Rev. Boliv. de Derecho Nº 37, enero 2024, ISSN: 2070-8157, pp. 196-223
IL SUBAPPALTO
SUBCONTRACTING
Rev. Boliv. de Derecho Nº 37, enero 2024, ISSN: 2070-8157, pp. 196-223
Xxxxxxx XXXXXXXX
ARTÍCULO RECIBIDO: 0 xx xxxxxxxxx xx 2023 ARTÍCULO APROBADO: 0 xx xxxxxxxxx xx 2023
RESUMEN: Il subappalto è il modello contrattuale più diffuso nell’ambito dell’integrazione fra le imprese; esso non è invece adatto a regolare i rapporti tra imprese con dimensioni equivalenti e che intendono collaborare in posizione paritaria. Il subappalto è un vero e proprio appalto, che si caratterizza per essere un contratto derivato da un altro appalto che ne costituisce il presupposto. Anche per il contratto di subappalto, l’autonomia costituisce un elemento naturale. Il committente non ha azione diretta contro il subappaltatore. L’autonomia del subappaltatore incide anche sul piano della responsabilità civile, con riferimento ai danni arrecati a terzi nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
PALABRAS CLAVE: Imprese; appalto; autonomia; responsabilità.
ABSTRACT: Subcontracting is the most widespread contractual model in the field of integration between companies; on the other hand, it is not suitable for regulating relations between companies of equivalent size and which intend to collaborate on an equal footing. Subcontracting is a real contract, which is characterized by being a contract derived from another contract which constitutes its prerequisite. Also for the subcontract, autonomy is a natural element. The client has no direct action against the subcontractor. The autonomy of the subcontractor also affects civil liability, with reference to damages caused to third parties in the execution of the work or service.
KEY WORDS: Enterprises; contract; autonomy; responsibility.
SUMARIO.- I. SUBAPPALTO E JOINT VENTURE. NECESSITÀ DELL’AUTORIZZAZIONE DEL COMMITTENTE.- II. ILSUBAPPALTOCOMECONTRATTODERIVATO.- III. L’AUTONOMIA DEL SUBAPPALTATORE.- IV. LA RESPONSABILITÀ DEL SUBAPPALTATORE PER I VIZI O LE DIFFORMITÀ DELL’OPERA.- V. LA RESPONSABILITÀ DEL SUBAPPALTATORE PER ILLECITO EXTRACONTRATTUALE: I DANNI AI TERZI; I DANNI AL COMMITTENTE.- VI. SUBCONTRATTUALITÀ E CEDIBILITÀ DEL CONTRATTO: RIFLESSIONI CONCLUSIVE.
I. SUBAPPALTO E JOINT VENTURE. NECESSITÀ DELL’AUTORIZZAZIONE DEL COMMITTENTE.
La figura del subappalto risponde alle esigenze del moderno sistema produttivo quale sistema “integrato”, fondato sulla collaborazione fra più imprese per l’esecuzione dell’opera o del servizio. L’integrazione produttiva può assumere due configurazioni: quella dell’integrazione orizzontale fra più imprese, che cooperano fra loro per realizzare una medesima opera; quella della integrazione verticale tra le due imprese, l’una delle quali dirige l’altra. Nel secondo caso, il subappalto ha lo stesso oggetto dell’appalto principale e l’impresa subappaltante riserva a sé solo la direzione dei lavori1.
Il subappalto, pur così comune nella prassi, si mostra poco adatto a regolare i rapporti tra imprese con dimensioni equivalenti e che intendono collaborare in posizione paritaria; esso è inoltre assoggettato al consenso del committtente (art. 1656 c.c.). Negli appalti di grandi opere e negli appalti internazionali, difficilmente l’appaltatore è un imprenditore individuale. La necessità di energie superiori, sul piano dei materiali, degli investimenti, della manodopera e delle competenze specialistiche, induce di norma più imprenditori a unire le proprie forze per far fronte a lavori articolati e complessi e, spesso, al fine di vincere la gara messa a
1 Cfr. XXXXXXX: Tratt. dir. civ.2, II, Le obbligazioni in generale. Il contratto in generale. I singoli contratti, Padova, 2010, p. 656 s., che porta come esempio di integrazione orizzontale quello dell’impresa la quale, incaricata di costruire uno stabilimento industriale, dà in subappalto le opere edilizie e riserva per sé l’attività di produzione e installazione delle apparecchiature. Sul subappalto, in dottrina: ALBANESE: L’appalto, in Tratt. dir. comm. fondato da X. Xxxxxxxx, xxx. xx X. Xxxxx, Xxxxxx, 0000, p. 227 ss.; BACCIGALUPI: “Appunti per una teoria sul subcontratto”, in Riv. dir. comm., 1943, I. p. 181; CAGNASSO: “Il contratto di appalto”, in Contratti commerciali a cura di Xxxxxxx, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ, diretto da Xxxxxxx, XVI, Padova, 1991; CIGLIOLA: Il contratto di subappalto, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, in Trattato diretto da Xxxxxxx, Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000; GIANNATTASIO: L’appalto2, in Trattato dir. civ. comm., diretto da A. Cicu-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxx, continuato da X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1977; GRASSO: “Il subappalto nel sistema del codice civile”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2000; ID.: Il subcontratto, Napoli, 1987; MESSINEO: “Contratto derivato-subcontratto”, in Enc. dir., X, Milano, 1962; MONTANARI: “Profili del subappalto nel diritto privato e nella legislazione delle opere pubbliche”, in Riv. trim. Dir. Proc. civ., 1993, p. 27 ss.; MOSCARINI: “L’appalto”, in Tratt. Xxxxxxxx, 11, Torino, 1984; XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4, cit.; RUBINO XXXXXXXXXX: Appalti di opere e contratti di servizi, Padova, 1996; VIGNALI: “Formazione del corrispettivo”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
• Xxxxxxx Xxxxxxxx
Professore Associato dell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna. E-mail: x.xxxxxxxx@xxxxx.xx
bando dalla stazione appaltante. Si parla in questi casi, genericamente, di appalti in joint venture.
Peraltro, lo stesso ordinamento comunitario, così come il diritto interno, manifestano uno spiccato apprezzamento per i raggruppamenti temporanei di imprese e di professionisti, costituiti per ottenere l’affidamento di contratti e di servizi pubblici. Tali aggregazioni svolgono, sul piano economico, una obiettiva funzione antimonopolistica, consentendo un ampliamento della dinamica concorrenziale e favorendo l’ingresso sul mercato di imprese di minore dimensione, o specializzate in particolari settori produttivi e tecnologici, fisiologicamente selezionate attraverso il confronto negoziale tra i prezzi offerti.
Uno strumento generale che il sistema mette a disposizione degli appaltatori è quello societario. L’impresa appaltatrice, in particolare, assume sovente la forma della società di capitali, in tal modo creando un soggetto giuridico nuovo e distinto rispetto alle singole imprese e assoggettato alle relative regole. Ma la costituzione ad hoc di una società di capitali per l’assunzione di un unico, per quanto rilevante, appalto può risultare svantaggiosa sul piano economico, in ragione dei costi da sostenere, e sconveniente su quello organizzativo, in virtù delle rigorose norme imperative cui tali enti sono assoggettati. Con la forma societaria, inoltre, le singole imprese perdono la propria autonomia sul piano giuridico e rischiano di compromettere l’indipendenza nell’esecuzione del lavoro assegnato a ciascuna.
A fronte di tali inconvenienti, si può preferire ricorrere a modalità alternative allo strumento societario, come quella dei contratti di rete, quella dei consorzi e quella delle associazioni in partecipazione2.
Anche tali strumenti, per quanto preziosi, non sempre soddisfano le esigenze degli appaltatori o corrispondono precisamente al loro intento: il contratto di rete, solitamente, non è previsto per il raggiungimento di un unico obiettivo, ma dà luogo a un’organizzazione stabile e duratura nel tempo che ha come finalità primaria l’accrescimento delle potenzialità delle singole imprese; l’associazione in partecipazione sconta la limitazione della responsabilità dell’associato all’apporto (art. 25523 c.c.) e l’insufficienza dei suoi poteri di controllo sulla gestione dell’associazione (art. 2552 c.c.).
Scarso successo ha avuto, infine, il Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE), che è strumento necessariamente transnazionale ed è in ogni caso privo di autonomia patrimoniale, sicché i suoi membri sono assoggettati a solidarietà illimitata, seppure sussidiaria rispetto a quella del GEIE.
2 Cfr. XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4, cit., p. 100 ss.; ALBANESE: L’appalto, cit., p. 179 ss.; TRAPUZZANO: L’appalto privato, Milano, 2020, p. 49 ss.
Più indicato si presenta il consorzio, ma esso comporta (così come la società o l’associazione in partecipazione) la formazione di un nuovo ente: per suo tramite, gli imprenditori riuniti danno vita a un autonomo centro di imputazione giuridica, sebbene essi si accontenterebbero, di norma, di una mera aggregazione finalizzata ad agevolare, grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti, il dispiegarsi del gioco della concorrenza.
Ciò non è conforme allo scopo principale della collaborazione delle imprese interessate: ottenere l’aggiudicazione di un appalto mediante la presentazione di un’offerta unitaria, ma conservando la propria indipendenza giuridica. Quando l’opera o il servizio presentano dimensioni notevoli o particolare complessità esecutiva, la reale intenzione dei singoli appaltatori è di attuare un’aggregazione, tra le loro imprese, che sia solo temporanea e occasionale, per lo svolgimento di una determinata attività e limitatamente al periodo necessario per il suo compimento. Essi hanno quindi interesse ad associarsi soltanto temporaneamente, senza obbligo di assumere vincoli societari o consortili che imporrebbero oneri e obblighi sproporzionati rispetto a un rapporto caratterizzato dalla durata limitata e dalla unicità dell’affare.
Da qui, la possibilità ulteriore e più conforme alle esigenze delle imprese che vogliano riunirsi per assumere congiuntamente l’impegno, di utilizzare lo strumento giuridico della “Associazione temporanea di imprese”. L’associazione (o raggruppamento) temporanea di imprese3 consiste in un «collegamento temporaneo di più imprese in funzione del compimento di un’opera, nella esecuzione della quale ciascuna conserva la propria individualità» (così la relazione al disegno di l. n. 652, poi accolto nella legge n. 584 del 1977). Lo scopo del raggruppamento temporaneo è dunque diverso da quello del subappalto, perché mira alla più ampia partecipazione a gare di appalto, in relazione alle quali le singole imprese non posseggono, singolarmente, tutte le competenze tecnico-operative e le caratteristiche richieste dal bando (scopo che risulta accentuato dalle facilitazioni offerte dalla L. 18 novembre 1998, n. 415, che ha escluso la necessità di costituzione preventiva dell’associazione ai fini della partecipazione alla gara).
