui generis in quanto “frammentaria” ed a “fasi eventuali”3.
Oggetto principale dell’accertamento tributario è, res sic stantibus, il controllo amministrativo sull’attività dei privati. Tale controllo presenta caratteristiche peculiari, essendo destinato a vagliare il comportamento complessivo del soggetto-contribuente in relazione all’esatto adempimento di molteplici obblighi imposti dalla normativa tributaria e non alla valutazione della legittimità dei singoli atti. Alla funzione di controllo è inoltre connaturata una decisa discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria a fronte della quale sorgono, di conseguenza, delle esigenze di tutela del contribuente in relazione all’individuazione di limiti al potere istruttorio del Fisco e alla partecipazione dei cittadini al procedimento di accertamento.
In tale quadro, un primo elemento di grande innovatività è rappresentato dalla previsione dell’eventualità di una richiesta di chiarimenti al contribuente, che costituisce un primo tentativo di rompere la situazione di eccessiva rigidità venutasi a determinare nei rapporti Fisco – contribuente, nell’intento di anticipare e, se possibile, evitare tout court la fase contenziosa. Da alcuni anni, infatti, è in atto un trend legislativo diretto
3 Così, F. XXXXXXXX e X. XXXXXXXXX, “Evoluzione normativa nelle procedure di accertamento tributario”, in Rivista della Guardia di Finanza, n. 5/2002, p. 2171.
a modificare profondamente i rapporti fra Amministrazione finanziaria e cittadini, rendendoli, se non propriamente “amichevoli”, quanto meno più agevoli. In questo alveo si pongono le norme di semplificazione fiscale atte a razionalizzare le procedure e gli istituti dell’Amministrazione finanziaria. Gli studi di diritto tributario, nell'elaborazione degli schemi teorici relativi all'applicazione della norma tributaria, hanno attribuito, fin dal loro inizio, una posizione centrale al tema dell'accertamento.
Originariamente il fenomeno tributario veniva inteso, specialmente prima dell'introduzione degli obblighi formali, come acquisizione di somme di denaro, e pertanto fu naturale ricondurlo nel c.d. rapporto giuridico d'imposta, avente ad oggetto l'obbligazione tributaria. In questa prospettiva l'accertamento si collocava in uno schema prevalentemente privatistico (quello di un'obbligazione di fonte legale, sorta col verificarsi del presupposto di fatto), nel quale veniva introdotto un elemento pubblicistico, quale l'interesse pubblico alla “giusta determinazione dell'imposta”. L'accertamento era anche visto come atto di norma necessario col quale il contribuente e gli uffici dell'Amministrazione concorrevano nel determinare e liquidare l'obbligazione tributaria4. Per la “teoria dichiarativa”, dunque, la funzione dell'accertamento era di dichiarare, a seguito dell'espletamento di un'attività pubblicistica, il quantum del debito d'imposta.
Tuttavia nello schema teorico così elaborato ben presto furono evidenti le ampie interferenze delle regole di diritto pubblico, che portarono una parte della dottrina a privilegiare l'aspetto pubblicistico della funzione tributaria (dai più riconosciuta come vincolata, da altri come avente alcuni
4 La collaborazione tra Amministrazione finanziaria e contribuente è vista da A.D. XXXXXXXX come la forma “normale” di accertamento, rispetto alle ipotesi particolari di accertamento compiuto dal contribuente senza l'intervento dell'Amministrazione finanziaria e di quello compiuto dall'Amministrazione finanziaria senza cooperazione del debitore (cfr. A.D. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto tributario, IX ed., Xxxxxxx, 1968, p. 186).
profili di discrezionalità, ed è questo un momento di discussione presente in parte ancor oggi)5 rispetto alla pretesa nascita dell'obbligazione dal presupposto di fatto. Nella “teoria costitutiva” quest'ultimo determinava la nascita di un potere d'imposizione per il Fisco, cui corrispondeva una soggezione generica per il contribuente. Era invece l'atto di accertamento che, avendo natura giuridica di atto d'imposizione, “costituiva” l'obbligazione tributaria, e solo con la sua emanazione divenivano applicabili le regole civilistiche6. Tuttavia le dottrine costitutive, pur concordi nel negare al presupposto il momento genetico dell'obbligazione tributaria, erano poi diversificate sotto altri aspetti7.
Con le teorie costitutive si assiste ad una progressiva maggiore attenzione per gli aspetti pubblicistici, destinata però ad una nuova evoluzione. La constatazione della rigidità degli schemi teorici proposti da entrambe le dottrine e la crescente complessità dei meccanismi di acquisizione dei tributi rendono insufficiente il concetto onnicomprensivo di rapporto giuridico d'imposta.
Comincia ad essere utilizzato l'istituto del c.d. “procedimento d'imposizione”, con il quale l'attenzione per l'accertamento si sposta dalla nascita dell'obbligazione tributaria alla molteplicità dei moduli applicativi del tributo, ricondotti appunto alla varietà dei procedimenti, il cui studio viene affrontato distinguendo l'aspetto dinamico (procedimento e relative fasi ed atti) e l'aspetto statico (singoli atti e relativi effetti).
5 Sulle imprecisioni terminologiche di vincolatezza e discrezionalità v. X. XXXXXXX, Le basi del diritto amministrativo, Garzanti, 1995, p. 432, secondo il quale tale distinzione è da superare, perché l'attività della P.A. non è mai totalmente vincolata; il legislatore ne vincola taluni momenti, ed alla P.A. resta in ogni caso uno spazio di discrezionalità, più o meno ampio secondo le valutazioni del legislatore stesso.
6 Appare utile rilevare come anche le teorie “costitutiviste” mantengono una formulazione del fenomeno ancora in termini marcatamente privatistici, riferendovi le regole ed i principi propri del rapporto debito- credito; cfr. X. XXXXXXXX, “Accertamento tributario”, voce in Enciclopedia giuridica Treccani, Vol. I, Roma, 1988, p. 2.
7 Ad es. per X. XXXXXXX, il momento genetico era collegato all'avviso d'accertamento o alla dichiarazione (Diritto processuale tributario, V ed. UTET, 1969, p. 97), mentre per A. BERLIRI, soltanto agli atti della riscossione coattiva (Principi di diritto tributario, Vol. XXX, Xxxxxxx, 1964, p. 289).
L'adozione diffusa di questa nuova ottica, più rispettosa della multiforme realtà8 e dell'importanza della funzione pubblicistica, ha contribuito ad attenuare la polemica tra teoria dichiarativa e costitutiva. La stessa tesi dell'accertamento come procedimento ha avuto un ulteriore sviluppo con la precisazione della distinzione tra la fase dell'accertamento del fatto-presupposto e la fase di riscossione del tributo9. Da tale distinzione si precisa la funzione dell'accertamento, che viene indicata nella "individuazione delle dimensioni qualitative e quantitative del presupposto di fatto posto in essere dal contribuente: tale attività si snoda attraverso la collaborazione eventuale tra fisco e contribuente in atti propedeutici di cautela, nella dichiarazione, nel controllo di essa e in tutte le attività istruttorie e di verifica anche d'ufficio che conducono alla sostituzione della “verità” del fisco alla “verità” dichiarata dal contribuente sino alla definizione di una “verità” che valga per tutti e che precluda ogni contestazione relativa al presupposto"10.
Non tutta la dottrina, però, accoglie la teoria dell'accertamento come procedimento. Numerose sono le critiche mosse soprattutto in considerazione della variabilità e dell'eventualità delle fasi e degli atti (persino dell'atto finale, che può anche mancare) nella sequenza del
8 L'impiego dello schema procedimentale, secondo X. XXXXXX non dovrebbe, però, essere inteso come sostitutivo in via assoluta del modello dell'obbligazione tributaria. La nozione di procedimento, nonostante la sua elasticità, non è, infatti, in grado di ricomprendere i meccanismi attuativi di tutti i tributi (cfr. X. XXXXXX, “A proposito di una recente raccolta di saggi sul “procedimento amministrativo tributario”, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1971, I, p. 439).
9 Tale distinzione è particolarmente approfondita in A. XXXXXXXX (Acc. trib., op. cit., p. 6). L'autore, dopo aver evidenziato la distinzione sempre più netta tra le due fasi, attribuisce centralità nella fase dell'accertamento al controllo degli adempimenti degli obblighi formali e propedeutici al realizzarsi del presupposto impositivo (registrazioni di cassa, ricevute fiscali, scritture contabili), al controllo extracontabile ed al controllo delle dichiarazioni. Tale attività di controllo è finalizzata alla determinazione della capacità contributiva, e ciò comporta che tutti gli atti destinati all'acquisizione del gettito, che prima la dottrina attribuiva alla fase d'accertamento, liquidativa o determinativa dell'obbligazione tributaria, debbano invece essere intesi come appartenenti alla fase della riscossione. Rientrano pertanto, secondo tale teoria, nella fase della riscossione le fattispecie d'anticipazione del prelievo, come gli acconti d'imposta, le ritenute alla fonte, gli atti di liquidazione, tra i quali si annoverano quelli ex art. 36 bis D.P.R.
n. 600/1973 e quelli relativi alle imposte di registro e di successione.
10 Così in X. XXXXXXXX, Dir. trib., op. cit., p. 192.
procedimento e dei sub-procedimenti d'imposizione; per coloro che condividono tali critiche è perciò improprio l'utilizzo dell'istituto del procedimento che, nella nozione elaborata dai cultori del diritto amministrativo, è caratterizzato invece dalla necessità di percorrere l'intera sequenza al cui termine è sempre emanato un atto, il solo produttivo di effetti esterni11.
Va in ultimo rilevato come sia nella dottrina sia nelle stesse leggi d'imposta il termine di accertamento sia impiegato con una pluralità di significati. Nella sua accezione più ampia, consiste nell'insieme di atti ed operazioni rivolti alla constatazione storica del presupposto impositivo. In secondo luogo, ci si riferisce all'attività di ricognizione dei fatti che determinano l'applicazione di sanzioni amministrative. Nel suo significato più ristretto, il termine “accertamento” indica la fase indirizzata al controllo del comportamento del contribuente da parte dell'ufficio. Infine, lo stesso termine è utilizzato anche per indicare l'atto finale con cui tali attività si concludono12.
La teoria dell'accertamento come procedimento ha trovato accoglienza presso numerosa dottrina, soprattutto in ragione della sua funzionalità ai fini di collegare fra loro la pluralità di atti dell'amministrazione e del contribuente, ma anche in ragione della sua idoneità ad offrire adeguata tutela allo stesso contribuente, consentendo l'impugnazione dell'atto finale
11 Ad es. X. XXXXXXXX (“Accertamento tributario”, voce in Enciclopedia del diritto, I, Xxxxxxx, 1958, p. 249), esclude l'utilizzabilità del procedimento e propone l'impiego della fattispecie a formazione progressiva, dove tutti gli atti concorrono nel produrre l'effetto finale (e non il solo atto finale, come nel procedimento); X. XXXXXXX (Il rimborso dell'imposta, UTET, 1975, p. 151, nota 1), esclude l'impiegabilità in termini giuridici del procedimento (mentre può avere una valenza soltanto di tipo logico- descrittiva). Anche E. DE MITA (Crisi, op. cit., p. 352 s.), ne esclude l'impiego in senso tecnico. Più recentemente, X. XXXXX (Manuale di diritto tributario, Xxxxxxx, 1996, p. 117), pur apprezzando il tentativo di superare con tale tesi la contrapposizione tra le due teorie “tradizionali”, afferma l'impossibilità di prescindere dal riferimento al rapporto obbligatorio per sostituirlo con l'istituto del procedimento.
12 Tali le distinzioni rilevate da X. XXXXXXXX, Acc. trib., op. cit., p. 9.
anche per i vizi intermedi13. La stessa dottrina precisa inoltre come la nozione di procedimento vada intesa in senso atecnico, in considerazione delle numerose differenze rispetto ai caratteri individuati per tale nozione dalla dottrina e dalla giurisprudenza del diritto amministrativo. Si utilizza così l'espressione di “procedimento d'accertamento” per indicare una sequenza che ha inizio con diversi atti e fatti imposti dalla legge (tra i quali sicuramente il più importante è costituito dalla dichiarazione del contribuente), prosegue con il loro controllo e si conclude, nell'ipotesi più frequente, con l'emanazione di un atto di accertamento14. Tale atto ha, secondo dottrina pressoché unanime, natura di provvedimento amministrativo, con il conseguente carattere dell'autoritatività, ovverosia dell'idoneità ad incidere in via unilaterale sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti15.
L'atto (o avviso) di accertamento tributario può pertanto definirsi come l'atto emanato dall'Amministrazione finanziaria, in rettifica della dichiarazione del contribuente o d'ufficio (nel caso di mancanza di quest'ultima), col quale il Fisco fornisce la propria versione sulla capacità
13 Ciò attraverso lo strumento della c.d. illegittimità derivata, funzionale per contestare i vizi di atti non autonomamente impugnabili. Questo strumento riveste una particolare importanza nell'attuale (come nel precedente) sistema del contenzioso tributario, basato sulla tassatività degli atti impugnabili (art. 19 D.Lgs. 546/92). In dottrina v. X. XXXXXXXX, Dir. trib., op. cit., p. 274. Per l'immediata impugnabilità degli atti istruttori v. però S. LA ROSA, Caratteri e funzioni dell'accertamento tributario, Dir. e prat. trib., 1990, p. 791 ss.
14 I dati pubblicati dal Ministero delle Finanze dimostrano come la percentuale di accertamenti che si concludono con l'emissione di avvisi di maggiore imposta è particolarmente elevata sia nell'I.V.A. che nelle imposte dirette. Nell'anno 1996, quasi nove volte su dieci i controlli sulle imposte dirette hanno dato esiti positivi, per la precisione nell'88,9% dei casi, mentre in materia di I.V.A. è stata accertata una maggiore imposta dovuta nel 74% dei casi (i dati indicati sono stati pubblicati dal quotidiano “Il sole 24 ore” del 16 dicembre 1997, sezione norme e tributi).
15 Per l'autoritatività come carattere generale dei provvedimenti amministrativi v. M.S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, Xxxxxxx, 1993, p. 278, e X. XXXXXXX, Le basi, op. cit., p. 339; quest'ultimo ne individua il fondamento nell'esigenza di garantire la tempestiva attuazione dell'interesse pubblico tutelato dalla P.A., evitando il preventivo controllo giurisdizionale sulla pretesa dell'amministrazione e le difficoltà che potrebbero sorgere per quell'attuazione dall'esigenza della collaborazione del destinatario dell'atto.
contributiva effettivamente manifestata dal presupposto, e quindi sulla base imponibile e sul tributo dovuto, fissandolo in via autoritativa16.
In particolare, per le imposte dirette e per l’IVA, la legge disciplina i presupposti per l'emanazione dell'atto: il primo di essi è costituito dalla competenza territoriale dell'ufficio emanante17. Il secondo presupposto è costituito dalla pendenza dei termini18 entro i quali notificare l'atto secondo l’art. 60 del D.P.R. n. 600/197319 e gli artt. 137 ss C.p.c. Sul piano formale, il documento, sottoscritto dal capo dell'ufficio o da un altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, deve contenere «l'indicazione dell'imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d'imposta, e dev'essere motivato ... con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni»20. La mancanza di tali elementi determina nullità dell'avviso.
Nel procedimento di accertamento possono intervenire, tra contribuente ed ufficio, forme di accordo con cui rettificare, in contraddittorio, la dichiarazione o l'atto di accertamento già emanato. Questa possibilità, è tradotta nell'istituto dell'ACCERTAMENTO CON ADESIONE21, istituto oggetto del presente lavoro.
16 Cfr. X. XXXXXXXX, Acc. trib., op. cit., p. 21.
17 Tale ufficio è individuato per le imposte sui redditi e per l'I.V.A. sulla base del domicilio fiscale del contribuente (artt. 58 e 59 del D.P.R. n. 600/1973 ed art. 40 del D.P.R. n. 633/1972).
18 Art. 43, 1° e 2° comma D.P.R. n. 600/1973, ed art. 57, 1° e 2° comma D.P.R. n. 633/1972.
19 Dottrina e giurisprudenza considerano l'atto di accertamento come recettizio; produce pertanto i suoi effetti solo quando viene portato a legale conoscenza del destinatario.
