COMMISSIONE DI CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI
Dipartimento di
Economia Xxxxx Xxxxx
Centro Studi Internazionali e Comparati “Xxxxx Xxxxx”
COMMISSIONE DI CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI
(decreto direttoriale 22 febbraio 2005 del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali)
Il Vice Presidente
c.a. Dott.ssa Xxxxxxxx Xxxxx
ASSOSISTEMA
(invio per e-mail)
Modena, 5 marzo 2013
Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx 00 00000 Xxxxxx (XX)
tel. +39 000.0000000/5
fax +39 000.0000000
e-mail: xxxxxxxxxx@xxxxxxx.xx xxxxxx.xxxxxxxx@xxxxxxx.xx xxx.xxxx.xxxxxxx.xx
Gentile dott.ssa Ferri,
le invio in allegato l’Analisi dei contratti maggiormente utilizzati da parte delle società del comparto della sanificazione del tessile.
A presto.
Xxxxxx Xxxxxxxx
ANALISI DEI CONTRATTI MAGGIORMENTE UTILIZZATI DA PARTE DELLE
SOCIETÀ DEL COMPARTO DELLA SANIFICAZIONE DEL TESSILE
A) Analisi della contrattualistica utilizzata per il reperimento flessibile delle risorse umane necessarie allo svolgimento dei servizi
1 – Contratto di lavoro a tempo determinato
Dall’esame dei contratti rimessi emerge un uso significativo del contratto di lavoro a tempo determinato, considerato uno strumento utile al fine di consentire un adattamento del numero di addetti all’andamento del mercato ed alla periodicità di alcuni lavori.
Tenuto conto delle modifiche operate dalla legge n. 92/2012, le società del settore hanno concretamente a disposizione due possibilità.
Anzitutto, le parti possono sottoscrivere un contratto di lavoro a tempo determinato con indicazione della “causale”, avendo cioè cura di indicare le ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive che ne sono alla base, tenuto conto del singolo e specifico caso, della disciplina normativa in tema di rinnovi e di proroghe dei contratti nonché degli eventuali limiti (soprattutto percentuali) stabiliti dalla contrattazione collettiva. Ai fini del rispetto del requisito di legge si ritiene opportuna una indicazione per quanto più possibile analitica della ragione (specie se tecnica, organizzativa e produttiva). A titolo meramente esemplificativo, l’indicazione della ragione potrebbe essere integrata anche dall’indicazione, in via indicativa e sulla base dello storico, dell’aumento del volume delle commesse nel periodo di riferimento.
In alternativa, ma solo nel caso di primo rapporto a tempo determinato tra le medesime parti, di durata non superiore a dodici mesi o nelle ipotesi sostitutive previste da accordi collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale (in via diretta o in via delegata ai livelli decentrati), le società potrebbero stipulare contratti di lavoro a tempo determinato c.d. “acausali” (ossia senza necessità di specificare la causale), ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, del d.lgs. n. 368/2001. Sul punto si ricorda di tenere in debito conto l’interpretazione fornita dal Ministero del lavoro all’interno della circolare n. 18/2012.
Entrambe le tipologie di contratto a tempo determinato (ovverosia con o senza causale) potrebbero poi opportunamente essere oggetto di certificazione ai fini di ottenere un provvedimento volto a confermare il rispetto dei presupposti di legge, con conseguente riduzione del rischio di contenzioso.
2 – Contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto
Il contratto a progetto non è una tipologia contrattuale particolarmente utilizzata nel settore. Nel caso in cui, comunque, un’azienda intenda utilizzare il contratto a progetto, si
deve porre particolare attenzione alla redazione del progetto stesso e alla relativa indicazione degli obiettivi, tenuto conto della disciplina di cui agli artt. 61-69, d.lgs. n. 276/2003, oggetto di riforma da parte della legge n. 92/2012 e del c.d. decreto sviluppo 2012.
