DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI CIVILI, COMMERCIALIE DEL LAVORO
UNIVERSITA CA FOSCARI DI VENEZIA
Dottorato di ricerca in
DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI CIVILI, COMMERCIALIE DEL LAVORO
22° CICLO
(A.A. 2006/2007 A.A. 2008/2009)
LA DIRETTIVA 2006/54/CE LA PARITA DI TRATTAMENTO UOMO-DONNA NELL ACCESSO AL LAVORO TRA STRUMENTI DI SOFT LAW E RUOLO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
Settore scientifico-disciplinare di afferenza: IUS/01 Diritto privato
Tesi di dottorato di XXXXXX XXXXX XXXX (955335)
Coordinatore del dottorato Tutor della dottoranda
Xxxx. XXXXXXX XX XXXXXXX Prof.ssa XXXXXXX XXXXXXX
Indice
CAPITOLO I: L e vo luzio n e s to rico - giuridica dei diritti fondamentali
1. Dichiarazione di intenti
2. L evoluzione del concetto di indipendenza economica: dalla società agricola alla società post industriale.
p.
3. L evoluzione dei diritti fondamentali.
4. I diritti fondamentali e la posizione della Corte di Giustizia
4.1. I diritti fondamentali e la Carta di Nizza
5. Il principio di non discriminazione nel contesto internazionale 6. La dignità umana come limite alla discriminazione
CAPITOLO II: Il contesto europeo
1. Il principio di uguaglianza nel contesto europeo
2. Il principio di non discriminazione dai Trattati istitutivi al Trattato di Amsterdam
2.1. La sentenza Xxxxxxxx
2.2. La direttiva 76/207/C.E.E.
2.3. La sentenza Xxxxxxx
2.4. La sentenza Xxxxxxxxx
3. Le novità introdotte con il Trattato di Amsterdam
3.1 L art. 141 del Trattato di Amsterdam e la dir. 76/ 207
4. Le pronunce della Corte di Giustizia a cavallo dell entrata in vigore del Trattato di Amsterdam
CAPITOLO III: Dalle tecniche di normazione hard law a quelle di soft law
1. La discriminazione diretta
0.0.Xx posizione della Corte di Giustizia
2. La discriminazione indiretta
3. Le azioni positive
3.1. Le azioni positive nel sistema statunitense
3.2. Le azioni positive nella giurisprudenza della Corte di Giustizia
3.3. Le azioni positive nel diritto comunitario
4. Il gender mainstreaming
5. Il dialogo sociale
6. Il Metodo Aperto di Coordinamento
6.1. Dal metodo comunitario alla Strategia per l occupazione
6.2. Strumenti di soft law e SEO
6.3. La Strategia di Lisbona e il Metodo Aperto di Coordinamento
CAPITOLO IV: Il ruolo della Corte Costituzionale
1. Il principio di uguaglianza nella Costituzione Italiana
2. La posizione della Corte Costituzionale
3. Le azioni positive e la sentenza 109/93
4. La sentenza 443/97 a Costituzione invariata e la parità nella rappresentanza politica
5. La sentenza 49/03 a Costituzione variata
6. Il legislatore italiano e la direttiva 2006/54/CE
BIBLIOGRAFIA
C A P I T O L O P R I M O
L e vo luzio n e s to rico - giuridica dei diritti fondamentali
* * *
Sommario: 1. Dichiarazio n e di in te n ti 2 . L e vo luzio n e de l co n ce tto di in dipe n de n za e co n o m ica: dalla so cie tà agrico la alla so cie tà po s t in dustriale 3 . L e vo luzio n e de i diritti fo n dam e n tali 4 . I diritti fo n dam e n tali e la po s izio x x xx xxx Xx xxx xx Xxxxxxxxx 0 . Il prin cipio di n o n discrim in azio n e nel contesto internazionale 6. La dignità umana come limite alla discriminazione.
1. Una dichiarazione di intenti.
La ricerca che si vuole qui affrontare è un analisi delle vicende normative e giurisprudenziali che hanno condotto all adozione della dir. 2006/ 54/ CE, non dimenticando di svolgere gli opportuni richiami al contesto economico-sociale, in particolare dell ultimo ventennio del secolo scorso, dell Unione Europea.
L analisi che ruota intorno alla dir. 2006/ 54/ CE terrà conto che la stessa racchiude in sé, alla luce della volontà del legislatore europeo di razionalizzare la materia, la dir. 76/ 207/ CEE relativa all attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto concerne l accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro, la direttiva 86/ 378 / CEE del relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale, la direttiva 75/ 117/ CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile e la direttiva 97/ 80 / CE riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso.
Pertanto l oggetto del presente studio verrà circoscritto alla parte della direttiva relativa all attuazione del principio parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto concerne l accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro.
In via preliminare verrà dedicata attenzione, seppur brevemente, non essendo questo il tema centrale della ricerca, all evoluzione del concetto di diritto fondamentale , premessa necessaria per cogliere successivamente il riconoscimento dato dalla Corte di Giustizia prima e dalla Carta di Xxxxx dopo ai diritti fondamentali, ed in particolare al divieto di discriminazione.
Successivamente si passerà ad una breve analisi dell importanza del principio di uguaglianza e di non discriminazione nel contesto internazionale, per poi passare ad un approfondimento nel contesto comunitario, prima e dopo il Trattato di Amsterdam, ripercorrendo l evoluzione che ha avuto il principio di non discriminazione nei Trattati istituitvi delle Comunità. Il principio di non discriminazione nasce, infatti, come strumento volto ad evitare turbative della concorrenza, per poi assumere rilievo nell attuazione delle politiche comunitarie,
mentre il principio di uguaglianza, per parte sua, trova riconoscimento nelle cosiddette disposizioni sociali del Trattato C.E. in tema di accesso al mercato del lavoro, di trattamento sul luogo di lavoro, di retribuzione.
Gli anni Novanta del secolo scorso hanno visto impegnata l Unione Europea a livello internazionale, sul piano della concreta applicazione del principio di non discriminazione, con la partecipazione alla Conferenza delle Nazioni Unite sulla donna ( Pechino 1995 ) e la contestuale adozione della Dichiarazione e della Piattaforma di azione. Tale impegno assunto a livello internazionale porterà la Comunità Europea ad adottare una serie di comunicazioni e programmi di azione volti a perseguire gli obbiettivi prefissati a Pechino ( Comunicazione Integrare la portata delle pari opportunità tra le donne e gli uomini nel complesso delle azioni comunitarie COM(96)67 def., il Programma di azione per l integrazione della parità tra generi nella cooperazione allo sviluppo delle Comunità Europee, e il reg. CE 806/ 04 sulla promozione della parità tra sessi nella cooperazione allo sviluppo).
E proprio dallo studio dell approccio adottato dalle istituzioni comunitarie per affrontare la regolamentazione della materia si proverà a far emergere il passaggio dall adozione di tecniche di normazione di hard law a tecniche di normazione di soft law, le novità introdotte dalla Carta di Xxxxx, il ruolo che la Corte di Giustizia ha avuto quando è stata investita della problematica e l influenza che la stessa ha esercitato sul legislatore di Xxxxxxxx.
Il presente studio proseguirà approfondendo le posizioni assunte dalla Corte di Giustizia e l influenza che tale giurisprudenza ha avuto nelle posizioni adottate dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale italiana e dal legislatore con l adozione del Codice delle pari opportunità, evidenziando i probabili sviluppi futuri in quanto la direttiva 2006/54/CE non è ancora stata recepita
Nell affrontare lo studio si è ritenuto, in una prima parte, di seguire, nell esposizione, un criterio cronologico che meglio permette di evidenziare i passaggi di rilievo, e di dare coerenza al percorso intrapreso; in una seconda parte in cui si prenderanno in considerazione le tecniche di soft law , il Metodo Aperto di Coordinamento, l adozione di strumenti volti a perseguire l obbiettivo della parità il criterio si abbandona il criterio cronologico per sostituirlo con approccio per categorie. E da ultimo si ritornerà al criterio cronologico laddove si andrà ad affrontare la posizione della normativa interna e della giurisprudenza della Corte
Costituzionale italiana in relazione al raggiungimento degli obbiettivi indicati dalle norme comunitarie in tema di parità di trattamento uomo-donna.
2 . L e vo lu zio n e xx x xx x xx xxx xx xx xxxx x xx x xx e co n o m ica: dalla società agricola alla società post industriale.
Lo studio relativo relativo all attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego non permette di prescindere da un breve excursus dell evoluzione storica del concetto di indipendenza economica, perché proprio sulla base delle sempre nuove dinamiche socio-economiche l Unione Europea ha preso lo spunto per legiferare sulla materia1, intraprendendo un percorso, maggiormente visibile negli ultimi vent anni, ma che è stato intrapreso sin dall entrata in vigore dei Trattati istituitivi.
Si è infatti assistito al noto passaggio dalla famiglia patriarcale della società rurale pre industriale, la quale produceva al suo interno i beni necessari per il consumo, per il sostentamento, e si faceva carico dei costi di mantenimento dei membri della famiglia per tutto l arco della loro esistenza2, (e nella quale il singolo non poteva aspirare ad una propria indipendenza economica, in quanto, sia esso maschio o femmina, era comunque soggetto all autorità dei padri), alla famiglia figlia della Rivoluzione industriale in cui i singoli possono finalmente aspirare all autonomia, e all indipendenza economica3.
Con la Rivoluzione industriale, l uomo è messo nelle condizioni di garantirsi l autosufficienza economica, primo passo verso l indipendenza. Egli
1 Xxxxx S e Xxxxxxx G. La tabella di m arcia dell Unione Europea ( 2006 2010)
un indipendenza econom ica uguale per le donne e gli uom ini in Sociologia e politiche sociali, 2008, 1, 35 ss.
2 La famiglia non solo aveva compiti di produzione, sia essa agricola o artigianale, in particolare manifatturiera, ma si faceva carico dei compiti di socializzazione dei minori, nonché del lavoro di cura nei confronti dei membri in stato di bisogno.
3 Nel caso inglese il passaggio da un modello all altro è avvenuto in modo drastico e repentino: le forme di distribuzione del lavoro, in particolare nel settore tessile nel quale vi era una forte presenza della componente femminile, e l orario di lavoro hanno inciso notevolmente sul modello di famiglia. È emerso, infatti, la perdita della capacità domestica di un intera generazione di donne inglesi che fin dall infanzia erano prestavano la propria opera nelle fabbriche. Diversamente nella maggior parte dei Paesi europei continentali e meridionali il passaggio dall economia domestica a quella di mercato è stata graduale. Il modello di famiglia che si afferma è quello nucleare in cui la stessa perde le funzioni produttive di autoconsumo, rimanendo destinataria di quelle riproduttive e di socializzazione dei minori e di assistenza e cura dei membri più deboli.
diviene titolare del diritto di siglare contratti, di sposarsi e di migrare: pertanto i valori perseguiti erano diventati l indipendenza e l autonomia basata su una negoziazione di successo con il mercato del lavoro urbano. La donna invece, continua a non avere possibilità di raggiungere l autosufficienza e transita dall autorità del padre a quella del marito4, il quale ha come compito di essere il principale fornitore di reddito e di provvedere al sostegno della famiglia.
Nella società industriale matura la situazione lavorativa, e le dinamiche familiari si stabilizzano nel sistema fordista di regolazione sociale5 che porta ad una riorganizzazione della stessa6 e ad una maggior divisione di genere del lavoro all interno della famiglia attribuendo al capo famiglia il ruolo di procacciatore di reddito e alla donna quello di responsabile del complesso delle attività lavorative familiari: in altre parole si afferma il modello di m ale breadw inner fam ily , famiglia a un solo reddito, in cui è il marito che lavora, e assicura lo stipendio al nucleo familiare, mentre la donna si fa carico di tutte le ingerenze domestiche.
Il concetto di indipendenza economica, quindi, assume rilevanza se pensato in termini di indipendenza del singolo dalla famiglia7, intendendi il singolo come persona adulta, di sesso maschile che diviene entità separata dalla famiglia e dalla comunità. Egli riesce a raggiungere l indipendenza economica, accompagnata dal riconoscimento sociale, ma è tenuto a provvedere al nucleo familiare, cui per converso vengono garantiti una serie di protezioni sociali, in ragione del ruolo del capo famiglia.
Se questo modello sociale funziona fino alla fine degli anni 60 , la crisi petrolifera, la disoccupazione del decennio successivo, la mutata compagine del mercato del lavoro con la sempre più massiccia presenza delle donne, e per
4 La donna, anche se sposata, non godeva di diritti individuali: in Inghilterra fino a metà dell 800 il marito continuava a controllare la proprietà ed i beni della moglie anche in costanza di separazione
5 Il sistema di regolazione fordista si basa su tre elementi: il mercato del lavoro, dominato dalla grande industria e che privilegia l occupazione dei maschi capifamiglia, la famiglia fondata sull indissolubilità del matrimonio, che si fa carico dell assistenza dei suoi membri, e il welfare state assicurativo il cui destinatario diretto è il capofamiglia occupato con continuità e destinatari indiretti i membri della famiglia, in AA.VV. - La sociologia econom ica contem poranea , a cura di Xxxxxx X., Laterza Editore, 2006, p. 63
6 Infatti la condizione salariale si diffonde, si sviluppano le assicurazioni sociali a tutela del lavoratore dipendente e della sua famiglia, mutano i consumi, lo stile di vita unitamente all organizzazione dei tempi di lavoro e di vita.
7 È pur vero che l industrializzazione non ha comportato cambiamenti nell economia familiare, ma essa deve intendersi come riferita alla famiglia coniugale, e non alla relazione fra padri e figli.
quanto concerne la realtà italiana, il riconoscimento dell istituto del divorzio8 , fanno emergere un mutato e mutante assetto del mercato del lavoro, del quale le istituzioni comunitarie ne riconoscono importanza e aspettative, e che nell arco di più di sessantenni dalla nascita delle Comunità Europee, hanno portato al riconoscimento della necessità di individuare sempre nuovi strumenti non più di stretto diritto in grado di rispondere alle esigenze della popolazione attiva europea.
Questo breve excursus sui mutamenti del ruolo dei componenti del nucleo familiare in relazione alle modifiche del mercato e dell economia si è ritenuto opportuno per porre le basi dell analisi che si andrà a sviluppare nel proseguo, per porre fin da subito alla luce l interesse delle politiche comunitarie verso una concreta realizzazione delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego.
Questo interesse assume rilevanza e sfumature diverse a partire dall art. 141 del Trattato di Roma con le tappe segnate da Maastricht e Amsterdam, con l adozione dei Programmi d azione a partire dagli anni 80 , la partecipazione europea a Pechino 95, l anno successivo con la comunicazione 67 del 21.02.96 della Commissione, con il riconoscimento dell importanza delle pari opportunità e della parità di trattamento nei fondi strutturali, per giungere in tempi più recenti alla Carta di Nizza e alla Tabella di marcia dell Unione Europea 2006 - 2010 un indipendenza economica uguale per le donne e per gli uomini. Attraverso queste tappe le istituzioni comunitarie passano da un concetto di parità retributiva, fino ad un concetto di pari opportunità non più strettamente ed esclusivamente legato al mondo del lavoro, ma che comprende anche la sfera di accesso al lavoro, alla formazione, sia essa scolastica che professionale, la conciliazione della vita familiare e della vita lavorativa. Ed infatti, nell 11° considerando della direttiva 2006/ 54/ CE gli Stati membri sono invitati in collaborazione con le parti sociali, ad affrontare il problema della persistente disparità retributiva tra uomini e donne nonché della marcata separazione tra i sessi nel mercato del lavoro, attraverso un'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro che consenta alle donne e agli uomini di conciliare meglio la vita familiare
8 L introduzione dell istituto del divorzio assume grande rilievo, non solo come conquista di una parità dell uomo e della donna nella vita matrimoniale, ma anche per il nuovo assetto economico che reca con sé. Con la regolamentazione di detto istituto la donna è anche messa nelle condizioni di provvedere al proprio mantenimento economico, una volta ottenuto il divorzio.
con la vita lavorativa, e ad adottare, a tal fine, disposizioni appropriate in materia di congedo parentale, a beneficio di entrambi i genitori nonché la creazione di strutture accessibili ed economiche per la cura dei figli e l'assistenza alle persone a carico .
3. L e vo luzio n e de i diritti fo n dam e n tali.
Senza voler ripercorrere l evoluzione del concetto di libertà e dei diritti fondamentali, che non può costituire oggetto del presente studio, basti qui ricordare che il concetto che l uomo in quanto tale sia portatore di diritti fondamentali ha assunto un significato via via diverso in relazione al periodo storico di riferimento9.
A partire dal periodo illuminista si assiste alle prime erosioni del potere del sovrano assoluto, attraverso i primi, timidi riconoscimenti delle situazioni giuridiche soggettive in favore dei consociati, che trovano tutela innanzi la giurisdizione statale.
Il nuovo ordine costituito a seguito della Rivoluzione Francese si caratterizza per aver fatto propria la teoria della separazione dei poteri, per la previsione di garanzie anche giurisdizionali in favore della libertà fondamentale, per l introduzione del principio di uguaglianza formale, per la sottoposizione alla legge di tutti i soggetti.
9 Nell età classica la libertà era concepita come la facoltà del cittadino di partecipare alla vita politica e al governo della collettività, pertanto le istanze del singolo assumevano rilievo solo quando coincidevano con l interesse pubblico della comunità sociale. L idea di libertà consisteva nell esercitare collettivamente e direttamente varie prerogative della sovranità, nel deliberare in tema di pace, di guerra, nel pronunciare giudizi, nel concludere trattati di alleanza; sebbene fossero riconosciute queste libertà è altrettanto vero che esisteva un assoggettamento completo dell individuo alla collettività. Vedi Bobbio N., Xxxxxxxxxxx e libertà , Torino, 1995; Constant B., Le libertà degli antichi, paragonata a quella dei m oderni , Torino, 2001.
Durante l assolutismo l idea che il sovrano fosse datore di legge trovava giustificazione nelle guerre di religione cui ha fatto seguito l affermazione della politica, il rapporto di dominio, la divinizzazione delle autorità istituzionali, concepite come strutture spiegabili in base a dogmi teleologici secolarizzata.
La sovranità, quindi, diviene una, indivisibile, onnipotente forma di potere che esige lo smantellamento di ogni particolarismo locale che si frappone al perseguimento dell unificazione politica ed economica Xxxxxxxx X., Xxxxxxx e declino dei concetti di sovranità e di autonomia ora in ID, Opere, I, Teoria Generale, Milano, 2000, p. 584
Lo Stato assolutista, quindi è accentratore di poteri e di funzioni , ed in esso la società in tutte le sue articolazioni viene stretta e costretta; lo Stato, che è la personificazione del sovrano, è il tutore ed il custode dell interesse generale.
Di lì a poco lo Stato liberale ottocentesco sviluppa una separazione netta tra la società, chiamiamola, civile, e lo Stato, che si rispecchia anche nei ruoli ricoperti: alla prima spetta il compito di sviluppare i vari settori di cui si compone in piena autonomia, al secondo spetta il compito di fornire alla società civile gli strumenti giuridici che permettono l autonomo operare della società10.
È proprio in quel periodo che si fa strada l idea della necessità di una positivizzazione dei diritti fondamentali e quindi di una loro formale enunciazione nelle costituzioni statali e nelle leggi; tale concezione ha come conseguenza che il contenuto ed i limiti di esercizio delle libertà fondamentali debbano essere individuati solo con legge, e che solo le libertà espressamente indicate siano formalmente garantite 11.
Più tardi lo Stato socialista, ed in particolare alcuni filoni di pensiero, ha contribuito nel xxxxx xxx XX secolo ad avviare un processo di riconoscimento dei diritti fondamentali, intesi quali patrimonio comune dei consociati.
Così gli Stati dell Europa occidentale, a partire dalla seconda metà del 900 , hanno cominciato a porsi come obbiettivi non solo quelli di garantire l ordine costituito e la esplicazione delle libertà umane in condizioni di uguaglianza formale, ma anche quello di rimuovere gli ostacoli di carattere sociale ed economico che impediscono, di fatto, il pieno godimento del principio di uguaglianza e delle libertà fondamentali.
Questo Stato sociale interviene positivamente in svariati settori della vita sociale per soccorrere i consociati nei casi di indigenza e per creare le condizioni effettive per di benessere diffuso.
Le carte costituzionali cominciano a riconoscere un sempre maggior numero di diritti inviolabili, cui corrisponde un sempre maggior riconoscimento a livello internazionale; ed è proprio con la Dichiarazione universale dei diritti dell uomo ( 1948 ) che si realizza un fatto nuovo: con essa viene esplicitamente dichiarato un sistema di valori universale 12, l affermazione dei diritti è
10 Bognetti G. Diritti dell Uomo in Dig. Disc. Priv. sez. Civ. 1989. Tale impostazione risulta chiara nel settore economico, la cui maggiore espressione è la politica del lassaiz-faire, mentre nell amministrazione della giustizia si esplicita con il ruolo che lo Stato assume nei confronti della società cioè di mero garante dei diritti naturali dei singoli, intesi come sfere inviolabili di libertà innata da tutelare dagli stessi poteri pubblici, così i diritti di liberà vengono intesi come dominio individuale da sottrarre alla interferenza dello Stato.
11 Questo pensiero trova pieno riconoscimento nelle forme di Stato totalitario e in una certa misura nello Stato socialista.
12 Bobbio N. L età dei diritti , Einaudi, 1990, p. 21
universale in quanto i destinatari dei diritti non sono più i cittadini dei singoli Stati , ma tutti gli uomini, e positiva in quanto mette in moto un processo per cui i diritti dell uomo non dovrebbero essere solo proclamati, ma anche protetti.
La Dichiarazione del 1948 ha gettato le basi per generare ulteriori documenti integrativi, quali la Dichiarazione dei diritti del Fanciullo ( 1959), i Patti del 1966, la Convenzione sui diritti politici della donna ( 1952 ), la Convenzione sull eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale ( 1965
)13.
I diritti fondamentali, quindi, mutano: non si riferiscono più a sfere di dominio individuale riservato, sottratto al potere sovrano, ma assumono le vesti di strumenti per l autorealizzazione dell individuo, per profilarsi, successivamente, come diritti dei gruppi umani, dei popoli e delle nazioni. Cessano, inoltre, di appartenere al dom aine reservé, dominio riservato, degli Stati per divenire parte delle iterazioni tra diritto internazionale e diritto interno.
Svolto questo breve e sommario excursus storico, merita un cenno il problema relativo alla natura giuridica dei diritti fondamentali14.
È con le prime Dichiarazioni dei diritti americane15 che l individuo diviene soggetto di diritto, per poi vedersi riconoscere con lo stato liberale16 ottocentesco i diritti fondamentali identificati con le libertà fondamentali e si concretizzavano
13 La Dichiarazione sulla concessione dell indipendenza ai paesi e ai popoli coloniali ( 1960
), la Convenzione per la prevenzione e la repressione del genocidio ( 1958 ), la Convenzione sll eliminazione di ogni forma di discriminazione delle donne ( 1979 ).
14 Secondo parte degli studiosi è grazie al Cristianesimo che si diffonde l idea che ciascun individuo è dotato di una intrinseca dignità, senza alcuna distinzione, in quanto creatura di Dio; al Cristianesimo andrebbe anche il merito di aver introdotto una visione dualistica della società distinguendo la politica dalla religione. Tuttavia un certo filone di pensiero ritiene che il riconoscimento dell individuo da parte del Cristianesimo non sia vero in quanto, rifacendosi alla dottrina del peccato originale, ha sempre avversato l attribuzione ai singoli di ampie sfere di libertà giuridicamente Protette. Xxxxxxxx X. Diritti dell uomo in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., 1989.
15 Della Virginia e della Pennsylvania nel 1776, del Mussachussets nel 1780 e nella Costituzione Federale statunitense del 1789.
16 Lo Stato liberale ottocentesco che aveva subito le influenze del pensiero giusnaturalistico del contratto sociale prima e dell utilitarismo di Xxxx e di Xxxxxxx poi e dalle nuove teorie della scienza economica arriva quindi a pensare la società civile come composta da individui, ciascuno in posizione di formale uguaglianza giuridica rispetto agli altri, titolare di diritti di esclusivo dominio del singolo, nonché del potere di esclusione degli altri consociati da dette sfere di diritti, potere che viene garantito dallo stato, e che esso stesso deve rispettare. Per tale motivo i diritti fondamentali degli ordinamenti liberali assumono le vesti di diritti di libertà: sono infatti quegli spazi privati degli individui cui neppure lo stato può penetrare. In Bognetti G. Diritti dell uom o in Dig. Disc. Priv. Sez. Civ., 1989.
nella pretesa dell assenza di ingerenze pubbliche17; mentre l attività del legislatore era tesa a eliminare le limitazioni legali allo spiegamento delle potenzialità naturali dell individuo18.
Negli ordinamenti statuali ottocenteschi di stampo liberale, quindi, il problema dei diritti fondamentali dell individuo era quello di contenere entro spazi determinati il potere dello stato, al fine di permettere l esercizio delle libertà individuali.
Di seguito si afferma l idea della positivizzazione dei diritti fondamentali e quindi di una loro formale enunciazione nelle carte costituzionali, in quanto condizione necessaria per una efficacia giuridica all interno dell ordinamento19.
Altra tesi, su cui poggia lo Stato sociale contemporaneo, è quella secondo cui i diritti fondamentali sono valori materiali di livello costituzionale, cioè fattori di integrazione culturale e spirituale della collettività politica statuale20; risulta, quindi, fondamentale un integrazione tra Stato e comunità civile che avviene tramite l affermazione di una gerarchia materiale dei valori essenzialmente radicati nella dignità della persona umana21.
17 In tal senso Resta G. secondo cui in questa fase, nella elaborazione e nel riconoscimento dei diritti fondamentali era prevalente l aspetto difensivo di tali diritti che vengono concepiti come strumenti di protezione dei singoli nei confronti delle ingerenze esterne, segnatamente quelle provenienti dai pubblici poteri. In La disponibilità dei diritti fondam entali e com m ercializzazione: prim e note sul sistem a della Carta dei diritti in I diritti fondam entali in Europa Ass. It. di Diritto Comparato - XV Colloquio Biennale Messina Taormina, 31 maggio 02 giugno 2001, Xxxxxxx 2002.
18 In questo anche la politica economica del laissez-faire.
19 La Tordini Cagli S., si richiama al tema della giuridificazione della persona sostenendo che questo fenomeno è diviso in tre fasi. La prima si caratterizza per una visione essenzialmente statica dei diritti stessi, in cui si afferma come modello dominante quello del paradigma del proprietario secondo cui il singolo da solo è in grado di trovare le condizioni ideali del suo sviluppo.
La seconda fase si lega alle costituzioni democratiche e si caratterizza per aver posto al centro il pieno sviluppo della persona; il singolo quindi si fa portavoce dell esigenza di tutela nella sfera pubblica, facendo sorgere nuovi diritti della personalità.
La terza fase, quella odierna, si caratterizza per la necessità di riconoscere l autonomia e l autodeterminazione dei diritti della personalità,nel saggio di Xxxxxx X., Principio di autodeterminazione e consenso dell avente diritto , Seminario giuridico della Università di Bologna, BUP, 2008.
Negli anni 20 in Germania si sviluppa la teoria c.d. istituzionale dei diritti fondamentali. Assume importanza la valorizzazione della dimensione associative e collettiva della vita dell ordinamento, e le libertà fondamentali in questo quadro ricoprono una funzione sociale.
Secondo questa teoria, quindi, la libertà giuridica acquisterebbe significato solo se e nella misura in cui possa essere riferita ad un sistema sociale determinato, all interno del quale ogni individuo ha un ruolo sociale da svolgere. In quest ottica le libertà degli individui coincidono con le istituzioni, le quali a loro volta attuano una sorta di funzionalizzazione dei diritti fondamentali sulla base delle esigenze e delle finalità della società cui il singolo appartiene.
20 Xxxxxxxxxx X., Diritti della persona e valori costituzionali , Torino, 1997
21 Chessa O., Libertà fondam entali e teoria costituzionale , Milano, 2002, p. 274 ss., laddove affronta le diverse dottrine dei valori.
In quest ottica i diritti dell uomo assumono un valore particolare cioè quello di principi supremi dell ordinamento e di valori materiali di livello costituzionale, sicchè le libertà umane non assumerebbero il rango di meri diritti soggettivi, ma valori pregnanti della struttura statale, non più limite alla sovranità dello stato, ma principi direttivi cui il legislatore e l autorità pubblica devono attenersi22.
La teoria che qualifica i diritti fondamentali come valori materiali o come principi ordinatori e direttivi di livello costituzionale postula l idea che vi sia una coincidenza fra la nozione di diritti di liberà e quella di valori o principi costituzionali. Ad essa va il pregio di aver ancorato il sistema dei diritti umani al sicuro fondamento della dignità umana, sebbene anche questo concetto abbia impegnato non poco la dottrina e la giurisprudenza e sollevando spesso molteplici critiche23.
L individuazione del contenuto della natura dei diritti fondamentali cambia secondo che si prenda in considerazione il pensiero giusnaturalistico piuttosto che il pensiero positivista. Il primo afferma l idea che i diritti dell uomo costituiscono patrimonio genetico della persona, indipendentemente dal riconoscimento legislativo, lo Stato quindi avrebbe solo il compito di riconoscerli e di recepirli. Per il pensiero positivista, invece, i diritti fondamentali non godono
22 Bobbio, ne L età dei diritti . L A. afferma che ci sono tre modi di fondare i valori: il primo è di dedurli da un dato obbiettivo costante ciò permette di avere una maggiore garanzia della loro validità universale. Il secondo di fondare i valori è di considerarli come verità di per sé stesse evidenti; la critica qui mossa è che questo modo di affrontare i valori va al di là di ogni prova e rifiuta ogni argomentazione di carattere razionale. Pertanto allorquando si sottopongono i valori alla verifica storica ci accorgiamo della relatività degli stessi. ( l A. porta ad esempio il valore della proprietà ).
E terzo ed ultimo modo è quello di scoprire che in un dato periodo storico sono generalmente acconsentiti cioè poggiano sul consenso.
Per l A. quindi i valori giuridici non vivono in una sfera ideale, ma sono dimensioni oggettive del reale, che non possono essere ricondotti in modo riduttivo a concretizzazioni di carattere strettamente soggettivo; sul piano soggettivo possono essere identificati con l ideale , il bene , e con l intereresse da proteggere e promuovere, diversamente i principi giuridici costituiscono la traduzione in chiave giuridica dei valori.
Per Xxxxxxx A., Giurisprudenza costituzionale e valori in Dir. Pubbl., 1998 . pp. 3-4 i valori sono orientamenti ideali condivisi, mentre i principi costituiscono le forme privilegiate dei valori, vale a dire la loro rappresentazione positiva, più diretta e immediata, restando ad ogni moto inteso che lo svolgimento positivo dei valori non si esaurisce nella sola fissazione nei principi fondamenetali .
23 Non è dato qui indagare il problema relativo alla definizione del concetto di dignità umana: si richiamano Resta G. La disponibilità dei diritti fondam entali e com m ercializzazione: prim e note sul sistem a della Carta dei diritti in I diritti fondam entali in Europa Ass. It. di Diritto Comparato - XV Colloquio Biennale Messina Taormina, 31 maggio 02 giugno 2001, Xxxxxxx 2002; in tema di rapporti tra dignità umana e libertà fondamentale di iniziativa economica e diritto al lavoro vedasi le pronunce tedesche sul caso Peep- Show s, caso del proiettile umano - TA Versailles, 25.02.1992, in Rev. fr. dr. adm.,1992, Cons. Ètat. Ass., 27.10.95
di autonoma e propria validità sul piano giuridico, ma acquisiscono valore solo nel momento in cui lo Stato li riconosce e li garantisce24.
Tuttavia, data questa breve e imprecisa ricostruzione, non posso non trovarmi concorde con le riflessioni di Bobbio, svolte nell Età dei diritti , laddove sostiene che i diritti dell uomo costituiscono una classe variabile , il cui elenco si modifica con il modificarsi della realtà storica, e dei bisogni e degli interessi di cui essa è portatrice.
Sicchè la classe dei diritti dell uomo è mal definibile, variabile , ed anche eterogena perché oggi oltre ai diritti di libertà sono considerati diritti fondamentali anche i diritti politici ed i diritti sociali al punto che, usando le parole di Bobbio, non si dovrebbe parlare di fondamento ma di fondamenti dei diritti dell uomo.
Abbiamo quindi assistito al passaggio del riconoscimento dei diritti in capo all individuo come singolo, successivamente in capo all individuo nella sua espressione sociale ( famiglia, gruppo religioso..), e ultimo il riconoscimento dei diritti in capo all uomo in relazione ai diversi ruoli che assume all interno della società.
I diritti fondamentali sono diritti storici in quanto riconosciuti a seguito di lotte per la difesa di nuove libertà contro vecchi poteri; in tal senso si giustifica la teoria dei diritti di prima, seconda, terza e quarta generazione, frutto appunto del riconoscimento di esigenze di libertà e protezione dell epoca, e non per questo meno fondamentali.
È oltremodo vero che, se i diritti fondamentali nascono come strumenti di protezione dei singoli contro le ingerenze esterne, in specie provenienti dal potere pubblico, oggi i diritti fondamentali non sono più solo strumenti per contenere l ingerenza altrui, ma divengono strumenti di protezione25, in quanto attualmente le forme più significative di aggressione ai diritti fondamentali non vengono più
24 Il fondamento di tale riconoscimento statale dei diritti fondamentali si ritrova nel principio di legalità.
25 Secondo Resta G. i diritti fondamentali divengono il fondamento di un attività dello Stato positivamente volta ad apprestare le condizioni per un effettiva garanzia di tali posizioni soggettive anche e soprattutto nelle posizioni interpersonali, in La disponibilità dei diritti fondam entali e com m ercializzazione: prim e note sul sistem a della Carta dei diritti in I diritti fondam entali in Europa Ass. It. di Diritto Comparato - XV Colloquio Biennale Messina Taorimina, 31 maggio 02 giugno 2001, Xxxxxxx 2002, p. 190.
dai poteri pubblici, ma da categorie di privati26, in ragione dell espansione delle logiche di mercato in settori che ne erano sempre rimasti estranei come quella dei beni della persona27.
4. I diritti fondamentali e la posizione della Corte di Giustizia.
A livello comunitario è noto che i Trattati istituitivi non prevedevano alcun richiamo ai diritti fondamentali avendo essi finalità essenzialmente economiche.
Tuttavia già nel 1976 la Commissione28 evidenziava che alla mancanza di un catalogo dei diritti fondamentali corrispondono, nei trattati istitutivi, soltanto alcune disposizioni aventi lo scopo, o quanto meno l effetto, di garantire e di migliorare la posizione dei singoli nella Comunità .
Solo in seguito, con la progressiva realizzazione degli obbiettivi economici, sono emerse le implicazioni che tali obbiettivi avevano sui diritti individuali.