20 Art. 42, 2°comma D.P.R. n. 600/1973; per l'I.V.A. si esprime in termini sostanzialmente analoghi l'art. 56, 3°comma D.P.R. n. 633/1972.
21 La funzione di questo istituto è, secondo X. XXXXXXXX (Concordato, op. cit., p. 526) quella di "rendere “certa” la situazione giuridica dell'imponibile, per sua natura incerta", attraverso "l'esplicito riconoscimento dell'esatta determinazione eseguita dall'ufficio finanziario" da parte del contribuente “accertato”. L'espressione legislativa, peraltro, non ha trovato un impiego diffuso; ad essa si è in breve
sostituita l'espressione “concordato”, utilizzata correntemente ancora oggi. Non si può tuttavia rilevare come la dottrina abbia proposto diversi inquadramenti (ad es. transazione, atto bilaterale di diritto pubblico), ma l'opinione prevalente, anche alla luce della terminologia di legge, lo qualifica come atto unilaterale di accertamento, al quale si aggiunge, rimanendone però distinta, l'adesione del contribuente (cfr. per tutti lo stesso X. XXXXXXXX, Concordato, op. cit., p. 529).
CAPITOLO I
ACCERTAMENTO CON ADESIONE: ITER STORICO- GIURIDICO DELL’ISTITUTO
SOMMARIO
§ 1. INTRODUZIONE.- § 2. LA RIFORMA TRIBUTARIA.- § 3. L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: IL D.L. N. 564/1994.- § 4. LA LEGGE DI ACCOMPAGNAMENTO ALLA FINANZIARIA 1997: L. 23 DICEMBRE 1996 N. 662.- § 5. LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: IL D.LGS. N. 218/1997.
§ 1. INTRODUZIONE
Il “concordato tributario” non costituisce una novità nel nostro ordinamento giuridico, essendo già disciplinato a metà degli anni '50, nell’ambito dell’art. 34 del T.U. delle Imposte Dirette22. L’indicata norma consentiva l’adesione del contribuente all’atto di accertamento dell’Amministrazione finanziaria, mediante la redazione di apposito atto, da sottoscrivere, a pena di nullità, con il rappresentante dell’Ufficio. Non era preclusa, nonostante l’asserita definitività della determinazione dell’imponibile, l’ulteriore azione accertatrice dell’Amministrazione Finanziaria in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Altro
22 Così L. MIELE e X. XXXXX, in “Il nuovo accertamento con adesione” – inserto del Corriere Tributario
n. 31/1997.
aspetto caratterizzante tale concordato era la possibilità di definire l’intero imponibile, con riferimento a tutte le categorie reddituali23.
§ 2. LA RIFORMA TRIBUTARIA
L’applicazione dell’istituto in esame si è prestato ad innumerevoli critiche, legate alla contrattazione che avveniva, nella pratica, tra contribuenti e rappresentanti dell’Amministrazione finanziaria24, ed è divenuto, pertanto, istituto secondario all’atto della riforma del 1973, che ha mutato radicalmente i principi generali in materia di determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo. Infatti, il legislatore ha introdotto l’obbligo generalizzato della contabilità e, conseguentemente, ha vincolato l’accertamento da parte degli Uffici ad un metodo analitico su base documentale, riaffermando il valore probatorio del bilancio e delle scritture contabili regolarmente tenute e stabilendo che il detto metodo analitico potesse essere tralasciato solo nei casi tassativamente previsti dalla legge (art. 39, co. 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 55,
D.P.R. n. 633/72). Gli esercenti attività d’impresa e arti e professioni potevano, quindi, essere assoggettati ad accertamento induttivo solo nel caso in cui fosse stato impossibile, per insussistenza o inattendibilità nel loro complesso delle scritture contabili, procedere ad accertamento analitico. Si è andata affermando, pertanto, la preminenza dell’accertamento analitico e della correttezza formale delle scritture
23 Tali aspetti, come si vedrà, caratterizzano anche il vigente “concordato tributario”.
24 La motivazione principale che ha portato il legislatore all'abrogazione di tale istituto può essere individuata nel suo impiego distorto che frequentemente si rilevava nella prassi: l'intesa sull'imponibile finiva per essere il prodotto non già di una leale collaborazione tra le parti, ma di un “mercanteggio” tra la posizione del contribuente, autore di una dichiarazione palesemente mendace, e la pretesa dell'ufficio, spesso consapevolmente fondata solo su labili indizi. Si veda X. XXXXXXXX, che definisce il concordato una forma di mercanteggiamento in cui entrambe le parti partivano da posizioni di cattiva coscienza (Lezioni sulla riforma tributaria, Padova, 1972, p. 64).
contabili. In tale contesto, non aveva più ragione di essere l’istituto del concordato, che, infatti, non trova spazio nel nostro ordinamento tributario a decorrere dall’entrata in vigore della riforma tributaria (1° gennaio 1974) e fino all’emanazione del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, di cui si parlerà più avanti.
Gli anni successivi alla riforma sono stati caratterizzati da un rapporto conflittuale tra Amministrazione Finanziaria e contribuente e dalla progressiva crescita dell’evasione fiscale, cui si è cercato di porre rimedio sia con una legislazione più severa, che con l’introduzione dell’obbligo – per i contribuenti – di sempre maggiori adempimenti formali.
Negli anni più recenti, la necessità di assicurare maggiore equità al nostro sistema tributario, spostando parte del carico fiscale dai lavori dipendenti a quelli autonomi, ha indotto il Parlamento a cercare di recuperare gettito nei confronti di queste ultime categorie, potenziando il meccanismo dell’accertamento presuntivo (coefficienti di congruità, coefficienti presuntivi di ricavi, minimum tax, parametri ed infine studi di settore). Ne consegue che gli Uffici finanziari sono legittimati ad avvalersi di metodi indiretti di controllo non più in via residuale, ma alternativamente a modalità di tipo analitico-documentale, al fine di provare l’irragionevolezza dei ricavi e/o compensi dichiarati, ancorché in presenza di contabilità formalmente ineccepibili. Risultano, quindi, superate possibili questioni pregiudiziali di diritto, che, sino ad oggi, hanno impedito il concreto utilizzo di metodi di accertamento induttivo, che si collocavano in un quadro normativo e interpretativo poco incoraggiante in materia di metodologie induttive di accertamento.
In un contesto simile, si è fatta nuovamente strada l’idea di un rapporto Fisco-contribuente meno conflittuale e l’esigenza di una riduzione dell’ingente contenzioso venutosi nel frattempo a creare. Il legislatore ha provveduto, pertanto, a reintrodurre l’accertamento con adesione, disciplinato dagli artt. 2-bis e 2-ter del D.L. n. 564/1994.
§ 3. L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: IL D.L. N. 564/1994
L’art. 2-bis del citato D.L. n. 564/1994, ora abrogato, così disponeva «Ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta sul valore aggiunto, la rettifica della dichiarazione può essere definita, con un unico atto, in contraddittorio e con adesione del contribuente…». Attraverso il contraddittorio, veniva, pertanto, anticipata la definitività del rapporto giuridico d’imposta, a seguito della rinuncia delle parti a fare valere le proprie ragioni dinanzi al giudice tributario. Si perseguiva, sostanzialmente, l’obiettivo di snellire e velocizzare l’azione accertatrice, riducendo il numero di accertamenti destinati ad essere discussi dagli organi del contenzioso, in quanto il contribuente era posto in grado di formulare le proprie osservazioni prima del perfezionamento dell’atto di accertamento. L’accertamento con adesione restituiva, inoltre, autonomia decisionale agli Uffici finanziari, che potevano riesaminare il loro stesso operato alla luce delle osservazioni formulate dal contribuente. infatti, come si legge nella relazione che accompagna il Regolamento di Attuazione dell’accertamento con adesione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA25 , venivano rimessi alla valutazione delle parti interessate, in contraddittorio, gli elementi del reddito d’impresa e di lavoro "autonomo
25 D.P.R. 30 aprile 1996, n. 316.
che si prestavano, obiettivamente, a un sindacato di natura tecnico- giuridica, in cui la collaborazione del contribuente poteva fornire elementi di giudizio atti a una più consona valutazione e qualificazione dell’elemento in discussione".
A differenza dell’accertamento con adesione di cui al D.P.R. n. 645/1958, la nuova disciplina prevista dal D.L. n. 564/1994 presentava un’area operativa molto limitata e contorni giuridici più rigidi. Era, infatti, disposta l’impossibilità di concordare se sussistevano taluni reati tributari e l’adesione non poteva riguardare tutte le categorie reddituali, ma solo quelle relative all’esercizio di un’attività d’impresa o professionale e con riferimento a specifici elementi che caratterizzano la determinazione di tale tipo di reddito, e, cioè, l’esistenza, la stima, l’inerenza e l’imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi di reddito.
Altra peculiarità dell’accertamento con adesione di cui all’articolo sopra citato era la consequenziale certezza del rapporto Fisco- contribuente, poiché l’avvenuta adesione produceva effetti definitivi anche da parte dell’Amministrazione, che non poteva integrare o modificare l’atto di adesione, ancorché sopravvenisse la conoscenza di nuovi elementi. In tal senso, si era privilegiata la semplificazione del rapporto sulla legalità dell’imposizione che avrebbe dovuto consentire la possibilità di reformatio in peius per sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Siffatte garanzie offerte dal legislatore al contribuente per indurlo all’adesione al concordato, nella prospettiva di evitare successivi controlli da parte degli organi accertatori, erano state, altresì, completate dalla previsione in base alla quale coloro che aderivano all’accertamento non erano tenuti, ai fini fiscali, alla conservazione delle scritture e dei
documenti contabili relativi all’esercizio oggetto dell’accertamento, con la sola esclusione dei registri IVA.
§ 4. LA LEGGE DI ACCOMPAGNAMENTO ALLA FINANZIARIA 1997: L. 23 DICEMBRE 1996, N. 662
L’art. 3, co. 120, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, contiene la delega al Governo per una revisione organica dell’istituto dell’accertamento con adesione del contribuente di cui agli artt. 2-bis e 2-ter, D.L. n. 564/1994, da attuarsi entro il mese di giugno 1997 a mezzo di uno o più decreti legislativi.
La citata delega, ha disposto in modo articolato, i principi che dovevano ispirare la revisione dell’accertamento con adesione, con l’obiettivo di superare alcuni problemi interpretativi ed operativi, che hanno precluso agli Uffici finanziari la concreta attuazione del “concordato a regime”, eliminando, altresì, alcune lacune della disciplina prevista dal D.L. n. 564/1994 e ampliando l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione dell’istituto in esame.
I principali criteri direttivi cui doveva attenersi la citata revisione possono essere così sintetizzati:
a) applicazione dell’accertamento con adesione nei riguardi di tutti i contribuenti e di tutte le categorie reddituali;
b) coordinamento della disciplina dell’accertamento con adesione con quella della conciliazione giudiziale26 di cui all’art. 48, D.Lgs. n.
26 La conciliazione giudiziale costituisce un ulteriore, e diverso, strumento con funzione pur sempre deflativa del contenzioso, appositamente predisposto per favorire una Definizione concordataria non ancora matura in fase precontenziosa, ma suscettibile di realizzazione in sede contenziosa anche attraverso la fattiva opera di collaborazione e di incentivazione da parte degli organi giudicanti (Circ. Ag. Entrate n. 98 del 23 marzo 1996). Si tratta di una procedura che consente di chiudere un contenzioso aperto con l’Amministrazione finanziaria a seguito di un ricorso; si perfeziona con un accordo tra il contribuente e la
546/1992, stabilendo l’identità delle materie oggetto di definizione e delle cause di esclusione;
c) facoltà per i contribuenti che hanno ricevuto processi verbali di constatazione, di richiedere spontaneamente la rettifica delle dichiarazioni e previsione della possibilità di procedere alla definizione anche delle rettifiche delle dichiarazioni, la cui copia sia stata acquisita nel corso dell’attività di controllo, stabilendo l’obbligo di conservazione della detta copia per i soggetti che devono tenere le scritture contabili;
d) previsione di un’unica procedura di definizione nei riguardi degli enti personali e dei partecipanti ad essi, da effettuare presso l’Ufficio territorialmente competente all’accertamento nei riguardi della società, associazione o del titolare dell’azienda coniugale;
e) non punibilità di taluni reati tributari;
f) possibilità per l’Amministrazione finanziaria di procedere ad attività di accertamento anche successivamente alla definizione;
g) previsione della possibilità di effettuare i versamenti conseguenti alla definizione in forma rateale, con prestazione di idonea garanzia.
In esecuzione del citato art. 3 co. 120. L. n. 662/1996, è statao emanato il X.Xxx. 19 giugno 1997, n. 218.
stessa amministrazione con il quale vengono fissati gli importi dei tributi e delle altre somme dovute per estinguere la lite. Elemento distintivo della procedura in esame è la esperibilità solo nelle controversie davanti alla Commissione Tributaria di I grado (Provinciale).
§ 5. LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: IL D.LGS. N. 218/1997
In osservanza dei principi e dei criteri indicati nella menzionata legge di delega, il decreto realizza, da un lato, l’ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto dell’accertamento con adesione, assumendo come parametro di riferimento la conciliazione giudiziale e, dall’altro, il superamento di alcuni di difficoltà di ordine interpretativo ed applicativo che ne avevano impedito un proficuo impiego da parte degli Uffici e dei contribuenti. Attraverso la nuova disciplina, l’Amministrazione finanziaria cerca, quindi, di assumere un ruolo centrale nella gestione dell’attività di accertamento e, soprattutto, nella definizione e chiusura della pretesa impositiva, sino a garantire l’immediata riscossione delle imposte.
Le disposizioni procedurali per accedere al concordato, prima contenute nei Regolamenti di Attuazione degli artt. 2-bis e 2-ter27, sono state semplificate ed inserite direttamente nel corpo del decreto delegato. Inoltre, al fine di rendere organica la nuova disciplina dell’accertamento con adesione, sono stati abrogati i suddetti articoli, conseguentemente devono ritenersi caducate le disposizioni regolamentari emanate in attuazione delle citate norme.
Rispetto alla disciplina previgente gli ambiti di applicazione dell’istituto risultano notevolmente ampliati.
Attualmente, il concordato, è stato ridisegnato come strumento di definizione delle controversie di carattere generale, riguardando tutti i contribuenti e tutte le tipologie reddituali.
Un ulteriore ampliamento della sfera soggettiva è dovuta alla possibilità di definire tutti i periodi d’imposta ancora accertabili (anche
27 D.P.R. 30 aprile 1996, n. 316, concernente le imposte sui redditi e l’imposta sul valore aggiunto e
D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460, concernente le altre imposte indirette.
quelli anteriori al 1995 esperibili, in virtù dell’art. 3 del D.L. n. 564/1994, solo con il cd. “concordato di massa”28) e alla eliminazione delle cause ostative, anche di carattere penale, previste dall’art. 2-bis del D.L. n.
564/1994 e dal D.P.R. n. 316/1995. Ai sensi di dette norme non era possibile utilizzare la procedura in esame nei casi di:
- omessa presentazione della dichiarazione (redditi – IVA);
- presentazione di dichiarazione nulla o non sottoscritta e successivamente non sanata;
- commissione di reati di particolare gravità, di cui al D.L. n. 429)198 convertito nella L. n. 516/1982, punibili come delitti.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo, non più limitato a specifici elementi dell’accertamento, può riguardare tutti gli aspetti dell’azione accertatrice, inclusa la determinazione sintetica del reddito (basata, cioè, su strumenti quali il redditometro, i coefficienti presuntivi…ecc.).
28 L’art. 3 del D.L. 654/94 estendeva l’accertamento con adesione al contenuto delle dichiarazioni presentate anteriormente al 30 settembre 1994. In tal caso l’adesione era rimessa alla valutazione del contribuente senza contraddittorio degli Uffici, essendo prevista la pura e semplice accettazione degli importi proposti. La definizione, infatti, era effettuata mediante accettazione degli importi proposti dagli Uffici sulla base di elaborazioni operate dall’anagrafe tributaria che tenevano conto della distribuzione dei contribuenti per fasce di ricavi e do compensi e della redditività, date dal rapporto tra redditi e ricavi, risultanti dalle dichiarazioni presentate. Queste elaborazioni consentivano di individuare la classe di ricavo e quella di redditività di ogni soggetto interessato: in particolare ciascun contribuente era collocato nella classe di redditività pari o immediatamente superiore rispetto a quella risultante dalla dichiarazione presentata. L’incremento di ricavo così individuato era personalizzato per tener conto della redditività dichiarata dal contribuente.