In particolare, si ricorda che il contratto a progetto non può essere utilizzato né per attività che costituiscono mera riproposizione dell’oggetto sociale, né per attività di carattere elementare o ripetitivo. Sul punto, potrebbe quindi apparire opportuno, quantomeno al fine di superare positivamente eventuali accessi ispettivi, tenere in debito conto le indicazioni fornite dal Ministero del lavoro per mezzo delle circolari n. 29/2012 e n. 7/2013.
Tra i documenti esaminati, si rinvengono anche contratti a progetto ricollegati alle attività di ritiro e consegna ai reparti di degenza e servizi ambulatoriali della biancheria necessaria al corretto svolgimento della attività ospedaliera. Non può escludersi a priori l’utilizzabilità del contratto a progetto per questo tipo di attività. Si sottolinea però che il documento contrattuale deve mettere in luce gli aspetti qualitativi connessi a tale attività, anche al fine di evitare che la figura possa essere considerata analoga a quella degli “addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici” e degli “autisti ed autotrasportatori”, considerate dal Ministero del lavoro come difficilmente compatibili con un genuino contratto a progetto (circolare n. 29/2012). Pertanto, in tali casi, il progetto di lavoro deve essere ben esplicitato e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente. In quest’ottica, nell’ambito del progetto dovrebbero essere ricomprese alcune caratteristiche rilevanti, come quelle che di seguito si segnalano a titolo di esempio:
− indicazione di tutti i committenti pubblici e/o privati, con relativa data di inizio e termine dell’esecuzione del servizio di fornitura di biancheria, relativamente ai quali il collaboratore effettua la prestazione. Inoltre, nel caso di pluralità di collaboratori, ciascuno tra loro dovrà svolgere l’attività in via esclusiva verso uno o più committenti determinati;
− il progetto dovrebbe far emergere le caratteristiche professionali possedute dal collaboratore che sono necessarie per l’esecuzione del medesimo. In quest’ottica, il progetto non dovrebbe esaurirsi nel semplice trasporto della biancheria, ma ricomprendere altri aspetti, nient’affatto secondari e volti a far emergere la professionalità del collaboratore e la complessità del progetto: a titolo esemplificativo, si potrebbe porre in evidenza la necessità di verifica delle problematiche sorte all’interno del Presidio Ospedaliero, con conseguente risoluzione immediata da parte del collaboratore, oppure con segnalazione alla committente di quanto non risolvibile in loco; in via alternativa, il progetto potrebbe valorizzare l’attività del collaboratore conferendogli, sempre con riferimento ai clienti finali ai quali il progetto è ricollegato, altre attività rilevanti come quella di verifica circa i fabbisogni del cliente e la tenuta sotto controllo del quantitativo di materiale fornito e la sua eventuale sostituzione, nel caso in cui la società proceda anche al servizio di noleggio della biancheria;
− ancora, il corrispettivo dovrebbe tenere in debito conto sia la quantità (intesa con riferimento ad aspetti diversi da quello meramente temporale) che la qualità del lavoro
prestato dal collaboratore, mentre il termine del contratto dovrebbe coincidere con il termine del progetto ovvero con il termine del contratto di fornitura a monte;
− infine, ma non certo per ordine di importanza, il contratto dovrebbe prevedere le forme di coordinamento. L’utilizzo del contratto a progetto non esclude, di per sé, la previsione di giorni ed archi temporali nei quali il collaboratore deve eseguire la prestazione, purché tali aspetti siano semplicemente una diretta conseguenza degli accordi formulati con il cliente e sempreché tali vincoli non vadano ad annullare o, comunque, a comprimere in modo rilevante l’autonomia del collaboratore quanto ai tempi di svolgimento della prestazione lavorativa. Pertanto, apparirà difficilmente compatibile con la normativa vigente ricollegare un contratto a progetto ad un obbligo di fornitura quotidiana del destinatario finale.
Tenuto conto, in ultimo, delle restrizioni operate in tema di contratto a progetto da parte della legge n. 92/2012, si consiglia la sottoposizione del modello contrattuale che si volesse eventualmente adottare, unitamente alle esigenze allo stesso sottese, all’esame di una Commissione di Certificazione ai fini di una previa verifica del rispetto del dettato normativo, anche in ottica di successiva sottopozione dei singoli contratti da esso scaturenti alla procedura di certificazione.