Nel mentre è spettato alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee a svolgere un ruolo decisivo nell arco di più di 50 anni, in tema di riconoscimento e protezione dei diritti umani.
La Corte ha preso posizione per la prima volta nel caso Stork29 in occasione del quale era chiamata a pronunciarsi circa il contrasto tra la norma
26 È il caso delle imprese di tendenza, della tutela del singolo nel rapporto di lavoro.
27 Si assiste, quindi, al riconoscimento di nuovi diritti detti di ultima generazione , quali il diritto alla privacy, intesa come rispetto della vita privata e come l utilizzo dei dati personali, il diritto all autodeterminazione bioetica più difficili da tutelare, in quanto le forme di violazione spesso si avvalgono dell intermediazione dello stesso titolare della situazione giuridica protetta.
28 Relazione presentata dalla Commissione al Parlamento Europeo il 4 febbraio del 1976.
29 X.X.X.X, xxxx. xxx 0-0-0000, xxxxx 0/ 00 , Xxxxxxxxx Xxxxx et Co. c. Alta Autorità CECA; la Corte si trovava investita della decisione sulla base di un ricorso per annullamento, presentato a sensi dell art. 65 n°4 del Trattato CECA, contro la decisione dell Alta Autorità, in quanto l Alta Corte, a detta della ricorrente Xxxxxxxxx Xxxxx & Co., ditta tedesca commerciante carbone all ingrosso, l annullamento della delibera, aveva ingiustamente trascurato di considerare la circostanza che le delibere in contestazione dovevano essere valutate in base al diritto tedesco, ai sensi del quale sarebbero state da considerasi nulle perché in contrasto con gli artt. 2 e 12 dell Grundgesetz, che tutelano rispettivamente il libero sviluppo della personalità umana e il libero esercizio di un attività professionale. La Corte, dopo aver chiarito che ai sensi dell art. 8 del Trattato CECA l Alta Autorità è competente ad applicare solo il diritto della Comunità, statuiva che secondo quanto disposto dall art. 31 del trattato CECA suo compito è garantire il rispetto del diritto nell interpretazione e nell applicazione del trattato e dei regolamenti di esecuzione, ma non può di regola pronunciarsi in merito alle norme nazionali.
comunitaria e quella tedesca, che nel caso di specie, tutelava il libero sviluppo della personalità umana ed il libero esercizio di un attività professionale.
La Corte ha affermato che il compito di garantire il rispetto del diritto nell interpretazione e nell applicazione del Trattato rientrava tra le sue compentenze, ma non poteva prendere in considerazione la violazione da parte di atti comunitari dei principi fondamentali del Grundgesetz tedesco30.
Con la sentenza Xxxxxxx00, a quasi dieci anni di distanza dalla precedente pronuncia, la Corte modifica la propria posizione, accogliendo le doglianze del signor Xxxxxxx, affermando che i diritti fondamentali fanno parte dei principi generali del diritto cui la Corte garantisce l osservanza in ambito comunitario 32.
L anno successivo, con la pronuncia Internazionale Handelsgesellschaft33, la Corte ha dichiarato che la tutela dei diritti fondamentali costituisce parte integrante dei principi generali dell ordinamento comunitario, precisando tuttavia che il giudizio sulla validità e sulla legittimità degli atti emanati dalle istituzioni della Comunità deve essere effettuato alla luce del diritti comunitario allo scopo di preservarne l unità e l efficacia . Per la prima volta i giudici di Lussemburgo dichiarano che la tutela dei diritti fondamentali è informata alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri , accogliendo quindi il suggerimento fatto dall Avvocato Generale, nelle conclusioni della sentenza Xxxxxxx.
30 Si segnala come, per la prima volta, l Avvocato Generale Xxxxxxxx nelle sue conclusioni abbia suggerito alla Corte di far riferimento ai principi generali comuni agli Stati membri il n appartient pas à la Cour .d appliquer, do m oins directem ent, les règles de droit interne, m êm e constitutionelles... Elle peut s en inspirer éventuellem ent pour y voir l expression d un principe général de droit susceptible d être pris in considération pour l application du traité .
31 Sentenza del 12.11.69, C-29/69 in occasione della quale la Corte era stata chiamata a pronuniciarsi in relazione ad un regolamento comunitario che autorizzava gli Stati membri a porre a disposizione sul mercato burro a prezzi inferiori in favore di consumatori assistiti dalla previdenza pubblica. In Germania, affinché potesse godere di questo trattamento di favore il consumatore era tenuto a presentare un buono di acquisto che riportasse il suo nome. Ebbene il consumatore, il signor Xxxxxxx appunto, ritenne che la richiesta di presentazione del nominativo indicato sul buono configurasse un umiliazione e quindi una violazione dei diritti fondamentali della persona.
32 X.xx 7.
33 Sentenza del 17.12.1970 , C-11/70 avente ad oggetto un provvedimento adottato all interno della politica della PAC volto a controllare il mercato e che prevedeva il versamento di una cauzione al fine di ottenere l autorizzazione all esportazione, somma che sarebbe stata incassata dall Amministrazione competente al rilascio dell autorizzazione, in caso di mancata esportazione nel periodo autorizzato. La società tedesca Internationale Handelsgesellschaft m bH lamentava innanzi al tribunale amministrativo di Francoforte la contrarietà del regolamento comunitario ai principi di libertà d azione e di disposizione, di libertà economica e di proporzionalità (artt. 2 e 14 della Costituzione tedesca); il tribunale investiva la Corte della questione con ricorso pregiudiziale.
Ma è con il caso Nold34 che la Corte compie un ulteriore passo avanti. La ditta ricorrente lamentava la violazione di alcuni diritto fondamentali in quanto le novità introdotte con la decisione della Commissione comportavano delle limitazioni, escludendola dal rifornimento diretto, veniva lesa la redditività dell azienda, il libero espletamento dell attività commerciale svolta, fino a comprometterne l esistenza. In particolare l impresa Xxxx lamentava la lesione di un diritto assimilabile al diritto di proprietà, ed il diritto alla libera esplicazione delle attività economiche, diritti entrambi tutelati dall ordinamento tedesco, così come dalle Carte costituzionali di altri Stati membri, e da trattati internazionali tra cui la C.E.D.U.
La Corte afferma che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto di cui essa garantisce l osservanza, e nel garantirne la Corte è tenuta ad ispirarsi alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe ammettere provvedimenti incompatibili con i diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalla costituzione di tali Stati; prosegue affermando che i Trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell uomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, possono del pari fornire elementi di cui occorre tenere conto nell ambito del diritto comunitario35.
E alla luce di questi principi che la Corte decide sulle doglianze avanzate dall impresa Xxxx rilevando che i diritti così garantiti non costituiscono prerogative assolute ma vanno considerate alla luce della funzione dei beni e delle attività oggetto di tutela. Pertanto nell ordinamento comunitario appare legittimo sottoporre tali diritti a limiti che trovano giustificazione negli obbiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità36.
La Corte, dunque, nel caso Xxxx dichiara espressamente che i trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell uomo cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito possono fornire elementi cui occorre tenere conto nell ambito
34 Sentenza Xxxx, Kohlen und Baustoffgrosshaundlung/ Com m issione delle Com unità europee del 14.051974, C-4/ 73. Nel caso di specie la ditta tedesca Xxxx, s.a.s., che svolgeva attità di commercio all ingroos di carbone e di materiale edilizio, chiedeva venisse annullata la decisione della Commissione del 21.12.1972 relativa all autorizzazione di nuove norme di vendita della RuhrKohle AG, in quanto con la decisione si erano autorizzati gli uffici vendita delle imprese minerarie del bacino della Ruhr a subordinare l acquisto diretto di carbone alla stipulazione dei contratti fermi biennali,che prevedevano l acquisto almeno con cadenza annuale e di un quantitativo minimo.
35 X.xx 2.
36 Come si avrà modo di osservare infra la Corte opera tenendo sempre a mente il principio del bilanciamento tra le libertà economiche e la tutela dei diritti fondamentali.
del diritto comunitario 37, anche se nella medesima decisione precisa anche che i diritti fondamentali, sebbene principi generali dell ordinamento comunitario, non costituiscono prerogative assolute sicchè possono essere sottoposti a limiti che trovano giustificazione negli obbiettivi perseguiti dalla Comunità38.
Secondo Xxxxxxxx la Corte con questa sentenza non ha coniato una formula che permette di stabilire in ogni caso se delle limitazioni ai diritti fondamentali siano legittime, tuttavia la decisione costituisce un utile punto di riferimento cui ricorrere quando di tratti di realizzare il necessario coordinamento fra l esigenza di dare il più ampio sviluppo possibile alla tutela dei diritti fondamentali e quella di permettere il raggiungimento degli obbiettivi comunitari39.
Resta, invece, critica la posizione della Greco secondo cui la Corte più che essere attenta alla protezione dei diritti inviolabili dell individuo, presta attenzione alla tutela dell integrità e unità dell ordinamento comunitario.
La Greco prosegue osservando come i diritti fondamentali garantiti a livello comunitario assumano un rilievo ben diverso in quanto i diritti fondamentali della persona umana, nel loro valore universale, hanno come destinatari tutti gli individui, mentre i diritti fondamentali garantiti a livello comunitario assumono rilevanza in relazione alla cittadinanza comunitaria, al carattere economico dell attività esercitata e dalla sua rilevanza per l ordinamento comunitario .
In modo analogo si esprime Corti40 secondo cui, ormai a ridosso della tanto auspicata entrata in vigore del Trattato di Lisbona a seguito del referendum positivo irlandese ormai la meta sembra prossima la Corte di
37 Greppi E.; l A. sostiene che il cenno operato nel caso Xxxx ai trattati internazionali ha arricchito integrato il richiamo alle tradizioni costituzionali degli Stati membri in una prospettiva internazioalistica,. in I diritti fondam entali nelle organizzazioni europee: il Trattato e la Carta dell Unione, la CEDU e la dim ensione dei diritti um ani dell OSCE p. 163, in I diritti fondamentali dopo la Carta di Nizza Il costituzionalism o dei diritti , AIDC Taormina giugno 2001, sez. pubblicistica, estratto, Ferrari G.F., a cura di, Xxxxxxx. 2002.
38 Greco S. in I diritti fondam entali nella costituzione europea in Riv. it. dir. pubb. com., 2001, 1, 187. Vedi in tal senso la posizione assunta dalla Corte con la pronuncia Grogandel 04.10.91.
39 Mengozzi P., Istituzioni di diritto com unitario e dell Unione europea , Cedam, 2003, p.280 . Vedasi anche la causa Xxxxx C-44/ 79. Non possiamo non ricordare come la Corte costituzionale italiana e tedesca si sono occupate del contenuto dei diritti fondamentali Cort. Cost. 183/73, 170/84; in particolare con la sentenza Solange I del 29.05.1974 la Corte tedesca riconosceva il potere in capo ai giudici tedeschi di ricorrere alla Corte stessa al fine di vagliare il diritto comunitario alla luce dei diritti fondamentali così come riconsciuti nella Grundgestz sino a quando l ordinamento comunitario non si fosse dotato di una Carta costituzionale.
40 Corti M. Le decisioni IFT e Laval della Corte di Giustizia: un passo avanti e due indietro per l Europa sociale in Xxx.xx. xxx.xxx., 02/2008, p. 249.
Giustizia sembra ancora muoversi prigioniera di una ponderazione sbilanciata nell ambito della quale le libertà espressione della costituzione economica dell Unione e le esigenze contingenti della sua integrazione mercantile ricevono costantemente un riconoscimento prioritario rispetto ai diritti fondamentali.
Correttamente osserva la Ballestrero41 affermando che la salvaguardia dei diritti fondamentali resta affidata al controllo della Corte di Giustizia purchè tale controllo concerna gli atti comunitari o quelli nazionali emanati in attuazione del diritto comunitario42. Di conseguenza questo approccio ha fatto si che la Corte abbia affrontato la questione relativa ai diritti fondamentali prevalentemente, se non esclusivamente, dal punto di vista economico43.
È con il Trattato di Maastricht che per la prima volta viene inserito un esplicito riferimento al rispetto dei diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali dell ordinamento comunitario 44; nonché una serie di diritti in capo al cittadino europeo quali il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali e al Parlamento europeo nello stato di residenza, il diritto alla tutela da parte delle autorità diplomatiche di qualsiasi Stato membro, il diritto di petizione e il diritto di rivolgersi al mediatore europeo.
Pare, dunque, che il legislatore europeo riconosca e faccia proprie le osservazioni svolte dalla Corte di Giustizia con le sentenze Internazionale Handelsgesellschaft e Xxxx, sebbene questo timido riconoscimento, ancora strettamente legato al perseguimento degli obbiettivi economici comunitari è risultato insufficiente a soddisfare la richiesta di tutela dei diritti fondamentali, in
41 Ballestrero M.V. Europa dei m ercati e prom ozione dei diritti in WP C.S.D.L.E. Massim o D Xxxxxx .INT 55/2007, p. 5 ss.
42 In tal senso vedasi Mengozzi P. Istituzioni di diritto com unitario e dell Unione europea Cedam, 2003, p. 281 ss, nonché caso Cinéthèque C-60-84; caso Derimel C-12/ 86; caso Wachauf C- 5/88.
43 Nella causa C-159/90, caso Xxxxxx, la Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario di una disposizione irlandese che sanzionava, nel caso di specie, studenti irlandesi che fornivano informazioni sulle cliniche presenti negli altri Stati membri in cui si praticava legittimamente l interruzione volontaria di gravidanza. La Corte investita di una questione che di fatto riguardava la questione relativa all aborto, ha avuto la prontezza di non pronunciarsi circa l interruzione di gravidanza statuendo che non era materia di sua competenza, ma è riuscita a far ricadere il caso posto alla sua attenzione, ed in particolare l informativa circa le cliniche presenti nel territorio comunitario che praticavano legalmente l aborto, quale attività rientrante nella libera circolazione dei servizi, e quindi, ancora una volta in un ottica economica, piuttosto che di tutela dei diritti fondamentali.
44 Art. F. n.2.
quanto quelli riconosciuti con il Trattato di Maastricht restano comunque in capo al cittadino comunitario.
E ancora in tema di diritti fondamentali la Corte di Giustizia è stata più di recente chiamata a pronunciarsi con la sentenza Xxxxxxxxxxxx00 statuendo che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l'osservanza e che, a tal fine, quest'ultima si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito46.
Ma la Corte, con il caso Xxxxxxxxxxxx, si è spinta ben oltre affermando anche che poiché il rispetto dei diritti fondamentali si impone, alla luce dei principi espressi nell A.U.E. e nel Trattato sull Unione Europea, sia alla Comunità che agli Stati membri, la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato, nel caso di specie relativo alla libera circolazione delle merci47.
Il Trattato di Amsterdam 48 recepisce l indirzzo della Corte stabilendo che l Unione rispetta i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e dalla Convenzione europea dei diritti
45 C-112/ 00 ; con questa sentenza la Corte si è pronunciata sul blocco del traffico lungo la autostrada del Brennero nel tratto austriaco ad opera di un gruppo di ambientalisti nell ambito di una manifestazione regolarmente autorizzata. La Corte ha ritenuto legittimo la limitazione del principio comunitario della libera circolazione delle merci ricorrendo al bilanciamento di questo con la tutela dei diritti fondamentali.
46 Punto 71; in tema di rispetto dei principi fondamentali vedasi anche causa ERT C- 260/89, causa Xxxxxxxx/Commissione C-94/00, causa Rutili C-36/75; causa Washauf C-5/88.
47 La Corte afferra che neppure i diritti alla libertà d'espressione e alla libertà di riunione pacifica garantiti dalla CEDU appaiono come prerogative assolute, ma vanno considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue che possono essere apportate restrizioni all'esercizio di tali diritti, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito da tali restrizioni, un intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti tutelati . Punto 80.
Con questa sentenza la Corte di Giustizia ha modo di esprimersi circa il bilanciamento di interessi tra il rispetto dei diritti fondamentali, nel caso di specie la libertà di espressione ed il diritto di sciopero, ed il rispetto delle libertà fondamentali dell Unione Europea. Al riguardo vedasi anche il caso Viking C- 438 / 05 ed il caso Laval C-341/ 05; sul punto vedasi Xxxxxx A., Il diritto al lavoro fra Costituzione nazionale e Carte europee dei diritti: un diritto aperto e m ultilivello , in WP C.S.D.L.E. Massim o D Antona .INT 60 / 2008 ; Ballestrero M.V. Europa dei m ercati e prom ozione dei diritti in WP C.S.D.L.E. Massim o D Xxxxxx .INT 55/ 2007; Carabelli U. Una sfida determ inante per l futuro dei diritti sociali in Europa: la tutela dei lavoratori di fronte alla libertà di prestazione dei servizi nella CE , in Rivista giuridica del lavoro, 2007, I, 33 ss.; Xxxxx X. Xx xxxxxxxxx XXX x Xxxxx xxxxx Xxxxx xx Xxxxxxxxx: un passo avanti e due indietro per l Europa sociale in Xxx.xx. xxx.xxx., 02/2008, op. cit.
48 Nel Preambolo, quarto considerando.
dell Uomo in quanto principi generali dell ordinamento comunitario 49, e, all art. 136 T.C.E., richiama i diritti sociali fondamentali con espresso riferimento alla Carta sociale europea del 1961 e alla Carta Comunitaria del 1989. L importanza di questo richiamo non è tanto la qualificazione giuridica dei diritti fondamentali, che continua ad essere quella di principi generali dell ordinamento comunitario, bensì la fonte da cui promana la loro qualificazione50.
La scelta operata con il Trattato di Amsterdam non è stata quella di individuare ed elencare una serie di diritti fondamentali, bensì quella di individuare specifiche procedure volte a garantirne la protezione. Così l art. 13 autorizza il Consiglio, previa consultazione con il Parlamento, ad adottare misure atte a contrastare ogni forma di discriminazione, e cioè quelle basate sul sesso, origine etnica o razziale, sulla religione, sugli handicap, sull età o sull inclinazione sessuale; riconoscendo , quindi, in capo alla Comunità, la possibilità di elaborare politiche volte a prevenire o contrastare il fenomeno discriminatorio. Il richiamo operato dall art. 136 consente di riferirsi ai diritti sociali fondamentali come linee direttrici che la Comunità e gli Stati membri devono seguire.
L art. 46 riconosce alla Corte di Giustizia il compito di vigilare, nei confronti dell operarato delle istituzioni comunitarie, sul rispetto di quanto enunciato all art. 6 par. 2, anche se restano escluse le attività rientranti nel secondo e terzo pilastro.
La Corte, come abbiamo sommariamente visto, ha avuto modo di esprimersi circa il riconoscimento dei diritti umani, nonché sulla questione relativa all adesione della Comunità alla C.E.D.U. in un primo tempo richiamando indirettamente la Convenzione, tramite il riferimento alle tradizioni costituzionali degli Stati membri, successivamente facendo direttamente
49 Art. 6 c.2; nel 1996 la Commissione incaricava un comitato di saggi di svolgere una relazione circa la necessità di enunciare una serie di diritti civili e sociali fondamentali e di incorporali nel Trattato di Amsterdam; il comitato, portato a termine l incarico proponeva che nel Trattato venisse incluso un catalogo minimo di diritti fondamentali, per poi successivamente poter avviare un processo di consultazioni per aggiornare e completare l elenco dei diritti, che comunque tenesse conto dell evoluzione tecnologica, dello sviluppo demografico, e delle problematiche legate all ambiente. Nonostante l appello del Comitato, il Trattato di Amsterdam non contiene l enunciazione di diritti civili e sociali nella veste di carta dei diritti .
50 Azzera L., Catalogo dei diritti e Costituzione europea: relazione del gruppo di esperti in m ateria di diritti fondam entali ( c.d. com itato Sim itis) , in Foro it., 1999, V, p. 543 ss. Xxxxxxxx, in qualità di Avvocato Generale nel caso Laval, punti 63-78 , ha precisato che, sebbene l art. 6, n. 2, TUE, indichi tra gli strumenti internazionali che garantiscono i diritti fondamentali la sola CEDU, la CGCE può legittimamente ispirarsi ad altri strumenti di tutela dei diritti dell uomo , come la Carta sociale europea e la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali.
riferimento a quanto espresso nella C.E.D.U., fino ad adottare, e a fare propri, gli indirizzi interpretativi della Corte europea dei diritti dell Uomo.
Anche le istituzioni comunitarie, e la dottrina si sono espresse: le prime ritenendo che occorresse un adesione formale della Comunità alla Convenzione, e commissionando all uopo uno studio apposito51, la seconda assumendo posizioni differenti.
La dottrina si è dimostrata, talvolta, favorevole all adesione della Comunità alla Convenzione tramite un atto di adesione che tenesse in debito conto le peculiarità dei rapporti tra Corte di Giustizia delle Comunità europee e la Corte europea dei diritti dell uomo52; talaltra riteneva, richiamando il criterio utilizzato per gli accordi Gatt, che il carattere obbligatorio della C.E.D.U. xxxxxxx affermato a prescindere dall adesione alla Convenzione, in quanto comunque la Comunità sarebbe comunque vincolata al rispetto degli accordi stipulati dagli Stati membri con i Paesi terzi, che vanno a regolare attività in origine di competenza statale, poi divenute di competenza comunitaria.
Talaltra la dottrina faceva proprio quanto formulato nel memorandum del 1979, in precedenza richiamato, e cioè la necessità, da parte delle istituzioni comunitarie, di valutare l adozione di una carta autonoma dei diritti fondamentali53.
In questo contesto da un lato, la Corte viene chiamata a valutare se l adesione della Comunità alla C.E.D.U. sia compatibile con il Trattato istitutivo della Comunità europea 54, dando peraltro risposta negativa, e dall altro si fa strada l idea di elaborare una Carta dei diritti55, che trova formale riconoscimento
51 Memorandum concernente l adesione della Comunità europea alla C.E.D.U. del 04.04.1979 in Xxxx. Xx x. 0/ 00; doc. SEC (90 ) 2087 Comunicazione concernente l adesione delle Comunità europee alla C.E.D.U. del 19.11.90.
52 In tal senso Mengozzi P. op. cit.
53 In tal senso vedasi Tesauro.
54 Parere C.G.C.E. del 28 .03.96, parere 2/ 94, nel quale la Corte afferma che l adesione alla
C.E.D.U. comporterebbe una modificazione sostanziale dell attuale regime comunitario di tutela dei diritti dell uomo, in quanto comporterebbe l inserimento della Comunità in un sistema istituzionale distinto, nonché l integrazine del complesso delle disposizioni della Convenzione nell ordinamento giuridico comunitario. Pertanto rivestirebbe rilevanza costituzionale e non potrebbe essere operata se non attraverso una modifica del trattato stesso. ; in tal senso vedasi Mengozzi P., Istituzioni di diritto com unitario e dell Unione europea , Cedam, 2003; Xxxxxx G. La questione dell adesione della Com unità alla Convenzione europea dei diritti dell Uom o al vaglio della Corte di Giustizia in Riv. It. Dir. Pubbl. Comm. 1997, p 437 ss.
55 La prima formalizzazione di ritrova nel comitato Pintasilgo che aveva avuto l incarico da parte della Commissione di valutare gli sviluppi concernenti la Carta comunitaria dei diritti sociali dei lavoratori nell ambito della revisione dei trattati.
nel 1998 con il Comitato Simitis al quale viene assegnato il compito di valutare l opportunità ed i limiti di un riconoscimento esplicito dei diritti fondamentali.
Il Comitato Simitis56, nel proprio rapporto, pur riconoscendo il pregio delle innovazioni introdotte con il Trattato di Amsterdam, non si esime dal muovere critiche all Unione europea circa il modo di concepire e applicare i diritti fondamentali, evidenziando la generale confusione nei testi dei trattati, in quanto in tema di diritti fondamentali l art. 6 del Trattato U.E. compie un richiamo espresso alla sola C.E.D.U., mentre l art. 136 del Trattato C.E. richiama la Carta sociale europea e la carta comunitaria, ma omette il richiamo alla C.E.D.U.
Secondo il Comitato Simitis, dunque, si assiste ad un approccio selettivo nei confronti dei diritti fondamentali: in particolare, i diritti sociali rischiano di essere relegati al livello di semplici aspirazioni a livello europeo e degli Stati membri. In tal senso si esprime anche la Ballestrero57, di cui condividono le osservazioni, secondo cui i diritti sociali non hanno quel carattere di universalità che è tipico dei diritti di libertà e di quelli politici: sono diritti della persona concreta e situata in un determinato contesto , nel quale, per ragioni culturali, sociali, fisiche o sociologiche, essa viene a trovarsi in condizioni sfavorevoli rispetto a quelle di altre persone o gruppi di persone . Sicchè i diritti sociali tengono conto delle diverse condizioni dalle quali dipende il bisogno di protezione, istituendo a favore dei loro titolari l aspettativa di una prestazione, che può essere realizzata attraverso l intervento pubblico diretto, o attraverso l attività dei privati.
La Ballestrero risolve il problema del riconoscimento dei diritti sociali quali diritti fondamentali sotto il profilo del diritto costituzionale in quanto questi diritti poggiano su su norme giuridiche a loro volta fondamentali 58. Nel nostro ordinamento interno, il problema è, peraltro, risolto dalla Costituzione che non solo contiene un dettagliato catalogo di diritti sociali ma presuppone una loro giustificazione complessiva, che si collega non solo alla garanzia dei diritti civili e politici, ma soprattutto con il fine della rimozione degli ostacoli alla libertà e
56 Azzera L. Il rapporto Sim itis in Foro it., V, 351, 1999.
57 Ballestrero M.V. Europa dei m ercati e prom ozione dei diritti in WP C.S.D.L.E. Xxxxxxx X Xxxxxx .INT 55/2007;
58 Nel nostro ordinamento interno, il problema è risolto dalla Costituzione italiana, che contiene un dettagliato catalogo di diritti sociali, ma presuppone una loro giustificazione complessiva collegandola non solo alla garanzia dei diritti civili e politici, ma soprattutto con il fine della rimozione degli ostacoli alla libertà e all eguaglianza per lo sviluppo della democrazia nel campo politico ed economico-sociale ; Ballestrero M.V., op. ult. cit.
all eguaglianza per lo sviluppo della democrazia nel campo politico ed economico- sociale .
Il Comitato prosegue ponendo attenzione sulla problematica del campo di applicazione dei diritti fondamentali, alcuni dei quali sono strettamente collegati con gli obbiettivi comunitari, quali la parità tra i sessi e la libera circolazione dei lavoratori, e per ciò collegati ai diritti propri dei cittadini comunitari, escludendo quindi dal godimento di tali diritti i cittadini dei Paesi terzi, restrizione che è incompatibile con l idea di universalità dei diritti fondamentali59. Il Comitato conclude ritenendo che una limitazione delle competenze dell Unione in relazione al riconoscimento e alla salvaguardia dei diritti stessi contrasterebbe con il valore superiore che è assegnato a tali diritti.
Alla luce delle osservazioni presentate dal Comitato Xxxxxxx viene anche da chiedersi quali siano i diritti fondamentali dell ordinamento comunitario e quale sia la ratio e l evoluzione che ha portato al riconoscimento di alcuni piuttosto che di altri.
Su questo interrogativo Xxxxxxxx00 espone alcune riflessioni che sono più di ordine metodologico ma comunque imprescindibili per affrontare correttamente la questione; egli ritiene che la dogmatica delle libertà nei loro diversi aspetti e dei diritti fondamentali è ancora lontana da un soddisfacente assetto. Troppo spesso la si è confusa, da un lato, con la teoria generale delle situazioni soggettive, in particolare delle situazioni attive di vantaggio, dall altro con le posizioni fondamentali del soggetto privato nell ordinamento giuridico generale dello Stato .
Così ragionando viene spontaneo domandarsi quanti e quali siano i diritti fondamentali: sono solo quelli garantiti dalla Costituzione o anche quelli riconosciuti nelle leggi ordinarie dello Stato, sono da considerarsi tali i diritti politici e i diritti sociali o solo quei diritti volti a contenere, se non talvolta contrastare l ingerenza dello Stato in spazi propri dell individuo.
ignora le influenze sociali, economiche, politiche della realtà in corso; e le difficoltà di definire, a livello interno, quali diritti debbano essere considerati tali e quali no, si ritrovano anche a livello comunitario.
59 Nel rapporto Simitis un espresso riferimento viene fatto alle disposizioni in tema di sicurezza dei lavoratori migranti, che non trovava applicazione nei confronti dei cittadini di Paesi terzi.
60 Xxxxxxxx M.S., Diritto am m inistrativo , Xxxxxxx, Milano, 1993, p. 228
A livello comunitario sono individuabili cinque macro aree di diritti fondamentali: quella relativa a diritti con contenuto economico, i diritti civili, i diritti sociali, i c.d. diritti processuali ed i diritti di quarta generazione. Nell individuazione dei quali grande ruolo ha avuto la Corte di Giustizia, qualificandoli come tali talvolta senza grandi difficoltà talvolta subordinando il loro riconoscimento e la loro tutela alla loro compatibilità con i principi e le finalità dell ordinamento comunitario.
I diritti a contenuto economico, quali quelli relativi alla libera circolazione delle merci, dei capitali, dei servizi, libertà di stabilimento61, sono stati agevolmente riconosciuti dalla Corte di Giustizia, in quanto espressamente enunciati nei Trattati; i diritti civili trovano espresso riconoscimento grazie alle pronunce della Corte che comunque li subordina alla compatibilità con i principi e le finalità dell ordinamento comunitario, e peraltro riservandosi di valutare quali possano considerarsi tali in virtù della loro armonizzazione con il sistema comunitario e con il suo corretto funzionamento.
I diritti sociali conoscono un maggiore riconoscimento a seguito del Trattato di Amsterdam, laddove nel Preambolo al Trattato si legge che l unione rispetta i diritti sociali fondamentali espressi nella Carta sociale europea del 1961 e nella Carta Comunitaria dei diritti sociali fondamentali del lavoratori del 1989.
Ai diritti processuali l ordinamento comunitario riconosce valore in quanto strumento per l individuo di far valere in giudizio quei diritti riconosciuti come fondamentali; mentre i diritti di quarta generazione, sebbene indicati come diritti fondamentali, non costituiscono prerogative assolute, e pertanto possono subire delle limitazioni in correlazione con gli obbiettivi perseguiti dalla Comunità.
È pur vero che nel rapporto presentato dal Comitato Simitis è stato dato ampio rilievo alla circostanza che il riconoscimento dei diritti fondamentali deve includere anche i diritti sociali ed i diritti civili, in quanto non può ignorarsi l interdipendenza degli uni rispetto agli altri, diversamente agendo si rischierebbe di comprometterne la protezione.
61 In tema di bilanciamento tra le libertà fondamentali riconosciute dal diritti comunitario e i diritti fondamentali vedasi i casi Xxxxxxxxxxxx, Laval e Vicking.
Tuttavia nei primi anni intorno al dibattito circa i diritti sociali l accento è stato posto sul carattere particolare di questi; tale atteggiamento ha nei fatti, legittimato l attribuzione ai diritti sociali di uno status diverso, inferiore.
In effetti, la storia della Comunità europea non ignora gli sforzi volti a classificare i diritti sociali come una categoria di minor importanza rispetto ai diritti civili e politici, cosicchè il Comitato ribadisce l importanza del principio di indivisibilità dei diritti fondamentali, auspicio che è stato fatto proprio, successivamente, dalla Carta di Xxxxx.
In occasione del Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999, preso atto che la tutela dei diritti fondamentali rappresenta un principio fondatore dell'Unione e il presupposto indispensabile per la sua legittimità, i Capi di stato e di Governo concordavano sulla necessità di elaborare una Carta dei diritti al fine di sancire in modo visibile l importanza capitale e la portata per i cittadini dell Unione 62.
4.1. I diritti fondamentali e la Carta di Nizza.
La Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea63 costituisce il primo esempio nella panoramica internazionale e regionale di documento
62 Conclusioni del Consiglio di Colonia, 3-4 giugno 1999, par. 44-45 e all. IV Decisione del Consiglio europeo concernente l elaborazione di una Carta dei diritti fondam entali dell Unione europea .
63 Proclamata, nella forma di dichiarazione solenne, a Nizza il 07.12.2000 dal Parlamento europeo, dal Consiglio dei Ministri e dalla Commissione, vede per la sua stesura l adozione di un metodo nuovo, individuato in occasione del Consiglio di Tampere nell ottobre del 1999, cioè quello della Convenzione che si ispirava ad un processo decisionale aperto e partecipativo. Era stato individuato un organo ad hoc, detto appunto Convenzione, che si componeva di 62 membri tra rappresentati di Stato e di Governo, rapresentanti della Commissione, delle assemblee parlamentari nazionali, di europarlamentari cui si aggiungevano osservatori della Corte di Giustizia e del Consiglio d Europa.
E proprio la semplice proclamazione della Carta di Nizza da parte dalle principali istituzioni europee, con un atipico procedimento di approvazione configuravano nulla più di un accordo interistituzionale; pertanto la posizione esterna della Carta e la mancanza di un qualunque collegamento con i Trattati avrebbero dovuto rappresentare, secondo gli iniziali orientamenti, argomenti sufficienti ad escludere alla radice un qualunque effetto normativo delle sue disposizioni.
Si segnala come parallelamente venga sviluppato il metodo aperto di coordinamento, sul quale si tornerà nel proseguio, che viene consolidato ed ampliato dopo il Consiglio di Lisbona. La Sciarpa S. in La costituzionalizzazione dell Europa sociale. Diritti fondam entali e procedure di soft law , in WP C.S.D.L.E. Massim o D Xxxxxx .INT 16/ 2003 p. 4, evidenzia il il parallelismo esistente tra la metodogia seguita per la stesura della Carta, tesa a cogliere i suggerimenti, le osservazioni della società civile, e il metodo aperto di coordinamento di due distinti processi riformatori: la preparazione della Carta, infatti, e la enunciazione di un catalogo di diritti sociali fondamentali avviene secondo una procedura aperta seppur guidata da soggetti istituzionali,
omincomprensivo dei diritti essenziali ed inalineabili della persona umana, in quanto accorpa in unico testo i diritti civili, politici, economici, sociali sino ad allora enunciati in fonti diverse 64.
La Carta ha avuto il pregio di aver provveduto ad un riconoscimento implicito dell indivisibilità dei diritti della persona omettendo volutamente di distingue tra diritti civili e politici da un lato e diritti sociali dall altro, ma ragruppando diritti in Capi, retti ciascuno da un principio fondamentale e cioè Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia e disposizioni generali. Correttamente afferma la Xxxxxxxxxxx affermado che questo approccio permette di superare la divisione e la gerarchia tra generazioni di diritti,e consente alla Carta di superare anche quella riduzione dei diritti fondamentali ai soli diritti universalistici ed eguali, ancora sostenuta da quanti escludono i diritti sociali, che universali (nel senso dei primi) non sono, dal novero dei diritti fondamentali65.
