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Concordato preventivo con continuità aziendale ed appalti pubblici: il TAR per il Lazio solleva questione di legittimità costituzionale sui limiti del “vecchio” codice appalti alla partecipazione alle gare delle imprese sottoposte alla procedura
20/11/2018 DIRITTO FALIMENTARE E PROCEDURE CONCORSUALI, GARE E APPALTI PUBBLICI
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Con due ordinanze (nn. 10397 e 10398) gemelle di fine ottobre, il TAR per il Lazio ha chiesto alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 38, co. 0, xxxx. x), xxx X.xxx. x. 000/0000 (Xxxxxxx Codice dei Contratti Pubblici) con l’art. 186-bis, co. 5 e 6, del X.X. x. 000/0000 (Xxxxx Fallimentare), laddove, in caso di imprese sottoposte a procedura di concordato
preventivo con continuità aziendale, consente la partecipazione alle gare pubbliche alle imprese singole e ai Raggruppamenti Temporanei di Imprese (RTI), qualora ad essere assoggettata a tale procedura sia l’impresa mandante, mentre la vieta nel caso in cui, ad esservi sottoposta, sia l’impresa mandataria.
Il TAR per il Lazio dubita infatti della compatibilità della disciplina dettata dalle citate norme con gli artt. 3, co. 1, 41 e 117, co. 2, lett. a) della Costituzione.
I fatti (identici) di causa dei due ricorsi
Nelle more di una procedura per l’affidamento di un appalto di servizi, bandito da CONSIP S.p.A. e regolato dalle norme del Vecchio Codice dei Contratti Pubblici, l’impresa mandataria di un RTI che aveva presentato offerta veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale ex art. 186-bis Legge Fallimentare.
La stazione appaltante decideva di escludere dalla gara il RTI ed escutere la relativa garanzia provvisoria; ciò in applicazione del combinato disposto tra l’art. 38, co 1, lett. a) Vecchio Codice dei Contratti Pubblici (che dispone l’esclusione dalla gara delle imprese “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942,
n. 267”) e l’art. 186-bis, co 6, Legge Fallimentare (in forza del quale, per quanto di interesse, “l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria”).
L’impresa mandataria, in proprio e quale rappresentante del RTI, impugnava dinnanzi al TAR per il Lazio il provvedimento di esclusione e la conseguente escussione della garanzia provvisoria.
All’esito della udienza pubblica sul merito, il TAR per il Lazio ha sospeso i giudizi e ha sollevato, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto delle norme in esame per violazione degli artt. 3, co.1, 41 e 117, co. 2, lett. a) della Costituzione.
Le ordinanze di rimessione
Ad avviso del Collegio, la normativa in esame lascia perplessi sia sotto il profilo della ragionevolezza sia sotto quello della restrizione della libertà di iniziativa economica e di concorrenza.
In particolare, le disposizioni in esame, nella misura in cui consentono ad
un’impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale di concorrere all’aggiudicazione di contratti pubblici se partecipa alle relative gare come impresa singola o come impresa mandante di un RTI, per escluderlo invece qualora vi partecipi, in qualità di mandataria, in associazione con altre imprese, sarebbero irragionevoli.
Il Collegio fa derivare tale irragionevolezza dall’ esame della ratio sottesa all’art. 186-bis della Legge Fallimentare e all’art. 38 del Vecchio Codice dei Contratti Pubblici (come riformulato nel 2012, a seguito dell’entrata in vigore del citato art. 186 bis): operare un giusto contemperamento di interessi tra 1) l’intento di aiutare l’impresa che si trova in una situazione di “crisi auspicatamente temporanea” a superare detto momento, consentendole di rendersi comunque aggiudicataria di contratti pubblici e 2) l’esigenza di tutelare l’interesse della stazione appaltante ad avere controparti in grado di eseguire gli appalti loro affidati.
Tale essendo la ratio appare difficile – argomenta il TAR per il Lazio - individuare una specificità che possa giustificare una disparità di trattamento tra imprese a seconda del modulo scelto per partecipare alla gara, tale per cui ciò che è consentito all’impresa singola o associata come mandante in un RTI è invece vietato all’impresa che allo stesso RTI partecipa con il ruolo di “capogruppo”.
Il Collegio evidenzia come i presupposti per l’adozione del decreto di ammissione al concordato preventivo in continuità, così come le garanzie richieste all’impresa per consentirne la partecipazione alle gare pubbliche, siano sempre le stesse, così da non giustificare
- nell’ottica della pur doverosa tutela degli interessi della stazione appaltante – la diversità di trattamento prevista dalla normativa in esame a carico della mandataria di un RTI rispetto alla mandante o ad un’impresa che concorra da sola.
Ad avviso del Collegio, infatti, non si ravviserebbe alcun pregiudizio nei confronti della stazione appaltante qualora, diversamente da come previsto
dalle norme in esame, fosse consentita anche alla mandataria di un RTI ammessa alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale di partecipare alle gare pubbliche.
Il TAR per il Lazio, inoltre, sottolinea come il distinguo tra impresa singola/mandante e impresa mandataria operato nel diritto interno dalle norme in esame non sia imposto da “una ferrea regola in tal senso stabilita a livello europeo”.
Al riguardo il Collegio ricorda che l’art. 45, paragrafo 2, della Direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE, recepita dal D. Lgs.
n. 163/2006, ha lasciato liberi gli Stati membri di precisare “le condizioni di applicazione” delle cause di esclusione dipendenti dalla pendenza di una procedura concorsuale.
Ad avviso del TAR per il Lazio, inoltre, i dubbi in ordine alla irragionevolezza delle citate disposizioni sarebbero confermati anche dalla diversa scelta in tema di requisiti generali di partecipazione alle gare pubbliche operata dal legislatore con il D. lgs n. 50/2016 (Nuovo Codice dei Contratti Pubblici).
Il Collegio ricorda che l’art. 80, co 5, lett.
b) del citato decreto dispone che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico (…) qualora: (…)
b) l’operatore economico si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale”.
Tale nuova disposizione, sottolinea il Collegio, si pone quale norma speciale (e
quindi prevalente) rispetto a quella dell’art. 186-bis della Legge Fallimentare (non più richiamata) ed esclude sempre il concordato preventivo con continuità aziendale dalle procedure concorsuali che determinano l’esclusione dell’operatore economico dalla gara.
Scelta che, si legge nelle ordinanze, conferma come, nell’attuale sistema delle gare pubbliche, la deroga al divieto di partecipazione in favore delle imprese in concordato preventivo con continuità aziendale valga sia per l’impresa singola sia per il RTI, indipendentemente dalla posizione rivestita, all’interno del suddetto raggruppamento, dall’impresa sottoposta a detta procedura.
Si dovrà ora attendere la pronuncia della Corte Costituzionale.
Sarà interessante vedere se la Consulta riterrà di condividere i rilievi mossi dal TAR per il Lazio alle citate norme.
Le disposizioni portate all’attenzione della Consulta continuano infatti ad applicarsi alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o gli avvisi di gara sono stati pubblicati prima della data di entrata in vigore del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (19 aprile 2016).
Potrebbero quindi essere molte le realtà imprenditoriali direttamente o indirettamente interessate dai risvolti della vicenda.
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