Diversamente dal raggruppamento temporaneo di imprese, oggetto di un’articolata e dettagliata disciplina, la figura del subappalto è considerata, nel codice civile, unicamente da due norme: l’art. 1656 e l’art. 1670 c.c.
3 Introdotta nell’ordinamento italiano dalla L. 8 agosto 1977, n. 584, con la quale furono recepite le direttive comunitarie nn. 304 e 305 del 1971, e fu di seguito ulteriormente disciplinata dal D.Lgs. 19 dicembre 1991,
n. 406, dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109 e dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 584. La menzionata legge del ‘77 aveva introdotto “l’istituto del raggruppamento delle imprese per la partecipazione agli appalti e per la esecuzione delle opere pubbliche”.
La prima sancisce che l’appaltatore non può affidare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non sia stato autorizzato dal committente.
È affermazione ricorrente che l’intuitus personae sia elemento caratteristico del rapporto di appalto, tale che la prescrizione dell’autorizzazione del committente, necessaria all’appaltatore per subappaltare, discenderebbe dal rilievo assunto dalla persona dell’appaltatore. L’ammissibilità del subappalto, infatti, non sarebbe incompatibile con l’intuitus personae che caratterizza il rapporto di appalto, dato che il committente rimane estraneo al subappalto e che, nell’ambito del rapporto principale tra lui e l’appaltatore, la sua autorizzazione indica che la fiducia riposta nell’appaltatore stesso si estende alla bontà ed oculatezza della scelta, da parte di costui, del subappaltatore.
In realtà, altre disposizioni smentiscono l’inclusione dell’appalto fra i contratti “di fiducia”, perché considerano rilevante non la persona, ma l’organizzazione dell’impresa: basti pensare alla continuità del rapporto nonostante la morte (art. 1674 c.c.) o il fallimento (art. 81, 2° comma, l. fall.) dell’appaltatore.
Si è così sostenuto che la reale ragione della norma risiederebbe nell’intenzione legislativa di evitare che nel mercato si inseriscano imprese che, sotto la veste di assuntrici di appalti, svolgano funzione di mera intermediazione tra i committenti e gli effettivi esecutori, con aggravio dei costi di produzione e dispersione di responsabilità4.
È probabile che la perdurante ratio della norma consista nella necessità di impedire che all’esecuzione dell’appalto prendano parte imprese non gradite al committente. È pur vero, per altri versi, che un simile divieto, solitamente assente presso gli altri ordinamenti europei, può apparire anacronistico, anche alla luce della prassi degli appalti, ove è consueto l’affidamento di parti dell’opera ad altri imprenditori specializzati: basti pensare, negli appalti di costruzione, ai lavori elettrici o idraulici. L’apertura verso il subappalto è inoltre confermata anche per gli appalti di opere pubblici, giacché il futuro Codice degli appalti, anche al fine di uniformarsi alla prassi degli appalti internazionali, ammette il subappalto in termini molto più ampli del passato, conferendo legittimità al c.d. appalto a cascata.
E d’altronde, se è vero che nell’appalto assume rilievo la scelta (se non della persona) almeno dell’impresa appaltatrice, la fiducia a questa accordata dovrebbe
4 MIRABELLI: Dei singoli contratti, in Comm. Utet, Libro IV, tomo 3°, Torino, 1991, p. 404; GRECO: La compravendita e altri contratti, Milano, 1947, p. 225; VILLANACCI: voce “Appalto”, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg., Torino, 2007,
p. 55. Contra, gli Autori che collegano il divieto di subappalto non autorizzato con la rilevanza dell’intuitus personae: XXXXXX: L’appalto4, con aggiornamenti di Moscati, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, VII, 3, Torino, 1980, p. 85; UGAS: in Codice dell’appalto privato2, a cura di A. Luminoso, Milano, 2016, p. 175; XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4, cit., p. 217. In giurisprudenza, nel secondo senso, Cass., 5 settembre 1994, n. 7649, in Contratti, 1995, p. 21; Cass., 18 maggio 1955, n. 1466, in Sett. Cass., 1955, p. 294, e in Foro it., Rep. 1955, voce Appalto, n. 20.
comprendere anche le forme di collaborazione di cui essa abitualmente si serve per portare a compimento l’opera.
Quanto all’autorizzazione richiesta dall’art. 1656 c.c., non è sufficiente un mero atteggiamento di tolleranza: il consenso del committente deve essere espresso; può essere contestuale al contratto, e quindi preventivo, o successivo e può assumere anche forma di ratifica o approvazione dell’attività del subappaltatore. La richiesta di un consenso espresso non coincide, come ovvio, con la forma scritta (non necessaria per lo stesso appalto), sicché è valido un consenso che sia stato espresso in forma orale. La giurisprudenza, invero, si spinge fino a riconoscere la validità anche del consenso che risulti da facta concludentia5.
Secondo un’impostazione, il subappalto concluso senza il consenso del committente sarebbe nullo. In coerenza con la tesi che riconosce quale fondamento del divieto la rilevanza dell’intuitus personae, si è sostenuto che l’invalidità potrebbe essere fatta valere dal solo committente, nel cui interesse è posta la necessità di autorizzazione, e non potrebbe essere rilevata d’ufficio dal giudice; sicché si tratterebbe di nullità relativa6. Si è aggiunto, seguendo questa linea di pensiero,
5 Cass., 5 settembre 1994, n. 7649, in Contratti, 1995, p. 21; Cass., 4 maggio 1982, n. 2757, in Giur. it., Rep. 1982, voce Appalto, n. 5. Di recente, Cass., Ord., 16 novembre 2022, n. 33702, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx: Il subappalto “deve ritenersi a forma libera, non ostando in senso contrario la necessità, imposta dall’art. 1656 c.c., dell’autorizzazione - o della successiva adesione - del committente, la quale non solo non deve essere espressa, ben potendo risultare anche da facta concludentia, ma produce il solo effetto di rendere legittimo il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche di instaurare un diretto rapporto tra committente e subappaltatore, restando il subappalto, nonostante tale autorizzazione, un rapporto obbligatorio intercorrente tra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente è estraneo, non acquistando diritti né assumendo obblighi verso il subappaltatore”.
6 PANETTA, Il contratto di appalto, Torino, 2016, p. 137 ss.; XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4, cit., p. 217. In giurisprudenza, si è espressa per la nullità del subappalto non autorizzato dal committente, Cass., 18 maggio. 1955, n. 1466, cit. Cass., 18 maggio 1955, n. 1466, cit.: “L’art. 1656 c.c., nell’esigere, per i contratti di subappalto, il consenso del committente, intende tutelare, con riguardo allo intuitus personae, l’interesse di quest’ultimo: trattasi, pertanto, di nullità relativa che può essere fatta valere soltanto da lui e non può essere rilevata d’ufficio”. In questo senso, in dottrina, RUBINO e IUDICA: Dell’appalto4, cit., 207; RUBINO: L’appalto4, cit., p. 112.
Per GIANNATTASIO: L’appalto2, cit., p. 75, il subappalto non autorizzato sarebbe annullabile, ma la sua tesi non si discosta negli effetti da quella della nullità relativa. Parla di annullabilità per incapacità speciale dell’appaltatore a stipulare un subappalto non autorizzato, MONTANARI: “Profili del subappalto”, cit., p. 49, ove un parallelismo tra art. 1656 e art. 1471, 1° comma, n. 4. Cass., 25 ottobre 1974, n. 3142, in Rep. Foro it. 1975, voce Opere pubbliche, n. 118, in materia di appalti pubblici, aveva affermato che la mancanza di autorizzazione consentirebbe alla sola parte committente “la rescissione” del contratto (con un riferimento, evidentemente atecnico, che sembrerebbe richiamare l’annullabilità). Il medesimo riferimento è contenuto nella motivazione di Cass., 19 febbraio 2000, n. 1911, in Foro it., 2001, I, c. 265. Laconicamente, in motivazione, Cass, 9 luglio 2018, n. 18016, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx, ha affermato che “la norma dell’art. 1656 c.c., non sanziona i subappalti non autorizzati con la nullità del contratto, essendo la stessa norma diretta a tutelare l’interesse del solo committente”.
Cass., 16 luglio 2003, n. 11131, in Arch. civ., 2004, p. 644, e in Contratti, 2004, p. 168, è invece intervenuta
a proposito dell’art. 21 della legge 646 del 1982 (modificata dalle leggi n. 726 del 1982 e n. 936 del 1982), contenente la normativa penale antimafia in materia di appalti pubblici, vieta all’appaltatore di opere appaltate dalla p.a. di concedere in subappalto o a cottimo, in tutto o in parte, le opere stesse senza l’autorizzazione dell’amministrazione committente. Per il Collegio, il subappalto stipulato in violazione di tale norma imperativa è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c., perché in contrasto con una norma imperativa, e costituisce nel contempo grave inadempimento dell’appaltatore, che legittima la stazione appaltante a chiedere la risoluzione del contratto. Pertanto, posto che detto comportamento vietato dalla menzionata norma costituisce un fatto illecito dell’appaltatore in danno dell’amministrazione committente, lo stesso non può nel contempo rappresentare il titolo sul quale detto imprenditore fonda la richiesta di pagamento
che mentre il committente avrebbe senz’altro il potere di fare cessare l’ingerenza abusiva da parte del subappaltatore da lui non autorizzato, potrebbe però ottenere il risarcimento del danno esclusivamente quando l’abusivo subappaltatore abbia eseguito l’opera peggio del normale. In tal caso, la responsabilità dell’appaltatore sarebbe contrattuale, mentre quella del subappaltatore avrebbe natura extracontrattuale e richiederebbe quindi l’esistenza dei presupposti costitutivi dell’illecito ex art. 2043 c.c.7
Si è obiettato che al committente non può essere riconosciuta la legittimazione a far valere la nullità di un contratto a cui è estraneo, se non si tratta di nullità assoluta, in conformità ai principi generali. Per altri versi, la conclusione del subappalto in spregio all’art. 1656 c.c. concretizza una lesione dell’interesse del committente da parte dell’appaltatore, il quale è dunque inadempiente al contratto; ma tale inadempienza non potrebbe ripercuotersi sulla validità di un altro contratto, il subappalto, che l’appaltatore ha stipulato con un terzo. Pertanto, il committente può esperire nei confronti dell’appaltatore «le pretese proprie di ogni ipotesi di inadempimento, rimanendo del tutto estraneo ai rapporti tra appaltatore e subappaltatore»8.
II. IL SUBAPPALTO COME CONTRATTO DERIVATO.
Il subappalto è un vero e proprio contratto di appalto che ha natura di contratto derivato (o subcontratto): l’appaltatore (o subcommittente) incarica un terzo (subappaltatore) di eseguire, in tutto o in parte, l’opera o il servizio che egli ha assunto9. La natura di contratto derivato comporta che ogni causa di estinzione dell’appalto abbia efficacia anche nel subappalto.