3 – Contratto di somministrazione di lavoro a termine
In alternativa all’utilizzo del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, alcune società del settore della sanificazione del tessile fanno ricorso alla somministrazione di lavoratori a tempo determinato: in questi casi occorre che venga indicata la ragione tecnica, organizzativa, produttiva e sostitutiva in base alla quale si ricorre a questa tipologia contrattuale. Premesso che appare evidente come le clausole standard del contratto siano predisposte dalla società di somministrazione, si evidenzia comunque l’opportunità per le imprese della sanificazione di specificare la ragione del ricorso al contratto in modo esaustivo (ad esempio, facendo riferimento al presumibile – per effetto dello storico dell’attività – aumento percentuale dell’attività che determina il ricorso al lavoratore somministrato, nel caso di ragione produttiva).
Tali limiti devono essere ora riconsiderati, tenuto conto del fatto che il già richiamato art. 1, comma 1-bis, d.lgs. n. 368/2001, prevede, tra l’altro, che la causale non è però richiesta “nel caso di prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato”. Sul punto si ricorda di tenere in debito conto l’interpretazione fornita dal Ministero del lavoro all’interno della summenzionata circolare n. 18/2012.
Inoltre, pare opportuno evidenziare come sia ammessa la possibilità di ricorrere alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, nel caso in cui vi sia l’utilizzo “da parte del somministratore di uno o più lavoratori assunti con contratto di apprendistato” (cfr., in questo senso, l’art. 20, comma 3, lett. i-ter, d.lgs. n. 276/2003), non dovendo qui indicare alcuna specifica ragione.
Tenuto conto dei rischi di contenzioso sul contratto di somministrazione (in particolare al termine della somministrazione) si rileva l’opportunità di utilizzare anche per tale tipologia contrattuale l’istituto della certificazione.
B) Analisi dei contratti commerciali
1- Contratto concernente il servizio di lavanderia, con eventuale noleggio di biancheria
Le società del comparto della sanificazione del tessile stipulano contratti commerciali che prevedono lo svolgimento diretto del servizio di lavanderia a livello industriale per conto terzi (in via principale hotel, ospedali, ristoranti). Tale servizio richiama le prestazioni continuative o periodiche di servizi ai sensi dell’art. 1677 cod. civ., che prevede l’applicazione, in quanto compatibili, delle norme del contratto di appalto e del contratto di somministrazione.
La riconduzione del servizio nell’ambito dell’appalto determina non solo l’applicazione della disciplina codicistica ma anche, per quanto d’interesse, di quella lavoristica.
In particolare, si evidenzia l’applicazione della normativa in tema di solidarietà ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, sia tra committente ed appaltatore (la società che esegue i lavaggi industriali), sia tra questa ed eventuali subappaltatori.
Inoltre, nel caso in cui almeno una parte dei servizi vengano svolti all’interno di locali che sono nella disponibilità giuridica del committente (ad esempio nel caso di attività eseguite nei locali del committente principale, anche in regime di locazione all’appaltatore/conduttore) troverà applicazione l’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008 (cd. Testo unico sicurezza, ovvero TUSIC), con conseguente obbligo di redazione del c.d. DUVRI, vale a dire del documento di valutazione dei rischi da interferenza (obbligo del committente principale) e di specifica, all’interno del contratto e a pena di nullità dello stesso, dei costi della sicurezza.
Nel caso, poi, di eventuale appalto endoaziendale nel senso c.d. topografico (attività appaltate che vengono svolte nei locali del committente), si richiama l’attenzione anche sulla disciplina di cui all’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 276/2003, in tema di legittimità del contratto di appalto e sua distinzione rispetto al contratto di somministrazione di lavoro (autonomia dell’organizzazione dei mezzi necessari e rischio d’impresa in capo all’appaltatore).
