CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
Studio n. 5814/C
Il decreto legislativo 122/2005: il contenuto del contratto preliminare
Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 20 luglio 2005
1. Premessa
Con il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 (di seguito indicato per brevità “Dec. L.vo”), di attuazione alla legge 2 agosto 2004 n. 210 recante delega al governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, il legislatore, tra le varie forme di tutela introdotte a favore dell'acquirente di immobile da costruire, ha previsto anche l'obbligo di conformare il contratto preliminare, nonché qualsiasi altro contratto comunque diretto al successivo trasferimento della proprietà o di diverso diritto reale di godimento, ad un contenuto "minimo" (1). La disciplina sul punto è dettata dall’art. 6 del decreto 122/2005.
Presupposti per l’applicazione della nuova disciplina in tema di contenuto del contratto preliminare sono:
1) con riguardo ai soggetti: che promittente venditore sia un costruttore che agisce nell’esercizio di impresa e che promissario acquirente sia una persona fisica (secondo le definizioni fornite dall’art. 1 lett. a) e b) del “Dec. L.vo”).
Riteniamo infatti che la disciplina dettata dall’art. 6 del “Dec. L.vo” debba essere letta nel contesto dell’intero provvedimento nel quale è inserita, per cui i requisiti dei soggetti debbano essere quelli previsti in via generale dalla legge delega nonché quelli ora sanciti dall’art. 1 del “Dec. L.vo” che sul punto ha recepito le definizioni già contenute nell’art. 2 della legge delega (legge 210/2004). Inoltre l’art. 1 del “Dec. L.vo” fornisce le definizioni di costruttore e di acquirente precisando che le stesse valgono “ai fini del presente decreto” e quindi ai fini anche dell’art. 6 in commento.
A) IL PROMISSARIO ACQUIRENTE deve essere una persona fisica. Così dispongono, peraltro, non solo la legge delega e l’art. 1 lett. a) del “Dec. L.vo” ma in maniera espressa anche lo stesso art. 6 in commento.
Non si applica la nuova disciplina in tema di contenuto del preliminare se invece promissario acquirente sia una società o comunque un ente collettivo.
Il concetto di "persona fisica"
E’ dubbio se con l’espressione “persona fisica” il legislatore abbia voluto riferirsi a qualunque persona fisica, a prescindere dall’attività nell’esercizio della quale effettui l’acquisto, o se con tale espressione abbia voluto fare riferimento alla persona fisica che comunque non agisca nell’esercizio di attività imprenditoriale o professionale, sulla scia delle recenti molteplici disposizioni dettate a tutela del “consumatore”.
Sul punto, nei primi commenti della legge in questione, sono state proposte due diverse "ricostruzioni" nettamente contrapposte:
1) La ricostruzione "letterale": parte dei commentatori danno della disposizione in commento una interpretazione “letterale”, nel senso di ritenere applicabile la nuova disciplina di tutela ogni qualvolta il promissario acquirente sia una persona fisica, a prescindere dall’attività nell’esercizio della quale effettui l’acquisto, in quanto la definizione contenuta nell'art. 1 lett. a) in commento non lascerebbe spazio a limitazioni e/o esclusioni di sorta. Si è osservato, al riguardo, che "in assenza di altra restrizione nella lettera della legge - rientra nella definizione di acquirente anche la persona fisica che agisca nell'esercizio di impresa o professione. In questo senso depone, tra l'altro, il richiamo al contratto di leasing, che è un tipico contratto d'impresa, nel quale cioè l'utilizzatore agisce - secondo quanto comunemente si ritiene - nell'esercizio della propria attività d'impresa o professionale . Del resto, laddove il legislatore ha voluto restringere la protezione del contraente debole alla sola figura del "consumatore", lo ha detto espressamente (in tema di multiproprietà, di protezione dei consumatori ed utenti, di vendita di beni di consumo, ecc.) (2) .
Non è mancato, tra i sostenitori della "ricostruzione letterale" della norma in commento, chi ha criticato la scelta del legislatore con cui "viene assicurato un regime protettivo speciale, anziché al solo consumatore, a tutte le persone fisiche, indipendentemente dal loro "status" professionale, escludendo in particolare
associazioni non riconosciute e società di persone, oltre tutto senza distinguere tra immobili ad uso abitativo ed immobili ad uso produttivo" (3).
I sostenitori di questa ricostruzione quindi escludono che la disciplina in commento possa essere ricondotta nell'alveo di tutte le recenti normative in tema di "tutela del consumatore".
Sotto quest'ultimo profilo, si è avuto, pertanto, modo di osservare, da un lato, che "la disciplina in commento rimane quindi distinta ed autonoma rispetto a quella posta a tutela dei consumatori. Il che non impedisce, ovviamente, una loro eventuale sovrapposizione, nel caso in cui l'acquirente non agisca nell'esercizio della propria impresa o professione: eventualità nella quale egli godrà anche delle tutele accordategli dalla normativa codicistica (artt. 1469-bis ss. c.c.)" (4) e dall'altro che "siffatta soluzione legislativa presenta note di singolarità rispetto al diritto previgente, considerato che fino ad oggi la legge ha visto normalmente come contraente debole o il consumatore nei rapporti con un professionista o un imprenditore nei rapporti con un altro imprenditore dotato di maggiore forza economica e contrattuale, come accade in relazione alle normative sulla subfornitura e sul ritardo dei pagamenti nelle transazioni commerciali. La normativa in esame non si inscrive quindi nei filoni normativi appena ricordati e sembra invece avvicinabile a quelle discipline di settore nelle quali viene accordata una speciale protezione ad una determinata figura di contraente, come ad esempio il conduttore, il cliente nei rapporti con la banca, l'investitore nei rapporti con gli intermediari finanziari, ecc. Entra quindi in scena un nuovo contraente debole, rappresentato, per l'appunto, dalla "persona fisica "acquirente" di un immobile da costruire." (5)
2) La ricostruzione "ristrettiva": altra parte dei commentatori danno della disposizione in commento una interpretazione “restrittiva”, nel senso di ritenere applicabile la nuova disciplina di tutela solo quando il promissario acquirente sia una persona fisica, che non agisca nell'esercizio dell’attività di impresa o professionale.
I sostenitori di tale ricostruzione fondano la loro "lettura ristrettiva" sulla considerazione che l'intera disciplina di tutela in commento debba ricondursi nell'alveo di tutta la recente e vasta produzione normativa dettata a tutela del "consumatore", ossia di quelle disposizioni volte a rimediare a tutte quelle situazioni di "asimmetria contrattuale", quando cioè i diversi rapporti di forza tra le parti contrattuali determinano uno "squilibrio" economico giuridico tra le parti stesse, per compensare il quale, pertanto, il legislatore interviene imponendo l'osservanza di determinate regole di comportamento che possano garantire maggiore trasparenza
e rapporti più equi tra le parti. Tuttavia, simili interventi legislativi, volti a limitare l'autonomia dei privati, imponendo specifiche ed a volte gravose regole di comportamento, possono giustificarsi, in relazione anche al disposto dell'art. 41 della Costituzione, solo in funzione di un "riequilibrio" delle posizioni contrapposte, quando tali posizioni appaiono squilibrate, per la posizione "di forza" (dal punto di visto economico/giuridico) che una della parti viene ad assumere rispetto all'altra.
Sotto questo profilo quindi la normativa di tutela non dovrebbe e non potrebbe trovare applicazione quanto invece le parti operano sullo stesso piano (ad esempio nel caso di imprenditore che venda ad altro imprenditore un immobile da costruire): se nell'esercizio di un'attività economica il venditore imprenditore deve assumersi l'inevitabile connesso "rischio di impresa" lo stesso rischio deve assumersi anche il proprio avente causa, qualora agisca nell'esercizio di impresa. Perché quest'ultimo dovrebbe godere di una tutela che finirebbe per alterare "le regole del mercato"?
Ne consegue che se all'art. 1469 bis c.c. il legislatore ha definito "consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta" dando rilievo al fatto che consumatore deve pur sempre essere una "persona fisica", si può ritenere che il legislatore delegato nel fornire la definizione di acquirente, abbia voluto riferirsi proprio alla "persona fisica" come tale definita nella norma generale in tema di "contratti dei consumatori" norma comunque applicabile ad una disciplina riconducibile a questo "filone normativo".
In caso contrario sarebbe difficilmente giustificabile, sotto il profilo della legittimità costituzionale, una norma che nega l'applicabilità di tutto un articolato pacchetto di tutele a favore di una medesima realtà imprenditoriale o professionale solo perché esercitata in forma collettiva o associata anziché in forma individuale.
Si è osservato, sul punto, che se scopo della nuova disciplina di tutela "è quello di tutelare i “contraenti deboli”, privi cioè della opportuna forza contrattuale e delle conoscenze che invece possiedono coloro che operano sul mercato, assumendo quindi, consapevolmente, il connesso ed inevitabile “rischio di impresa”, dovrà conseguentemente escludersi dalla tutela anche la persona fisica che agisca nell’esercizio di impresa o della professione (non si capirebbe, altrimenti, perché la tutela sarebbe applicabile all’impresa, di piccole o medie dimensione, se esercitata in forma individuale e non invece alla medesima impresa se esercitata nella forma, ad esempio, di s.n.c.) (6).
Si è anche osservato al riguardo come sulla base di un criterio interpretativo "che impone una tutela (non assoluta ma) equa ed adeguata dei diritti dell’acquirente, si potrebbe ritenere che, poiché il costruttore è essenzialmente individuato come un imprenditore, il legislatore delegante, con la locuzione persona fisica, abbia inteso riferirsi esclusivamente a quei soggetti che non sono imprenditori o che comunque non agiscono in tale veste in sede di conclusione del contratto" (7).
Non è mancato neppure chi ha sottolineato "come, all’art. 1 lett. a) del decreto legislativo, il riferimento sia operato alla “persona fisica che pone in essere un contratto che abbia (…) per effetto (…) il trasferimento non immediato a sé o ad un parente di primo grado” della proprietà (…); tale riferimento potrebbe rappresentare un ulteriore argomento a favore della tesi che individua “l’acquirente” come persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività professionale o imprenditoriale, in ragione dell’elemento di potenziale destinazione a terzi (parenti di primo grado) che emerge dalla norma, verosimilmente inidoneo ad essere collocato in un contesto imprenditoriale" (8).
3) Conclusioni: alla luce delle diverse opinioni manifestate in dottrina in ordine al concetto di "persona fisica", è difficile dare, in questa prima fase di applicazione (e di studio) della nuova normativa di tutela, delle soluzioni "certe".
Ovviamente è del tutto superfluo osservare come la "ricostruzione letterale" sia, in questa fase di incertezza interpretativa, quella più "prudente" e "tranquillizzante" per l'operatore (almeno fintantoché non venga pronunciata un'eventuale sentenza di parziale incostituzionalità delle norma in commento) in quanto esclude il rischio di lasciare sprovviste di tutela fattispecie che invece, successivamente, la giurisprudenza, che fosse chiamata a pronunciarsi sul punto, ritenesse ricomprese nell'ambito di applicazione del decreto delegato.
B) IL PROMITTENTE VENDITORE deve essere un “costruttore”. Ma non solo, in quanto sempre giusta quanto disposto dalla legge delega e dall’art. 1 lett. b) del “Dec. L.vo”, il venditore/costruttore deve essere un “imprenditore” (non importa se persona fisica o società) o una “cooperativa edilizia”: deve trattarsi di un operatore professionale, ossia di un soggetto che agisca nell’esercizio di impresa; non è, a nostro parere, invece, necessario che se si tratti di impresa che operi in via esclusiva o principale nel settore immobiliare e delle costruzioni pur potendo operare anche in altri settori, come nel caso dell’imprenditore, che, in via occasionale, effettui un’operazione immobiliare (9)).
Deve ritenersi, pertanto, non applicabile la nuova disciplina in tema di contenuto del preliminare nei rapporti tra “privati”, quando cioè un privato o comunque un soggetto che non agisca nell’esercizio di impresa, al di fuori di qualsiasi attività imprenditoriale ed in forma del tutto occasionale, intenda assumere l’obbligo di vendere un fabbricato da edificare; per l’applicazione della normativa in commento, inoltre, non è necessario che il promittente venditore debba necessariamente essere anche il costruttore materiale dell’edificio, potendo trattarsi di operatore che ha affidato a terzi, ad esempio in appalto, la costruzione dell’edificio (è il caso tipico della “immobiliare” che ha per scopo la realizzazione di interventi immobiliari ed edilizi affidando a terzi, mediante appositi contratti di appalto, la realizzazione materiale delle opere).
