JOBS ACT
Ufficio legislativo
JOBS ACT
IL DECRETO LEGISLATIVO SUL CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI
Nota n. 2
a cura di Xxxxxxxx Xxxxxxx
Marzo 2015
INDICE
Sintesi del contenuto pag. 3
Disciplina del licenziamento illegittimo nella normativa vigente pag. 17 e nel decreto legislativo:
- tabella comparativa
- testo a fronte
Pareri delle Commissioni parlamentari pag. 34
In attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, la presente nota è redatta sulla base del testo del decreto legislativo pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri a seguito dell'approvazione dello stesso in via definitiva da parte del Consiglio dei ministri il 20 febbraio 2015.
DECRETO LEGISLATIVO SUL CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI
Il decreto legislativo sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti è adottato in attuazione dell’articolo 1, comma 7, lettera c), della legge n. 183 del 2014 (c.d. Jobs Act), che ha delegato il Governo alla “previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento”.
Si ricorda che nell'attuale ordinamento, la tutela del lavoratore a tempo indeterminato, sotto il profilo dei licenziamenti individuali, non varia a seconda dell'anzianità aziendale, ma in base alla tipologia del datore di lavoro ed al numero di soggetti alle dipendenze del medesimo, oltre che, naturalmente, in relazione alla tipologia della fattispecie sottostante al licenziamento.
AMBITO DI APPLICAZIONE
L'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo prevede che il nuovo regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo trovi applicazione per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri (non, quindi, per i dirigenti) assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo.
Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
La nuova disciplina dei licenziamenti trova applicazione anche nel caso in cui, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all’entrata in vigore del decreto, si superi la soglia dei 15 dipendenti. Più precisamente, il testo si fa riferimento al requisito occupazionale di cui all’articolo 18, commi 8 e 9, della legge 20 maggio 1970, n. 300 che prevede che le disposizioni sulla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti.
LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO
Il licenziamento discriminatorio nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: prima e dopo la legge n. 92 del 2012.
Per i licenziamenti discriminatori, dopo l'entrata in vigore della legge 28 giugno 2012, n. 92 (c.d. "riforma del mercato del lavoro") le conseguenze sono rimaste quelle stabilite dal testo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: il datore di lavoro, infatti, è condannato, qualunque sia il numero dei dipendenti occupati dal medesimo, a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e a risarcire al medesimo i danni subiti (con un minimo di 5 mensilità di retribuzione), stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché a versare i relativi contributi previdenziali e assistenziali.
Il medesimo regime si applica per i licenziamenti intimati in violazione dei divieti posti a tutela della maternità e della paternità, in concomitanza del matrimonio, nonché per il licenziamento inefficace perché intimato in forma orale.
Resta ferma, inoltre, la facoltà del lavoratore di richiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione. Tale richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro e non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
Il licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale nel decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
In caso di nullità del licenziamento perché discriminatorio* ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge**, nonché di licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale, l'articolo 2 del decreto legislativo prevede le stesse sanzioni previste dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro "indipendentemente dal motivo formalmente addotto" e un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, in misura non inferiore, in ogni caso, a cinque mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
La disciplina di cui al presente articolo trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del
lavoratore. In accoglimento di una osservazione presente nel parere espresso dalla Commissione Lavoro del Senato, la disposizione, prima collocata nel comma 3 dell’articolo 3, in materia di licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore, costituente richiamo del relativo divieto di discriminazione, con corrispondente comminatoria della sanzione reintegratoria, è stata collocata ratione materiae nel contesto dell’articolo 2, dedicato appunto ai casi di nullità del licenziamento e in particolare di quello di carattere discriminatorio.
* Il licenziamento è discriminatorio a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, quando deriva da ragioni di discriminazione politica, sindacale, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni personali.
** Sono nulli, ai sensi della normativa vigente, i licenziamenti disposti dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino; causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per malattia del bambino da parte del genitore; irrogati in caso di fruizione del congedo di paternità (anche in caso di adozione o affidamento); determinati da motivi illeciti determinanti ai sensi dell’articolo 1354 del Codice civile.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Il licenziamento disciplinare può essere intimato in presenza di una giusta causa, ovvero una condotta del lavoratore di tale gravità da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro, o di un giustificato motivo soggettivo, ovvero un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore.
Come stabilito dall’articolo 5 della legge n. 15 luglio 1966, n. 604, "L'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro".
La nozione di giusta causa è contenuta nell'articolo 2119 del codice civile, ai sensi del quale ciascuna delle parti del rapporto di lavoro a tempo indeterminato può recedere dal contratto, senza preavviso, qualora si verifichi, come detto, una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro. L'articolo precisa che non costituisce giusta causa il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda.
La giusta causa ricorre allorché siano commessi fatti di particolare gravità i quali, valutati oggettivamente e soggettivamente, sono tali da configurare una grave e irrimediabile negazione degli elementi essenziali del rapporto. A differenza dei comportamenti che costituiscono giustificato motivo soggettivo, che devono essere strettamente attinenti al rapporto contrattuale, secondo giurisprudenza e dottrina i comportamenti che integrano la giusta causa possono anche essere estranei alla sfera del contratto, ma idonei a produrre riflessi negativi nell’ambiente di lavoro e a deteriorare la fiducia insita nel rapporto di lavoro stesso.
Secondo dottrina e giurisprudenza, nel caso di "notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro" ricorre l'ipotesi del c.d. giustificato motivo soggettivo. Poiché si parla di inadempimento, i fatti che lo configurano devono essere costituiti esclusivamente da comportamenti attinenti al rapporto di lavoro. L’inadempimento si caratterizza in questo caso per essere di minore gravità "quantitativa" rispetto a quello che costituisce giusta causa per il recesso.