Il codice non fornisce né una definizione né una disciplina generale della subcontrattualità, ma essa è espressamente ammessa dalla legge, oltre che nel caso di subappalto, anche in quelli di sublocazione (art. 1594 c.c.; art. 2 e 36 legge 27 luglio 1978, n. 392), subaffitto (art. 1624 e 1649 c.c.), subdeposito (art.
1770 c.c.), submandato (art. 1717 c.c.), subcomodato (art. 1804, 2° comma, c.c.), submezzadria (art. 2149 c.c.), riassicurazione (art. 1929 c.c.), fideiussione (art. 1940 c.c.), subnoleggio (art. 394 cod. nav.).
delle prestazioni fatte eseguire da un terzo in violazione della norma integratrice del contratto di appalto risolto per inadempimento; il che, peraltro, si tradurrebbe nell’esecuzione di quest’ultimo contratto, invece già risolto proprio in conseguenza dell’illiceità delle prestazioni suddette. Nello stesso senso, in tema, Trib. Xxxxxx Inferiore, 5 novembre 1997, in Giur. mer., 1999, p. 889, secondo cui il contratto di subappalto stipulato in violazione di tale norma imperativa è nullo, ai sensi dell’art. 1418 c.c., ed il subappaltatore non ha titolo neppure per esercitare l’azione di indebito arricchimento.
7 RUBINO e IUDICA: Dell’appalto4, cit., p. 218.
8 MIRABELLI: Dei singoli contratti, cit., p. 405. Così anche RUBINO XXXXXXXXXX: Appalti di opere e contratti di servizi, Padova, 1996, p. 599.
9 Cass., 18 giugno 1975, n. 2429, in Giust. civ. Mass., 1975, p. 1133, e in Mass. Foro it., 1975.
Il fenomeno subcontrattuale è peraltro rimesso, quando non è esplicitamente vietato (10), all’autonomia dei privati, i quali possono adattarlo ad altri contratti, sia tipici – come l’appalto o il trasporto – 11, sia atipici – come il leasing – , purché a effetti obbligatori. Nel caso di contratti a effetti reali, invece, non sembra configurabile un subcontratto di vendita sotto forma di rialienazione del bene prima del pagamento del prezzo, giacché il trasferimento della proprietà avviene con effetto immediato per effetto del consenso e costituisce una nuova vicenda giuridica incompatibile con la permanenza dell’originario contratto che caratterizza invece il subcontratto.
La connessione del subcontratto al contratto-base è tale che il primo non può sopravvivere al secondo: mentre la cessione determina una successione nel rapporto, il subcontratto è caratterizzato da un rapporto di stretta dipendenza in termini di derivazione e subordinazione. Proprio tale dipendenza fa sì che esso venga meno, come accennato, in coincidenza con la scadenza del contratto principale o con la sua risoluzione o col suo invalidamento.
La natura giuridica del subcontratto come contratto derivato è stata variamente spiegata (12) e sebbene prevalgano coloro che la giustificano alla stregua del
10 Come avviene nei casi di: subenfiteusi (art. 957, 2° comma e 968 c.c.); subpegno (art. 2792 c.c.); subaffitto, sublocazione e subconduzione di fondi rustici (art. 21, legge 3 maggio 1982, n. 203); subfornitura (art. 4, legge 18 giugno 1998, n. 192); subcontratto di lavoro subordinato (legge 23 ottobre 1960, n. 1369). Si noti che la riconducibilità della subfornitura è, per lo più, negata: v., già prima della legge 18 giugno 1998, n. 192, ALPA, voce “Sub-fornitura (contratto di)”, in Noviss. Dig. it., Appendice VII, p. 597 ss.; nonché, adesso: PADOVINI: “La nuova disciplina della subfornitura nelle attività produttive”, in Studium iuris, 1999, I, p. 1. Ma cfr. anche l’art. 4 legge cit., il quale configura, sotto la rubrica “divieto di interposizione”, la possibilità di dar luogo ad un subcontratto (sub-subfornitura).
11 Cass., 7 maggio 1999, n. 4593, in Dir. maritt., 2001, p. 1377, con nota di Xxxxxxx, in motivazione, dopo aver premesso che il subtrasporto “per quanto non previsto da una specifica norma deve ritenersi ammissibile sulla base dei principi generali, ha affermato che «si ha contratto di trasporto con subtrasporto, quando il vettore, impegnatosi ad eseguire il trasporto delle cose dal luogo di consegna a quello di destinazione, esegue con i mezzi propri soltanto una parte di esso, avvalendosi, quanto al resto, dell’opera di altro vettore, con il quale conclude in nome e per conto proprio un contratto di subtrasporto, nel quale assume la veste di mittente e che opera indipendentemente dal primo, non istituendosi alcun rapporto tra l’originario mittente ed il vettore del subtrasporto che, di fronte a quello, agisce quale ausiliario del vettore originario”. Ha poi aggiunto che, poiché nel contratto di trasporto di cose con subtrasporto non esiste un rapporto contrattuale tra il mittente ed il subvettore, non esiste una responsabilità solidale contrattuale di quest’ultimo nei confronti del mittente, nei cui confronti risponde esclusivamente il vettore.
Cass., 26 maggio 1994, n. 5165, in Dir. maritt., 1995, p. 1012, con nota di Pesce: “nell’ambito del trasporto con pluralità di vettori si individua la figura del trasporto con sub - trasporto la quale ricorre nell’ipotesi in cui il vettore si obbliga verso il mittente ad eseguire il trasporto del luogo di consegna delle cose da trasportare al luogo di destinazione, avvalendosi, in tutto o in parte, dell’opera di un sub - vettore. In tal caso il primo si obbliga ad eseguire la prestazione di trasporto per l’intero percorso e perciò assume, egli soltanto ed interamente, gli obblighi e le responsabilità ed acquista i diritti inerenti alla esecuzione del contratto. Questa circostanza, peraltro, non esclude la legittimazione del destinatario a fare valere i propri diritti verso il sub - vettore ciò in quanto, configurandosi il contratto di trasporto come stipulazione a favore di terzo, il detto destinatario può esercitare tali pretesi nella qualità di terzo beneficiario del contratto”. Conf.: Cass., 21 ottobre 1991, n. 11108, in Mass. Foro it., 1991.
12 ALBANESE: L’appalto, cit., p. 230 ss.; XXXXX e XXXXXXX: “Il subcontratto tra teoria generale ed ipotesi tipiche”, in Giust. civ., 1993, II, p. 573; PISANI: “Il subcontratto”, in Nuova Giur. civ. comm., 1999, II, p. 245); XXXXXXXX: in Enc. giur., voce “Sub-contratto”, XXX, p. 1 ss.; MESSINEO: in Enc. del dir., voce “Contratto derivato- Subcontratto”, X, p. 80 ss.; BACCIGALUPI: “Appunti per una teoria del subcontratto”, in Riv. dir. comm., 1943, I, p. 190. V. in giurisprudenza Cass., 11 agosto 1990, n. 8202, in Mass. Giur. it., 1990.
collegamento negoziale13, v’è chi preferisce fare riferimento alla accessorietà14 o alla subderivazione quale autonoma figura di dipendenza di un contratto rispetto ad un altro15, mentre non ha riscosso successo il tentativo di ricostruire il fenomeno come contratto a favore di terzo, intendendo come terzo il titolare della posizione attiva del contratto-base16.
Sembra più convincente la tesi prevalente. Con specifico riguardo al rapporto tra appalto e subappalto, si è chiarito in dottrina che il contratto “derivato” deve considerarsi un caso di collegamento tra due contratti, i quali, pur conservando autonoma causa ed esistenza, sono coordinati in funzione di unitaria operazione economica, con la possibilità che le vicende di uno si ripercuotano sull’altro17. Trattasi di un collegamento unilaterale, in cui il contratto derivato è accessorio al contratto base, del quale presuppone l’esistenza e dal quale è condizionato quanto a validità ed efficacia. Pertanto, determinando il collegamento contrattuale una
13 CARRESI: La cessione del contratto, Milano, 1950, p. 317; GASPERONI: “Collegamento e connessione tra negozi”, in Riv. dir. comm., 1955, I, p. 378; XXXXXXXX: in Enc. giur., cit., p. 10; XXXXX e MILIANO: “Il subcontratto”, cit., p. 589 ss., p. 593); CLARIZIA: La cessione del contratto, in Commentario Xxxxxxxxxxx, Milano, 2005, p. 81 ss. Contro: BIANCA: Diritto civile, 3, Il contratto, 2ª ed., Milano, 2002, p. 730, e GAZZONI: Manuale di diritto privato, 13 ª ed., Napoli, 2007, p. 1044, secondo i quali manca l’obiettivo del raggiungimento di un interesse unitario, cui dovrebbero tendere i vari negozi se si trattasse di collegamento negoziale.
Cass., 27 aprile 1995, n. 4645, in Mass. Foro it., 1995: “Il collegamento contrattuale, che può risultare tipizzato legislativamente, come nel caso della sub-locazione, o può essere espressione dell’autonomia negoziale, è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, ciascuno dei quali, pur conservando una causa autonoma, è finalizzato ad un unico regolamento di interessi, sicché le vicende che investono uno dei contratti, quali quelle relative all’invalidità, l’inefficacia o la risoluzione, possono ripercuotersi sull’altro. Pertanto il criterio distintivo fra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali quali l’unità o la pluralità dei documenti contrattuali (ben potendo un contratto essere unico anche se ricavabile da più testi e, per converso, un unico testo riunire più contratti) e la mera contestualità delle stipulazioni, ma dall’elemento sostanziale consistente nell’unicità e pluralità degli interessi perseguiti”.
Anche il richiamo ad una generica derivatività è frequente nella giurisprudenza, che ne trae conseguenze sul piano processuale. Cass., 10 febbraio 1996, n. 1038, in Giur. it., 1997, I, 1, p. 496: “Nel caso in cui venga concessa in affitto a terzi l’azienda del conduttore di un bene immobile, non si verifica la cessione del contratto di locazione (con la conseguente successione del cessionario nei diritti contrattuali prima facenti capo al conduttore cedente), ma si realizza un’ipotesi di sublocazione, che non determina successione nel rapporto contrattuale di locazione, ma dà vita invece ad un rapporto derivato, senza alcun vincolo diretto tra il locatore originario ed il subconduttore. Quest’ultimo non essendo titolare di alcuna posizione giuridica avente ad oggetto il rapporto di locazione primario, può partecipare al giudizio in cui si discute della risoluzione di tale rapporto, solo in veste di interventore adesivo dipendente (in appoggio al conduttore - subconduttore), per i riflessi che quel giudizio è in grado di produrre sul rapporto derivato di sublocazione, e non è quindi legittimato a riassumere il processo interrotto, essendo i poteri dell’interventore subordinati all’attività della parte principale adiuvata”.