Dall’esame dei modelli contrattuali presentati, emerge che spesso questa tipologia contrattuale si presenta come contratto misto di noleggio biancheria e appalto di servizi (ad esempio di lavaggio e/o di gestione del cd. guardaroba nella sede del committente principale). Questa tipologia contrattuale, ad esempio utilizzata comunemente nei contratti pubblici con le strutture ospedaliere e/o con le ASL, ma anche rinvenibile nei contratti stipulati con privati (alberghi), integra sul piano civilistico una ipotesi di contratto atipico misto, di noleggio e di appalto. Tenuto conto della presumibile prevalenza (sia quantitativa che qualitativa) del servizio di lavanderia/guardaroba (appalto) rispetto a quella di noleggio biancheria, sulla base del principio della prevalenza la disciplina applicabile appare
comunque quella prevista ex art. 1677 cod. civ., e dunque la disciplina della somministrazione (art. 1559 ss. del cod. civ.) e quella dell’appalto di servizi (ad esempio in tema di responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 e di azione diretta ai sensi dell’art. 1676 cod. civ.).
Si richiama infine l’attenzione sul fatto che, qualora questa tipologia contrattuale sia utilizzata nei riguardi di un Ente Pubblico (ad esempio Aziende Ospedaliere o ASL), trattandosi in tal caso di contratti di appalto nell’ambito dell’operatività del d.lgs. n. 163/2006 (codice contratti pubblici), opera l’art. 4, comma 1, d.P.R. n. 107/2010 (regolamento attuativo del codice dei contratti pubblici), che fa obbligo alle imprese esecutrici di contratti pubblici di applicare integralmente il CCNL stipulato dalle parti sociali comparativamente più rappresentative, sia nella parte economica, sia nella parte normativa. Tale obbligo si estende anche alle imprese esecutrici che operano in regime di subappalto (sul punto si veda anche l’art. 118, comma 6, d.lgs. 163/2006).
Le sopra richiamate disposizioni si applicano alle imprese del settore che lavorano con Enti pubblici, mentre non operano per le imprese, eventualmente di dimensioni limitate e/o operanti in territori circoscritti a vocazione turistica, che effettuano prestazioni a favore soltanto di clienti privati, in quanto non annoverano Enti pubblici tra i propri clienti. Tuttavia, date le caratteristiche del settore economico della sanificazione, l’ipotesi di imprese che lavorano solo per privati appare piuttosto marginale, e dunque l’applicazione del CCNL sembra certamente da considerare come una necessità attuale nella maggior parte dei casi, o quanto meno come un obiettivo a cui tendere nelle realtà più marginali.
2 – Contratti utilizzati per l’esternalizzazione di servizi (ad esempio: servizio di stiratura camici e divise, servizi di sterilizzazione)
Non è raro, nel comparto della sanificazione del tessile, trovare ipotesi di esternalizzazioni più o meno accentuate di alcuni servizi. Si pensi, ad esempio, a quello di stiratura o di sterilizzazione degli strumenti chirurgici.
Tenuto conto del fatto che il rapporto “a monte” può essere qualificato come contratto di appalto di servizi, ne consegue che l’esternalizzazione di alcuni dei servizi di appalto costituisca una ipotesi di subappalto che, in quanto tale, deve essere autorizzata dal committente privato (solo ove appositamente previsto nel contratto nel caso di committente privato; in ogni caso qualora il committente principale sia un Ente pubblico). Nelle ipotesi quindi di contratto in cui il committente finale sia una stazione appaltante pubblica, si richiamano le questioni sopra evidenziate relative all’obbligo di applicazione del CCNL ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.P.R. n. 207/2010 e dell’art. 118, comma 6, d.lgs. n. 163/2006.