2) con riguardo all’oggetto: che si tratti di “immobile da costruire”. L’art. 6 del “Dec. L.vo” infatti fa riferimento al contratto preliminare “diretto al successivo acquisto in capo a persona fisica della proprietà o di altro diritto reale su un immobile oggetto del presente decreto”. E l’intero “Dec. L.vo” si riferisce all’”immobile da costruire”.
L’art. 1 del “Dec. L.vo”, alla lettera d), fornisce la definizione di “immobili da costruire” precisando che debbono intendersi per “immobili da costruire” quelli “per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire (10) e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità”
Al riguardo bisogna innanzitutto constatare come il legislatore delegato abbia voluto dettare questa nuova disciplina per gli immobili da costruire dedotti in contratto in una dimensione che potremo definire “dinamica”: deve trattarsi, in particolare, di fabbricati rispetto ai quale sia prevista una successiva attività edificatoria ad opera del promittente venditore e che pertanto al momento della conclusione del contratto preliminare non risultino ancora individuati nella consistenza voluta e convenuta tra le parti. In pratica la nuova disciplina di tutela si applica solo quando il fabbricato venga dedotto in contratto con caratteristiche (consistenza, impianti, finiture) non ancora esistenti al momento della conclusione del contratto preliminare stesso, caratteristiche peraltro delle quali si sia già tenuto conto ai fini della determinazione del prezzo, e la cui realizzazione presuppone pertanto un’attività edificatoria da parte del promittente venditore/costruttore successiva alla conclusione del contratto in questione (è il caso, assai diffuso nella pratica, della cd. “vendita sulla carta”).
La nuova normativa non si applica invece ogni qualvolta oggetto di negoziazione siano immobili da costruire dedotti in contratto in una dimensione che potremmo definire “statica”: ossia ogni qualvolta il contratto preliminare riguardi edifici da trasferire nello stato in cui si trovano al momento della stipula del contratto preliminare medesimo. Ad esempio, se viene stipulato un contratto preliminare avente per oggetto un’area sulla quale sono stati eseguiti solamente i lavori di costruzione di un edificio sino alla prima soletta, siamo sicuramente in presenza di un contratto avente per oggetto un “immobile da costruire” secondo la definizione data dall’art. 1 lett. d) del “Dec. L.vo”; ma se le parti hanno assunto l’impegno di trasferire l’immobile nello stato in cui si trova nel momento della stipula del preliminare, con prezzo ragguagliato alla sua attuale consistenza, non assumendo il promittente venditore alcun obbligo circa il completamento o la continuazione delle opere, la disciplina in commento non troverà applicazione. Disciplina che troverà, invece, applicazione nel caso in cui ad essere dedotto in contratto sia, ad esempio, un appartamento al secondo piano di quel fabbricato da costruirsi a cura del promittente venditore/costruttore, appartamento da consegnarsi al promissario acquirente completo di impianti e di opere di finitura e quindi funzionale all’uso cui è destinato.
E la disciplina di tutela non si applica al preliminare nel quale l’immobile da costruire venga dedotto nella “dimensione statica” di cui si detto, si badi bene, a prescindere dal fatto che sia stata o meno versata una caparra o un anticipo del prezzo. La nuova norma di tutela, infatti, non è volta a garantire le “caparre” o gli anticipi comunque ed in ogni caso versati dal promissario acquirente: se ciò fosse stato, la tutela avrebbe dovuto essere applicata anche nel caso di preliminare di immobile finito, dichiarato agibile ove fosse prevista una caparra o un anticipo. Ma così invece non è. Scopo della norma è, invece, quello di garantire all’acquirente la possibilità di recuperare, in caso di “tracollo” del costruttore, le somme già versate prima dell’acquisto della proprietà, specie se l’acquisto della proprietà non sia possibile al momento in cui viene concluso il contratto, in quanto il bene da trasferire è ancora da costruire e quindi non è ancora esistente. Ma nel caso esaminato il bene c’è ed esiste e il trasferimento immediato della proprietà è possibile: se l’acquirente anziché procedere all’acquisto immediato della proprietà preferisce stipulare un preliminare versando la relativa caparra, lo fa a suo rischio e pericolo, alla stessa stregua di colui che stipula un preliminare di immobile già agibile con versamento di caparra. Non ammettere ciò porterebbe all’assurdo di pretendere la fideiussione in caso di preliminare avente per oggetto un bene da costruire, rispetto al quale peraltro non è prevista alcuna successiva attività a carico
del promittente venditore/costruttore, quando invece tale garanzia non è prevista in caso di preliminare avente per oggetto un fabbricato già ultimato e agibile (ove, fra l’altro, il versamento della caparra potrebbe essere ben più consistente).
Per quanto riguarda la tipologia di fabbricato la disposizione di cui all'art. 1 non fa distinzioni di sorta: la nuova disciplina si applica, pertanto, a prescindere dalla destinazione d'uso del fabbricato da costruire che potrà indifferentemente essere residenziale, commerciale, produttiva, direzionale, ecc.
Entrata in vigore della nuova disciplina
Il decreto legislativo 20 giugno 2005 n. 122 in commento è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. n. 155 del 6 luglio 2005 e pertanto è entrato in vigore il 21 luglio 2005.
La disciplina dettata per il contenuto del preliminare dall’art. 6 del “Dec. L.vo” deve ritenersi applicabile con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 122/2005 e quindi a partire dal 21 luglio 2005, non operando la specifica disciplina transitoria di carattere temporale dettata dall’art. 5 (in base al quale la nuova normativa di tutela discendente dagli artt. 2, 3, e 4 si applica agli edifici per i quali il permesso di costruire o altra denuncia o provvedimento abilitativo sia stato richiesto successivamente alla data di entrata in vigore del decreto medesimo). Infatti non richiamando l’art. 5 suddetto anche l’art. 6, ma solo ed esclusivamente i precedenti artt. 2, 3 e 4, la disciplina transitoria in esso contenuta non si applica alla fattispecie in oggetto, soggetta, pertanto, ai principi generali in tema di efficacia della legge nel tempo. Ovviamente nel caso di preliminare stipulato dal 21 luglio 2005, ma relativo ad edificio per il quale il titolo edilizio sia stato richiesto prima di tale data, la disposizione di cui all’art. 6 in commento non potrà essere osservata per la parte in cui prescrive la menzione degli estremi della fideiussione, posto che, a sensi dell’art. 5 suddetto, non vi è nemmeno l’obbligo di rilascio e consegna di detta fideiussione, né, probabilmente, dovrà essere osservata per la parte in cui prescrive “modalità di pagamento che siano in grado di assicurare la prova certa dell’avvenuto pagamento” se è vero che tale prescrizione è posta al fine di “consentire la successiva documentazione in caso di escussione della garanzia fideiussoria” (in questo senso si esprime infatti la Relazione illustrativa al decreto”).
2. Contenuto del preliminare
Innanzitutto c’è da rilevare come l’art. 6 distingui tra gli elementi (descrizioni, menzioni, informazioni) che debbono essere “contenuti” nel preliminare (primo comma: “il contratto del preliminare ……. deve contenere: ……………) dagli elementi (descrizioni, menzioni, informazioni) che invece debbono essere “allegati” al preliminare (secondo comma: “agli stessi contratti devono essere allegati: ).
Sicuramente, sulla base di questa disposizione, deve escludersi la possibilità di una “relatio esterna” al contratto: non potrebbe considerarsi adempiuto il nuovo obbligo redazionale posto dall’art. 6 del “Dec. L.vo” nel caso in cui per uno degli elementi prescritti dalla norma in commento ci si limitasse a richiamare o a fare rinvio ad altri contratti ovvero a documenti che non vengano materialmente allegati al contratto.
Ci si chiede, invece, se sia possibile “trasferire” in un documento da allegare materialmente al contratto, uno degli elementi prescritti dal primo comma della norma in commento e che, come sopra ricordato, dovrebbero invece essere “contenuti” nel contratto.
Si pensi ad esempio alle “caratteristiche tecniche” di cui alla lettera d) del primo comma: potrebbe essere particolarmente comodo che dette caratteristiche possano essere fatte risultare da un’apposita relazione redatta da tecnico abilitato da allegare al preliminare.
Non ci pare che dal testo della norma si possano ricavare divieti particolari a far risultare da un allegato taluno degli elementi indicati al primo comma della norma in commento: l’espressione utilizzata da detta disposizione “il contratto del preliminare ……. deve contenere: ……………) infatti porta solo ad escludere una “relatio esterna”, come peraltro sopra già precisato, senza peraltro escludere la possibilità di una allegazione al medesimo contratto. Anche l’allegato fa parte integrante del contratto e ne costituisce in sostanza il contenuto. Si pensi al riguardo, come riferimento normativo, alla disposizione dell’art. 782 c.c. in tema di donazione di cose mobili.
In base ai principi generali, desumibili dal sistema, non ci sembra pertanto vi siano ostacoli alla possibilità di riportare in appositi allegati, espressamente richiamati, ovviamente, nel contratto, taluni degli elementi prescritti dall’art. 6 comma primo del “Dec. L.vo”.
Tuttavia sul punto non si può non segnalare la conclusione, esattamente opposta a quella testé delineata, cui giunge la Relazione illustrativa al decreto ove, con riguardo specifico proprio alle “caratteristiche tecniche” di cui alla lettera d) del primo comma, si afferma quanto segue: “parimenti non si è ritenuto trasferire in un
allegato contrattuale la previsione della lettera d) - indicazione nel preliminare delle caratteristiche tecniche della costruzione – perché si è ritenuto che la stessa sia necessaria per garantire all’acquirente una completa cognizione delle caratteristiche del bene oggetto del contratto”.
Vero è che la Relazione illustrativa al decreto non ha forza di legge, né può stravolgere quelli che sono i principi generali dell’ordinamento. Non possiamo anche non notare come il perseguimento degli scopi che con tale presunto divieto di allegazione si vorrebbero assicurare é tutt’altro che scontato. Ciò varrebbe se per il preliminare il legislatore avesse imposto la forma dell’atto pubblico a pena di nullità. Ma essendo semplicemente richiesta la forma scritta (art. 1351 c.c.), quali garanzie vi sono che l’acquirente sia più portato a leggere le caratteristiche tecniche del bene se contenute nel corpo del contratto piuttosto che in un allegato? Se l’acquirente non vorrà controllare personalmente (perché ad esempio ha delegato a tale controllo un tecnico) le caratteristiche tecniche così come può omettere la lettura dell’allegato così potrà omettere la lettura di quella parte del contratto che tali caratteristiche riproduce.
Per tutti questi motivi, e nonostante la opinione manifestata nella Relazione illustrativa al decreto, riteniamo comunque possibile procedere all’allegazione di documenti che contengano taluni degli elementi di cui al primo comma dell’art. 6, purché di tale allegazione si dia atto nel testo del contratto e le parti dichiarino espressamente di conoscere il testo dell’allegato e di approvarlo specificamente (in tal modo risulterebbe comunque garantito il diritto dell’acquirente ad avere una completa cognizione degli elementi del contratto, facendo venir meno il rischio di mancata informazione paventato nella Relazione illustrativa al decreto).
Verificandosi i presupposti illustrati in Premessa, il contratto preliminare dovrà contenere.
a) le indicazioni previste all'articolo 2659, primo comma, n. 1) e all’articolo 2826, primo comma, del codice civile;
Si tratta delle indicazione necessarie per individuare i soggetti del contratto e l’oggetto del contratto; a tal fine il legislatore richiama le norme dettate in tema di trascrizione (per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti; art. 2659 primo comma n. 1) c.c.) ed in tema di iscrizione ipotecaria (per quanto concerne la individuazione del bene immobile oggetto del contratto; art. 2826 primo comma c.c.) . Più precisamente:
per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti:
- se si tratta di persone fisiche dovranno essere indicate le generalità ed il codice fiscale; se coniugate, dovrà essere indicato anche il regime patrimoniale, secondo quanto risulta da loro dichiarazione resa nel titolo o da certificato dell’Ufficiale di Stato civile;
- se si tratta di persone giuridiche, società e/o associazioni non riconosciute dovranno essere indicati la ragione o la denominazione sociale, la sede, il numero del codice fiscale, nonché, se si tratta di associazioni non riconosciute o società semplici anche le generalità dei soggetti che le rappresentano in base all’atto costitutivo;
per quanto riguarda l’individuazione dell’oggetto:
devono essere indicati la natura dell’immobile, il comune in cui si trova, nonché i dati di identificazione catastale; trattandosi di fabbricato da costruire, dovranno essere indicati i dati catastali identificativi del terreno su cui il fabbricato da costruire ovvero in corso di costruzione stesso insiste.