14 CARBONE: “La cessione del contratto”, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, vol. XIII, Il contratto in generale, tomo VI, Torino, 2000, p. 321.
15 BIANCA: Diritto civile, 3, Il contratto, cit., p. 730.
16 Si tratterebbe di un accollo ex lege, aperto, tramite l’azione diretta, all’adesione del contraente originario, la quale avrebbe «natura di requisito o di presupposto dell’efficacia esterna dell’accollo contenuto in ognuna delle ipotesi subcontrattuali», per GRASSO: Il subcontratto, Napoli, 1977, p. 133; ID.: “Il subappalto nel sistema del codice civile”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2000, p. 17 ss. In senso contrario, può osservarsi che le parti non hanno alcun intento di favorire il titolare della posizione attiva del contratto- base.
17 DE TILLA: L’appalto privato: percorsi giurisprudenziali, Milano, 2011, p. 39 ss.; ANZANI: in Codice dell’appalto privato2, a cura di A. Luminoso, Milano, 2016, p. 362 ss.; CIGLIOLA: Il contratto di subappalto, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, in Trattato diretto da Xxxxxxx, Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000, p. 1403.
subordinazione del subappalto all’appalto principale, le vicende di quest’ultimo si ripercuotono sul subcontratto e si trasmettono, quindi, per una sorta di osmosi, le cause di invalidità e di risoluzione.
La sorte del subappalto è condizionata a quel che avverrà nel rapporto principale di appalto: ad esempio, se nei confronti del subappaltatore vi è stata accettazione senza riserva da parte dell’appaltatore, tale accettazione è da ritenere condizionata al fatto che il committente a sua volta accetti l’opera senza riserve18.
Poiché il subappalto è a sua volta un appalto, vale per esso la medesima regolamentazione normativa prevista dagli artt. 1655 ss. c.c. Se non esiste un patto specifico, quindi, al subappalto, quale contratto derivato, si applica la stessa disciplina legale del contratto base, non diversamente da quanto avviene negli altri subcontratti (subcomodato, sublocazione), escluse quelle disposizioni normative che fanno eccezione alla regola e che concedono particolari benefici19.
Quanto, invece, alle previsioni pattizie contenute nel contratto base, la legge non richiede che patti e condizioni del contratto di appalto si trasfondano nel subappalto, il quale conserva la sua autonomia: subcommittente e subappaltatore ben possono regolare il rapporto in modo difforme da quello del contratto di appalto, stabilendo condizioni, modalità, prezzi, tempi di esecuzione e consegna e in generale clausole diverse da quelle del contratto base20. L’applicazione delle clausole dell’appalto al subappalto non è quindi automatica, bensì rimessa all’autonomia contrattuale delle parti, ciascuna delle quali è vincolata nei limiti del rapporto cui partecipa.
Negli accordi che danno vita a una integrazione orizzontale, peraltro, è frequente la clausola del subappalto che commisura il corrispettivo del subappaltatore su quello stabilito nel contratto principale, detratta una percentuale trattenuta dal
18 Cass., 11 agosto 1990, n. 8202, in Mass. Giur. it., 1990.
19 Cass., 18 giugno 1975, n. 2429 (Mass. Foro it., 1975, 580). XX XXXXXXXX, in DI XXXXXXXX, L’appalto privato e pubblico, Torino, 2013, p. 122 ss.; PIRODDI: “Il contratto di subappalto”, in CUFFARO (a cura di), I contratti di appalto privato, in Trattato dei contratti, a cura di X. Xxxxxxxx-E. Xxxxxxxxx, Torino, 2011, p. 335 ss.; CERVALE: “La responsabilità dei subappaltatori”, in Xxxxxxxx Xxxxxx, a cura di X. Xxxxxxxxxxx e Xxxxxxxx, II, Napoli, 2009,
p. 1055 ss.; XXXXXXXXXXXX: L’appalto2, cit., p. 70 s.
20 Cass., 24 luglio 2000, n. 9684, in Contratti, 2000, p. 1155: “Non v’è ragione, quindi, per ritenere che al subappalto di opera pubblica debba integralmente applicarsi la disciplina del contratto da cui deriva, nel senso che le parti non possano stabilire condizioni, modalità e clausole diverse da quelle che nel contratto base trovano applicazione in attuazione della normativa in tema di appalti pubblici: a questa conclusione è pervenuta autorevole dottrina, secondo cui appalto e subappalto sono disciplinati ciascuno dalle proprie pattuizioni e solo nel silenzio delle parti al subappalto si applica la disciplina dell’appalto di opera pubblica, con la conseguenza che, nei rapporti tra p.a. ed appaltatore, il subappalto autorizzato non influisce in alcun modo sugli obblighi e diritti che sorgono dall’appalto e, nei rapporti tra p.a. e subappaltatore, l’autorizzazione al subappalto significa solo che esso è consentito, non importando la comparsa di un nuovo soggetto nel rapporto originario, né il nascere di un rapporto giuridico tra la stessa p.a. ed il subappaltatore”. Nella specie, le parti avevano stabilito pattiziamente il foro esclusivo del tribunale poi adito per la decisione di qualsiasi controversia; così facendo, avevano inteso chiaramente escludere la competenza arbitrale e regolare autonomamente tale aspetto del rapporto tra loro instaurato. Negli stessi termini, Cass., 26 luglio 2000, n. 9791, in Giust. civ., 2001, I, p. 767.
subappaltante a remunerazione della direzione dei lavori e del rischio contrattuale che incombe su di lui (nei confronti del committente). Se il corrispettivo pattuito nell’appalto principale si incrementa per effetto di mutamenti successivi, come varianti in corso d’opera, revisioni dei prezzi, ecc., muta correlativamente il corrispettivo del subappaltatore, giacché “il contratto di subappalto fa riferimento al contratto di appalto principale non come all’originario documento contrattuale, ma come alla fonte dei diritti e delle obbligazioni delle parti, quale risulta dal testo originario e dalle sue modifiche successive”21.
In generale, per tutti i tipi di subappalto è frequente la c.d. clausola if and when, in base alla quale il subappaltante dovrà versare il corrispettivo al subappaltatore solo dopo che sia stato a sua volta pagato dal committente: per conseguenza, il rischio dell’insolvenza del committente o del suo ritardo nell’adempimento non incombe più soltanto sul subappaltante, ma vi partecipa anche il subappaltatore. Resta inteso che la clausola del contratto di subappalto, che subordini l’obbligazione del pagamento del corrispettivo al pagamento da parte del committente principale, regola il “quando” e non l’an della prestazione, con la conseguenza che l’appaltatore sarà tenuto all’adempimento al momento dell’esecuzione della prestazione da parte del committente principale o dell’intervenuta impossibilità della medesima22.
Il contratto di subappalto fa piena prova degli impegni assunti dal subappaltatore. Delle eventuali discordanze fra quanto stabilito nel contratto di appalto e quanto nel contratto di subappalto, circa l’esecuzione dell’opera, è il subappaltante che deve rispondere nei confronti del committente23.
III. L’AUTONOMIA DEL SUBAPPALTATORE.
Anche per il contratto di subappalto, non diversamente da quello di appalto, l’autonomia costituisce un elemento naturale.
Dall’autonomia del subappaltatore, nell’esecuzione delle opere affidategli dall’appaltatore - subcommittente, discende altresì che il committente sia estraneo al rapporto obbligatorio che intercorre tra appaltatore e subappaltatore: il committente non acquista diritti né assume obblighi verso il subappaltatore. Il consenso del committente, preventivo o successivo, richiesto dall’art. 1656 c.c., vale solo a rendere legittimo il subappalto, ma non è idoneo ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore. È solo verso il subcommittente e non
21 XXXXXXX: Tratt. dir. civ.2, II, cit., p. 658.
22 App. Milano, 28 novembre 2000, in Giur. it., 2001, p. 1200. In dottrina, sulle clausole, apposte al contratto di appalto, if and when e pay when paid: POLIDORI: Appalto, in Tratt. Dir. Civ. CNN diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2015, p. 220.
23 Cass., 19 agosto 0000, x. 00000, in Contratti, 2010, p. 1031.
anche nei confronti del committente, che il subappaltatore può rivolgersi ai fini del pagamento24.
Analogamente, il subappaltatore si deve considerare terzo rispetto al contratto di appalto e non vincolato ad esso, salvo che per le clausole richiamate nel contratto di subappalto. Salvo diversi accordi, egli risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore.
L’autonomia del subappaltatore nell’esecuzione della prestazione comporta che egli sia tenuto a segnalare al subcommittente gli inconvenienti derivanti dalle direttive ricevute, giacché rimane responsabile anche nel caso di affidamento dell’incarico sulla base di un progetto già predisposto. Il subappaltatore può essere esentato da responsabilità soltanto nel caso estremo che, nonostante le sue segnalazioni, il subcommittente abbia confermato le precedenti disposizioni, riducendosi così, il ruolo del subappaltatore, al rango di nudus minister25.
Per altri versi, da tale premessa di principio non può trarsi il convincimento che debba essere necessariamente escluso il concorso di responsabilità del subcommittente, dovendosi aver riguardo alla specificità dei singoli episodi ed alle modalità con le quali si è verificato l’evento dannoso.
Va tenuto presente che, esattamente come avviene nei rapporti tra committente e appaltatore, anche in quelli tra subcommittente e subappaltatore occorre adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori; misure, queste, in assenza delle quali ben può ravvisarsi, assieme alla responsabilità del subappaltatore, una responsabilità concorrente del subcommittente, anche qualora i soggetti danneggiati siano i lavoratori dell’impresa subappaltatrice26.
24 Cass., Ord., 27 agosto 2019, n. 21719, in Studium juris, 2020, p. 336; Cass., 18 luglio 1984, n. 4186, in Mass. Foro it., 1984. A tale principio non si sottrae l’esperimento dell’azione per il pagamento dell’indennizzo spettante all’appaltatore in caso di recesso del committente, di cui all’art. 1671 c.c., rivestendo anche quest’ultima natura contrattuale (Cass., 2 agosto 2011, n. 16917, in Mass. Foro it., 2011).
