Corte di Cassazione, 18 settembre 2007, n. 19351
Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, 00 settembre 2007, n. 19351
LAVORO SUBORDINATO (Contratto collettivo di) In genere
LAVORO SUBORDINATO (Contratto collettivo di) Accordi economici collettivi LAVORO SUBORDINATO (Contratto collettivo di) Efficacia in genere
Lavoro subordinato (contratto collettivo di) – Durata – Ultrattività – Successione di contratti – Rapporti tra con- trattazione collettiva e contrattazione aziendale – Autonomia – Indipendenza dei fatti estintitvi di ciascun con- tratto – Fattispecie. Lavoro subordinato (contratto collettivo di) – Efficacia – Durata – Denunzia – Contratto col- lettivo aziendale – Durata non predeterminata – Facoltà di recesso unilaterale – Sussistenza – Fattispecie.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Presidente: Xxxx. XXXXXXXXX Xxxxxxxxx
Consiglieri: Xxxx. XXXXXXXXX Xxxxxxx – Dott. XXXXXX Xxxxx, Relatore – Dott. DE XXXXXX X- xxxxxxxxx – Xxxx. XXXXXXX Xxxxxxx
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da: A.T.B.–AZIENDA TRASPORTI BERGAMO S.P.A., A.T.B. SERVIZI S.R.L., en-
trambe in persona del Presidente dott. P.G., elettivamente domiciliati in ROMA VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio dell’avvocato XXXXX XXXXXXX, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato XXXXXXXX XXXXXXXXXX, giusta delega in atti; – ricorrenti –
contro M.F., + ALTRI OMESSI; – intimati –
e sul 2° ricorso n. 11167/04 proposto da: S.G., + ALTRI OMESSI elettivamente domiciliati in XXXX XXX XXXXX XXXXXXX 0, presso lo studio dell’avvocato XXXXXXXXXX XXXXXXX, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato XXXXXXXX XXXXXXXXX, xxxxxx xxxxxx in atti; – controricorrenti e ri- correnti incidentali –
e contro A.T.B. S.P.A., A.T.B. SERVIZI S.R.L.; – intimato –
avverso la sentenza n. 67/03 della Corte d’Appello di BRESCIA, depositata il 01/04/03 r.g.n. 121/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/06/07 dal Consigliere Xxxx. Xxxxx XXXXXX;
udito l’Avvocato XXXXXXX XXXXXXX per delega XXXXXXX XXXXX;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. XXXX Xxxxx Xxxxxxx, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito l’incidentale.
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 26 marzo 2002 l’ATB Azienda Auto Trasporti Bergamo s.p.a.
proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo con la quale, in accoglimento della domanda di Xxxxxx Xxxxxxx e degli altri litisconsorti in epigrafe, era stata dichiarata l’ille- gittimità della disdetta inviata dalla società alle organizzazioni sindacali dell’accordo aziendale 15 marzo 1956, limitatamente al punto 13 lettere d) ed e) relativo agli abbonamenti gratuiti per gli agenti a riposo con una determinata anzianità di servizio, con conseguente accertamento del diritto dei ricorrenti al mantenimento delle condizioni agevolative.
Dopo la ricostituzione del contraddittorio, la Corte d’appello di Brescia con sentenza del 1 apri- le 2003 rigettava il gravame e condannava la società al pagamento delle spese del grado.
Avverso tale sentenza l’A.T.B. – Azienda Trasporti Bergamo s.p.a. e l’ATB Servizi s.r.l. pro- pongono ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.
Resistono con controricorso S.G., B.V. e gli altri litisconsorti in epigrafe, che spiegano anche ricorso incidentale condizionato. Sia i ricorrenti ATB – Azienda Trasporti Bergamo – s.p.a., e ATB Servizi s.r.l. sia i controricorrenti S., B. e gli altri litisconsorti hanno depositato memoria di- fensiva ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Ai sensi dell’art. 335 c.p.c. il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti perché pro- posti ambedue contro la medesima decisione.