Tuttavia la Carta riconosce due limiti: il primo indicato nell art. 51 secondo cui l applicazione delle disposizioni della Carta deve rimanere nel l ambito delle istituzioni dell UE e nel rispetto del principio di sussidiarietà, e, per quanto attiene agli Stati membri, esclusivamente in relazione all attuazione del diritto dell U.E.66; inoltre, la Carta non introduce nuove competenze o nuovi compiti né per l UE, né per la CE, rispetto a quelli definiti dai Trattati.
mentre le politiche occupazionali si rafforzano intorno ad un metodo anch esso aperto che coinvolge i governi nazionali, coinvolge in modo diretto diversi settori delle amministrazioni degli Stati .
64 Xxxxxxxx P., op. cit. p. 284. La Commissione europea auspicava (COM (2000 ) 644 definitivo) che la Carta fosse comunque destinata a diventare un testo vincolante, attraverso l interpretazione che la Corte darà dei principi generali del diritto comunitario ivi formulati , così come è avvenuto in passato con altri testi relativi ai diritti fondamentali. Tuttavia secondo Xxxx la Carta somiglia ad una sorta di testo unico, a mezza strada tra il compilativo e l innovativo, posto che in essa, sono stati fatti confluire la CEDU, la Carta comunitaria dei diritti sociali del 1989, varie direttive comunitarie, nonché i principi espressi dalla Corte di Giustizia, in Pace A., A che serve la Carta dei diritti fondam entali dell Unione europea? Appunti prelim inari , in Giust. Cost., 2001, p. 193 ss.
65 Secondo la Ballestrero M.V. , essendo fondamentale il principio che regge i diritti sanciti nel relativo capo, la qualità di fondamentale si trasmette dal principio ai diritti.; in Ballestrero M.V. Europa dei m ercati e prom ozione dei diritti in WP C.S.D.L.E. Massim o D Xxxxxx .INT 55/2007, p. 12.
66 Vedasi in tal senso Mengozzi P.,Xxxxxxx M.G., Xxxxxxxx M. e Xxxxxxx A. secondo i quali la Carta si rivolge alle istituzioni europee, mentre le istituzioni nazionali sono destinatarie dei
precetti della Carta solo nei casi in cui agiscono in applicazione del diritto europeo, in qualità di braccio operativo dell ordinamento europeo, quasi fossero anch esse all occorrenza istituzioni europee in La giustizia costituzionale in Italia dopo la Carta di Nizza in Giur. Cost., 2002, p. 4482. Vedasi anche Xxxxx F.C. La Charte européenne des droit fondam entaux et la Xxxxxxxxxxxx européenne in RTDeur., 39 ( 2) avr.-juin, 2003, p. 000.xx, e Bribosia E. La Charte des droits fondam entaux de l Union Européenne: un xxxx xxx xx xxxxxxxxxxxx xx xxxx xxxxxxxx , xx Rev. Dr. ULB, 28, 2003, p. 231 ss.
Il secondo pregnate limite è individuato dall art. 52 relativo alla tutela accordata ai diritti fondamentali nel senso che sono inderogabili solo nel loro contenuto essenziale in quanto nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall Unione o all esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui .
È stato posto il problema circa l efficacia67 della Carta di Nizza, in particolare nella giurisprudenza comunitaria, che ancora oggi non ha trovato una soluzione.
Alcune istituzioni comunitarie, infatti, si sono riferite alla Carta nella loro attività: il Parlamento europeo utilizza la Carta quale base per le sue revisioni annuali della situazione dei diritti fondamentali nell'UE68, il Consiglio69, per parte sua, compie spesso riferimenti alla Carta nei propri atti e la Commissione considera la Carta come un documento vincolante per la propria attività individuando procedure interne per garantirne la conformità70. E ancora il richiamo alla Carta è ravvisabile nel regolamento 1049/ 2001 CE sull accesso ai documenti, nella decisione 50 / 2002 CE sull esclusione sociale e nella direttiva 2002/ 47 in tema di contratti di garanzia finanziaria, nonché nel Libro Bianco sulla Governance laddove viene affermato che l Unione .si basa Carta dei diritti fondamentali 71.
Tuttavia oggi, quasi con stupore, segnalo la scelta operata dalle istituzioni comunitarie con l adozione del Regolamento CE n. 168 / 2007 del Consiglio, relativo all istituzione dell Agenzia dell Unione europea per i diritti fondamentali, di prevedere all art. 3, prevede che nello svolgimento dei suoi compiti l Agenzia
67 Cartabia M. e Xxxxxxx A., op. ult. cit. p. 448 ; gli A. diversamente ritengono che la Carta di Xxxxx non aggiunga nulla di nuovo, sotto il profilo dell efficicacia formale, ma che piuttosto abbia portato a conclusione un processo avviato negli anni 50 / 60 , a partire dalla sentenza Xxxxxxx di cui si è parlato sopra, sulla spinta delle Corti costituzionali nazionali, in particolare quella tedesca ed italiana, che hanno spronato i giudici di Lussemburgo a sviluppare un sistema di tutela dei diritti fondamentali a livello comunitario.
68 Inoltre l art. 58 del regolamento del Parlamento prevede l obbligo di verificare durante l esame di una proposta legislativa il rispetto dei diritti fondamentali.
69 Il Consiglio sebbene non riconosca carattere vincolante alla Carta vi ha fatto riferimento in attti quali la decione 2001/ 93 CE relativa all Anno europeo per i disabili, la decisione 2002/ 187/ GAI isititutiva dell Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità.
70 Comunicazione della Commissione, Applicazione della Carta, SEC 380 / 3, del 13 marzo
2001.
71 Libro bianco sulla governance, p. 7.
dovrà fare riferimento ai diritti definiti nell art. 6.2 TUE e non a quelli riconosciuti dalla Carta di Xxxxx.
Per quanto concerne gli organi giurisdizionali si può affermare che, nonostante il Tribunale di primo grado si sia pronunciato richiamando la Carta di Nizza72, l attività della Corte presenta un duplice aspetto. Gli Avvocati Generali si avvalgono della Carta quale strumento di appoggio per le loro conclusioni, ricorrendovi come elemento di interpretazione delle questioni sottoposte all attenzione della Corte; alcuni Avvocati Generali nelle proprie conclusioni aderiscono all orientamento secondo cui la Carta di Xxxxx non ha carattere vincolante73, altri, invece, pur prendendo atto della decisione presa a Nizza di rinviare la questione circa forza la vincolante della Carta, riconoscono alla stessa l autorevolezza sulla base delle modalità seguite per la sua stesura e sulla funzione riconosciutale cioè di strumento a disposizione dei cittadini europei per conoscere i propri diritti e di strumento volto a limitare il potere delle istituzioni comunitarie74.
I giudici della Corte75 hanno, invece, evitato riferimenti espliciti alla Carta di Xxxxx sebbene di recente i giudici abbiano provveduto a richiami espliciti. Tuttavia a mio parere non si può ancora ravvisare un cambiamento di indirizzo sebbene almeno a livello interno possiamo assistere ad un riconoscimento da parte della Corte Costituzionale della valenza di strumento interpretativo che la Carta di Xxxxx va assumento. La Corte Costituzionale, infatti, in una prima pronuncia76 ha compiuto un richiamo esplicito alla Carta dei diritti fondamentali dell Unione per il suo carattere espressivo di principi comuni agli ordinamenti
72 Vedasi le cause T-112/98 ; T-54/99 caso Xxxx obile con il richiamo alla Carta il Tribunale conferma un diritto al controllo giudiziario quale principio generale dell ordinamento comunitario; T-177/01 caso Jégo-Quéré dove operando un richiamo alla Carta il Tribunale ha cercato di ampliare l accesso ad un effettivo ricorso in sede giudiziaria di una parte direttamente ma non individualmente interessata; nonché l ordinanza T-77/ 01; secondo il Mengozzi P., op. cit., p. 291, il Tribunale ricorre alla Carta non ponendosi il problema circa la natura giuridica della stessa.
73 Al riguardo vedasi le conclusioni nelle cause C-173/99 caso Bectu, C-353/ 99, caso Huatala C-313/ 99, caso Xxxxxxxx; C- 20 / 00 caso Xxxxxx Aquaculture; C-244/00 Repubblica Italiana c. Commissione.
74 In tal senso vedasi le conclusioni nelle cause C-173/99 caso Broadcasting; C-353/99 caso P., C-341/05 caso Laval.
75 Le sentenze cui si fa riferimento sono la causa C-540/03, C-432/05; e ancora più di recente causa C-432/05 Unibet (London) Ltd, causa C-540/03, Parlamento x. Xxxxxxxxx. Si segnala, peraltro la causa X-00/00 Xxxxx xx Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx in cui la Corte pur ritenendo di non essere competente ad interpretare la Carta suggerisce la necessità di una modifica dei trattati tale da permetterle un ampliamento delle proprie competenze; sulla sentenza vedasi il commento di Gilliaux P., L arret Union de Pequenos Agricultores entre subsidiarité juridictionnelle et effectivité , in Xxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxx, 0000, x. 000 xx.
00 Cort. Cost. sent. 135/02.
europei sebbene essa sia priva di efficacia giuridica , e successivamente compie un richiamo privo, tuttavia, di ogni ulteriore precisazione, quasi che la Corte Costituzionale avesse preso atto della sempre maggiore xxxxxxx xxxxxxxxx che viene attribuita alla Carta di Nizza77.
La Carta offre, quindi, una "fotografia" aggiornata della filosofia sociale europea rivolta ad un liberalismo socialmente evoluto, incentrato su una protezione forte dei diritti e delle libertà degli individui, e in una parola della loro sfera di autonomia, ma nello stesso tempo consapevole dei problemi di contestualizzazione e di effettività di questi diritti sul terreno dei rapporti sociali, in special modo in relazione alle posizioni di svantaggio e bisogno sociale, e correlativamente di potere e di dominio, che tendono a formarsi nella società reale.
Questa nuova attenzione si manifesta con l adozione di norme volte a limitare la sfera dei poteri, quali le norme sulla discriminazione "a tutto tondo" e sui licenziamenti, in norme di riconoscimento dei diritti di azione collettiva nonché del rispetto del "nocciolo duro" dell' acquis socialdemocratico.
Se viene, da un lato, accolto il principio della regolazione sociale del mercato, in quanto istituzione e non ordo naturalis e se il diritto, come braccio della politica e come luogo di sintesi delle diverse istanze sociali, ne esce culturalmente rafforzato, è altresì evocato implicitamente il limite oltre il quale la regolazione sociale non deve spingersi 78.
Il limite non è dato tanto dalla concorrenza (perché dalla Carta si ricava implicitamente che restrizioni alla concorrenza sono lecite, nella misura in cui sono rivolte a proteggere i diritti fondamentali), bensì dalla tutela dei diritti degli individui e della loro sfera di autonome opportunità.
Una volta garantito loro il rispetto delle prerogative reputate essenziali, rimane "fondamentale" che lo Stato intervenga positivamente soltanto per metterli in condizione di competere alla pari con altri gruppi79. Non è quindi l'eguaglianza sostanziale tout court che viene indicata come obiettivo bensì una più limitata (nel cerchio più ampio dell'eguaglianza sostanziale) eguaglianza delle
77 Cort. Cost. sent. 445/02.
78 Del Punta R. I diritti sociali com e diritti fondam entali: riflessioni sulla Carta di Nizza
in Dir. rel. ind., 2001, 3, p. 335 ss.
79 Ritornano qui le riflessioni di Resta G. e Xxxxx D., op.cit.
opportunità, oltretutto circoscritta prevalentemente (nel campo del lavoro) alle donne ed ai disabili.
La Carta di Nizza ha, comunque, il pregio di costituire lo strumento oggi per eccellenza che permette di riequilibrare il modello sociale europeo, cioè per correggere lo sbilanciamento esistente in favore del mercato ed in danno dei diritti sociali, nonché diventa lo strumento principe, usando le parole della Ballestrero per restituire al hard law il ruolo di indispensabile contraltare del soft law , o almeno per costruire un rapporto di virtuosa complementarietà tra la politica dei diritti e il soft law 00.Xx Trattato costituzionale provvede a risolvere l insicurezza giuridica dei diritti fondamentali così come si era creata sulla base delle diverse interpretazioni fornite dagli organi comunitari attraverso l incorporazione della Carta di Nizza nella Parte II del Tc, garantendo così una efficacia giuridica piena ai diritti fondamentali riconosciuti del catalogo, e al contempo elevandoli al rango di norme primarie dell ordinamento comunitario, in posizione del tutto equiordinata con le altre disposizioni del Trattato; inoltre norma l art. I-6 Tc69 chiarisce la natura della Carta indicandola come parte integrante del diritto primario dell Unione, qualunque fosse il suo status prima dell'adozione del Trattato costituzionale.
5 . Il prin cipio di n o n discrim in azio n e n e l co ntesto internazionale.
A livello internazionale il principio di non discriminazione di genere81 ha da sempre costituito uno dei principi cardine: lo troviamo nella Carta di San
80 Ballestrero M.V. Europa dei m ercati e prom ozione dei diritti in WP C.S.D.L.E. Massim o D Xxxxxx .INT 55/ 2007, p. 5; di diverso avviso Pollicino O., il quale rilevando che i diritti sociali ricadono nell ambito di competenza del welfare, e dunque nella competenza dei signoli Stati , gli stumenti più idonei per regolare la materia sono quelli offerti dalla soft law ed in particolare dal Metodo Aperto di Coordinamento.
81 Nella letteratura lingua inglese il termine genere negli ultimi 30 anni è diventato di uso comune: il vocabolo è mutuato dalla grammatica deriva da una radice indoeuropea che significa produrre ( da cui generare) e, in diverse lingue, ha dato luogo a parole indicanti la specie o la classe ( in latino, peraltro, il termine genus viene utilizzato anche nel senso di genere umano).
Nella lingua inglese si iniziò ad utilizzare il termine gender per indicare una specifica distinzione tra classi di nomi che secondo l Oxford English Dictionary del XIX sec. corrisponde, grosso modo, alle distinizioni di sesso ( e assenza di sesso) negli oggetti denotati .
La lingua l inglese distingue tra sex e gender, mentre la lingua tedesca non conosce questa distinzione ed una un solo termine per entrambi cioè Geschlecht con cui indica entrambi.
Xxxxxxxxx del 1945 laddove dichiara di promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione 82, e nell art. 2 della Dichiarazione universale dei diritti dell uomo del 1948 secondo cui ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione . .
Esso è stato riaffermato nei Patti internazionali sui diritti dell uomo, adottati nel 1966, ed nella International Bill of Rigth, per arrivare al 1979, con l adozione della Convenzione sull eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (Xxxxx)83, a definire per la prima volta il concetto di discriminazione di genere all art. 1 secondo cui l espressione discriminazione nei confronti delle donne, concerne ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o eliminare il riconoscimento, il godimento o l esercizio da parte delle donne, quale che sia il loro stato civile, dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo su base di parità tra l uomo e la donna . L art. 4 della Cedaw statuisce, inoltre che
l adozione da parte degli Stati di misure temporanee speciali volte ad accelerare la creazione di un uguaglianza di fatto tra uomini e donne non deve considerarsi un atto discriminatorio ma non deve in alcun modo avere quale conseguenza il mantenimento di norme in uguali..dette norme devono essere abrogate una volta che gli obbiettivi posti in materia di parità di trattamento sono Stati raggiunti .84
Tra gli accordi internazionali a livello regionale merita un richiamo particolare la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà
82 Questa definizione è stata anche ripresa nella Convenzione 111 dell OIL del 1958 ; in essa infatti viene enunciato il principio della parità di trattamento e di uguaglianza in relazione al lavoro e alla professione, manca tuttavia una definizione che verrà riportata per la prima volta nella CEDAW.
83 Adottata dall Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, è entrata in vigore nel 1981, ratificata in Italia con la l. n. 132 del 14 marzo 1985; la Convenzione assume particolare rilievo per il contributo offerto nell elaborazione delle azioni positive, in particolare della legittimità delle misure consistenti in trattamenti preferenziali, se finalizzate al processo di uguaglianza tra uomini e donne.
84 Vedasi in tal senso Xx x xxxxxxx xxx xxxxxxx X xxxxxx xx x xxxxx Xxxxxxx, CJCE 17 octobre 1995 , Droit social, 5/1996, p. 494 ss.
fondamentali del 1950, il cui art. 14 sancisce il principio per cui il godimento dei diritti e delle libertà deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, .
L ordinamento comunitario, dall Atto unico europeo passando per i Trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza fino alla recente Carta costituzionale europea85, è andato riconoscendo il principio di non discriminazione, dapprima legandolo al raggiungimento degli obbiettivi comunitari, prettamente economici, per giungere poi a riconoscere un autonomia propria, che va ben oltre la sfera dei rapporti economici e del diritto del lavoro.
Il concetto di discriminazione comunque muta secondo i periodi storici, l evoluzione del mercato ( come si vedrà più avanti in quanto i primi studi sulla problematica sono proprio dei giuslavoristi ), il ruolo che via via va assumendo l Unione europea, e l interpretazione che essa stessa, in particolare attraverso la Corte di Giustizia, ne ha fatto nel corso degli anni, fino a giungere come si vedrà a riconoscerlo come un diritto fondamentale della persona, autonomo rispetto al principio di uguaglianza, portando quindi ad interrogandosi se i diritti fondamentali debbano essere incorporati o meno nei principi generali dell ordinamento comunitario, problematica di cui si è parlato prima.
6 . La dign ità um an a co m e diritto fo n dam e n tale e co m e lim ite alla discriminazione.
La dignità umana viene sempre più invocata come giustificazione degli interventi legislativi in materia antidiscriminatoria.
Il primo richiamo a livello di giurisprudenza della Corte di Giustizia lo ritroviamo nel caso Omega86 in cui la Corte ha ritenuto che il principio di tutela
85 Ratificata con l. del 7 aprile 2005 n. 57.
00 X-00/ 00; nel caso in esame una società di diritto tedesco gestiva a Berlino un locale c.d. laserdromo, nel quale c era un un gioco che prevedeva l uso di pistole laser per colpire i sensori fissati sui giubbotti indossati dai giocatori. L autorità amministrativa locale vieta lo svolgimento del gioco adducendo che lo stesso costituisse un pericolo per l ordine pubblico, dato che gli atti di omicidio simulato e la gratuità della violenza che ne conseguiva violavano il principio fondamentale di dignità dell uomo riconosciuto e tutelato nel massimo grado dalla Costituzione tedesca. La questione pregiudiziale posta al vaglio della Corte di giustizia chiedeva che venisse stabilita la
della dignità umana avesse assoluta priorità rispetto al principio della libera circolazione delle merci, sicchè l interdizione dell uso del gioco risultava essere proporzionata. La Corte si è, inoltre preoccupata di precisare che non è indispensabile che una misura restrittiva emanata dalle autorità di uno Stato membro corrisponda ad una concezione condivisa da tutti gli Stati membri relativamente alle modalità di tutela del diritto fondamentale o dell'interesse legittimo in causa .
A livello comunitario il richiamo alla dignità umana si ritrova nelle dir. 2000 / 43/ CE e 2000 / 78 / CE laddove entrambe nel fornire la definizione di molestia indicano che consiste in comportamenti indesiderati aventi lo scopo o l effetto di violare la dignità della persona 87.
Tuttavia non si può negare la problematicità che tale concetto reca con se, problematicità che si ricava proprio nell indeterminatezza del concetto di dignità umana88. Essa può essere concepita come la sfera dell integrità fisica e morale propria di ogni uomo, sicchè compito primario della legislazione è quello di individuare i rimedi per la lesione patita o prevenire la stessa con l individuazione di apposite sanzioni.
Assume dunque la veste di diritto negativo che impone ai consociati di astenersi dal mettere in opera specifici atti di lesione. Ovvero può essere intesa come esistenza dignitosa, in tal caso devono essere messi in opera quei comportamenti volti a a favorire le condizioni per il libero sviluppo della personalità umana. In tale accezione la dignità umana assume la veste di diritto alla prestazione nel senso di richiedere alla collettività di garantire ai consociati i bisogni primari per vivere un esistenza dignitosa89. Si anticipa qui come la
compatibilità o meno con il principio della libera circolazione delle merci (si impiegavano strumenti e materiali forniti da una società inglese) della circostanza che la gestione del laserdromo, venisse vietata ai sensi della normativa nazionale in quanto ritenuta confliggente con valori fondamentali costituzionalmente sanciti.
87 Peraltro la Corte di Giustizia aveva avuto già modo di richiamarsi alla dignità umana nella pronuncia causa C-13/94, caso P. v. S. motivando la necessità di estendere ai transessuali la protezione contro ogni discriminazione richiamandosi al rispetto della dignità umana e della libertà. Anche la direttiva 38/2004 opera un richiamo espresso alla dignità umana punto 15 in tema di misure volte alla tutela giuridica di familiari in caso di decesso di cittadino comunitario, di annullamento di matrimonio o di cessazione di un unione registrata.
88 Vi è una posizione che fa rientrare il significato della dignità umana alla sfera dell onore, sottolinenando un profilo dinamico del concetto, quasi coincidente con l autodeterminazione della persona; mentre secondo un altra posizione la dignità umana non rappresenterebbe un diritto soggettivo dotato di autonoma rilevanza, bensì un valore super costituzionale la cui tutela sarebbe il limite e il fine delle libertà costituzionalmente protette.
89 In tal senso si esprime Strazzari D. in Discrim inazione razziale e diritto un indagine com parata per un x xxxxxx europeo dell antidiscrim inazione , Cedam, 2008, p. 73.
legislazione che vieta le discriminazioni coglie la differenza di impostazione, facendo emergere due approcci diversi: il primo volto in una prospettiva strettamente rimediale cioè volta a risarcire l individuo della lesione riportata dell integrità morale a causa dell atto/ comportamento discriminatorio; il secondo approccio è volto ad una reintrazione sociale dei gruppi sociali discriminati attraverso l eliminazione delle prassi sociali che portano il gruppo ad una posizione di svantaggio.
C A P I T O L O S E C O N D O
IL CONTESTO EUROPEO.
L evoluzione normativa del principio di non discriminazione e della parità di trattamento
* * *
Sommario: 1. Il prin cipio di uguaglian xx x x x xx x xx x xx x xxx xx o 2. Il prin cipio di n o n discrim in azio n e dai Trattati is titutivi al Trattato di Am s te rdam 1.1. La se n te n za De fre n n e 1.2 . La dire ttiva 76 / 2 0 7/ C.E.E. 1.3 . La se n te n za Xxxxxxx 1.4 . La se n te n za Xxxxxxxxx 3 . Le n o vità in tro do tte co n il Trattato di Am s te rdam 3 .1 L art. 14 0 xx x Xxxxxxxx xx Xx x xx xxxx e la dir. 76 / 2 0 7 4 . Le pro n un ce de lla Co rte di Giustizia a cavallo de ll e n trata in vigo re de l Trattato di Am s te rdam
1. Il principio di uguaglianza nel contesto europeo.
La dottrina è concorde nell osservare che nei Trattati istitutivi non esiste un enunciazione espressa del principio di uguaglianza, ma solo un riferimento al principio di non discriminazione inteso non in senso generale, ma riferito a specifici settori quali la nazionalità, e il genere in un ottica di parità di retribuzione.
Il divieto di discriminazione fondata sulla nazionalità, enunciato nell'articolo 12, ha costituito elemento essenziale per la creazione del mercato interno e ne garantisce il funzionamento attraverso le numerose disposizioni del Trattato che sono sue applicazioni specifiche90, in quanto non costituisce una clausola automaticamente produttiva di diritti, ma richiama altre disposizioni.
L'integrazione economica nel mercato interno è stata così raggiunta con l'applicazione del principio e delle libertà ad esso connesse e grazie al ruolo della Corte di giustizia che ne ha sempre garantito il rispetto.
Si può affermare che il divieto di discriminazione sulla base della nazionalità non ha subito sostanziali modifiche a seguito della riforma dei Trattati. L'unica novità è rappresentata dalla modifica del secondo comma dell'articolo 12, ai sensi del quale è prevista la possibilità di deliberare secondo la procedura di codecisione, mentre prima il Consiglio deliberava ricorrendo alla procedura di cooperazione.
Il principio di uguaglianza in ambito comunitario si articola in modo diverso rispetto a quanto avviene negli ordinamenti interni91. In questi ultimi il giudizio operato dal giudice circa l uguaglianza si sostanzia, di norma, in un controllo volto a verificare la ragionevolezza, in relazione all ordinamento delle disposizioni normative che introducono differenziazioni. Nel contesto comunitario, invece, il sindacato sull uguaglianza consiste nella verifica che gli atti normativi non siano in contrasto con gli specifici criteri di discriminazione92. In tal senso Xxxxx ritiene che il motivo ispiratore del principio di uguaglianza a
90 Quali ad esempio per i lavoratori: art. 48 , libera circolazione dei lavoratori subordinati; art. 52, libertà di stabilimento; art. 59 libera prestazione di servizi; per le merci, artt. 36 e 95; per le organizzazioni comuni di mercato, art. 40 , relativo alla discriminazione fra produttori o consumatori nella Comunità; e per la concorrenza, artt. 85, 86 e 62.
91 Xxxxxxxxxx F. L eguaglianza nella giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia delle Com unità Europee , in Pol. Dir., 2001, 194.
92 In tal senso si esprime Strazzari D. in Discrim inazione razziale e diritto un indagine com parata per un x xxxxxx europeo dell antidiscrim inazione , Cedam, 2008, p. 217.
livello comunitario non è tanto quello di impedire che negli ordinamenti interni si producano delle discriminazioni irragionevoli, quanto piuttosto che si producano discriminazioni in contrasto con i criteri di differenziazione vietati nei Trattati93.
Secondo altra teoria94 l applicazione del principio di uguaglianza nel contesto comunitario si differenzia a seconda che vengano presi in esame gli atti delle istituzioni comunitarie ovvero gli atti interni che incidano sulle quattro libertà fondamentali.
Nel primo caso la valutazione della Corte consiste in una valutazione circa la ragionevolezza delle scelte operate dal legislatore comunitario95, nel secondo caso la Corte non intende più il principio di uguaglianza in una prospettiva oggettiva, cioè di parametro di riferimento dell attività legislativa, ma come vero e proprio diritto soggettivo a non essere discriminati.
Con il Trattato di Maastricht che introduce la cittadinanza dell Unione europea96 e l art. 18 che riconosce il diritto ai cittadini dell Unione di circolare e soggiornare liberamene nel territorio degli Stati Membri la Corte ha avuto modo di pronunciarsi sul divieto di discriminazione sulla base della nazionalità e sull art. 18 TCE statuendo che il diritto al soggiorno, così come individuato, è riconosciuto direttamente in capo ad ogni cittadino dell Unione da una disposizione chiara e precisa del Trattato, per il solo fatto di essere cittadino di un paese membro97. Ed una volta che il cittadino comunitario è regolarmente presente in un Paese diverso da quello di origine potrà invocare ai sensi dell art.
93 Ghera F., Il principio di uguaglianza nel diritto com unitario e nel diritto interno in Giur. Cost. 1999, 3279.
94 Mengozzi P. op. cit.
95 Tenendo come parametro di riferimento il trattare situazioni uguali in maniera uguale e situazioni diverse in maniera diversa, valutando in prima battuta se sussiste una affinità di fatto tra le situazioni al vaglio, per poi procedere ad una valutazione circa la giustificazione dell eventuale trattamento diverso.
96 Art. 17 TCE secondo cui È istituita una cittadinanza dell Unione. È cittadino dell Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell Unione costituisce il completamento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest ultima. I cittadini dell Unione godono dei diritti e dono soggetti ai doveri previsti dal presente Trattato .
97 C-413/99 Xxxxxxxx, sentenza del 17.09.2002. Tuttavia qualche anno dopo con la causa C-408/03 Com m issione x. Xxxxxx la Corte, chiamata a esprimersi circa la legittimità della legislazione belga in rapporto alle norme comunitarie laddove prevedeva la notifica automatica dell ordine di allontanamento dal Paese ogniqualvolta il cittadino comunitario non producesse nel termine indicato la documentazione comprovante le disponibilità economiche richieste, ha stabilito che il diritto in capo ai cittadini dell Unione di soggiornare in uno Stato membro è subordinato alle limitazioni individuate dal diritto derivato.
12 TCE un pari trattamento rispetto ai cittadini del Paese ospitante98 per quanto concerne il diritto alle prestazioni sociali.
2 . Il prin cipio di n o n discrim in azio n e dai Trattati is titutivi al Trattato di Amsterdam.
Il principio di non discriminazione rappresenta uno dei principi fondanti del sistema comunitario e si articola in due differenti divieti: il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità articolo 12 ( ex. art. 6 ) del Trattato CE, e il principio di non discriminazione fra uomini e donne statuito dall 141 ( ex art. 11999) nel limitato ambito della parità di retribuzione che ha subito importanti evoluzioni nel corso dei decenni.
Sebbene nasca come ulteriore garanzia di funzionamento del mercato interno100, il principio della parità fra uomini e donne venne limitato dai redattori dei Trattati al solo aspetto della retribuzione sul lavoro; allo stesso tempo, si scelse di attribuire agli Stati membri l'onere di "assicurare e mantenere" l'applicazione del principio, negando almeno inizialmente un ruolo diretto delle istituzioni comunitarie.
Nel Trattato di Roma, dunque, non figurava un generale divieto di discriminazione, ma era previsto un solo divieto avente portata generale, riferito alla nazionalità, e una segmentazione di altri divieti di discriminazione, tanti quanti erano le aree di competenza attribuite alla Comunità. Sebbene l art. 119 ( ora 141 ) prevedesse il principio di parità di retribuzione tra lavoratore e lavoratrice per lo stesso lavoro, il raggio di azione era assai ridotto in quanto nelle
98 Tuttavia la Corte di Giustizia, con la causa C-184/99 Xxxxxxxxx, non solo ha puntualizzato che i beneficiari del diritto di soggiorno non devono divenire un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello stato ospitante, ma ha anche riconosciuto legittimo, nella causa C-209/03 Bidar, legare l accesso all assistenza sociale al requisito del territorio; vedasi anche la direttiva 2000/38.
99 L art. 119 disponeva che ciascuno Stato membro assicura l applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore .
100 Xxxxxx X., Discrim inations , entraves et raion im perieuses dans le Traitè CE: trois concepts et quête d identité , in Xxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxx, 0000 , x. 000; l A. faa presente come il Trattato CECA a differenza del Trattato C.E.E. fornisce alcune indicazioni circa la nozione di discriminazione attraverso l art. 60 , da cui secondo l autore si deduce che la nationalitén est qu un élément, parmi d autres, permettant de concluse à une discrimination: la discrimination peut donc être ouverte fondée sur la nationalité ou déguisée fondée sur d autres critères aboutissant au même résultat .
intenzioni dei Padri Fondatori l obbiettivo primario da realizzare non era tanto la parità retributiva tra uomini e donne, quanto il raggiungimento di un equal treatment volto ad evitare il dumping sociale nel mercato infracomunitario101.
Nonostante la sua origine rispondente a precise esigenze economiche, l'interpretazione dell'articolo102 e degli atti che ne danno attuazione è notevolmente cambiata nel tempo, ed il principio della parità di retribuzione è diventato lo strumento per la rivendicazione della parità dei diritti delle lavoratrici e successivamente delle donne in generale. Gli Stati membri, per parte loro, non avevano, all epoca, provveduto a dare applicazione alla parità salariale entro la conclusione della prima tappa ( 31 dicembre 1961 ) così come indicato dall art. 119 ( ora 141 ) mettendo la Corte di Giustizia nelle condizioni di sopperire a tale inattività.
Infatti, l obbiettivo perseguito nella prima fase consisteva nella distribuzione di una forza lavoro nelle diverse zone del mercato comune a seconda del fabbisogno e senza l intralcio delle barriere, obbiettivo che lascia spazio, nel decennio successivo, al raggiungimento di un mercato sociale che meritava un azione non meno vigorosa di quella necessaria all integrazione economica e finanziaria 103.
Ecco quindi che l art. 119 ( ora 141 ) ha come destinatari esclusivamente gli Stati membri, e più precisamente i poteri legislativi interni cui spettava il compito di adottare le misure più idonee per garantire l effettività, a livello
101 L art. 119, pensato per correggere gli effetti di specifiche distorsioni concorrenziali che potevano avvantaggiare o svantaggiare determinati settori, è stato inserito su pressione della Francia essendo l unico Paese Membro a riconoscere anche formalmente il principio della parità salariale; aveva, infatti, rispetto agli altri Paesi fondatori, i differenziali retribuiti più bassi tra i salari percepiti da lavoratori e lavoratrici. Pertanto la Francia temeva di trovarsi in una situazione di debolezza concorrenziale rispetto agli altri Paesi membri in quei settori in cui era presente una forte componente di manodopera femminile; vedasi in tal senso Xxxxxxxxxxx L., La sentenza Xxxxxx e il discorso dualista della disparità , in Giorn. Dir. Lav. Rel. I d., 69, 1996, p. 158 . Xxxxxx X., evidenzia come l obbiettivo primario dell art. 119 fosse essenzialmente quello di evitare distorsioni della concorrenza tra le imprese, e cioè secondo l A.spiega pourquoi cette disposition n. a imposé le respect du principe d égalitéque dans le seul domaine des rémunérations, in Discrim inations , entraves et raion im perieuses dans le Traitè CE: trois concepts et quête d identité ,in Cahiers de droit européen, 2008, p. 301
102 "Ciascuno Stato membro assicura durante la prima tappa, ed in seguito mantiene, l'applicazione del principio della parità delle retribuzioni fra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro.Per retribuzione deve essere inteso, ai sensi del presente articolo, il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'xxxxxx.Xx parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:a) che la retribuzione accordata per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base ad una stessa unità di misura;b) che la retribuzione corrisposta per un lavoro pagato a tempo sia uguale per un posto di lavoro uguale".
103 Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo a Parigi nel 1972.
interno, al diritto alla parità retributiva tra i sessi per uno stesso lavoro, o per lavoro equivalente. Solo grazie all intervento della Corte di Giustizia l art. 119 viene riconosciuto un effetto orizzontale diretto.
2.1 La sentenza Xxxxxxxx.
La signora Defrenne104, assistente di volo per la compagnia aerea Sabena, asseriva di essere vittima di una discriminazione diretta fondata sul sesso, in quanto riceveva, a parità di qualifica una retribuzione più bassa rispetto a quella percepita dai colleghi maschi, e ciò in violazione dell art.119 del Trattato.
Pertanto investiva della questione la Corte del lavoro di Bruxelles per veder accertata la discriminazione e dichiarata la condanna nei confronti della compagnia aerea Sabena al pagamento di un indennità risarcitoria. La Corte belga, tuttavia, riteneva che condizione preliminare era comprendere se l art. 119 ( ora 141) avesse un efficacia diretta ed orizzontale, sicchè investiva della questione la Corte di Giustizia105.