25 Cass., 13 febbraio 2009, n. 3659, in Contratti, 2009, p. 593; Cass., sez. lav., 2 marzo 2005, n. 4361, ivi, 2005,
p. 921; Cass., 6 agosto 2004, n. 15185, in Giur. Bollettino legisl. tecnica, 2005, p. 156; Cass., sez. lav., 23 marzo 1999, n. 2745, in Bollettino legisl. tecnica, 1999; Cass., 24 settembre 2008, n. 24008, in Contratti, 2008,
p. 1143: “Nei confronti del committente scatta un diritto di risarcimento in via solidale se l’appaltatore abbia smistato una parte dei lavori al subappaltatore sorvegliando opera e organizzazione, trattandosi di autonomia limitata del subappaltatore. Anche in tema di subappalto, il sub-committente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore, ovvero in via solidale con lui, quando - esorbitando dalla mera sorveglianza sull’opera oggetto del contratto al fine di pervenire alla corrispondenza tra quanto pattuito e quanto viene ad eseguirsi - abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività del subappaltatore al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo anche sulla utilizzazione dei relativi mezzi”.
26 Riguardo al subappalto x. Xxxx., sez. lav., 19 aprile 2006, n. 9065, in Impresa, 2006, p. 1179; Cass., 15 novembre 2013, n. 25758, in Dir. e Giust., 2013, p. 1479 (nella cui fattispecie il giudice di legittimità - in relazione ai danni subiti da un artigiano a causa della caduta da un’impalcatura alta dodici metri, ove si era arrampicato, privo di cinture di sicurezza e di altri dispositivi di protezione, per eseguire su incarico della società subappaltatrice un intervento all’interno di un cantiere edile della società appaltatrice - ha riconosciuto un concorso di colpa delle due società, sul presupposto che la vittima del sinistro, abilitato ad accedere al cantiere, avrebbe dovuto trovare “in loco” tutte le provvidenze necessarie a garantirgli
Quando, poi si tratti dell’esecuzione di lavorazioni pericolose per la loro natura, l’appaltatore che subappalti a terzi l’esecuzione di parte dei lavori oggetto del contratto di appalto, non può trasferire tutti gli obblighi collaterali del contratto di appalto sul subappaltatore, ancorché lo stesso debba considerarsi autonomo ed esperto. Restano infatti a carico dell’appaltatore i doveri protettivi e di sicurezza, il cui inadempimento rende configurabile a suo carico la responsabilità di cui all’art. 2050 c.c., per gli eventuali danni riportati dal subappaltatore27. In tali ipotesi, la qualificazione dell’attività svolta come oggettivamente pericolosa, per gli stessi mezzi adoperati pone, inoltre, il tema della applicabilità dell’art. 2050 c.c. con il relativo regime dell’onere della prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare danni; tenuto presente che la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno richiesta dalla giurisprudenza è particolarmente rigorosa, nel senso che “non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di avere impiegato ogni cura o misura volta ad impedire l’evento dannoso, di guisa che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l’evento e non già quando costituisce elemento concorrente nella produzione del danno, inserendosi in una situazione di pericolo che ne abbia reso possibile l’insorgenza a causa dell’inidoneità delle misure preventive adottate”28.
Si applica anche al subappalto la previsione contenuta nell’art. 1676 c.c., in base alla quale i dipendenti dell’appaltatore hanno azione diretta verso il committente, fino a concorrenza del debito del committente verso l’appaltatore, per conseguire quanto loro dovuto per l’attività prestata nell’esecuzione dell’appalto. La soluzione, infatti, non può che valere anche per i dipendenti del subappaltatore nei confronti del subcommittente, in considerazione della ratio della norma, ravvisabile nell’esigenza di assicurare una particolare tutela in favore dei lavoratori ausiliari dell’appaltatore, atta a preservarli dal rischio del suo inadempimento; ratio, questa, che ricorre identica nell’appalto e nel subappalto29.
di lavorare in condizioni di sicurezza, non essendo stato provato che l’onere dell’apprestamento delle necessarie cautele gravasse, in via esclusiva, sulla società subappaltatrice).
27 Cass., 2 luglio 2010, n. 15723, in CED Cassazione, 2010. In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la responsabilità dell’impresa appaltatrice delle operazioni di taglio di un albero di alto fusto per la morte di un operaio al quale era stata affidata in subappalto l’esecuzione dell’incarico.
28 Cass. 4 giugno 1998 n. 5484, in Giur. it., 1999, p. 707 (a proposito del danno provocato dallo scoppio di una bombola di gas). Secondo la giurisprudenza il limite della responsabilità di cui all’art. 2050 c.c. sta nel fortuito, che attiene al modo di causazione del danno. Viene così considerato come “fortuito” il fatto imprevedibile o eccezionale che è anche dello stesso danneggiato.
29 Trib. Catania, 21 novembre 2019, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx, nonché, per gli appalti pubblici, App. Catania, sez. lav., 25 ottobre 2019, ivi, secondo cui l’art. 1676 c.c. si applica anche al subappalto di lavori pubblici, “sia perché il subappalto è un vero e proprio contratto di appalto, seppure caratterizzato da derivazione da altro contratto di appalto, sia perché, nell’appalto e nel subappalto, ricorre la stessa esigenza di tutela dei lavoratori, onde preservarli dal rischio di inadempimento del datore di lavoro”.
L’azione non compete, invece, al subappaltatore, il quale non può richiedere di essere retribuito al committente se non vi provveda il subcommittente: l’art. 1676 cit. legittima all’azione diretta verso il committente soltanto gli ausiliari dell’appaltatore. Il subappalto, invero, costituisce un contratto autonomo (sia pure derivato) dal contratto di appalto, al quale il committente rimane estraneo nonostante l’autorizzazione ex art. 1656 c.c. Ne consegue che il subappaltatore è privo di azione nei confronti del committente per far valere le pretese nascenti dal contratto, in applicazione della regola generale di cui all’art. 1372 c.c., 2° comma, c.c., a norma del quale il contratto non produce effetto rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge.
IV. LA RESPONSABILITÀ DEL SUBAPPALTATORE PER I VIZI O LE DIFFORMITÀ DELL’OPERA.
Caratteristica del subcontratto è, in genere, l’azione diretta concessa al titolare della posizione attiva del contratto-base nei confronti del titolare della posizione passiva del subcontratto. L’art. 1595 c.c., ad esempio, sancisce il diritto del locatore, senza pregiudizio dei suoi diritti verso il conduttore, di agire in via diretta contro il subconduttore per esigere il prezzo della subconduzione e per costringerlo ad adempiere tutte le altre obbligazioni derivanti dal contratto di sublocazione. Analogamente, il 4° comma dell’art. 1717 c.c. afferma che il mandante può agire direttamente contro la persona sostituita dal mandatario.
È fortemente discusso, peraltro, che l’azione diretta possa essere esercitata, quanto meno grazie all’analogia, in tutte le altre ipotesi di subcontrattualità ove non è espressamente prevista (30). Ciò è stato ammesso in materia di subleasing (31). È stato escluso, all’opposto, per l’appalto.
Infatti, l’assenso del committente al sub-appalto va inteso come mera autorizzazione, essendo diretta la norma dell’art. 1656 c.c. a tutelare l’interesse del committente e non già a costituire un nuovo e diverso rapporto tra committente e subappaltatore; ne consegue che nonostante l’autorizzazione, il subappalto resta un rapporto obbligatorio che intercorre tra appaltatore e subappaltatore, al quale il committente è estraneo, non acquistando diritti né assumendo obblighi verso il subappaltatore.
30 Cfr. la ricostruzione del dibattito in VECCHI: L’azione diretta, Xxxxxx, 0000.
31 Trib. Milano, 30 marzo 1987, in Riv. it. leasing, 1987, p. 451, ha concesso l’azione diretta alla società di leasing, affinché ottenesse dal subutilizzatore le somme non corrisposte dall’utilizzatore. Trib. Milano, 6 febbraio 1986 (ibid., p. 451), si è invece soffermato sulla distinzione tra subleasing e cessione del contratto di leasing: “Nel caso di subentro del sub-utilizzatore nel contratto di locazione finanziaria, ove la società concedente richieda canoni nella stessa misura pattuita originariamente tra essa e l’utilizzatore sub-concedente, il rapporto è qualificabile come ordinaria cessione del contratto; al contrario, ove la società concedente richieda al sub-utilizzatore canoni nella stessa misura pattuita tra il sub-utilizzatore ed il sub-concedente, il rapporto è qualificabile come subleasing”.
Il committente, dunque, non ha azione diretta contro il subappaltatore32.
In linea generale, egli può agire soltanto contro l’appaltatore, per far valere i vizi e le difformità ai sensi degli artt. 1667 e 1668 c.c.
Il subappaltatore, a sua volta, gode di autonomia nell’esecuzione delle opere affidategli dal subcommittente, sicché è, di massima, responsabile soltanto nei confronti della sua controparte contrattuale (l’appaltatore-subcommittente), mentre non ha rapporti col committente, con il quale non ha stipulato alcun contratto.
Nei confronti del subappaltatore, pertanto, il committente può soltanto esercitare i controlli e le verifiche di cui all’art. 1662 c.c., non in proprio, ma attraverso l’azione surrogatoria, e quindi soltanto qualora l’appaltatore-subcommittente trascuri di esercitare tale diritto.
Per il resto, il committente può e deve rivolgersi esclusivamente all’appaltatore- subcommittente, il quale potrà, eventualmente, agire poi in regresso nei confronti del subappaltatore, purché, ai sensi dell’art. 1670 c.c., gli abbia comunicato la denuncia dei vizi (ad opera del committente) entro sessanta giorni da quando l’ha ricevuta: sia che il committente faccia valere la garanzia ex art. 1667 x.x. xxx che lamenti rovina o gravi difetti ex art. 1669 c.c.
Tuttavia, laddove il subappaltatore, diversamente, intrattenga rapporti contrattuali diretti con il committente, deve per ciò solo escludersi l’esistenza di un subappalto, con conseguente piena ed esclusiva responsabilità dell’asserito subappaltatore per i danni arrecati nella esecuzione dei lavori33.
Il termine di sessanta giorni fissato dall’art. 1670 c.c., che è termine di decadenza, risponde all’esigenza di consentire al subappaltatore di accertare le lamentate irregolarità ed eventualmente porvi rimedio. I sessanta giorni decorrono dal momento in cui l’appaltatore ha ricevuto la contestazione del committente.
L’appaltatore è tenuto alla denuncia non soltanto nell’ipotesi in cui agisca in regresso nei confronti del subappaltatore, ma anche in quella, speculare, in cui sia il subappaltatore ad agire nei suoi confronti per inadempimento. In entrambe le
32 RUBINO e IUDICA: Dell’appalto4 , cit., p. 215; XXXXXXXXXXXX: L’appalto2, cit., 76; MIRABELLI, Dei singoli contratti, cit., p. 404. In senso contrario, VECCHI: L’azione diretta, cit.; BACCIGALUPI: “Appunti per una teoria del subcontratto”, in Riv. dir. comm., 1943, I, p. 196; MESSINEO: Dottrina generale del contratto, cit., p. 429, per i quali l’azione diretta sarebbe propria di ogni figura di subcontratto. Tra le tante, Cass., 11 agosto1990, n. 8202, in Mass. Giur. it., 1990.
