UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M. FANNO”
DIPARTIMENTO DI AFFERENZA RELATORE: DIPARTIMENTO DI DIRITTO PRIVATO E CRITICA DEL DIRITTO
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA (TrEC)
PROVA FINALE
“IL CONTRATTO A TERMINE:
EFFETTI ATTUALI E POTENZIALI DELL’INTRODUZIONE DELLE CAUSALI AD OPERA DEL DECRETO DIGNITÀ”
RELATORE:
XX.XX XXXX.XXX XXXXXXX XX XXXXX
LAUREANDA: XXXX XXXXXXXX XXXXXXXXX X. 1138082
ANNO ACCADEMICO 2018 – 2019
INDICE
INTRODUZIONE 5
CAPITOLO 1 - QUADRO NORMATIVO 7
1.1 La nozione di contratto a termine 7
1.2 La stipula, i xxxxxxx e le proroghe secondo l’attuale e la precedente disciplina 7
1.2.1 La stipula 7
1.2.2 La disciplina relativa ai rinnovi 8
1.2.3 La normativa sulle proroghe 8
1.2.4 Quadro d’insieme della normativa vigente 9
1.3 La disciplina comunitaria sul contratto a termine 9
CAPITOLO 2 - GLI EFFETTI DELL’EMANAZIONE DEL DECRETO DIGNITÀ NEI CONFRONTI DELLE AZIENDE 10
2.1 Il periodo transitorio 10
2.1.1 Fino al 13 luglio 2018 10
2.1.2 Dal 14 luglio 2018 all’11 agosto 2018 10
2.1.3 Dal 12 agosto 2018 al 31 ottobre 2018 10
2.1.4 Dal 1° novembre 2018 11
2.1.5 Quadro di sintesi della normativa vigente 11
2.2 Sull’interpretazione delle clausole introdotte dal Decreto dignità 12
2.2.1 Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività 12
2.2.2 Esigenze di sostituzione di altri lavoratori 13
2.2.3 Incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività 13
2.3 Sui rischi della mancanza delle clausole o loro erronea specificazione 14
2.4 Le soluzioni organizzative per la gestione dei rapporti di lavoro a tempo determinato. 15 CAPITOLO 3 - LE CONSEGUENZE SULLO SVILUPPO PROFESSIONALE DEL LAVORATORE 16
3.1 La formazione del lavoratore e i percorsi boundaryless career 16
3.2 Risvolti motivazionali causati dalle causali nel contratto a termine 18
3.3 L’importanza del contratto psicologico nel rapporto lavorativo 19
CAPITOLO 4 - BREVE ANALISI DEGLI INDICATORI DEL MERCATO DEL LAVORO
POST DECRETO DIGNITÀ 21
CONCLUSIONE 26
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 28
Riferimenti legislativi 28
Riferimenti giurisprudenziali 28
Altri riferimenti 28
INTRODUZIONE
Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato è un istituto che si è prestato a numerosi interventi riformatori nel corso degli anni.
Nel 1865 il Codice civile era favorevole a questo tipo di contratto, in quanto si volevano evitare rapporti di lavoro servili attraverso l’assoggettamento perpetuo del lavoratore al datore di lavoro.
Successivamente, con l’articolo 2097 del Codice civile, si è consolidato l’orientamento opposto, favorevole al contratto a tempo indeterminato, il quale garantiva maggiori tutele al lavoratore.
Nel 1962, con la legge n. 230, veniva introdotta una nuova disciplina più stringente che prevedeva la possibilità di stipulare contratti a termine solo in determinati casi. Questa disciplina era inadeguata per i datori i quali necessitavano di flessibilità di manodopera. Si è avuta quindi una liberalizzazione dei contratti a termine che ha ampliato i casi di utilizzo, delegando alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuovi casi (legge 56/1987). In seguito, la nuova tendenza sul tema stabiliva che il contratto a tempo indeterminato fosse la forma normale di contratto di lavoro subordinato e, con il decreto legislativo 368/2001, si statuiva che il contratto a termine potesse essere stipulato solo a fronte di ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive.