La Corte, quindi, si trovava a decidere in un contesto storico istituzionale in cui, alla conclusione del primo periodo transitorio, l adempimento dell obbligo previsto dall art.119 non era stato raggiunto anche in virtù della risoluzione del Consiglio circa l armonizzazione delle percentuali nelle retribuzioni per uomini e donne con cui posticipava la data di attuazione del principio della parità retributiva al 31 dicembre 1964, così come osservato nel paragrafo che precede.
La Commissione, d altra parte, non aveva azionato alcuna procedura di infrazione ex art. 226 C.E. nei confronti degli Stati inadempienti e l unico atto vincolante era la direttiva 75/117/C.E.E. in tema di parità retributiva106.
In questo contesto la Corte di Giustizia sul caso Xxxxxxxx in relazione all applicabilità diretta ed orizzontale dell art. 119 ( ora 141 ) si pronuncia dichiarando che la questione circa efficacia diretta dell art.119 andava esaminata alla luce del principio di parità di trattamento della natura e dello scopo
104 C-43/75.
105 Veniva chiesto alla C.G.C.E. di pronunciarsi circa l effetto diretto di una disposizione del Trattato contente un obbligo di realizzare un obbiettivo sociale di una norma quale l art. 119 ( ora 141) che alla luce della formulazione linguistica altro non era che una norma di principio finalizzata all enunciazione generale del diritto ad una retribuzione uguale per lavori equivalenti.
106 Del 10 febbraio 1975.
perseguito dalla disposizione e dalla suo collocazione nel Trattato107 e prosegue ammettendo che la ratio dell art. 119 era anche di evitare che nel mercato infracomunitario, le aziende site negli Stati in cui era stata data attuazione al principio di pari retribuzione tra i sessi si trovassero in posizione di svantaggio rispetto a quelle aziende che si trovavano in Stati che non avevano ancora provveduto in tal senso, spingendosi ad affermare che l art. 119 rientrava a pieno titolo negli scopi sociali della Comunità dato che questa non si limitava solamente a realizzare un unità economica ma doveva al contempo garantire mediante un azione comune il progresso sociale e promuovere il costante miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei popoli europei, come era sottolineato nel preambolo del Trattato CE 108.
La Corte, quindi, con la sentenza Xxxxxxxx risponde all inerzia degli Stati membri, in merito relativa alla mancata individuazione e predisposizione di garanzie sociali e di protezione dei lavoratori, riconoscendo il diritto in capo a tutti i cittadini lavoratori di convenire in giudizio il datore di lavoro per vedersi riconosciuto il loro diritto alla parità retributiva rispetto ai colleghi dell altro sesso che svolgessero mansioni uguali o equivalenti, riconoscendo l applicazione diretta dell art. 119 ( ora 141 ) anche ai rapporti di lavoro tra privati109.
Sancendo la diretta applicabilità del principio di cui all'art. 119, e riconoscendone il carattere fondamentale, evidenziando l'inerzia complessivamente dimostrata dalle istituzioni e dagli Stati membri nella sua attuazione la Corte ha aperto la strada ad un importante approfondimento giurisprudenziale e normativo della materia sotto il profilo sia delle discriminazioni salariali e che di quelle non salariali110
2.2 La direttiva 76/207/C.E.E.
107 X.xx 7 della motivazione; tale formulazione viene di frequente utilizzata dalla Corte quando deve affrontare casi particolarmente delicati, e fornisce un indizio preciso della volontà di ricorrere all interpretazione teleologica.
108 X.xx 10.
109 In tal senso vedasi Pollicino O., Discrim inazione sulla base del sesso e trattam ento preferenziale nel diritto com unitario Un profilo giurisprudenziale alla ricerca del nucleo duro del new legal order , Xxxxxxx, 2005, p.37
110 Mori P., La parità tra uom o e donna nel Trattato di Am sterdam , Dir. Un. Eur. 1996, 2-3, 571. A mio avviso sin da questea sentenza la Corte, seppur relativamente, richiama il principio del bilanciamento tra i principi economici della Comunità ed i diritti fondamentali; bilanciamento che assumerà sempre maggior rilievo nelle successive sentenze.
A metà degli anni Settanta del secolo scorso, complice il mutato quadro economico, seguito alla crisi economica, il legislatore comunitario si adopera attivamente111 per dare attuazione all'articolo 141, in primo luogo con l adozione della direttiva del Consiglio 75/ 117 con l obbiettivo di perseguire il ravvicinamento delle legislazioni nazionali per l'applicazione del principio della parità di retribuzione, e della direttiva 76/ 207, volta all attuazione della parità di trattamento in materia di accesso al lavoro, di formazione e promozione professionali e di condizioni di lavoro.
Appare necessario sottolineare alcuni aspetti delle due direttive rilevanti al fine di cogliere il mutato spirito interpretativo dell'articolo 141.
La direttiva 75/ 117, per parte sua, ribadisce e specifica quanto previsto dall'articolo 141 indicando in modo puntuale e dettagliato agli Stati membri di adattare il proprio ordinamento al principio della parità retributiva e indicando il termine entro il quale provvedere all adempimento.
La direttiva 76/ 207 in tema di parità di trattamento in materia di accesso al lavoro, di formazione e promozione professionali e di condizioni di lavoro, sebbene trovi le proprie origini nello stesso contesto normativo della direttiva 75/117, se ne distingue per diversi profili.
La prima importante differenza è che la direttiva 76/ 207 non ha come obbiettivo il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, ma costituisce una autonoma disciplina della materia.
Anche l oggetto della direttiva è diverso; il provvedimento, infatti, persegue l'attuazione del principio della parità di trattamento fra uomini e donne riguardo l'accesso al lavoro, alla formazione e promozione professionale ed alle condizioni di lavoro112. Secondo una certa dottrina la direttiva 76/ 207 presta una meticolosa attenzione agli aspetti del rapporto di lavoro nei quali assume
111 In questa fase viene adottata la direttiva del Consiglio n. 79/ 7 in materia di sicurezza sociale, n. 86/378 per la parità nei regimi professionali di sicurezza sociale, la direttiva n. 86/613 in materia di attività autonoma e di maternità, e la direttiva n. 92/ 85 in materia di sicurezza e salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. È anche vero che il Consiglio, consio della situazione di grave inadempimento che ancora di fatto persisteva nella maggior parte degli Stati membri adottava la risoluzione del 21 gennaio 1974, relativa ad un programma di azione sociale, individuando azioni dirette volte a realizzare la parità tra gli uomini e le donne in materia di accesso al lavoro e alla formazione e alla promozione professionale, come pure in materia di condizioni di lavoro, ivi compresi gli aspetti salariali.
112 Anche l approccio linguistico è mutato: non si parla più di lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile, ma di uomini e donne.
rilevanza il principio della parità di trattamento laddove indica l accesso all impiego, alla formazione, alla promozione e al licenziamento, mentre è riluttante nel fornire una nozione di discriminazione indiretta e di azione positiva113.
Si afferma, quindi, un principio diverso dalla parità di retribuzione, anche se ad esso direttamente collegato.
Da una lettura del punto tre dei considerando emerge la mutata percezione della parità uomo-donna nel lavoro, ed in particolare l'esigenza di affrontare la questione con soluzioni di maggiore respiro rispetto a quanto espressamente previsto dal Trattato.
Ulteriore novità degna di rilievo è data dalla base legale della direttiva che muta: essa non poggia più sull art. 119, in quanto l ambito di applicazione della fonte derivata va ben oltre il raggio di competenza individuato dalla norma del Trattato, in quanto la direttiva non affronta più solo le questioni retributive, ma anche di ulteriori elementi non ricompresi nell art. 119 e cioè l accesso al lavoro, la formazione professionale e le condizioni di lavoro.
La base legale di riferimento, in grado di giustificare l ampia portata della direttiva, è stato individuato nell art. 235 ( oggi 308 )114, su cui poggia anche la teoria dei poteri impliciti.
113 Vedasi in tal senso Nanì L., Uguaglianza tra lavoratori e lavoratrici nel rapporto di lavoro , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78 , 1998 , 2, p. 358 ; secondo l A. detta reticenza non trova giustificazione soprattutto alla luce dell esperienza americane e dei principi espressi nella convenzione OIL 58/111.
114 Secondo cui quando un azione della Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della Comunità, senza che il Trattato abbia previsto i poteri di azione a tal uomo richiesti il Consiglio, deliberando all unanimità su proposta della Commissione e dopo aver consultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del caso .
Il ricorso a tale disposizione ha avuto un ampio riconoscimento a partire dal Vertice di Parigi del 1972, consentendo un rafforzamento ed un estensione delle competenze comunitarie nelle più varie direzioni.
Dopo l entrata in vigore dell A.U.E. la Commissione ha tent di bloccare le utilizzazioni dell art. 308 C.E. al fine di evitare il ritorno alla pratica del c.d. accordo di Lussemburgo; sulla stessa scia si è mossa la Corte di Giustizia statuendo che il ricorso all art. 235 ( ora 308 ) come fondamento giuridico di un atto è giustificato solo qualora nessun altra disposizione del Trattato conferisca alle istruzioni comunitarie i poteri necessari per adottare tale atto ( C-45/86).
A seguito dell entrata in vigore del Trattato di Maastricht l art. 308 continua a costituire un elemento importante nel funzionamento della Comunità in quanto si continua a farvi riferimento per il perseguimento dei nuovi obbiettivi attribuiti alla Comunità, anche in assenza dei necessari poteri di azione, dall altro non si continua a contestarne l applicabilità in relazione ai casi in cui la Comunità adotti atti sulla base di esso essendo provvista di poteri che trovano il proprio fondamento in altre disposizione del Trattato.
La Corte con il parere 2/ 94 ha avuto modo di ribadire che l art. 308 è diretto a supplire all assenza di poteri d azione attribuiti espressamente o implicitamente alle istituzioni comunitarie da specifiche disposizioni del Trattato, quando poteri di tal genere dovessero apparire non di meno necessari affinché la Comunità possa svolgere i propri compiti ai fini della realizzazione degli
Lo stesso legislatore comunitario conferma l assenza nel Trattato di poteri specifici di azione necessari a tale scopo ed il conseguente utilizzo dell'articolo
235 quale base giuridica dell'atto. Oltre agli aspetti innovativi, la direttiva 76/ 207 ha anche il merito di avere aperto una fase di intensa produzione normativa del legislatore comunitario, fondata sul ricorso all'articolo 235 e finalizzata all'estensione del principio della parità dall'ambito delle discriminazioni salariali a numerosi altri aspetti del rapporto di lavoro.
Il preambolo della direttiva afferma che la parità di trattamento tra lavoratori di sesso maschile e e lavoratori di sesso femminile115 costituisce uno degli obbiettivi della Comunità , e la sua attuazione, anche per quanto riguarda l accesso al lavoro, ivi compresa la promozione e la sicurezza sociale, nonché le condizioni di lavoro, costituisce lo scopo della direttiva stessa. Tuttavia subito dopo il legislatore europeo afferma che il principio della parità di trattamento implica l assenza di qualsiasi discriminazione, sia essa diretta o indiretta, fondata sul sesso, con alcune eccezioni.116
E proprio l art. 2 n. 4117 , prima della famosa sentenza Xxxxxxx, è stato oggetto di pronunce da parte della Corte. Secondo la Nanì la direttiva omettendo di individuare in modo preciso gli strumenti giuridici a disposizione per l attuazione dell uguaglianza sostanziale fra lavoratori e lavoratrici ha indotto la Corte di Giustizza a farsi promotrice del compito di individuale le modalità per
obbiettivi fissati dal Trattato .la disposizione, essendo parte integrante di un ordinamento istituzionale basato sul principio de poteri attribuiti, non può costituire il fondamento per ampliare la sfera dei poteri della Comunità al di là dell ambito generale risultante dal complesso delle disposizioni del Trattato ed in particolare di quelle che definiscono i compiti e le azioni della Comunità in ogni caso non può essere utilizzata quale base per l adozione di disposizioni che produrrebbero sostanzialmente, con riguardo alle loro conseguenze, ad una modifica del Trattato, che sfugga alla procedura all uopo prevista dal Trattato medesimo .
115 Nella direttiva 2006/ 54/ CE anche il linguaggio cambia in quanto non si parla più di lavoratori maschi e lavoratori femmine, bensì di uomini e donne; risulta evidente la sensibilità nuova del legislatore europeo che non vuole più legare il principio di parità di trattamente alla sola sfera lavorativa.
116 L art. 2 c. 2 prevede la deroga per le attività professionali e le relative formazioni per le quali, in considerazione della loro natura o delle condizioni per il loro esercizio, il sesso rappresenti una condizione determinante; il comma successivo introduce una deroga in caso di lavoratrice gestante.
117 La presente direttiva non pregiudica le misure volte a promuovere la parità delle opportunità per gli uomini e le donne , in particolare ponendo rimedio alle disparità di fatto che pregiudican o le opportunità delle donne nei settori di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 . Veneziani B., in Cerri A., Veneziani B., Le azioni positive dopo la sentenza Xxxxxxxxx. Le opinioni di , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78 , 1998 , 2, p 410 ss. afferma che conseguenza di questa intermpretaione è che la misura deve essere valutata sotto due profili uno strutturale che consiste nell idoneità della stesa a porre rimedio alle disparità di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne, l altro teleologico cioè nella funzione propria di promozione della parità di chances.
contemperare gli interessi delle lavoratrici nel rapporto con le aziende e delle lavoratrici nei rapporti con i colleghi maschi118.
Una prima volta la Corte di esprime nel 1984 nel caso Xxxxxxx000, non accogliendo le indicazioni dell Avvocato Generale e ritenendo di ricorrere all art.
2. c. 3 secondo cui la direttiva non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna in riferimento allo stato di gravidanza e alla maternità.
Una seconda volta, qualche anno più tardi, con il caso Delauche120, sempre l Avvocato Generale Darmon, una volta rilevata la preoccupante sottorappresentazione della componente femminile, ha affermato come fosse giunto il momento di intraprendere una affirm ative action in favore delle donne attraverso al previsione di un sistema di quote per l assunzione e la promozione121 .
Anche in questo caso la Corte non prende una posizione sul punto, perché pur riconoscendo una situazione di sottorappresentazione della componente femminile, ritiene di non dover entrare nel merito dell opportunità dell applicazione a livello comunitario dello strumento del trattamento preferenziale122, in quanto il presupposto della qualificazione equivalente nel caso
118 Nanì L., op. cit., p. 359; secondo l A.. in particolare la tensione tra gli interessi contrapposti è avvertita in sede di determinazione della nozione di discriminazione indiretta in quanto vengono conseguentemente stabilite le modalità con cui vanno ridotti coattivamente vantaggi e privilegi in nome della parità sostanziale.
119 Causa C-184-83, in cui la Corte era stata chiamata a decidere circa la compatibilità della dir. 76/ 207/ CE in relazione alla normativa interna che limitava alle madri il congedo di maternità retribuito. L Avvocato Generale Darmon, nelle sue conclusioni, osservava che l art. 2 c. 4 apriva la strada alle misure nazionali volte a promuovere la parità delle opportunità per gli uomini e le donne, in particolare ponendo rimedio alle disparità di fatto, e solo in apparenza faceva eccezione al principio della parità di trattamento e che quindi avrebbe potuto tradursi in un applicazione di fatto del principio di uguaglianza di trattamento.
120 C-111/86 Delauche c. Commissione. Nella causa de quo la signora Xxxxxxxx, funzionaria della Commissione dopo aver presentato per sei volte la propria candidatura per una posizione superiore ed essersi visto negato il posto in favore di candidati maschi, presentava la candidatura per il posto di capo divisione. La Commissione, con provvedimento non motivato, riteneva di affidare l incarico ad un candidato di sesso maschile. Pertanto la signora Xxxxxxxx provvedeva ad impugnare la decisione della Commissione sostenendo che aveva diritto ad essere preferita sulla base del principio di uguaglianza ed in virtù della sotto rappresentanza femminile. L interesse per questo ricorso poggia sul fatto che la Corte era chiamata a decidere su un presunto illegittimo procedimento di selezione del personale, nell ambito del pubblico impiego presso le istituzioni comunitarie, che non prevedeva un sistema di priorità, a parità di qualifiche, nei confronti dei candidati di sesso femminile e che non vedeva invece come avverrà per le future pronunce un ricorrente uomo che lamenta un pregiudizio per una normativa interna che disciplina un meccanismo di trattamento preferenziale.
121 P.ti 12 e 13 delle conclusioni
122 La Corte ha statuito che la signora Xxxxxxxx non risultava qualificata tanto quanto il candidato di sesso maschile in relazione alla posizione oggetto del riscorso, sicchè ha ritenuto di rigettare il ricorso senza che fosse necessari esaminare se il candidato del sesso sottorapresentato benefici effettivamente di un diritto di preferenza. Secondo Xxxxxxxxxxx L. ci si trova di fronte al concetto di qualificazione uguale concetto giuridicamente indeterminato che on pone in rilievo la
di specie non sussiste visto che la Commissione aveva ritenuto che l interesse del servizio sarebbe stato meglio assolto dal lavoratore effettivamente vincitore della posizione.
Da ultimo la Corte è stata chiama a pronunciarsi su alcune misure previste dalla legislazione francese che attribuivano diritti speciali alle donne123. In questa circostanza la Corte si è espressa ritenendo che le misure adottate dalla Francia non potessero trovare fondamento nell art. 2 c. 4 della dir. 76/ 207 in quanto la stessa aveva lo scopo, preciso e limitato, di autorizzare provvedimenti che, pur apparendo discriminatori, miravano effettivamente ad eliminare o a ridurre le disparità di fatto che possono esistere nelle realtà della vita sociale .
La Nanì critica la posizione della Corte in quanto viene statuita l illegittimità di azioni positive promozionali cioè di quelle azioni che intervengono rimuovendo a monte gli ostacoli che svantaggiano le donne124. Di diverso avviso non solo l Avvocato Generale Xxxxx secondo cui est inadmissible de prétendre, comme la Fornace semole faire, que le femmes ayant en général fait objet de discriminations, toutes dispositions en faveur de femmes dans le domaine du travail son en soi valides en tant qu elles s insèrent dans un processus visant à rétablir l égalité , ma anche la dottrina francese125 secondo cui in Francia ad eccezione della normativa a tutela della gravidanza e della maternità vi è il tentativo di legittimare misure particolari applicabili alle donne in nome della parità di chances, ma nella maggior parte dei casi si tratta di misure che si inseriscono in una logica di divisione dei ruoli che ha a lungo ispirato la politica francese, e che a seguito del recepimento della dir. 76/ 207 non può più trovare accoglimento. La Lanquentin sottolinea come le resistenze francesi alla giurisprudenza comunitaria trovano le proprie radici nella concezione paternalista di uguaglianza che parte dall idea che la donna sia un essere
qualifica del candidato femmina rispetto q quello maschio, quanto la qualificazione della prima in relazione al posto di lavoro; vedasi La sentenza Xxxxxx e il discorso dualista della disparità , in Xxxxx. Dir. Lav. Rel. Ind., 69, 1996, p.175.
123 C-312/86 FFF. Qui oggetto della causa era la legislazione francese sulla parità di trattamento che individuava alcuni diritti specifici in capo alle donne, quali anticipo dell età pensionabile, congedo per l adozione di un minore, congedi in caso di malattia del figlio, permessi legati all inizio dell anno scolastico, e che la Commissione riteneva adottata in violazione del divieto di discriminazione sulla base del sesso.
La Corte, infatti, ha ritenuto illegittimo il riconoscimento di permessi e agevolazioni legate allo svolgimento del doppio ruolo in quanto a vantaggio delle sole donne.
124 Nanì L., ., Uguaglianza tra lavoratori e lavoratrici nel rapporto di lavoro , in Div. dir. Rel. Ind., 78, 1998, 2., p. 390.
125 Lanquentin M.T in De l égalité des chances A propos de l arrêt Xxxxxxx, CJCE 17 octobre 1995 , Droit social, 5/1996, p. 497.
psicologicamente debole, e che ha un ruolo prioritario all interno della famiglia. Infatti al momento del recepimento della dir. 76/ 207 la legislazione francese non prevedeva l istituto delle azioni positive in favore delle donne.
Tornando alla dir. 76/ 207, il punto di forza della direttiva, che ha permesso alla Corte di muoversi in un settore così delicato è la previsione secondo cui la presente direttiva non pregiudica le misure volte a promuovere la parità delle opportunità per gli uomini e le donne, in particolare ponendo rimedio alle disparità di fatto che pregiudicano le opportunità delle donne nei settori relativi all accesso al lavoro, ivi compresa la promozione e l accesso alla formazione professionale, le condizioni di lavoro e sicurezza sociale .
In quegli anni anche le istituzioni comunitarie iniziano a prendere posizione sul punto. Di rilievo è la raccomandazione del Consiglio dei ministri del 1984126 da cui emerge una inadeguatezza generale delle disposizioni normative in tema di parità di trattamento, strutturate in senso prevalentemente negativo e cioè come divieto a discriminare, che da sole non sono in grado di eliminare le disparità di fatto, ma che dovono essere affiancate da azioni parallele intraprese dei Governi, dagli enti interessati, dalle parti sociali, quella che oggi in termini comunitari viene chiamata società civile , per controbilanciare gli effetti negativi risultati per le donne, nel campo dell occupazione, dagli atteggiamenti e dai comportamenti discriminatori ormai integrati nelle strutture sociali127.
La raccomandazione individuava, inoltre, i futuri interventi legislativi quali il rafforzamento dell azione volta ad assicurare l osservanza del principio della parità di trattamento, la promozione dell uguaglianza di fatto delle
126 Raccomandazione 84/635 del Consiglio dei Ministri sulla promozione delle azioni positive in favore delle donne .
127 Nel proseguo del lavoro emergerà come nel 1984 si ponevano le basi, o quanto meno si cominciava a prendere coscienza della necessità di attuare interventi non solo normativi, e comunque non solo fondanti su divieti, per l adozione di strumenti di soft law, di strategie preventive, di mainstreaming, di dialogo xxxxxxx.Xx Lanquentin M.T in De l égalité des chances A propos de l arrêt Xxxxxxx, CJCE 17 octobre 1995 , Droit social, 5/1996, p. 496 afferma che il quadro normativo di quegli anni sia esso internazionale che europo individuava delle misure specifiche in favore delle donne; tuttavia si tratta di misure che non sono temporanee. Ciò che legittima tali norme non è la differenza biologica tra uomin e donne bensì un esistenza di disuguaglianza di fatto, che nel concreto colpisce le donne nell accesso alla formazione, al lavoro e alla professione. Secondo l A. il fine ultimo della parità di chance consiste nella creazione di condizioni uguali per il gruppo penalizzato, che nel caso di specie è rappresentato dalle donne.
La direttiva 2006/ 54/ CE al par. 38 dichiara che la parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego non può limitarsi a misure di carattere normativo. L Unione Europea e gli Stati Membri dovrebbero invece continuare a favorire il processo di sensibilizzazione al problema della discriminazione in materia retributiva ed un cambio approccio pubblico coinvolgendo, per quanto possibile, tutte le forze interessate a livello pubblico e privato. Il dialogo tra le parti sociali potrebbe fornire, a questo proposito, un importante contributo.
opportunità tramite l adozione, sia a livello comunitario che interno, di meccanismi di trattamento preferenziale in settori quali la parità di retribuzione, la parità di accesso per quanto concerne l accesso al lavoro, alla formazione, alla promozione professionale, e le condizioni di lavoro; invitava, inoltre, gli Stati a fare in modo da ricomprendere fra le azioni positive l'incoraggiamento delle candidature, delle assunzioni e della promozione della donna nei settori professioni e livelli in cui esse sono sottorappresentate, in particolare ai posti di responsabilità .
2.3 La sentenza Xxxxxxx.
Con la sentenza Kalanke128 la Corte viene chiamata ad esprimersi sulla legge del Land di Brema secondo cui in occasione di una decisione di assunzione, ivi compresa l istaurazione di un rapporto di pubblico impiego, si doveva dare la precedenza alle candidate di sesso femminile, esclusivamente in quei settori dove le stesse erano sottorappresentate129. La Corte federale tedesca, quindi, con rinvio
128 C-459/93; la controversia trova origine dal bando di concorso pubblicato dalla città di Brema per un posto di capo settore nel servizio comunale di giardinaggio al quale concorrevano tanto il Xxxxxxx che la Xxxxxxxx, sebbene fossero risultati parimenti classificati la direzione generale del servizio proponeva di promuovere il candidato di sesso maschile.
Tuttavia la proposta veniva respinta dal comitato del personale, mentre dalla successiva trattativa di mediazione scaturiva una raccomandazione a lui favorevole; il gruppo di conciliazione, investito della questione, si pronunciava con parere vincolante, dichiarando che entrambi i candidati erano idonei ad accedere al posto vacante e quindi - anche in base alla legge del Land sulla parità - la preferenza [andava] data al candidato di sesso femminile .
Pertanto il signor Xxxxxxx presentava ricorso innanzi il giudice del lavoro, sostenendo, da un lato, di avere una migliore qualificazione professionale della Xxxxxxxx, dall'altro, che la decisione della convenuta lo discriminava in ragione del sesso; sosteneva in subordine, che quand'anche la qualificazione professionale di entrambi fosse da ritenere equivalente, dovevano assumere rilevanza fattori quali l'avere la moglie a carico e due figli ancora in età scolare.
Il ricorso on veniva accolto e il giudice dell appello confermava; il signor Xxxxxxx quindi presentava domanda di revisione innanzi il Bundesarbeitsgericht, il quale confermava la valutazione del giudice d'appello in merito alla parità di qualificazione di entrambi i candidati e, quindi, la correttezza della decisione del gruppo di conciliazione, e concludendo, anche alla luce della più recente giurisprudenza della Corte costituzionale federale, che la legge sulla parità del Land di Brema non era in contrasto con la Costituzione e il codice civile tedeschi. Il giudice tedesco riteneva che la misura preferenziale contenuta nella disposizione impugnata fosse da ritenersi conforme al principio di proporzionalità sulla base di due elementi: il primo era dato dalla indicazione delle due condizioni essenziali, e cioè il requisito della qualificazione equivalente e quello della necessità che il sesso femminile fosse sottorappresentato, percheè si potessero applicare le due misure; il secondo era la proporzionalità della misura, in quanto da una lettura più ampia della normativa si poteva desumersi come nei casi più delicati e complessi che presentassero delle difficoltà eccezionali, la regola della priorità non si sarebbe dovuta applicare.
129 Inoltre la norma tedesca proseguiva disponendo che la qualifica doveva essere commisurata unicamente alle esigenze di lavoro connesso al posto da occupare o alla promozione di carriere.
pregiudiziale ex art. 234 CE, investiva la Corte di Giustizia della richiesta di chiarire la portata della direttiva e la compatibilità con la legge tedesca. Il giudice tedesco, quindi, chiedeva se l art. 2. c. 4 dovesse essere interpretato nel senso di coprire anche disposizioni di legge in forza delle quali nell assegnazione dei posti di grado più elevato, fosse accordata una preferenza alle donne in caso di parità di qualificazione professionale rispetto ai concorrenti di sesso maschile, qualora esse risultassero insufficientemente rappresentate. Inoltre chiedeva, in caso di risposta negativa al primo quesito, se alla luce del principio di proporzionalità l art. 2 c. 1 dovesse essere interpretato nel senso che fossero incompatibili le disposizioni di legge in forza delle quali, nell assegnazione dei posti in una categoria retributiva superiore, fosse accordata la preferenza alle donne, in caso di parità di qualificazione professionale rispetto ai concorrenti di sesso maschile, qualora esse risultassero insufficientemente rappresentate. Da ultimo il giudice tedesco segnalava che la norma oggetto del ricorso pregiudiziale non introduceva una riserva automatica di quote che prescindesse dalla verifica della professionalità, ma presupponeva una verifica comparativa dell attitudine dei candidati a svolgere le mansioni richieste, sottolinendo come il regime di quote potesse essere, per il futuro, uno strumento valido per attenuare o eliminare gli svantaggi subiti dalle donne ugualmente impegnate nello svolgimento di alcune funzioni di grado più elevato.
La Corte è qui chiamata a pronunciarsi sulla dir. 76/ 207 emanata per promuovere l'uguaglianza di trattamento tra i due sessi, andando quindi ben oltre il dettato dell art. 119 in tema di "uguale retribuzione per uguale lavoro" del Trattato di Roma. Ed in particolare viene chiamata a pronunciarsi proprio sull art. 2 c. 4 che permetteva lo sviluppo di legislazioni sempre più sensibili alla problematica.
La Corte nella fase iniziale del proprio ragionamento fa ben sperare per una pronuncia in senso positivo laddove si richiama a quanto già affermato nella sentenza Com m issione c. Francia130 e cioè che l art. 2 c. 4 autorizzava provvedimenti da parte degli Stati membri che sebbene apparissero discriminatori, miravano effettivamente ad eliminare o a ridurre le disparità di fatto che potessero esistere nella realtà della vita sociale, e proseguiva affermando che dovevano considerarsi legittimi i provvedimenti nazionali in materia di
130 Op. cit.; x.xx 15 della causa Commissione x. Xxxxxxx.
accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, i quali, favorendo in special modo le donne, perseguissero lo scopo di migliorare la loro attitudine a concorrere sul mercato del lavoro e a proseguire nella carriera in posizione di parità rispetto agli uomini131. Proseguiva la Corte richiamando la raccomandazione 84/ 635132 del Consiglio e sottolineando come le norme in materia di parità di trattamento fossero inadeguate per eliminare tutte le disparità di fatto a meno che non venissero accompagnate da azioni dei Governi e delle parti sociali.
Tuttavia la Corte conclude negando la legittimità della normativa tedesca rispetto alla direttiva 76/ 207 in primo luogo sostenendo che la legge de Land di Brema individuava un meccanismo automatico di preferenza133. La dottrina correttamente osserva che sebbene la Corte affermi l illegittimità del meccanismo di promozione delle donne pari qualificate e sottorappresentate, omette di indicare i requisiti che avrebbero permesso di far venir meno il carattere automatico 134.
L osservazione della Corte, ad un attenta lettura, risulta imprecisa, in quanto l'art. 4 della legge sulla parità del Land di Brema non assicura una preferenza assoluta e incondizionata ma solo quando ricorrano due precise condizioni: l'eguaglianza di qualificazione dei candidati e la sottorapresentazione delle lavoratrici nel settore considerato. Ad avviso della Corte il ricorso a detto
131 X.xx 21 sentenza Xxxxxxx.
132 Solo la raccomandazione n. 84/ 635, G.U.C.C. n. L.331 del 19.01.1984, definisce le azioni positive come misure di incoraggiamento delle assunzioni delle promozioni delle donne nei settori in cui esse sono sottorappresentate, mentre né la direttiva 76/ 207 prima , né la sentenza Xxxxxxx dopo forniranno una definizione chiara di azione positiva.
Il Consiglio nel testo della raccomandazione prosegue affermando che le disposizioni normative esistenti in materia di parità di trattamento, intese a conferire diritti agli individui, sono inadeguate per eliminare tutte le disparità di fatto, a meno che non siano intraprese azioni parallele da parte dei governi, delle parti sociali e degli altri enti interessati, per controbilanciare gli effetti negativi risultanti per le donne, nel campo dell'occupazione, dagli atteggiamenti, comportamenti e strutture sociali ed si invita gli Stati membri, facendo espresso riferimento all'art. 2, n. 4, della direttiva, ad adottare una politica di azioni positive mirante, tra l'altro, esortando all' incoraggiamento delle candidature, delle assunzioni e della promozione delle donne nei settori, professioni e livelli in cui esse siano sottorappresentate, in particolare ai posti di responsabilità .
133 Nei fatti la Corte compie un vero e proprio sindacato di conformità della legge tedesca con la direttiva; sebbene la procedura pregiudiziale costituisca la sede privilegiata per l'accertamento della compatibilità del diritto nazionale con il diritto comunitario, tuttavia la Corte aveva costantemente affermato che nell'ambito dell'art. 177 del Trattato, questa Corte non è competente ad interpretare norme, né a pronunciarsi sulla loro eventuale incompatibilità con il diritto comunitario; tuttavia nell'ambito dell'interpretazione del diritto comunitario, essa può fornire al giudice nazionale gli elementi che gli consentiranno di definire la controversia ad esso sottoposta, in particolare quanto all'eventuale incompatibilità fra norme interne e norme comunitarie .
134 Pollicino O., op. cit.; Nanì op. cit. p. 376.
automatismo, eliminando qualsiasi margine di flessibilità nell applicazione del meccanismo preferenziale, non tutelerebbe le ragioni dei lavoratori maschi.
Di parere contrario Xxxxxxxxxxx secondo cui il trattamento preferenziale de quo non risulta essere assoluto in quanto si lega con la preventiva dimostrazione della sottorappresentanza delle donne in un determinato settore; la donna inoltre non può avvalersene sic et sempliciter ma a condizione che la sua qualifica sia stata riconosciuta equivalente a quella del lavoratore maschio135. Si osserva in linea con il pensiero di Xxxxxxxxxxx che l Avvocato Generale nelle conclusioni distingue la disposizione del Land di Brema dalla c.d. quota rigida che per sue caratteristiche individua una quota fissa, siano essi posti di lavoro o qualifiche, destinata alle donne a prescindere dal merito dei soggetti posti al vaglio. Tuttavia è solo con la sentenza Xxxxxxxxx che la Corte individua le condizioni di legittimità delle azioni positive.
In secondo luogo la Corte ricorre ad un approccio formale nell interpretazione dell art. 2 c. 4 classificandolo in termini di deroga al diritto alla parità di trattamento e pertanto interpretandolo in senso restrittivo136.
135 Xxxxxxxxxxx X., La sentenza Xxxxxx e il discorso dualista della disparità , in Xxxxx. Dir. Lav. Rel. Ind., 69, 1996, p. 162; in tal senso vedasi anche Pollicino O. Discrim inazione sulla base del sesso e trattam ento preferenziale nel diritto com unitario Un profilo giurisprudenziale alla ricerca del nucleo duro del new legal order , Xxxxxxx, 2005.
136 Per affermare ciò al x.xx 21 la Corte richiama il caso Xxxxxxxx nella parte in cui veniva dichiarato che l art. 2 c. 4 derogando ad un diritto individuale previsto dalla direttiva andasse interpretato restrittivamente. In tal senso vedasi anche Lanquentin M.T in De l égalité des chances
A propos de l arrêt Xxxxxxx, CJCE 17 octobre 1995 , Droit social, 5/1996, p. 498.