Il licenziamento disciplinare nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: prima e dopo la legge n. 92 del 2012.
Come era. Nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori previgente la legge n. 92 del 2012, il licenziamento per motivi disciplinari era disposto per giusta causa o giustificato motivo soggettivo per la violazione di obblighi contrattuali contenuti nel codice disciplinare o in presenza di un illecito penalmente perseguibile compito dal lavoratore. In caso di annullamento del licenziamento, il giudice disponeva la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Come è. Il testo dell'articolo 18 modificato dalla legge n. 92 del 2012 prevede diverse ipotesi:
a) reintegrazione e indennità risarcitoria (massimo 12 mensilità): nell’ipotesi in cui il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, per insussistenza del fatto contestato, ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente e al risarcimento dei danni subiti, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, entro un massimo di 12 mensilità di retribuzione (rispetto alla normativa previgente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, si sopprime il limite minimo di 5 mensilità), dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi alla ricerca di una nuova occupazione. Il datore di lavoro è condannato altresì al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Il lavoratore mantiene la facoltà di scegliere, in luogo della reintegrazione, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità;
b) indennità risarcitoria (da 12 a 24 mensilità): nelle altre ipotesi, meno gravi, di accertata illegittimità del licenziamento disciplinare, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro non alla reintegrazione nel posto di lavoro, bensì al pagamento di un’indennità risarcitoria che può essere modulata dal giudice tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo;
c) indennità risarcitoria (da 6 a 12 mensilità): l'indennità risarcitoria si applica anche nei casi di violazione del requisito di motivazione o della procedura disciplinare o della procedura di conciliazione. In questi casi, se l’accertamento del giudice si limita alla rilevazione del vizio di forma o di procedura, esso comporta l’attribuzione al dipendente di un’indennità compresa fra 6 e 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
Il licenziamento disciplinare nel decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
L'articolo 1, comma 7, lettera c), della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, prevede, per le nuove assunzioni, il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento.
Articolo 3, comma 1. Si precisa che l'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo fa riferimento al licenziamento sia per giustificato motivo oggettivo sia per giustificato motivo soggettivo sia per giusta causa in assenza dei cui estremi il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
Per semplicità di illustrazione si mantiene la nota distinzione fra licenziamento discriminatorio, disciplinare ed economico facemdo presente che il comma 1 dell'articolo 3 (vedi infra) disciplina insieme il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d. licenziamento economico), per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa (c.d. licenziamento disciplinare).
Articolo 3, comma 2. In attuazione di quanto previsto dalla legge delega, con particolare riferimento al licenziamento disciplinare, l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo prevede che esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia DIRETTAMENTE DIMOSTRATA IN GIUDIZIO L'INSUSSISTENZA DEL
FATTO MATERIALE CONTESTATO AL LAVORATORE*, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione. La suddetta disciplina trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore.
Al lavoratore è attribuita la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultima retribuzione di
riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
* La sentenza della Cassazione 6 novembre 2014, n. 23669, si è pronunciata a favore della tesi del "fatto materiale" a proposito della fattispecie dell'"insussistenza del fatto contestato" di cui al quarto comma dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che dà diritto alla reintegrazione del lavoratore, distinguendola nettamente dalla qualificazione del fatto e quindi espungendo da essa ogni valutazione in ordine alla gravità del comportamento addebitato. Secondo la Suprema Corte la reintegrazione si realizza in relazione alla verifica della sussistenza/insussistenza del fatto materiale posto a fondamento del licenziamento, così che tale verifica si risolve e si esaurisce nell'accertamento, positivo o negativo, dello stesso fatto, che dovrà essere condotto senza margini per valutazioni discrezionali. Con la conseguenza che esula dalla fattispecie che è alla base della reintegrazione ogni valutazione attinente al profilo della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità del comportamento addebitato.
La Cassazione, quindi, ha nettamente «distinto l'accertamento del fatto materiale, la cui insussistenza dà diritto alla reintegrazione ai sensi del comma 4, dalla qualificazione del fatto, e cioè la mancanza di proporzionalità della sanzione espulsiva rispetto ad un fatto insussistente che dà diritto solo all'indennità prevista dal comma 5. Questa interpretazione della Cassazione esce ancor più rafforzata dal decreto legislativo approvato dal Governo il 24 dicembre 2014 in quanto tale interpretazione viene recepita quasi testualmente dal decreto che la cristallizza in norma, sia pure per i nuovi assunti, avendo stabilito nell'articolo 3, comma 2, che nel licenziamento disciplinare ingiustificato il diritto alla reintegrazione sorge "esclusivamente" quando venga "direttamente dimostrata ... l'insussistenza del fatto materiale rispetto alla
quale rimane estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento.".» (Xxxx. Xxxxx Xxxxxx, Il licenziamento disciplinare: novità legislative e giurisprudenziali sul regime sanzionatorio).
LICENZIAMENTO ECONOMICO
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è il licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: prima e dopo la legge n. 92 del 2012.