CAPITOLO II
IL CAMPO DI APPLICAZIONE DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: IMPOSTE DIRETTE ED I.V.A.
SOMMARIO
§ 1. INTRODUZIONE.- § 2. AMBITO SOGGETTIVO.- 2.1. LE SOCIETÀ PERSONALI E LE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI.- § 3. AMBITO OGGETTIVO.
§ 1. INTRODUZIONE
L’accertamento con adesione, denominato anche “concordato a regime”, può essere definito una forma di accertamento, in un unico atto, in contraddittorio con l’interessato che, in quanto definitivo, non alimenta il contenzioso. Si tratta, infatti, di una procedura effettuata in contraddittorio mediante la quale il contribuente può concordare con l’Ufficio una maggiore imposta accertata. Tale istituto si basa sulla fondata e ragionevole misurazione di un legittimo presupposto impositivo, da determinarsi nel quantum tenendo conto degli elementi di valutazione a tal fine addotti dal contribuente in sede di contraddittorio con l’Ufficio.
Ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 218/1997, possiamo distinguere il campo di applicazione in due sub-categorie:
a) IMPOSTE DIRETTE (IRPEF – IRPEG – IRAP) E IVA;
b) ALTRE IMPOSTE INDIRETTE (IMPOSTE SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI
– IMPOSTA DI REGISTRO – IMPOSTA IPOTECARIA – IMPOSTA CATASTALE –
IMPOSTA COMUNALE SULL’INCREMENTO DEL VALORE DEGLI IMMOBILI).
A) IMPOSTE DIRETTE – IVA
La disciplina normativa in esame accomuna l'attività di accertamento delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, il cui meccanismo di attuazione, ancorché si tratti di un'imposta indiretta29, è modellato su quello di un'imposta periodica30 e pertanto ben si presta ad uno studio affiancato a quello delle imposte sui redditi31.
La definizione delle imposte sui redditi ha effetto anche per l’IVA, di conseguenza tutti i contribuenti che sono interessati alla disciplina IVA possono accedere allo strumento in esame, anche se appare prevalente e rilevante l’adesione relativa alle imposte sui redditi. Difatti, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 218/1997: «la definizione delle imposte sui redditi ha effetto anche per l’imposta sul valore aggiunto, relativamente alle fattispecie per essa rilevanti».
Ciò significa che:
29 La distinzione tra imposte dirette ed indirette, benché abbia assunto rilevanza normativa, non è stata oggetto di alcuna specifica disposizione di legge. La dottrina, pertanto, utilizza un criterio di origine economica, ma in grado di evidenziare le differenze tra i due tipi di imposte anche sul piano prettamente giuridico: con le imposte dirette, che colpiscono immediatamente ed in misura esatta la capacità contributiva del soggetto passivo, «si provvede al prelievo generale su tutta la ricchezza posseduta, prodotta o accumulata»; con le imposte indirette, relative ad una manifestazione mediata della capacità contributiva, si colpiscono singolarmente «gli impieghi della ricchezza, e quindi la spesa, il consumo, i trasferimenti, l'importazione» (così A. XXXXXXXX, Diritto tributario, Utet, 1991, p. 49). Tale diversità di carattere produce effetti rilevanti sul piano della disciplina positiva, la quale prevede regole diverse sia per l'attuazione sia per la tutela giurisdizionale (le Commissioni tributarie hanno competenza per tutte le controversie in materia di tributi diretti, mentre per i tributi indiretti solo su alcuni, essendo esclusi, ad esempio, l'imposta di bollo, la tassa sulle concessioni governative, i tributi doganali).
30 Il prelievo dell'I.V.A. si attua, come noto, con riferimento non alla singola operazione imponibile, ma su masse di operazioni verificatesi in predeterminati periodi temporali.
31 Per la similarità delle problematiche in materia di accertamento dell'I.V.A. e delle imposte sui redditi si veda, in particolare, S. LA ROSA, Metodi di accertamento e riforma tributaria, Riv. dir. fin. sc. fin., 1978,
p. 221 ss. ed Accertamento tributario, Boll. trib., II, 1986, p. 1548.
➢ se la definizione di un maggior reddito di impresa o di arti e professioni scaturisce da componenti di reddito assoggettabili ad IVA, chiaramente gli effetti si riverberano automaticamente anche su tale imposta indiretta;
➢ in caso contrario, se la definizione concerne elementi rilevanti ai soli fini delle imposte sui redditi, il maggiore imponibile oggetto della definizione non esplica alcun effetto per l’IVA.
➢ L’oggetto della definizione può essere costituito da operazioni che rilevano esclusivamente agli effetti dell’IVA e non delle imposte sui redditi. In tal caso il concordato vale solo ai fini dell’IVA.
La determinazione dell’IVA dovuta segue due ipotesi:
1. se l’oggetto delle singole operazioni imponibili – dalle quali scaturisce un maggior reddito – è individuabile, si applicano le aliquote IVA specificamente previste dalla legge per le singole operazioni32;
2. in caso di non individuabilità della natura delle operazioni, l’IVA è liquidata su maggiori imponibili accertati applicando l’aliquota media del contribuente33.
L’aliquota media può essere determinata sulla base della seguente formula:
al NUMERATORE:
I.V.A. SU OPERAZIONI IMPONIBILI – I.V.A. SU CESSIONI DI BENI AMMORTIZZABILI – I.V.A. DETRAIBILE FORFETARIAMENTE A CAUSA DI REGIMI SPECIALI
32 Ai sensi dell’art. 16, co. 1 e 2, del D.P.R. n. 633/1972, è prevista: un’aliquota ordinaria (o normale) pari al 20%, applicabile alla generalità delle operazioni; due aliquote ridotte – 4% e 10% – applicabili a determinate tipologie di beni e servizi indicate, rispettivamente, nella tabella A parte II e parte III allegata al D.P.R. n. 633/1972.
33 Il calcolo consiste nel rapporto tra l’importo dell’IVA sulle operazioni imponibili (al netto dell’imposta calcolata per le cessioni di beni ammortizzabili e, nell’ipotesi di adozione di speciali regimi, di quella detraibile forfetariamente) e il volume d’affari aumentato delle operazioni non soggette ad IVA e di quelle non oggetto di dichiarazione
al DENOMINATORE:
VOLUME D’AFFARI + OPERAZIONI NON SOGGETTE A DICHIARAZIONE.
§ 2. AMBITO SOGGETTIVO
L’art. 1, co. 1 e 2, del D.Lgs. n. 218/1997, ha esteso la possibilità di definizione, in contraddittorio con l’Ufficio, a tutti i contribuenti, compresi i sostituti d’imposta e con riferimento a tutte le categorie reddituali possedute dai medesimi. Per effetto di questa modifica, si è proceduto a coordinare la disciplina dell’accertamento con adesione a quella della conciliazione giudiziale che consente di definire in sede contenziosa tutte le controversie tributarie a prescindere dall’oggetto delle medesime. L’attuale configurazione di tale ultimo istituto (art. 14 del D.Lgs. n. 218/1997) consente, infatti, che tutte le controversie tributarie possano formare oggetto di conciliazione giudiziale dinanzi alla Commissione Provinciale, indipendentemente dalle caratteristiche del soggetto di imposta.
Sono state, altresì, soppresse le disposizioni che prevedono cause ostative alla definizione: ne discende che, come per la conciliazione giudiziale, non esistono situazioni preclusive dalla possibilità di definizione. Per effetto delle disposizioni introdotte le due procedure sopra richiamate costituiscono, con riferimento all’ambito applicativo, possibilità di definizione negoziata della pretesa tributaria tra loro del tutto simili: la prima esperibile in sede amministrativa, la seconda in sede giudiziale.
Risulta, quindi, superata la previsione limitativa contenuta nel D.L. n. 564/1994, in base alla quale i soggetti interessati al concordato erano tutti i
contribuenti che dichiaravano reddito d’impresa, di lavoro autonomo o di partecipazione in qualità di soci di società di persone o di associati di associazioni professionali e con riferimento esclusivo a specifici elementi (esistenza, stima, inerenza e imputazione a periodo34) che caratterizzano la determinazione di tali tipologie reddituali. Ai fini della possibilità di definizione non rileva, pertanto, la natura del reddito dichiarato dal contribuente. Di conseguenza, volendo fare un elenco dei soggetti rientranti nell’ambito di applicazione dell’istituto esaminato avremo:
° le persone fisiche;
° le società di persone e gli altri soggetti ex art. 5 T.U.I.R. (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)
° le società di capitali e gli enti di cui all’art. 87 T.U.I.R.
° i sostituti d’imposta.
L’attuale configurazione dell’accertamento con adesione non prevede, ancora, alcuna causa ostativa alla definizione. Non costituiscono, pertanto, ipotesi preclusive dell’adesione le fattispecie che, invece, inibivano l’esperibilità della procedura analizzata in vigenza degli abrogati artt. 2-bis e 2-ter del D.L. n. 564/1994, ossia:
a) omessa presentazione della dichiarazione dei redditi o dell’IVA;
b) presentazione di dichiarazione nulla (presentazione tardiva oltre il mese, su stampati non conformi…);
c) dichiarazione non sottoscritta dal contribuente;
d) sussistenza, sulla base di elementi, dati e notizie a conoscenza dell’Ufficio dell’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria per i reati
34 L’art. 2-bis del D.L. 564/1994 stabiliva al co. 3: «La definizione ha per oggetto l’esistenza, la stima, l’inerenza e l’imputazione a periodo dei componenti positivi e negativi di reddito di impresa o di lavoro autonomo…».
di cui agli artt. 1 co. 1, 2 co. 3, 3 e 4, del D.L. 10 luglio 1982, n. 429 (cd. “manette agli evasori”);
e) esistenza di un’azione giudiziaria avviata per i reati di cui alla precedente lett. d) ovvero avvenuta presentazione di un rapporto informativo della Guardia di Finanza.
La scelta del legislatore di escludere qualsiasi fattispecie ostativa alla possibilità di definizione costituisce indubbiamente un incentivo al “concordato”, soprattutto in relazione al superamento della criticata preclusione, operante in caso di sospetto illecito penale. Al riguardo, infatti, da più parti si erano avanzate perplessità circa la parificazione adottata dal legislatore in merito all’esclusione della proposta di concordato, sia in caso di obbligo di denunzia astrattamente gravante sull’Ufficio (lett. d)), sia in caso di avvenuto esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero e di segnalazione alla Procura della Repubblica della notizia di reato da parte della Guardia di Finanza (lett. e)).
Si era equiparato, cioè, tanto il contribuente concretamente sottoposto alle indagini preliminari, quanto chi ne era solo teoricamente passibile per essere stati raccolti a suo carico gli elementi giustificanti l’inoltro della denuncia penale. In secondo luogo, parte della dottrina35 notava che l’esclusione della possibilità di definizione soltanto per talune fattispecie criminose di cui al D.L. n. 429/1982 avrebbe legittimato questioni di incostituzionalità, avendo il legislatore accomunato previsioni di gravi reati di frode documentale (quali sono quelli di cui agli artt. 2 co. 3, 3 co 1, e 4 del D.L. n. 429/1982) a previsioni di reati meno sostanziali (quali l’inclusione dell’art. 3, co. 2, del citato D.L. 429/82). Inoltre, veniva
35 In tal senso X. XXXXXX, “Sulle connessioni penali del concordato di massa”, in Il Fisco, n. 3/1996, p. 623.
evidenziato come il legislatore avesse dimenticato che nel diritto penale tributario le disposizioni incriminatrici non sono contenute soltanto nel richiamato D.L. n. 429/1982, bensì anche in altre norme che prevedono fattispecie connotate da particolare gravità e collegate a condotte sostanziali di esercizio dell’attività d’impresa sicuramente poco regolari36.
2.1. LE SOCIETÀ PERSONALI E LE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI
Tra i soggetti legittimati ad esperire la procedura oggetto di analisi troviamo le società e associazioni di cui all’art. 5 del T.U.I.R. (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), anche se nessuno dei soci o associati aderisce, posto che la possibilità di “concordare” deve essere portata a conoscenza di tutti. Al contrario, il singolo socio o associato può definire la propria posizione, a prescindere dalla scelta della società (o associazione). In tali ipotesi, nei confronti dei soggetti che sono intervenuti al contraddittorio e non hanno aderito ovvero di quelli convocati, ma che non sono intervenuti, resta impregiudicata la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di notificare il relativo avviso di accertamento, che terrà, comunque, conto della definizione intervenuta nei confronti di uno dei soggetti potenzialmente interessati all’adesione. In tal caso, però, l’Ufficio provvederà all’irrogazione delle sanzioni in misura ordinaria, in quanto non trovano applicazione le riduzioni previste in caso di definizione (1/4 del minimo previsto dalla legge, art. 2, co. 5, D.Lgs. n. 218/1997) e quelle applicabili nel caso di omessa impugnazione (art. 15 del medesimo decreto sopra citato).
36 Pensiamo, ad esempio, alla falsa attestazione di vivenza a carico (realizzata in concorso tra il dichiarante e il suo familiare), o ancora alle false dichiarazioni di partecipazione all’impresa familiare (art. 3, co. 14 L. 17 febbraio 1985, n. 17).
Il legislatore ha, pertanto, scelto di non rendere inscindibile l’adesione della società o associazione e quella di tutti i partecipanti, al contrario di quanto disponeva l’abrogato regolamento di attuazione dell’art. 2-bis del citato D.L. n. 564/1994, che prescriveva la necessità dell’adesione da parte di tutti i soci o associati, qualora il rappresentante dei soggetti indicati nell’art. 5 T.U.I.R. volesse addivenire alla definizione dei redditi prodotti dall’ente collettivo. Tale scelta ha il merito di superare le incongruenze proprie di un sistema in cui anche la volontà di un socio minoritario poteva rendere vana la decisione dell’amministratore o del rappresentante legale di concordare la posizione della società o associazione.
§ 3. AMBITO OGGETTIVO
Come già precisato, il D.Lgs. n. 218/1997 non limita più l’ambito applicativo dell’accertamento con adesione ai soli redditi d’impresa e di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni, ma lo estende a tutte le categorie di reddito.
L’ambito oggettivo dell’accertamento con adesione non è limitato a specifici elementi dell’accertamento, ma può riguardare qualsiasi aspetto dell’accertamento medesimo, compresa la determinazione sintetica del reddito complessivo netto. In tale contesto assume rilevanza prioritaria l’applicazione di metodologie induttive di accertamento. Tali fattispecie, infatti, possono trovare il loro sbocco fisiologico nel procedimento di adesione in contraddittorio con il contribuente (Cir. Ag. Delle Entrate n. 235/1997). A titolo semplificativo rientrano in tale ambito:
° le rettifiche induttive (art. 39, co. 1 lett. d, del D.P.R. 600/73 e art. 54, co. 2, D.P.R. 633/72);
° gli accertamenti induttivi (art. 39, co. 2, D.P.R. 600/73 e art. 55 D.P.R.
633/72);
° le rettifiche delle dichiarazioni presentate da persone fisiche basate su presunzioni semplici (art. 38, co. 3, D.P.R. 600/73);
° gli accertamenti sintetici (art. 38, co. 4, D.P.R. 600/73);
° gli accertamenti d’ufficio (art. 41 D.P.R. 600/73 nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi);
° gli accertamenti basati su coefficienti presuntivi di ricavi, compensi e volumi d’affari;
° gli accertamenti fondati sui parametri e sugli studi di settore;
° gli accertamenti verso sostituti d’imposta relativamente ad un ammontare complessivo induttivamente determinato di compensi, interessi ed altre somme assoggettabili a ritenute;
° gli atti di accertamento basati su valutazioni estimative da parte dell’Ufficio, ovvero dell’U.T.E. o di altri organi tecnici qualora dalla documentazione fornita dal contribuente scaturiscano elementi che rendano possibile un diverso giudizio da parte dell’Ufficio;
° gli accertamenti basati su una diversa qualificazione del reddito, ovvero di componenti di esso (es. inquadramento di talune spese sostenute dall’impresa tra quelle di pubblicità o di rappresentanza.
In sede di contraddittorio gli Uffici, quindi, dovranno operare, nei casi concreti, un’attenta valutazione del rapporto costi-benefici dell’operazione, tenendo conto della fondatezza degli elementi posti a base dell’accertamento, nonché degli oneri e del rischio di soccombenza di un eventuale contenzioso.