Tuttavia il richiamo al caso Xxxxxxxx è improprio in quanto la Corte era stata chiamata a decidere circa una presunta violazione del divieto di discriminazione ai sensi dell art. 2 c.1 della dir. 76/207 in quanto la signora Xxxxxxxx lamentava che non si era vista rinnovare il contratto di lavoro come incaricata dell ordine pubblico in quanto l Autorità statale irlandese a ciò deputata decideva di non affidare più tali compiti agli agenti donne. La signora X xxxxxx, infatti, aveva svolto l attività di agente di polizia dal 1974 al 1980 ; in seguito non si era più vista rinnovare il contratto in quanto, secondo l Autorità statale iralandese incaricata del mantenimento dell ordine pubblico, datrice di lavoro della ricorrente, i compiti di polizia rendevano spesso necessario il porto di armi da fuoco, e pertanto decideva di non affidare più per il futuro tali compiti agli agenti donna. ( Nel Regno Unito all epoca dei fatti le forze di polizia non portavano armi nell esercizio delle loro funzioni, tranne che nel corso di operazioni specifiche, e sotto questo profilo non veniva fatta alcuna differenza tra uomini e donne. Tuttavia a seguito dell elevato numero di attentati in Irlanda del Nord, la competente autorità decideva di dotare di armi da fuoco la polizia anche quando nell esercizio delle ordinarie funzioni. La decisione di munire le forze di polizia dell Irlanda del Nord di armi da fuoco non comprendeva il personale di sesso femminile).
La signora X xxxxxxx pertanto presentava ricorso all autorità inglese lamentando la violazione della direttiva 76/ 207; la difesa invece sosteneva la conformità alle norme comunitarie rispetto alla decisione presa dall Autorità statale irlandese in quanto si fondava sulle deroghe individuate dalla direttiva stessa. E più precisamente laddove autorizzava gli Stati membri ad escludere dall ambito di applicazione del principio di pari trattamento quelle attività per cui, a causa del loro trattamento o della loro natura, il sesso costituisce elemento determinante.
La signora X xxxxxxx non condivideva le osservazioni della controparte e sostenva che le donne erano in grado di sostenere l addestramento al maneggio delle armi da fuoco.
Ulteriore elemento di fraintendimento in cui sono incorsi i giudici di Lussemburgo è stato quello in ordine alle tipologie di trattamento preferenziale, equivoco alimentato dalle conclusioni dell Avvocato Generale Tesauro in ordine alle azioni positive137.
Egli, infatti, sosteneva che le azioni positive possono essere intese in diverse forme: una che ricalca il modello volto a porre rimedio non a discriminazione in senso giuridico, quanto a condizioni di svantaggio tipici della presenza femminile sul mercato del lavoro; in questo caso l obbiettivo perseguito dall azione positiva sarebbe quello di eliminare le cause della minore opportunità di lavoro e di avanzamento di carriera delle donne con interventi in tema di orientamento e formazione professionale138. Una seconda forma si individua nelle azioni volte a conciliare le responsabilità dei carichi familiari e professionali attraverso una distribuzione più equa dei primi; qui l azione va a toccare l orario di accesso139 e di uscita dal lavoro, lo sviluppo di strutture per l infanzia e di agevolazioni fiscali. E da ultimo la forma che si individua con il ricorso al trattamento preferenziale, e avente come obbiettivo di porre rimedio a perduranti effetti di discriminazioni storiche tramite sistemi di quote o di goals.
Si rileva che né l Avvocato Generale, né la Corte hanno tenuto in debita considerazione, in merito alla definizione di azione positiva, i testi dei trattati internazionali. Infatti a ben guardare l'art. 4 della Convenzione delle Nazioni
La Corte affermava quindi che nel determinare la portata di qualsiasi limitazione di un diritto individuale, quale quello alla parità di trattamento fra uomini e donne stabilito dalla direttiva, occorre rispettare il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi giuridici generali sui quali si basa l ordinamento giuridico comunitario.
Tale principio prevede infatti che le limitazioni non eccedano quanto è adeguato e necessario per il raggiungimento dello scopo, e richiede di conciliare per quanto possibile il principio della parità di trattamento con le esigenze della pubblica sicurezza.
È in tale contesto che la Corte si pronuncia affermando che
affermando che nel caso di specie la signora X xxxxxxx poteva esigere nei confronti dell autorità statale l applicazione del principio di parità di trattamento tra uomini e donne di cui all art. 2 c. 1 al fine di veder disapplicata la normativa nazionale in quanto esorbitante rispetto ai limiti individuati dall art. 2. c. 2.
137 L'Avvocato al punto 20 delle Conclusioni ne indica i due requisiti di ammissibilità:1) l'esistenza di ostacoli di fatto che si oppongono alla realizzazione dell'uguaglianza di opportunità tra uomini e donne;2) il carattere (implicitamente) temporaneo dell'azione positiva.
138 X.xx 12 e 19. Xxxx X. Quale uguaglianza? Ovvero le azioni positive davanti alla Corte di Giustizia delle Com unità Europee in Di. Un. Eur., 1996, 3, p. 381 e ss. Secondo l A. questa è una visione eccessivamente restrittiva della nozione di azione positiva, ancorata alla concezione formalistica del principio d'eguaglianza, secondo cui sarebbero sufficienti che le regole del gioco siano comuni e che chiunque sia messo nella condizione di poter partecipare al gioco , piuttosto che alle teorie egualitarie le quali ritengono che lo scopo è quello dell'eguaglianza dei risultati.
139 Nei tempi più recenti le istituzioni comunitarie hanno sviluppato, e hanno al contempo invitato gli Stati membri ad attuare ed incentivare politiche e misure in tema di conciliazione dei tempi.
Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna stabilisce che le misure temporanee speciali debbano essere abrogate una volta raggiunto l'obiettivo, ovvero che la loro ragion d'essere è il raggiungimento di quel concreto risultato: l'eguaglianza reale tra gli uomini e le donne. E la circostatanza che le azioni positive non devono essere necessariamente limitate alla funzione - senza dubbio essenziale ma dimostratasi storicamente insufficiente - di innalzare la soglia di partenza della categoria sociale svantaggiata, trova conferma anche in atti normativi europei e comunitari.
Così anche la Carta sociale europea, all art. 20 , impegna le Parti ad adottare misure appropriate per garantire o promuovere l'applicazione del principio di parità in vari campi tra cui quello del déroulement de la carrière, y comprise la promotion (lett. d)140.
Con contenuti analoghi si esprime la Carta comunitaria dei diritti dei lavoratori del 1989, il cui art 16 si riferisce ad azioni volte a garantire l'attuazione dell'eguaglianza tra uomini e donne, in particolare in materia... di evoluzione delle carriere .
Risulta chiaro che qui l interesse è rivolto alla necessità di compensare gli svantaggi subiti dalle donne nel corso della loro vita lavorativa a causa delle discriminazioni ancora di fatto esistenti: l'azione positiva, quindi, trova una giustificazione nel voler facilitare l'esercizio e la progressione di un'attività professionale o di una carriera e non solo per facilitare l'accesso a quella attività o carriera.
L Avvocato Generale Xxxxxxx, tuttavia, nella prima parte delle argomentazioni svolte giungeva ad affermare che anche una volta create le condizioni di partenza uguali per uomini e donne, le regole della competizione potevano risultare alterate, non tanto dal ruolo del datore di lavoro quanto da un modello strutturale di organizzazione del lavoro che fa proprio il sistema discriminatorio. Egli, quindi, prosegue affermando che essere arrivati agli stessi blocchi di partenza non garantisce che le donne abbiano uguali risultati che, oltre a dipendere dal merito e dagli sforzi individuali dei singoli interessati potranno essere influenzati da una certa struttura sociale che penalizza la donna in particolare e dalle discriminazioni subite in passato e che ancora rendono
140 Vedasi a tal proposito Xxxxxxxxx X. Xx question des droits sociaux La dim ension sociale dans la m ondialisation de l économ ie in Rev. Dr. ULB, 23, 2001, p. 8 ss .
marginale la presenza in alcuni settori, specie a livello direttivo141 . Pertanto, secondo il Tesauro ciò che realmente serve è un mutamento del modello economico, sociale e culturale142; egli individua il problema, ma ne affida i meccanismi di correzione al di fuori dell area del diritto143. L Avvocato generale compie, quindi, per usare le parole di Xxxxxxxxxxx000, un opera di esternalizzazione del problema di uguaglianza, sicchè le azioni positive dovrebbero mirare al versante dell offerta del lavoro, alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare145 e allo strumento dell istruzione quale mezzo per correggere le disparità che non trovano tanto l origine nell arena aziendale, quanto nella formazione inadatto o insufficiente delle donne146.
Di diverso avviso Veneziani147 secondo cui l Avvocato Generale Xxxxxxx prima e l Avvocato Generale J acobs, nella sentenza Xxxxxxxxx, riconoscono che le disuguaglianze sono a monte del rapporto di lavoro; tuttavia l Autore non sposa quest idea perché pone il rischio di avvalorare la teoria secondo cui la creazione di pari opportunità debba essere un obbiettivo esterno al rapporto di lavoro,
uno strumento di politica attiva del lavoro che attiene non ai diritti di libertà ma alla sfera dei diritti sociali, che per essere attivati hanno bisogno di interventi di welfare . Tuttavia esternalizzare le opportunità, prosegue Veneziani, significa esonerare la strategia aziendale dalla gestione delle risorse umane dalla funzione di correzione degli squilibri148. Assai dura, invece, la critica mossa dalla Nanì ai
141 X.xx 14 delle conclusioni dell Avvocato Generale. Al riguardo la Nanì L., op. cit, è assai critica perché pur riconoscendo la chiarezza e l articolazione delle conclusioni del Tesauro le sospetta viziate dell intenzione precostituita di voler limitare il ricorso alle misure differenziate a favore delle donne. In particolare contesta all Avvocato Generale laddove afferma che nella misure in cui il metodo di accertamento dei meriti sia indirettamente discriminatorio si deve procedere all applicazione del divieto di discriminazione indiretta di peccare in chiarezza non approfondendo se proprio la struttura sociale possa fornire metodi di accertamento dei meriti con carattere di discriminazione indiretta e quindi tali da essere perseguiti e da legittimare azioni positive di risultato.
142 X.xx 28.
143 Come si vedrà più avanti, la Corte Costituzionale è incorsa in un ragionamento analogo con la sentenza 422/95 quando è stata chiamata a pronunciarsi in tema di quote rosa.
144 Op. cit. p. 165.
145 Conciliazione che deve operare sul fronte relativo alla copertura e alla protezione sociale nei periodi di assenza causati da maternità, cura e sul fronte della gestione dell orario di lavoro.
146 Xxxxxxxxxxx X., op. cit. p. 169
147 Xxxxx X., Veneziani B., Le azioni positive dopo la sentenza Xxxxxxxxx. Le opinioni di , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78, 1998, 2, p. 409.
148 Quest osservazione correttamente si lega alle azioni positive di conciliazione che individuanuo un ruolo attivo dell azienda nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro; al riguardo vedasi infra le osservazioni della Calafà in relazione allo studio della Regione Veneto in tema di progettazione di azioni positive che di fatto non hanno avuto esito positivo per il disinteresse delle aziende a pensare ad una riorganizzazione al proprio interno.
giudici della Corte sottolineando che la sentenza de quo abbia avuto come obbiettivo primario quello di restringere l area di legittimità delle politiche paritarie in generale proprio perché la Corte rinuncia a risolvere il conflitto di interessi tra lavoratori e lavoratrici149. A parere di chi scrive non si può non riconoscere che le osservazioni svolte dal Tesauro nelle sue argomentazioni circa la necessità di individuare strumenti di correzione al di fuori della sfera strettamente giuridica sono complessivamente corrette. Oggi, infatti, a livello comunitario e a livello interno si è colta la necessità di coinvolgere la società civile e le parti sociali al fine di individuare gli strumenti più idonei per raggiungere la parità di trattamento ricorrendo a strumenti nuovi quali la soft law, ed in particolare il Metodo Aperto di Coordinamento. Le istituzioni comunitarie, per prime, hanno colto l importanza di strumenti non normativi, quali le best praticies, per incentivare modelli sociali e aziendali che mirino al raggiungimento della parità di trattamento attraverso l individuazione di obbiettivi condivisi da tutti i soggetti coinvolti.
Tuttavia, nonostante le critiche mosse alla Corte di Giustizia e all Avvocato Generale, si deve riconoscere che il caso Xxxxxxx ha avuto il pregio di stimolare un dibattito serio al livello comunitario circa l ammissibilità e le modalità di attuazione dello strumento del trattamento preferenziale.
Ha portato la Commissione, di lì a poco, ad adottare una comunicazione circa l interpretazione della sentenza Kalanke150 indicando come i sistemi di
149 Op. cit. p. 381.
150 La Nanì, op. cit., rileva che l intervento della Commissione non è avvenuto per il pregio della sentenza Xxxxxxx di aver aperto un dibattito serio circa l ammissibilità e le modalità di attuazione dello strumento del trattamento preferenziale, quanto per il timore che l intervento della Corte di Giustizia in tema di azioni positive potesse minare la disciplina della parità uomo donna.
Perplessità analoghe evidenzia Xxxxxx A., La sentenza Xxxxxxx: un inversione di rotta nelle politiche com unitarie sulle pari opportunità , in Riv., it. dir. pubbl. comm., 1996, p. 675 ss.; l X. xxxxxx che in occasione a Maastricht era stato raggiunto un accordo sulla politica sociale essendo stato convenuto che in futuro le direttive in materia di uguaglianza tra uomo e donna avrebbero richiesto una maggioranza qualificata permettendo di superare lo stallo causato dal principio dell unanimità, cui è seguita un attività a vasto raggio da parte delle istituzioni comunitarie quali la Risoluzione del Consiglio sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale, la Risoluzione riguardante l'uso dell'immagine di uomini e donne nei mass-media, entrame del 1995. Nel quadro così delineato la sentenza Xxxxxxx sembra profilare, ad avviso dell A. una battuta di arresto nell attività promozionale della Commissione, e sembra quasi che la Corte voglia andare contro alle indicazioni del Consiglio laddove incitava gli Stati membri a a sviluppare una strategia globale ed integrata volta a favorire la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale ed a sviluppare un quadro normativo appropriato che comprenda, eventualmente, misure specifiche.
La Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio COM (96) 88 propone una lettura interpretativa della sentenza cercando di restringerne la portata, quasi certamente per ridurre l impatto politico e sociale. Il Parlamento ha accolto positivamente la linea adottata dalla Commissione , sollecitandola a proporre la modifica della normativa in tema di parità; le posizioni
quota che non presentavano caratteri di automaticità e di rigidità avrebbero dovuto considerarsi impregiudicati dalla sentenza e pertanto perfettamente legittimi. Diversamente l unico tipo di quota da considerare in contrasto con il diritto comunitario è quello con un livello di rigidità tale da non lasciare la possibilità di valutazioni e apprezzamento circa le situazioni individuali. La Commissione prosegue, nel proprio documento, fornendo per la prima volta un elenco, non esaustivo di misure di trattamento preferenziale151.
Alla luce di tali osservazioni, la Commissione, di lì a poco, presentava una proposta152 di modifica dell'art. 2, n. 4 della direttiva 76/ 207/ CEE, il cui testo disponeva che la direttiva non osta alle misure volte a promuovere le pari opportunità tra uomini e donne, in particolare eliminando le disuguaglianze sostanziali che pregiudicano le opportunità del sesso insufficientemente rappresentato nei settori di cui all art. 1 par.1. .
Le differenze da subito emerse tra il testo della dir. 76/ 207 e quello proposto dalla Commissione si individuano in primo luogo nella formulazione neutra della disposizione in quanto riferibile ad entrambi i sessi purchè sottorappresentati. Non si parla più di necessità di porre rimedio alla disparità di fatto ma di necessità di ricorrere allo strumento del trattamento preferenziale quale eliminazione della disuguaglianza sostanziale, si ricorre una previsione
contrarie erano minoritarie rivolte alla necessità di conservare il sistema della meritocrazia, al rischio che le discriminazioni positive producano effetti stigmatizzanti a danno dei beneficiari ( sul punto vedasi infra, par. azioni positive nel sistema statunitense ), e al rischio di sottovalutare situazioni ben più gravi di disegio socio-economico.
151 L elenco così si compone:
1. quote connesse alle qualificazioni richieste per un determinato profilo lavorativo, a condizione che esse prevedessero la presa in considerazione di determinate circostanze che nel caso in questione potessero giustificare un eccezione al profilo di preferenza per il sesso sottorappresentato;
2. piani promozionali a favore delle donne prevedenti aumenti graduali della presenza femminile e scadenze temporali per la realizzazione di tali programmi, senza però contingentare quanto programmato in sistemi rigidi di quote;
3. misure consistenti in un obbligo per il datore di lavoro di assumere di preferenza candidati appartenenti al sesso sotto rappresentato ma senza che fosse attribuito agli stessi candidati alcun diritto individuale ad essere preferito.
152 Proposta di direttiva del Consiglio che modifica la dir. 76/ 207/ C.E.E. del Consiglio relativa all attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l accesso al lavoro, alla formazione professionale e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro, COM (96) 93 def. Le considerazioni maggiormente rilevanti che hanno portato la Commissione a presentare tale proposta trovano il fondamento nel fatto che oramai la maggior parte degli Stati membri stavano dando attuazione a diverse forme di azione positiva, nell urgente necessità di chiarire la portata dell art. 2. c. 4 alla luce della sentenza Xxxxxxx, e dalla necessità emersa a livello comunitario di ricorrere ad una progressica neutralizzazione nella formulazione delle misure di trattamento preferenziale in modo che le misure di azione positiva fossero suscettibili di tradursi nella pratica in un beneficio per le persone di qualunque sesso sottorappresentato in un determinato settore.
normativa per la previsione di quote per il sesso sottorappresentato, purchè venga prevista la possibilità di valutare le circostanze particolari delle singole fattispecie.
2.4 La sentenza Xxxxxxxxx.
Di lì a poco la Corte veniva chiamata nuovamente a esprimersi in relazione all art. 2 c. 1 e 4 della dir.76/ 207153 da parte del Tribunale amministrativo tedesco il quale, ai sensi dell art. 243 CE, se il combinato disposto della norma comunitaria era da considerarsi violato dalla normativa interna secondo cui, nel settore pubblico, in relazione al livello del posto di lavoro preso in considerazione fossero impiegate meno donne che uomini, le donne dovessero avere precedenza nella promozione in caso di pari qualificazione ( idoneità, competenza e prestazioni professionali ) tra candidati di sesso maschile e quelli di sesso femminile, a meno che non prevalessero motivi inerenti alla persona di un candidato di sesso maschile.
La Corte riconosce per la prima volta la circostanza in cui due candidati che vantino qualifiche equivalenti non implica, per definizione, che ricorresse una situazione di pari opportunità tra gli stessi, dissociandosi, quindi, sia dalle conclusioni del Tesauro nella sentenza Xxxxxxx, sia dalle osservazioni dell Avvocato Generale della causa in esame, l avvocato J acobs.
Il caso Xxxxxxxxx correttamente pone attenzione alle ipotesi in cui in condizioni di uguale idoneità del candidato uomo e del candidato donna il criterio di preferenza in favore di quest ultima risulta bilanciato, a differenza della normativa tedesca nel caso Xxxxxxx, con la considerazione di ulteriori profili154.
153 C-409/ 95. Il signor Xxxxxxx, cittadino tedesco, residente nel Land del Nord-Reno Vestfalia, di professione insegnante, aveva fatto richiesta di accesso ad un posto di grado superiore ricevendo risposta negativa in quanto lo stesso doveva essere attribuito ad un candidato donna. Infatti entrambi gli insegnanti erano ritenuti egualmente qualificati, tuttavia essendo i posti a disposizione nel settore di istruzione secondari occupati per la grande maggioranza da uomini, il candidato donna veniva preferito sulla base dello statuto del personale secondo cui qualora nell ambito delle competenze dell autorità che il potere di decidere la promozione, al livello del posto considerato vi sono meno donne che uomini, le donne devono avere la precedenza nella promozione, a parità di idoneità, di competenza e di prestazioni professionali, a meno che non prevalgano motivi inerenti alla persona di un candidato di sesso maschile .
154 Xxxxx X., Veneziani B., Le azioni positive dopo la sentenza Xxxxxxxxx. Le opinioni di , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78 , 1998 , 2.p. 403, opera un ulteriore distinzione circa i requisiti richiesti, in quanto l A. distingue tra fattori oggettivi, cioè di idoneità alla funzione, e fattori soggettivi, a
La Corte riconoscendo che nei luoghi di lavoro esiste la c.d. discriminazione strutturale o istituzionale, ritiene che la normativa tedesca non possa essere considerata in violazione della normativa comunitaria in quanto a differenza del caso Xxxxxxx, prevedeva una clausola di salvezza. Infatti in questo caso il legislatore tedesco pur prevedendo una regola di precedenza a favore delle donne nelle promozioni, individuava anche un eccezione nel caso in cui non prevalessero motivi inerenti la persona del candidato maschile155.
Secondo Pollicino156, l iter logico seguito dalla Corte era volto a mascherare sotto un apparente continuità con il passato (la sentenza Xxxxxxx) quello che sostanzialmente sembra rappresentare un netto cambiamento di rotta . La Corte cercava, infatti, di differenziare quanto più possibile il dato normativo di Xxxxxxx da quello di Xxxxxxxxx per far apparire consequenziale il discostarsi della soluzione adottata nella prima, nonché di riconciliare lo strumento del trattamento preferenziale con il principio generale di non discriminazione157.
La Corte, inoltre, non ignora il nuovo contesto nel quale va a rendere pronuncia: di lì a poco infatti avrebbe preso avvio l iter che si sarebbe concluso con il Trattato di Amsterdam, la riformulazione dell art. 141, e la costituzionalizzazione all art. 141 c. 4 dello strumento del trattamento preferenziale.
carattere personale, rilevando come la stessa possa essere essere oggetto di distinguo. Infatti quando si parla di di età, anzianità di servizio si è di fronte ad un elemento meritevole personale ovvero ad un fattore che denota esperienza e pertanto un maggior rendimento professionale?
155 È oltremodo vero che con la sentenza Xxxxxxxx emerge la consapevolezza da parte dei giudici comunitari delle finalità che stanno alla base delle azioni positive. La Corte, infatti, riconosce che lo scopo è quello di controbilanciare e rimuovere gli effetti dannosi prodotti dai pregiudizi radicati nella struttura sociale. Secondo la Corte anche in una situazione di parità di qualificazioni si riscontra la tendenza a preferire i candidati di sesso maschile a quelli di sesso femminile a causa di pregiudizi e talune idee stereotipe sul ruolo e sulle capacità delle donne nella vita attiva, nonché nel timore, ad esempio, che le donne interrompano più spesso la carriera lavorativa, che dati i loro compiti di mogli e madri , esse organizzano il loro tempo di lavoro in maniera meno flessibile o che si assentino dal lavoro più sovente a motivo di gravidanze, parti, periodi di allattamento. Anche nella sentenza Xxxxx, C-158 / 97 emerge la consapevolezza che la condizione di inferiorità della donna sia strutturale e che quindi misure improntate all uguaglianza delle opportunità possano non essere sufficienti; pertanto secondo la Corte nella valutazione del candidato devono essere presi in considerazione la competenza, l esperienza acquisite nell esercizio dei doveri familiari, semprechè questi rilevino per l idoneità le qualifiche, e le capacità professionali , cons. 23.
156 Pollicino O., Discrim inazione sulla base del sesso e trattam ento preferenziale nel diritto com unitario Un profilo giurisprudenziale alla ricerca del nucleo duro del new legal order , Xxxxxxx, 2005, p. 120 ; circa le critiche al ragionamento argomentativo compiuto dalla Corte vedasi Nanì L., ., Uguaglianza tra lavoratori e lavoratrici nel rapporto di lavoro , in Div. dir. Rel. Ind., 78, 1998, 2., p. 390.
157 Op.loc.ult.cit.
In conclusione, riguardo al principio di non discriminazione fra uomini e donne nel mercato del lavoro, gli articoli del Trattato e la normativa precedente alle riforme di Amsterdam si caratterizzano per un progressivo mutamento dell'idea stessa di discriminazione. Dopo l'iniziale approccio secondo cui il principio doveva venire in considerazione solo in quanto funzionale agli obiettivi economici enunciati nel Trattato, si è arrivati a leggere il divieto di discriminazione fra lavoratori di sesso maschile e lavoratrici di sesso femminile come espressione del principio e diritto fondamentale di uguaglianza. Evoluzione questa grandemente influenzata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che ha provveduto ad interpretare e specificare le disposizioni del Trattato e gli atti derivati, sebbene la Corte nelle sue pronunce abbia sempre tenuto in considerazione il principio del bilanciamento tra le libertà economiche e i principi fondamentali.
3. Le novità introdotte con il Trattato di Amsterdam.
Gli anni 80 del secolo scorso si caratterizzano per un primo timido approccio da parte delle istituzioni comunitarie alla problematica della parità di trattamento fra gli uomini e le donne. In primo luogo, all indomani della crisi industriale degli anni 70 , di fronte alla crescita della disoccupazione e dell inflazione è risultato chiaro che l armonizzazione totale e la parificazione verso l alto dei sistemi sociali erano divenuti obbiettivi di improbabile raggiungimento. L Atto Unico introduce una nuova base legale in tema di politica sociale modificando l art. 118 A ( ora 137 TCE) prevedendo il ricorso al sistema di votazione qualificata, abbandona l idea di armonizzazione nel progresso 158 per ricorrere alla fissazione progressiva dei requisiti minimi. Pertanto l armonizzazione minima è definitivamente dissociata dall idea della ricerca della parificazione ai risultati protettivi del sistema sociale più avanzato159.
Di quegli anni sono il primo programma d azione comunitario ( 1982- 1985) ed il secondo (1986-1990 ) con cui venivano indicati gli obbiettivi per il raggiungimento delle pari opportunità e cioè: consolidamento dell applicazione
158 Treu T., L Europa sociale: problem i e prospettive in Dir. Rel. Ind., 2001, 307 ss.
159 In tal senso Giubboni S., Diritti sociali e m ercato , Bologna, 2003, e Barbera M., Dopo Am sterdam . I nuovi confini del diritto sociale com unitario , Brescia, 2000
delle direttive, adozione di nuovi strumenti comunitari e revisione delle legislazioni in essere. Viene, inoltre, adottata la raccomandazione sulla promozione di azioni positive in favore delle donne 160 , accolta con favore pur nella percezione che l intervento comunitario non era ancora capace di incidere concretamente sugli indirizzi di politica interna.
Di quegli stessi anni è l adozione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori161, il cui n. 16 dichiara che la parità di trattamento tra uomini e donne deve essere garantita. L'uguaglianza delle possibilità tra uomini e donne deve essere sviluppata. A tal fine occorre intensificare ovunque sia necessario le azioni volte a garantire l'attuazione dell'uguaglianza tra uomini e donne, in particolare in materia di accesso al lavoro, di retribuzioni, di condizioni di lavoro, di protezione sociale, d'istruzione, di formazione professionale e di evoluzione delle carriere .
Ma è nella seconda metà degli anni 90 che l Unione Europea è particolarmente attiva sia sul piano internazionale che sul piano europeo nell attuazione del principio di non discriminazione. A livello internazionale, l Unione Europea partecipa alla Conferenza delle donne a Pechino162, e fa proprio il principio del gender m ainstream ing sul quale si tornerà in modo più approfondito nel proseguo.
Lo stesso anno il Consiglio adotta la Risoluzione sulla partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale 163; l anno successivo la Commissione adotta la comunicazione Intergrare la parità di opportunità fra le donne e gli uomini nell insieme delle politiche comunitarie 164 ,
160 Op.cit. nota 89. La Raccomandazione indicava le azioni positive esclusivamente in termini funzionali, limitandosi ad indicare le ragioni della necessità di adottare azioni di riequilibrio da parte degli Stati membri in favore delle donne, in quanto le disposizioni normative esistenti in materia di parità di trattamento, intese a conferire diritti degli individui, sono inadeguate per eliminare tutte le disparità di fatto, a meno che non siano intraprese azioni parallele da parte dei governi, delle parti sociali e degli altri enti interessati, per controbilanciare gli effetti negativi risultanti per le donne, nel campo dell occupazione, degli atteggiamenti, comportamenti e strutture sociali
161 Adottata nel 1989.
162 Organizzata dalla Nazioni Unite e tenutasi nel 1995. In occasione della Conferenza in merito alla promozione della donna sono stati identificati dodici ambiti che ne costituiscono gli ostacoli e che quindi devono essere oggetto di azioni specifiche: le donne e la povertà; l istruzione e la formazione delle donne; le donne e la salute;la violenza contro le donne; le donne nei conflitti armati; le donne e l economia; le donne, il potere e il processo decisionale; i meccanismi istituzionali per la promozione delle donne; i diritti umani delle donne; le donne e i mass media; le donne e l ambiente, nonché le donne più giovani .
163 Risoluzione del Consiglio del 23.05.95. Nello stesso anno il Consiglio adotta la Risoluzione riguardante l uso dell immagine di uomini e donne nei mass-media del 5.10.95.
164 COM (96)67 def.
il cui pregio è stato quello di rilevare la riduttività del considerare l azione positiva quale unica misura idonea per perseguire la politica di pari opportunità dichiarando che l Unione europea stabilisce il principio in base al quale la parità fra le donne e gli uomini gender perspective deve essere sistematicamente presa in considerazione in tutte le politiche e in tutte le azi0 ni comunitarie, sin dal momento della loro concezione e in maniera attiva e visibile165.
A distanza di un decennio, possiamo dire che merita un riconoscimento speciale l adozione da parte della Spagna della legge 3/ 07 per l uguaglianza effettiva di donne e xxxxxx000 che propone nel suo articolarsi un complesso di diritti e di doveri delle persone fisiche e delle persone giuridiche sia pubbliche che private, diretti a garantire l effettività del diritto alla parità di trattamento e di opportunità, e ad integrare la dimensione di genere in tutto l ordinamento giuridico167 . Di particolare pregio è stata l adozione da parte della Spagna di una strategia di gender m ainstream ing, facendo proprie le indicazioni comunitarie, volta a rendere effettivo il principio di uguaglianza di trattamento in particolare attraverso l eliminazione della discriminazione della donna in qualunque circostanza o condizione si trovi, e in qualsiasi ambito della vita, politica, civile, lavoratici, economica, sociale e culturale al fine di realizzare una società più democratica, più giusta, più solidale168.
Nello stesso periodo cominciavano i lavori della Conferenza intergovernativa in particolare intorno a tre settori principali, e cioè far meglio percepire l'importanza dell'Europa per i suoi cittadini, fare in modo che l'Unione funzioni meglio e prepararla all'ampliamento, e conferire all'Unione maggiore capacità per un'azione esterna, alla quale veniva affiancato il Gruppo di
165 Appare chiaro come la Commissione qui segni il superamento dell azione comunitaria predisposta sulla base di attività, azioni, e programmi compartimentali, e faccia proprio quanto emerso a Pechino 1995. Dal testo della comunicazione appare chiaro che l intento della Commissione di promuovere le pari opportunità attraverso due ordini di interventi: il primo tramite il ricorso a specifiche azioni di sostegno, il secondo con il ricorso a specifiche azioni di sostegno quali l occupazione, i fondi sociali, la ricerca, l istruzione, considerati più sensibili al tema della discriminazione per il genere. Con ciò si buttano le basi per un approccio che richiama il mainstreaming e che verrà anche richiamato nel testo della direttiva 2006/54/CE.
166 Tale legge ha come obbiettivo ex art. 1 di rendere effettivo il principio di uguaglianza di trattamento e di opportunità tra uomini e donne, mediante l eliminazione della discriminazione contro le donne in qualsiasi ambito di vita.
167 Relazione di accompagnamento alla legge, p. 16.
168 Per un approfondimento vedasi Remiga X. Xx xxxxx xxxxxxxx 0/ 00 xxx x xxxxxxxxxxx effettiva di donne e uom ini: un decisivo passo in avanti della Spagna verso la parità di genere , D.& L., 2007, 2, p. 345 ss.
riflessione169 con il compito di affrontare il tema della promozione dei valori europei. Detti valori, base necessaria per la stessa costruzione democratica europea, necessitavano, a parere del Gruppo di riflessione di una proclamazione solenne, così come i diritti fondamentali che, grazie alla giurisprudenza, erano già dal 1995 parte dei principi generali dell'Unione.
Nella proclamazione solenne dei valori europei il Gruppo di riflessione riteneva di dover inserire anche il principio della parità di trattamento fra uomini e donne, la non discriminazione per motivi di razza, religione, preferenza sessuale, età o handicap, l'espressa condanna del razzismo e della xenofobia, nonché di prevedere una procedura ad hoc per la loro applicazione170.
In occasione del Consiglio europeo di Firenze nel giugno 1996 prendeva corpo l'idea di inserire una clausola generale di non discriminazione171; tuttavia in occasione del Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997 il progetto di Trattato presentava il principio di non discriminazione elaborato in modo del tutto differente rispetto ai lavori del Gruppo.
La differenza di maggior rilievo consiste nell abbandonare l'idea di proclamare ufficialmente il divieto di discriminazione, preferendo introdurre direttamente una disposizione che descrive il meccanismo procedurale necessario per combattere queste forme di discriminazione.
Le novità introdotte con il Trattato di Amsterdam emergono dal nuovo testo dell art. 2, ai sensi del quale la Comunità ha, tra gli altri compiti, quello di promuovere la parità fra uomini e donne172, e nell art. 3 c. 2 secondo cui l azione
169 Il Gruppo di riflessione istituito su iniziativa del Consiglio europeo di Corfù del giugno 1995 per partecipare alla preparazione della Conferenza intergovernativa, era composto dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri.
170 Dal testo conclusivo dei lavori del Gruppo emerge che anche le forme di discriminazione poi inserite nell art. 13 erano concepite, in origine, quali espressione di valori e diritti fondamentali autonomi.
171 Si discuteva, inoltre, circa l opportunità di inserire nella stessa disposizione anche il divieto di discriminazione sulla base della razza, del sesso, della religione, delle credenze e opinioni, degli handicap, dell'orientamento sessuale e dell'età o se invece elaborare disposizioni ad hoc. Il Consiglio europeo, tenuto conto delle osservazioni del Gruppo di riflessione in relazione ai meccanismi procedurali, riteneva che l'eventuale clausola generale di non discriminazione non avrebbe avuto effetti diretti, in quanto necessitava l adozione di specifiche disposizioni.
172 "La Comunità ha il compito di promuovere nell'insieme della Comunità, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità fra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell'ambiente ed il miglioramento delle qualità di quest'ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra stati membri."
della Comunità mira ad eliminare le ineguaglianze nonché a promuovere la parità fra uomini e donne .
Secondo Pollicino173, alla luce delle nuove modifiche il principio di uguaglianza effettiva, portatore della parità di fatto diventa non solo un fine specifico della Comunità ( ex art. 2 ) ma anche un vincolo conformativo dell attività degli organi comunitari a tutti i livelli dell azione europea ( art. 3 c. 2
). Il principio di uguaglianza, per usare le parole del Pollicino, non si esaurisce nel carattere statico tipico del divieto di discriminazione quale eliminazione delle disuguaglianze, ma si arricchisce, propositivamente di un obbligazione positiva da parte dei poteri pubblici comunitari .