Come era. In caso di annullamento del licenziamento il giudice, prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 92 del 2012, disponeva la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Com'é. Il testo dell'articolo 18 modificato dalla legge n. 92 del 2012 prevede in questo caso diverse ipotesi:
a) indennità risarcitoria: nei casi in cui il giudice accerti che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento disponendo il pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva che può essere modulata tra 12 e 24 mensilità di retribuzione, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni
dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, nonché delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione;
b) reintegrazione: tuttavia, il giudice, nel caso in cui accerti "la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo", può applicare la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro (c.d. tutela reale) e un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
c) quest'ultimo tipo di tutela opera altresì per i casi in cui il giudice accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore e per i licenziamenti intimati, nei casi di infortunio e di malattia, prima del decorso del periodo in cui si ha diritto (ai sensi delle disposizioni di fonte legale o contrattuale o comunque interne all'azienda) alla conservazione del posto;
d) qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste per questi tipi di licenziamento.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, giustificato motivo soggettivo o giusta causa nel decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
L’articolo 3, comma 1, disciplina il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (c.d. licenziamento economico), giustificato motivo soggettivo o giusta causa (c.d. licenziamento disciplinare), nel senso di una riduzione dell’area della tutela reale (ossia della reintegrazione nel posto di lavoro) e, contemporaneamente, di un ampliamento dell’area della tutela obbligatoria (indennità) in caso di licenziamento illegittimo.
Se non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (licenziamento economico) o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (licenziamento disciplinare), il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna l'imprenditore al pagamento di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.
Si prevede, inoltre, che non si applichi la procedura di conciliazione prevista per i licenziamenti economici individuali.
VIZI FORMALE E PROCEDURALI
L'articolo 4 del decreto legislativo prevede che nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione o della procedura sulle sanzioni disciplinari, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per
ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle altre tutele.
Da notare che il sesto comma dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevede, per le stesse ipotesi, una misura dell’indennità risarcitoria stabilita tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità. L'altra differenza rispetto alla normativa vigente è che il decreto legislativo non prevede tra i motivi di inefficacia del licenziamento il mancato rispetto della procedura di conciliazione di cui alla legge n. 604 del 1966 (di cui è esclusa l'applicazione).
Articolo 18 dello Statuto dei lavoratori | Art. 4 del decreto legislativo |
(6) Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente xxxxx, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. | 1. Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto. |
REVOCA DEL L. ICENZIAMENTO
L’articolo 5 prevede che nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente decreto.
Questa norma è identica alla corrispondente normativa vigente (articolo 18, comma 10, della legge n. 300 del 1970).
OFFERTA DI CONCILIAZIONE
L'articolo 6 del decreto legislativo introduce una nuova ipotesi di conciliazione volontaria per la risoluzione stragiudiziale delle controversie sui licenziamenti illegittimi.
In particolare, si prevede che in caso di licenziamento dei lavoratori, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare (fino a un massimo di sei mensilità per le imprese fino a 15 dipendenti).
Questa caratteristica rende molto attraente questo strumento, ma - come fatto notare da alcuni osservatori - si è persa un'occasione per semplificare il quadro normativo che oggi vede la coesistenza di diverse tipologie di conciliazioni, alcune delle quali scarsamente efficaci perché troppo complicate.
L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
La nuova procedura è stata introdotta solo per i nuovi assunti ai quali non si applicherà più la procedura prevista dalla c.d. legge Fornero (conciliazione obbligatoria alla direzione territoriale del lavoro). Ai lavoratori già assunti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo si continuerà ad applicare la "vecchia" procedura di conciliazione.
Lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del Jobs Act | Lavoratori assunti dopo l'entrata in vigore del Jobs Act | Punti di forza e nodi critici | |
Campo di applicazione | Si applica solo la conciliazione preventiva alla Direzione territoriale del lavoro, per aziende con più di 15 dipendenti che intendono licenziare fino a 4 lavoratori per motivi economici | Si può utilizzare la conciliazione facoltativa per qualsiasi licenziamento | Punti di forza 1. L'incentivo fiscale per la nuova conciliazione facoltativa renderà molto conveniente la stipula di un accordo |
Volontarietà | La procedura è obbligatoria. Il mancato espletamento della procedura rende improcedibile l'azione | La procedura è volontaria, le parti possono liberamente decidere di no seguirla | 2. La scelta di consentire la stipula dell'accordo presso le tradizionali sedi protette semplifica la procedura |
Sedi di svolgimento | Direzione territoriale del lavoro | Il datore di lavoro può offrire mediante assegno circolare una somma per rinunciare all'eventuale causa in una delle sedi di conciliazione abilitate dalla legge | Nodi critici 1. La conciliazione preventiva alla Dtl ha dato buoni risultati applicativi, il suo abbandono potrebbe ridurre il numero delle conciliazioni |
Possibile esito | 1. Accordo (con ricollocazione del dipendente oppure pagamento di un incentivo all'esodo e un eventuale servizio di outplacement) 2. Mancato accordo (con facoltà per l'azienda di licenziare e per il lavoratore di agire in giudizio) | 1. Il lavoratore accetta e perde il diritto di impugnare il licenziamento 2. Il lavoratore rifiuta e può fare causa. | 2. La nuova procedura di conciliazione incentivata potrebbe risultare poco attrattiva, nei casi dove il lavoratore non intende impugnare solo il licenziamento |
Collegamento con il processo | L'eventuale accordo comporta la rinuncia all'azione | L'accettazione dell'offerta comporta la decadenza dal diritto ad agire per impugnare il licenziamento, mentre lascia aperte eventuali altri contenziosi | 3. La convivenza di regole vecchie e nuove può creare problemi applicativi |
Entità del risarcimento | La definizione delle somme è completamente rimessa al negoziato tra le parti | 1 mensilità per ogni anno di lavoro, da un minimo di 2 sino a un massimo di 18 | |
Incentivi fiscali e contributivi | Gli incentivi all'esodo pagati in base agli accordi raggiunti in sede di Dtl sono esenti da contribuzione e sono soggetti a tassazione separata, secondo la disciplina ordinaria | Le somme pagate dal datore di lavoro sono esenti da tasse e contributi | Bilancio della legge n. 92 I risultati delle conciliazioni obbligatorie previste dalla legge 92/2012 per i licenziamenti individuali per motivi economici |
Conciliazioni avviate dal 2012 al primo semestre 2014: 39.326 Esito positivo: 47% Esito negativo: 37% In corso: 16% |
Fonte: Sole 24ore
COMPUTO DELL'ANZIANITÀ NEGLI APPALTI
L’articolo 7 prevede che ai fini del calcolo delle indennità dovute dal datore di lavoro l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa che subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata.