2. Con il ricorso principale viene denunciata violazione dell’art. 1322, 1372, comma 2, e art. 1375 c.c. deducendosi in particolare che la decisione della Corte territoriale è erronea nei suoi pre- supposti di diritto perché assunta in violazione dei principi della libertà contrattuale, della tempo- raneità delle obbligazioni e della norma che consente il recesso da obbligazioni assunte senza pre- determinazione della durata. In particolare le ricorrenti addebitano alla impugnata sentenza di ave- re ritenuto che, nell’ambito di un complessivo assetto della regolamentazione del rapporto di lavo- ro, non si determina mai una scissione sul piano sostanziale fra discipline contrattuali diverse; e contestano altresì la fondatezza dell’assunto del giudice d’appello secondo cui le agevolazioni ri- vendicate avevano “un evidente contenuto economico”, di cui si era tenuto conto nella contratta- zione aziendale ed anche nei contratti successivi al 1956, al fine della determinazione del tratta- mento economico complessivo dei dipendenti. Lamentano infine che la Corte territoriale non ha tenuto nel debito conto che il riconoscimento degli abbonamenti gratuiti per alcune categorie di dipendenti non ha nulla in comune con la retribuzione garantita dall’art. 36 Cost., per configurare un beneficio destinato ad operare anche dopo la cessazione del rapporto, sicché a fronte di esso non era consentito parlare di “equa retribuzione” in assenza di qualsiasi controprestazione. Sotto altro versante non poteva sostenersi l’illegittimità della disdetta della disposizione riguardante gli abbonamenti gratuiti sulla base della considerazione che detta disposizione costituiva parte inte- grante della regolamentazione dettata dalla contrattazione nazionale.
2.1. Il ricorso principale è fondato e, pertanto, merita accoglimento.
2.2. Esigenze di un ordinato iter motivazionale portano a premettere qualche considerazione ri- guardante alcuni profili del rapporto intercorrente tra contratto collettivo nazionale di categoria e contratto integrativo aziendale.
2.3. È opinione seguita, oltre che in dottrina anche in giurisprudenza, che alle parti sociali è consentito, in virtù del principio generale dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322 cod. civ., prorogare l’efficacia dei contratti collettivi, modificare, anche in senso peggiorativo, i pregressi inquadramenti e le pregresse retribuzioni – fermi restando i diritti quesiti dei lavoratori sulla base
della precedente contrattazione collettiva – nonché disporre in ordine alla prevalenza da attribuire, nella disciplina dei rapporti di lavoro, ad una clausola del contratto collettivo nazionale o del con- tratto aziendale, con possibile concorrenza delle due discipline.
La concorrenza delle due discipline, nazionale e aziendale, non rientrando nella disposizione recata dall’art. 2077 cod. civ., va risolta tenuto conto dei limiti di efficacia connessi alla natura dei contratti stipulati, atteso che il contratto collettivo nazionale di diritto comune estende la sua effi- cacia nei confronti di tutti gli iscritti, nell’ambito del territorio nazionale, alle organizzazioni stipu- lanti e il contratto collettivo aziendale estende, invece, la sua efficacia, a tutti gli iscritti o non i- scritti alle organizzazioni stipulanti, purché svolgenti l’attività lavorativa nell’ambito dell’azienda. I lavoratori ai quali si applicano i contratti collettivi aziendali possono, pertanto, giovarsi delle clausole dei contratti collettivi nazionali se risultano iscritti alle organizzazioni sindacali che han- no stipulato i relativi contratti collettivi (cfr. in tali sensi: Cass. 26 giugno 2004 n. 11939 cui xxxx ex plurimis: Xxxx. 7 giugno 2004 n 10762). E sempre con riguardo al concorso tra i diversi livelli contrattuali è stato anche precisato che detto concorso va risolto non secondo i principi della ge- rarchia e della specialità propria delle fonte legislative, bensì accertando quale sia l’effettiva vo- lontà delle parti, da desumersi attraverso il coordinamento delle varie disposizioni della contratta- zione collettiva, aventi tutti pari dignità e forza vincolante, sicché anche i contratti aziendali pos- sono derogare in peius i contratti nazionali, senza che osti il disposto dell’art. 2077 c.c., con la so- la salvaguardia dei diritti già definitivamente acquisiti nel patrimonio dei lavoratori che non pos- sono pertanto ricevere un trattamento deteriore in ragione della posteriore normativa contrattuale, di eguale o di diverso livello (cfr. tra le tante: Xxxx. 2 aprile 2001 n. 4839, cui adde, più di recente, Cass. 7 febbraio 2004 n. 2362).
2.4. Orbene, la decisione della Corte territoriale nell’affermare che la disciplina del contratto
aziendale confluisce in quello del contratto collettivo nazionale di categoria – sì da determinare un trattamento unitario tale da non consentire la sola disdetta (unilaterale) di singole clausole della disciplina aziendale (nel caso di specie: disdetta degli abbonamenti gratuiti a danno di dipendenti pensionati) – finisce non solo per disapplicare i principi innanzi enunciati assegnando, nell’ambito dell’assetto delle relazioni industriali, una errata collocazione alla contrattazione aziendale, ma anche per disegnare una non condivisibile individuazione dei rapporti tra detta contrattazione e quella nazionale.