Con riguardo a queste prescrizioni si è avuto modo di osservare in dottrina che le stesse "sono dirette ad agevolare e rendere più sicura la trascrizione del contratto, che è strumento di protezione dell'acquirente nei confronti dei terzi, come è fatto palese dal rinvio a disposizioni codicistiche concernenti il contenuto della nota di trascrizione"(11).
b) la descrizione dell'immobile e di tutte le sue pertinenze di uso esclusivo oggetto del contratto;
Per la individuazione dell’immobile oggetto del contratto, proprio perché non ancora determinato nella consistenza voluta dalle parti, richiedendo ancora una successiva attività edificatoria, non ci si può limitare alla sola indicazione della natura e dei dati identificativi del terreno su cui lo stesso insiste; necessita quindi una descrizione più completa e precisa dell’immobile, comprensivo delle relative pertinenze, che dia conto di quello che è il bene da trasferire effettivamente voluto dalle parti, in quella che dovrà essere, pertanto, la consistenza finale dell’immobile al momento del trasferimento definitivo della proprietà o di altro diritto reale.
Non è escluso (anzi sarà il più delle volte indispensabile) che per la descrizione esatta dell’immobile, proprio perché trattasi di edifici da costruire, ci si possa avvalere degli elaborati grafici di progetto e del capitolato delle caratteristiche dei materiali da utilizzare, la cui allegazione al contratto è prescritta dalla norma in commento.
Ci si chiede al riguardo se, dopo la stipulazione del preliminare che contenga la descrizione puntuale dell'immobile e delle sue caratteristiche tecniche e
costruttive, sia consentito alle parti apportare delle varianti, e qualora a tale quesito si debba dare risposta affermativa, se sia necessario stipulare un atto integrativo che recepisca tali variazioni.
Riteniamo, innanzitutto, che scopo della norma in commento non sia certo quello di "vincolare" le parti in maniera definitiva a quelle che sono le descrizioni contenute nel contratto, ma essenzialmente quello di assicurare al promissario acquirente una rappresentazione la più completa possibile di quello che è l'oggetto del contratto che è chiamato a sottoscrivere, nel momento in cui il contratto stesso viene sottoscritto. Pertanto le parti sono assolutamente libere di concordare, successivamente, ogni tipo di variante, arrivando sino allo "scambio" dell'immobile da trasferire (ad esempio nel caso in cui si convenga che, anziché l'appartamento al secondo piano, oggetto di vendita debba essere il corrispondente appartamento al terzo piano, identico al primo per consistenza e finiture). Ovviamente nel caso di "varianti" di così vasta portata, come quella dell'esempio sopra riportato, tali cioè da incidere sulla individuazione e determinazione stessa dell'oggetto, sarà necessario stipulare un atto integrativo ovvero un nuovo contratto preliminare in sostituzione di quello precedentemente stipulato, affinché non vengano vanificate le finalità che intende perseguire la norma in commento (in questo caso bisognerà avere l’accortezza di integrare ovvero sostituire corrispondentemente anche la fideiussione rilasciata a sensi dell’art. 2 del decreto delegato, affinché non possa essere successivamente eccepita l’eventuale “novazione” del rapporto e conseguentemente l’estinzione della relativa garanzia). Se si tratta invece di varianti tali da incidere solo su talune "qualità" del bene, ma non sulla sua individuazione, riteniamo invece non sia necessario un atto integrativo o addirittura un nuovo contratto (ai fini puramente probatori, per evitare possibili azioni ex art. 1497 c.c., potrà essere sufficiente uno scambio di corrispondenza tra le parti ovvero un'autorizzazione scritta rilasciata dal promissario acquirente a favore del promittente venditore).
Riteniamo, inoltre, legittime, anche dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina in commento, le clausole contrattuali ("clausole di riserva"), già molto diffuse nella pratica, con le quale il promittente venditore si riservi le seguenti facoltà:
a) la facoltà di apportare al progetto generale dell'edificio tutte le varianti architettoniche o tecniche o di destinazione d'uso che si rendessero necessarie o utili, a condizione peraltro che vengano anche sanciti:
- l'obbligo per il promittente venditore di apportare varianti che comunque non comportino diminuzione nella funzionalità dell'intero edificio e nella fruibilità degli spazi e dei servizi comuni
- l'obbligo per il promittente venditore di comunicare per iscritto al promissario acquirente le eventuali varianti, entro un termine prefissato
b) la facoltà, per l'ipotesi in cui esigenze tecniche e/o di distribuzione e/o architettoniche e/o comunque imposte lo richiedano, di introdurre le varianti che si rendessero necessarie o utili, anche con eventuale variazione del tipo di materiali e finiture, rispetto al Capitolato allegato, nonché di variare i materiali anche nell'ipotesi di necessità imposta da mancate forniture o cessazione dell'attività di ditte produttrici e nell'ipotesi di diversa scelta offerta dal mercato, a condizione peraltro che vengano anche sanciti:
- l'obbligo per il promittente venditore, a procedere all'eventuale sostituzione dei materiali e delle finiture previste, con materiali e finiture di pregio pari o superiori a quelli descritti nel Capitolato
- l'obbligo per il promittente venditore di comunicare per iscritto al promissario acquirente le eventuali varianti, entro un termine prefissato
Resta comunque ferma la possibilità per il promissario acquirente, di tutelarsi con i rimedi offerti dall'ordinamento (in primis l'art. 1497 c.c.) qualora l'immobile da trasferire non abbia più tutte le qualità promesse con il contratto originario, per effetto di varianti non concordate, ma apportate su iniziativa del solo promittente venditore, anche eventualmente nell'esercizio delle facoltà oggetto delle "clausole di riserva" sopra ricordate,
In ogni caso, ricorrendo i presupposti di applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., "le clausole di riserva" a favore del venditore sopra ricordate, debbono fondare la facoltà del costruttore stesso di modificare unilateralmente le clausole del contratto ovvero le caratteristiche del bene da trasferire su un "giustificato motivo" da indicarsi nel contratto stesso (art. 1469 bis
n. 11 c.c.) e debbono inoltre essere oggetto di "trattativa individuale" (art. 1469 ter
quarto comma c.c.) pena la loro inefficacia (art. 1479 quinquies c.c.)
c) gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche stipulati per l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e l’elencazione dei vincoli previsti;
La menzione riguarda i soli atti d’obbligo e le convenzioni di carattere urbanistico la cui stipula si sia resa necessaria ai fini del rilascio stesso del titolo abilitativo alla costruzione; ad esempio:
- la convenzione di attuazione di un Piano di lottizzazione di iniziativa privata,
- la convenzione di attuazione di un Piano di recupero
Vanno pure elencati tutti i vincoli discendenti da dette convenzioni: obbligo di cessione di aree destinate a standards, vincoli o servitù di uso pubblico, divieti di destinazione d’uso, ecc.
Si rammenta, al riguardo, come l'assunzione da parte del proprietario di bene interessato da Piano Urbanistico attuativo, dell’obbligazione di realizzare le opere destinate a standards, è qualificata dalla dottrina come una obbligatio propter rem con la conseguenze che in detta obbligazione subentreranno coloro che saranno proprietari delle aree al momento del rilascio del permesso a realizzare le opere di urbanizzazione, anche se diversi da coloro che avevano a suo tempo sottoscritto la convenzione urbanistica di attuazione del piano (12).
Proprio per tali motivi il legislatore, con la norma in commento, ha ora imposto l’onere di menzionare nei preliminare tutti i vincoli, gli obblighi e le altre limitazioni che possano discendere dagli atti unilaterali d’obbligo e dalle convenzioni urbanistiche: è un onere posto a carico del promittente venditore nell’interesse del promissario acquirente, affinché quest’ultimo sia messo a conoscenza degli eventuali obblighi in cui potrebbe subentrare per effetto della disciplina urbanistica.
E’ inoltre opportuno, anziché limitarsi alla menzione ora prescritta dalla legge, inserire nel preliminare che abbia per oggetto un immobile ricompreso in un Piano Urbanistico Attuativo (P.U.A.) ancora in fase di attuazione, apposite clausole con le quali specificare i termini del subentro del promissario acquirente negli oneri discendenti dalle convenzioni urbanistiche stipulate oppure prevedere espressamente l'esclusione da tale subentro.
Sembrerebbe invece non necessaria la menzione per quegli atti d’obbligo e per quelle convenzioni la cui stipula non sia stata richiesta per il rilascio stesso del titolo abilitativo, ma sia stata finalizzata al rilascio del titolo abilitativo a condizioni di favore (ad esempio la convenzione o l’atto unilaterale di cui all’art. 18 D.P.R. 380/2001 - Testo Unico in materia edilizia), benché da tali atti e convenzioni derivino comunque vincoli che si possono ripercuotere sul promissario acquirente (comunque la menzione di tali atti o convenzioni se non per la prescrizione della lettera c) sarà necessaria in ossequio della prescrizione della successiva lettera h).
d) le caratteristiche tecniche della costruzione, con particolare riferimento alla struttura portante, alle fondazioni, alle tamponature, ai solai, alla copertura, agli infissi ed agli impianti;
Avendo il preliminare per oggetto un “fabbricato da costruire”, che presuppone una ulteriore e successiva attività edificatoria, risulta essenziale, ai fini di una completa informazione della parte promissaria acquirente, che deve poter disporre di tutti gli elementi necessari per formarsi un’idea esatta del contratto che dovrà andare a stipulare, indicare e menzionare quelle che sono anche le caratteristiche tecniche della nuova costruzione. Trattandosi di “caratteristiche tecniche” si ritiene che le stesse debbano risultare da apposita relazione redatta da tecnico abilitato, in possesso pertanto delle necessarie competenze professionali per descrivere con precisione ed esattezza dette “caratteristiche tecniche” che debbono riguardare:
- la struttura portante,
- le fondazioni,
- le tamponature,
- i solai,
- la copertura,
- gli infissi
- gli impianti;
Tale relazione, qualora per prudenza, si intendesse aderire alla tesi più rigorosa della “non allegabilità”, in ossequio alle affermazioni contenute nella Relazione illustrativa al decreto, dovrà essere recepita e riprodotta nel corpo dell’atto
Tuttavia, con riguardo anche a quanto sopra osservato in ordine alla trasferibilità in allegati degli elementi di cui al primo comma dell’art. 6 in commento, si potrebbe anche suggerire una soluzione "intermedia", che si pone a "metà strada" tra quella più rigorosa e quella invece dell’integrale allegazione, così da soddisfare da un lato le esigenze “formali” evidenziate nella “Relazione illustrativa” e dall’altro le esigenze pratiche di non “appesantire” eccessivamente il contenuto del contratto: si tratterebbe cioè si riportare nel corpo dell'atto la "sintesi" delle caratteristiche tecniche, e rinviare, per quanto concerne la descrizione analitica di dette caratteristiche, alla relazione redatto dal tecnico da allegare all’atto.