CAPITOLO III
PROCEDURA DI DEFINIZIONE DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE (IMPOSTE DIRETTE – I.V.A)
SOMMARIO
§ 1. LA FASE DELL’INIZIATIVA.- § 2. IL CONTRADDITTORIO.- § 3. IL PERFEZIONAMENTO DELL’ADESIONE.- § 4. ADEMPIMENTI SUCCESSIVI AL CONCORDATO.- § 5. L’ATTIVITA’ ACCERTATIVA SUCCESSIVA ALLA DEFINIZIONE.- § 6. GLI EFFETTI DELLA DEFINIZIONE.- 6.1. EFFETTI TRIBUTARI.-
6.2. EFFETTI EXTRATRIBUTARI.
§ 1. LA FASE DELL’INIZIATIVA
La procedura di definizione dell’accertamento con adesione si snoda attraverso una serie di fasi che coinvolgono parimenti l’Amministrazione finanziaria ed il contribuente.
La procedura di adesione può essere avviata:
a) su INIZIATIVA DELL’UFFICIO LOCALE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE (art. 5, D.Lgs. n. 218/1997);
b) su INIZIATIVA DEL CONTRIBUENTE, (art. 6, D.Lgs. n. 218/1997).
A) INIZIATIVA DELL’UFFICIO
L’art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997 detta le regole le regole per l’avvio del procedimento di definizione da parte degli Uffici finanziari.
L’Amministrazione competente è l’Ufficio delle Entrate nella cui circoscrizione il contribuente ha il domicilio fiscale (art. 4, co. 1, D.Lgs. 281/97).
Una particolarità inerente la competenza degli Uffici si rinviene nelle disposizioni che regolano la definizione delle società personali e delle associazioni professionali. In tale ipotesi è stabilito, infatti, che l’Ufficio competente all’accertamento con adesione della società o associazione effettua anche la definizione del reddito attribuibile ai soci o agli associati, con un unico atto ed in contraddittorio con ciascun soggetto.
La ratio di questa disposizione è quella di semplificare le procedure precedentemente previste dall’abrogato art. 2-bis (D.L. n. 564/94), per effetto del quale il socio o associato doveva definire la propria posizione con l’Ufficio competente in base al proprio domicilio fiscale, spesso diverso da quello della società o associazione partecipata.
L’Ufficio competente invia al contribuente, prima dell’emissione di un avviso di accertamento, un invito a comparire (con lettera raccomandata con avviso di ricevimento oppure tramite notifica ex art. 60 del D.P.R. n. 600/1973) con valenza meramente informativa, nel quale sono indicati:
- i periodi di imposta suscettibili di accertamenti;
- il giorno ed il luogo di comparizione;
- gli elementi in possesso dell’Ufficio rilevanti ai fini dell’accertamento37.
37 Pur non essendo espressamente previsto dalla norma, per garantire la necessaria trasparenza dell’azione amministrativa e per consentire al contribuente una immediata cognizione delle questioni che saranno
Nel caso in cui il contribuente sia soggetto all’applicazione dei coefficienti presuntivi, la richiesta di chiarimenti in ordine alle motivazioni che hanno determinato lo scostamento degli importi dichiarati da quelli presunti (art. 12, D.L. 2 febbraio 1989, n. 154), ha anche la valenza di “invito a comparire”.
Al contribuente che non si presenti al contraddittorio non viene comminata alcuna sanzione, tuttavia nella probabile e successiva notifica di avviso di accertamento il contribuente non potrà più avvalersi del concordato.
L’Ufficio può essere indotto ad attivare la procedura per svariati motivi.
In primo luogo per la consapevolezza di dover operare non per adempimenti ma per obiettivi. Uno degli obiettivi qualitativi dell’attività di accertamento è costituito dalla definizione di almeno il 30 per cento degli accertamenti; un altro obiettivo, anche più rilevante, è la riscossione delle imposte accertate.
In secondo luogo perché al termine della normale attività istruttoria possono permanere perplessità facilmente risolvibili attraverso il colloquio con il contribuente. In tal caso il contraddittorio, quand’anche non si concludesse con l’adesione, verrebbe a completare l’attività istruttoria, a tutto vantaggio della sostenibilità della pretesa erariale.
In particolare il contribuente potrebbe essere sistematicamente invitato al contraddittorio:
1. quando non vi sia piena certezza riguardo ad un processo verbale della Guardia di Xxxxxxx o di un altro elemento di accertamento alla cui formazione l’Ufficio non abbia preso parte. A prescindere dalla conclusione dell’accordo, dal contraddittorio potrebbero emergere elementi di valutazione dei rilievi ivi formulati, utili al fine di
oggetto del contraddittorio, nell’invito saranno esplicitati, anche sinteticamente, gli elementi ai fini dell’accertamento in possesso dall’Ufficio.
predisporre un accertamento più fondato e più sostenibile in sede contenziosa.
2. Quando si disponga di elementi indiziari, anche se il loro utilizzo dia luogo a presunzioni di legge, come avviene nel caso di accertamenti basati sugli studi di settore e sui parametri.
3. Quando è prevedibile un pregiudizievole atteggiamento dilatorio del contribuente, è cioè la presentazione di un’istanza di accertamento con adesione successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento al solo fine di procrastinare di 90 giorni il termine per proporre ricorso.
B) INIZIATIVA DEL CONTRIBUENTE
Il comma 2 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 218/1997 prevede, invece, la possibilità per il contribuente di attivarsi motu proprio al verificarsi di due distinte circostanze:
1. quando nei suoi confronti sono stati effettuati accessi, ispezioni o
verifiche ai sensi degli artt. 33 del D.P.R. n. 600/1973 e 52 del D.P.R.
n. 633/1972 (conclusesi con processo verbale di constatazione) ma in assenza di atti di imposizione già notificati;
2. dopo la notifica di un atto di accertamento non preceduto da invito a comparire e sia ancora pendente il termine di impugnazione davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.
In entrambe le ipotesi il contribuente può formulare all’Ufficio un’istanza in carta semplice presentandola, direttamente o tramite posta, all’Ufficio competente, finalizzata all’emissione della proposta di accertamento ai fini dell’eventuale definizione (art. 6, co. 1, D.Lgs. 218/97).
Con riferimento alla I ipotesi, la facoltà concessa al contribuente di attivarsi, una volta terminate le operazioni di controllo degli organi verificatori, dovrebbe consentire di ridurre i tempi della eventuale definizione, soprattutto nei casi in cui il contribuente riconosca la correttezza dei rilievi mossi.
In relazione alla II ipotesi, concernente la notifica di un avviso di accertamento non preceduto da invito a comparire, l’impugnazione dello stesso determina la rinuncia all’istanza con la preclusione definitiva per il contribuente della possibilità di adesione.
La procedura, quindi, assume una diversa qualificazione secondo il momento in cui si sviluppa:
1. utilizzata prima della notifica dell’avviso di accertamento costituisce un vero e proprio procedimento accertativo che, dopo l’espletamento della fase istruttoria, prevede un contraddittorio tra il contribuente e l’Ufficio;
2. utilizzata dopo la notifica costituisce un efficace strumento deflativo del contenzioso: in tal caso riesce molto difficile negare la natura transattiva dell’istituto in esame. Il punto è che qui il contraddittorio è posticipato ed interviene quando il procedimento di accertamento del tributo si è già concluso con l’emanazione di un atto autoritativo ed unilaterale (avviso di accertamento), espressione del potere di imposizione. L’intervento del contribuente, non solo ad istruttoria ormai chiusa ma addirittura dopo che è già stato notificato l’avviso di accertamento, non sembra, quindi, rispondere ad una ratio in senso lato “collaborativa” o “partecipativa” del privato, nel solco di un procedimento teso a raggiungere una più corretta e ponderata determinazione della
fattispecie imponibile, ma pare piuttosto riconducibile ad una logica di tipo “premiale”, in cui l’interesse pubblicistico alla stabilità dell’atto (conseguente alla sua non impugnabilità) e alla pronta riscossione di quanto dovuto in seguito alla definizione concordata trovano contropartita, per il privato, nell’abbattimento delle sanzioni amministrative e in uno sconto nell’imposta.
La formulazione dell’istanza da parte del contribuente, a seguito di notifica di atto di accertamento ed in pendenza dei termini per l’impugnazione, determina la sospensione dei termini di impugnazione. È previsto, infatti, che il termine per ricorrere avverso il citato atto è sospeso « per un periodo di 90 giorni decorrenti dalla data di presentazione dell’istanza » (art. 6, co. 3, D.Lgs. 218/97), anche se la stessa ha esito negativo prima della loro scadenza. Pertanto, il termine per impugnare l’atto di accertamento diventa di 150 giorni dalla notifica dello stesso, fermo restando il maggior termine dovuto alla sospensione feriale (1° agosto/15 settembre). Ne deriva che il contribuente avrà maggior tempo a disposizione per instaurare il contenzioso, nel caso in cui non pervenisse alla definizione con l’Ufficio38.
È opinione comune, infatti, che la sospensione operi in modo automatico e predeterminato per tutto il periodo (novanta giorni) previsto dalla legge, indipendentemente dall’esito e dalle vicende del contraddittorio.
Tale indirizzo non viene condiviso dalla giurisprudenza predominante atteso che i termini per proporre ricorso risultano sospesi per quanto è stato avviato ad iniziativa del contribuente un dato procedimento (l’accertamento con adesione). Dunque, una volta conclusosi
38 È, altresì, vero che il più ampio termine previsto potrebbe essere utilizzato dai contribuenti con fini meramente dilatori e, pertanto, a tutto svantaggio dell’Amministrazione finanziaria.
negativamente detto procedimento con la firma di un verbale con il quale le parti danno atto che non è stato raggiunto un accordo, il termine per l’impugnazione ricomincia a decorrere, giacché, appunto, la sospensione del termine deve intendersi come finalizzata allo svolgersi del procedimento amministrativo di accertamento con adesione, mentre una volta chiusosi detto procedimento non vi è motivo alcuno per cui il termine resti ulteriormente sospeso.
Per lo stesso periodo è, inoltre, sospeso il termine per il pagamento dell’imposta o della maggiore imposta accertata dall’Ufficio I.V.A., previsto dall’art. 60, co. 1, D.P.R. n. 633/197239, e l’iscrizione a ruolo a titolo provvisorio, in materia di imposte sui redditi, delle imposte relative agli imponibili accertati dagli Uffici e ancora non definitivi, di cui all’art. 15, co. 1, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 60240.
Gli Uffici finanziari hanno il compito di valutare le istanze formulate dai contribuenti in entrambe le ipotesi. Tuttavia, solo nel secondo caso – istanza formulata a seguito di notifica di un atto di accertamento – è previsto un puntuale adempimento da parte degli Uffici: «entro 15 giorni dalla ricezione dell’istanza di cui al comma 2, l’Ufficio, anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a comparire» (art. 6. Co. 4, D.Lgs. 218/97).
Il disposto di tale norma solleva un dubbio: l’Ufficio deve procedere all’invito al contribuente entro 15 giorni solo ove ritenga sussistenti i presupposti per avviare il contraddittorio o, al contrario, è, comunque, obbligato a convocare il contribuente? Dalla lettera della norma
39 L’art. 60, 1° comma, del D.P.R. n. 633/1972, dispone: «L’imposta o la maggiore imposta accertata dall’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto deve essere pagata dal contribuente entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento o di rettifica».
40 L’art. 15, 1° comma, del D.P.R. n. 602/73, stabilisce: «Le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati».
sembrerebbe rilevarsi un obbligo di dare corso alla richiesta dei contribuenti e, in ogni caso, in virtù di una maggiore trasparenza del rapporto tra Amministrazione finanziaria e contribuente, è, quanto meno, auspicabile una comunicazione a quest’ultimo, anche in senso negativo. D’altra parte, il contribuente, nel formulare l’istanza di adesione, non ha l’obbligo di indicare gli elementi in base ai quali ritiene di poter instaurare il contraddittorio con l’Ufficio. Tali elementi potranno, invece, essere forniti nel momento successivo alla convocazione e, pertanto, l’Ufficio, nella maggioranza dei casi, potrebbe non essere nelle condizioni di valutare la sussistenza dei presupposti per il contraddittorio.
§ 2. IL CONTRADDITTORIO
La seconda fase della procedura di adesione si realizza con l’incontro delle parti presso la sede dell’Ufficio al fine di discutere i contenuti dell’accordo.
La rettifica della base imponibile avviene in base a contraddittorio tra l’Ufficio (organo accertante) ed il contribuente sottoposto a controllo che interviene direttamente o a mezzo di rappresentante munito di procura generale o speciale41 come previsto dall’art. 63 del D.P.R. n. 600/1973 (Circ. Min. n. 235/E, 8 agosto 1997).
Ciascun incontro si svolge in contraddittorio tra il contribuente (o un suo delegato) ed il Direttore dell’Ufficio (o un suo delegato); per ogni incontro l’Ufficio redige un verbale sintetico con il quale si evidenzia tutta la documentazione fornita dal contribuente e tutte le giustificazioni da questi addotte a sua discolpa. Il contenuto di questi verbali costituirà la
41 La procura deve essere conferita per iscritto e la firma deve essere autenticata; l’autentica non è necessaria se la procura è fatta al coniuge o a parenti entro il quarto grado o, in caso di società ed enti, ai propri dipendenti.
base dell’atto di definizione che dovrà contenere un’ampia motivazione che giustifichi l’accettazione o il rigetto di suddette ragioni.
La fase del contraddittorio deve essere contenuta entro limiti di tempo ragionevoli, in relazione sia alla speditezza del procedimento che all’effettiva complessità della trattazione, non consentendo comunque reiterati rinvii di carattere meramente dilatorio.
Il contraddittorio si conclude con uno dei seguenti provvedimenti (Circ. Min. 20 ottobre 1999, n. 203):
▪ ARCHIVIAZIONE per non luogo a procedere, se il contribuente riesce a dimostrare l’erroneità delle pretese dell’Ufficio.
▪ ATTO DI ACCERTAMENTO, se il contribuente non accetta di aderire o se, pur accettando formalmente, non perfeziona poi l’adesione secondo le disposizioni successivamente illustrate.
▪ ATTO DI ADESIONE, qualora il contribuente intenda definire la propria posizione. In tale caso le parti (Amministrazione e contribuente) raggiungono l’accordo sui valori dell’accertamento con adesione, per cui si procede alla redazione e sottoscrizione, a cura delle parti (contribuente o suo procuratore generale o speciale e il Direttore dell’Ufficio o un suo delegato), di apposito atto in duplice copia contenente:
– l’indicazione, separatamente per ciascun tributo, degli elementi e la motivazione su cui si fonda la definizione; in sostanza, viene evidenziato quanto dichiarato dal contribuente, quanto proposto in rettifica dall’ufficio e quanto definito in contraddittorio.
– La liquidazione delle maggiori imposte, interessi e sanzioni dovute in dipendenza della definizione.
– La liquidazione delle altre somme eventualmente dovute.
In particolare, con riferimento alla motivazione dell’atto, non si devono usare formule generiche di rito con esclusivo riferimento a criteri di economicità dell’azione amministrativa, di deflazione del contenzioso o di celere riscossione dei tributi se non collegate alla specificità delle posizioni fiscali esaminate e da una valutazione di merito del contesto.
Il corretto esercizio del potere discrezionale deve, infatti, estrinsecarsi in una valutazione complessa, correlata dall’indice di affidabilità dell’accertamento.
§ 3. IL PERFEZIONAMENTO DELL’ADESIONE
Ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218/1997, il perfezionamento della definizione si realizza solo con il pagamento, da parte del contribuente, delle somme liquidate con l’atto di adesione entro 20 giorni dalla redazione dello stesso.
Per il perfezionamento della procedura, infatti, non è sufficiente la sottoscrizione dell’atto di adesione ma è necessario effettuare il versamento delle somme dovute.
Il versamento della somma concordata può essere effettuato in un'unica soluzione ovvero in forma rateale secondo le seguenti modalità:
- se l’importo dovuto è inferiore a £. 100 milioni (euro 51.645,69) → il versamento può essere rateizzato in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo;
- se le somme dovute sono superiori a £. 100 milioni (euro 51.645,69)
→ il versamento può essere effettuato in un massimo di dodici rate trimestrali di pari importo.