COMPUTO DELLE INDENNITÀ PER FRAZIONI DI ANNO
L’articolo 8 disciplina il computo delle indennità dovute dal datore di lavoro per frazioni di anno, prevedendo che le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
PICCOLE IMPRESE E ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA
L’articolo 9 disciplina l’applicazione della normativa nelle piccole imprese e nelle organizzazioni di tendenza.
Si dispone, per le aziende fino a 15 dipendenti, la non applicabilità della tutela reale (reintegrazione del lavoratore) in caso di licenziamento disciplinare illegittimo e il dimezzamento delle indennità dovute dal datore di lavoro.
Si tratta delle indennità dovute:
a) per il licenziamento illegittimo per giustificato motivo soggettivo o giusta causa (2 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità);
b) per il licenziamento illegittimo per vizi formali o procedurali (1 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità);
c) per l'offerta di conciliazione del datore di lavoro attraverso consegna al lavoratore di un importo pari a 1 mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, in misura comunque non inferiore a 2 e non superiore a 18 mensilità.
Si ricorda che con la legge n. 92 del 2012, per le imprese fino a 15 dipendenti, non era cambiato quasi nulla rispetto alla disciplina previgente: in caso di licenziamento illegittimo per tali imprese restava la facoltà del datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore oppure di risarcirlo nella misura stabilita dal giudice tra 2,5 e 6 mensilità.
Si specifica, inoltre, che nella nozione di datori di lavoro rientrano anche i soggetti che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
LICENZIAMENTO COLLETTIVO
L’articolo 10 disciplina le conseguenze del licenziamento collettivo illegittimo, nel senso di una riduzione dell’area della tutela reale (ossia della reintegrazione nel posto di lavoro) e, contemporaneamente, di un ampliamento dell’area della tutela obbligatoria (indennità) prevedendo l'estensione delle disposizioni in materia di licenziamento illegittimo anche ai licenziamenti collettivi disciplinati dalla legge 23 luglio 1991, n. 223.
L’istituto del licenziamento collettivo è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività.
L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia.
La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.
Il comma 1 dell'articolo 9 prevede che:
a) in caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica
la reintegrazione e l'indennità risarcitoria;
b) in caso di violazione delle procedure relative alla comunicazione dei recessi da parte dell'impresa o dei criteri di scelta stabiliti dalla legge ai fini dell'individuazione dei lavoratori da licenziare, si applica il regime dell'indennizzo monetario (in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità).
Attualmente in caso di violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare l'impresa è punita con la sanzione della reintegrazione (più un risarcimento fino a 12 mensilità).
Quindi la violazione dei criteri di scelta nell'individuazione dei lavoratori da licenziare verrà sanzionata come la violazione delle procedure relative alla comunicazione dei recessi da parte dell'impresa (oggi sanzionate in maniera diversa).
Il comma 2 prevede inoltre che la disciplina contenuta nel provvedimento si applichi anche alle c.d. organizzazioni di tendenza, ossia ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto.
LEGGE 23 LUGLIO 1991, N. 223 | DECRETO LEGISLATIVO |
Articolo 5. Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese 3. Qualora il licenziamento sia intimato senza l'osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all'articolo 18, primo comma*, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate all'articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18**. In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18***. Ai fini dell'impugnazione del licenziamento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. * senza forma scritta = reintegrazione ** violazione comunicazione = indennità ***violazione criteri di scelta = reintegrazione + indennità non superiore a 12 mesi | Art. 10 . Licenziamento collettivo. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto*. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’articolo 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1**. * senza forma scritta = reintegrazione + indennità non inferiore a 5 mensilità **violazione comunicazione e criteri di scelta = indennità 4-24 mensilità |
RITO APPLICABILE
L’articolo 11 esclude per i licenziamenti oggetto del provvedimento l’applicazione della disciplina processuale speciale per le controversie derivanti dai licenziamenti di cui all'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, prevista dall'articolo 1, commi da 47 a 68, della legge n. 92 del 2012.