In ordine al quesito se, dopo la stipulazione del preliminare che contenga la descrizione puntuale delle caratteristiche tecniche della costruzione, sia consentito alle parti apportare delle varianti, e se sia necessario, eventualmente, stipulare un atto integrativo che recepisca tali variazioni, si rinvia a quanto sopra osservato con riguardo al punto b).
e) i termini massimi di esecuzione della costruzione, anche eventualmente correlati alle varie fasi di lavorazione;
La disposizione in commento impone l’indicazione del solo termine massimo di esecuzione della costruzione (e quindi del termine di completamento dei lavori di costruzione): è di tutta evidenza, al riguardo, l’interesse dell’acquirente di conoscere la data prevista per il completamento dei lavori e quindi per la consegna dell’immobile. Del tutto eventuale, invece, può essere l’indicazione dei termini relativi ai cd. “stati di avanzamento lavori” ai quali, spesso, nella prassi, è collegato l’obbligo da parte del promissario acquirente di versare acconti di prezzo
Da notare come la norma in commento prescriva l'obbligo di indicare i termini di esecuzione della costruzione ma non anche il termine massimo per la stipula del contratto definitivo di compravendita (13). Al riguardo non si può non far presente come tale termine debba essere messo in stretta correlazione con il termine di durata eventualmente posto nella fideiussione di cui all'art. 2 del decreto in commento, posto che tale fideiussione deve tutelare il promissario acquirente sino al momento del trasferimento della proprietà (pertanto se fosse stata rilasciata un fideiussione con scadenza a termine "fisso", non sembra sia possibile prevedere nel contratto preliminare un termine ultimo per la stipula del definitivo successivo al termine di scadenza della fideiussione, la cui durata deve essere successiva o al massimo contestuale al momento del trasferimento della proprietà).
f) l'indicazione del prezzo complessivo da corrispondersi in danaro o il valore di ogni altro eventuale corrispettivo, i termini e le modalità per il suo pagamento, la specificazione dell'importo di eventuali somme a titolo di caparra; le modalità di corresponsione del prezzo devono essere rappresentate da bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte venditrice ed alla stessa intestati o da altre forme che siano comunque in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento;
Tale menzione riguarda uno degli elementi essenziali dello stipulando contratto di compravendita ossia il prezzo. Vanno, pertanto, indicati:
- l’importo del prezzo
- se il prezzo debba essere corrisposto in denaro
- il valore di ogni altro corrispettivo, qualora il prezzo non debba essere corrisposto in denaro
- i termini per il pagamento del prezzo (ad esempio dovranno essere previsti i termini per il pagamento dei vari acconti di prezzo sino al pagamento previsto a saldo)
- l’indicazione delle somme eventualmente versate a titolo di caparra (si dovrà anche precisare se si tratta della caparra confirmatoria a sensi dell’art. 1385 c.c.,, caparra da versarsi, per l’appunto al momento della stipula del contratto preliminare, e da valere come anticipo da imputare al prezzo, nel caso in cui venga stipulato il contratto definitivo, o da valere come “liquidazione” preventiva del risarcimento del danno nel caso di inadempimento con recesso dal contratto ad opera della parte non inadempiente, ovvero se si tratta di caparra penitenziale, a sensi dell’art. 1386 c.c., da versarsi sempre al momento della stipula del contratto preliminare qualora a favore di una o di entrambe le parti sia riconosciuto il diritto di recesso, e da valere come corrispettivo per il caso in cui tale diritto di recesso venga esercitato);
- le modalità per il pagamento del prezzo, fermo restando che il prezzo, se corrisposto in denaro, deve essere versato mediante bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte promittente venditrice ed alla stessa intestati o con altre forme che siano comunque in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento.
Scopo di questa prescrizione relativa alle modalità di pagamento del prezzo è di “consentirne la successiva documentazione in caso di escussione della garanzia fideiussoria” (14); la norma dispone, innanzitutto, che il prezzo debba essere versato mediante bonifici bancari o versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte promittente venditrice ed alla stessa intestati; non parla di pagamenti mediante assegni bancari o circolari, che costituiscono, in definitiva, le modalità di pagamento più diffuse e utilizzate nella pratica. Ci si è chiesti pertanto se la norma in commento abbia voluto escludere i pagamenti mediante assegni o se un pagamento mediante assegno possa comunque rientrare nella previsione residuale della norma in commento, la dove ammette anche qualsiasi altra forma che sia comunque in grado di assicurare la prova certa dell'avvenuto pagamento. E sotto questo profilo gli assegni, lasciando una “traccia” bancaria, possono comunque assicurare la prova dell’avvenuto pagamento. Certo, rispetto ad un bonifico o ad un versamento diretto su c/c intestato al venditore, la “ricostruzione” dei vari passaggi dell’assegno può risultare alquanto difficoltosa, dovendo essere coinvolto nell’attività di “recupero” dell’assegno a suo tempo emesso l’Istituto bancario interessato. Ma la complessità del procedimento non esclude la idoneità degli assegni a poter essere ancora utilizzati come mezzi di pagamento, anche alla luce della nuova normativa.
Per evitare complicanze e difficoltà al promissario acquirente nel dimostrare l’avvenuto pagamento con assegno, potrebbe essere opportuno e consigliabile
prevedere in contratto l’impegno del promittente venditore di consegnare al promissario acquirente, non appena incassato l’assegno, apposita ricevuta bancaria attestante l’avvenuto versamento dell’assegno stesso (da emettere a tal fine con la clausola “non trasferibile”) nel c/c intestato al promittente venditore.
E che gli assegni non siano mezzi “anonimi” di pagamento, ma bensì mezzi che consentono in ogni caso di risalire alle parti del rapporto, è confermato anche dalla normativa in tema di “antiriciclaggio”: si ricorda ad esempio che a norma del
D.L. 3 maggio 1991 n. 143 convertito con legge 5 luglio 1991 n. 197 (e successivo DM 17 ottobre 2002) i pagamenti di somme superiori a €. 12.500,00 non possono essere effettuati se non tramite bonifico bancario o, per l’appunto, tramite assegni circolari e/o bancari con la clausola non trasferibile.
Dalla normativa da ultimo citata, discende che per pagamenti di importo superiore ad €. 12.500,00, gli eventuali assegni che venissero utilizzati per il pagamento, dovranno necessariamente essere emessi con la clausola “non trasferibile”.
g) gli estremi della fideiussione di cui all'articolo 2 (del “Dec. L.vo”)
Si tratta di menzione che assume particolare rilievo alla luce della nuova disciplina introdotta dal “Dec. L.vo”, posto che la mancata prestazione della garanzia fideiussoria comporta la nullità relativa del contratto.
Un problema al riguardo potrebbe sorgere nel caso di varianti al progetto richieste, dopo la stipula del preliminare (15), dal promissario acquirente (anche limitatamente ad un diverso tipo di materiale, di accessorio o di finitura) che comportino peraltro un costo aggiuntivo rispetto al prezzo concordato. In questo caso è necessaria un'integrazione della fideiussione?
Al riguardo bisogna distinguere:
- se il pagamento del maggior costo è previsto all'atto definitivo di compravendita non sarà dovuta alcuna integrazione della fideiussione (la quale deve "coprire" solo le somme riscosse dal costruttore sino al trasferimento della proprietà)
- se il pagamento del maggior costo è invece previsto, in tutto o in parte, prima all'atto definitivo di compravendita, riteniamo sia invece necessaria un'integrazione della fideiussione, per l'importo da pagare prima del trasferimento della proprietà; non sarà invece necessario stipulare un atto integrativo dal quale far risultare gli estremi di tale integrazione di fideiussione: infatti si ritiene che la menzione prescritta dalla lettera g) dell'art. 6 in commento non sia finalizzata alla "determinazione dell'oggetto" del contratto, ma abbia più semplicemente la
funzione di richiamare l'attenzione della parti sull'obbligo di rilascio della fideiussione prima o contestualmente alla stipula del contratto (16) (obbligo la cui violazione, a sensi dell'art. 2 del “Dec. L.vo”. determina la nullità, seppur relativa, del contratto stesso).
h) l'eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo sull'immobile con l'indicazione del relativo ammontare, del soggetto a cui favore risultano e del titolo dal quale derivano, nonché la pattuizione espressa degli obblighi del costruttore ad esse connessi e, in particolare, se tali obblighi debbano essere adempiuti prima o dopo la stipula del contratto definitivo di vendita;
Si tratta di menzioni poste nell’interesse del promissario acquirente a conoscere, sin dalla data di stipula del contratto preliminare, quale sia la situazione dell’immobile, in ordine alle eventuali formalità pregiudizievoli, in relazione anche ai nuovi diritti riconosciuti al promissario acquirente, in tema di frazionamento del mutuo fondiario dall’art. 7 del “Dec. L.vo”. Le menzioni riguardano, pertanto, non solo le iscrizioni ipotecarie ma anche le trascrizioni pregiudizievoli di ogni tipo: si potrà trattare di un pignoramento, di un sequestro, di una domanda giudiziale, di una servitù passiva o di un onere o vincolo urbanistico.
Pertanto, nel caso l’immobile da trasferire sia gravato da ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo vanno indicati:
- gli estremi delle ipoteche iscritte (dati di iscrizione presso i RR.II., creditore a cui favore risulta iscritta l’ipoteca, titolo sulla cui base si è proceduto all’iscrizione, l’importo del credito garantito e dell’ipoteca iscritta)
- gli estremi delle trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo (dati di trascrizione presso i RR.II., soggetto a cui favore risulta effettuata la trascrizione, titolo sulla cui base si è proceduto alla trascrizione, l’importo del credito per cui si procede, come ad esempio nel caso di pignoramento, contenuto della trascrizione e vincoli che ne derivano, come ad esempio nel caso di una servitù);
- gli obblighi che col medesimo contratto preliminare il promittente venditore assuma in relazione alle iscrizioni ed alle trascrizioni pregiudizievoli con la precisazione se tali obblighi debbano essere adempiuti prima o dopo la stipula del contratto definitivo di vendita: tipico è il caso degli impegni assunti dal promittente di procedere al frazionamento del mutuo e della relativa garanzia ipotecaria, ovvero all’estinzione del mutuo in essere ed alla cancellazione della relativa iscrizione ipotecaria; nel preliminare si dovrà anche indicare se tali impegni debbano essere adempiuti prima o dopo il contratto definitivo; spesso la soluzione adottata nella pratica prevede parte di tali impegni da adempiere prima o contestualmente al
rogito definitivo e parte invece da adempiere dopo il definitivo, come nel caso in cui venga previsto l’obbligo di estinguere il mutuo e di ottenere l’atto di assenso alla cancellazione dell’ipoteca contestualmente alla stipula del rogito definitivo e di procedere invece alla cancellazione formale dell’ipoteca subito dopo la stipula del rogito definitivo; tale disposizione va messa in stretta correlazione con quella di cui all'art. 8 del decreto 122/2005, con la conseguenza che, ricorrendo i presupposti di applicazione di tale ultima disposizione, al frazionamento del mutuo e della relativa garanzia ipotecaria o al perfezionamento dell'atto di assenso alla cancellazione dell'ipoteca o di un eventuale pignoramento il promittente venditore dovrà necessariamente procedere prima della stipula dell'atto definitivo di compravendita;
Ci si chiede al riguardo se, dopo la stipulazione del preliminare che contenga la descrizione puntuale delle iscrizioni e delle trascrizioni pregiudizievoli a quel momento in essere, sia consentito alla parte promittente venditrice modificare la situazione "fotografata" nel contratto sottoscritto. Potrebbe cioè il promittente venditore, dopo la stipula del preliminare, iscrivere ipoteche a carico dell'immobile promesso in vendita? o, ad esempio, costituire servitù passive?
Se deve ritenersi che, scopo della norma in commento, come sopra già ricordato, non sia quello di "vincolare" le parti in maniera definitiva a quelle che sono le descrizioni contenute nel contratto, ma essenzialmente quello di assicurare al promissario acquirente una rappresentazione la più completa possibile di quello che è l'oggetto del contratto che è chiamato a sottoscrivere, nel momento in cui il contratto stesso viene sottoscritto, al quesito in oggetto deve darsi una risposta affermativa.
Ovviamente il promittente venditore, in relazione anche al disposto dell'art. 1375 c.c., sarà tenuto a comunicare al promissario acquirente queste variazioni, specificando anche in questo caso gli obblighi che lo stesso intende assumere in relazione alle iscrizioni ed alle trascrizioni pregiudizievoli "postume", con la precisazione se tali obblighi debbano essere adempiuti prima o dopo la stipula del contratto definitivo di vendita.
Ovviamente, resta comunque ferma la possibilità per il promissario acquirente, di tutelarsi con i rimedi offerti dall'ordinamento (in primis gli artt. 1482 e 1489 c.c.) qualora l'immobile da trasferire risulti gravata da iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi genere, non risultanti dal contratto preliminare stipulato.
i) gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato, nonché di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla costruzione;
Si rammenta che si è sempre esclusa la necessità, ai fini della validità del contratto preliminare, di menzionare gli estremi dei titoli edilizi abilitativi non ritenendosi applicabili al preliminare, in quanto contratto ad effetti obbligatori, le disposizioni degli artt. 46 D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) e 40 legge 47/1985. La norma in commento prevede l’obbligo di citare gli estremi del permesso di costruire se rilasciato (o della denuncia di inizio attività nel caso di cui dell’art. 22 terzo comma D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia). Se si tratta invece di fabbricato ancora da iniziare, per il quale non sia stato neppure rilasciato il permesso di costruire, vanno citati gli estremi della richiesta di rilascio del permesso stesso. Se neppure è stata fatta questa richiesta si esula dall’ambito di applicazione della nuova disciplina dettata dal “Dec. L.vo” e quindi anche dall’art. 6 qui in commento. Da notare che la norma in questione non si limita a richiedere i soli estremi del primo titolo (quello che ha autorizzato la costruzione) ma anche di qualsiasi altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla costruzione, che sia stato richiesto successivamente al primo titolo. Lo scopo della disposizione in commento, infatti, è diverso da quello perseguito dalle disposizioni di cui all’art. 46
T.U. o di cui all’art. 40 legge 47/1985 sopra citati, in quanto finalizzata a far conoscere al promissario acquirente la storia urbanistica completa del fabbricato da trasferire. Non si tratta pertanto di menzione richiesta a pena di nullità dell’atto, quale strumento volto a sanzionare i cd. “abusi edilizi primari”, ma anche in questo caso (come per le menzioni precedenti) di una menzione posta nell’interesse di una della parti del contratto, ossia della parte promissaria acquirente, a poter disporre di tutti gli elementi necessari per formarsi un’idea esatta del contratto da stipulare.