33 È il caso posto all’attenzione di App. Genova, 10 luglio 2007, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx. I rapporti contrattuali diretti con il committente erano nella specie provati da produzioni documentali, quali il preventivo- capitolato dattiloscritto con timbro dell’asserito subappaltatore, le quietanze per alcuni pagamenti in acconto, la ricevuta fiscale rilasciata dallo stesso soggetto.
ipotesi, la pretesa dell’appaltatore di andare esente dal pagamento del corrispettivo trova fondamento nel vizio dell’opera, contestato dal committente. Diversamente opinando, si differenzierebbero le due situazioni, che sono il rovescio della stessa medaglia, del tutto irragionevolmente: la pretesa di andare esente dal pagamento del corrispettivo dell’appaltatore, infatti, trova fondamento, in entrambe le ipotesi (nel primo, agendo in regresso, e nel secondo, eccependo l’avverso inadempimento) nel vizio dell’opera contestato dal committente34.
L’art. 1670 c.c. si applica anche nell’ipotesi dei vizi palesi, diversamente dalla denunzia del committente prevista dagli artt. 1667 s. e 1669 c.c., che è atto successivo all’accettazione e vale quindi soltanto in relazione ai vizi occulti35.
Prima della formale denuncia del committente, l’appaltatore non ha interesse ad agire in regresso nei confronti del subappaltatore, atteso che il committente potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente. “L’azione dell’appaltatore è condizionata alla sua condanna nei confronti del committente; l’appaltatore convenuto in giudizio da questo può, però, chiamare nello stesso giudizio il subappaltatore, ma può anche iniziare azione separata, il cui esito rimarrà condizionato all’esito della lite con il committente. In ogni caso, il contenuto della responsabilità del subappaltatore è determinato dalla domanda del committente ed avrà come oggetto l’eliminazione del vizio, la riduzione del prezzo o la risoluzione del rapporto, a seconda che l’una o l’altra pretesa sia stata avanzata dal committente, indipendentemente dalla rilevanza del vizio o della difformità nell’ambito del rapporto di subappalto”36.
Peraltro, è discusso se la denuncia effettuata, anziché dall’appaltatore, dal committente direttamente al subappaltatore, consentendo a quest’ultimo di eliminare tempestivamente i vizi o di contestarli, sia o meno idonea a raggiungere il medesimo scopo della denuncia effettuata dall’appaltatore ai sensi dell’art. 1670 c.c.
In senso affermativo, “se lo scopo della denuncia prevista dall’art. 1670 c.c., è di informare il subappaltatore dell’esistenza della denuncia che l’appaltatore ha ricevuto dal committente, nonché di consentirgli di eliminare i vizi tempestivamente o di contestarli, si deve ritenere che tale scopo sia raggiunto nel caso in cui il committente comunichi direttamente la denuncia al subappaltatore, com’è avvenuto nella fattispecie in esame”37.
34 Cass., Ord., 22 ottobre 2020, n. 23071, in Studium juris, 2021, p. 644, in motivazione.
35 DE RENZIS: “La responsabilità dei subappaltatori e le cause di estinzione dell’appalto disciplinate dagli artt. 1671, 1672 e 1673 c.c.”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2000, p. 190.
36 MIRABELLI: Dei singoli contratti, cit., p. 454; Così anche Xxxx., 11 novembre 2009, n. 23903, in Bollettino legisl. tecnica, 2010, p. 185.
37 Cass., 18 dicembre 2014, n. 26686, cit.
In senso contrario, si è affermato che poiché i rapporti di appalto e di subappalto sono autonomi e la detta comunicazione ha natura comunicativa o partecipativa, la denuncia debba “provenire dall’appaltatore o da suo incaricato e non già aliunde come, ad esempio, dal committente-appaltante principale». Occorre infatti che
«non solo il destinatario, ma anche la fonte della dichiarazione si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali, impeditivi della decadenza, sono destinati a prodursi”38.
La natura recettizia della comunicazione induce questo secondo, più rigoroso, orientamento a escludere la sufficienza della conoscenza aliunde da parte del destinatario del contenuto dichiarativo per la produzione dell’effetto giuridico, in quanto legata a visioni della recettizietà degli atti unilaterali parificata a un mero meccanismo a finalità informativa39. In realtà, va sottolineata anche per gli atti giuridici in senso stretto la necessità che il comportamento che li genera sia sorretto da coscienza e volontà del comportamento stesso (c.d. suitas), anche se non degli effetti; onde una ricezione di un contenuto dichiarativo da parte del destinatario, in assenza di attribuibilità della dichiarazione al dichiarante legittimato, non consente di ritenere non solo e non tanto il sussistere della “ricezione”, ma ben più pregnantemente il sussistere, necessariamente preliminare, di un atto qualificabile come dichiarazione a riceversi.
Nel caso di specie, ammettere al di fuori di ogni conferimento di poteri rappresentativi che un terzo - quale è e resta l’appaltatore principale - possa effettuare in luogo del subcommittente legittimato la comunicazione (o suo equipollente) al subappaltatore ex art. 1670 c.c. equivale a ridurre - come ritenuto appunto dal primo orientamento giurisprudenziale riportato - la comunicazione a mera acquisizione di informazione, surrogabile quindi quanto alla fonte, laddove essa ha invece natura appunto comunicativa o partecipativa, non priva cioè di un coefficiente relazionale che impone, in base agli artt. 1669 e 1670 c.c., per quanto qui interessa, che non solo il destinatario ma anche la fonte della dichiarazione si identifichino con i soggetti sulle cui sfere giuridiche gli effetti legali (per quanto rileva, impeditivi della decadenza) sono destinati a prodursi, con suitas dell’attività comunicativa rispetto all’emittente.
Va inoltre ribadito e considerato, ancora una volta, che la giurisprudenza non riconosce all’appaltatore interesse ad agire in regresso nei confronti
38 Cass., Ord., 8 ottobre 2018, n. 24717, cit., che in motivazione prende espressamente posizione contro la sentenza di cui alla nota prec.
39 Cfr. ad es. per altre tipologie di atti Cass., 6 maggio 1986, n. 3032, in Mass. Giur. it., 1986; Cass., 26 marzo 1997, n. 2678, in Giust. civ., 1990, I, p. 149; e v., mutatis mutandis rispetto al tema trattato della recettizietà degli atti tributari, Cass., sez. un., 2 ottobre 2015, n. 19704, in Dir. e Prat. Trib., 2015, p. 1225; v. ancora, quanto all’esigenza che il rappresentante sia munito di procura, nella denuncia dei vizi della cosa venduta e nell’appalto, Cass., 30 ottobre 1998, n. 10854, in Mass. Giur. it., 1998; Cass., 14 maggio 2008, n. 12130, in Mass. Giur. it., 2008.
del subappaltatore ex art. 1670 c.c., prima della formale denuncia (rectius - è da ritenersi - o della mancata accettazione) del committente principale, sull’argomento che il committente stesso potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi, non denunciare mai i vizi occulti oppure denunciarli tardivamente. Ebbene, l’argomento è probante: anche l’appaltatore che abbia ricevuto denuncia dal proprio committente, stante la specularità di situazioni, potrebbe farsi carico in proprio dell’eliminazione dei vizi, senza voler agire in regresso (eventualmente, ma non necessariamente, in relazione a intese tra le parti del contratto derivato).
Rispetto a tale dato parrebbe dunque incoerente ammettere che, da un lato, le parti del contratto derivato restino sovrane circa la sorte sostanziale del loro rapporto, mentre il rapporto stesso, d’altro lato, resti soggetto a iniziative di un terzo (ad es. il committente principale). Se ciò fosse concesso, un terzo, partecipando in via diretta al subappaltatore l’esistenza di difetti (semmai senza portare nel contempo la denuncia a conoscenza dell’appaltatore-subcommittente), si arbitrerebbe di intervenire sullo stesso rapporto derivato, impedendo un effetto decadenziale legale non privo di valore ai fini della certezza delle situazioni giuridiche.
Va quindi apprezzato il principio di diritto secondo il quale la denuncia al subappaltatore deve essere effettuata dall’appaltatore (o da suo incaricato) e non ha valore giuridico ai sensi dell’art. 1670 c.c. se effettuata, invece, dal committente direttamente.
La natura di contratto derivato o subcontratto comporta che, poiché la sorte del subappalto è condizionata a quella del contratto di appalto, le norme sulla responsabilità per difformità e vizi dell’opera (artt. 1667 e 1668 c.c.) troveranno applicazione, con le seguenti differenze:
a) con riguardo all’opera eseguita dal subappaltatore, l’accettazione senza riserve dell’appaltatore è condizionata dal fatto che il committente accetti l’opera senza riserve;
b) l’appaltatore non può agire in responsabilità contro il subappaltatore prima ancora che il committente gli abbia denunciato l’esistenza di vizi o difformità, essendo prima di tale momento privo di interesse ad agire, per non essergli ancora derivato alcun pregiudizio, poiché il committente potrebbe accettare l’opera nonostante i vizi palesi o non denunciare mai quelli occulti o farne denuncia tardiva;
c) l’appaltatore può agire in giudizio contro il subappaltatore non appena il committente gli abbia tempestivamente denunciato l’esistenza dei predetti vizi o
difformità. L’appaltatore non è quindi tenuto alla denunzia stragiudiziale, se entro sessanta giorni preferisce citare direttamente in giudizio il subappaltatore40.
Come detto, l’art. 1670 c.c. estende ai subappaltatori anche la responsabilità ex art. 1669 c.c. Infatti, l’onere di denunzia vale sia che il committente agisca ex artt. 1667-1668 sia che proceda ex art. 166941. Nell’ambito dei lavori preparatori, può richiamarsi che, nella relazione del guardasigilli al c.c., si dà atto che era apparsa ingiustificata una norma del progetto del 1936 che esonerava i subappaltatori dalla responsabilità di cui all’articolo precedente; nella logica del perseguimento di tale identità di posizioni pur nei separati rapporti contrattuali, sul presupposto del pervenimento all’appaltatore di una “denunzia”, di vizi era parso al ministro proponente “opportuno di subordinare l’azione di regresso contro il subappaltatore ad una comunicazione che l’appaltatore deve dare della denuncia del committente entro 60 giorni”.
L’art. 1670 c.c. opera anche quando l’acquirente di un immobile agisca contro il costruttore-venditore ai sensi dell’art. 1669 c.c. e quest’ultimo si rivolga contro il terzo cui aveva affidato, in tutto o in parte, l’esecuzione dell’opera: anche in tal caso, quindi, il venditore dovrà denunciare entro sessanta giorni, a pena di decadenza, la contestazione dell’acquirente al terzo esecutore, sebbene questi non possa essere ritenuto subappaltatore in senso tecnico42.