DISCIPLINA DEL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO PREVISTA DALLA NORMATIVA VIGENTE E DAL DECRETO LEGISLATIVO IN MATERIA DI CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI
DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI | SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO | |||||||
(articolo 18 Statuto dei lavoratori, come modificato | in materia di contratto di lavoro a tempo | |||||||
dalla legge n. 92 del 2012, legge n. 223 del 1991, legge | indeterminato a tutele crescenti | |||||||
n. 604 del 1966) | ||||||||
LICENZIAMENTO | reintegrazione + risarcimento | (non inferiore a | 5 | reintegrazione + risarcimento | (non | inferiore | a | 5 |
DISCRIMINATORIO, | mensilità) | mensilità) | ||||||
NULLO O INTIMATO IN | ||||||||
FORMA ORALE | ||||||||
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE | insussistenza del fatto contestato e fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa: reintegrazione + indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità | insussistenza del fatto materiale contestato: reintegrazione + indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità | ||||||
altre ipotesi di assenza degli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa: indennità risarcitoria da 12 a 24 mensilità | assenza degli estremi del licenziamento per giustificato motivo soggettivo o giusta causa: indennità risarcitoria da 4 a 24 mensilità | |||||||
LICENZIAMENTO PER | inidoneità fisica o psichica del lavoratore ovvero | disabilità fisica o psichica del lavoratore: | ||||||
INIDONEITA' FISICA O | malattia: reintegrazione + indennità risarcitoria non | reintegrazione + indennità risarcitoria non superiore | ||||||
PSICHICA | superiore a 12 mensilità | a 5 mensilità | ||||||
LICENZIAMENTO | violazione del requisito di motivazione o della procedura | violazione del requisito di motivazione o della procedura | ||||||
INEFFICACE | disciplinare o della procedura di conciliazione: | disciplinare: indennità risarcitoria da 2 a 12 mensilità | ||||||
indennità risarcitoria da 6 a 12 mensilità | ||||||||
LICENZIAMENTO | manifesta insussistenza del fatto posto a base del | |||||||
ECONOMICO | licenziamento per giustificato motivo oggettivo: | |||||||
reintegrazione + indennità risarcitoria non superiore | ||||||||
a 12 mensilità |
altre ipotesi mancanza degli estremi del giustificato motivo oggettivo: indennità risarcitoria da 12 a 24 mensilità | mancanza degli estremi del giustificato motivo oggettivo: indennità risarcitoria da 4 a 24 mensilità | |
LICENZIAMENTO NELLE PICCOLE IMPRESE | riammissione in servizio o indennità da 2,5 a 6 mensilità nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa | no reintegrazione nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa dimezzamento, nel limite massimo di 6 mensilità, delle indennità e dell’importo previsti per licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o giusta causa, vizi formali e procedurali e offerta di conciliazione |
LICENZIAMENTI COLLETTIVI | senza forma scritta: reintegrazione + indennità risarcitoria (non inferiore a 5 mensilità) violazione criteri di scelta: reintegrazione + indennità non superiore a 12 mensilità violazione procedure di comunicazione: indennità da 12 a 24 mensilità | senza forma scritta: reintegrazione + indennità risarcitoria (non inferiore a 5 mensilità) violazione delle procedure di comunicazione o dei criteri di scelta per dell'individuazione dei lavoratori da licenziare: indennità da 4 a 24 mensilità |
LA DISCIPLINA DEL LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO
nell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (prima e dopo la legge n. 92 del 2012)
e nel decreto legislativo in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti TESTO A FRONTE
LEGGE 20 MAGGIO 1970, n. 300 Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento | SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti | |
TESTO PREVIGENTE | TESTO VIGENTE | |
Articolo 18 Reintegrazione nel posto di lavoro | Articolo 18 Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo | |
Art. 1 – Campo di applicazione. 1. Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto. 2. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del presente decreto, di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato. 3. Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente |
(1) Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di reintegrare il lavoratore nel posto di | LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO (1) Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché DISCRIMINATORIO ai sensi dell'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, ovvero intimato in concomitanza col matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, o in violazione dei divieti di licenziamento di cui all'articolo 54, commi 1, 6, 7 e 9, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende | all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto. Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale. 1. Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché DISCRIMINATORIO a norma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, ovvero perché riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto. IDEM. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si |
lavoro. Tali disposizioni si applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che nell'ambito dello stesso comune occupano più di quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro. (4) Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà | risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale. (2) Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subìto dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato inoltre, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. | intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità di cui al terzo comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento dichiarato inefficace perché intimato in forma orale. IDEM (con qualche differenza). 2. Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia, stabilendo a tal fine un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità |
essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto. (5) Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, nè abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti. (6) La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è | (3) Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. [Abrogato] | dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali. IDEM. 3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La richiesta dell'indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia o dall'invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione. vedi il comma 7 dell'articolo 18). 4. La disciplina di cui al presente articolo trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68. |
provvisoriamente esecutiva. | LICENZIAMENTO DISCIPLINARE (4) Il giudice, nelle ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall'illegittimo licenziamento e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest'ultimo caso, qualora i contributi | Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa. |
afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d'ufficio alla gestione corrispondente all'attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al datore di lavoro. A seguito dell'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall'invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro ai sensi del terzo comma. (5) Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all'anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo. | 1. Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo, nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. 2. (vedi il comma 4 dell'articolo 18). Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia |
direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera c, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore a dodici mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione, senza applicazione di sanzioni per omissione contributiva. Al lavoratore è attribuita la |
LICENZIAMENTO INEFFICACE (6) Nell'ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all'articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo. vedi il comma 4 dell'articolo 2 del decreto). (7) Il giudice applica la medesima disciplina di cui al quarto comma del presente articolo nell'ipotesi in cui accerti il difetto di giustificazione del licenziamento intimato, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68, per motivo | facoltà di cui all’articolo 2, comma 3. 3. Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’articolo 7 della legge n. 604 del 1966. Art. 4 – Vizi formali e procedurali. 1. Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all’articolo 7 della legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto. |