E la sottolineatura di una differenza di carattere ontologico tra contratto nazionale e contratto aziendale si rinviene con palmare evidenzia nell’indirizzo di questa Corte di cassazione, che ha conferito alla contrattazione aziendale efficacia erga omnes – vincolante cioè anche per i lavorato- ri non iscritti ai sindacati stipulanti – ancorando tale soluzione ora alla funzione di integrazione le- gislativa ad essa attribuita (cfr. al riguardo: Cass. 25 marzo 2002 n. 4218; Cass. 11 dicembre 2002
n. 17674), ora alla specifica tutela degli interessi collettivi degli occupati in azienda (così: Cass. 2 maggio 1990 n. 3607), ora infine alla inscindibilità che la suddetta disciplina pattizia sovente pre- senta (in questi sensi vedi: Cass. 28 maggio 2008 n. 10353 cit.; Cass. 5 luglio 2002 n. 9764. Con- tra però, e cioè per l’assunto che l’efficacia del contratto collettivo aziendale è limitata ai soggetti sindacalizzati, vedi: Cass. 29 gennaio 1993 n. 1102; Cass. 24 febbraio 1990 n. 1403).
2.5. E che il contratto aziendale si caratterizzi per una sua specificità è affermazione di generale condivisione nella dottrina giuslavoristica, evidenziandosi al riguardo come già negli anni 50 del secolo scorso inizi ad entrare in crisi il sistema di pressocché rigida e chiusa centralizzazione con- trattuale sino allora vigente, per guardarsi alle pattuizioni aziendali o come strumento per una as- sociazione dei lavoratori alle responsabilità di gestione delle imprese – e per una contestuale loro compartecipazione ai frutti dei miglioramenti della produttività di dette imprese – o come una nuovo e generalizzato assetto delle relazioni industriali, quale quello disegnato dal Protocollo del
1993, incentrato, come si è detto, su una duplice forma di contrattazione – una nazionale, avente ad oggetto la regolamentazione del trattamento economico e normativo dell’intera categoria, e l’altro aziendale, con efficacia limitata alle singole unità produttive – ciascuna delle quali con pro- prie parti contrattuali e con differenti scadenze, seppure coordinate tra loro al fine di armonizzare la disciplina generale con quella locale.
2.6. Corollario delle argomentazioni sinora svolte è, dunque, il seguente principio di diritto: “Il rapporto tra il contratto collettivo nazionale e quello aziendale, regolato non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, si caratterizza in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline (e di un loro diverso ambito applicativo), che ha trovato riscontro nel mondo sindacale anche nell’assetto delle relazioni industriali nel ruolo ad esse assegnato dal Protocollo del 23 luglio 1993, volto infatti ad individuare due livelli contrattuali(nazionale ed aziendale o territoriale) con competenze separate e predeterminate, ma tra esse coordinate. Ne consegue che seppure il trattamento economico e nor- mativo dei singoli lavoratori è nella sua globalità costituito dall’insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, la disciplina nazionale e quella aziendale, egualmente espressione dell’autonomia privata, si differenziano tra loro per la (loro) distinta natura e fonte negoziale, con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi e estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a proprie regole in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito terri- toriale”.
2.7. Va dunque ribadito che la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, invece, che il contratto aziendale non potesse essere autonomamente disdettato se non attraverso una rivisitazio- ne dell’intero e generalizzato contenuto della contrattazione collettiva, ha finito per disconoscere l’autonomia del contratto aziendale, nei termini innanzi specificati, trascurando di dare il dovuto rilievo alla circostanza che – come hanno messo in rilievo le società ricorrenti – il contratto azien- dale aveva nel caso di specie riconosciuto ai dipendenti dell’Azienda Trasporti un mero beneficio (quello ad abbonamenti gratuiti) che, per le sue specifiche modalità e per i destinatari che ne usu- fruivano, esulava dagli istituti, caratterizzati da una reciproca corrispettività regolati dalla contrat- tazione collettiva nazionale.