La Legge Fornero (legge 92/2012) modifica nuovamente la disciplina introducendo la regola della acausalità per il primo contratto a termine, della durata di 12 mesi.
L’epoca del cosiddetto “causalone” - così veniva definito l’insieme delle ragioni indicate nel decreto del 2001 - finisce nel 2014 con il cosiddetto Decreto Poletti, poi riordinato ad opera del Jobs act (d.lgs. 81/2015). L’assetto dato dal Jobs act era liberalizzante: i datori potevano stipulare un contratto acausale della durata di 36 mesi.
L’ultima riforma è avvenuta qualche mese fa con il decreto legislativo 12 luglio 2018, n. 87 convertito dalla legge 9 agosto 2018, n. 96 denominato Decreto dignità. Le novità, introdotte con il c.d. Decreto dignità, riguardano l’introduzione di causali al contratto a termine e la diminuzione della durata massima complessiva.
Obiettivo di questo elaborato è individuare i cambiamenti introdotti dal Decreto dignità con particolare riferimento all’apposizione delle causali. Come brevemente illustrato, gli interventi riformatori sono stati numerosi e di rilevante importanza. Il Decreto dignità è
l’ultimo di essi, ma ha significativi effetti dal punto di vista dei vari attori che operano nel mercato del lavoro.
L’elaborato si compone di quattro capitoli. Dopo aver inquadrato la nuova disciplina sul contratto a termine rispetto a quella previgente, i successivi due capitoli si concentrano ognuno su una categoria di soggetti del mercato del lavoro.
Il capitolo 2 analizza il punto di vista dei datori di lavoro evidenziando le difficoltà che essi incontrano nel momento in cui decidono di usufruire di manodopera a termine. Verrà trattato in particolare il tema del periodo transitorio e dell’interpretazione delle nuove causali e verrà fornita una soluzione organizzativa che consentirà di evitare contenziosi.
Nel capitolo 3, invece, si osservano le ripercussioni del Decreto dignità dalla prospettiva dei lavoratori. Il contenuto ruoterà attorno allo sviluppo professionale del lavoratore e al suo coinvolgimento nell’organizzazione.
Infine, il capitolo 4 espone una breve analisi della situazione del mercato del lavoro.
CAPITOLO 1 QUADRO NORMATIVO
1.1 La nozione di contratto a termine
Nell’articolo 1 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il cosiddetto Jobs act, il legislatore esprime la sua preferenza per il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato definendolo “forma comune”. Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato sembra posto in secondo piano, come eccezione alla regola generale appena citata, in considerazione del fatto che questa tipologia di rapporto nasce quando si pone una clausola di termine. Il contratto ha, quindi, una durata fissata dalle parti contraenti nell’ambito della loro autonomia contrattuale, nei limiti stabiliti dalla legge. Ciò non significa necessariamente che, raggiunto il termine di durata, il lavoratore non possa veder proseguire il rapporto con lo stesso datore di lavoro sotto forma di proroga o rinnovo del contratto stesso.
1.2 La stipula, i xxxxxxx e le proroghe secondo l’attuale e la precedente disciplina
Con l’obiettivo di contrastare la precarizzazione e tutelare la dignità dei lavoratori e delle aziende, è stato introdotto il cosiddetto Decreto dignità attraverso il decreto legge 12 luglio 2018, n. 87, successivamente convertito con la legge 9 agosto 2018, n. 96.
1.2.1 La stipula
Il contratto può avere una durata massima di 12 mesi e può essere stipulato senza causale. Le parti possono convenire una durata superiore, ma al massimo pari a 24 mesi a fronte di uno dei seguenti requisiti:
• esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività o esigenze sostitutive;
• incrementi temporanei, significativi, ma non programmabili dell’attività ordinaria. Rispetto alla disciplina originaria del Jobs act, quella introdotta dal Decreto dignità è molto più rigida. Infatti, a partire dal 2015, era possibile stipulare un contratto con durata massima di 36 mesi acausale. L’attuale disciplina, invece, prevede una durata inferiore e delle clausole che hanno causato non pochi problemi interpretativi.