oggettivo consistente nell'inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ovvero che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. LICENZIAMENTO ECONOMICO Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo. 8) Le disposizioni dei commi dal quarto al settimo si applicano al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa |
2) Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui al primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. (3) Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie. | più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti. (9) Ai fini del computo del numero dei dipendenti di cui all'ottavo comma si tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all'orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di cui all'ottavo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditizie. (10) Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal | Art. 5 – Revoca del licenziamento. IDEM. 1. Nell'ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell'impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del |
(7) Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. (8) L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile. (9) L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa. (10) Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il | presente articolo. (11) Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. (12) L'ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con reclamo immediato al giudice medesimo che l'ha pronunciata. Si applicano le disposizioni dell'articolo 178, terzo, quarto, quinto e sesto comma del codice di procedura civile. (13) L'ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la causa. (14) Nell'ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all'articolo 22, il datore di lavoro che non ottempera alla | lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente decreto. |
datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui al quarto comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore. | sentenza di cui al primo comma ovvero all'ordinanza di cui all'undicesimo comma, non impugnata o confermata dal giudice che l'ha pronunciata, è tenuto anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo adeguamento pensioni di una somma pari all'importo della retribuzione dovuta al lavoratore. | Art. 6 – Offerta di conciliazione. 1. In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non |
superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Le eventuali ulteriori somme pattuite nella stessa sede conciliativa a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro sono soggette al regime fiscale ordinario. 2. Alle minori entrate derivanti dal comma 1 pari a 2 milioni per l'anno 2015, 7,9 milioni di euro per l'anno 2016, 13,8 milioni di euro per l'anno 2017, 17,5 milioni di euro per l'anno 2018, 21,2 milioni di euro per l'anno 2019, 24,4 milioni di euro per l'anno 2020, 27,6 milioni di euro per l'anno 2021, 30,8 milioni di euro per l'anno 2022, 34,0 milioni di euro per l'anno 2013 e 37,2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024 si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. 3. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio sull’attuazione della presente |
disposizione. A tal fine la comunicazione obbligatoria telematica di cessazione del rapporto di cui all’articolo 4-bis del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, è integrata da una ulteriore comunicazione, da effettuarsi da parte del datore di lavoro entro 65 giorni dalla cessazione del rapporto, nella quale deve essere indicata l’avvenuta ovvero la non avvenuta conciliazione di cui al comma 1 e la cui omissione è assoggettata alla medesima sanzione prevista per l’omissione della comunicazione di cui al predetto articolo 4- bis. Il modello di trasmissione della comunicazione obbligatoria è conseguentemente riformulato. Alle attività di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti. 1. Ai fini del calcolo delle indennità e dell’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa subentrante nell’appalto si computa tenendosi conto di tutto il periodo durante il quale il |
lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata. Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno. 1. Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’importo di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero. Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza. 1. Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l'ammontare delle indennità e dell’importo previsti dall'articolo 3, comma 1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6, comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità. 2. Ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al presente |
decreto. Art. 10 – Licenziamento collettivo. 1. In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo 2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, o dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui all'articolo 3, comma 1. Art. 11 – Rito applicabile. 1. Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le disposizioni dei commi da 48 a 68 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012. Art. 12 - Entrata in vigore. 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. |
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE LAVORO DEL SENATO SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 134
L’11a Commissione permanente,
esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,
esprime parere favorevole, invitando il Governo a valutare l'opportunità delle seguenti osservazioni e integrazioni.
In termini generali, la regolazione dei nuovi contratti permanenti deve allinearsi alle discipline vigenti negli altri Paesi europei, anche a quelle più protettive.
Le regole diventano semplici e certe quanto più sono omogeneamente applicate a tutto il lavoro pubblico e privato, con l'eccezione delle amministrazioni d'ordine, ferme restando le procedure concorsuali per accedere alle funzioni pubbliche. La Commissione impegna il Governo a procedere in questa direzione.
In sede di definizione del campo di applicazione (articolo 1) è necessario ancora chiarire – in armonia con quanto stabilito nella legge di stabilità 2015 – che la nuova disciplina si applica anche:
- nel caso di conversione, successiva all’entrata in vigore del decreto legislativo, del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato;
- nel caso in cui venga dichiarato illegittimo un contratto di somministrazione a tempo indeterminato costituito dopo l'entrata in vigore del decreto;
- nel caso in cui venga dichiarato illegittimo un contratto di somministrazione a termine, costituito rima dell'entrata in vigore del decreto, con conseguente conversione in contratto di lavoro ordinario a tempo determinato, e quest'ultimo venga convertito in contratto di lavoro ordinario a tempo indeterminato dopo l'entrata in vigore del decreto;
- nel caso di conversione, successiva all'entrata in vigore del decreto, del rapporto di apprendistato (anche se costituito prima dell’entrata in vigore del decreto) in rapporto di lavoro ordinario a tempo indeterminato.
Con riferimento ai licenziamenti nulli in quanto discriminatori (articolo 2), si rileva la mancanza di un riferimento espresso alle fattispecie di licenziamento discriminatorio previste dal nostro ordinamento. Risulta quindi opportuno definire meglio il perimetro applicativo dello stesso articolo (con ripresa, senza variazioni, dell’elenco di criteri di differenziazione vietati contenuto nell’articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori) e specificare se esistono casi di nullità sottratti al regime descritto.
È inoltre opportuno chiarire che rientrano nel caso generale di insussistenza o insufficienza del motivo oggettivo:
- il caso del licenziamento per esito negativo della prova quando il relativo patto risulti invalido o il relativo termine risulti già scaduto;
- il caso del licenziamento per raggiunti limiti di età, quando risulti insussistente tale requisito.
Con riferimento all'articolo 3, comma 2, è auspicabile chiarire il regime sanzionatorio applicabile sui contributi previdenziali.
Appare infine opportuno che la disposizione attualmente collocata nel comma 3 dell’articolo 3, in
materia di licenziamento per inidoneità fisica o psichica del lavoratore, costituente richiamo del relativo divieto di discriminazione, con corrispondente comminatoria della sanzione reintegratoria, venga collocata ratione materiae nel contesto dell’articolo 2, dedicato appunto ai casi di nullità del licenziamento e in particolare di quello di carattere discriminatorio.