3. Per andare in contrario avviso e patrocinare la tesi che il contratto aziendale non era suscetti- bile di disdetta non vale poi addurre né la necessità del consenso del sindacato a tale disdetta né la sussistenza nella fattispecie in oggetto di diritti quesiti, che per essere cioè definitamene entrati a far parte del patrimonio del singolo lavoratore sono in ogni caso insuscettibili di lesione.
3.1. Ed invero – al di là della di per sé assorbente considerazione che la concessione di abbo- namenti gratuiti anche a favore di familiari di dipendenti non può essere vincolata alle stesse rego- le cui soggiacciono emolumenti con funzione di corrispettivo a prestazioni effettivamente rese – a disvelare l’infondatezza delle domande avanzate dai lavoratori è la circostanza che il contratto a- ziendale, stipulato nel lontano 1956 era un accordo a tempo indeterminato, del quale non può di certo sostenersi una sorta di efficacia perpetua per la mancanza di un accordo sulla disdetta ad o- pera delle parti stipulanti.
3.2. La fattispecie in esame può essere, pertanto, regolata dal seguente principio di diritto “Il contratto collettivo, senza predeterminazione di un termine di efficacia, non può vincolare per sempre tutte le parti contraenti, perché finisce in tal caso per vanificarsi la causa e la funzione so- ciale della contrattazione collettiva, la cui disciplina – da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati – deve parametrarsi su una realtà socioeconomica in continua evolu- zione, sicché a tale contrattazione va estesa la regola, di generale applicazione nei negozi privati, secondo cui il recesso unilaterale rappresenta una causa estintiva ordinaria di qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato, che risponde alla esigenza di evitare – nel rispetto dei criteri di
buona fede e di correttezza nell’esecuzione del contratto – la perpetuità del vincolo obbligatorio”.
3.3. Del resto l’enunciazione di un siffatto principio in materia sindacale si pone in linea con l’indirizzo giurisprudenziale riscontrabile sulla recedibilità ad nutum di tutti i contratti di diritto privato a tempo indeterminato (cfr. Cass. 4 agosto 2004 n. 14970, cui xxxx Xxxx. 23 agosto 2004
n. 16602, per la riaffermazione della regola che l’istituto del recesso unilaterale ad nutum si confi- gura come causa estintiva ordinaria, alternativa rispetto al recesso per giusta causa ed alla risolu- zione per inadempimento per qualsiasi rapporto di durata a tempo indeterminato), anche se lascia impregiudicata, in ragione della specificità della contrattazione collettiva, la questione – estranea alla controversia in esame – sull’applicabilità a detta contrattazione collettiva dell’ulteriore princi- pio, ribadito dal suddetto indirizzo dottrinario, di una deroga o di una rinunzia pattuita alla recedi- bilità ad nutum, non ostando a siffatta pattuizione alcun interesse di natura pubblica o privata (cfr. su tale derogabilità: Xxxx. 23 agosto 2004 n. 16602 cit.).
3.4. La permeabilità della impugnata sentenza alle censure mosse dalle società ricorrenti non viene meno neanche per effetto del ricorso di S.G., B.V. e degli altri litisconsorti in epigrafe che – già pensionati prima del momento in cui la società ha manifestato la propria intenzione di scio- gliersi dall’accordo aziendale – a sostegno della loro iniziale domanda e della perpetuazione nella sua integrità del beneficio di abbonamenti gratuiti, hanno con il ricorso incidentale rivendicato l’intangibilità della loro posizione sul presupposto che nel caso di specie si fosse in presenza di “diritti quesiti”.
3.5. Come dimostra la presente controversia, nel dibattito giuridico e sindacale viene sovente richiamato in modo improprio il principio del rispetto dei diritti quesiti, su cui si riscontra un co- stante orientamento giurisprudenziale (cfr. tra le altre: Cass. 7 febbraio 2004 n. 2362).
Appare, quindi, opportuna una puntualizzazione al riguardo.