Per la prima volta, quindi, trova riconoscimento il principio della parità fra uomo e donna quale principio generale ed ispiratore dell'attività della Comunità, non limitando più la sua applicazione al solo mercato del lavoro.
Da una lettura del titolo XI del Trattato appare evidente il ruolo nuovo attribuito alla Comunità europea: si passa da un ruolo di promozione e coordinamento dell'attività degli Stati membri in politica sociale e dell'istruzione, ad un ruolo di sostegno delle attività nazionali, nonché alla possibilità di un intervento diretto174.
In questo contesto, i mutamenti direttamente collegati alla parità di retribuzione sono tre: il primo consiste nell ingresso dei diritti sociali attraverso il richiamo alla Carta sociale europea del 1961 ed alla Carta comunitaria dei diritti dei lavoratori del 1989 operato nell art. 136175; richiamo che indica le linee direttrice della futura attività della Comunità e degli Stati Membri176 sebbene i diritti sociali entrino, nell ordinamento giuridico comunitario, come interessi sociali oggettivi sia pur di rango fondamentali e non come posizioni soggettive direttamente giustiziabili 177.
173 Op. cit. p.128.
174 L'attribuzione alla Comunità europea di competenze sempre più ampie e a carattere generale trova riscontro anche nel ruolo sempre più decisivo che il Parlamento è chiamato a svolgere attraverso il ricorso alla procedura di codecisione.
175 La prima afferma il diritto all'uguaglianza di opportunità e di trattamento nel settore dell'occupazione, senza discriminazioni fondate sul sesso, e invita ad adottare misure per garantire e promuovere l'attuazione di detto principio nonché per superare diseguaglianze di fatto; mentre la seconda dichiara il principio della parità di trattamento tra uomini e donne prevedendo l'adozione di azioni per la sua attuazione anche in materia di accesso al lavoro, di retribuzioni, di condizioni di lavoro, di promozioni, di formazione professionale.
176 Rapporto del Comintato Simitis, op. cit.
177 Giubboni S., Diritti sociali e m ercato, la dim ensione sociale dell integrazione europea , Mulino, Bologna, 2003, p.135.
Si può affermare dunque, che i diritti sociali con il Trattato di Amsterdam siano giunti ad un emancipazione dalla funzione ancillare che nel corso del processo di integrazione europea hanno sempre avuto rispetto alle libertà economiche per acquisire un autonomia funzionale quale riflesso di una nuova dignità costituzionale178.
Il secondo mutamento è dato dall art. 137 che individua gli specifici strumenti necessari alla realizzazione degli obiettivi generali posti di cui all art. 136, indicando alcuni settori, tra cui quello della parità tra uomini e donne nel mercato del lavoro e nel trattamento sul lavoro, nei quali la Comunità può "sostenere e completare" l'azione degli Stati membri, anche mediante l'emanazione di direttive del Consiglio e in cui può favorire la cooperazione fra di essi.
Da ultimo l art. 141 che, nella sua parte già esistente, resta sostanzialmente invariato se non per l inserimento della dicitura "o per un lavoro di pari valore" alla fine del primo comma179.; mentre viene inserito il 3 comma che attribuisce al Consiglio la competenza ad adottare misure finalizzate all'applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne per l'occupazione e l'impiego, incluso anche il principio della parità di retribuzioni180.
È opportuno osservare come gli atti che il Consiglio è competente ad adottare ex art. 141 si distinguono rispetto quelli indicati dall art. 137: il primo prevede in capo al Consiglio la possibilità di adottare "misure" non specificamente definite, il secondo richiama le sole direttive.
Inoltre il principio della parità di trattamento viene esteso a qualsiasi momento del rapporto di lavoro, oltre a quello retributivo, circostanza questa che trova la sua giustificazione nell evoluzione concettuale che lo stesso ha avuto negli
178 In tal senso si esprimono Xxxxxxxx A. Le innovazioni previste dal Trattato di Am sterdam in tem a di politica sociale , in Dir. Un. Eur., 1998 , 563 ss.; Xxxxxxx M., Dopo Am sterdam . I nuovi confini del diritto sociale com unitario , Promodis, Brescia, 2000 , e Pollicino
O. op. cit.
179 In precedenza il riferimento era solo alla pari retribuzione per uno stesso lavoro; la formula è stata ritenuta essenziale per l'eliminazione delle discriminazioni indirette; inoltre il legislatore comunitario non ha fatto altro che recepire una formula già presente nella Convenzione OIL n. 100 del 29 giugno 1951 e nella direttiva CEE 75/117.
180 Vedasi in tal senso Greco S. Nuovi sviluppi in m ateria di tutela dei diritti fondam entali in Riv. it. dir. pubbl. comm., 1998 , p. 1369 ss.; la dir. 2006/ 54/ CE al 4 considerando dichiara espressamente che l art. 141 par. 3 del Trattato fornisce ormai una base giuridica specifica per l adozione di provvedimenti comunitari volti ad assicurare l applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione e di impiego, compreso il principio della parità delle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore .
atti di diritto derivato, peraltro adottati ai sensi dell art. 253, e nelle pronuncie della Corte di Giustizia.
L art. 141 c. 4 afferma, finalmente, la compatibilità con il principio di uguaglianza delle cosiddette azioni positive; gli Stati membri sono autorizzati ad adottare misure che accordino vantaggi specifici al sesso sottorappresentato in una particolare attività professionale, o che compensino svantaggi nelle carriere professionali.
Secondo i più, la scelta di inserire la previsione delle azioni positive nel dettato del Trattato, consentendo un autonomia propria, fino ad allora invece legata alle direttive, è dettata dalle pronunce rese dalla Corte di Giustizia, in particolare alla luce delle sentenze Xxxxxxx e Xxxxxxxxx, di cui si è ampiamente detto nei paragrafi che precedono.
L'articolo 13181 attribuisce al Consiglio la possibilità di adottare gli atti normativi opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza, l origine etnica, la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l età e l origine etnica182. L articolo quindi non contiene l'affermazione formale del principio di non discriminazione, ma attribuisce al Consiglio la facoltà di adottare gli strumenti per combattere183 alcune forme di discriminazione. Fornisce, quindi, una base giuridica per l adozione di normative comunitarie includenti la
181 E interessante notare la differente portata dell art. 13 e dell art. 14 della C.E.D.U.; quest ultimo garantisce il godimento dei diritti e delle libertà fondamentali, come indicate nella Convenzion senza alcuna distinzione, è quindi uno strumento di tutela contro discriminazioni che possono turbare il pieno ed effettivo godimento dei diritti e delle libertà già attribuite ai singoli dalle altre disposizioni della Convenzione.
L'art. 13, invece, attribuisce al Consiglio il potere normativo per combattere alcune discriminazioni cui non corrisponde un complesso di diritti fondamentali formalmente individuato e tutelato. Pertanto all'art. 13 non è riconosciuta una funzione diretta di garanzia per l'esercizio ed il godimento di diritti formalmente riconosciuti.
Facendo un rapido richiamo all art. 3 della Costituzione, com è noto il primo comma individua il principio di uguaglianza formale, mente il comma successivo quello di uguaglianza sostanziale, diversamente l'articolo 13, non compie alcun riferimento all'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma attribuisce al legislatore il compito di "combattere le discriminazioni" con interventi positivi, presupponendo pertanto un'idea di uguaglianza non formale ma sostanziale, concezione che trova conferma dalla lettura del combinato disposto dell'art.13 con l'art. 3, par. 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea. In entrambe l'uguaglianza sostanziale diventa l'obiettivo stesso della norma e della sua applicazione.
182 Trattasi di una competenza avente carattere residuale e subordinata al requisito dell unanimità in seno al Consigli dell Unione europea, su proposta della Commissione e consultato il Parlamento europeo.
183 Per Pollicino, op. cit. il ricorso al verbo combattere lascia presagire la possibilità di adozione di una legislazione comunitaria che possa spingersi ben oltre l impostazione tradizionale fondata sul divieto negativo di non discriminazione, per comprendere anche il profilo positivo di un intervento attivo del legislatore, in particolare attraverso l utilizzo dello strumento del trattamento preferenziale .
possibilità di trattamenti preferenziali in nome della realizzazione di un effettiva parità sociale.
Ad onor del vero alcuni dubbi di tipo interpretativo sono sorti laddove il legislatore europeo ha utilizzato l espressione nell ambito delle competenze del Trattato ; infatti, secondo un interpretazione, il riferimento alle competenze e non all ambito di applicazione del Trattato poteva comportare che l art. 13 potesse divenire base legale solo per gli atti che andavano a regolamentare materie sulle quali l Unione aveva una competenza esplicita184.
Tuttavia, a seguire un interpretazione così restrittiva, la normativa antidiscriminazione avente base legale sull art. 13 non avrebbe potuto regolare, ad esempio, la discriminazione in relazione all accesso all alloggio ovvero alla formazione professionale, in quanto in relazione all alloggio esso non risulta un settore di competenza per materia della Comunità, mentre il secondo è un settore rispetto al quale la Comunità ha solo un potere di coordinamento.
Ulteriore elemento di perplessità185 suscitato dall art. 13 a ridosso dell entrata in vigore è il richiamo ai provvedimenti opportuni per combattere la discriminazione, in quanto il Consiglio viene lasciato libero di ricorrere all atto che ritiene più congruo per il raggiungimento dell obbiettivo e quindi l'intervento della Comunità può consistere nella predisposizione dei principi e dei criteri generali della materia lasciando ampio spazio alle integrazioni degli Stati membri, ovvero nella previsione di disposizioni più specifiche e dettagliate che riducono le possibilità di integrazione da parte delle normative nazionali.
Nella volontà del legislatore europeo l art. 13 doveva costituire l elemento in grado di rafforzare il perseguimento degli obbiettivi prettamente sociali, strumento che doveva portare alla realizzazione della cittadinanza europea. In quest ottica si comprende la lettura che viene data alla politica sociale europea: un modello di integrazione economica ovvero secondo un modello di cittadinanza sociale.
Nel primo modello la politica sociale europea è strettamente legata all integrazione economica, è il modello fatto proprio dai padri fondatori secondo
184 In tal senso Bell M., The new article 13 EC Treaty: a sound basis for european antidiscim ination law ? in Maastricht X. Xxx. Comp. X., 1999, p. 5 ss.
000 Xxxxx X., Xx principio di non discrim inazione ed il Trattato di Am sterdam , in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2000 , 3-4; tuttavia si ritiene che la formula così come adottata nell art. 13 abbia permesso alle istituzioni comunitarie di ricorrere a strumenti meno formali delle direttive e dei regolamenti, spesso visti con diffidenza dagli Stati Membri, ma comunque in grado di raggiungere l obbiettivo di lotta alle discriminazioni.
i quali la costruzione del mercato comune avrebbe dovuto poggiare sulla salvaguardia e sul mantenimento delle differenze nazionali dei diversi modelli di stato sociale, e con lo sviluppo del mercato comune si sarebbe ottenuto in automatico un accrescimeto dei livelli qualitativi dei singoli welfare. E allorché si fossero creati fenomeni di dumping sociale il Trattato prevedeva la possibilità di intervenire ricorrendo all armonizazione tramite interventi di parificazione dello standard maggiormente protettivo tra quelli presenti186.
Nel secondo modello l Unione europea diviene garante sopranazionale dei diritti fondamentali, tramite una progressiva costituzionalizzazione dei diritti sociali al fine per usare le parole di Giubboni di ancorare ad un solido impianto di principi e di valori comuni l azione di integrazione positiva dei sistemi sociali nazionali 187. In quest ottica la funzione coesiva dei diritti sociali fondamentali acquista oggi, particolare rilevanza in quanto si passa da un sistema di armonizzazione mediante strumenti normativamente vincolanti ad un sistema di armonizzazione mediante forme di coordinamento attraverso il soft law , come il Metodo Aperto di Coordinamento.
3 .1 L art. 14 0 xx x Xxxxxxxx xx Xx x xx xxxx e la dire ttiva 76 / 2 0 7.
Da una lettura comparativa dell art. 141 TCE e dell art. 2 c. 4 della direttiva 76/ 207 è possibile rilevare quale sia stata l importanza della novità delle modifiche apportate all art. 119. La prima osservazione è rivoltane alle misure preferenziali che perdono il significato di disposizioni finalizzate a promuovere le pari opportunità, per lasciare spazio alla definizione di misure volte a prevedere vantaggi specifici e diretti al fine di assicurare l effettiva parità tra uomini e donne. La differenza di linguaggio utilizzata dal legislatore europeo vuole sottolineare la differenza che intercorre tra parità dei punti di partenza, obbiettivo perseguito sino ad allora dalla politica di promozione delle pari
186 Tuttavia, come si è già avuto modo di affermare la base legale individuata dal Trattato nell art. 100 si rilevò insufficiente a fronteggiare le tensioni sociali degli anni Settanta frutto della crisi economica, della disoccupazione e dell aumento dell inflazione.
187 Op.cit. 231
opportunità, e la parità nel risultato finale volto a realizzare l effettiva e completa parità tra uomini e donne188.
Anche i destinatari vengono individuati in modo diverso. Se l art. 2 c. 4 della dir. 76/ 207 indicava quale unico soggetto destinatario del trattamento preferenziale la donna, l art. 141 c. 4 fa riferimento al criterio del sesso sottorappresentato189, portando quindi ad una identificazione neutra del destinatario della misura, facendo proprie le osservazioni svolte dalla Commissione nella Comunicazione presentata a ridosso della sentenza Kalanke190 e le conclusioni pronunciate dall Avvocato Generale J acobs nel caso Xxxxxxxxx.
Il terzo comma dell art. 141, per parte sua, va oltre la previsione della possibilità di adottare norme volte alla realizzazione delle pari opportunità, obbiettivo che era alla base della direttiva 76/ 207, fornendo una base legale adeguata per l adozione di norme comunitarie in tema di trattamento preferenziale ai fini della realizzazione della parità effettiva uomo/ donna nel settore lavoristico.
4 . Le pro n un ce de lla Co rte di Giustizia a cavallo de ll e n trata in vigore del Trattato di Amsterdam.
Con il caso Xxxxxx i deputati del Land dell Assaia adivano il giudice del rinvio, la Corte dello stesso Land, adducendo la presunta illegittimità della normativa sulla parità di trattamento191 in quanto in contrasto con i principi della
188 Della questione della differenza tra parità dei punti di partenza e parità nel risulto finale si è occupata, come si vedrà oltre anche la Corte Costituzionale, non sempre facendo proprie le novità introdotte a livello comunitario.
189 Espressione fortemente voluta dalla Svezia e dalla Finlandia e osteggiata dall Olanda che, invece, voleva un richiamo espresso alle donne.
190 Op. cit.
191 C-158/97; la legge dell'Assia sulla parità di trattamento e sulla rimozione delle discriminazioni nei confronti della donna nel pubblico impiego (si propone di realizzare l'uguale accesso di donne e uomini ai pubblici uffici, attraverso l'adozione di piani di promozione relativi alle condizioni di accesso, di lavoro e di carriera per le donne, dotati di obiettivi vincolanti.
L'art. 3 prevedeva per ciascun servizio l'obbligo di attivarsi, mediante piani di promozione della donna ed altre misure di promozione per la parificazione di donne e uomini nel servizio pubblico e per rimuovere le situazioni di insufficiente rappresentanza femminile e le discriminazioni fondate sul sesso e sullo stato di famiglia specificando che le donne si considerano sottorappresentate quando, nell'ambito di applicazione di un piano per la promozione della donna, per ogni fascia di stipendi, retribuzioni e salari di una determinata carriera sono impiegate meno donne che uomini, mentre nei ruoli di ingresso di ogni carriera le donne si considerano sottorappresentate quando in tutti i gradi della carriera sono impiegate meno donne che uomini.
carta costituzionale del Land, in particolare con il principio costituzionale di favor nella selezione dei candidati più capaci, in quanto la norma, al vaglio di legittimità, avrebbe comportato invece l introduzione di una selezione basata sul sesso, ed in contrasto con il principio della parità di trattamento in quanto la normativa de quo avrebbe riconosciuto privilegi ad un gruppo specifico.
Ulteriore motivo di doglianza dei ricorrenti era che la norma impugnata era in contrasto con la dir. 76/ 207. La Corte tedesca investita della questione, prima di pronunciarsi riteneva di sottoporre alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale circa il contrasto della normativa interna con quella comunitaria.
L Avvocato Generale Xxxxxx fin dall esordio delle sue conclusioni rileva come il contesto in cui la Corte è chiamata a decidere sia notevolmente mutato rispetto a quello in cui è stata presentata l ordinanza di rinvio; nelle more del giudizio, infatti, è entrato in vigore l art. 141 c. 4 del Trattato di Amsterdam.
L'art. 5 invece dispone che il piano di promozione femminile deve contenere, per ogni due anni, obiettivi vincolanti relativi alla quota femminile nelle assunzioni e promozioni per aumentare la presenza femminile in settori nei quali le donne sono sottorapresentate, e per ogni piano di promozione deve essere prevista, per ciascun settore nel quale le donne siano sottorappresentate, l'assegnazione a donne di più della metà degli effettivi. La norma tedesca individuava un eccezione nel caso in cui il sesso sia una condizione imprescindibile di una determinata attività ovvero qualora venga dimostrato attendibilmente che non è possibile raggiungere un numero sufficiente di donne con le qualifiche necessarie o nel caso di promozioni senza assegnazione di posti in settori nei quali le donne sono sottorappresentate dev'essere prevista una quota di presenza femminile pari almeno a quella della fascia retributiva immediatamente inferiore, salvo quanto previsto alla terza frase. Da ultimo allorché siano previste misure economiche relative al personale che bloccano o sopprimono determinati posti, il piano di promozione deve garantire che la quota di presenza femminile nei settori interessati resti quanto meno inalterata.
Attenzione viene data ai posti nel settore scientifico che vengono assegnati temporaneamente; essi devono essere ricoperti da una quota di personale femminile pari almeno a quella rappresentata dalle donne tra i laureati o i dottori di ricerca per ciascun settore di studi.
Ulteriore settore oggetto di interesse del legislatore è la riserva di posti nei programmi di formazione, predisponendo misure di incoraggiamento della partecipazione della componente femminile. Nel caso in cui, nonostante tale esortazione, non si raggiunga un numero sufficiente di candidature femminili, più della metà dei posti disponibili possono essere assegnati ad uomini.
Il legislatore tedesco dispone inoltre che l'idoneità, la capacità e il rendimento specifico (qualifica) devono essere valutati in conformità alle esigenze del posto da occupare o dell'ufficio da ricoprire;, le competenze e l'esperienza acquisite nell'assistenza di bambini o soggetti bisognosi di cure in ambito domestico (lavoro familiare) devono essere prese in considerazione, in quanto rilevino nella valutazione dell'idoneità, preparazione e capacità dei candidati di entrambi i sessi. Ciò vale anche quando il lavoro familiare è stato prestato al di fuori dell'ambito del lavoro remunerato. Non possono venire presi in considerazione lo stato di famiglia o il reddito del partner. Un'occupazione a tempo parziale, congedi e ritardi nella conclusione della formazione che siano dovuti alla cura di bambini o di familiari bisognosi di cure secondo attestazione medica non possono avere effetti svantaggiosi sulla valutazione, né possono pregiudicare l'avanzamento professionale. L'anzianità di servizio, l'età e la data dell'ultima promozione possono essere considerate solo in quanto rilevino ai fini della valutazione dell'idoneità, rendimento e capacità dei candidati di entrambi i sessi».
L'art. 14, infine, stabilisce che, nella composizione di commissioni, consigli, organismi di amministrazione e controllo e di collegi di altro tipo, almeno la metà dei membri deve essere costituita da donne .
L Avvocato Generale affronta la questione delle misure preferenziali di risultato, compiendo una revisione critica dei precedenti, in particolare sulla pronuncia Xxxxxxx giungendo ad affermare che tenuto conto dell oggetto che hanno assunto oggi in vari ordinamenti nazionali le c.d. azioni positive in favore delle donne, non si possono, in via di principio, ritenere esclusi dal diritto comunitario quei provvedimenti nazionali che comportano l effettiva assunzione o promozione dei candidati di sesso femminile 192.
Egli pone l attenzione su due criteri, quello di proporzionalità e quello di congruità della misura, criteri che devono essere di parametro per la valutazione della congruità stessa della misura in relazione al singolo caso.
Per la Corte il caso Xxxxxx costituisce la prima possibilità di pronuncia dopo l entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Essa, pertanto, poteva riprendere la strada aperta con il caso Xxxxxxxxx che timidamente portava il trattamento preferenziale da deroga al principio di uguaglianza a una concreta applicazione del principio stesso, ovvero poteva riprendere il cammino intrapreso con la sentenza Xxxxxxx e dichiarare di conseguenza la normativa tedesca non conforme alla normativa europea.
La Corte sceglie di non seguire né l una né l altra via. Rileva, invece, come il legislatore del Land dell'Assia abbia optato per ciò che viene comunemente definita una quota finale flessibile le cui caratteristiche consistono, da un lato, nel fatto che la norma non stabilisce unitariamente le quote valide per tutti i settori e i servizi interessati ma ritiene degne di rilevanza le particolarità di essi ai fini della fissazione degli obiettivi vincolanti. Osserva, inoltre, che la norma tedesca non prevede necessariamente dall'inizio, in maniera automatica, che il risultato di ogni singola procedura di selezione, in una situazione di stallo a causa della parità di qualifiche dei candidati, debba obbligatoriamente essere a favore del candidato di sesso femminile193. Pertanto alla luce di sifatte considerazioni dichiara la legittimità delle misure preferenziali in quanto vocate a realizzare una parità sostanziale anziché formale, riducendo le disuguaglianze di fatto che possono sopraggiungere nella vita sociale.
192 X.xx 26 conclusioni A.G. Per la prima volta emerge la posizione di favore verso e misure che abbandonando l impostazione di creazione dei medesimi punti di partenza, individuano meccanismi effettivi di preferenza in favore delle donne.
193 X.xx 28 della sentenza della Corte.
Qui la Corte compie una rilettura del caso Xxxxxxx e del caso Xxxxxxxxx giungendo a ritenere compatibili con il dettato europeo la normativa tedesca purchè le misure che individuavano una preferenza per i candidati di sesso femminile aventi una qualificazione pari a quella dei loro concorrenti di sesso maschile siano tali da non accordare la preferenza in modo automatico ed incondizionato, e consentano un esame obbiettivo delle candidature che tenga conto della situazione personale di tutti i candidati194.
Pertanto, la Corte giungeva ad ammettere la legittimità della normativa tedesca; in particolare riconoscendo la legittimità della misura che riservava alle donne la metà dei posti di formazione per le quali lo Stato non aveva il monopolio della formazione al fine di consentire l accesso a professioni qualificate in cui le stesse non erano sufficientemente rappresentate. Infatti la Corte dichiara che l art.
2 c. 4 della dir. 76/207 avendo lo scopo, preciso e limitato, di autorizzare provvedimenti che, pur apparendo discriminatori, mirano effettivamente a eliminare o a ridurre le disparità di fatto che possono esistere nella realtà della vita sociale, autorizza misure nazionali in materia di accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, le quali, favorendo in special modo le donne, perseguono lo scopo di migliorare la loro capacità di competere sul mercato del lavoro e di effettuare una carriera in posizione di parità rispetto agli uomini 195.
Con il caso Xxxxxxxxxxx000 la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il diritto comunitario del regime nazionale svedese finalizzato a
194 La Corte dichiara, inoltre che spetta al giudice nazionale valutare, alla luce di quanto precede, se la normativa controversa nella causa principale garantisca che le candidature siano oggetto diuna valutazione obiettiva che tenga conto della situazione personale particolare di tutti i candidati ; x.xx 37.
195 X.xx 19 della sentenza.
196 C-407/98. Premesso che l ordinamento svedese prevede che ai fini dell'assunzione nella pubblica amministrazione, possono essere presi in considerazione esclusivamente criteri oggettivi di giudizio quali il merito e la competenza ed i candidati devono essere selezionatiin base alla loro competenza, a meno che motivi particolari non giustifichino il ricorso a criteri alternativi; inoltre la legge svedese sull'eguaglianza uomo-donna ammette l'adozione di misure di discriminazione positiva, ed in particolare l'art. 16, c.2. p. 2, dispone che non vi è discriminazione tra i sessi qualora la decisione rientri nel quadro degli sforzi in favore dell'uguaglianza uomo-donna nella vita professionale. In particolare il settore dell'insegnamento negli istituti superiori disciplinato dal reg. 100/93 disponeva che i criteri per l'assegnazione di un posto di insegnamento devono consistere nei meriti di natura scientifica, artistica, pedagogica, amministrativa o altra riguardante in particolare la disciplina di insegnamento relativa al posto da assegnare e la natura del medesimo. Deve essere tenuta ugualmente in conto la capacità del candidato di dare informazioni sulla sua ricerca e sul suo lavoro, nonché devono essere altresì prese in considerazione, al momento dell'assegnazione del posto, le ragioni oggettive che coincidono con gli scopi generali della politica del mercato del lavoro,
favorire l'assunzione delle donne negli istituti superiori e nelle università il quale prevede la possibilità - e in alcuni casi l'obbligo - dell'amministrazione di assumere il candidato del sesso sottorappresentato anche nel caso in cui non sia risultato il più idoneo in base ai suoi meriti e alle sue qualifiche.
Il caso riguarda il bando pubblicato dall Università di Gotebotg per l assegnazione di un posto di professore; il bando conteneva la precisazione che il posto doveva considerarsi parte del programma adottato dall Università volto a promuovere le pari opportunità. Al momento della selezione la Commissione esaminatrice seleziona i candidati con due scrutini diversi, il primo si basa solo su meriti scientifici, il secondo prendeva in considerazione i criteri indicati per promuovere le azioni positive ai sensi del reg. 100/95. La vincitrice del concorso rinuncia e quindi la valutazione circa i requisiti degli altri candidati in graduatoria viene rimessa alla valutazione della commissione esaminatrice la quale dichiarava che la differenza di qualifiche tra il secondo candidato e la terza candidata in graduatoria era rilevante e mostrava perplessità circa l assegnazione del posto alla candidata terza in graduatoria.
Tuttavia il posto viene assegnato, appunto, alla terza classificata ritenendo che la differenza di qualifiche non fosse tale da rendere l azione correttiva in contrasto con il criterio di oggettività di selezione dei candidati. Pertanto veniva presentato ricorso dai candidati non vincitori adducendo quale motivazione che l assegnazione del posto è stata posta in essere in violazione del regolamento 100/95 della legislazione svedese e delle norme comunitarie, nonché dell indirizzo espresso dalla giurisprudenza comunitaria con il caso Xxxxxxx.
dell'uguaglianza, della politica sociale e della politica del lavoro. L art. 15 bis introduce una sorta di trattamento preferenziale nel caso in cui un istituto di insegnamento superiore abbia deciso di applicare la discriminazione positiva nell'assegnazione di un posto e nel quadro del programma di azioni finalizzate a favorire la parità dei sessi nella vita xxxxxxxxxxxxx.Xx momento dell'assegnazione, una persona appartenente al sesso sottorappresentato che possieda dei meriti sufficienti quali quelli previsti dall'art. 15, primo comma, può essere designata al posto di un candidato dell'altro sesso che avrebbe altrimenti ottenuto il medesimo posto.
La discriminazione positiva non può comunque applicarsi se la differenza tra le qualifiche è talmente rilevante che una tale applicazione comporterebbe l'inosservanza dell'esigenza di oggettività nell'assegnazione dei posti .
L Avvocato Generale, lo stesso del caso Xxxxxx, ha rilevato nelle proprie conclusioni che il regime svedese consentiva, e in taluni casi imponeva di dare la preferenza al candidato sottorappresentato anche nel caso in cui le qualifiche e i meriti risultassero inferiori a quelli del candidato all apice della graduatoria, e non era previsto in capo all amministrazione che procedeva alla selezione di prendere in considerazione situazioni di ordine personale.
La Corte, quindi, censurava il criterio svedese con cui veniva fornita la preferenza alle donne, anche se con qualifiche inferiori rispetto agli uomini, in quanto introduceva un metodo di selezione basato esclusivamente sull appartenenza al sesso femminile.
C A P I T O L O TERZO
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Sommario: 1. 1. La discriminazione diretta 0.0.Xx posizione della Corte di Giustizia 2. La discriminazione indiretta 3. Le azioni positive 3.1. Le azioni positive nel sistema statunitense 3.2. Le azioni positive nella giurisprudenza della Corte di Giustizia 3.3. Le azioni positive nel diritto comunitario 4. Il gender mainstreaming 5. Il dialogo sociale 6. Il Metodo Aperto di Coordinamento 6.1. Dal metodo comunitario alla Strategia per l occupazione 6.2. Strumenti di soft law e SEO 6.3. La Strategia di Lisbona e il Metodo Aperto di Coordinamento
1. La discriminazione diretta
Normalmente per discriminazione diretta si intende un comportamento discriminatorio posto in essere allorché un soggetto, a causa di determinate caratteristiche soggettive, è trattato in modo meno favorevole di quanto lo sia un altro soggetto in situazione analoga.
Tale concezione presuppone, perché si possa parlare di discriminazione diretta, la sussistenza di un comportamento intenzionalmente discriminatorio. L attenzione, inoltre, viene rivolta al soggetto che discrimina e sulla dimostrazione della sussistenza di un intento discriminatorio197.
Nell individuazione della discriminazione diretta non interessa tanto che le situazioni siano regolate bene o male, non interessa l allocazione delle risorse, quanto che le situazioni simili non siano trattate diversamente provocando uno svantaggio.
Tecnicamente, dunque, si può parlare di discriminazione solo quando la differenza è prodotta rispetto a situazioni comparabili e giuridicamente simili, oppure quando a situazioni oggettivamente diverse è praticato un trattamento identico198.
Pertanto, il giudizio volto all accertamento della sussistenza di una discriminazione diretta dipende dalla preliminare assunzione di uguaglianza delle fattispecie poste a confronto e rispetto alle quali un individuo lamenti di aver subito un trattamento meno favorevole199.
197 Strazzari D., op. cit., rileva come l elemento intenzionale costituisce elemento centrale, nel sistema statunitense, per valutare quando si sia di fronte ad una discriminazione diretta piuttosto che indiretta, così come in Francia, sebbene la ricerca dell elemento intenzionale poggi su norme di diritto penale, p.58
198 Xx Xxxxx X., a cura di, Il codice delle pari opportunità , Xxxxxxx 2007, p.138 , l A. sostiene che si è di fronte all applicazione della massima aristotelica secondo cui l uguaglianza deve essere intesa come trattamento uguale in situazioni uguali e disuguale di situazioni disuguali.
199 Nella causa X-000/00, Xxxxxx Xxxxxx.
La Corte era stata chiamata a pronunciarsi circa la domandadi cambiamento del cognome dei figli presentata dal padre signor Xxxxxx, cittadino spagnolo residente in Belgio. Il padre era un cittadino spagnolo e la madre una cittadina belga, mentre i loro figli avevano doppia cittadinanza. All'atto della registrazione della loro nascita in Belgio, ai figli era stato attribuito il doppio cognome portato dal padre - Xxxxxx Xxxxxx - composto, in conformità alla legge e all'uso spagnoli, dal primo elemento del cognome del padre e dal primo elemento del cognome della madre di quest'ultimo.
In seguito i genitori chiedevano alle autorità belghe di ottenere il cambiamento del cognome dei figli in Xxxxxx Xxxxx, di modo che il cognome di questi rispecchiasse il modello spagnolo e comprendesse il primo elemento del nome del padre seguito dal cognome (da nubile) della madre degli stessi. Tale domanda veniva respinta in quanto contraria alla prassi vigente in Belgio. Il Conseil d'État adiva la Corte di Giustizia per sapere se principi di diritto comunitario come
Tradizionalmente le origini della regolamentazione dell istituto della discriminazione diretta si è soliti ricondurle alla legislazione statunitense200, e ai primi atti normativi britannici, legislazioni entrambe tese a regolamentare la discriminazione sulla base della razza e dell origine etnica e che individuano la discriminazione diretta come un comportamento intenzionalmente discriminatorio201, la cui sussistenza può essere provata ricorrendo a presunzioni e dove comunque per intento discriminatorio non si deve intendere l animus nocendo, in quanto la dimostrazione della sussistenza di questo elemento assume rilievo solo al fine dell ottenimento di una maggiorazione del riconoscimento del risarcimento del danno202.
A livello comunitario la definizione di discriminazione diretta resta estranea al quadro normativo disegnato dal legislatore europeo dagli anni 70 agli anni 90 , e neppure il progetto di riforma203 della direttiva 76/ 207 evidenziava l esigenza di codificare la definizione della nozione di discriminazione.
A ben vedere la direttiva 76/ 207 non definiva in alcun punto il concetto di discriminazione, gli unici richiami riguardavano all art. 2 c. 1 in riferimento al principio della parità di trattamento come assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia. L indicazione all art. 3 c. 1 secondo cui l' applicazione del principio della parità di trattamento implica l '
quelli in materia di cittadinanza dell'Unione europea e di libera circolazione delle persone ostino ad un tale rifiuto.
L Avvocato Generale, nelle proprie conclusioni, ritiene di indagare se il rifiuto da parte dell autorità belga configuri una discriminazione sulla base della cittadinanza. Egli, quindi, afferma che nel diritto comunitario per discriminazione si intende il fatto di trattare differentemente situazioni oggettivamente simili o di trattare allo stesso modo situazioni oggettivamente diverse. Il governo belga, per parte sua, sosteneva che la prassi amministrativa su cui era basato il rifiuto si applicava ad una singola categoria di persone oggettivamente distinguibile dalle altre - quella dei figli aventi doppia cittadinanza belga e spagnola, nati in Belgio - e che pertanto non è discriminatoria.
L Avvocato Generale non condivide la posizione del governo belga ed afferma che nel diritto comunitario per discriminazione si intende il fatto di trattare differentemente situazioni oggettivamente simili o di trattare allo stesso modo situazioni oggettivamente diverse, x.xx 62, e prosegue sostenendo che trattamento discriminatorio può essere giustificato se è basato su considerazioni oggettive e commisurate allo scopo legittimamente perseguito dall'ordinamento nazionale, x.xx 67; vedasi sul punto Iliopoulou A. What s in a nam e? Cityenneté, égalité et dorit au nom; à propos de l arrêt Xxxxxx-Xxxxxx , RTD eur. 40 ( 3) juill.-sept. 2004, p. 565 ss.
200 Civil Rights Act ( CRA ) del 1964.
201 Strazzari D., op. cit. 56. Secondo l A. l intento discriminatorio equivale alla consapevolezza da parte del convenuto che la propria decisione è stata assunta in base a considerazioni relative a caratteristiche soggettive p. 77.