V. LA RESPONSABILITÀ DEL SUBAPPALTATORE PER ILLECITO EXTRACONTRATTUALE: I DANNI AI TERZI; I DANNI AL COMMITTENTE.
La disciplina del subappalto, per la quale il subappaltatore assume, sia nei confronti dell’appaltatore suo committente sia nei confronti dei terzi, le stesse responsabilità dell’appaltatore verso il committente e verso i terzi, è ispirata al principio per cui tra committente e subappaltatore, nonostante l’autorizzazione ex art. 1656 c.c., non si costituisce alcun rapporto giuridico; in tal senso, va sottolineato
- anche in base a confronto con l’art. 1676 x.x., xxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx - xxxx
00 XXXXXX: L’appalto4, con aggiornamenti di Moscati, cit., p. 118. In giurisprudenza: Cass., 11 novembre 2009, n. 23903, cit.; Trib. Sondrio, 13 gennaio 2020, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx
41 In dottrina: XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4, cit., p. 496; XXXXXXXXXXXX: L’appalto2, cit., p. 74; XXXXXXXXX, GIOVANNINI: L’appalto di opere pubbliche14, Milano, 2021, p. 2317 ss. In giurisprudenza: Cass., Ord., 8 ottobre 2018, n. 24717, in CED Cassazione, 2018; Cass., 18 dicembre 2014, n. 26686, in CED Cassazione, 2014; Cass., 11 novembre 2009, n. 23903, in Bollettino legisl. tecnica, 2010, p. 185.
42 Cass., 8 agosto 2002, n. 11947, in Giur. Bollettino legisl. tecnica, 2003: “Premessa l’applicabilità della norma di cui all’art. 1669 c.c., in tema di responsabilità dell’appaltatore verso il committente, anche all’analoga fattispecie di responsabilità del costruttore-venditore verso l’acquirente, deve ritenersi parallelamente applicabile anche la successiva disposizione di cui all’art. 1670 (che disciplina l’ipotesi dell’azione di regresso spettante all’appaltatore nei confronti del subappaltatore stabilendo, per il suo esercizio, un termine di decadenza di 60 giorni) all’ipotesi in cui il costruttore-venditore, chiamato a rispondere, ai sensi dell’art. 1669 cit., da parte dell’acquirente, intenda agire contro il soggetto cui aveva affidato l’esecuzione (in tutto o in parte) delle opere, con la conseguenza che anch’egli sarà tenuto all’osservanza del termine di decadenza breve, pur non potendosi qualificare il terzo esecutore come subappaltatore in senso tecnico”. Negli stessi termini già Cass., 27 agosto 1997, n. 8109, in Mass. Giur. it., 1997.
l’art. 1670 c.c. venga a escludere l’esistenza di qualsiasi responsabilità diretta del subappaltatore nei confronti del committente.
L’autonomia del subappaltatore, pertanto, incide anche sul piano della responsabilità civile: dei danni arrecati a terzi dal subappaltatore nell’esecuzione dell’opera o del servizio, risponde solo il subappaltatore e non anche il subcommittente: non può applicarsi, nella specie, l’art. 2049 c.c., perché il primo non è un dipendente del secondo, ma è un lavoratore autonomo. Egli assume, con l’autonoma gestione del lavoro, la piena responsabilità di quanto si svolge nel luogo di lavoro, anche se attua lavori in precedenza appaltati ad altri. E, ancora una volta, l’eventuale ingerenza dell’appaltatore esclude la responsabilità del subappaltatore soltanto se questi divenga un suo mero esecutore.
Solo in un caso (eccezionale) il subcommittente può essere chiamato a rispondere dell’illecito extracontrattuale del subappaltatore per danni cagionati ai terzi: quando il primo abbia esercitato una concreta ingerenza sull’attività del secondo, al punto da ridurlo al ruolo di mero esecutore ovvero agendo in modo tale da comprimerne parzialmente l’autonomia organizzativa, incidendo anche sull’utilizzazione dei relativi mezzi43. Anche in caso di subappalto vale il principio analogo a quello che la giurisprudenza fa valere nei rapporti tra committente e appaltatore: la responsabilità del subcommittente per i danni derivati ai terzi dall’attività esecutiva dell’opera commessa al subappaltatore può essere affermata solo nel caso che il primo abbia esercitato sull’attività del secondo una ingerenza talmente penetrante da averlo reso mero esecutore dei suoi ordini.
La condotta negligente del subappaltatore integra inadempimento contrattuale nei confronti del subappaltante: si tratta di due soggetti vincolati a un contratto, il contratto di subappalto.
Non può invece sorgere, in capo al subappaltatore, una responsabilità verso il committente ai sensi dell’art. 1669 c.c. L’operatività di tale norma presuppone infatti il rapporto diretto tra committente e appaltatore, solo legittimato passivo, quale unico garante della stabilità e sicurezza dell’edificio, rispetto all’azione in tal senso proposta dal primo44.
43 Cass., 15 ottobre 2007, n. 21540, in Nuova Giur. civ. comm., 2008, p. 480, con nota di Cinque. Per ipotesi in cui il subcommittente risponde nei confronti dei terzi in luogo del subappaltatore: Xxxx., sez. lav., 19 aprile 2006, n. 9065, in Impresa, 2006, p. 1179 (nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto dalla subcommittente in ordine all’affermazione della sua corresponsabilità con riferimento ai danni subiti da un lavoratore dipendente della ditta subappaltatrice, alla stregua della corretta valutazione contenuta nella sentenza impugnata circa la sua ingerenza e l’assunzione dell’obbligo di attuazione delle misure di prevenzione relative all’esecuzione dei lavori oggetto del contratto di subappalto). Cass., 12 giugno 1990,
n. 5690, in Mass. Giur. it., 1990, in tema di responsabilità dell’appaltatore per danni provocati a terzi da cosa in custodia di un subappaltatore parziale e di esercizio di attività pericolosa.
44 Qualora, poi, in un contratto di subappalto il subappaltatore si sia obbligato a prestare garanzia di legge sulla qualità dei materiali impiegati e sulla perfetta esecuzione dei lavori di contratto, a mezzo di polizza assicurativa, senza che nel contratto siano specificati la durata ed il contenuto della garanzia, non si può
Il fatto doloso o colposo del subappaltatore può però dar luogo a responsabilità nei confronti del committente, seppure non ex art. 1669 c.c., ex art. 2043 c.c.
Detto fatto è illecito in quanto idoneo a ledere il diritto del committente, nonché a cagionare un pregiudizio ingiusto45. Infatti, la condotta negligente del subappaltatore, che integra inadempimento contrattuale nei confronti del subappaltante, ben può dare luogo a responsabilità extracontrattuale nei confronti del committente originario. Si tratta della lesione di un diritto di credito del committente: il diritto ad una corretta esecuzione del rapporto contrattuale di appalto. Il danno ingiusto consiste negli esborsi necessari ai fini della rimozione di vizi e difformità.
Ma questa responsabilità extracontrattuale riferita al subappaltare è riconducibile, appunto, non all’art. 1669 c.c., bensì alla normativa di cui all’art. 2043 c.c.: nella specie, il subappaltatore è un terzo che ha ostacolato o reso impossibile l’adempimento di un obbligo. Nei confronti del subappaltatore non potrebbe invocarsi direttamente o analogicamente la disposizione di cui all’art. 1669 c.c. poiché sebbene questa consenta un’azione diretta che prescinde dal rapporto contrattuale, la limita dal lato passivo al solo appaltatore (o al venditore costruttore), che il legislatore ha voluto porre come unico garante della solidità e stabilità dell’edificio.
D’altra parte, il consenso, sia antecedente sia successivo, espresso dal committente all’esecuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, vale soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 c.c., il ricorso dell’appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore.
Ciò premesso, nessun valore ha il richiamo all’autonomia organizzativa ed imprenditoriale del subappaltatore ai fini della sua responsabilità nei confronti del committente. È necessaria solo la dimostrazione del fatto illecito in tutte le sue componenti: il fatto dannoso, il danno, il nesso di casualità, la colpa o il dolo del danneggiante.
ritenere che la polizza debba coprire i rischi inerenti alla responsabilità decennale per rovina e difetti di cose immobili ai sensi dell’art. 1669 x.x. Xx deve invece interpretare tale clausola con riferimento alla responsabilità biennale di cui all’art. 1667 c.c. (difformità e vizi dell’opera) e si può ragionevolmente ritenere che il massimale di indennizzo debba corrispondere al valore complessivo dei lavori eseguiti (Trib. Padova, 7 maggio 2003, n. 4078, in Mass. Giur. Civ. Patavina, 2006).
45 Cass., Ord., 27 agosto 2019, n. 21719, in Studium juris, 2020, p. 336. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che, in relazione ai danni subiti dal committente a causa dei lavori di copertura di un edificio eseguiti dal subappaltatore e consistiti negli esborsi necessari conseguiti allo scoperchiamento del tetto, ha ricondotto la responsabilità del subappaltatore medesimo all’art. 2043 c.c. (Tuttavia, la domanda relativa alla responsabilità extracontrattuale era inammissibile perché introdotta in giudizio tardivamente e comunque l’attore non aveva dato prova della colpa del convenuto, secondo lo schema della responsabilità extracontrattuale).
Senza dire che non sussistendo, tra committente e subappaltatore, un rapporto contrattuale, quest’ultimo non può mai assumere la posizione di un nudus minister del committente.
VI. SUBCONTRATTUALITÀ E CEDIBILITÀ DEL CONTRATTO: RIFLESSIONI CONCLUSIVE.
Il subappalto altro non è che un vero e proprio appalto che si caratterizza per essere un contratto derivato da altro appalto stipulato a monte, che ne costituisce il presupposto.
La subcontrattualità, allora, può essere ricondotta alla successione nel contratto solo sotto questo limitato profilo: in entrambi i casi una parte reimpiega, nei confronti di un terzo, una posizione contrattuale che le deriva dal contratto-base46.
Totalmente diversa è, però, la sostanza di questo reimpiego: se nella cessione il nuovo appaltatore (terzo) assume la posizione contrattuale dell’appaltatore cedente, il quale dismette la propria, nel subcontratto, «al contrario, la successione nei diritti e negli obblighi derivanti nel contratto base avviene senza l’estromissione del xxxxx causa, il quale conserva la propria posizione contrattuale nei confronti dell’altro contraente originario, ed assume, invece, quella opposta nei riguardi del nuovo contraente»47. In definitiva, nell’ipotesi di subcontratto si ha una parte del contratto base che assume verso un terzo il ruolo inverso a quello che ha nel contratto originario: nel caso di xxxxxxxxxx, rispetto al terzo (il committente), l’appaltatore diviene committente48 (così come il conduttore diviene locatore, l’agente preponente, il comodatario comodante, ecc.). Non si assiste, invece, ad alcuna sostituzione di un soggetto a un altro, non opera alcun trasferimento della posizione contrattuale: si ha solo l’aggiunta, al primo contratto, di un nuovo contratto, che dal primo deriva le posizioni giuridiche.