Questo tipo di contratto, poi, comporta sempre l’applicazione della disciplina della responsabilità solidale (per i crediti retributivi e contributivi afferenti al personale che esegue l’appalto o il subappalto) sancita dall’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003, che vincola alla solidarietà proprio l’impresa di sanificazione (in qualità di sub-committente), la
quale deve dunque aver cura, nella ricerca del partner contrattuale, di individuare imprese subappaltatrici presenti sul mercato che dimostrano una certa solidità ed affidabilità, ad esempio privilegiando quelle che operano in situazione di pluricommittenza (la pluricommittenza, infatti, oltre ad essere di per sé elemento di valutazione dell’affidabilità dell’impresa sul mercato, è anche ragione di delimitazione dell’eventuale responsabilità solidale).
Nel caso in cui la società subappaltatrice esegua il servizio o parte di esso all’interno dei luoghi giuridicamente riconducibili alla disponibilità dell’impresa di sanificazione, troveranno applicazione anche le norme di cui al c.d. TU Salute e sicurezza già richiamate (art. 26 TUSIC). La ricorrenza di questa ipotesi, inoltre, potrebbe evidenziare anche lo svolgimento di un appalto endoaziendale in senso c.d. topografico (che si realizza nel caso in cui il subappaltatore esegue la prestazione all’interno di locali fisicamente collocati in quelli della impresa di sanificazione), con la conseguenza che particolare attenzione dovrà essere posta nell’evitare fenomeni di interposizione nei rapporti di lavoro, ricollegati ad una gestione diretta dei lavoratori del subappaltatore da parte della società subappaltante. Conseguentemente, le società del comparto della sanificazione del tessile potranno specificare, nel regolamento contrattuale, le modalità di svolgimento del servizio, tenuto conto delle eventuali esigenze del cliente finale e delle eventuali specifiche di carattere tecnico in uso nel settore, laddove invece la gestione del servizio e, soprattutto, l’organizzazione e gestione del personale addetto, dovranno essere realizzate in via esclusiva da parte del subappaltatore. In quest’ottica, quindi, eventuali controlli da parte del committente principale e/o da parte dell’appaltatore/subcommittente (la società di lavaggio che subappalta parte del servizio) possono essere previsti solo nei limiti di cui all’art. 1662 cod. civ., vale a dire senza compromettere l’autonomia organizzativa del subappaltatore (si veda sul punto l’art. 29, comma 1, d.lgs. n. 276/2003).
Appare, in ultimo, utile ricordare che in ipotesi di verificata illegittimità dell’appalto (o del subappalto) le conseguenze sanzionatorie sono quelle previste dall’art. 29, comma 3-bis, d.lgs. n. 276/2003, che prevede, nella sua attuale formulazione, che «Quando il contratto di appalto sia stipulato in violazione di quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato può chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo 414 del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo», oltre alla specifica ammenda di cui all’art. 18, comma 5-bis, d.lgs. n. 276/2003.
In definitiva, tenuto conto dei rischi astratti conseguenti al processo di esternalizzazione di alcuni servizi (quali, appunto, quello di stiratura), si ritiene opportuno consigliare la certificazione del relativo contratto di subappalto.
Peraltro, nel caso in cui contratto di subappalto (o di esternalizzazione anche a lavoratori autonomi) concerna attività da svolgersi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ai sensi del d.P.R. n. 177/2011, il ricorso al subappalto è ammesso solamente se autorizzato espressamente da parte del committente e se certificato.
Dalle verifiche contrattuali effettuate, si rileva poi che sovente, in caso di esternalizzazione di servizi da parte delle imprese del settore della sanificazione, si usa
stipulare contratti di subappalto con Consorzi e/o con società cooperative. Quanto alla prima ipotesi, ancora in tema di responsabilità solidale si segnala che un orientamento della giurisprudenza di legittimità estende la solidarietà anche nel caso in cui i lavori vengano eseguiti da una società consorziata. Infatti, anche se il negozio di affidamento tra Consorzio e Impresa consorziata non è assimilabile sul piano giuridico-formale ad un subappalto, tuttavia per la Corte di Cassazione esso costituisce un “sostanziale subappalto” (Cass. n. 6208/2008). Quanto all’ipotesi di subappalto di servizi ad una cooperativa, ai fini della responsabilità solidale per i crediti retributivi dei lavoratori si rammenta che per le cooperative trova applicazione la disciplina dell’art. 7, comma 4, d.l. n. 248/2007 (l. n. 31/2008), in tema di applicazione dei minimi del CCNL stipulato dalle XX.XX. comparativamente più rappresentative.