Inoltre, il Ministero del Lavoro, con circolare n. 17 del 31 ottobre 2018, chiarisce che, indipendentemente da quanto stabilito dalla normativa sopracitata, nel caso il datore volesse usufruire di agevolazioni presenti in altre norme, deve obbligatoriamente indicare le motivazioni alla base del contratto.
1.2.2 La disciplina relativa ai rinnovi
Raggiunto il termine, le sorti del contratto possono essere molteplici:
1. il rapporto di lavoro si conclude e le due parti si separano;
2. il contratto subisce la trasformazione a tempo indeterminato, come auspica il legislatore;
3. può avvenire una prosecuzione di fatto (articolo 22 d.lgs. 81/2015);
4. rinnovo del contratto (articolo 19 comma 2 e articolo 21 comma 1 d.lgs. 81/2015);
5. proroga del contratto (articolo 21 d.lgs. 81/2015).
Per queste due ultime opzioni è necessario il consenso di entrambe le parti e la durata complessiva va considerata con riferimento a tutti i rapporti intercorsi tra le stesse per le medesime mansioni e categoria legale.
Con rinnovo si intende la stipulazione di un nuovo contratto a termine tra le parti che prevede lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. In questo caso è richiesta l’indicazione della causale a prescindere dalla durata del contratto precedente e quest’ultima deve soggiacere al limite massimo di 24 mesi. In caso di superamento del predetto termine, il contratto si trasforma a tempo indeterminato dalla data del superamento.
Al comma 3 dell’articolo 19 del d.lgs. 81/2015, viene data la possibilità di stipulare un nuovo contratto a termine dopo i 24 mesi con una durata massima di 12 mesi. Questo ulteriore contratto deve essere stipulato dinanzi alla direzione territoriale del lavoro per garantire la sua legittimità. Il funzionario deve accertare la volontà delle parti a sottoscrivere un ulteriore contratto e il rispetto delle disposizioni. Se il contratto non è stipulato di fronte alla direzione territoriale del lavoro, oppure ha una durata superiore a 12 mesi viene trasformato a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.
1.2.3 La normativa sulle proroghe
Invece di rinnovare il contratto, le parti possono stabilire una posticipazione del termine finale mantenendo sempre costanti mansioni e categoria legale. Questa opzione può essere esercitata quattro volte al massimo, a prescindere dal numero dei contratti, e la durata massima deve sottostare al limite dei 24 mesi. Qualora il contratto iniziale avesse una durata di 24 mesi, non sarà possibile prorogare il termine.
La disciplina del Jobs act era, ancora una volta, meno stringente di quella attuale; infatti era possibile prorogare il termine per cinque volte nell’arco di 36 mesi, indipendentemente dal numero di contratti già stipulati in precedenza.
1.2.4 Quadro d’insieme della normativa vigente
Situazione contrattuale | Xxxxxxx | Xxxxxxx |
Durata 30 mesi | Non possibile | Non possibile |
Durata 12 mesi prorogato 3 volte | Possibile solo una proroga con causale | Possibile con causale |
Durata 10 mesi prorogato 4 volte | Non possibile | Possibile con causale |
Durata 10 mesi prorogato 3 volte | Possibile una proroga senza causale con termine entro 12 mesi o una proroga oltre i 12 mesi ma con causale | Possibile con causale |
1.3 La disciplina comunitaria sul contratto a termine
Anche a livello europeo, come recepito dal legislatore nazionale, si ribadisce che il contratto a tempo indeterminato costituisce la regola. La direttiva 1999/70/CE è stata introdotta anche per evitare gli “abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato” (clausola 1 punto b). A questo scopo la clausola 5 statuisce che gli Stati membri, in mancanza di disposizioni equivalenti, debbano introdurre almeno una delle seguenti tre tutele:
1. ragioni oggettive che giustifichino i xxxxxxx;
2. durata massima complessiva dei contratti anche successivi;
3. numero dei rinnovi stipulati.