Se il pagamento avviene in forma rateale il contribuente deve prestare idonea garanzia per l’importo rateizzato, maggiorato degli interessi legali dovuti fino al termine della rateazione, e deve garantire il credito erariale per il periodo di rateazione aumentato di un anno.
La garanzia deve essere prestata in conformità a quanto disposto dall’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 in materia I.V.A., ossia mediante titoli di Stato o garantiti dallo Stato o titoli a sicura copertura ovvero mediante fideiussione rilasciata da una banca o da un’impresa commerciale che, a giudizio dell’Agenzia delle Entrate, offa adeguate garanzie di solvibilità, o, ancora, attraverso polizza fideiussoria rilasciata da un’impresa di assicurazione.
In tale ipotesi di versamento rateale, il concordato si perfeziona, e quindi ha effetto, con il pagamento della prima rata, la quale va versata nel termine ordinario di 20 giorni dalla redazione dell’atto di accertamento con adesione. Sulle rate successive sono dovuti interessi al tasso legale, calcolati a decorrere dalla data di pagamento della prima rata.
Il mancato pagamento anche di una sola rata autorizza l’Amministrazione finanziaria a escutere la garanzia per l’intero debito residuo, previo ricalcolo degli interessi dovuti.
Tutti i contribuenti devono utilizzare il modello di delega unica di pagamento F24, sia per le imposte e gli interessi che per le relative sanzioni. Il versamento può essere effettuato indifferentemente presso gli sportelli di qualsiasi concessionario, di qualsiasi banca delegata o di qualsiasi ufficio postale abilitato sul territorio nazionale.
Entro i 10 giorni successivi all’avvenuto pagamento dell’intero importo dovuto ovvero della prima rata, il contribuente deve fare pervenire all’Ufficio competente la quietanza e, nei casi di rateazione, la documentazione relativa alla garanzia, così da ottenere il rilascio della copia dell’atto di adesione.
Chiaramente, al momento del perfezionamento, perde efficacia l’eventuale avviso di accertamento emanato in precedenza.
Una volta raggiunta l’adesione l’accertamento relativo all’anno concordato non è più impugnabile davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, da parte del contribuente, e, da parte dell’Ufficio, non è più modificabile o integrabile, salvo il verificarsi delle ipotesi previste dall’art. 1, co. 4, del D.Lgs. 218/97, di seguito esaminate.
In ordine agli adempimenti previsti dall’art. 8 del D.Lgs. n. 218/1997 ed ai suoi immediati effetti sul perfezionamento della definizione, oggetto del successivo art. 9, è necessario esaminare le diverse tipologie di irregolarità che possono verificarsi in tale fase, al fine di verificarne le conseguenze sull’atto sottoscritto.
La “guida” operativa sul punto è offerta dalla Circolare del 28 giugno 2001, n. 65 che fornisce istruzioni agli Uffici istruzioni relative a specifiche problematiche gestionali dell’accertamento con adesione, tra cui il perfezionamento dell'adesione.
La norma in esame riporta una casistica di irregolarità attinenti a tale fase della procedura concordataria:
▪ OMESSO VERSAMENTO degli importi dovuti a titolo di perfezionamento dell’adesione (unico versamento o prima rata nei casi di pagamento rateale), ovvero MANCATA PRESTAZIONE DELLA GARANZIA;
▪ CARENTE VERSAMENTO degli importi dovuti;
▪ TARDIVO VERSAMENTO degli importi dovuti, ovvero TARDIVA PRESTAZIONE DELLA GARANZIA nei casi di pagamento rateale.
A fronte delle fattispecie sopra delineate, è ravvisabile il mancato perfezionamento dell’adesione , con la conseguente inefficacia dell’atto sottoscritto e la mancanza di titolo per l’iscrizione a ruolo delle somme risultanti dall’atto stesso.
Tuttavia l’Amministrazione finanziaria opera un corretto distinguo tra comportamenti totalmente omissivi, ovvero gravemente carenti e anomalie di minore entità, quali lievi carenze e/o tardività: nella prima e più grave delle ipotesi, soprattutto se il contribuente non ha offerto alcuna valida giustificazione, l’Ufficio prenderà atto dell’inefficacia dell’atto di adesione sottoscritto e, poiché questo non costituisce titolo per l’iscrizione a ruolo delle somme risultanti dall’atto stesso, non può che “rivivere” l’avviso di accertamento notificato, con i relativi originari imponibili. Diversamente, nei casi di lieve carenza e/o tardività dei versamenti eseguiti, di intempestività nella presentazione della garanzia, nonché in presenza di valide giustificazioni anche per i casi più gravi, l’Ufficio può valutare il permanere o meno del concreto e attuale interesse pubblico al perfezionamento dell’adesione.
Ai sensi della medesima Circolare, non è tuttavia ravvisabile l’"interesse pubblico" al perfezionamento dell’atto di adesione nelle seguenti ipotesi:
– quando l’accertamento già notificato, oggetto del procedimento di adesione a seguito di istanza del contribuente, sia ormai divenuto definitivo per scadenza dei termini di impugnativa;
– quando sia sopravvenuta la conoscenza di nuovi elementi, in forza dei quali è possibile accertare maggiori imponibili ovvero maggiori imposte rispetto a quelli determinati nell’atto di adesione sottoscritto.
Invece, l’"interesse dell’Ufficio" a conferire validità all’atto di adesione può verificarsi nei seguenti casi:
– quando per l’accertamento notificato e non impugnato dal contribuente, al momento della constata irregolarità, residuano i termini per ricorrere, al fine di evitare un prevedibile procedimento di contenzioso;
– in presenza di procedimento di adesione su iniziativa dell’Ufficio o del contribuente , ai sensi dell’art. 5 ovvero dell’art. 6, co. 1, del D.Lgs. 218/1997, al fine di evitare un aggravio del generale procedimento di accertamento, considerato che in questi casi l’Ufficio dovrebbe notificare un avviso di accertamento coerente con le determinazioni assunte in sede di sottoscrizione dell’atto di adesione, con l’unica conseguenza, aggravante, della relativa riscossione posticipata.
In tali casi, gli Uffici, riscontrato l’interesse pubblico al perfezionamento dell’adesione e verificati i termini di decadenza dell’azione accertatrice, provvederanno con immediatezza a invitare il contribuente a rimuovere gli ostacoli al corretto perfezionamento, assegnando un breve termine, comunque non superiore a 20 giorni.
Qualora il contribuente non ottemperi all’invito dell’Ufficio nel termine assegnato, dovrà essere definitivamente assunto il mancato perfezionamento dell’adesione, con la successiva conseguenza di ridare efficacia all’originario accertamento notificato ovvero di procedere alla notifica dell’avviso di accertamento.
Da tali norme di carattere “gestionale”, traspare con chiara evidenza come l’interesse dell’Amministrazione finanziaria sia orientato alla definizione in via amministrativa di tali contesti, senza ricercare la via contenziosa, obiettivo fondamentale della procedura in esame.
§ 4. ADEMPIMENTI SUCCESSIVI AL CONCORDATO
In ordine agli obblighi contabili dei contribuenti, si osserva che nella nuova disciplina42 dell’istituto in commento non è stata riproposta la disposizione di cui all’abrogato art. 2-bis, co. 8, del D.L. n. 564/1994 che eliminava, a seguito della definizione, l’obbligo di conservazione delle scritture e dei documenti contabili relativi all’esercizio oggetto dell’accertamento, con la sola esclusione dei registri I.V.A.
La permanenza del suddetto obbligo, anche a seguito della definizione, trova fondamento nella considerazione che i documenti e le scritture contabili rilevano anche ai fini di talune attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate, quale, ad esempio, lo scambio di informazioni tra Paesi diversi previsto nelle convenzioni internazionali contro la doppia imposizione. I medesimi documenti e scritture possono, inoltre, essere utilizzati per riscontri contabili in occasione di accertamenti nei confronti di terzi (cd. “controlli incrociati”). La loro conservazione rende altresì concretamente applicabile l’eventuale, ulteriore azione accertatrice prevista dall’art. 2, co. 4, lett. a), e si pone anche a tutela dell’interesse del contribuente a contestare la fondatezza e la legittimità del nuovo atto di imposizione.
42 L’art. 16 del D.Lgs. n. 218/1997 prevede infatti: «…La conservazione della copia delle dichiarazioni è obbligatoria per i soggetti che devono tenere le scritture contabili, nonché per i soci o associati di società o associazioni di cui all’art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, o per il coniuge dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria».
§ 5. L’ATTIVITA' ACCERTATIVA SUCCESSIVA ALLA DEFINIZIONE
Il perfezionamento dell’atto di adesione comporta, in via generale, la definizione dei rapporti di imposta che hanno formato oggetto del procedimento, di conseguenza, l’accertamento in esame non è integrabile né modificabile da parte dell’Ufficio finanziario.
Non si tratta, però, di un divieto assoluto, poiché l’adesione lascia impregiudicata la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di effettuare un’ulteriore azione accertatrice, sempreché si verifichino le condizioni prescritte dal comma 4 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 218/1997.
La legislazione del 1958 (art. 35 del X.X.X. 00 xxxxxxx 0000, xx 000 (xxxxx unico delle imposte dirette) in materia di concordato includeva la possibilità di procedere all'integrazione ed alla modificazione dell'accertamento, ancorché fosse intervenuta l'adesione del contribuente (art. 35, primo comma). È interessante evidenziare anche che lo stesso potere di integrazione nasce storicamente legato al concordato43, proprio al fine di evitare risultati di compromesso nella determinazione dell'imponibile o, peggio, dell'imposta, e preclusioni a qualsiasi ulteriore intervento dell'ufficio, sulla base di una formulazione stereotipa dell'atto.
La normativa che ha determinato la reintroduzione di tale istituto, invece, ne ha espressamente escluso ogni successiva integrazione o modifica (art.
2 bis, xxxxxx xxxxx, D.L. 564/94), rinforzandone in tal modo la definitività, a vantaggio del contribuente, anche per favorire una reale capacità deflativa del contenzioso44.
43 Appare utile, inoltre, ricordare che nel sistema precedente la riforma l'accertamento concordato era inteso come la forma “normale” di accertamento (cfr. A.D. XXXXXXXX, Istituzioni, op. cit., p. 186).
44 Pur riconoscendo la validità di detti obiettivi di politica legislativa, la dottrina ha concordemente criticato questa limitazione; cfr. ad es. X. XXXXXXXXXXXXX, Gli effetti processuali della reiterazione dell'accertamento, Riv. dir. trib., 1995, I, p. 177 nota 00, x X. XX XXXX, X'xxx.xx xxx., op. cit., p. 136
Da ultimo, la nuova normativa ha introdotto disposizioni finalizzate a non pregiudicare la possibilità per gli Uffici finanziari di effettuare ulteriori accertamenti successivi all’avvenuta definizione, contemperando l’interesse del contribuente a “chiudere la partita” con il Fisco per un determinato periodo di imposta, con l’interesse pubblico a recuperare a tassazione forme macroscopiche di evasione non percepibili al momento dell’adesione, ovvero a proseguire l’azione accertatrice, quando l’atto posto a base delle definizione abbia per sua natura effetti solo parziali.
La complessità del presupposto d'imposta nelle imposte sui redditi e nell'I.V.A. fa sì che spesso l'avviso di accertamento riguardi solo alcuni elementi di esso. Può pertanto accadere, come nella realtà accade, che gli uffici rilevino, dopo un primo accertamento e per lo stesso presupposto d'imposta, ulteriori elementi, diversi da quelli presi in considerazione nell'attività precedente, oppure che quegli stessi elementi siano sottoposti ad un nuovo esame. Questi ulteriori rilievi non potrebbero che dare origine ad un ulteriore avviso di accertamento, concernente lo stesso presupposto d'imposta. Da un punto di vista teorico, dunque, non ci sarebbero ostacoli ad un nuovo "esame della pratica"45. Esistono però numerose ragioni per evitare che il contribuente sia sottoposto ad uno “stillicidio” di successivi accertamenti. In primo luogo, da un punto di vista sostanziale, sembra doversi riconoscere in capo al contribuente un diritto alla certezza del suo rapporto con il Fisco. Probabilmente considerazioni di questo tipo hanno indotto il legislatore a disciplinare le ipotesi ed i limiti della reiterazione di atti accertativi concernenti lo stesso presupposto d'imposta.
nota 54, dove solleva dubbi di legittimità costituzionale su tale scelta. Quest'ultimo autore, inoltre, sottolineando il carattere chiaramente eccezionale di un'espressa esclusione dell'integrabilità del concordato, ne ricava una conferma indiretta all'esistenza del principio generale della “istituzionale” pluralità di atti accertativi per uno stesso periodo d'imposta.
45 L'espressione è utilizzata da X. XXXX in Diritto tributario. Parte generale, Xxxxxxx, 1996, p. 184.
Il X.Xxx. n. 218/1997, in particolare, conferma nell'art. 2, terzo comma, il principio della non integrabilità del concordato, ma il quarto comma dello stesso articolo prevede quattro ipotesi nelle quali quel principio non opera, ed è pertanto consentito l'intervento integrativo dell'ufficio.
È stabilito, infatti, che l’intervenuta definizione non pregiudica l’esercizio di una successiva azione accertatrice quando:
1. sulla base della SOPRAVVENUTA CONOSCENZA DI NUOVI ELEMENTI è possibile accertare un maggio reddito superiore al 50 per cento di quello definito e comunque non inferiore a £. 150 milioni (euro 77.468,53) [art. 2, co. 4, lett. a].
In questa ipotesi i presupposti che devono congiuntamente sussistere per l’esercizio dell’ulteriore azione di accertamento sono:
➢ la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi;
➢ la possibilità che i nuovi elementi comportino l’accertamento di un maggior reddito superiore al 50 per cento di quello definito e, comunque, non inferiore a £. 150 milioni (euro 77.468.53)46.
Se però il concordato è sorto a seguito di accertamenti parametrici o basati sugli studi di settore non si applicano i limiti suddetti, quindi, per l’ulteriore azione accertatrice è sufficiente la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (art. 70, commi 2 e 3, L. 342/2000).
Assume primaria importanza, quindi, stabilire “quando” la conoscenza di un elemento da parte dell’Amministrazione finanziaria possa ritenersi “sopravvenuta”. Ai fini di tale analisi, può essere di ausilio quanto disposto dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973. Al riguardo, si ritiene che, ai fini della concreta applicazione dell’ipotesi in esame,
46 La percentuale del 50% va commisurata considerando anche il reddito dichiarato spontaneamente (non solo il maggior reddito definito).
occorra che gli Uffici vengano a conoscenza di nuovi elementi in un momento successivo al perfezionamento della definizione, vale a dire dal giorno in cui è stato effettuato il versamento delle somme dovute o sia stata versata la prima rata e prestata la relativa garanzia per quelle successive. Pertanto, nonostante gli elementi in possesso dell’Ufficio superino i limiti quantitativi sopra menzionati, l’ulteriore accertamento non potrà realizzarsi allorquando i fatti per i quali l’Amministrazione intende procedere siano astrattamente a conoscenza degli Uffici prima dell’intervenuta definizione. Deve trattarsi, quindi, di fatti o elementi fino a quel momento del tutto ignorati dall’Ufficio, per cui non era possibile rilevarli né dal contenuto della dichiarazione né dagli atti in possesso dell’Ufficio alla data medesima.
2. La definizione ha riguardato un ACCERTAMENTO PARZIALE (art. 2, co. 4, lett. b), di conseguenza sono accertabili i redditi diversi da quelli presi in considerazione, anche sulla base di elementi conosciuti o conoscibili al momento dell’adesione.
Rientrano in questa ipotesi le seguenti tipologie di accertamento:
– accertamenti di cui all’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/197347;
– accertamenti di cui all’art. 54, co. 5, del D.P.R. n. 633/197248;
47 L’art. 41-bis del D.P.R. n. 600/1973, dispone: «Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 43, gli uffici delle imposte, qualora dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle imposte dirette, dalla Guardia di Finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, compresi i redditi da partecipazione in società, associazioni ed imprese di cui all’art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, o l’esistenza di deduzioni, esenzioni ed agevolazioni in tutto o in parte non spettanti, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito o il maggior reddito imponibili..».