La menzione del titolo edilizio abilitativo, ogni qualvolta lo stesso sia stato rilasciato, può, peraltro, avere un altro riscontro positivo: si rammenta al riguardo che se per la validità del preliminare non sono necessarie le menzioni ed allegazioni previste dalla legge 47/85 e dal T.U. in materia edilizia, non comportando trasferimento di diritti reali, tuttavia la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che in assenza di tali menzioni il giudice non possa pronunciare la sentenza di trasferimento prevista dall’art. 2932 c.c.. perché l’art. 40 legge 47/1985 ed ora anche l'art. 46 del T.U., che richiedono dette menzioni a pena di nullità per la stipulazione di atti aventi per oggetto diritti reali, indirettamente influiscono anche sui presupposti per la pronuncia della sentenza di cui all’art. 2932 c.c. che ha funzione sostitutiva di un atto negoziale (17). Sotto questo profilo, l'indicazione, ora
prescritta dall'art. 6 in commento, degli estremi del titolo edilizio consentirà di ottenere l'esecuzione in forma specifica del contratto a sensi dell'art. 2932 c.c.
l) l'eventuale indicazione dell’esistenza di imprese appaltatrici con la specificazione dei relativi dati identificativi
Anche questa è menzione posta nell’interesse che ha il promissario acquirente di conoscere quale sia l’impresa o quali siano le imprese incaricata/e di costruire materialmente il fabbricato ovvero di realizzare gli impianti o le opere di finitura.
Ci si chiede al riguardo se, dopo la stipulazione del preliminare sia consentito alla parte promittente venditrice variare la/e impresa/e appaltatrice/i.
Al quesito di deve dare una risposta affermativa, stante il reale scopo della norma in commento (vedi supra ai punti b) ed h) e tenuto conto che la sostituzione della/e impresa/e appaltatrice/i potrebbe essere una decisione "obbligata" (come nel caso di fallimento di detta/e impresa/e). Inoltre, al momento della conclusione del preliminare, specie se interviene nella prima fase della costruzione, potrebbero non essere ancora state individuate tutte le imprese appaltatrici (ad esempio per quanto riguarda le opere di finitura). Nel variare ovvero nell’individuare le nuove imprese appaltatrici, il promittente venditore dovrà comunque agire “secondo buona fede” ai sensi dell’art. 1375 c.c., e quindi scegliere imprese che abbiano caratteristiche e possiedano professionalità simili a quelle delle imprese originariamente indicate, e dovrà, inoltre, comunicare al promissario acquirente le decisioni e variazioni sul punto.
Resta, comunque ferma la possibilità per il promissario acquirente, di tutelarsi con i rimedi offerti dall'ordinamento (in primis art. 1453 c.c.) qualora la scelta dell'impresa appaltatrice sia stata determinante per il suo consenso. In questo senso il promissario acquirente, al fine di rendere più agevole l’attivazione di tali rimedi, potrà avere tutto l'interesse a far risultare, con apposita clausola inserita nel contratto preliminare, la rilevanza che presenta la scelta della/e impresa/e appaltatrice/i, impegnando, qualora lo ritenga opportuno, il promittente venditore a concordare con esso promissario acquirente la eventuale sostituzione di una o più imprese appaltatrici.
Ai contratti preliminari, inoltre, devono essere allegati:
- il capitolato contenente le caratteristiche dei materiali da utilizzarsi, individuati anche solo per tipologie, caratteristiche e valori omogenei, nonché l’elenco di tutte le rifiniture e degli accessori convenuti fra le parti;
- gli elaborati del progetto in base al quale è stato richiesto o rilasciato il permesso di costruire o l’ultima variazione al progetto originario, limitatamente alla
rappresentazione grafica degli immobili oggetto del contratto, delle relative pertinenze esclusive e delle parti condominiali.
Si tratta di allegazioni richieste dal “Dec. L.vo” al fine di evitare incertezze e quindi successive contestazioni in ordine a due aspetti molto “delicati” quando si debbono trasferire edifici da costruire, ed attinenti alla individuazione dell’oggetto stesso della prestazione cui è tenuto il promittente venditore:
- l’esatta individuazione dell’immobile da trasferire e del contesto generale nel quale lo stesso è collocato in caso ad esempio di unità in edificio condominiale, alla quale è funzionale l’allegazione degli elaborati di progetto, con particolare riguardo alla rappresentazione grafica dell’immobile da trasferire, delle relative pertinenze e anche delle parti condominiali
- la specificazione delle caratteristiche tipologiche e strutturali dell’edificio da trasferire, con particolare riguardo alle caratteristiche tecniche, costruttive ed ai materiali da utilizzare per la costruzione, per gli impianti e per le finiture, alla quale è funzionale l’allegazione del capitolato tecnico.
Riteniamo che l'indicazione delle parti condominiali negli elaborati grafici sia richiesta a fini puramente indicativi, e non vincolanti per la parte promittente venditrice. Infatti ritenere questa rappresentazione "vincolante" potrebbe essere fin troppo penalizzante per il promittente venditore, posto che proprio nella fase iniziale della costruzione tali parti possono non essere ancora compiutamente individuate, e posto che durante la costruzione potrebbe emergere l'opportunità se non addirittura la necessità di apportare degli aggiustamenti alla configurazione delle parti condominiali. Riteniamo, inoltre, legittima una clausola contrattuale ("clausola di riserva") con la quale il promittente venditore si riservi la facoltà di procedere, prima del contratto definitivo, ad eventuali variazioni delle parti comuni. Non a caso l'individuazione delle parti comuni è stata "relegata" nell'elaborato grafico da allegare al contratto, mentre tra le indicazioni che la lettera b) stabilisce debbano costituire il "contenuto" del contratto, finalizzate alla individuazione precisa del bene da vendere, e quindi alla determinazione dell'oggetto del contratto, vi sono l'indicazione dell'immobile e l'indicazione delle pertinenze di uso esclusivo ma non anche la indicazione delle parti comuni.
Ovviamente il promittente venditore, in relazione anche al disposto dell'art. 1375 c.c., sarà tenuto a comunicare al promissario acquirente le eventuali variazioni apportate alle parti comuni.
Resta comunque ferma la possibilità per il promissario acquirente, di tutelarsi con i rimedi offerti dall'ordinamento (in primis l'art. 1497 c.c.) qualora l'immobile da
trasferire, per effetto delle variazioni apportate alle parti condominiali, non abbia più tutte le qualità promesse con il contratto originario.
In ogni caso, come sopra già ricordato, ricorrendo i presupposti di applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 1469 bis e segg. c.c., "la clausola di riserva" a favore del venditore sopra ricordata, deve fondare la facoltà del costruttore stesso di modificare unilateralmente le clausole del contratto ovvero le caratteristiche del bene da trasferire su un "giustificato motivo" da indicarsi nel contratto stesso (art. 1469 bis n. 11 c.c.) e deve inoltre essere oggetto di "trattativa individuale" (art. 1469 ter quarto comma c.c.) pena la sua inefficacia (art. 1479 quinquies c.c.)
Resta fermo che ai fini della trascrizione del preliminare, quando abbia per oggetto un fabbricato da costruire che si trovi ad uso stadio tale di costruzione da non consentire l’accatastamento, nello stesso, a sensi dell’art. 2645 bis c.c., dovranno essere pure indicati:
- la superficie utile della porzione di edificio
- la quota di diritto spettante al promissario acquirente relativa all’intero costruendo edificio espressa in millesimi.
L’art. 6 in commento, all’ultimo comma (18), fa salve le norme che regolano il sistema pubblicitario nelle provincie in cui vige il sistema dei libri fondiari, secondo le previsione del regio decreto 28 marzo 1929 n. 499.
3. Sanzioni
Non precisa la disposizione dell’art. 6 “Dec. L.vo” quali siano le conseguenze della mancanza nel preliminare di taluno degli elementi sopra indicati (nullità, annullabilità, facoltà per l’acquirente di recedere, risoluzione ecc.).
Sul punto le opinioni manifestate, in prima battuta, dai commentatori della nuova normativa sono le più disparate, e non si registra una convergenza di vedute.
La questione pertanto è ancora molto dibattuta e non si possono, pertanto, dare risposte certe. Si cercherà, invece, cogliendo dalla varie teorie esposte, gli spunti più “convincenti” di “ricostruire” e quindi di proporre una possibile soluzione, che possa assicurare un equo contemperamento dei diversi interessi coinvolti.
Appare opportuno pertanto, prima di illustrare tale proposta, dare conto delle varie posizioni manifestate sul tema, riproducendo quanto già riportato al paragrafo
5.4 del precedente studio dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato (19)
:
Secondo una prima impostazione, la violazione del disposto dell’art. 6 costituirebbe violazione di norma imperativa (in questo senso farebbe propendere la terminologia utilizzata dal legislatore con l’espressione “devono contenere”), in quanto posta a tutela di un interesse di carattere generale.
Si tratterebbe, in altre parole, di una fattispecie inquadrabile nell’ambito della nullità virtuale e quindi del 1° comma dell’art. 1418 c. c., che detta una sorta di norma di chiusura facendo generico riferimento alla contrarietà a norme imperative, salvo sia disposto diversamente dalla legge.
Per aversi nullità per contrarietà a norme imperative non occorre quindi che la sanzione della nullità sia specificatamente prevista (20).
Il problema è qui quello di verificare se l’art. 6 integri effettivamente un’ipotesi di violazione di norma imperativa, posto che se per la violazione di una norma imperativa non è prevista espressamente la nullità, occorre controllare la natura della disposizione violata: bisogna cioè indagare se la norma è diretta a tutelare un interesse pubblico generale (21)
È noto come assume carattere imperativo la norma posta a tutela di un interesse pubblico: se si accerta che gli interessi che la norma vuole proteggere siano generali, trascendano le parti negoziali, o comunque che la norma tende alla protezione di fini fondamentali dell’ordinamento giuridico, allora vi è imperatività e conseguentemente il divieto, per le parti, di derogare, nell’esercizio della loro autonomia, alla regola legislativa.
Nel caso di specie si tratterebbe di norma che tutela direttamente un interesse particolare – quello dell’acquirente – ma anche quello generale, costituzionalmente garantito, dell’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione (art. 47, comma 2, Cost.).
Nell’ambito di coloro che si muovono nel senso della nullità vi è poi chi evidenzia come la normativa a tutela dell'acquirente sia di ordine pubblico; più precisamente, del c.d. ordine pubblico di protezione, finalizzato al riequilibrio delle posizioni delle parti in particolari e delicati settori della contrattazione, caratterizzati da squilibrio di forza economica e di potere contrattuale e da vistose asimmetrie informative. Come tale, la disciplina che appresta garanzie a favore dell'acquirente è inderogabile ed indisponibile, e le relative tutele non possono formare oggetto di rinunzia o transazione ad opera del soggetto tutelato. Ne deriva, pertanto, che la disposizione dell’art. 6 va tendenzialmente interpretata come norma imperativa,
alla quale si ricollega una nullità virtuale: trattandosi però di disposizione che solo in via indiretta e mediata assicura protezione ad un interesse generale, quello del buon funzionamento del mercato immobiliare, mentre l'interesse protetto in via principale è quello di un contraente (l'acquirente), ecco che questa nullità virtuale si configura anche come nullità relativa, quale sanzione della violazione di obblighi conformativi del contenuto del contratto.
Il che tuttavia non esclude che sia possibile una differenziazione tra le singole previsioni contenute nell'articolo 6 in esame, alcune soltanto delle quali sono definibili come norme imperative in senso tecnico: ad esempio, la nullità relativa non opererebbe per la mancata indicazione dei termini massimi di esecuzione della costruzione, in quanto ciò non costituisce un grave pregiudizio dell'interesse dell'acquirente tenuto conto dell'esistenza di una norma suppletiva in materia, dettata dall'art. 1183 c.c., attivabile dall'interessato; o ancora, per la mancata indicazione degli estremi della fideiussione, menzione di natura formale e che è prevista a tutela - più che dell'acquirente, il cui interesse è in realtà salvaguardato dall'effettiva consegna della fideiussione - dei terzi subacquirenti ed in genere della certezza dei traffici, per cui si tratterebbe di prescrizione di natura meramente ordinatoria, in quanto priva di autonoma sanzione, salvo affermare, nei casi in cui l'omessa menzione non consenta di accertare l'anteriorità o contestualità della fideiussione rispetto al contratto, la nullità relativa di quest'ultimo - sulla base, però, della previsione dell'art. 2, comma 1, del decreto (22).