3 – Contratto di trasporto
Sovente, nel settore della sanificazione del tessile, le società esternalizzano il servizio di trasporto da e verso i clienti finali.
In tali casi, sembrerebbe pertanto instaurarsi un contratto tipico di trasporto, disciplinato dagli artt. 1678 e ss. cod. civ. con la conseguenza, tra l’altro, della inapplicabilità della disciplina (lavoristica e non) in tema di appalto.
Su tale punto, deve però riportarsi l’interpretazione fornita dalla circolare del Ministero del lavoro n. 17/2012, nella quale si evidenzia che ricadrebbe nell’ambito di un contratto di appalto di servizi di trasporto (e non già dunque di contratto di trasporto) l’ipotesi nella quale vi sia una predeterminazione ed una sistematicità dei servizi, accompagnate dalla pattuizione di un corrispettivo unitario e dalla assunzione di rischi da parte del trasportatore.
Inoltre deve rilevarsi come il rapporto non sia più riconducibile al contratto tipico di trasporto nel caso in cui l’esternalizzazione concerna una serie di servizi, tra i quali il trasporto (anche laddove tale servizio risulti, nei fatti, preminente). Si pensi all’ipotesi in cui il contratto concerna non solo le attività di trasporto ma anche la gestione del deposito e del magazzino e/o la cernita, divisione e classificazione della biancheria sporca. In tale caso il rapporto appare pertanto riconducibile al contratto atipico (da taluni definito come “di logistica”), relativamente al quale trovano piena applicazione tutte le norme in tema di appalto. Questa è un’ipotesi non infrequente tra i contratti analizzati nel settore della sanificazione.
Quanto appena evidenziato comporta, anzitutto, l’applicazione della disciplina in tema di solidarietà, ai sensi dell’art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276/2003. Inoltre, ove la prestazione venga svolta, quantomeno in parte (ossia per quanto concerne l’attività di gestione ed organizzazione del magazzino) all’interno di locali giuridicamente riferibili alla società di lavaggio industriale, ne consegue l’applicazione dell’art. 26 del d.lgs. n. 81/2008 (TUSIC), con conseguente obbligo di redigere ed allegare al contratto il c.d. DUVRI nonché di specificare, a pena di nullità del contratto di appalto, i costi della sicurezza. Si precisa anche
che il citato art. 26 del TUSIC si applica non soltanto al contratto di appalto (e subappalto) ma anche alle esternalizzazioni che avvengono mediante ricorso a lavoratori autonomi (art. 2222 cod. civ.) e a contratti di somministrazione (art. 1559 cod. civ., anche nel caso della somministrazione di servizi di cui all’art. 1677 cod. civ.)
Anche tale livello di sub-contrattazione, in definitiva, appare opportuno che venga sottoposto a certificazione, sia ai fini della verifica della genuinità dell’esternalizzazione (ad esempio: appalto, trasporto, contratto misto), sia ai fini della individuazione della corretta qualifica del contratto e della relativa disciplina regolatoria (ad esempio: applicabilità di discipline particolari quali la solidarietà per i crediti retributivi e contributivi, ovvero di disposizioni speciali in tema di salute e sicurezza sul lavoro).
4 - Appalto di servizi di mensa aziendale
In alcuni casi sono presenti contratti di appalto dei servizi di mensa.
Si tratta di contratti di appalto endoaziendale, in quanto normalmente la ristorazione avviene presso i locali del committente (nella disponibilità giuridica del committente). Pertanto trova applicazione la disciplina dell’art. 26 TUSIC (d.lgs. n. 81/2008). È quindi necessario che il contratto preveda, a pena di nullità, i costi della sicurezza, e che sia allegato il DUVRI (obbligo del committente).