Con riferimento alla formulazione dell'articolo 3 comma 1, in materia di quantificazione dell'indennizzo a seguito di procedimento giudiziale, è opportuno precisare che il carattere vincolante del meccanismo di calcolo dell'indennità, parametrato all'anzianità di servizio, non consente una determinazione dell'indennità medesima in misura diversa da quella che deriva dall'applicazione del criterio dell'anzianità di servizio in azienda.
In ordine all'offerta conciliativa (articolo 6), è opportuno in primo luogo riflettere su una possibile estensione di tale strumento allo scioglimento di tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, indipendentemente dalla data di assunzione. È opportuno anche specificare che il termine perentorio coincidente con i termini dell'impugnazione stragiudiziale del licenziamento si applica esclusivamente all'offerta della somma da corrispondere, mentre non si applica alla consegna dell'assegno circolare, che può essere, quindi, effettuata anche successivamente. D’altra parte, è opportuno consentire che il pagamento avvenga anche mediante bonifico bancario.
Coerentemente con quanto rilevato dalla Commissione Giustizia, considerato che l'offerta conciliativa prevista dall'articolo 6 costituisce un complemento dell'istituto di arbitrato di cui all'articolo 31 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cosiddetto Collegato Lavoro), si rende opportuno prevedere, nell'ambito del predetto articolo 6, l'emanazione di disposizioni regolamentari di attuazione del medesimo mediante un apposito decreto ministeriale.
È opportuno, inoltre, definire che cosa si intenda per "retribuzione globale di fatto" e confermare esplicitamente la possibilità che la transazione abbia a oggetto, oltre alla rinuncia all’impugnazione del licenziamento, anche altre materie attinenti al passato svolgimento del rapporto, prevedendo il pagamento di una somma ulteriore, precisando che l'esenzione fiscale e contributiva non si applica alla parte del pagamento eccedente rispetto all’importo definito nella norma.
Gli enti e le associazioni "di tendenza" sono caratterizzate da un particolare rapporto di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, con la conseguente opportunità di conservare la vigente possibilità di risolvere il rapporto di lavoro, senza il rischio che una valutazione difforme da parte del giudice possa portare alla ricostituzione autoritativa del rapporto stesso.
Con riferimento ai licenziamenti collettivi (articolo 10), è opportuno chiarire che trovano applicazione le misure ridotte dell'indennità, contemplate dall'articolo 9, comma 1, qualora l'impresa non superi i limiti dimensionali richiamati (si osservi in proposito che l'impresa potrebbe essere soggetta alla disciplina del licenziamento collettivo, pur non superando la soglia dimensionale ai fini della disciplina dei licenziamento, essendo l'organico, complessivamente inferiore a 61 dipendenti, suddiviso in unità produttive ciascuna al di sotto dei 16 dipendenti). È opportuno, infine, escludere dall'ambito di applicazione della disposizione in esame, in quanto licenziamento individuale - sebbene plurimo - per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento, a seguito di cessione di appalti di servizi, da parte dell'assuntore cessante dei lavoratori dipendenti che siano impiegati nell'appalto da almeno quattro mesi e comunque dal maggior termine eventualmente previsto dal contratto collettivo nazionale cui aderisce l'assuntore uscente.
Con riferimento ai licenziamenti collettivi, il Governo valuti l'opportunità di rivedere il regime sanzionatorio dell'articolo 10, prevedendo la reintegrazione in caso di violazione dei criteri previsti dai contratti collettivi.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE LAVORO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 134
La XI Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti (atto n. 134), che costituisce il primo provvedimento attuativo della delega di cui alla legge 10 dicembre 2014, n. 183;
evidenziato come le misure relative all'introduzione, per i nuovi assunti, del contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, che determinano un ridimensionamento delle tutele in caso di licenziamento illegittimo, trovano un bilanciamento nel quadro di un sistema di interventi più ampio e comprensivo volto, in particolare, a rafforzare le tutele per i lavoratori che abbiano perduto involontariamente l'occupazione e a limitare il ricorso a contratti precari, promuovendo, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro, secondo quanto espressamente previsto dal criterio di delega di cui all'articolo 1, comma 7, lettera b), della richiamata legge n. 183 del 2014;
auspicato che il provvedimento in esame contribuisca a promuovere, unitamente agli altri interventi messi in campo dal Governo, la ripresa dei livelli occupazionali e l'incremento della quota di assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato;
considerata favorevolmente la scelta del Governo di procedere in modo contestuale all'adozione del provvedimento in esame e di quello che rafforza le tutele in caso di disoccupazione involontaria, con ciò rendendo possibile un loro contemporaneo esame da parte della Commissione;
valutata positivamente, in questo contesto, la scelta compiuta dalla legge di stabilità 2015 in materia di incentivazione sul piano fiscale e contributivo dei contratti di lavoro a tempo indeterminato;
segnalata l'opportunità di una riconsiderazione delle caratteristiche degli sgravi contributivi ivi previsti per le assunzioni a tempo indeterminato al fine di assicurarne la massima efficacia sotto il profilo della creazione di posti di lavoro stabili e di qualità e di garantirne l'estensione anche agli anni successivi al 2015;
considerato che il provvedimento introduce esclusivamente una nuova disciplina delle tutele in caso di licenziamento per i lavoratori con qualifica non dirigenziale assunti dopo la sua entrata in vigore e, pertanto, devono intendersi applicabili anche ai nuovi rapporti di lavoro tutte le disposizioni vigenti relative ai contratti a tempo indeterminato che non attengano alla disciplina delle medesime tutele;
rilevato che il processo di privatizzazione dei rapporti di pubblico impiego comporta la necessità di una tendenziale omogeneità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati e che, come già evidenziato dal Governo, la materia dei licenziamenti nel pubblico impiego sarà affrontata nell'ambito del disegno di legge concernente la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, al momento in discussione al Senato (Atto Senato n. 1577);