Riguardo alle “ragioni oggettive”, la sentenza Xxxxxxxx e altri1 al punto 69 precisa che la motivazione debba essere intesa “nel senso che si riferisce a circostanze precise e concrete caratterizzanti una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare […] l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi”.
Inoltre è stata introdotta una clausola di non regresso (clausola 8) con cui si stabilisce che gli Stati membri non possono utilizzare la direttiva per diminuire il livello di tutele dei lavoratori. Su questo punto, il Jobs act, nel conformarsi alla disciplina sovrannazionale, sceglieva le ultime due soluzioni; l’attuale disciplina, invece, prevede misure che toccano tutti i punti indicati.
1 Cfr. sentenza del 4 luglio 2006, Xxxxxxxx e altri, C-212/04, ECLI:EU:C:2006:443 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
CAPITOLO 2
GLI EFFETTI DELL’EMANAZIONE DEL DECRETO DIGNITÀ NEI CONFRONTI DELLE AZIENDE
La novella degli articoli 19 e 21 del d.lgs. 81/2015, con l’intento di tutelare il lavoratore, ha causato notevoli difficoltà per i datori di lavoro, soprattutto dal punto di vista dell’individuazione di una causale giustificativa del rapporto di lavoro. Inoltre, anche il veloce cambio di normativa ha creato non poche complicazioni.
2.1 Il periodo transitorio
Il primo ostacolo che le imprese hanno dovuto superare ha riguardato l’efficacia temporale del
d.l. 87/2018 il quale, all’articolo 1 comma 2, specifica che le novelle apportate dallo stesso diventano efficaci dal 14 luglio 2018, e i rinnovi e proroghe dopo il 31 ottobre 2018. Pertanto, si distinguono quattro periodi molto ravvicinati tra loro in cui si applicano altrettante discipline.
2.1.1 Fino al 13 luglio 2018
Per il primo periodo non sorgono incertezze, in quanto si applica interamente la disciplina originaria del Jobs act.
2.1.2 Dal 14 luglio 2018 all’11 agosto 2018
Per i contratti stipulati per la prima volta durante questo arco temporale si applica la disciplina come modificata dal d.l. 87/2018. Rileva la data di stipulazione e non quella di inizio dell’esecuzione del rapporto. Dunque, se il contratto fosse stipulato anteriormente al 14 luglio, ma l’esecuzione avvenisse successivamente, la disciplina applicabile sarebbe quella del testo originale del Jobs act.
Per quanto riguarda i rinnovi e le proroghe si devono distinguere due filoni: per i contratti stipulati prima del 14 luglio si applica il Jobs act; per quelli stipulati successivamente, invece, si deve fare riferimento al d.l. 87/2018.
2.1.3 Dal 12 agosto 2018 al 31 ottobre 2018
Se il contratto è stato stipulato per la prima volta durante uno dei due periodi suindicati, non ci sono variazioni rispetto a quanto detto. Per i contratti stipulati per la prima volta durante questo periodo si applica la disciplina del decreto legge ante conversione.
Poiché nel testo del Decreto dignità (articolo 1, comma 2) si fa riferimento a rinnovi e proroghe stipulati successivamente al 31 ottobre, per quelli relativi ai contratti stipulati tra il 14 luglio e l’11 agosto si applica ancora il Decreto dignità. Per quelli siglati dal 12 agosto 2018 si deve fare riferimento al Decreto dignità convertito.