Ragionando, più precisamente, in termini di rapporto, col subappalto non si verifica la successione nel rapporto che caratterizza la cessione, ma si dà origine ad un rapporto derivato dal contratto base.
I giudici di legittimità non hanno dubbi sulla “diversità, ontologica e funzionale, delle due figure della cessione del contratto e del subcontratto, nel senso che la prima implica la mera sostituzione soggettiva di una parte dell’originario contratto,
46 Cass., 18 giugno 1975, n. 2429, in Mass. Foro it., 1975.
47 CARBONE: La cessione del contratto, cit., p. 319.
48 Cass., 11 agosto 1990, n. 8202, in Mass. Foro it., 1990: “Dalla natura di contratto derivato o subcontratto del subappalto, deriva che la sorte di detto contratto è condizionata a quella del contratto principale, di guisa che con riguardo all’opera eseguita dal subappaltatore l’accettazione senza riserve dell’appaltatore, resta condizionata dal fatto che il committente accetti a sua volta l’opera senza riserve”.
mentre la seconda è un contratto derivato da quello originario ed, inoltre, la prima è un negozio trilaterale mentre l’altra è un negozio bilaterale”49.
La diversità, d’altra parte, è confermata in punto di disciplina anche al di fuori di quella dell’appalto: basti pensare alla locazione, ove il subcontratto è rimesso alla scelta del locatario, mentre la cessione dipende dal consenso del locatore (art. 1594 c.c.); ed al divieto di cui all’art. 21, legge 3 maggio 1982, n. 203, che inerisce al subaffitto, alla sublocazione ed alla subconduzione di fondi rustici, ma non alla cessione50.
Nel caso dell’appalto, diversamente dalla locazione, si impone l’autorizzazione del committente; ma si tratta di un effetto della diversa incidenza del subcontratto rispetto al locatore o al committente: per il primo, il risultato perseguito è il pagamento del canone, ed egli ha a disposizione, a propria tutela, l’azione diretta nei confronti del subconduttore; per il secondo, il risultato voluto è il conseguimento dell’opera o lo svolgimento del servizio, e le qualità e l’affidabilità dell’impresa subappaltatrice assumono rilievo decisivo; tanto più che nel caso dell’appalto il titolare del rapporto base, committente, rimane estraneo al sub- rapporto: non acquista diritti né assume obblighi verso il subappaltatore, giacché la legge non prevede a suo vantaggio, come visto, l’azione diretta. Ma l’influenza della prestazione del subappaltatore sul risultato finale è considerata dal legislatore sotto un diverso profilo: quello della preventiva valutazione del committente, garantita dalla necessità della sua autorizzazione.
Nella cessione dell’appalto, all’opposto, il subappaltatore cessionario subentra nelle obbligazioni del cedente ed è quindi posto in relazione diretta con il committente51.
Quanto alla posizione dell’originario appaltatore, nel subappalto, egli resta responsabile verso il committente, perché il subappalto, nonostante l’autorizzazione
49 Cass., 14 luglio 1994, n. 6602, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1994, p. 552, con nota di TRIOLA. Cass., 2 dicembre 1980, n. 6295, in Mass. Foro it., 1980: “Nella cessione del contratto, oggetto del trasferimento dall’uno all’altro soggetto è la complessiva posizione che un soggetto ha assunto nel rapporto nascente dal contratto, la quale deve restare immutata nei suoi elementi oggettivi originari, con la conseguenza che, nel caso in cui il conduttore dia in godimento ad un terzo (verso un corrispettivo) parte dell’immobile, non è configurabile una cessione parziale del contratto di locazione bensì una sublocazione parziale”. In dottrina: ALBANESE: L’appalto, cit., p. 267; DELLACASA: “Il subappalto”, in Tratt. dei contratti di Roppo, III, Milano, 2014, p. 161 ss.; POLIDORI: Codice civile, annotato con la dottrina e la giurisprudenza, IV, 2, a cura di Perlingieri, Napoli, 2010, p. 1641; XXXXXX e IUDICA: Dell’appalto4 , cit., 214 s.; MONTANARI: “Profili del subappalto”, cit., p. 27 ss.
50 Cass., 14 luglio 1994, n. 6602, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1994, p. 552, con nota di TRIOLA, Divieto di subafitto e cessione del contratto, che in motivazione ha sottolineato “la diversità, ontologica e funzionale, delle due figure della cessione del contratto e del subcontratto, nel senso che la prima implica la mera sostituzione soggettiva di una parte dell’originario contratto, mentre la seconda è un contratto derivato da quello originario ed, inoltre, la prima è un negozio trilaterale mentre l’altra è un negozio bilaterale”.
51 XXXXXXXXXXXX: L’appalto2, cit., p. 69; XXXXXX: L’appalto4, con aggiornamenti di Moscati, cit., p. 93. Per l’appalto pubblico: PERFETTI: “La cessione del contratto di appalto con la pubblica amministrazione”, in Dir. amm., 2002, p. 491.
del committente, per quest’ultimo resta res inter alios, rimane un accordo tra appaltatore e subappaltatore.
Al contrario, nella cessione del contratto, l’originario appaltatore è di regola liberato verso il committente ceduto e non risponde dell’operato del nuovo appaltatore cessionario.
La situazione dell’originario appaltatore è quindi di maggiore vantaggio, nella cessione, rispetto alla fattispecie del subappalto.
BIBLIOGRAFIA
ALPA: voce “Sub-fornitura (contratto di)”, in Noviss. Dig. it., Appendice VII, p.
597.
ANZANI: in Codice dell’appalto privato2, a cura di A. Luminoso, Milano, 2016.
BACCIGALUPI: “Appunti per una teoria sul subcontratto”, in Riv. dir. comm., 1943, I. p. 181.
BIANCA: Diritto civile, 3, Il contratto, 2ª ed., Milano, 2002.
CAGNASSO: Il contratto di appalto, in Contratti commerciali a cura di Xxxxxxx, in
Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ, diretto da Xxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000.
CARBONE: “La cessione del contratto”, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, vol. XIII, Il contratto in generale, tomo VI, Torino, 2000.
CARRESI: La cessione del contratto, Milano, 1950.
CERVALE: “La responsabilità dei subappaltatori”, in Xxxxxxxx Xxxxxx, a cura di X. Xxxxxxxxxxx x Xxxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000.
XXXXX e XXXXXXX: “Il subcontratto tra teoria generale ed ipotesi tipiche”, in Giust. civ., 1993, II, p. 573.
XXXXXXXXX, XXXXXXXXXX: L’appalto di opere pubbliche14, Milano, 2021.
CIGLIOLA: Il contratto di subappalto, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, in Trattato diretto da Xxxxxxx, Xxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000.
CLARIZIA: La cessione del contratto, in Commentario Xxxxxxxxxxx, Milano, 2005, p.
81.
DE RENZIS, “La responsabilità dei subappaltatori e le cause di estinzione dell’appalto disciplinate dagli artt. 1671, 1672 e 1673 c.c.”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2000.
DE TILLA: L’appalto privato: percorsi giurisprudenziali, Milano, 20 1. DELLACASA: “Il subappalto”, in Tratt. dei contratti di Roppo, III, Milano, 2014. DI XXXXXXXX: L’appalto privato e pubblico, Torino, 2013.
XXXXXXX: Tratt. dir. civ.2, II, Le obbligazioni in generale. Il contratto in generale. I singoli contratti, Padova, 2010.
GASPERONI: “Collegamento e connessione tra negozi”, in Riv. dir. comm., 1955, I, p. 378.
GAZZONI: Manuale di diritto privato, 13 ª ed., Napoli, 2007.
XXXXXXXXXXXX: L’appalto2, in Trattato dir. civ. comm., diretto da A. Cicu-X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxx, continuato da X. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1977.
GRASSO: Il subcontratto, Napoli, 1987.
GRASSO: “Il subappalto nel sistema del codice civile”, in L’appalto privato, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 2000.
GRECO: La compravendita e altri contratti, Milano, 1947.
MESSINEO: “Contratto derivato-subcontratto”, in Enc. dir., X, Milano, 1962.
MIRABELLI: Dei singoli contratti, in Comm. Utet, Libro IV, tomo 3°, Torino, 1991.
MONTANARI: “Profili del subappalto nel diritto privato e nella legislazione delle opere pubbliche”, in Riv. trim. Dir. Proc. civ., 1993, p. 27.
MOSCARINI: “L’appalto”, in Tratt. Xxxxxxxx, 1, Torino, 1984.
PADOVINI: “La nuova disciplina della subfornitura nelle attività produttive”, in
Studium iuris, 1999, I, p. 1.
PANETTA: Il contratto di appalto, Torino, 2016.
PERFETTI: “La cessione del contratto di appalto con la pubblica amministrazione”, in Dir. amm., 2002, p. 491.
PIRODDI: “Il contratto di subappalto”, in CUFFARO (a cura di), I contratti di appalto privato, in Trattato dei contratti, a cura di X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 00 1.
PISANI: “Il subcontratto”, in Nuova Giur. civ. comm., 1999, II, p. 245.
POLIDORI: Codice civile, annotato con la dottrina e la giurisprudenza, IV, 2, a cura di Perlingieri, Napoli, 2010.
POLIDORI: Appalto, in Tratt. Dir. Civ. CNN diretto da X. Xxxxxxxxxxx, Napoli, 2015.
RICCIUTO: in Enc. giur., voce “Sub-contratto”, XXX, p. 1 ss.
RUBINO: L’appalto4, con aggiornamenti di Moscati, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, VII, 3, Torino, 1980.
RUBINO e IUDICA: Dell’appalto4, in Comm. x.x. Xxxxxxxx-Xxxxxx, Xxxxxxx-Xxxx, 0000.
RUBINO XXXXXXXXXX: Appalti di opere e contratti di servizi, Padova, 1996.
TRAPUZZANO: L’appalto privato, Milano, 2020.
TRIOLA: “Divieto di subafitto e cessione del contratto”, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1994, p. 552.
UGAS: in Codice dell’appalto privato2, a cura di A. Luminoso, Milano, 2016.
VIGNALI: “Formazione del corrispettivo”, in L’appalto privato, a cura di Costanza, Torino, 2000.
VILLANACCI: voce “Appalto”, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg., Torino, 2007.
VECCHI: L’azione diretta, Xxxxxx, 0000.