osservato che l'articolo 2, comma 1, nel confermare il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro nei casi di licenziamenti nulli e discriminatori, non riproduce esattamente il contenuto
dell'articolo 18, comma 1, primo periodo, della legge n. 300 del 1970, ma apporta alcune semplificazioni, eliminando, tra l'altro, il riferimento ai licenziamenti causati da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile;
ritenuto che, per i licenziamenti ingiustificati ai quali non si applica la sanzione conservativa, occorra incrementare la misura minima e la misura massima dell'indennizzo economico dovuto al lavoratore;
considerato che, ai fini della definizione delle specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato per le quali viene confermato il diritto alla reintegrazione, va assicurata la salvaguardia del principio di proporzionalità tra la gravità dei fatti contestati e la sanzione del licenziamento;
osservato che l'articolo 3, comma 2, terzo periodo, reca disposizioni relative al calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali, nei casi ivi previsti di reintegrazione del lavoratore licenziato per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, che si discostano da quelle attualmente stabilite, per analoghe fattispecie, dall'articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
ritenuto, opportuno in relazione a quanto previsto all'articolo 3, comma 3, assicurare una tutela di carattere reintegratorio nelle fattispecie nelle quali, con riferimento a lavoratori assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, si accerti che il licenziamento sia stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile, in analogia a quanto previsto dall'articolo 18, settimo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
considerata l'opportunità di confermare l'applicazione senza eccezioni, anche per i lavoratori assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, delle disposizioni in materia di onere della prova per i licenziamenti ingiustificati, con particolare riferimento all'articolo 5 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ai sensi del quale l'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro;
ritenuto che, come emerge anche dall'esame parlamentare svolto in occasione dell'approvazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183, l'esclusione, per i lavoratori assunti con il nuovo contratto a tutele crescenti, dell'applicazione di sanzioni di tipo conservativo, con la previsione di indennizzi economici certi e crescenti con l'anzianità di servizio, prevista dall'articolo 1, comma 7, lettera c), della medesima legge n. 183 del 2014, deve intendersi riferita alle sole fattispecie relative a licenziamenti individuali, non essendo in discussione la disciplina dei licenziamenti collettivi di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni; rilevato che l'applicazione della disciplina di cui al presente provvedimento anche ai licenziamenti collettivi determinerebbe un indebolimento del ruolo della contrattazione collettiva e delle procedure di confronto con le associazioni sindacali nella gestione dei licenziamenti relativi a esigenze tecnico-produttive e organizzative, che potrebbe rendere più difficoltosa la gestione dei
processi di ristrutturazione aziendale;
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:
all'articolo 10, sostituire il comma 1 con il seguente: 1. In caso di licenziamento collettivo ai
sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ai lavoratori di cui all'articolo 1 si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 3, della medesima legge;
all'articolo 3, comma 1, provveda il Governo a incrementare la misura minima e massima delle indennità dovute in caso di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, ferma restando la regola che prevede la corresponsione di un'indennità pari a due mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio;
provveda il Governo a rivedere la formulazione dell'articolo 3, comma 2, primo periodo, al fine di assicurare la reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa in cui sussista una evidente sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l'addebito disciplinare contestato;
e con le seguenti osservazioni:
a) valuti il Governo l'opportunità di precisare in modo espresso che le disposizioni di cui al presente provvedimento non si applicano ai rapporti di lavoro di pubblico impiego, in vista del complessivo riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, in attuazione della delega di cui al disegno di legge concernente la riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, attualmente all'esame al Senato (Atto Senato n. 1577);
b) valuti il Governo l'opportunità di escludere l'applicazione della disciplina di cui al presente decreto nei casi di instaurazione di nuovi rapporti di lavoro da parte di lavoratori in servizio all'entrata in vigore del presente provvedimento che passano alle dipendenze di imprese che subentrano in un appalto ovvero di processi di mobilità all'interno di un gruppo di imprese, che determinino la cessazione di un rapporto di lavoro in essere all'entrata in vigore del presente provvedimento e l'instaurazione di un nuovo rapporto nell'ambito di società controllate o collegate;
c) valuti il Governo l'opportunità di rivedere la formulazione dell'articolo 2, comma 1, primo periodo, dello schema al fine di uniformarla a quella dell'articolo 18, primo comma, primo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300;
d) con riferimento all'articolo 3, valuti il Governo l'opportunità di prevedere che, anche con riferimento ai licenziamenti di cui al presente provvedimento, l'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetti, senza eccezioni, al datore di lavoro;
e) valuti il Governo l'opportunità di chiarire se le modalità di calcolo dei contributi previdenziali e assistenziali di cui all'articolo 3, comma 2, terzo periodo, debbano intendersi equivalenti a quelle previste per analoghe fattispecie dall'articolo 18, quarto comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni;
f) valuti il Governo l'opportunità di prevedere che la tutela di carattere reintegratorio prevista dall'articolo 3, comma 3, si estenda anche ai casi nei quali il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile;
g) valuti il Governo l'opportunità di estendere l'applicazione all'intero provvedimento delle disposizioni, recate dall'articolo 6, comma 3, dello schema, in materia di monitoraggio degli interventi, attualmente riferite alle sole norme concernenti l'offerta di conciliazione.