2.1.4 Dal 1° novembre 2018
Non ci sono più incertezze neppure in questo periodo, in quanto troverà integrale applicazione la disciplina del Decreto dignità convertito sia ai contratti stipulati per la prima volta dal 1° novembre, sia ai rinnovi e proroghe dei contratti conclusi entro il 31 ottobre.
2.1.5 Quadro di sintesi della normativa vigente
Jobs act | Decreto dignità | Decreto dignità convertito | |
Fino al 13 luglio 2018 | Intera normativa d.lgs. 81/2015 originario | ||
Dal 14 luglio 2018 all’11 agosto 2018 | Durata, proroghe e rinnovi di contratti stipulati entro il 13 luglio | Xxxxxx, proroghe, rinnovi di contratti stipulati per la prima volta dal 14 luglio | |
Dal 12 agosto 2018 al 31 ottobre 2018 | Durata, proroghe, rinnovi di contratti stipulati per la prima volta tra il 14 luglio e l’11 agosto | Durata, proroghe, rinnovi di contratti stipulati per la prima volta dal 12 agosto | |
Dal 1° novembre 2018 | Durata, proroghe, rinnovi di tutti i contratti sottoscritti dal 1° novembre. Proroghe, rinnovi di contratti sottoscritti entro il 31 ottobre |
2.2 Sull’interpretazione delle clausole introdotte dal Decreto dignità
La seconda questione incide in via indiretta sulla durata del contratto a termine, infatti, vista l’introduzione di clausole molto specifiche e di difficile interpretazione, ai fini della proroga e del rinnovo, è probabile che le imprese stipulino o proroghino i contratti nel limite dei 12 mesi così da non ricadere sotto l’ala della causalità qualora non vogliano effettuare la trasformazione a tempo indeterminato. La disciplina non demanda alla contrattazione collettiva il compito di introdurre ulteriori clausole. Nonostante ciò, anche per la funzione ricoperta dai contratti collettivi nazionali, sembra possibile che questi intervengano per specificare le clausole al fine di consentirne l’applicazione da parte delle aziende.
Un sostegno aggiuntivo può essere fornito dalla contrattazione di prossimità (territoriale e aziendale) stipulata dalle organizzazioni più rappresentative a livello nazionale.1 Tuttavia, gli accordi a tale livello contrattuale devono avere un obiettivo individuato in una maggiore occupazione, l’emersione del lavoro irregolare, l’incremento della competitività e del salario, gli investimenti e l’avvio di nuove attività e devono, inoltre, rispettare la normativa sovrannazionale, in questo caso la direttiva 1999/70/CE.2
2.2.1 Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività
Questa è una delle due clausole di più ardua interpretazione e quindi sarà difficilmente utilizzata dai datori al fine di evitare contenziosi; rilevante per decifrare tale motivazione sarà il riferimento alle mansioni svolte dal lavoratore. Infatti, la giustificazione per aver fatto ricorso a tale tipo di contratto deve essere straordinaria rispetto all’attività dell’impresa. Sul punto ci si interroga se la non abitualità debba essere valutata rispetto all’oggetto sociale indicato nell’atto costitutivo oppure rispetto all’effettiva attività esercitata. La prima ipotesi sembra non essere condivisibile poiché le imprese non possono operare in contesti estranei al loro oggetto sociale. Si accoglie quindi la seconda ipotesi, che reputa ordinarie le attività svolte regolarmente per realizzare l’oggetto sociale. Se non esiste il collegamento con l’abitualità, allora l’attività è straordinaria.
Inoltre, l’esigenza deve essere temporanea, nel senso di limitata nel tempo, altrimenti ricadrebbe nell’abitualità. Se un’esigenza è temporanea è possibile che sia estranea all’oggetto sociale e quindi non abituale; se fosse duratura diverrebbe un’attività ricorrente e quindi ordinaria.
1 Cfr. XXXXXXXXXXX, P., 2018. Il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato e la somministrazione di lavoro alla prova del decreto dignità. Centre for the Study of European Labour Law “Xxxxxxx X’Xxxxxx”. 28-30.