202 Diversamente sia nell ordinamento europeo che nell ordinamento italiano si è partiti dalla necessità di normare la parità di trattamento tra uomini e donne
203 COM 2000-334 del 07.06.2000.
assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di accesso , compresi i criteri di selezione , agli impieghi o posti di lavoro qualunque sia il settore o il ramo di attività , e a tutti i livelli della gerarchia professionale e da ultimo all art. 4 lett. c) il legislatore comunitario dispone che l' orientamento, la formazione, il perfezionamento nonché l' aggiornamento professionali, fatta salva l' autonomia accordata in alcuni Stati membri a taluni istituti privati di formazione, siano accessibili secondo gli stessi criteri e agli stessi livelli senza discriminazione basate sul sesso. Non viene, dunque, data alcuna definizione circa il concetto di discriminazione, rimettendo da un lato agli Stati membri in occasione del recepimento della direttiva, il compito di provvedervi, e dall altro alla Corte di Giustizia il compito di definire i contenuti.
Con l entrata in vigore del Trattato di Amsterdam e il nuovo art. 141 e art. 13, il concetto di discriminazione diretta assume contorni ben delineati. Successivamente con l adozione della direttiva 2000 / 43 in tema di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine xxxxxx000 non viene riportato il modello tradizionale di discriminazione diretta fondato sul necessario e preventivo accertamento di un effettivo trattamento più sfavorevole della vittima rispetto ad un soggetto terzo la cui situazione viene ad essere utilizzata quale parametro di comparazione, ma viene individuata una nuova definizione di discriminazione che richiama non solo un giudizio sul trattamento attuale o passato di una persona nella stessa situazione, ma anche in relazione alla valutazione di quello che sarebbe stato il trattamento eventuale di un soggetto, uomo o donna, solo ipotetico, che si fosse trovato nella stessa situazione205. E proprio l utilizzazione, per la prima volta, del condizionale da parte del legislatore comunitario, ad esprimere la riconosciuta ammissibilità di comparazioni anche soltanto virtuali con riguardo cioè a termini di riferimento non reali ma ipotetici206.
204 Direttiva 2000 / 43/ CE del Consiglio del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Questa direttiva ha avuto il pregio di andare oltre l ambito di applicazione, peraltro ridotto, della direttiva 76/ 207, andando a disciplinare ulteriori settori quali la protezione civile, compresa la sicurezza sociale, l assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l istruzione, l accesso ai venei e servizi e loro fornitura.
205 Par. 2 lett. a) sussiste discriminazione diretta quando, a causa della sua razza od origine etnica, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga. La direttiva 2000 / 78 / CE al par. 2 lett. a) riporta la medesima definizione.
206 Xxxx D., in Discrim inazione senza com parazione? Appunti sulle direttive com unitarie di seconda generazione , in Giorn. Dir. Lav. Rel. Ind., 2003, 424
Questa nuova definizione di discriminazione diretta adottata proprio dalla direttiva 2002/ 43207, viene ripresa anche dalla direttiva 2000 / 78208 prima e dalla direttiva 2006/ 54209 poi; si assiste ad una metamorfosi del principio di non discriminazione da un ottica esclusivamente economica tesa alla realizzazione del mercato unico in un ottica che supera i confini giuslavoristici e si fa carico di ambiti quali istruzione, protezione sociale, assistenza sanitaria210.
1.1 La po s izio n e de lla Co rte di Giustizia: il te rm in e di parago n e adottato.
La Corte di Giustizia è stata chiamata ben presto ad esprimersi circa l identificazione e la sussistenza di una discriminazione diretta. Nel caso Dekker211 la Corte per individuare l esistenza della discriminazione ha ritenuto di
207 Direttiva 2002/ 73/ CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002 che modifica la direttiva 76/ 207/ CEE del Consiglio relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.
208 Relativa alla parità di trattamento in relazione a religione, convinzioni personali, handicap, età e tendenze sessuali.
209 In precedenza contenuta nella direttiva 2002/73.
210 A testimonianza di questo cambio di ottica la direttiva 2000 / 43 dichiara che le discriminazioni basate sulla razza o sull'origine etnica possono pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà; esse possono anche compromettere l'obiettivo di sviluppare l'Unione europea in direzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. ( Considerando 9), e prosegue dichiarando che per assicurare lo sviluppo di società democratiche e tolleranti che consentono la partecipazione di tutte le persone a prescindere dalla razza o dall'origine etnica, le azioni specifiche nel campo della lotta contro le discriminazioni basate sulla razza o l'origine etnica dovrebbero andare al di là dell'accesso alle attività di lavoro dipendente e autonomo e coprire ambiti quali l'istruzione, la protezione sociale, compresa la sicurezza sociale e l'assistenza sanitaria, le prestazioni sociali, l'accesso a beni e servizi e la loro fornitura, (Considerando 12).
211 C-177/88; vedasi anche Crudden C., L efficacité des normes communautaires relatives à x xxxxxxx xxxxx xxx xxxxx xx xxx xxxxxx xx Xxxxx social, 6/1994 p. 604 ss. Xxxxxx X., Discrim inations , entraves et raion im perieuses dans le Traitè CE: trois concepts et quête d identité ,in Cahiers de droit européen, 2008, p. 311.
Nel caso in esame la Corte era stata chiamata a pronunciarsi, dalla Corte olandese, in relazione agli artt . 2 e 3 della direttiva 76/ 20 circa la liceità di un rifiuto d' assunzione per causa di gravidanza in relazione al principio della parità di trattamento in materia d' accesso all' impiego e, d' altro canto, circa le conseguenze di un' eventuale infrazione al principio comunitario sotto il profilo delle norme di diritto nazionale in materia di responsabilità civile.
Nel giugno 1981 la sig.ra Dekker si candidava ad un posto di educatore presso il centro di formazione per giovani Plus di Wormer nei Paesi Bassi ed il 15 giugno 1981 provvedeva ad informare la commissione esaminatrice di essere incinta di tre mesi.
La stessa commissione proponeva la sig.ra Xxxxxx alla direzione del centro come la candidata più idonea a svolgere le mansioni in questione. Tuttavia il 10 luglio 1981, la sig.ra Xxxxxx riceveva una lettera del centro con cui l' amministrazione la avvisava di aver deciso di soprassedere all' assunzione in quanto, dopo aver consultato il fondo d' assicurazione contro i rischi inerenti alle
ricorre come criterio di riferimento alla valutazione se la persona avrebbe subito un trattamento meno favorevole se non fosse stato per il sesso, consentendo di valutare se il sesso è l unica causa della differenza di trattamento e, in caso di esito affermativo, può essere qualificata come discriminatoria.
La Corte, nel caso Xxxxxx, era stata chiamata a decidere nel caso di rifiuto di assunzione di una donna in stato di gravidanza circa la sussistenza o meno di una discriminazione. La Corte ha, qui, applicato il cosiddetto but for test cioè ha provveduto a verificare se la donna in gravidanza avesse subito un certo trattamento solo in virtù del suo status, e se tale trattamento, risultasse essere sfavorevole se comparato con quello di un altra donna, di un uomo o della ricorrente stessa se non fosse in gravidanza.
Nel caso di specie la Corte ha utilizzato come termine di paragone lo stato di malattia, in particolare lo status dell uomo malato, giungendo ad affermare che il rifiuto di assumere una donna in gravidanza costituisce una discriminazione diretta a motivo del sesso, in quanto la gravidanza è uno status esclusivamente femminile, indipendentemente dall aggravio economico a carico del datore di lavoro212, e che comunque lo stato di gravidanza in nessun caso può essere assimilato allo stato di malattia213.
prestazioni sociali dell' insegnamento speciale era stata informata che non le sarebbero state rimborsate le indennità giornaliere da corrispondersi in caso di maternità e che non avrebbe quindi potuto assumere un supplente durante il congedo di maternità. Gli impiegati del centro di formazione non sono soggetti alla legge generale sull' assicurazione contro le malattie in quanto il loro rapporto è disciplinato contemporaneamente da un decreto reale del 19 dicembre 1967 e da un regolamento in materia d' indennità giornaliere di malattia che può contemplare disposizioni derogatorie. Resta inteso che i diritti conferiti ai lavoratori da questa disciplina non devono essere minori di quelli che scaturirebbero a loro vantaggio dall' applicazione del decreto.
Orbene l' art . 3 c.1 del decreto in oggetto assimila la gravidanza ed il puerperio ad un impedimento a svolgere un' attività lavorativa per causa di malattia. Inoltre l art. 6 del regolamento dispone che "la direzione ( del Risicofonds ) ha facoltà di rifiutare integralmente o parzialmente il versamento delle indennità giornaliere di malattia ad un affiliato nel caso in cui un assicurato venga colpito da incapacità di svolgere le proprie mansioni nei sei mesi successivi all' entrata in vigore dell' assicurazione, se al momento di detta entrata in vigore lo stato di salute dell' interessato lasciava chiaramente prevedere il verificarsi di detta incapacità nei sei mesi successivi ". In questo caso il datore di lavoro, che deve versare le indennità giornaliere ai dipendenti durante il congedo di malattia, fatta salva la facoltà di chiedere un rimborso al Risicofonds, non ottiene alcun rimborso da parte di quest' ultimo e il versamento delle indennità va interamente a suo carico. I giudici di merito, investiti della questione, avevano ritenuto che il rifiuto d' assunzione opposto dal centro di formazione fosse incompatibile con la legge olandese sulla parità di trattamento tra i due sessi in quanto norma di recepimento della direttiva del Consiglio 76/ 207/ C.E.E., riconoscendo, tuttavia, che le difficoltà finanziarie che avrebbe incontrato il centro di formazione assumendo la sig.ra Dekker rappresentavano un motivo di deroga che privava il rifiuto d' assunzione di qualsiasi carattere illecito .
212 X.xx 32 delle conclusioni dell Avvocato Generale Darmon.
213 Già con la sentenza Hertz, C- 179-88, la Corte affermava che le assenze per malattia non possono essere equiparate alle assenze dovute al congedo di maternità; xxxxxx Xxxxxxxx A., Xxxxxxx
Nel caso Webb214 la Corte è chiamata a pronunciarsi circa la sussistenza di una discriminazione diretta fondata sul sesso in caso di una lavoratrice licenziata a causa dello stato di gravidanza, per individuare l indice di confronto si chiede la Corte se il licenziamento, in un caso quale quello controverso nella causa principale, costituisca una discriminazione fondata direttamente sul sesso ai sensi della direttiva, a tal fine occorre accertare se la causa essenziale del licenziamento valga indistintamente per i lavoratori dei due sessi ovvero, al contrario, esclusivamente per uno di essi.
La Corte conclude affermando che 'è fin troppo evidente che la cessazione di un contratto di lavoro a causa dello stato di gravidanza riguarda unicamente le donne e costituisce pertanto una discriminazione diretta fondata sul sesso. La Corte ha già avuto modo di pronunciarsi in tal senso sia nella sentenza Xxxxxx, con riguardo al rifiuto di assumere una donna incinta, sia nella sentenza Hertz, in relazione al suo licenziamento, statuendo che il licenziamento di una lavoratrice a motivo della sua gravidanza rappresenta, non diversamente dal rifiuto di assumere una donna incinta, una discriminazione diretta fondata sul sesso.
K., La CJCE, le droit de la maternità et le principe de non discrimination vers une clarification , in Cahier de droit européen, 2002, p. 650 ss.
E l Avvocato Generale Xxxxxxx, nelle conclusioni del caso Xxxx , C-32/93 afferma che lo stato di gravidanza non può essere equiparato ad una malattia Ciò che invece può rilevarsi, per quanto possa essere un rilievo banale, è che una donna malata è trattata allo stesso modo di un uomo malato, quale che sia l' origine della sua malattia. Una donna in stato di gravidanza, invece, non può, per questo solo fatto, essere svantaggiata fino al punto di essere esclusa dal mondo del lavoro ; x.xx 14.
214 Causa C-32/93 la Corte dalla House of Lords investiva la Corte di Giustizia dell interpretazione della 76/ 207/ C.E.E., chiedendo in particolare se il principio della parità di trattamento uomo-donna, quale esplicitato nella direttiva, si opponga al licenziamento di una donna in stato di gravidanza, assunta sulla base di un contratto a tempo indeterminato ma al fine specifico di sostituire nell' immediato un' altra dipendente nel xxxxx xxx xxxxxxx xx xxxxxxxxx di quest' ultima.
La ditta EMO occupava all epoca dei fatti 16 lavoratori, nel giugno 1987, una delle quattro persone addette alle operazioni di importazione, la signora Xxxxxxx comunicava lo stato di gravidanza, e l azienda decideva di non attendere l' inizio del congedo di maternità dell' interessata per assumere una sostituta, di modo che la signora Xxxxxxx potesse formare quest' ultima nei sei mesi precedenti il congedo. Pertanto si provvedeva all assunzione della signora Xxxx al fine, in un primo tempo, di assicurare la sostituzione della signora Xxxxxxx dopo un periodo di formazione, pervedendo anche che signora Xxxx continuasse a lavorare presso la EMO anche dopo il rientro della signora Xxxxxxx.
Iniziato a lavorare, la signora Xxxx sopre lo stato di gravidanza e di lì a poco riceve la lettera di licenziamento. La signora Xxxx proponeva quindi ricorso presso l' Industrial Tribunal, adducendo una discriminazione diretta fondata sul sesso e, in via subordinata, una discriminazione indiretta. Le doglianze della signora Xxxx non trovavano accoglimento, pertanto la stessa presentava appello innanzi la Court of Appeal che autorizzava la signora Xxxx a proporre ricorso dinanzi alla House of Lords. Investita della questione la House of Lords presentava domanda pregiudicale alla Corte di Giustizia.
Pertanto il licenziamento di una lavoratrice per il solo fatto che sia in stato di gravidanza costituisce una discriminazione diretta basata sul sesso, è contrario all' art. 5, n. 1, della direttiva 76/ 207 215.
La Corte sempre nella causa Xxxx non risponde all'invito, presentato dal giudice a quo, di esaminare se la situazione di una donna che non è in grado di svolgere i compiti per i quali è stata assunta, a motivo di una gravidanza resa nota poco dopo la stipulazione del contratto di lavoro, possa raffrontarsi a quella di un uomo che è colpito dalla stessa incapacità per motivi di salute o di altro genere, in quanto lo stato di gravidanza non è in alcun modo assimilabile ad uno stato patologico, a fortiori, a un'indisponibilità non derivante da ragioni di salute .
E ancora la Corte, nella sentenza Thibault216, ribadisce, facendo proprie le osservazioni espresse dalla Commissione, nel proprio intervento, che la
215 P.ti 8 e 9 della sentenza Xxxx.
216 C-136-95; Xxxxxxxx X., Xxxxxxx K., La CJCE, le droit de la m aternità et le principe de non discrimination vers une clarification , in Cahier de droit européen, 2002, p. 640. Qui la Cour de cassation francese sottoponeva alla Corte di Giustizia, ex art. 177 del Trattato CE la questione pregiudiziale sull'interpretazione della direttiva 76/ 207/ C.E.E., questione è sollevata nell'ambito di una controversia tra la Caisse nationale d'assurance vieillesse des travailleurs salariés e la signora Xxxxxxxx, vertente sul diniego opposto dalla CNAVTS di procedere alla redazione delle note di qualifica della signora Xxxxxxxx per l'anno 1983.
La signora Xxxxxxxx veniva assunta in qualità di dipendente del ruolo tecnico nel 1973 dalla CNAVTS e successivamente nel 1983 promossa al posto di redattore giuridico. Nello stesso anno si assentava per malattia, per poi fruire di un congedo di maternità dal 13 giugno al 1 ottobre 1983, in base all'art. 45 del contratto collettivo, e poi di un congedo di maternità col cinquanta per cento della retribuzione dal 3 ottobre al 16 novembre 1983, conformemente all'art. 46 del medesimo contratto.
Tuttavia la Caisse nationale d'assurance vieillesse des travailleurs salariés si rifiutava di redigere il rapporto informativo della signora Xxxxxxxx per l'anno 1983, documento valido per l avanzamento di carriera, adducendo che la signora non aveva il minimo di presenze previste dal contratto collettivo, e pari a mesi sei, che le dessero diritto ad avere il rapporto informativo.
La signora Xxxxxxxx pertanto adiva il Conseil de prud'hommes di Parigi, sostenendo che la mancata compilazione del rapporto informativo, dovuta alla sua assenza per maternità, costituiva un provvedimento discriminatorio che la privava di una possibilità di promozione; la sua doglianza trovava pieno avvoglimento. Tuttavia la Cour de cassation cassava la sentenza in quanto l'art. 31 del contratto collettivo non prevede l'iscrizione ipso iure nella tabella di avanzamento di carriera dei dipendenti della CNAVTS rinviando le parti dinanzi al Conseil de prud'hommes di Melun.
L Autorità Giudiziaria adita accoglieva la doglianza della signora Xxxxxxxx ritenendo che la mancata predisposizione del suo rapporto informativo la privava di una possibilità di promozione e che l'assenza per maternità doveva essere presa in considerazione alla stessa stregua di un periodo di presenza effettiva e l'inosservanza di tale obbligo costituiva una discriminazione vietata dall'art. L 123-1, lett. c), del Code du travail. La soccombente impugnava tale sentenza sostenendo che l'art.
31 del contratto collettivo non prevede l'iscrizione ipso iure nella cosiddetta «tabella di avanzamento per merito» dei dipendenti in possesso dei necessari requisiti, e che il periodo di pratica professionale previsto dal contratto andava tenuto distinto dalle presenze effettive sul posto di lavoro computate ai fini dell'elaborazione del rapporto informativo di un dipendente e che la mancata compilazione del rapporto informativo della signora Xxxxxxxx non era fondata su considerazioni legate al sesso, poiché il principio dell'uguaglianza professionale può applicarsi soltanto a diritti potenzialmente riconosciuti ai lavoratori di entrambi i sessi, conformemente all'art. L 123-1, lett. c), del Code du travail. Essendo la norma in oggetto frutto del recepimento di direttive comunitarie la Cour de cassation decideva di sospendere il procedimento e di investire della questione la Corte.
gestazione è una situazione che riguarda solo le donne e quindi assimilare puramente e semplicemente le ferie di maternità ad un'assenza per malattia mentre sono due situazioni ben diverse costituisce una discriminazione diretta, nonostante l'obiettività del criterio che determina l'applicazione della norma, cioè l'assenza del posto di lavoro per più di sei mesi nel corso di un anno. La Corte, qui, fa proprio il criterio adottato dall Avvocato Generale volto ad accertare la sussistenza o meno della discriminazione diretta, valutando se la norma contestata, che vale indistintamente per i due sessi, in quanto pone sullo stesso piano le ferie di maternità e l'assenza per malattia, garantisce la parità di trattamento in quanto le due situazioni risultano analoghe o se, diversamente, instaura una discriminazione diretta a motivo del sesso in quanto si applica lo stesso metro a situazioni diverse tenendo conto, per il calcolo della presenza nel posto di lavoro, di una licenza concessa solo alle donne217.
Si afferma, dunque, un indirizzo della Corte secondo cui quando la decisione di un datore di lavoro di negare alla donna il posto di lavoro, di licenziarla, o di danneggiarla è collegato allo stato di gravidanza diviene superfluo procedere ad una puntuale comparazione, comparazione che resta indispensabile, invece in ogni altra ipotesi, per far emergere la valenza discriminatoria, sulla base del sesso, in relazione alla decisione assunta.
Nel caso P. v. S., la Corte per decidere se si fosse o meno in presenza di una discriminazione diretta sulla base del sesso utilizza come termine di paragone la persona stessa prima e dopo l evento.
Nel caso in esame la Corte viene chiamata a decidere se la discriminazione nei confronti dei transessuali rientra o meno nell ambito di applicazione del divieto di discriminazione sulla base del sesso di cui alla direttiva 76/ 207218. Il
217 X.xx 20 delle conclusioni.
218 Il ricorrente, il signor X., lavorava in qualità di amministratore presso un istituto di insegnamento, che dipendeva dal Cornwall County Council; all' inizio dell' aprile 1992, P. informava X., direttore didattico e direttore incaricato della gestione e delle finanze del suddetto istituto, della sua intenzione di sottoporsi ad un ciclo di trattamenti per il mutamento di sesso. Tale ciclo s' iniziava con un periodo detto di "life test", durante il quale P. si vestiva e si comportava come una donna, periodo seguito da operazioni chirurgiche volte a dare a P. le caratteristiche fisiche di una donna. All' inizio del settembre 1992 P. riceveva un preavviso di licenziamento che scadeva il 31 dicembre 1992..
P. presentava ricorso contro S. e il Cornwall County Council innanzi all' Industrial Trbunal lamentando di essere stata vittima di una discriminazione fondata sul sesso, i resistenti sostenevano che il licenziamento di P. era dovuto all' esubero di personale. Il Tribunale adito, l' Industrial Tribunal, riconosceva che il licenziamento era dovuto all' intenzione di P. di cambiare sesso, benché vi fosse effettivamente esubero di personale, nonché che tale situazione non era contemplata dal Sex Discrimination Act del 1975 (legge relativa alle discriminazioni fondate sul sesso), in quanto il
Governo britannico, intervenuto nel procedimento, sosteneva, che nel caso di specie non si era di fronte ad alcuna discriminazione in quanto il datore di lavoro avrebbe parimenti licenziato un transessuale, se questi in una situazione analoga, fosse stato in precedenza di sesso femminile, e si fosse sottoposto ad intervento chirurgico, richiamandosi, quindi al noto principio di uguaglianza aristotelico.
La Corte, sebbene conscia che la direttiva 76/ 207 non fosse volta a a tutelare la posizione dei transessuali tiene in debita considerazione le osservazioni dell Avvocato Generale laddove afferma che i transessuali non potevano non rientrare nell ambito dell applicazione della direttiva sia perché non possono essere considerati il terzo sesso219, sia perché doveva essere riconosciuto loro un autonomo diritto all identità sessuale. Pertanto, per riconoscere la sussistenza di una discriminazione diretta fondata sul sesso giunge ad affermare che le discriminazioni nei confronti dei transessuali si basano sostanzialmente sul sesso dell interessato, sicchè una persona, se licenziata in quanto ha l'intenzione di subire o ha subito un cambiamento di sesso, riceve un trattamento sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata appartenere prima di detta operazione220. Ecco dunque che il parametro valutativo di riferimento è da individuarsi nella comparazione tra la condizione della stessa persona prima e dopo l intervento chirurgico di cambiamento di sesso.
La Corte, inoltre compie un richiamo espresso ai diritti fondamentali221 laddove dichiara che il diritto di non essere discriminato in ragione del proprio
diritto inglese riguarda unicamente le situazioni nelle quali una donna o un uomo sono trattati in modo diverso in ragione della loro appartenenza a uno dei sessi. Secondo il diritto inglese si ritiene che P. sia sempre di sesso maschile.
Xxxxxx, se P. fosse stata di sesso femminile prima della sua operazione per il cambiamento di sesso, il datore di lavoro l' avrebbe del pari licenziata in ragione di tale operazione. Il giudice a quo chiedeva se il caso di specie non rientrasse nella tale sfera di applicazione della direttiva.
Interessante la pronuncia della House of Lords, 06.05.2004, caso A. v. Chief Xxxxxxxxx of West Yorkshire Police and another, in Xxxxxxxx-Cassia E. L application du droit com m unautaire par les juridictions britanniques , in RTDeur. 41 (1 ) janv.-mars. 2005, p. 116.
219 Nella sentenza al considerando 16, la Corte richiama la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell Uomo secondo cui i transessuali sono persone che, pur appartenendo fisicamente ad un sesso, hanno la sensazione di appartenere all' altro sesso; esse cercano spesso di accedere ad un' identità più coerente e meno ambigua sottoponendosi a cure mediche e ad interventi chirurgici allo scopo di adeguare le loro caratteristiche fisiche al loro psichismo; I transsessuali così operati formano un gruppo sufficientemente determinato e definibile" ( sent. Xxxx, 17 ottobre 1986).
220 X.xx 21 della motivazione della sentenza.
221 X.xx 19.
sesso costituisce uno dei diritti fondamentali della persona umana, di cui la Corte deve garantire l'osservanza222.
Tuttavia Xxxxxx è assai critico nei confronti della posizione espressa dalla Corte nei casi Xxxxxxxx alla laddove afferma che l art. 119 proibisce sia le discriminations ouvertes che le discriminations déguiséees in quanto secondo l Autore la distinzione operata ha come reale scopo quello di risolvere la questione circa l effetto diretto di una disposizione del Trattato223
Di conseguenza, la sfera d'applicazione della direttiva 76/ 207 non può essere ridotta soltanto alle discriminazioni dovute all'appartenenza all'uno o all'altro sesso; tenuto conto del suo scopo e della natura dei diritti che mira a proteggere, la direttiva può applicarsi anche alle discriminazioni che hanno origine, come nella fattispecie, nel mutamento di sesso dell'interessata.
Infatti, siffatte discriminazioni si basano essenzialmente, se non esclusivamente, sul sesso dell'interessato. Così, una persona, se licenziata in quanto ha l'intenzione di subire o ha subito un cambiamento di sesso, riceve un trattamento sfavorevole rispetto alle persone del sesso al quale era considerata appartenere prima di detta operazione.
Sicchè la Corte si è discostata in modo decisivo da un'interpretazione del principio della parità di trattamento fondata sul tradizionale confronto tra un dipendente di sesso maschile e un lavoratore di sesso femminile. Infatti la Corte non ha ritenuto rilevante il fatto che non vi fossero motivi per credere che una donna che intendesse mutare di sesso verrebbe trattata in modo più favorevole di un uomo che intendesse cambiare sesso. La Corte non ha limitato il principio della parità di trattamento unicamente ai casi di discriminazione derivante dall'appartenenza all'uno o all'altro sesso; la questione fondamentale consisteva
222 In tal senso la causa C-149/77, Xxxxxxxx, e cause riunite 75/ 82 e 117/ 82, Razzouk e Xxxxxxx/Commissione, al punto 17 la Corte afferma che dans le relations entre les institutions communautaires, d une part,et leurs employés et les ayant droit de ceux-ci, d autres part, les exigences qu impose ce principe ne sont nullement limitées à celles découlant de l atr. 000 xx Xxxxxx
X.X.X. ou des directives communautaires adoptées dans ce domaine . Diversamente si esprime nella sentenza Xxxxx affermando che benché il rispetto dei diritti fondamentali che fanno parte integrante dei detti principi generali costituisca un presupposto della legittimità degli atti comunitari, tali diritti non possono di per sé comportare un ampliamento dell'ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato oltre i poteri della Comunità (x.xx 45 ).
223 Xxxxxx X., Discrim inations , entraves et raion im perieuses dans le Traitè CE: trois concepts et quête d identité ,in Xxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxx, 0000 , x. 000; l A. rileva per discriminations directes et ouvertes si intendano quelle suscettibili di essere constatées à l aide des seuls critères d identité de travail et d égalité de rémunération retenus par l art. 119 mentre le discriminations indirectes ne peuvent être identifiées qu en fonctions de dispositions d application plus explicites, de caractèer communautaire ou national, et l art. 119 ne produit un effet direct qu à l égard des premières
nel fatto che il licenziamento era fondato esclusivamente o essenzialmente sul sesso. Così facendo la Corte ha interpretato il principio comunitario della parità di trattamento in modo che quest'ultimo possa applicarsi ai casi di discriminazione fondata sul sesso che si riscontrano nella vita relazionale attuale.
In senso negativo rispetto al caso P., invece, si è espressa la Corte nel caso Grant224. Qui l Avvocato Generale afferma che nulla si rinviene del resto nel Trattato sull'Unione europea né nel Trattato che istituisce la Comunità europea da cui risulti che i diritti e obblighi derivanti dal Trattato CE, ivi compreso il
224 C-249/96; qui la signora Xxxxx veniva assunta nel giugno 1983 come impiegata presso la British Railways Board; nel marzo del 1995 il suo rapporto di lavoro veniva trasferito alla Souht- West Trains Ltd, consociata detenuta al 100 % dalla British Railways, privatizzata l anno seguente. Il contratto di lavoro prevedeva all'art. 8 una disposizione relativa alle agevolazioni di trasporto del secondo cui il dipendente potrà fruire dei viaggi gratuiti o a prezzo ridotto spettanti ai dipendenti della sua categoria. I coniugi e le persone a carico fruiranno anch'essi di agevolazioni di viaggio. La concessione delle condizioni speciali di viaggio rientra nella discrezionalità del (datore di lavoro) e sarà revocata in caso di abuso Le agevolazioni di viaggio sono concesse per il `common law opposite sex spouse' del dipendente (...) su presentazione di una dichiarazione solenne che attesti l'esistenza di una relazione significativa da almeno due anni (...) . Ai sensi degli artt. 10 e 11 delle Ticket Regulations il lavoratore ha altresì diritto ad agevolazioni di trasporto a favore dei figli non coniugati conviventi con il dipendente. Inoltre l'art. 12 prevedeva che i biglietti a tariffa ridotta possono essere concessi (...) per una collaboratrice domestica residente in via permanente con il richiedente e interamente a carico di quest'ultimo (...)» purché il lavoratore viva solo o con un coniuge invalido. La nozione di parentela ricomprende, stando a questa disposizione, la madre, il padre, il fratello, la sorella, la figlia o il figlio. Il signor Xxxxxx, che occupava precedentemente il posto di lavoro della signora Xxxxx, aveva a suo tempo presentato una dichiarazione attestante che egli viveva con la convivente da più di due anni e pertanto aveva ottenuto le agevolazioni di viaggio a favore della convivente.
Nel gennaio del 1995 la signora Xxxxx chiedeva analogamente le agevolazioni di trasporto a favore della convivente, la signora X xxxxxx Xxxxxx, sottoscrivendo contestualmente una dichiarazione di vita comune con la persona descritta come "common law spouse" nella sua domanda di concessione delle agevolazioni di trasporto, nell'ambito di una "common law relationship" e che ciò si è protratto per un periodo continuo di almeno due anni (...) . La domanda della signora Xxxxx veniva respinta in quanto le agevolazioni ex art. 8 delle Ticket Regulations non venivano concesse a favore dei conviventi dello stesso sesso.
La signora Xxxxx presentava ricorso contro la South-West Trains dinanzi all'Industrial Tribunal di Southampton, nel Regno Unito, assumendo che l'art. 119 del Trattato osta al diniego di concederle le agevolazioni di trasporto in quanto parte della sua retribuzione, a favore della convivente, mentre un dipendente di sesso maschile riceve in circostanze analoghe le agevolazioni di trasporto a favore della convivente.
Il Tribunale inglese investiva della questione la Corte di Giustizia, in particolare, chiedendo se "discriminazione fondata sul sesso", di cui all'art. 119 TCE, ricomprenda la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale del dipendente.
La signora Xxxxx sosteneva innanzi alla Corte di Giustizia che il diniego ricevuto costituisse una discriminazione direttamente fondata sul sesso, ritenendo che il che il datore di lavoro avrebbe preso una decisione diversa se le agevolazioni controverse nel processo a quo fossero state richieste da un uomo convivente con una donna e non da una donna convivente con una donna. A supporto di ciò richiamava il fatto che il lavoratore di sesso maschile che occupava in precedenza il suo posto di lavoro aveva ottenuto agevolazioni di viaggio per la sua compagna, senza essere coniugato con quest'ultima, è sufficiente a configurare una discriminazione diretta fondata sul sesso. A suo parere, quindi, se un lavoratore di sesso femminile non fruisce degli stessi vantaggi di un lavoratore di sesso maschile, a parità delle altre condizioni, è vittima di una discriminazione fondata sul sesso ( ricorre qui al cosiddetto metodo del but for test - criterio dell'elemento distintivo unico ).
diritto di non essere oggetto di discriminazioni fondate sul sesso, non dovrebbero applicarsi agli omosessuali, agli handicappati, alle persone di una determinata origine etnica e alle persone di una determinata professione religiosa. L'uguaglianza dinanzi alla legge è un principio fondamentale di qualunque società retta dal diritto e quindi anche nella Comunità. I diritti ed obblighi derivanti dal diritto comunitario si applicano a tutti senza discriminazioni e quindi anche a coloro che sono omosessuali225.
Di diverso avviso è la Commissione secondo cui il diniego opposto alla signora Xxxxx non è contrario all'art. 119 del Trattato né alla direttiva 75/ 117; prosegue affermando che la discriminazione lamentata dalla signora Xxxxx non è fondata sul suo orientamento sessuale bensì sul fatto che non conduce una vita di coppia o con un coniuge nel senso in cui tali nozioni vengono intese dall'ordinamento giuridico della maggior parte degli Stati membri, dal diritto comunitario e dal diritto derivato dalla Convenzione. La Commissione ritiene, quindi, che la disparità di trattamento derivante dall'applicazione della normativa vigente nell'impresa in cui lavora la signora Xxxxx non sia in contrasto con l'art. 119 del Trattato. La Corte, quindi, fa proprie le osservazioni della Commissione, richiamando il requisito della convivenza stabile che trova applicazione nei confronti degli uomini e delle donne e osserva che la signora Xxxxx non può essere considerata vittima di una discriminazione direttamente fondata sul sesso, evidenziando, peraltro, che la possibilità di equiparare le relazioni stabili tra le persone dello stesso sesso e quelle tra persone di sesso opposto non trova riscontro nella normativa comunitaria. Tuttavia sebbene la Corte appare chiudere qualsiasi tipo di valutazione in merito, si affretta subito dopo ad affermare che, come rivela la Greco226, con l entrata in vigore del Trattato di Amsterdam sarà possibile adottare provvedimenti volti ad eliminare diverse forme di discriminazione.
225 X.xx 42.
226 Greco S. Nuovi sviluppi in materia di tutela dei diritti fondamentali in Riv.it.dir.pubbl. comun., 1998 , p. 1378 ; Hoppe T., evidenzia come la direttiva 206/ 77 sia stata oggetto di un interpretazione favorevole nei confronti dei trasseessuali, mentre la stessa direttiva è stata oggetto, proprio nel caso Xxxxx, di un interpretazione restrittiva nei confronti degli omosessuali; in La protection contre la discriminationsexuelle à l embauche en Europe in Revue de droit internazionale t droit comparé, Bruyant, 2002, p. 35.
2. La discriminazione indiretta.
La Corte di Giustizia quindi, come è stato osservato nel paragrafo che precede, ha sviluppato un concetto di discriminazione, sia sulla base della nazionalità che del sesso, che si caratterizza per l applicazione di regole differenti a situazioni comparabili, o per l applicazione della stessa regola a situazioni differenti.
Tuttavia tale approccio risulta del tutto privo di efficacia per quelle situazioni discriminatorie conseguenza di una legislazione che in apparenza, in virtù della formulazione linguistica neutrale si indirizza senza distinzione nei confronti di uomini e donne.
Nasce, quindi, l esigenza di fornire una tutela anche per queste situazioni, facendo ricorso al concetto di discriminazione indiretta, le cui origini si possono ritrovare, ancora una volta, nelle pronunce della Corte Suprema degli Stati Uniti , che hanno influenzato prima le decisioni inglesi, e poi la stessa Corte di Giustizia.
La Corte americana nel caso Griggs227 richiede che la misura assunta e determinante un impatto discriminatorio dovesse essere job related, e potesse essere ammissibile, sotto il profilo discriminatorio, se legata al business necessità, individuando così un preciso legame tra la misura discriminatoria e le esigenze organizzative e di produzione aziendale.