Anche accedendo alla tesi che rinviene nella violazione del contenuto dell’art. 6 un’ipotesi di nullità virtuale relativa, sembrano doversi escludere eventuali riflessi sul successivo contratto traslativo, perché pur essendo l’azione di nullità imprescrittibile, questa non potrebbe essere esercitata, in quanto, dopo che il fabbricato è stato ultimato, e/o dopo che lo stesso è stato alienato a terzi, vi osterebbe la mancanza dell'interesse ad agire, ex art. 100 c.p.c..
Altri ritengono che dalla mancata osservanza dell’art. 6 possa derivare solo un obbligo di rinegoziare il contenuto del contratto in modo da adeguarlo alle prescrizioni di legge, per cui il costruttore - parte "forte" del rapporto contrattuale - sarebbe obbligato, su richiesta dell'acquirente, a rinegoziare (quindi ad instaurare apposite trattative, e a stipulare un nuovo contratto modificativo), al fine di recepire le indicazioni, prescritte dall'art. 6 del decreto legislativo, eventualmente non riportate nel contratto originario. La fonte di quest'obbligo andrebbe individuata negli artt. 1374 e 1375 c.c., e quindi nell'integrazione del contratto in conformità a quanto prescritto dalla legge, dall'equità e dalla buona fede. Una conclusione in tal senso legittimerebbe l'acquirente all'esperimento dei normali rimedi sinallagmatici
(risoluzione del contratto), oltre alla richiesta di risarcimento dei danni, nel caso in cui il costruttore si rifiutasse di addivenire al contratto modificativo.
Per altri ancora, laddove esista una norma di carattere suppletivo, la stessa potrebbe essere utilmente impiegata al fine di colmare la "lacuna" venutasi a creare in conseguenza dell'omessa previsione contrattuale richiesta dalla norma protettiva. In secondo luogo l'integrazione del contratto potrebbe operare, ai sensi degli artt. 1374 e 1375 c.c., grazie all'equità, o alla clausola generale di buona fede (23). Sarebbe così possibile, in mancanza di una dettagliata regolamentazione degli obblighi del costruttore, integrare il contratto con quanto derivante dagli ordinari principi del diritto dei contratti e delle obbligazioni, salvo il limite costituito dall’ipotesi in cui difettino elementi essenziali del negozio, circostanza che dà luogo a nullità.
Per altri, dovrebbe essere esclusa la annullabilità, che potrebbe venire in questione solo se il promissario acquirente fosse in grado di dimostrare che il suo consenso sia stato dato per errore, e che tale errore, sempre che possa considerarsi "essenziale" ai sensi e per gli effetti di cui all'art 1429 c.c., sia stato determinato proprio dalla mancanza di taluno degli elementi prescritti dall’art. 6.
Andrebbe esclusa, del pari, la nullità, non essendo la norma diretta alla tutela di un interesse pubblico e generale e mancando qualsiasi espressa sanzione in tal senso (laddove, peraltro, il legislatore, quando ha richiesto un requisito formale a pena di nullità del contratto lo ha sempre stabilito espressamente).
Sarebbe escluso altresì il recesso, che qui non trova alcun riscontro in una previsione legale.
Non si potrebbe, infine, ricorrere al rimedio della risoluzione per inadempimento, perché non si è in presenza di un inadempimento di un obbligo discendente dal contratto o dalla legge per effetto della stipula del contratto, ma che concerne lo stesso momento genetico del contratto.
Le conseguenze, allora, dovrebbero esser ricondotte solo sul piano della responsabilità precontrattuale del costruttore, con la conseguenza che al promissario acquirente non resterebbe che chiedere al promittente venditore il risarcimento dei danni subiti, dovendosi comunque far rientrare la fattispecie considerata nell'ambito di applicazione dell'art 1337 c.c., con particolare riferimento alla violazione del “dovere di informazione”, inteso come “dovere di comunicare alla controparte gli elementi necessari per formarsi una idea esatta del contratto” (atti d'obbligo, convenzioni urbanistiche, vincoli urbanistici, formalità pregiudizievoli, titoli abilitativi edilizi ecc), la cui conoscenza consente al promissario acquirente di
valutare, in maniera consapevole e completa, l'opportunità o meno di addivenire alla conclusione del contratto (24).
Diverse, quindi, le possibili ricostruzioni e diverse le conseguenze sul piano sistematico: ove si opti per le tesi della nullità (assoluta o relativa) se ne dovrebbe trarre la conclusione, per l’ipotesi, qui presa esemplificativamente in considerazione, della “vendita sulla carta”, che la novella, con l’imporre l’indicazione (a pena di nullità) degli estremi del titolo abilitativo (o della sua richiesta) ne inibisce ormai il ricorso (ovviamente allorché vi sia un soggetto “acquirente” nel senso precisato dalle ricordate “definizioni”). Ove, viceversa, si acceda ad una soluzione che escluda la nullità, sarebbe ancora possibile dedurre in contratto un bene da costruire per il quale non sia stato ancora neppur richiesto il titolo abilitativo (cosa che peraltro, anche dopo la novella, pare consentita ove acquirente sia un soggetto non persona fisica).
Queste le varie posizioni emerse nei primi commenti e quali già “fotografate” nel precedente studio. Partendo dalle varie possibili ricostruzioni sopra illustrare, si è ora cercato di giungere ad una nuova possibile ricostruzione di “sintesi” che da un lato non sia costretta ad avvalersi di categorie sulla cui ammissibilità ancora di discute in dottrina (infatti è ancora aperto il dibattito circa la configurabilità o meno della cd. “nullità virtuale relativa”) e dall’altro sia in grado di offrire rimedi che operino sul piano “contrattuale” (e non esclusivamente su un piano extracontrattuale come nel caso della responsabilità di cui all’art. 1337 c.c. (25))
Sulla base di queste premesse, appare plausibile prospettare queste conseguenze per il caso di violazione dell’art. 6 del decreto in commento
a) la nullità
Innanzitutto di nullità si potrà parlare SOLO nel caso di mancanza di quelle menzioni che attengono all’individuazione dell’oggetto del contratto, mancanza tale da determinare l’indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente nullità del contratto a sensi dell’art. 1418 secondo comma c.c. Si tratterebbe, quindi, di una nullità assoluta sancita da specifica disposizione di legge (l’art. 1418 secondo comma c.c.) e non di nullità virtuale ex art. 1418 primo comma c.c.
La nullità potrà essere invocata ad esempio nel caso di omissione degli elementi di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’art. 6 in commento, con la conseguenza che l’immobile da trasferire non possa essere individuato, ovvero nel caso in cui non sia determinato o determinabile il prezzo o il diverso corrispettivo convenuto tra le parti, creando una situazione di incertezza circa l’oggetto della contrattazione intervenuta tra le parti
Si rammenta al riguardo che in giurisprudenza si é avuto modo di affermare:
- che nel caso di contratti per i quali è prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l’accordo tra le parti sugli elementi essenziali del contratto debba risultare dallo scritto, cosicché la determinazione dell’oggetto non possa essere ricavata aliunde (26)
- che nel caso di preliminare di vendita immobiliare la descrizione del bene oggetto di trasferimento possa essere carente per quanto riguarda la menzione dei dati catastali e degli altri specifici elementi individuativi del bene, quali ad esempio i confini (27), purché risulti certo, attraverso i diversi elementi utilizzati nel caso di specie che le parti abbiano inteso riferirsi ad un bene determinato o quanto meno determinabile; (28)
- che in particolare si è ritenuta sussistente la determinabilità dell’oggetto nel caso in cui consistenza e specificazione dell’immobile emergano con chiarezza da planimetria allegata al contratto, alla quale le parti abbiano fatto espresso riferimento, anche se non sottoscritta dalle parti stesse (29).
Sulla base degli orientamenti elaborati nel tempo dalla giurisprudenza, si potrà, pertanto, invocare la nullità del contratto solo nel caso in cui manchi una qualsiasi, sia pur minimale descrizione dell’oggetto del contratto o se la descrizione cui si sono affidate le parti non sia sufficiente a individuare in maniera chiara e precisa l’oggetto del contratto. E le conclusioni cui è arrivata la giurisprudenza non sembrano possano essere rimesse in discussione per effetto delle nuove disposizioni normative.
Al di fuori degli specifici e limitati casi sopra illustrati, riconducibili alla disposizione dell’art. 1418 secondo comma c.c., riteniamo invece che debba escludersi, in via generale, per la violazione dell’art. 6 del “Dec. L.vo” la sanzione della nullità dell’atto (assoluta o relativa che essa sia), a sensi dell’art. 1418 primo comma c.c.
L’art. 1418 primo comma cod. civ. dispone, infatti, che il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative (cd. nullità virtuale). Dottrina e giurisprudenza hanno, peraltro, ritenuto ricorrere la figura della nullità virtuale nei casi di negozi stipulati in violazione di norme che siano dirette alla tutela di un interesse pubblico e generale. Ma non ci sembra, nel caso di specie, che la norma dell’art. 6 del “Dec. L.vo” sia diretta alla tutela di un interesse pubblico e generale. Gran parte delle menzioni richieste sono chiaramente poste a tutela di una delle parti del contratto. Tutto ciò trova esplicita conferma anche nella Relazione illustrativa al decreto ove si afferma che “allo scopo di rendere più trasparente
l’operazione negoziale e consentire al promissario acquirente una completa rappresentazione, così da porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale, in attuazione dell’articolo 3 lettera m) della legge delega, sono stati compiutamente disciplinati i contenuti del contratto ed i relativi allegati”
Inoltre quando il legislatore, nel richiedere un requisito formale da osservare nella stipula del contratto, ha sanzionato la mancanza di tale requisito con la nullità del contratto stesso, lo ha detto espressamente (vedasi al riguardo l’art. 1351 c.c. proprio in tema di preliminare). Ed ancora, nello stesso “Dec. L.vo” in commento, il legislatore delegato quando ha voluto sanzionare con la nullità la mancata osservanza di un obbligo posto dal decreto medesimo lo ha detto espressamente: vedasi al riguardo l’art. 2 ove la mancata consegna della fideiussione porta alla nullità (seppur relativa) del contratto (30).
b) la annullabilità
L’annullamento del contratto potrà essere invocato solo in presenza dei presupposti di legge di cui agli artt. 1425 e segg. cod. civ.
Pertanto solo se il promissario acquirente sarà in grado di dimostrare che il suo consenso sia stato dato per errore, e che tale errore, sempre che possa considerarsi “essenziale” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1429 c.c., sia stato determinato proprio dalla mancanza di taluno degli elementi prescritti dalla norma in commento, potrà chiedere l’annullamento del contratto a norma dell’art. 1427 c.c.
Pertanto la mancanza di una qualsiasi delle menzioni prescritte dall’art. 6 del “Dec. L.vo” non determina di per sé l’annullabilità del contratto.
A tal riguardo si rammenta che in giurisprudenza si è avuto modo di affermare che in relazione alla disposizione dell’art. 1429 c.c. debbono considerarsi essenziali le qualità che identificano il bene per funzione economico sociale, per destinazione o per struttura intrinseca e la cui falsa rappresentazione sia determinante il consenso” (31).
Alla luce della posizione assunta in materia dalla giurisprudenza, potrebbe, ad esempio nel caso di preliminare stipulato nel vigore della nuova legge, invocarsi l’annullamento del contratto ex art. 1428 c.c., qualora, l’acquirente si sia indotto a stipulare il contratto, peraltro mancante della menzione di cui alla lett. c) dell’art. 6, nella convinzione che l’immobile potesse essere destinato ad una specifica destinazione (ad esempio commerciale) destinazione invece esclusa da una convenzione urbanistica (peraltro non citata in violazione della nuova norma di
legge) e che se conosciuta dalla parte promissaria acquirente la avrebbe indotta a non concludere il contratto.
Ma qualora la mancata osservanza delle prescrizioni poste dalla norma in commento non sia così grave da determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o l’annullabilità del contratto per errore essenziale, ricorrendo le condizioni sopra illustrate, quali sono i rimedi per il promissario acquirente o comunque le conseguenze che possono derivare a carico del promittente venditore?