3.6. È stato già ricordato che un contratto collettivo successivo può modificare,anche in peggio, per i lavoratori istituti che trovano il loro fondamento in precedenti contratti collettivi, sempre che non si incida su disposizioni inderogabili di legge o in diritti scaturenti da contratti individuali di lavoro. Ed infatti l’unico limite in materia è dato dalla intangibilità di quei diritti che siano già en- trati a fare parte del patrimonio del lavoratore, quale corrispettivo – come è stato rimarcato in dot- trina ed in giurisprudenza (cfr. in maniera chiara: Xxxx. 11 novembre 1988 n. 6116) – di una pre- stazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita. Ne consegue che la tematica dei “diritti quesiti” attiene unicamente a queste ultime posizioni, sicché la tutela ad essi garantita non è certo estensibile a mere pretese alla stabilità nel tempo di normative collettive più favorevoli o di mere aspettative sorte alla stregua di tali precedenti regolamentazioni. Come esempio emblematico del- la problematica scrutinata è stato richiamato l’istituto dello straordinario, essendosi al riguardo ri- levato che il sindacato, nell’esercizio della sua autonomia negoziale, non può disporre della mag- giorazione per il lavoro straordinario già prestato nella vigenza del contratto collettivo che tale maggiorazione prevede, per configurarsi in tale ipotesi un diritto quesito, mentre potrà invece ne- gare (o ridurre per il futuro) la suddetta maggiorazione essendosi in tali casi in presenza di una mera aspettativa, inidonea come tale ad assumere la consistenza di un diritto soggettivo.
3.7. I compiti di nomofilachia devoluti a questa Corte di cassazione, rafforzati ora dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 (cfr., al riguardo art. 12 del detto decreto), inducono ad enunciare il seguente principio di diritto: “Nella successione dei contratti collettivi, seppure di diverso livello, è consen- tito una modifica in peius del trattamento economico dei lavoratori, sempre che non si incida su disposizioni di legge inderogabili o su istituti regolati sulla base di contratti individuali di lavoro. Sono in ogni caso fatti salvi quei diritti, già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore quale corrispettivo di una prestazione già resa e, nell’ambito di un rapporto (o di una sua fase) già esau- ritasi, non potendo di contro ricevere tutela, in mancanza di alcun sostegno normativo, mere prete-
se alla stabilità (o alla protrazione nel tempo) di benefici economici e di aspettative derivanti da precedenti favorevoli regolamentazioni”.
4. I diversi passaggi argomentativi della presente decisione trovano, infine, conforto anche in un pronunziato della Sezione lavoro di questa Corte, che in una fattispecie con connotati per più aspetti assimilabili a quelli della controversia in esame ha concluso negando che i dipendenti pen- sionati di una Azienda di Trasporti(nella specie Azienda Trasporti Consorziali di Bologna) potes- sero far valere un diritto alla conservazione di una tessera di libera circolazione (per sé e per i loro familiari) pur dopo la sopravvenuta abolizione di una siffatta a concessione da parte della contrat- tazione collettiva.
I giudici di legittimità nell’occasione hanno affermato alla stregua della legislazione regionale (L.R. Xxxxxx Xxxxxxx 2 ottobre 1998, n. 30, art. 39, comma 5) che “La disposizione aboliti va del trasporto gratuito, si configura come norma imperativa e inderogabile, in quanto finalizzata, me- diante la razionalizzazione delle risorse finanziarie e la soppressione delle agevolazioni dei singo- li, alla organizzazione di un servizio pubblico più efficiente ed accessibile a tutti” (in questi esatti sensi cfr. in motivazione: Cass. 17 maggio 2005 n. 15517). Considerazione quest’ultima che non può non valere, seppure con i dovuti adattamenti, anche nella presente controversia, in quanto l’esigenza di efficienza di un servizio di penetrante rilevanza sociale, quale quello del trasporto, non può essere disgiunta dai principi di economicità della gestione, che rendono incompatibile la permanenza di benefici ed agevolazioni gratuite aventi non trascurabile ricadute sul bilancio di a- ziende; ed invero dette aziende, seppure operanti sotto la veste di società capitali, spiegano un ser- vizio di pubblica utilità, la cui disciplina non può non rispondere ai principi di correttezza e buona fede, volti a ricalcare nel loro contenuto nel settore privato i principi ex art. 97 Cost. applicabili al- la pubblica amministrazione.
5. Per concludere il ricorso principale va accolto e dichiarato infondato quello incidentale sic- ché la sentenza impugnata va cassata.
5.1. Ai sensi dell’art. 384 c.p.c., essendo state enunciate le coordinate capaci di portare alla de- finizione della controversia e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va de- cisa nel merito con il rigetto della domanda proposta dal S. e dai suoi litisconsorti davanti al Tri- bunale di Bergamo. Ricorrono giusti motivi – in ragione delle questioni trattate e della risoluzione ad esse data dai giudici di merito – per compensare interamente tra le parti le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
LA CORTE
riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale, cassa la sentenza impu- gnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di S.G. e degli altri suoi litisconsorti. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo. Così deciso in Roma il 12 giugno 2007.
Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2007