48 L’art. 54, co. 5, del D.P.R. n. 633/1972, stabilisce: «Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art. 57, l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal Centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di Finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe
– accertamenti fondati sui parametri di cui alla L. 28 dicembre 1995
n. 549. Tali accertamenti, infatti, quando non riguardano l’intera posizione reddituale del contribuente, non pregiudicano l’esercizio di un’ulteriore attività accertatrice con riferimento ai redditi diversi da quelli di impresa e di lavoro autonomo e professionale (art. 3, co. 181, L. n. 549/95). Pertanto, solo per questi ultimi gli accertamenti integrativi soggiacciono alle condizioni di cui all’art. 2., co. 4, lett. a.
3. La definizione ha riguardato esclusivamente i redditi derivanti dalla partecipazione in società di persone o associazioni professionali di cui all’art. 5 del T.U.I.R., ovvero in aziende coniugali non gestite in forma societaria (art. 2, co. 4, lett. c).
In tale ipotesi l’ulteriore azione accertatrice potrà riguardare i redditi diversi da quelli derivanti dalla partecipazione oggetto della definizione, senza le condizioni poste dalla lett. a del comma 4 in esame.
4. Successivamente alla definizione della posizione personale del socio, associato o coniuge sia stato accertato un maggior reddito nei confronti della società di persone, dell’associazione professionale o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria (art. 2, co. 4, lett. d).
Secondo tale disposizione qualora uno dei soci o associati o l’altro coniuge abbia definito i propri redditi con adesione all’accertamento
tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante ».
per un periodo d’imposta, senza che oggetto della definizione sia stata anche il reddito di partecipazione, l’Ufficio può procedere all’ulteriore azione accertatrice limitatamente al reddito di partecipazione, se viene esercitata l’azione di accertamento nei confronti dell’ente collettivo, associazione o del titolare dell’azienda coniugale.
In tal caso per l’esperibilità dell’ulteriore azione accertatrice nei confronti del contribuente che ha precedentemente definito i propri redditi, non operano i presupposti ed i limiti previsti alla let.. a del comma 4 dell’art. 2 analizzato.
§ 6. GLI EFFETTI DELLA DEFINIZIONE
L’accertamento definito con adesione produce due tipi di effetti:
a) EFFETTI TRIBUTARI
b) EFFETTI EXTRATRIBUTARI.
6.1. EFFETTI TRIBUTARI
Secondo quanto dispone l’art. 2, co. 3, del D.Lgs. n. 218/1997, l’accertamento con adesione produce degli effetti che possiamo classificare in:
▪ EFFETTI PRINCIPALI → l’accertamento definito con l’adesione:
a) definisce la posizione delle parti:
– esclude per l’Amministrazione la possibilità di modificare o integrare ulteriormente il reddito accertato e concordato, principio che, come precedentemente esaminato, trova tuttavia mitigazione
nel disposto del co. 4 del medesimo articolo di legge che prevede la possibilità di un’ulteriore azione accertatrice;
– esclude per il contribuente la possibilità di impugnarlo.
b) A norma dell’art. 6, co. 4, qualora l’adesione sia conseguente alla notifica di un avviso di accertamento, questo perde efficacia nel momento del perfezionamento dell’adesione.
▪ EFFETTI “COLLATERALI”:
sulle sanzioni amministrative → Comporta la riduzione delle sanzioni ad ¼ del minimo previsto dalla legge – “minimo edittale” – (art. 2, co. 5, D.Lgs. 218/97).
La riduzione si riferisce alle sanzioni relative alle violazioni concernenti:
- il tributo oggetto dell’adesione;
- il contenuto della dichiarazione
Dal tenore letterale della disposizione citata, si evince che la prevista riduzione si applica, in sostanza, a tutte le sanzioni derivanti da omissione, incompletezza e infedeltà della dichiarazione e dalla inosservanza di adempimenti relativi al periodo di imposta cui si riferiscono le dichiarazioni definite.
Non si applica la riduzione alle infrazioni riguardanti:
– la liquidazione delle imposte dirette e dell’IVA a seguito di controllo formale delle dichiarazioni presentate (art. 36-bis del D.P.R. 600/73 e art. 60, co. 6, del D.P.R. 633/72). In tal caso la definizione non produce effetti sugli esiti dell’attività di controllo formale delle dichiarazioni originariamente presentate (art. 2, co. 3, D.Lgs. 218/97), non essendoci una diretta connessione tra la violazione e
l’accertamento del tributo per cui le sanzioni vengono applicate nella misura ordinaria.
– L’omessa, incompleta o inesatta risposta alle richieste fatte dall’Ufficio.
Inoltre, poiché la legge stabilisce che sono ridotte ad ¼ le sanzioni relative al contenuto delle dichiarazioni, si ritiene che in caso di omessa presentazione non operi la suddetta riduzione.
Detta riduzione agisce sull’ammontare delle sanzioni irrogate nello stesso atto di accertamento oggetto dell’adesione (Circ. Min. n. 235/E dell’8 agosto 1997).
6.2. EFFETTI EXTRATRIBUTARI
a) Riduzione delle eventuali sanzioni penali
Nell’ambito degli effetti della definizione, riveste particolare rilevanza la nuova previsione in base alla quale la definizione che consegue al perfezionamento del procedimento di accertamento con adesione, costituisce, sotto il profilo degli effetti “premiali” di diritto penale, causa di esclusione della punibilità per i reati previsti dal D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla L. 7 agosto 1982, n. 516 e successive modificazioni, con esclusione dei reati previsti dall’art. 2, co. 3, e dell’art. 4 del medesimo decreto legge. Pertanto, dalla definizione concordataria, fermo restando la punibilità dei reati connotati da intento fraudolento, discende la non punibilità, anche con effetto retroattivo, per taluni reati tributari, di natura essenzialmente contravvenzionale. Tale disposizione, che costituisce un forte incentivo all’adesione, è molto più
favorevole al contribuente rispetto a quella previgente, che si limitava a sancire la «non rilevanza agli effetti penali».
L’effetto “premiale” viene conseguito per tutti i periodi di imposta o annualità per i quali è intervenuta la definizione, limitatamente ai fatti che sono stati oggetto dell’accertamento con adesione, anche con applicazione retroattiva, in deroga all’art. 20 della L. 7 gennaio 1929, n.449.
Relativamente alle ipotesi di reati non punibili, l’Ufficio darà notizia dell’intervenuta adesione all’Autorità giudiziaria.
Rimangono invece punibili, anche a seguito dell’accertamento con adesione, i reati più gravi considerati dalla legge tributaria ed in particolare:
➢ il mancato versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta, di ritenute per l’ammontare stabilito dalla legge;
➢ l’occultamento o la distruzione delle scritture e documenti contabili, nonché tutte le ipotesi di falso e di frode fiscale previste dall’art. 4 del D.L. n. 429/1982.
b) L’art. 2, co. 3, del D.Lgs. 218/97, dispone altresì che l’accertamento con adesione non rileva ai fini dell’ICIAP e ai fini extratributari, fatta eccezione per i contributi previdenziali ed assistenziali, in quanto commisurati alla medesima base imponibile delle imposte sui redditi.
I contributi previdenziali ed assistenziali (es. contributo per il S.S.N., contributi INPS dovuti da artigiani e commercianti) parametrati al
49 L’art. 20 della L. n. 4/1929, ora abrogato, disponeva: «Le disposizioni penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, ancorché le disposizioni medesime siano abrogate o modificate al tempo della loro applicazione».
reddito, sono dovuti sul maggior imponibile definito ma senza pagamento di sanzioni ed interessi.
CAPITOLO IV
L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE PER LE ALTRE IMPOSTE INDIRETTE
SOMMARIO
§ 1. INTRODUZIONE.- § 2. I PRESUPPOSTI E L’OGGETTO DELL’ADESIONE.- § 3 IL PROCEDIMENTO DI DEFINIZIONE.
§ 1. INTRODUZIONE
La possibilità di avvalersi dell’accertamento con adesione anche ai fini delle ALTRE IMPOSTE INDIRETTE, diverse dall’I.V.A, era stata introdotta nell’ordinamento tributario dall’art. 2-ter, D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, successivamente regolamentato dal D.P.R. 31 luglio 1996, n. 460 ora abrogato dal D.Lgs. n. 218/1997.
L’art. 1 del D.Lgs. 218/1997, prevedendo al comma 2 la nuova disciplina dell’accertamento con adesione per le altre imposte indirette, introduce la prima importante innovazione rispetto alla richiamata previgente disciplina, poiché prevede la possibilità di concordare anche con
l’adesione di uno solo dei soggetti obbligati. Questa novità scaturisce, in particolare, dall’evidente peculiarità e particolarità dei tributi in esame, in relazione ai quali è possibile e frequente la presenza di più obbligati allo stesso titolo50, per cui risulta ormai superato quanto disposto dall’art. 3, co. 3, del citato D.P.R. n. 460/1996, laddove prevedeva la necessaria partecipazione all’atto di adesione di tutte le parti contraenti, nonché di tutti i soggetti obbligati.
Le imposte concordabili sono:
❖ IMPOSTA DI REGISTRO;
❖ IMPOSTE DI DONAZIONE E SUCCESSIONE;
❖ IMPOSTE IPOTECARIE E CATASTALI;
❖ IMPOSTA COMUNALE SULL’INCREMENTO DI VALORE DEGLI IMMOBILI (INVIM).
§ 2. I PRESUPPOSTI E L’OGGETTO DELL’ADESIONE
In armonia con il sistema disegnato per le imposte sui redditi e per l’imposta sul valore aggiunto, l’art. 3, D.Lgs. 218/97, disciplina i presupposti e gli effetti dell’adesione nelle altre imposte indirette.
In particolare il comma 1 del citato art. 3 precisa che, poiché da un unico atto può derivare l’obbligo al pagamento di più tributi, la definizione ha effetto per tutti i tributi dovuti dal contribuente relativamente al complesso dei beni e dei diritti indicati in ciascun atto, denuncia o dichiarazione che ha formato oggetto di imposizione. Quindi, in virtù del medesimo fine di eliminazione o sensibile riduzione del potenziale contenzioso, è esclusa l’adesione parziale.
50 Frequente è, ad esempio, la presenza di eredi coobbligati nell’imposta di successione.
Di converso, il comma 2 dello stesso articolo precisa che, se un atto contiene più disposizioni autonome fra loro, che non derivano, necessariamente, a causa della loro intrinseca natura, le une dalle altre (ad esempio, un atto contenente più contratti di compravendita), ciascuna di esse, se soggetta ad autonoma imposizione, potrà formare oggetto di definizione con adesione come se fosse un atto distinto.
Rientrano nell’oggetto dell’adesione:
– LA VALUTAZIONE DEGLI IMMOBILI (FABBRICATI E TERRENI);
– LA VALUTAZIONE DELLE AZIENDE;
– LA VALUTAZIONE DELLE AREE EDIFICABILI;
Sono compresi anche i diritti reali su tali beni.
Per la determinazione dei valori in contraddittorio con il contribuente, sono stabiliti alcuni principi, che variano in funzione del bene oggetto di valutazione, applicati dagli Uffici.
A) Per le AREE EDIFICABILI, l’Ufficio competente determina il valore secondo il valore venale in commercio, tenendo conto:
– dell’EDIFICABILITÀ del terreno così come risulta dalle certificazioni rilasciate dal Comune;
– dei VALORI GIÀ DEFINITI NEL TRIENNIO PRECEDENTE per terreni
similari51;
– dell’ESISTENZA DI CONCESSIONE AD EDIFICARE, dal cui contenuto è possibile determinare il valore effettivo dell’area;
– delle CONVENZIONI intercorse con il Comune, dalle quali l’edificabilità risulti subordinata all’adempimento di particolari obblighi.
51 Il valore definito è quello “resosi inoppugnabile, ma non quello divenuto tale a seguito dell’applicazione di norme particolari quali quelle relative alle definizioni agevolate per condono”.
B) Per gli ALTRI IMMOBILI, il cui valore è stabilito su base catastale, il concordato si applica se è stato dichiarato un valore inferiore a quello catastale (non avvalendosi della cd. definizione automatica), per cui l’Ufficio ha mantenuto il potere di rettificarlo. L’ufficio, in questo caso, determina il valore, in contraddittorio con il contribuente, tenendo conto:
– dei VALORI DEFINITI NEL TRIENNIO PRECEDENTE per immobili
similari;
– della VETUSTÀ, del DEGRADO e dello STATO DI MANUTENZIONE del fabbricato;
– della UBICAZIONE dell’immobile;
– dell’eventuale STATO LOCATIVO o di affittanza;
– dell’EFFETTIVA DESTINAZIONE del terreno.
C) Per le AZIENDE, il bene oggetto di valutazione è rappresentato dall’avviamento. L’Amministrazione finanziaria si è riservata di formulare specifici criteri per la determinazione dello stesso:
– elementi desunti dagli STUDI DI SETTORE;
– in mancanza degli studi i settore, la PERCENTUALE DI REDDITIVITÀ applicata alla media dei ricavi accertati (o dichiarati) ai fini delle imposte sui redditi negli ultimi tre anni di imposta, antecedenti a quello in cui è intervenuto il trasferimento. Il risultato derivante da tale calcolo va poi moltiplicato per 3.
Il moltiplicatore è ridotto a 2 nel caso in cui emergano elementi validamente documentati e, comunque, nel caso in cui ricorra almeno una delle seguenti situazioni:
a) l’attività sia stata iniziata entro i 3 periodi di imposta precedenti a quello in cui è intervenuto il trasferimento;
b) l’attività non sia stata esercitata, nell’ultimo periodo precedente a quello in cui è intervenuto il trasferimento, per almeno la metà del normale periodo di svolgimento dell’attività stessa;
c) la durata residua del contratto di locazione dei locali, nei quali è svolta l’attività, sia inferiore a 12 mesi.
§ 3. IL PROCEDIMENTO DI DEFINIZIONE
La Relazione governativa di accompagnamento al D.Lgs. n. 218/1997 chiarisce che «Per quel che concerne le regole procedurali per l’attuazione della definizione (articoli da 11 a 13) si rinvia a quanto già precisato ai fini delle imposte sul reddito (capo II)».
La procedura di definizione, infatti, segue le stesse fasi precedentemente analizzate cui si rinvia.
CAPITOLO V
LA NATURA GIURIDICA DELL’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: ISTITUTO DI NATURA PUBBLICA O PRIVATA?
UNA QUERELLE ANCORA IN ATTO
SOMMARIO
§ 1. INTRODUZIONE.- § 2. IL CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PRIVATO.- § 3. IL CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PUBBLICO.- §
4. IL CONCORDATO COME MODELLO CONVENZIONALE NON CONTRATTUALE.
§ 1. INTRODUZIONE
La natura giuridica dell’accertamento con adesione ha costituito, e costituisce tutt’ora, una querelle non priva di interesse in virtù degli effetti che si riverberano sui concordati da redigere.
Il rinnovato interesse verso questa particolare tematica è dovuto al mutato quadro in cui si inserisce il rapporto tra cittadino-contribuente ed Amministrazione finanziaria progressivamente orientato ad una posizione di parità sostanziale, in cui assumono un più ampio rilievo gli spazi di democrazia del nuovo ordine sociale. Di conseguenza gli stessi interessi pubblici devono essere valutati nell’ottica di un ordinamento non più
autoritario ma democratico, senza, per questo, confondere parità con eguaglianza52.
Se queste sono le premesse, ne discende, come logica conseguenza, un modello di azione amministrativa che va sposando sempre più criteri consensuali a discapito dei tradizionali principi autoritativi, superando, in tal modo, il pregiudizio secondo cui la garanzia di correttezza della Pubblica Amministrazione sia inscindibilmente legata all’idea di autorità53.
In questo quadro, in cui è evidente l’eclissi dell’unilateralità dell’agire della Pubblica Amministrazione, si ripresenta il quesito relativo alla natura giuridica del concordato fiscale, ovvero del cd. accertamento con adesione. Sul punto la dottrina aveva assunto una posizione fortemente dicotomica, considerando l’atto in esame:
– un atto unilaterale della P.A.54
– un contratto di transazione o, secondo altra versione, un negozio giuridico atipico di accertamento.