Si possono ipotizzare a tal fine vari rimedi a seconda del comportamento che le parti intendono assumere in relazione alle violazioni commesse:
c) la rinegoziazione del contratto
In primo luogo si può ipotizzare un rimedio volto a “salvare” il contratto anziché a porlo nel nulla. Appare quindi plausibile ritenere che in caso di violazione della norma in commento sorga, in prima battuta, un obbligo di rinegoziare il contenuto del contratto in modo da adeguarlo alle prescrizioni di legge, per cui il costruttore - parte "forte" del rapporto contrattuale - sarebbe obbligato, su richiesta dell'acquirente, a rinegoziare (quindi ad instaurare apposite trattative, e a stipulare un nuovo contratto modificativo), al fine di recepire le indicazioni, prescritte dall'art. 6 del decreto legislativo, eventualmente non riportate nel contratto originario.
La fonte di quest'obbligo andrebbe individuata negli artt. 1374 e 1375 c.c. (32). Parte della dottrina (33) e la giurisprudenza maggioritaria (34) sono ormai orientate nel senso di attribuire all’istituto della buona fede, la funzione di strumento di intervento “creativo”: quindi non più la buona fede da considerare come mero strumento di valutazione del comportamento delle parti in sede di esecuzione del contratto e di verifica dell’esatto adempimento degli obblighi già discendenti dal contratto, ma la buona fede da considerare come regola di comportamento delle parti contrattuali, con possibilità di costruire obblighi
integrativi rispetto a quelli già fissati convenzionalmente.
Il dovere, discendente dall’art. 1375 c.c., di eseguire il contratto (nel caso di specie carente delle menzioni prescritte dall’art. 6 in commento) secondo buona fede, in relazione anche al disposto di cui al precedente art. 1374 c.c., secondo il quale il contratto obbliga le parti a quanto è nel medesimo espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, porterebbe quindi a ritenere sussistente l’obbligo, in capo alla parte promittente venditrice, di procedere alla “rinegoziazione” del contratto nei termini sopra descritti.
E’ ovvio che questa non può essere l’unica conseguenza per il caso di violazione della disposizione dell’art. 6 del “Dec. L.vo”.
Come è stato osservato si tratterebbe altrimenti “di una soluzione ben poco cautelativa nei confronti dell'acquirente, perché affidata alla volontà del costruttore di adempiere: se tale fosse la conseguenza della violazione dell'art. 6, non vi sarebbe alcuna effettiva garanzia per l'acquirente di ottenere un contenuto contrattuale conforme a legge” (35).
Ma è chiaro che se le parti si accordano nel senso di procedere alla rinegoziazione del contratto si “salva” il rapporto contrattuale già instaurato senza dover ricorrere a rimedi “traumatici” (nullità, risoluzione ecc) volti invece, in un contesto “contenzioso”, a sciogliere il rapporto. Un rimedio quindi, quello proposto, volto ad operare in prima battuta, a “salvare” piuttosto che a porre nel nulla il rapporto contrattuale.
d) la risoluzione del contratto
Se il rimedio della rinegoziazione non dovesse sortire effetto alcuno, e quindi dovesse fallire il rimedio destinato ad operare in “prima battuta”, il promissario acquirente, a fronte del reiterato inadempimento del costruttore, potrà chiedere:
- o l'adempimento del contratto nonché il risarcimento del danno subito
- ovvero la risoluzione del contratto, salvo, sempre, il diritto al risarcimento del danno,
il tutto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1453 c.c.
La risoluzione e/o la richiesta del risarcimento del danno in questo caso si fonderebbero su un duplice inadempimento imputabile al costruttore promittente venditore:
- sull’inadempimento dell’obbligo di “rinegoziazione” del contratto, che come sopra detto discende dall’art. 1375 c.c. e che pertanto si sostanzia nella violazione del dovere di buona fede; al riguardo in dottrina si è osservato che l’inadempimento dell’obbligo di buona fede, da intendersi in senso oggettivo (ossia come clausola generale fonte di regole di condotta da tenere distinta dalla buona fede da intendersi in senso soggettivo, ossia come ignoranza di ledere l’altrui diritto) genera responsabilità contrattuale, ancorché la fonte di tale obbligo sia la legge” (36)
- sull’inadempimento dell’obbligo posto a carico del promittente venditore di conformare il contratto a quel contenuto minimo considerato dal legislatore (con l'art. 6 in commento) indispensabile per una completa descrizione dell'oggetto del contratto e soprattutto per una completa determinazione degli obblighi posti a carico delle parti, (37) il tutto finalizzato (38)ad assicurare "al promissario acquirente"
con la dovuta informazione "una completa rappresentazione" (delle caratteristiche e qualità del bene in vendita, dei possibili vincoli od oneri esistenti, del contenuto delle obbligazioni reciproche, ecc.), così da porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale"
Esistono nel nostro ordinamento altre disposizioni che sanzionano espressamente la mancata comunicazione alla controparte di talune circostanze inerenti l’oggetto del contratto particolarmente rilevanti, tali cioè da falsare la "rappresentazione" che il promissario acquirente possa formarsi circa l'esatto contenuto del contratto e delle reciproche obbligazioni, prevedendo la possibilità di richiedere la risoluzione del contratto.
Emblematica sotto questo profilo è la disposizione dell’art. 1482 c.c. la quale prevede per l’appunto la risoluzione del contratto nel caso in cui la cosa venduta risulti gravata da garanzie reali o da vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro non dichiarati dal venditore e dal compratore stesso ignorati, qualora la cosa non venga liberata nel termine fissato dal giudice. Nello stesso senso si pone anche la disposizione dell'art. 1489 c.c. la quale prevede che se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti (39) che ne diminuiscono il libero godimento e se gli stessi non sono stati dichiarati nel contratto e sono ignorati dall'acquirente, lo stesso può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. E non a caso tra gli elementi che l’art. 6 primo comma del “Dec. L.vo” stabilisce debbano essere contenuti nel preliminare vi sono anche le garanzie reali ed i vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro e comunque tutti i vincoli e gli oneri derivanti da trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo, compresi quelli derivanti da convenzioni urbanistiche (lettere h e c).
Può quindi fondatamente ritenersi che tutti gli elementi prescritti dall’art. 6 del decreto in commento, nell'ottica della nuova disciplina dettata a tutela dell'acquirente, rientrino in questo obbligo di conformazione posto a carico del costruttore/promittente venditore, finalizzato ad una opportuna e completa informazione del promissario acquirente di tutti gli aspetti essenziali del contratto, al fine di consentirgli, attraverso la piena consapevolezza dell'esatto contenuto del contratto e delle reciproche obbligazioni, di evitare pregiudizi o comunque "brutte sorprese", obbligo già desumibile in precedenza, per taluni di questi elementi, dai succitati artt. 1482 e 1489 c.c. Il legislatore, come peraltro confermato nell’inciso della Relazione illustrativa al decreto sopra riportato, ha sentito il bisogno di individuare legislativamente il contenuto di tale “dovere di conformazione/informazione” indicando tutta una serie di elementi (atti d’obbligo, convenzioni urbanistiche, vincoli urbanistici, formalità pregiudizievoli, titoli abilitativi
edilizi ecc.), compresi quelli già presi in considerazione dagli artt. 1482 e 1489 c.c., la cui conoscenza consente al promissario acquirente di valutare, in maniera consapevole e completa, l’opportunità o meno di addivenire alla conclusione del contratto e di evitare i possibili pregiudizi che la mancata conoscenza degli stessi, per la lacunosità del testo contrattuale, potrebbe arrecargli.
La sanzione, pertanto, per la violazione di tale “dovere di conformazione/informazione”, può essere, a buona ragione, rinvenuta, in conformità a quanto già previsto dagli artt. 1482 e 1489 c.c., nella richiesta di risoluzione del contratto ovvero nella richiesta del risarcimento del danno (e nei casi previsti dall'art. 1489 c.c. anche nella richiesta di riduzione del prezzo).
La risoluzione, peraltro, sulla base del principio generale in materia, desumibile dall’art. 1455 c.c., potrebbe essere richiesta solo in presenza di un inadempimento del promittente venditore che non sia di “scarsa importanza” e quindi solo se l’elemento omesso debba considerarsi essenziale nella formazione del processo volitivo del promissario acquirente, e pertanto nel caso in cui, se conosciuto quell’elemento, il promissario acquirente non avrebbe concluso il contratto o lo avrebbe concluso a condizioni differenti.
Se invece l’inadempimento sia di “scarsa importanza” il promissario acquirente potrà pur sempre richiedere il risarcimento del danno.
In conclusione si può ritenere che in caso di violazione del disposto dell'art. 6 del decreto legislativo 122/2005 in commento, qualora tale violazione non sia così grave da determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o l’annullabilità del contratto per errore essenziale, ricorrendo le condizioni sopra illustrate, e qualora la violazione stessa non sia di "scarsa importanza" avuto riguardo all'interesse del promissario acquirente, quest'ultimo, qualora non intenda comunque adempiere il contratto accontentandosi del solo risarcimento dei danni subiti, potrà procedere ai sensi e per gli effetti dell'art. 1454 c.c. e quindi diffidare il promittente venditore ad adempiere, ossia a procedere alla rinegoziazione del contratto preliminare (al fine di conformarlo alle prescrizioni dell'art. 6) entro un congruo termine (non inferiore a quindici giorni), con dichiarazione che decorso, inutilmente detto termine, senza che si sia proceduto alla rinegoziazione, il contratto s'intenderà senz'altro risolto.
In conclusione necessitano due precisazioni:
- tutto quanto sopra detto in ordine alle conseguenze della violazione dell’art.
6 “Dec. L.vo” , con riferimento specifico alla menzione degli estremi della fideiussione (lettera “g”), vale solo se manca la menzione di tali estremi ma non
anche se manca la stessa garanzia fideiussoria: in quest’ultimo caso trova ovviamente applicazione l’art. 2 del medesimo “Dec. L.vo” che sanziona con la nullità (seppur relativa) tale inadempimento.
- quanto sopra detto in ordine alle conseguenze della violazione dell’art. 6 “Dec. L.vo” vale anche nel caso delle menzioni dei titolo abilitativi edilizi (lettera “i”): infatti tali menzioni non sono richieste a pena di nullità dell’atto svolgendo una funzione diversa rispetto a quella attribuita alle medesime menzioni dagli artt. 46
D.P.R. 380/2001 (Testo Unico in materia edilizia) e 40 legge 47/1985, che continuano a non trovare applicazione nel caso di contratto preliminare.
4. Ambito di applicazione
L’art. 6 del “Dec. L.vo” si applica, innanzitutto al contratto preliminare, tant’è vero che il suddetto art. 6 reca come rubrica “contenuto del contratto preliminare”. Ma non solo. Infatti il suddetto art. 6, nel dispositivo, estende il proprio ambito di applicazione ad “ogni altro contratto che ai sensi dell’art. 2 sia comunque diretto al successivo acquisto in capo a persona fisica della proprietà o di altro diritto reale su immobile da costruire”, e quindi in pratica a tutti quei contratti ad effetti traslativi non immediati cui fanno riferimento le disposizioni degli artt. 1 e 2 ed ai quali si applica la nuova disciplina di tutela introdotta dal “Dec. L.vo”.
In pratica la nuova normativa relativa al contenuto del contratto sembra debba trovare applicazione in caso di:
a) contratti ad effetti obbligatori nonché contratti ad effetti reali “differiti” che comunque non comportino l’immediato trasferimento della proprietà:
Ad esempio:
- preliminare di vendita (indipendentemente dalla sua trascrizione)
- vendita di fabbricato da costruire (vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c.)
- vendita di fabbricato da costruire di proprietà di terzi (art. 1478 c.c.)
- compravendita con riserva di proprietà ex artt. 1523 e segg. c.c. (40)
- compravendita soggetta a condizione sospensiva
- compravendita con previsione di termine
b) contratti che abbiano comunque la finalità di far acquisire all’acquirente la proprietà di un fabbricato da costruire:
Ad esempio:
- permuta di area (bene presente) con unità da costruire (bene futuro) (le nuove forme di tutela troveranno ovviamente applicazione con riguardo al trasferimento del bene futuro)
- cessione di quota indivisa di area, con condominio precostituito, ove il corrispettivo della cessione consiste nell’obbligo dell’acquirente di costruire a sue cure e spese anche la porzione di edificio di competenza del venditore (in questo caso sarà il venditore dell’area, pro quota,, quale acquirente della porzione di edificio da costruire, oggetto del condominio precostituito, a dover essere tutelato)
- contratto di opzione ex art. 1331 cod. civ.