Correttamente, a tal proposito, rileva la Nanì228 che tutte le volte in cui scelte e decisioni attinenti al mercato e al rapporto di lavoro producano effetti
227 Xxxxxx x. Xxxx Xxxxx, il caso riguardava l impresa convenuta la quale aveva mantenuto segregato il luogo di lavoro, e le mansioni più dure e meno qualificanti erano assegnate a persone di colore. A seguito dell approvazione del Civil Rights Act del 1964, l azienda si era vista costretta a modificare il proprio approccio, xxxxx aveva previsto come requisito per accedere alle qualifiche superiori il possesso del diploma di scuola superiore; tale decisione apparentemente neutra, nei fatti impediva qualsiasi avanzamento di carriera per la minoranza di colore. L azienda sosteneva, in virtù della buona fede del proprio comportamento, che non si incorreva in una violazione del CRA, titolo VII, in quanto questo vietava condotte che esplicitamente distinguevano sulla base del parametro tutelato e rispetto le quali era predicabile un intendo discriminatorio, e la richiesta del titolo di studio era conforme al criterio meritocratico.
Tuttavia la Corte non condivide la tesi della convenuta ed afferma che CRA proibisce non solo i comportamentil manifestamente discriminatori, ma anche le prassi che sebbene apparentemente neutrali risultano di fatto discriminatorie; in questa circostanza non assume rilevanza l intento discriminatorio, e la misura dovrà essere considerata discriminatoria se non giustificata da ragioni di business necessità.
Secondo la Suprema Corte dunque le finalità CRA consistono nell effettivo raggiungimento di un uguaglianza di opportunità, attraverso una rimozione di quegli ostacoli che ne impediscono il raggiungimento, concependo quindi la nozione di discriminazione indiretta quale strumento tipico di uguaglianza sostanziale.
228 Op. cit. pp. 376 -377.
proporzionalmente più vantaggiosi per uno dei due sessi, si deve procedere ad una correzione di tali effetti mediante la diretta attribuzione di vantaggi alla categoria svantaggiata; al contempo si deve riconoscere che la diretta attribuzione del bene o vantaggio non debba aver luogo laddove vi siano interessi dei lavoratori dell altro sesso da tutelare o essenziali interessi aziendali . Si ritiene quindi che il diritto alla parità di trattamento comunque si trovi a dover essere oggetto di costante bilanciamento da un lato con i lavoratori dell altro sesso, e dall altro con gli interessi dell impresa, sicchè pare che il diritto alla parità resti comunque un diritto debole , e che il carattere di discriminatorietà debba essere di volta in volta individuato sulla base di criteri di ponderazione degli interessi in gioco.
Nel caso Jenkins229, infatti, l Avvocato Generale fa proprio l indirizzo della Corte americana laddove afferma che la soluzione d oltreoceano è l unica che permette di tenere conto dell esigenza di impedire discriminazioni nei confronti delle donne, mascherate come differenziazioni tra lavoratori a tempo pieno e a tempo ridotto, e dall esigenza di risparmiare ingiustizie a danno di un datore di lavoro che opera la differenza tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori ad orario ridotto per valide ragioni che nulla hanno a che vedere con il sesso .
L Avvocato Generale prosegue sottolineando come non sia sua intenzione cogliere le perplessità dell adozione di una tale soluzione che potrebbe portare ad un sistema difficilmente controllabile, in quanto spetta ai giudici nazionali effettuare tale sindacato . Viene, quindi, colto il profilo della pericolosità di indicazioni normative formalmente neutre, ma al contempo si rimette alla competenza del giudice interno l individuazione dei contenuti.
229 C-96/ 80 . La Corte di Giustizia veniva investita della questione con l ordinanza dell Employment Appeal Tribunal del Regno Unito circa l interpretazione dell art. 119 Trattato C.E.E. e l art. 1 della direttiva 75/ 117 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschie e quelli di sesso femminile.
La questione riguardava una lavoratrice che lavorava ad orario ridotto in un impresa del settore confezioni la quale lamentava di ricevere una retribuzione oraria inferiore a quella corrisposta ad un suo collega che prestava servizio a tempo pieno e svolgeva lo stesso lavoro. La lavoratrice lamentava, quindi, una violazione della clausola di parità inclusa nel suo contratto di lavoro ai sensi dell Equal Pay Act del 1970 ai sensi del quale vi deve essere parità di retribuzione tra uomini e donne in qualsiasi caso in cui una donna venga assunta per effettuare un lavoro analogo a quello svolto da un uomo che occupa un posto identico.
Il Tribunale di primo grado rilevava che la clausola di parità non trovava applicazione qualora il datore di lavoro fosse in grado di dimostrare che la diversità esistente tra il contratto di lavoro di una donna e di un uomo fosse dovuta ad una differenza sostanziale diversa dalla differenza di sesso. Il giudice dell appello investiva la Corte di Giustizia della questione. Xxxxxx X., Discrim inations , entraves et raion im perieuses dans le Traitè CE: trois concepts et quête d identité ,in Cahiers de droit européen, 2008, p. 307.
A livello comunitario, è sempre il ruolo promotore della Corte di Giustizia che porta a sviluppare il concetto di discriminazione indiretta, nato dall esame dei contenziosi in tema di parità di retribuzione ex art. 119 per poi giungere, come si vedrà oltre, all elaborazione del concetto com è individuato nelle direttive 2000/43 e 2000/78 e 2006/54.
Nella sentenza Bilka230 la Corte ha ritenuto che sussistesse una situazione discriminatoria quando l applicazione di una misura nazionale, sia pur formulata in termini neutri, svantaggia una proporzione più ampia, o numericamente o in percentuale le donne rispetto agli uomini o in ogni caso un sesso rispetto all altro salvo che l adozione della misura non trovi una giustificazione in elementi obbiettivi non legati al sesso.
Pertanto, il datore di lavoro deve dimostrare che la politica intrapresa corrisponde ad un reale bisogno dell impresa, ed è idonea al raggiungimento degli obbiettivi stabiliti e necessaria a tal fine231. In tal senso i giudici di Lussemburgo hanno confermato l indirizzo espresso nel caso Danfoss232 in tema di prova della sussistenza della discriminazione indiretta. Essa, per la Corte, si configura sotto due profili: il primo relativo al richiedente che deve fornire la dimostrazione che la situazione in cui si trova colpisce un numero maggiore di donne rispetto agli uomini; il secondo profilo è in capo al datore di lavoro o allo Stato membro cui
230 C-170/84 La Corte Tedesca adiva la Corte di Giustizia per conoscere dell interpretazione dell art. 119 del Trattano in relazione alla controversia insorta tra l impresa Xxxxx-Xxxxxxxxx Gmbh, e la dipendente Xxxxx, la quale chiedeva di essere ammessa al beneficio della pensione di anzianità a carico del regime pensionistico complementare istituito dall azienda in favore dei propri dipendenti, e che veniva riconosciuto anche in favore dei dipendenti con contratto a orario ridotto purchè avessero lavorato almeno 15 anni a tempo pieneo su un periodo complessivo di 20 anni.
La signora Xxxxx si vedeva rifiutare l accesso al godimento del regime pensionistico non avendo raggiunto il periodo minimo richiesto; pertanto adiva il Tribunale del lavoro tedesco lamentando che detto regime era in violazione del principio della parità di retribuzioni di cui all art. 119 Trattato C.E.E., e che il requisito del periodo minimo, di fatto, era in pregiudizio delle donne in quanto soggetti che maggiormente ricorrevano al lavoro ad orario ridotto per poter farsi carico degli impegni domestici.
Secondo l azienda, invece, la doglianza non poteva trovare accoglimento in quanto la decisione di escludere tali lavoratori dal regime delle pensioni aziendali trovava una giustificazione di tipo economico, in quanto l utilizzo di lavoratori a tempo pieno riduceva le spese accessorie e permetteva di far lavorare il personale per l intero orario di apertura dei negozi. La Corte tedesca quindi chiedeva alla Corte di giustizia se era ravvisabile una violazione dell art. 119 del Trattato C.E.E., se si fosse di fronte ad una discriminazione indiretta costituita dal fatto che l impresa, con personale prevalentemente femminile, esclude coloro che prestano servizio ad orario ridotto dal regime pensionistico, nonostante detta escluzione colpisca in prevalenza personale femminile. Ed in caso di risposta affermativa, la Corte tedesca chiedeva se poteva trovare giustificazione tale scelta aziendale volta a ridurre il personale a tempo ridotto,e da ultimo se l azienda debba organizzare il proprio regime pensionistico tenendo conto dei dipendenti con carichi familiari.
231 In tal senso vedasi Lanquentin M.T La preuve de la discrm ination: l apport du droit com m unautaire , Droit social, 5/ 1995, p. 436 ss, e Xxxxxxx P., La discrim ination indirecte en droit com m unautaire: vers une théorie générale , in RTD eur. 30 ( 3) juill.-sept. 1994, p. 425 ss.
232 C-109/88.
spetta di fornire la prova che giustifica la misura o la situazione de quo. Secondo Crudden233 la prova fornita dal richiedente è priva di rilievo se essa non ha come conseguenza quella di imporre al datore di lavoro l onere di provare che il comportamento, nella circostanza de quo, non è discriminatorio.
Infatti la Corte fa proprie le osservazioni della Commissione, rese in corso di causa, secondo cui il fatto di dimostrare che il datore adottando una certa prassi salariale che discrimina di fatto le lavoratrici persegue scopi diversi dalla discriminazione delle donne non è sufficiente per escludere una violazione dell art. 119. Per giustificare tale prassi incombe sul datore l onere di addurre i motivi economici obbiettivi attinenti alla gestione dell impresa, nonché dimostrare che tale prassi sia necessaria e proporzionata agli scopi perseguiti dal datore di lavoro, mentre compito del giudice nazionale stabilire se ed in quale misura i motivi addotti dal datore di lavoro possano essere considerati motivi economici direttamente giustificati234.
La Corte, dunque, passa dal parametro del pregiudizio arrecato al singolo individuo, così come indicato nella sentenza Xxxxxxxx II, relativo alla discriminazione diretta, ad una dimensione di gruppo nel quale emerge il fenomeno discriminatorio. Infatti l individuazione della discriminazione indiretta passa per la comparazione tra gruppi, e non più tra individui e alla rilevanza che assume all ineguaglianza sostanziale.
Ulteriore elemento di distinzione tra la discriminazione diretta ed indiretta è che la prima si caratterizza per una disparità di trattamento da ricondurre ad uno dei fattori di discriminazione, quali sesso, razza, mentre nella seconda il fattore che causa la discriminazione è formalmente neutro.
Si è soliti parlare di discriminazione indiretta, invece, allorché un criterio o una disposizione, apparentemente neutri, mettono le persone di un determinato gruppo sociale di minoranza in una posizione di particolare
233 Crudden C., L efficacité des normes communautaires relatives à x xxxxxxx xxxxx xxx xxxxx xx xxx xxxxxx xx Xxxxx social, 6/1994 p. 608.
234 Considerando 35-36; nella causa Parliamentary Commissioner for Administration and the Health Service Commissioners . Xxxxxxxxx Employment appeal Tribunal, 5, 09.03, il giudice inglese ha ritenuto che il datore di lavoro debba fornire la prova dell assenza di una discriminazione indiretta seguendo un percorso che deve poggiare su alcune tappe. In primo luogo deve fornire la prova che esiste una reale giustificazione nel caso di specie relativa alla differenza salariale -, e di conseguenza deve dimostrare che la retribuzione meno favorevole ha il proprio fondamento nella valida giustificazione; deve, poi, fornire la prova che la giustificazione non poggi su una differenza sulla base del sesso; in Xxxxxxxx-Cassia E. L application du droit com m unautaire par les juridictions britanniques , in RTDeur. 41 (1 ) janv.-mars. 2005, p. 114 ss.
svantaggio rispetto ad altre persone235. Il fenomeno discriminatorio, in questo caso, viene individuato sulla base dell effetto prodotto da una determinata misura, piuttosto che sull intento del discriminante236.
Il legislatore europeo tiene conto dell elaborazione giurisprudenziale e se nella direttiva 76/ 207 non compariva alcuna definizione di discriminazione, già nella direttiva 97/ 80 / CE237 in tema di onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso, provvede ad individuare quale discriminazione indiretta una posizione, un criterio, o una prassi apparentemente neutri che colpiscono una quota nettamente più elevata di individui d uno dei due sessi a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano adeguati e necessari e possano essere giustificati da ragioni obbiettive non basate sul sesso 238. Si osserva come la nozione coniata con la direttiva 97/ 80 abbandona il requisito, perché si possa parlare di discriminazione indiretta, di effetti svantaggiosi prodotti da prassi neutre che colpiscano in modo proporzionalmente maggiore uno dei due generi per abbracciare il requisito della quota nettamente più elevata di individui di uno stesso sesso, cui accompagna il criterio delle ragioni necessarie a giustificare il disparete impact.
In relazione al criterio di giustificazione chiesto per legittimare l adozione di criteri più svantaggiosi per uno dei due sessi, la Corte, sino all adozione della direttiva 97/ 90 aveva richiesto talvolta l indicazione di cause di giustificazione diverse dal sesso, l imposizione di cause di giustificazione poggianti sul carattere
235 A meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo perseguimento siano appropriati e necessari.
236 Questa nozione è stata ampiamente elaborata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, partendo della causa Xxxxxx x. Xxxx Pow er, e interpretando il Civil Rights Act del 1964, sostenendo che lo scopo della legislazione antidiscriminatoria è quello di perseguire un effettiva eguaglianza si opportunità attraverso una rimozione degli ostacoli che ne impediscono il perseguimento. La Corte Suprema si è spinta oltre individuando comportamenti che anche se formalmente neutri possono costituire impedimenti per i membri di alcuni gruppi di minoranza nel raggiungimento di una effettiva uguaglianza di opportunità. La posizione della Corte americana ha ampiamente influenzato il sistema inglese, che a sua volta ha influenzato il sistema americano.
237 Oggi confluita nella direttiva 2006/54.
238 Art. 2, par. 2; la dottrina correttamente evidenzia come la nozione di discriminazione indiretta cui il Legislatore europeo giunge è frutto di un iter lungo e faticoso, proprio per la difficolta di dissarin in una fonte normativa comunitaria detta definizione; vedasi in tal senso Nanì L., Uguaglianza tra lavoratori e lavoratrici nel rapporto di lavoro , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78 , 1998 , 2., pp. 360 -361. Infatti l approvazione della direttiva 97/ 80 era stata preceduta da quattro proposte di direttiva presentate nel corso di nove anni.
necessario239 dell attività produttiva, ovvero sull inevitabilità dell impatto più svantaggioso, o a ragioni di mercato.
Successivamente la direttiva 2000 / 43 definisce discriminazione indiretta una posizione, un criterio, o una prassi apparentemente neutri che possono mettere persone di una determinata razza o etnia in una posizione di particolare svantaggio240 . Una definizione analoga viene riportata nella direttiva 2006/ 54 laddove individua come discriminazione indiretta una situazione, un criterio o una prassi apparentemente neutri posso non mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo
conseguimento siano appropriati e necessari 241.
Scompare, dunque, nelle direttive di seconda generazione il riferimento alla quota nettamente più elevata di individui appartenenti ad uno dei due sessi , e viene posto in evidenza la rilevanza non tanto della dimensione quantitativa del fenomeno242 quanto della produzione di un particolare svantaggio a carico delle persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell altro sesso.
Nella definizione fornita dalla direttiva 97/ 80 è l elemento quantitativo ad essere determinante quasi indipendentemente dalla circostanza della qualità di trattamento riservato, mentre nelle direttive di seconda generazione assume rilevanza la produzione di un particolare svantaggio rispetto alle persone di un altro sesso indipendentemente dalla quantità delle persone coinvolte.
L abbandono dell approccio quantitativo fa venire meno la necessità del raggiungimento della prova tramite l allegazione di dati statistici. Il ricorso alla prova statistica è sempre risultato particolarmente problematico specie in quei Paesi, come l Italia in cui non vi è una sistematica rilevazione dei dati statistici, manca una conoscenza diffusa di questi strumenti per monitorare la realtà
239 Nel contentesto normativo italiano tale riferimento era già stato inserito con la legge 125/ 91 in tema di azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro, sebbene non risulta, a livello di giurisprudenza interna, che si sia fatto largo uso di questo criterio.
240 Art. 2 par. 2 lett b).
241 Art. 2, par. 1 lett b).
242 L approccio quantitativo alla nozione di discriminazione diretta era l elemento caratterizzante la direttiva sull onere probatorio.
sociale243. A ciò aggiungasi che neppure le istituzioni comunitarie né la Corte hanno mai dato indicazioni sufficientemente precise al riguardo.
Correttamente Veneziani B. osserva che affinché si possa ricorrere all azione positiva quale la quota o la percentuale riservata è necessario che la strategia di predisposizione della stessa sia supportata da dati quali l organico aziendale esistente, il settore economico, il mercato d lavoro esterno rispetto all insediamento produttivo, la mobilità in uscita, il carattere temporaneo della quota, e la sua idoneità a porsi come strumento di riequilibrio; nonché elementi quali il livello culturale e la professionalità richiesta.
Nella sentenza Enderby244, la Corte, per bocca dell Avvocato Generale, in relazione alla discriminazione indiretta afferma che la figura giuridica della
243 Diversamente il Canada fa ampio uso dell indagine statistica per rilevare la presenza di discriminazioni indirette. In tal senso vedasi Etude com parative de la collecte des donnes visant à m esurer l éntendue et l im pact de la discrim ination dans certains pays Projet Medis Commission Europeen DG Emploi et Affaires Sociales mai 2004.
Nel documento Lutte contre la discrim ination m ultiple: pratiques, politiques et lois Commission européenne D.G. emploi, affaires sociales et égalité des chances - Unité G.4 septembre 2007 si afferma che La collecte des données permet aux décideurs et autres parties prenantes dans le domaine de la lutte contre la discrimination et en faveur xx x xxxxxxx xx xxxxxxxxxx, xx xxxxxx xxxxx xxxxxxx xxxx xx protéger efficacement les groupes vulnérables formés d individus victimes de discrimination. L absence de données concernant des groupes particulièrement vulnérables rend invisible la situation de personnes dont l identité se situe à l intersection de différents groupes et renforce l idée selon laquelle cette forme de discrimination ne se produit pas. Il s agit en outre d un obstacle à l identification de solutions adéquates à la discrimination multiple .
La Commissione, DG lavoro, affari sociali e pari opportunità, ritorna sull importanza del dato statistico nel lavoro pubblicato nel marzo 2007, Mantenere in pratica la parità Il ruolo dell azione positiva , p.23-24, laddove afferma che Pregiudizi impliciti o procedure apparentemente neutre hanno rivelato la loro natura discriminatoria solo tramite il loro impatto sui gruppi. Le statistiche su processi, selezioni e casi giudiziari rendono possibile a una terza parte il monitoraggio dei risultati. Uno svantaggio proporzionalmente maggiore è considerato discriminatorio solo se è significativo, ossia se non può essere spiegato con normali variazioni o giustificato con criteri pertinenti. Lo sviluppo di indicatori permette di valutare la rilevanza delle statistiche. Le prove statistiche possono svolgere un ruolo fondamentale per stabilire l esistenza di discriminazione sistemica o indiretta. La ricerca e l analisi da parte della scienza sociale dei casi di discriminazione creano un corpus di conoscenze che, evidenziando le differenze nei dati dei sondaggi e dei censimenti, dimostra la natura strutturale della discriminazione.
Anche la dottrina italiana si esprime sull importanza del dato statistico e fattuale; al riguardo vedasi Xxxxx A., Veneziani B., Le azioni positive dopo la sentenza Xxxxxxxxx. Le opinioni di , in Dir. Lav. Rel. Ind., 78, 1998, 2, p 415.
244 C-127/92; la Court of Appeal dell' Inghilterra e del Galles sottoponeva alla Corte di Giustizia alcune questioni pregiudiziali vertenti sull' interpretazione dell' art. 119 del Trattato, che sancisce il principio della parità di retribuzione tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile, in quanto dr.ssa Xxxxxx Xxxxxxx, logopedista, alle dipendenze della Frenchay Health Authority (FHA), riteneva vittima di una discriminazione salariale fondata sul sesso, in quanto, al suo livello d' inquadramento nell' ambito del Sistema Sanitario coloro che esercitano la sua professione, alla quale si dedicano prevalentemente donne, percepiscono una retribuzione notevolmente inferiore a quella di coloro che esercitano professioni analoghe in cui, ad un livello di carriera equivalente, gli uomini sono più numerosi delle donne.
Pertanto citava in giudizio il suo datore di lavoro dinanzi ad un Industrial Tribunal, facendo valere che la propria retribuzione annua era di sole 10 106 , mentre quelle relative alle
discriminazione indiretta consente di far rientrare nel divieto di discriminazione basata sul sesso anche disparità di trattamento per le quali esista una giustificazione obbiettiva, ma che, tuttavia, si risolvano in uno svantaggio per la donna . La tesi secondo cui la discriminazione indiretta può configurarsi soltanto qualora esistano un presupposto o un ostacolo più difficili da soddisfare o da superare per le donne che per gli uomini, e quindi tali da determinare una situazione di svantaggio per le donne, coglie soltanto in parte l' essenza della discriminazione indiretta. Se l' applicazione di un criterio obiettivo giunge in definitiva a creare uno svantaggio per la donna, ciò implica che, volendo rimediare a tale svantaggio, il ricorso al criterio obiettivo va considerato parte integrante del comportamento illecito. Qualora sia accertato che il gruppo delle donne risulta sfavorito rispetto al gruppo comparabile dei lavoratori maschi (addetti allo stesso lavoro o ad un lavoro di uguale valore nella stessa azienda o impresa), non è necessario dimostrare l' esistenza di ulteriori elementi tramite i quali venga attuata la disparità di trattamento245.
funzioni di psicologo clinico principale e di farmacista principale di grado III, funzioni equivalenti alla sua, erano rispettivamente di 12 527 e di 14 106. La domanda veniva respinta dall' Industrial Tribunal in quanto le differenze di retribuzione derivavano dalla specifica organizzazione di ciascuna categoria professionale ed in particolare dal fatto che erano stati stipulati contratti collettivi distinti, non aventi carattere discriminatorio. Successivamente anche il giudice d' appello considerava che dette differenze non erano dovute ad un intento discriminatorio. Inoltre riteneva che era stato provato come la situazione del mercato del lavoro incidesse in parte sulla differenza di retribuzione fra logopedisti e farmacisti e che ciò era sufficiente per giustificare globalmente l' accertata differenza fra queste due categorie. La Court of Appeal, ritenendo, invece, che la definizione della controversia dipendeva dall' interpretazione dell' art. 119 del Trattato rinviava la causa innanzi alla Corte di Giustizia.
L Avvocato Generale afferma che per comprendere se si è di fronte ad un ipotesi di discriminazione salariale, è necessario compiere alcune osservazioni: la giurisprudenza si serve delle nozioni tipiche di discriminazione diretta e discriminazione indiretta, ciò non significa affatto che le possibili forme di discriminazione in ragione del sesso siano stabilite tassativamente, il che viene confermato da uno sguardo alla classificazione ammessa nel diritto britannico, qual è stata illustrata nel presente procedimento: che si parli di discriminazione diretta volontaria o involontaria e di discriminazione indiretta volontaria o involontaria prova che per lo stesso fenomeno esistono quattro possibili categorie giuridiche. Scopo della classificazione è quello di individuare i vari modi in cui la donna può essere danneggiata nella vita professionale, non certo quello di creare ulteriori ostacoli quanto alla possibilità di far valere in giudizio discriminazioni salariali fondate sul sesso. Perciò, non si deve assumere un atteggiamento formalistico quando si tratta di classificare le forme concrete sotto le quali si presenta la discriminazione delle donne nella vita professionale; si deve, quindi, procedere pragmaticamente. Nei casi di discriminazione diretta è necessario e sufficiente effettuare un concreto raffronto tra la retribuzione di una lavoratrice e quella di un lavoratore che svolga lo stesso lavoro o un lavoro equivalente presso lo stesso datore di lavoro ( x.xx 19).
245 Dutheil de la Rochère J .,Grief N. Application du droit com m unautaire et jurisdictions
britaniques , in RTD eur., 31 ( 4), oct.-déc. 1995, p. 814: nel caso Xxxxx et autres v. IMI Refiners LTD. Employment Appeal Tribunal ( 1994) 2 CMLR 296 sebbene il Tribunale del lavoro in seconda instanza ritiene invece di non poter interpretare la prima sezione del Sex Discrimination Xxx 0000 in senso conforme alla posizione espressa dalla giurisprudenza comunitaria nel caso Xxxxxxx in quanto secondo la legislazione inglese il y a discrimination indirecte si on applique à une femme une exigence ou une condition ègalmente appliquée à un homme mais qui est telle que
Nei casi di discriminazione indiretta finora sottoposti al giudizio della Corte, la situazione sfavorevole dei lavoratori di sesso femminile era determinata dal riferimento ad un criterio obiettivo. Lo svantaggio derivava, in definitiva, dalla più forte incidenza del criterio sulle donne. Queste, secondo la Corte, possono essere discriminate per motivi connessi alla funzione sociale della donna. Ad esempio, tramite il collegamento al criterio del lavoro ad orario ridotto, "tenuto conto delle difficoltà incontrate dalle lavoratrici per poter lavorare a tempo pieno", la Corte riconosce che, normalmente, per le donne, dato il ruolo da loro svolto nella famiglia e nell' educazione dei figli, è molto difficile lavorare a tempo pieno. Stando così le cose, se in certi casi le donne sono costrette a lavorare ad orario ridotto, il riferimento al lavoro ad orario ridotto si ripercuote specificamente sulle donne 246.
L importanza della sentenza Xxxxxxx, secondo la Lanquentin 247 consiste nel riferimento non più ad una discriminazione indiretta ma a quella di discriminazione apparente248. Tale nozione è più ampia della precedente mais elle permea de couvrir avec même mode de raisonement relatifau droitde la preuve de situations de fait dans lesquelles la discrimination ne résulte pas d une mesure prisepar un employeur ou en État membre mais a pour origine des représentation, une histoire des identités professionnelles .
Nella sentenza viene dato rilievo, inoltre, ai dati statistici affermato che spetta al giudice nazionale valutare se possono essere presi in considerazione, cioè se riguardano una popolazione sufficiente, se non riflettono fenomeni puramente fortuiti o congiunturali e se, in generale appaino significativi.
Nella sentenza Xxxxxxx Sm ith249 le ricorrenti per comprovare di essere vittime di discriminazione indiretta producono davanti al giudice nazionale dati
la proportion de femmes qui peuvent s y conformer est considérablement plus faible que la proportion d hommes qui le peuvent et qui ne peut être justifiée, et qui se révèle être préjudiciable aux femmes qui ne peuvent s y conformer. La jurisprudence Xxxxxxx pour sa part ne soumet pas le constat d une situation de discrimination indirecte à l identification d exigences ou de conditions .
246 P.ti 27-30 delle conclusioni dell Avvocato Generale.
247 Lanquentin M.T., La preuve de la discrm ination: l apport du droit com m unautaire , Droit social, 5/1995, p. 436 ss.
248 Sul tema vedasi la sentenza Sarl Usai Cham pignons c. Mm e Fabienne Douarre de la Chambre Sociale du 16.01.1965.
249 C-167/97; la House of Lords sottoponeva alla Corte, ai l'interpretazione dell'art. 119 del Trattato CE, nonché la direttiva 1976, 76/ 207/ CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro.
La questione concerneva due vicende: la prima relativa alla signora Xxxxxx Xxxxxxx-Xxxxx che nel 1990 aveva iniziato a lavorare come segretaria presso la C. & Co. Estate Agents. Dopo circa
statistici volti a dimostrare che la misura contestata colpiva maggiormente donne rispetto agli uomini dal momento che la percentuale di donne con meno di due anni di lavoro in relazione alla percentuale totale delle lavoratrici risulterebbe superiore alla percentuale di uomini che hanno compiuto un simile periodo di lavoro in relazione alla percentuale totale dei lavoratori uomini. Inoltre la misura contestata costituiva discriminazione indiretta dal momento che riguarda un numero relativamente maggiore di donne che di uomini e non è obiettivamente giustificata.
due mesi il suo datore di lavoro iniziò a trattarla in maniera umiliante, sottolinenando che il datore di lavoro una volta licenziata la persona addetta alle pulizie, le chiese di pulire l'ufficio, sostenendo che ciò rientrava nelle sue mansioni di segretaria ed era un lavoro da xxxxx , inadeguato al personale maschile dell'ufficio; inoltre, le si rivolgeva con appellativi offensivi di fronte al resto del personale. L anno successivo la signora Xxxxxxx-Xxxxx veniva licenziata; decideva quindi di adire l'Industrial Tribunal chiedendo che il suo licenziamento fosse dichiarato illegittimo e che il datore di lavoro fosse condannato a indennizzarla.
Il ricorso è stato dichiarato irricevibile dal momento che la ricorrente non aveva completato il periodo di due anni di attività lavorativa ininterrotta presso il suo ex datore di lavoro, come stabilito dal decreto del 1985.
La seconda vicenda riguadava la signora Xxxxx Xxxxx la quale nel 1990 aveva iniziato a lavorare presso la M.S. Restoration Limited con la qualifica di office manager/ personal assistant di uno dei direttori. Il direttore era soddisfatto delle sue prestazioni e le aveva ripetutamente promesso svariati benefici, fra cui quote di partecipazione nella società ed un posto di segretaria in una società che era in corso di costituzione. Tale società venne effettivamente costituita, ma la ricorrente non ebbe né il posto di segretaria né quote di partecipazione nella stessa e pertanto si lamentò presso il direttore. Qualche giorno dopo la ricorrente partì per le ferie ma, al suo ritorno, il 25 marzo 1991, il direttore le diede il preavviso di licenziamento.
La signora Xxxxx decideva di adire l'Industrial Tribunal, lamentando l'illegittimità del suo licenziamento e chiedendo un indennizzo al suo ex datore di lavoro; il ricorso veniva dichiarato irricevibile dal momento che essa non aveva prestato attività di lavoro dipendente per un periodo superiore ai due anni come richiesto dal decreto del 1985.
Entrambe le donne si rivolsero alla High Court of J ustice, Queen's Bench Division per essere autorizzate ad agire onde ottenere il controllo della legittimità («judicial review») del decreto del 1985, recante modifica dell'art. 64 della legge, a loro avviso incompatibile con la direttiva del Consiglio 76/ 207. Una volta autorizzate, di fronte alla Divisional Court, hanno sostenuto che la menzionata regola dei due anni costituiva una discriminazione indiretta nei confronti della donna e non era obiettivamente giustificata. A questo proposito, portarono all evidenza dell autorità giudiziaria dati statistici dai quali emergeva che nel periodo compreso fra il 1985 ed il 1990 la percentuale delle donne non conformi alla regola dei due anni era maggiore della percentuale degli uomini. Il Secretary of State non mise in discussione tali statistiche, ma affermò che queste non dimostravano la discriminatorietà della regola, la quale era comunque giustificata da motivi di politica sociale, consistenti nell'esigenza di agevolare i datori di lavoro nell'assumere più personale.
La Divisional Court rigettò la domanda, affermando che il decreto del 1985 non comportava trattamento discriminatorio nei confronti della donna vietato dalla direttiva 76/ 207 e che comunque, anche in caso affermativo, non erano stati forniti motivi oggettivi che dimostrassero la discriminazione.
Entrambe hanno proposto appello contro la decisione presso la Court of Appeal. E nel 1995 la Corte statuì che il decreto del 1985 discriminava indirettamente le donne all'epoca di cui trattasi e costituiva una violazione della direttiva 76/ 207 non obiettivamente giustificata. Xxxxxx autorizzò le ricorrenti a dedurre un nuovo argomento relativo alla contrarietà del decreto del 1985 all'art. 119 del Trattato. In sede di gravame contro la decisione della Court of Appeal, la House of Lords ha annullato in parte il provvedimento impugnato. Tuttavia, nutrendo dubbi quanto alla natura ed alla legittimità della misura nazionale in questione con riguardo al diritto comunitario, ha sottoposto alla Corte di giustizia l esame della causa.
Tuttavia per la Corte non è sufficiente basarsi sul numero delle persone interessate in mancanza di un confronto con la popolazione attiva; i dati statistici devono dimostrare l esistenza di un divario considerevole ovvero un divario meno consistente ma perdurante e relativamente costante nel corso di un lungo periodo. Anche qui spetta al giudice nazionale la valutazione circa la congruenza del dato statistico. La Corte precisa che incombe sullo Stato membro, quale autore della norma che si presume discriminatoria, dimostrare che il dettato normativo risponde ad un obbiettivo legittimo della sua politica sociale, che il detto obbiettivo è estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso e che lo stesso Stato poteva ragionevolmente ritenere che gli strumenti prescelti fossero idonei alla realizzazione di tale obbiettivo 250.
Pertanto il mancato riferimento, nelle direttive di seconda generazione, a concetti matematico-statistici è stato visto come una evoluzione del regime probatorio, in quanto la sussistenza di un impatto discriminatorio potrà essere provato anche con strumenti diversi dal dato statistico251.
Resta, comunque, complesso individuare l ambito di applicazione delle diverse nozioni di discriminazione indiretta, a causa del loro succedersi nel tempo. La nozione indicata dalla direttiva 97/ 80 / CE rileva solo in relazione all onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso.
La direttiva 2002/ 73/ CE che modifica a direttiva 76/ 207 riprende la nozione individuata dalle direttive del 2000 , tuttavia non abroga in modo espresso la direttiva in tema di onere della prova. Verrebbe dunque da chiedersi se la definizione introdotta con la direttiva 2002/ 73/ CE, in quanto più vantaggiosa per il soggetto discriminato, può aver abrogato la direttiva 97/80/CE. D altra parte la recente direttiva 2006/ 54/ CE, che abroga le precedenti, definisce come discriminazione indiretta la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone
250 Cons. 77; vedasi in tal senso Dutheil de la Rochère J .,Grief N. Application du droit com m unautaire et jurisdictions britaniques , in RTD eur., 31 ( 4), oct.-déc. 1995, p. 815 ss; e Dutheil de la Rochère J .,Grief N. Application du droit com m unautaire et jurisdictions britaniques , in RTD eur., 37 (2), avr.-juin., 2001 p. 457 ss.
251 Secondo Stazzari D., op. cit. il legislatore comunitario, con l adozione delle direttive di seconda generazione ha voluto recepire alcuni spunti provenienti dall esperienza inglese in cui il riconoscimento di situazioni di discriminazioni indiretta si fonda su valutazioni che costituiscono generalizzazioni di dati tratti dal sentire comune e dove l esistenza di un situazione di indiretta discriminatorietà si può fondare anche a prescindere dalla prova statistica dell esistenza dell impatto differenziato.