Alla luce di tali posizioni la dottrina maggioritaria considerava l’atto di adesione come un “atto unilaterale di imposizione, caratterizzato dall’adesione del contribuente alla quantificazione dell’imponibile operata dall’ufficio impositore” e non una transazione o “un contratto tout court, versandosi in materia estranea all’autonomia privata e quindi alle obbligazioni di diritto (privato) comune”55. Rispetto a tale atto era
52 Il principio di eguaglianza nel contesto attuale è diretto non tanto verso l’uniformità, quanto, piuttosto, verso la differenziazione, la sola in grado di garantire quella reale parità di situazioni giuridiche altrimenti “appiattite” sotto il peso della omogeneità.
53 In tal senso si x. XXXXXXX, Convenzioni e intese nel diritto pubblico, Milano, 1978, p. 1 e ss.; FALCON, Le convenzioni pubblicistiche. Ammissibilità e caratteri, Milano, 1984; AA.VV., (a cura di ) X. AMIRANTE, La contrattualizzazione dell’azione amministrativa, Torino, 1993.
54 Tale tesi fa capo a A.D. XXXXXXXX (Istituzioni di diritto tributario, VII ed., 1956, p. 171 e ss.).
55 Cfr. X. XXXXX, Ancora sulla natura giuridica dell’accertamento con adesione del contribuente (ex X.Xxx. 19 giugno1997, n. 218) nella prospettiva del nuovo cittadino e della nuova Pubblica Amministrazione nell’ordinamento democratico, in Rass. Trib., n. 6/2000.
evidente la posizione di disparità tra le parti: la volontà di adesione del contribuente fungeva da mero requisito di efficacia dell’atto (condicio juris), mentre, la volontà della P.A. era costitutiva del rapporto56. Lo stesso legislatore con l’art. 34 del T.U. delle imposte dirette (approvato con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645) aveva, chiaramente, rigettato la tesi contrattualistica configurando il concordato come uno strumento atto a porre fine alla contestazione del contribuente (non potendo più avvalersi, quest’ultimo, della procedura contenziosa), senza intaccare, allo stesso tempo, il potere della P.A. di modificare o integrare l’accertamento. D’altra parte, secondo questa impostazione dottrinaria, risultava assai difficile concepire un rapporto contrattuale derivante dall’incontro di due opposte volontà.
Anche chi ragionava nell’ottica di contratto di diritto pubblico, in realtà considerava il contratto solo come mero rivestimento formale di un atto che, quanto a funzione e ad effetti, era tutt’altro che privatistico, per cui, la forma contrattuale dissimulava il carattere sostanzialmente autoritativo, ossia la forma privata copriva la realtà pubblica57.
Se questo orientamento poteva essere coerente al periodo storico considerato, oggi, le soluzioni concretamente prospettabili, riguardo al quesito oggetto dell’analisi, sembrerebbero oscillare tra le seguenti direzioni:
1. CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PRIVATO;
2. CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PUBBLICO;
56 Secondo XXXXXXXX, le due volontà (quella del privato e quella della P.A.) "non si fondono in una comune volontà, contrattuale, che diventi la fonte autonoma e sia pure sussidiaria, delle reciproche obbligazioni delle parti, ma restano giuridicamente distinte, essendo l’una l’esplicazione di un potere e dando vita ad un provvedimento, l’altra formando la condizione perché quel provvedimento possa essere emanato in quel momento e con gli effetti che si sono indicati" (A.D. XXXXXXXX, Istituzioni, cit., p. 175). 57 Tale concezione risale a U. FORTI, Natura giuridica delle concessioni amministrative, ora in “Studi di diritto pubblico”, I, Roma, 1937, p. 360 e ss.
3. CONCORDATO COME MODULO CONVENZIONALE, pur sempre fondato sul consenso, ma DI TIPO NON CONTRATTUALE.
Esaminiamo, di seguito, i tre distinti orientamenti dottrinari.
§ 2. IL CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PRIVATO
Questa soluzione non appare molto convincente se pensiamo che il contratto (di diritto privato) è una tipica manifestazione di autonomia privata, ossia del potere che lo Stato riconosce ai soggetti dell’ordinamento di creare e conformare le proprie situazioni giuridiche secondo la loro volontà per la regolazione dei propri interessi, condizionandolo, inoltre, alle norme imperative. Al di là della natura del soggetto che pone in essere l’atto contrattuale, ciò che rileva è il fatto che l’attività di diritto privato viene qui ad essere concepita come equivalente, sostitutiva o alternativa agli istituti di natura pubblicistica, per cui lo strumento privatistico e quello amministrativo sono posti sullo stesso piano, ascrivendosi la scelta dell’uno o dell’altro a mere ragioni di opportunità58. Se pur nell’attività tipicamente privatistica non sussistono vincoli quali la riserva di legge o il principio di legalità, allorché la P.A. agisca come soggetto privato, e quindi in una posizione paritaria rispetto agli altri soggetti, ciò non esclude l’applicazione del principio di
58 Si veda in proposito X.X XXXXXXXX, Attività amministrativa, in “Enc. dir.”, III, Milano, 1958, p. 95 e ss. Recentemente si è rilevato che "l’efficienza di ogni azione è data infatti non già dalla rigidità del modello utilizzato (negozio giuridico o atto amministrativo), ma dalla funzionalità al conseguimento dei suoi fini e dei suoi obiettivi. L’amministrazione dello Stato sociale non può più essere solo formalista, ma deve essere soprattutto rivolta al fine, preoccupata degli obiettivi più che del modo giuridico di agire, interessata all’output dell’azione amministrativa, piuttosto che dell’input" (cfr. XXXXXXXX, L’attività contrattuale della Pubblica Amministrazione. Aspetti evolutivi, Torino, 1986, p. 26 e ss.
articolazione, poiché occorre motivare la preferenza dello strumento privato rispetto a quello pubblicistico. In tale ottica, nel caso dell’accertamento con adesione si verserebbe al di fuori dell’autonomia privata della P.A. poiché, sebbene quest’ultima sia potenzialmente in grado di avvalersi del ventaglio di scelte in merito alle modalità di azione, in realtà esistono materie per cui il sistema contrattuale privato risulta inadeguato. Ciò perché sono “in gioco” interessi pubblici talmente essenziali che si deve escludere la disponibilità secondo le norme del diritto privato, ed il caso della materia tributaria è un tipico esempio. Nel campo tributario, infatti, ci troviamo in presenza di interessi pubblici di livello particolarmente importante e rilevante, per cui sembrerebbe più consono il ricorso a mezzi pubblicistici, non necessariamente autoritativi59.
§ 3. IL CONCORDATO COME CONTRATTO DI DIRITTO PUBBLICO
Sulla falsariga dell’elaborazione germanica, parte della dottrina ha individuato un tertium genus tra le consolidate categorie del provvedimento amministrativo e del contratto di diritto privato, ossia il cd. contratto di diritto pubblico, questo perché si osservava come molti atti giuridici nel diritto amministrativo venivano posti in essere dalla P.A. in concorso con la volontà del privato. In realtà non si tratta di una categoria concettuale consolidata, ed infatti molteplici sono le tesi che tendono a sminuirne la vis innovatoria. Quello che viene evidenziato – soprattutto
59 Se ponessimo nel rapporto giuridico, pubblicistico, tra P.A. e contribuente, l’interesse di quest’ultimo allo stesso livello dell’“interesse fiscale”, si altererebbero i lineamenti dello Stato democratico di diritto; a dimostrazione di ciò la presenza di norme che sanciscono, ad esempio, la non ammissibilità del referendum per le leggi tributarie (art. 75, co. 2, Cost.), nonostante il pilastro del nostro sistema costituzionale sia il principio del favor populi.
dalla dottrina unilateralistica – è l’inconciliabilità e la fusione tra contratto e atto amministrativo. D’altra parte, come più volte rilevato da autorevoli studiosi, si potrebbe ammettere l’esistenza di questo tipo contrattuale come figura giuridica autonoma se esistesse una disciplina positiva che lo caratterizzasse in modo tale da distinguerlo dal contratto privatistico60. Sebbene tale categoria abbia subito nel tempo una sorta di “demitizzazione”, oggi, in presenza di un tendenziale rovesciamento dell’equilibrio tra manifestazioni unilaterali e manifestazioni consensuali nell’agire dei pubblici poteri, sembra aver trovato nuovo vigore. Tale tipologia contrattuale, infatti, sembra quella più idonea a rappresentare quel più moderno aspetto dell’amministrazione come erogatrice di prestazioni e di servizi in cui la P.A. è debitrice mentre il privato creditore. Pertanto l’ambito di operatività di tale categoria concettuale risulta fortemente circoscritto.
§ 4. IL CONCORDATO COME MODELLO CONVENZIONALE NON CONTRATTUALE
Dal momento che la natura giuridica dell’accertamento con adesione “a regime” (ex D.Lgs. n, 218/1997) sembra sfuggire alla categorizzazione nelle tipologie su esaminate, parte della dottrina avanza la tesi secondo cui si tratterebbe di una "convenzione singolare a carattere non contrattuale che attraverso un’auto-composizione interviene per assodare rapporti dubbi o litigiosi, precisandone i contorni attraverso una disciplina che trova la propria fonte in senso traslato nella legge ed in concreto nella convenzione medesima. Che di regola preclude ogni pretesa, ragione od
60 Sul punto si veda M.S. XXXXXXXX, Diritto amministrativo, cit., II, p. 428.
azione che risulti contrastante con essa (tranne che – a favore della Pubblica Amministrazione – nelle ipotesi previste dall’art. 2, comma 4, del D.lgs. n. 218 citato)61. L’accertamento con adesione costituisce, quindi, una figura di accertamento consensuale che promana concordemente dalle parti interessate – P.A. e contribuente – a seguito della quale si realizza la determinazione definitiva della situazione tributaria. Tuttavia, pur trattandosi di un accordo, le parti si trovano in una posizione di disparità, per questo si può configurare come un modulo consensuale non contrattuale. Secondo questa interpretazione si tratterebbe di un atto bilaterale ineguale dove, conseguentemente, non è riconosciuto un eguale potere di determinazione all’azione del pubblico potere ed a quello del privato. Questa peculiarità si deve all’"emergere di esigenze proprie del settore pubblicistico tributario", nei cui confronti l’ “infatuazione contrattualistica”62 non produce alcun effetto. In tal senso l’istituto in esame sembra appartenere ad una categoria concettuale diversa dal contratto, in quanto nel rapporto in questione la P.A. emette una dichiarazione che produce effetti diversi rispetto alla dichiarazione del privato. In altri termini l’adesione del contribuente non sarebbe configurabile come “condicio juris”, anche se "è elemento indeclinabile necessario concomitante dell’effetto"63, ma costituisce un elemento interno e non esterno di detta fattispecie, conseguentemente, fonte di determinazione della conseguenza giuridica in quanto parte integrante del nucleo centrale di tale istituto. La diversa posizione – a rilevanza interna – tra le due diverse volontà che concorrono alla realizzazione dell’adesione,
61 Così, X.XXXXX, Ancora sulla natura giuridica dell’accertamento con adesione del contribuente (ex D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218) nella prospettiva del nuovo cittadino e della nuova Pubblica Amministrazione nell’ordinamento democratico, in “Rass. Trib.” n. 6/2000, p. 1777.
62 Così X.XXXXX, Conclusioni, in “L’accordo nell’azione amministrativa”, cit., p. 87.
63 Così X. XXXXX, Ancora sulla natura giuridica…, cit., p. 1781.
si deve al peculiare carattere della potestà tributaria e, di conseguenza, al fatto che gli uffici finanziari sono al servizio dell’“interesse fiscale” della comunità. Se pur i mutati rapporti tra P.A. e cittadini hanno consentito una maggiore negoziazione del potere, nel caso dell’accertamento con adesione non si può non configurarlo come modulo convenzionale pubblicistico. L’amministrazione finanziaria, in particolare, non può essere “appiattita” sul ruolo di amministrazione di prestazioni; se pur “patteggia” con il privato – come accade nel caso in oggetto – è comunque depositaria di un potere indisponibile per cui non assume mai il ruolo di semplice contraente, ma conserva una posizione “altra” rispetto al privato, instaurando un "atipico rapporto (bilaterale) di diritto pubblico che si riflette sullo strumento convenzionale cui partecipa"64. Tale facoltà, di cui dispone l’amministrazione finanziaria, risponde al primario compito di cui questa è attributaria: la cura dell’interesse pubblico; a garanzia di ciò la inevitabilità della motivazione quale elemento essenziale dell’accertamento con adesione. Proprio questo carattere sembra spingere nella direzione di tale istituto come “modulo convenzionale dichiarativo non contrattuale”. La motivazione, infatti, svolge una duplice funzione poiché si atteggia non solo a strumento di garanzia per i cittadini, ma, anche a strumento di autoanalisi dell’amministrazione medesima in quanto – attraverso questo particolare adempimento – l’amministrazione compie un opportuno approfondimento ed una ponderata comparazione degli elementi di “fatto” e di “diritto” affiorati ed accertati nella fase istruttoria. Proprio laddove la conoscenza è incerta la motivazione assume un ruolo di primo piano poiché atta a sorreggere le tesi sostenute65.
64 Cfr. X. XXXXX, Op. ult. cit.
65 Così IACOVIELLO, “La motivazione della sentenza generale e il suo controllo”, in Cassazione, Milano, 1997; ed anche XXXXXX-XXXXXXX, Motivazione dei provvedimenti amministrativi e sindacato di legittimità, Milano, 1987.
Alla luce di queste brevi considerazioni in ordine alla natura dell’atto di adesione, emerge la difficoltà di classificare, con esattezza e certezza, suddetto istituto. Difficoltà che è dovuta alla commistione di elementi puramente pubblico-amministrativi, di matrice tradizionale, ad elementi privatistici progressivamente emergenti nel mutato quadro delle relazioni tra pubblico e privato. Tuttavia la considerazione per cui "il concordato non costituisce un atto dispositivo del credito tributario ma un compromesso sugli aspetti controversi della determinazione dell’imposta"66 mi sembra la definizione che più efficacemente inquadra la funzione precipua di tale istituto: armonizzare il rapporto tra P.A. e cittadino, coerentemente alle trasformazioni subite in quest’ultimo decennio dall’intera organizzazione amministrativa pubblica.
D’altra parte "il certo nessuno lo ha mai colto, né alcuno ci sarà che lo colga… perché a tutti, è dato solo l’opinare"67.
66 Cfr. X. XXXX, “Prime considerazioni sul nuovo regime del concordato fiscale”, in Rassegna Tributaria
n. 4/1997, p. 793.
67 XXXXXXXX, I presocratici, Testimonianze e frammenti, Bari, Laterza, 1993, I, p. 117.
CAPITOLO VI
L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE: DALLA TEORIA ALLA PRASSI
SOMMARIO
§ 1. ESAME DI UN CASO CONCRETO.- § 2. AMBITO DI OPERATIVITA’ NELLA REALTA’ GESTIONALE DELL’UFFICIO LOCALE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE.-.
§ 1. ESAME DI UN CASO CONCRETO
In data 23 maggio 2000 l’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate notificava al Sig. ***, titolare della ditta individuale ***, avente ad oggetto l’attività di ristorazione – pizzeria (codice 55301), trasformata nell’anno 1998 in S.r.l., due avvisi di accertamento/rettifica, uno ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche ed un altro ai fini dell’I.V.A., per l’anno di imposta 1995.
L’avviso di rettifica ai fini dell’I.V.A. – come anche quello ai fini dell’IRPEF – scaturisce da un processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza nei confronti del contribuente, di cui gli è stata rilasciata una copia (C.T.C. 6 novembre 1992 n. 5943), nel quale sono riportate le motivazioni ed i fatti contestati dalla stessa autorità di finanza.
L’Ufficio, sulla base di tale processo verbale, redige un avviso di accertamento in cui figura una motivazione per relationem all’atto sopra citato. Infatti così si legge: "Dal processo verbale di constatazione, notificato in data …1998, dalla Guardia di Finanza, è scaturito quanto segue". Di seguito vengono elencati i fatti contestati con le relative sanzioni applicabili alle violazioni commesse, riportate al fine di una maggiore chiarezza espositiva.
I rilevi mossi sono i seguenti:
1) la ditta ha omesso la registrazione e la dichiarazione dei corrispettivi per un imponibile di £. *** ed I.V.A. al 10% £. ***;
2) ha presentato dichiarazione annuale con un minor volume d’affari;
3) la ditta non ha tenuto regolarmente le scritture contabili;
4) la ditta non ha emesso n° 3 ricevute fiscali per un importo di £. *** mentre la stessa ha emesso n° 7 ricevute fiscali con un corrispettivo inferiore al reale per un totale di £. ***.