5. Ruolo e responsabilità del notaio
A prescindere dalla soluzione che si possa dare alla questione delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza del disposto dell’art. 6 del ”Dec L.vo” (nullità, annullabilità, risoluzione, responsabilità precontrattuale ecc. ) è indubitabile che il notaio, per la sua funzione di garante e tutore della legalità, ogniqualvolta sia chiamato a redigere un contratto rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 6 del ”Dec L.vo”, debba osservarne tutte le prescrizioni, non potendo il notaio, nell’esplicazione delle proprie funzioni, non conformare il contenuto del contratto che è chiamato a redigere, a quelle che sono le prescrizioni di legge. L’art. 6 pone un “dovere” alle parti circa gli elementi che “devono essere contenuti” o che “devono essere allegati” al contratto, ma è chiaro che se per la stipulazione di quel contratto le parti si rivolgono ad un notaio, quel “dovere” incombe sul notaio. Il notaio, pertanto, attraverso il proprio ministero, deve assicurare alle parti un contratto che sia pienamente conforme alla legge, e che metta “al riparo” le parti stesse da tutte le possibili conseguenze negative che possano derivare da una violazione della nuova normativa (a seconda dei casi, e come sopra già illustrato, nullità, annullabilità, risoluzione, richiesta risarcimento dei danni, ecc.)
La violazione da parte del notaio del disposto dell’art. 6 del ”Dec L.vo”, e quindi dei doveri di conformazione e strutturazione del contratto in tale norma contenuti, comporterà per il notaio la responsabilità disciplinare di cui all’art. 135 legge notarile, norma questa che prevede l’applicazione al notaio di pene disciplinari ogni qualvolta lo stesso “manchi ai propri doveri” (tra i quali ora anche quello posto dall’art. 6 in commento) e ciò “anche nel caso che l’infrazione non produca la nullità dell’atto”
La violazione da parte del notaio del disposto dell’art. 6 del ”Dec L.vo” darà luogo all’applicazione dell’art. 28 legge notarile, solo nei casi più gravi di violazione, comportanti la nullità assoluta del contratto ex art. 1418 secondo comma c.c., per indeterminatezza dell’oggetto.
Al di fuori di questa ipotesi, in tutti gli altri casi di violazione dell’art. 6 in commento, non tornerà applicabile l’art. 28 legge notarile; infatti come anche riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione (41) “il divieto, di cui all’art. 28, n. 1, legge notarile di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge” attiene ad ogni vizio che dia luogo ad una nullità assoluta dell’atto con esclusione, quindi, dei vizi che comportano l’annullabilità o l’inefficacia dell’atto (compresa anche la nullità relativa, figura peraltro contestata da parte della dottrina, che ravvisa in essa solo un’ipotesi di annullabilità o di inefficacia) ed è sufficiente che la nullità risulti in modo inequivoco”.
E’ ovvio, inoltre che la violazione del disposto dell’art. 6 del ”Dec L.vo”, esporrà il notaio alla responsabilità civile per i danni cagionati alle parti, a causa delle violazioni commesse. E ciò vale non solo quando il notaio abbia ricevuto l’atto nella forma di atto pubblico ovvero ne abbia autenticato le firme, ma anche, ad esempio, quando il notaio (alla pari peraltro di qualsiasi altro professionista), sul piano esclusivamente professionale, sia chiamato a svolgere attività di consulenza nella redazione di un contratto preliminare, che le parti abbiano deciso di non autenticare nelle firme o di non formalizzare con atto pubblico e quindi di non trascrivere.
Xxxxxxxx Xxxxx
1) Non esistono norme nel nostro ordinamento che disciplinino il contenuto del contratto preliminare in generale; l’art. 1351 c.c. infatti detta la disciplina in generale della forma del preliminare; l’art. 2645 bis c.c. a sua volta detta una disciplina concernente il contenuto del preliminare con edifici in corso di costruzione il tutto peraltro ai soli fini della trascrizione del preliminare stesso.
2) XXXXXXXX – Gli acquisti di immobili da costruire – in corso di pubblicazione per i tipi IPSOA;
3) LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
4) XXXXXXXX – Gli acquisti di immobili da costruire – in corso di pubblicazione per i tipi IPSOA;
5) LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
6) XXXXX – La nuova disciplina di tutela dell’acquirente di immobile da costruire nella bozza di decreto legislativo di attuazione della legge delega 21072004, in corso di pubblicazione su Notariato di IPSOA
7) COSTOLA - Verso nuove forme di tutela degli acquirenti di immobili da costruire, in St. iuris 2004
8) In questo senso – “Prime considerazioni sul decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire o in corso di costruzione” redatto da X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx pubblicato su C.N.N. Notizie n. 110 del 13 giugno 2005
9) Si pensi al caso dell’impresa manifatturiera, che dopo aver trasferito la propria attività in un nuovo fabbricato industriale, utilizzi l’area di risulta dalla demolizione del vecchio opificio per realizzare un complesso residenziale da collocare sul mercato immobiliare.
10) Il riferimento, contenuto nella definizione di cui all’art. 1 del decreto, al permesso di costruire, deve peraltro ritenersi comprensivo di ogni altro titolo edilizio equipollente (ad esempio una denuncia di inizio attività nei casi di cui all’art. 22 terzo comma D.P.R. 380/2001 Testo Unico in materia edilizia) come peraltro, appare confermato dalla disposizione del successivo art. 5 del medesimo “Dec.L.vo”
11) In questo senso si è espresso LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
12) In questo senso anche Xxxx. 26 novembre 1988 n. 6382; da segnalare anche Cassazione
n. 12571 del 27 agosto 2002: "L'assunzione, a carico del proprietario del terreno, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione costituisce un'obbligazione propter rem. Ciò comporta che essa va adempiuta non solo da colui che ha stipulato la convenzione con il Comune, ma anche da colui (se soggetto diverso) il quale richiede la concessione edilizia, e
- inoltre - che colui che realizza opere di trasformazione edilizia, valendosi della concessione rilasciata al suo "dante causa", è solidalmente obbligato con quest'ultimo per il pagamento degli oneri anzidetti. La natura reale dell'obbligazione non riguarda, invece, i soggetti che utilizzano le opere di urbanizzazione da altri realizzate per una loro diversa edificazione, senza avere con i primi alcun rapporto, e che, per ottenere la loro diversa concessione edilizia, devono pagare al Comune concedente, per loro conto, i relativi oneri di urbanizzazione."
13) Si segnala come in dottrina ed in giurisprudenza la fissazione del termine per la stipula del contratto definitivo non sia considerato un requisito essenziale del preliminare, potendo ricorrere alla disposizione dell'art. 1183 primo comma c.c. o comunque potendone essere richiesta la fissazione al giudice.
14) In questo senso si esprime la Relazione illustrativa al decreto.
15) Spesso nei preliminari vengono inserite clausole aventi il seguente tenore letterale: "la parte Promissaria acquirente ha facoltà di chiedere per iscritto, entro ……. giorni dalla sottoscrizione del presente contratto, materiali e finiture diversi per qualità e tipo da quelli previsti nel Capitolato allegato, nonché di apportare varianti al progetto (che dovranno peraltro essere approvate in base alle vigenti disposizioni di legge e di regolamento). Anche dopo l'entrata in vigore della nuova normativa tali clausola possono ritenersi legittime.
16) In questo senso si è espresso LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
17) In questo senso vedasi Xxxx. 8 febbraio 1997 n, 1199 in Rivista del Notariato 1998 pag. 267 con nota di commento di D. MIGLIORI.
18) Iintrodotto nel testo definitivo del decreto legislativo in accoglimento di un’osservazione della Commissione della camera dei deputati.
19) Si tratta dello studio “Prime considerazioni sul decreto legislativo in tema di tutela degli acquirenti di immobili da costruire o in corso di costruzione” redatto da X. Xxxxxxx e X. Xxxxxxx pubblicato nel Notiziario CNN del 13 giugno 2005
20) In giurisprudenza, ad esempio, Cass. 24 novembre 1980 n. 6233
21) Cass. S.U. 21 agosto 1972 n. 2697
22) XXXXXXXX – Gli acquisti di immobili da costruire – in corso di pubblicazione per i tipi IPSOA; nello stesso senso CENNI – Il contenuto del contratto preliminare – Relazione al Convegno di Bologna del 10 giugno 2005
23) BARALIS – Permuta di terreno con edificio da costruire – Atti del Convegno Paradigma – Milano 15 aprile 2005; BARALIS – Considerazioni sparse sulla bozza di decreto delegato conseguente alla l. 210/2004, in corso di pubblicazione su Riv. Not.
24) XXXXX – La nuova disciplina di tutela dell’acquirente di immobile da costruire nella bozza di decreto legislativo di attuazione della legge delega 21072004, in corso di pubblicazione su Notariato di IPSOA
25) La dottrina è divisa circa la natura della responsabilità ex art. 1337 c.c.: a chi sostiene la natura di responsabilità extracontrattuale (MIRABELLI, OSTI) si oppone invece chi sostiene la natura contrattuale di tale responsabilità (MENGONI, VISINTINI, MESSINEO). La giurisprudenza prevalente peraltro aderisce alla tesi della natura extracontrattuale di tale responsabilità (Cass. 28 gennaio 1972 n. 199, Cass. 10 ottobre 2003 n. 15172, Cass. 16 luglio 2001 n. 9645)
26) Cass. 24 aprile 2003 n. 6516; Cass. 3 febbraio 1999 n. 887; Cass. 8 novembre 1983 n. 6588
27) Per la giurisprudenza la indicazione di almeno tre confini è rilevante ai soli fini della trascrizione ma non indispensabile per la sicura identificazione del bene che si può evincere anche da altri dati (Cass. 3 luglio 1998 n. 6481, Cass. 20 maggio 1997 n. 4461 e Cass. 22 giugno 1995 n. 7079)
28) Cass. 30 maggio 2003 n. 8810; Cass. 23 agosto 1997 n. 7935
29) Cass. 83/7047
30) Nel senso di ammettere la nullità solo nel caso in cui a seguito dell'omissione si verifichi l'indeterminatezza o l'indeterminabilità dell'oggetto del contratto e di escludere invece che la "mancata inserzione di una qualsiasi delle menzioni obbligatorie previste dall'art. 6 sia di per sé causa di nullità dell'intero contratto, anche quando il suo oggetto risulti determinato o determinabile secondo le regole codicistiche" in quanto altrimenti "ne discenderebbe una dilatazione del tutto irragionevole ed il più delle volte antitetica agli interessi dell'acquirente, dell'area delle nullità del contratto, con conseguente abbassamento anziché un'elevazione del livello di tutela dell'acquirente", si è espresso LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
31) Cass. 24 marzo 1981 n. 1698; Cass. 5 dicembre 1974 n. 4020)
32) in questo senso BARALIS – Considerazioni sparse sulla bozza di decreto delegato conseguente alla l. 210/2004, in corso di pubblicazione su Riv. Not.
33) XXXXXX – La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale Riv. Dir. Civ 1983; XXXXXXXX Xxxxx effetti del contratto Comm. Xxxxxxxxxxx Milano 1998; RODOTA’ Le fonti di integrazioni del contratto – Milano 1969
34) Cass. 10 ottobre 2003 n. 15150; Cass. 8 febbraio 1999 n. 1078.
35) XXXXXXXX – Gli acquisti di immobili da costruire – in corso di pubblicazione per i tipi IPSOA;
36) BIANCA – Diritto civile – Il Contratto - Milano 2000
37) Nel senso che le disposizioni dell'art. 6 del decreto in commento siano dirette a "conformare il contenuto del contratto in modo da assicurare completezza della descrizione del suo oggetto e del contenuto degli obblighi delle parti……" si è espresso LUMINOSO - I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati - Atti del Convegno Paradigma - Milano 29 giugno 2005
38) Come espressamente riconosciuto nella relazione illustrativa del decreto
39) In dottrina ed in giurisprudenza si ritiene che vincoli ed oneri comunque limitanti il godimento della cosa non diventino "apparenti" per il sol fatto che siano stati trascritti, non gravando sul promittente acquirente alcun onere di informazione che vada oltre ad un esame "fisico" del bene e comunque non gravando sul promittente acquirente l'onere della preventiva consultazione dei registri Immobiliari (BIANCA - La vendita e la permuta - trattato Xxxxxxxx - Xxxxxx 0000; Xxxx. 30 gennaio 1987 n. 881; Cass. 13 febbraio 1985 n. 1215)
40) Benché la vendita con riserva di proprietà sia disciplinata da disposizioni, gli artt. 1523 e segg. c.c., ricomprese nella sezione dedicata alla “vendita di cose mobili” è opinione prevalente in dottrina e giurisprudenza che la riserva di proprietà di cui alle norme succitate possa riguardare anche i trasferimenti immobiliari
41) Cass. 11 novembre 1997 n. 11128 in Notariato 1998.
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