Relativamente ai fatti commessi si rilevano tali violazioni:
▪ OMESSA REGISTRAZIONE DEI CORRISPETTIVI IN VIOLAZIONE DELL’ART. 21 DEL D.P.R. N. 633/1972;
▪ INFEDELE DICHIARAZIONE IN VIOLAZIONE DELL’ART. 28 DEL D.P.R. N. 633/1972;
▪ IRREGOLARE TENUTA DELLE SCRITTURE CONTABILI
▪ MANCATA EMISSIONE DI RICEVUTE FISCALI IN VIOLAZIONE DELL’ART. 8 L. N. 249/1976;
▪ EMISSIONE DI RICEVUTE FISCALI CON CORRISPETTIVI INFERIORI AL REALE IN VIOLAZIONE DELLA L. N. 249/76 ART. 8;
tenuto conto della normativa stabilita dal D.Lgs. n. 472/1997, in particolare dei criteri indicati dall’art. 7, del principio del favor rei di cui all’art. 3, nonché dell’art. 12 per il caso di concorso di violazione e continuazione, l’Ufficio determina la sanzione irrogabile scegliendo quella più grave, relativa al primo fatto commesso, aumentata di ¼.
Dal momento che tali fatti realizzano presupposti previsti dall’art. 54 del
D.P.R. n. 633/1972, l’Ufficio ha provveduto a rettificare la dichiarazione presentata relativamente all’anno di imposta 1995, rideterminando, in particolare, il VOLUME D’AFFARI e la LIQUIDAZIONE DELL’IMPOSTA, mettendo a raffronto il valore dichiarato dal contribuente con il valore accertato dall’Ufficio in sede di istruttoria.
A seguito della notifica dell’avviso di accertamento il contribuente decide di avvalersi della procedura di accertamento con adesione, presentando regolare istanza in data 12 giugno 2000, affinché nel termine di 15 giorni – previsto dall’art. 6, co. 4, del D.Lgs. n. 218/199768 – l’Ufficio formuli invito a comparire per la redazione in contraddittorio dell’atto di adesione. Ai sensi della citata norma, l’Ufficio notifica alla parte l’invito a comparire in data 10 ottobre 2000 presso la sede dell’Ufficio medesimo.
In detta data si instaura il contraddittorio ove il contribuente ha la possibilità di esprime le proprie “controdeduzioni”.
Il primo rilievo mosso dalla parte riguarda l’accertamento del maggior volume d’affari e del maggior reddito d’impresa effettuato sulla base delle dichiarazioni rese ai militari in sede di verifica da terzi-clienti che hanno ricevuto prestazioni dalla ditta. In tal senso il contribuente in esame avanza l’ipotesi di dubbia attendibilità dei dati di cui si è servita la Guardia di
68 L’art. 6, co. 4, del D.Lgs. 218/97, stabilisce: «Entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza di cui al comma 2, l’ufficio, anche telefonicamente o telematicamente, formula al contribuente l’invito a comparire…».
Finanza per l’effettuazione del controllo, trattandosi di dichiarazioni rese da terzi a distanza di anni dal momento della ricezione della prestazione da parte dello stesso contribuente. Inoltre fa rilevare che la percentuale di ricarico praticata e risultante dalle dichiarazioni dei redditi presentate è da ritenere congrua in considerazione della realtà economica in cui l’impresa opera.
L’Ufficio attestata, in primis, la tendenziale unicità dell’accertamento con adesione sia ai fini dell’I.V.A. che delle imposte sul reddito delle persone fisiche, ha attivato l’accertamento per la medesima annualità anche ai fini delle imposte sul reddito ed ha formulato la proposta di adesione sulla base degli elementi risultanti dal processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza.
Di seguito, riesaminata la documentazione di cui è in possesso e ritenute attendibili e valide le ragioni addotte dalla parte, formula una proposta di accertamento che rappresenta il momento topico in cui l’amministrazione “scende a patti” con il contribuente. In tale sede l’Ufficio, al fine di evitare un inutile contenzioso, ridetermina il reddito di impresa ed il volume d’affari applicando agli imponibili accertati induttivamente sulla base delle dichiarazioni rese da terzi, una percentuale di riduzione del 30%.
Una volta rilevato il consenso del contribuente si passa al vero e proprio atto di adesione redatto dall’Ufficio in duplice copia, ove vengono indicati gli elementi riportati nella proposta, le motivazioni della definizione, ossia le ragioni per cui l’Ufficio decide di portare a buon fine la procedura della definizione e le imposte, sanzioni e interessi legali dovuti.
L’atto viene sottoscritto dal funzionario responsabile dell’accertamento e dal contribuente in data 26 ottobre 2000.
Successivamente la parte fa richiesta di pagamento dilazionato in 8 rate trimestrali di pari importo, prestando idonea garanzia mediante la sottoscrizione di una polizza fidejussoria.
L’importo della I rata viene versato con modello F24, tramite il concessionario del servizio di riscossione, in data 7 novembre 2000, pervenendo nel termine prestabilito – 10 giorni – all’Ufficio con la relativa prestazione della garanzia. Solo in tale momento il contribuente è venuto in possesso della copia dell’atto di accertamento con adesione.
L’analisi di questo caso mi ha consentito di entrare “nel vivo” della procedura, permettendomi di osservare come opera l’amministrazione finanziaria nel concreto e, soprattutto, come si pone nei confronti del contribuente nel mutato rapporto aministrazione-contribuente. La procedura di definizione dell’accertamento con adesione del contribuente evidenzia, in particolare, la peculiare mediazione che il funzionario responsabile deve mettere in atto per giungere ad un accordo soprattutto quando, come nel caso esaminato, vi sia la piena volontà del contribuente di definire il procedimento dal momento che lui stesso si attiva a tal fine.
La percentuale di riduzione sui valori accertati operata dall’ufficio nel caso oggetto dell’analisi, attesta la mutata posizione dell’amministrazione rispetto al contribuente nell’ottica di una maggiore vicinanza, non certo uguaglianza, di posizioni. Ciò rappresenta un indice sicuramente positivo per il contribuente che in tal modo non si sente defraudato ed “espropriato” nelle sue ragioni, ma, al contrario, grazie a strumenti quali il contraddittorio, acquista la reale sensazione di avere “voce in capitolo” nella determinazione di una situazione a lui più favorevole.
§ 2. AMBITO DI OPERATIVITA’ DELL’ISTITUTO NELLA REALTA’ GESTIONALE DELL’UFFICIO LOCALE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Nell’ottica di ottimizzare la specifica attività amministrativa rappresentata dall’ACCERTAMENTO CON ADESIONE, considerata la forte valenza innovativa sia nei rapporti con il contribuente che come strumento deflativo del contenzioso e di celere acquisizione all’erario dei tributi dovuti, le DIREZIONI REGIONALI sono investite di un costante compito in termini di indirizzo, monitoraggio e vigilanza delle attività connesse.
Si rende necessaria, infatti, da parte delle Direzioni, una mirata attività di indirizzo degli Uffici e di analisi dei procedimenti posti in essere al fine precipuo di produrre modalità operative che siano dotate di maggiore coerenza con la ratio dell’istituto in esame. Di conseguenza – come espressamente indicato nella Circolare 28 giugno 2001 n. 65 – è cura delle Direzioni Regionali:
• imprimere massimo impulso all’attivazione del procedimento ad iniziativa degli Uffici, anche attraverso un’apposita programmazione concertata;
• svolgere una costante attività d’indirizzo e di risoluzione delle problematiche evidenziate dagli Uffici nel corso dei procedimenti avviati, adottando, a tal fine, idonee iniziative organizzative;
• operare il monitoraggio dell’attività per le conseguenti analisi dei risultati raggiunti in ordine a profili sia quantitativi che qualitativi.
Sulla base di tali premesse e considerato che la Regione Calabria nell’ultimo biennio (2001-2002), pur essendo in linea con la media nazionale, non ha eccelso nel compimento dei risultati definitori pretesi, la Direzione Regionale ha operato costituendo dei Gruppi di Lavoro
composti, in linea generale, dal Dirigente dell’Ufficio Locale e dal capo area. L’obiettivo precipuo di tale strategia è quello di coinvolgere direttamente i responsabili degli Uffici Locali. Questi ultimi, infatti, versano in una situazione ad hoc per valutare ed individuare iniziative volte a rimuovere le criticità e ad incrementare e migliorare i processi definitori dell’accertamento con adesione, in quanto possiedono una diretta conoscenza della realtà territoriale amministrata. Ciò anche al fine di garantire una maggiore omogeneità di risultati a livello regionale, poiché si registra un alto grado di diversificazione tra gli Uffici Locali, passando da minimi del 9 % a punte del 43 %.
L’iniziativa di “cooperazione mirata” si inserisce nella più ampia convenziona tra Ministero dell’Economia e delle Finanze ed Agenzia delle Entrate, in base alla quale quest’ultima ha prestato il proprio impegno ad ottenere la definizione per adesione del contribuente (insieme all’altra procedura dell’acquiescenza69) in una quota non inferiore al 30 % degli accertamenti notificati. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede, da parte degli Uffici, un atteggiamento attivo, in grado di stimolare e favorire l’accesso dei contribuenti all’istituto definitorio esaminato con iniziative congrue a rimuovere le criticità interne ed esterne all’Ufficio.
L’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate di Rossano70, in particolare, ha conseguito per l’anno 2002 una percentuale del 30,22% di accertamenti
69 L’istituto dell’ACQUIESCENZA, disciplinato dall’art. 15, D.Lgs. 218/1997, consente al contribuente di pagare le maggiori somme accertate, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto, beneficiando della riduzione delle sanzioni nella misura di ¼ dell’importo irrogato nell’atto. Condizione fondamentale per avvalersi dell’acquiescenza è la rinuncia alla presentazione sia del ricosrso che dell’istanza di concordato. In tal caso l’atto di accertamento si chiude a seguito del versamento delle imposte accerate e delle sanzioni ridotte, compresi gli interessi e le imposte già rimborsate e non più spettanti a seguito dell’accertamento (Circ. Min. 14 ennaio 1998, n. 8/E).
70 Si prende in considerazione l’attività dell’Ufficio locale di Rossano in virtù dello stage svolto presso questa sede, avendo avuto la possibilità di osservare personalmente e di “entrare nel vivo” dell’iter procedurale.
definiti con adesione e acquiescenza. Tale dato attesta la priorità attribuita, in ambito gestionale, alla definizione con adesione dall’Ufficio medesimo quale istituto “privilegiato” nella risoluzione di quelle controversie opportunamente “sanabili” in via amministrativa prima che conteziosa. Questo esito positivo rispecchia il cambiamento delle strategie gestionali intervenuto in questi ultimi anni nell’amministrazione finanziaria, laddove l’attività deve rispondere a precisi obiettivi nel perseguimento di risultati preventivamente stabiliti, nel rispetto dei criteri di efficienza, efficacia ed economicità. L’impiego di tale istituto consente, tra l’altro, di snellire e rendere più celere l’azione amministrativa altrimenti ritardata nelle more di un eventuale processo tributario. A tal fine i momenti “salienti” della procedura in esame risultano essenzialmente due:
– la fase dell’istruttoria → in tale momento, l’Ufficio "è tenuto a svolgere un esame circostanziato dei complessivi elementi n suo possesso al fine di verificare l’effettiva legittimità dei presupposti impositivi" (Circ. n. 65/E 2001). Si tratta, cioè, di un momento cruciale in cui l’Ufficio, sulla base dei documenti in possesso, formula la propria “presunzione” che andrà ad avvalorare ovvero a rimodulare nella successiva fase di contraddittorio.
– La fase di contraddittorio → sulla base di quanto sopra affermato, il contraddittorio si deve tenere su "nuovi elementi di valutazione rispetto a quelli già conosciuti e quindi valutabili dall’ufficio in dipendenza dell’attività istruttoria svolta" (Circ. n. 65/E del 2001). Il confronto con il contribuente permette al funzionario responsabile di chiarire e comprendere, per quanto possibile, il comportamento fiscale tenuto dal contribuente o di apprendere nuovi fatti in virtù dei quali l’ufficio rivede la propria posizione stabilendo i “confini” entro cui impostare la
mediazione. L’Ufficio, infatti, non stabilisce dei limiti a priori, ma l’azione concordataria si costruisce momento per momento, scaturendo dal confronto verbale, oltreché documentale, con il contribuente. Inoltre risulta pressoché fondamentale, affinché la procedura vada a buon fine, una spiccata capacità di mediazione del funzionario responsabile che gode, a tal fine, di una discrezionalità “flessibile”, ossia tale di espandersi o restringersi in base al grado di validità della pretesa avanzata dal contribuente. Non si tratta di libertà assoluta dal momento che l’azione deve comunque derivare da un corretto procedimento rispettoso delle norme tributarie e, d’altra parte, non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo di concordare le due volontà risponde all’esigenza di chiudere un’azione accertatrice che altrimenti, ed anzi sicuramente, potrebbe definirsi davanti ad una Commissione Tributaria con il rischio, per l’Ufficio, di una eventuale “sconfitta”.. L’Ufficio, infatti, nel decidere se e come addivenire all’adesione, può valutare la convenienza alla rapida e certa acquisizione dell’imposta, ossia valutare i tempi e i costi di un eventuale contenzioso, di una sua prosecuzione, valutare la sostenibilità oggettiva della pretesa erariale, anche in termini di prevedibile esito dell’eventuale processo. Ovviamente l’Ufficio non può effettuare scelte di opportunità socio- politica come la situazione personale e familiare del contribuente, l’importanza sociale dell’attività svolta, la situazione finanziaria del contribuente anche ai fini della sua solvibilità in caso di vittoria dell’Ufficio in contenzioso.
L’Ufficio ed il contribuente conseguono sicuramente vantaggi di rapidità e certezza; in tal senso la definizione con adesione rappresenta una soluzione di compromesso dove il contribuente riconosce alcune
contestazioni sollevate dall’Ufficio ed, al tempo stesso, l’Ufficio ridimensiona, a vantaggio del contribuente, l’imponibile accertato.
L’adesione si presenta come un istituto definitorio che prevede l’incontro di due volontà nel corso di una procedura il cui input può derivare, indifferentemente, dall’iniziativa dell’Ufficio o dalla richiesta del contribuente e che tendenzialmente epiloga nella determinazione dell’imponibile sul quale si forma l’accordo delle parti.
L’Ufficio assume un ruolo di attore avendo ampie possibilità di promuovere o favorire l’utilizzo della procedura.
Sebbene, in passato, le perplessità sorte sull’opportunità di ricorrere a tale istituto ne abbiano impedito un corretto e normale utilizzo, oggi, al contrario, si punta sull’incremento dello stesso per operare un rinnovamento dei normali rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente. Ciò non significa procedere ad una sorta di “privatizzazione” del rapporto medesimo in virtù dell’orientamento prevalente nel settore giuridico-economico.
L’accertamento con adesione non configura una libera trattativa ed il suo risultato non è un atto transattivo dal momento che l’Ufficio non ha assolutamente la disponibilità dei diritti oggetto di accertamento ed, eventualmente, di accordo. L’Ufficio si limita ad accertare fatti sulla cui base formula la pretesa erariale valutando in assoluta armonia la possibilità di giungere all’accordo quando l’imponibile concordato risulti quantificato nel rispetto della normativa tributaria. In tal senso non rileva individuare una “scala” di percentuali di abbattimento consentite, potendosi applicare ora il 10%, ora il 30% - come nel caso precedentemente esaminato – se il nuovo imponibile è determinato nel rispetto delle norme tributarie relative.
Rispetto a tale procedura, il contribuente assume una posizione attiva sin dal primo momento, fornendo tutti quegli elementi utili per una rivalutazione del rilievo così che, se le argomentazioni offerte risultano valide, è inutile, oltre che dispendioso, rinviare ad un secondo momento l’esame del rilievo contestato.
Affinché l’accertamento con adesione del contribuente divenga un istituto di successo occorre che il dialogo tra persone – funzionari della Pubblica Amministrazione e soggetti contribuenti – poggi sulla condivisione di taluni valori fondamentali il cui pilastro è rappresentato dal principio di buona fede, criterio deontologico consistente in un atteggiamento positivo che si traduce nei doveri reciproci di lealtà, di chiarimento, di informazione71.
71 Si veda BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, p. 66.
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