2 Cfr. articolo 8 comma 1 d.l. 13 agosto 2011, n. 138 convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n.
148.
Infine, il termine “oggettive” si riferisce al fatto che le necessità del datore devono poter essere avvalorate. Riprendendo la sentenza Xxxxxxxx e altri3, l’esigenza oggettiva deve essere riferita concretamente all’attività considerata. Nello specifico, al punto 70, si definiscono tali le esigenze che risultano “dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime”.
In concreto, si farà riferimento, ad esempio, a eventi meteorologici imprevisti che hanno danneggiato le strutture o i beni aziendali oppure la creazione di una nuova struttura produttiva.
2.2.2 Esigenze di sostituzione di altri lavoratori
La seconda parte della prima clausola è di più facile traduzione. Si fa riferimento ai casi in cui si debba sostituire un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto. In generale sono sostituzioni per malattia, maternità, ferie o infortunio; è vietata invece la sostituzione di lavoratori assenti in sciopero. 4 Si nota come non sia rilevante se le esigenze siano straordinarie oppure ordinarie e prevedibili. In caso di sostituzione per motivi di salute, il datore non dovrà indicare questioni riguardanti la situazione del sostituito poiché violerebbe la privacy di quest’ultimo.5
2.2.3 Incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività
Se le esigenze riguardano l’attività ordinaria e quindi non si può fare riferimento alla prima clausola, si può ricadere nella seconda. Tuttavia, anche quest’ultima sembra inutilizzabile soprattutto in considerazione del fatto che i tre requisiti devono essere presenti contemporaneamente.
Ordinario è ciò che è ricorrente, non nuovo.
La significatività e la non programmabilità devono essere valutate caso per caso, in relazione alla realtà aziendale considerata. La definizione di “incremento significativo” è discrezionale, sebbene si possa considerare tale un incremento di attività che non può essere coperto attraverso l’organico aziendale. Non programmabile, invece, rievoca il concetto dell’imprevedibilità da parte del datore, quindi non deve esserci una sua attività di pianificazione.
Possono essere degli esempi una commessa di particolare importanza per la quale non si è avuta una lunga trattativa oppure lo svuotamento dei locali in caso di ristrutturazione.
3 Cfr. nota 1 capitolo 1.
4 Cfr. articolo 20 d.lgs. 81/2015.
0 Xxx. XXXXXXXXX, X., 0000. Il contratto a termine per ragioni sostitutive: attenzione ai dati personali. Il Sole 24 Ore Quotidiano del Lavoro [online], 25 febbraio.
Non sono contemplate, invece, situazioni cicliche come il periodo dei saldi poiché, seppure temporaneo e significativo, l’incremento è programmabile da parte del datore.6
2.3 Sui rischi della mancanza delle clausole o loro erronea specificazione
In base alla normativa introdotta dal Decreto dignità, l’indicazione della motivazione è necessaria se il contratto ha una durata iniziale superiore a 12 mesi, viene prorogato oltre i 12 mesi o viene rinnovato. Se non è specificata, il contratto viene convertito in contratto a tempo indeterminato. In caso di durata iniziale superiore a 12 mesi, la trasformazione avverrà dal momento di superamento del predetto termine; se, invece, si tratta di rinnovo non motivato, la conversione si verificherà dal momento iniziale del contratto rinnovato.
Inoltre, all’articolo 28 del d.lgs. 81/2015, comma 2, viene specificata un’ulteriore sanzione per il datore: l’indennità onnicomprensiva. L’importo, stabilito dal giudice, potrà variare da un minimo di 2,5 a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato. I criteri che il giudice prenderà in considerazione per la determinazione dell’ammontare di tale somma riguardano: il numero dei dipendenti occupati, le dimensioni dell'impresa, l'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, il comportamento e le condizioni delle parti. L'indennità risarcisce il lavoratore per il danno subito dalla mancanza della causale o dalla sua errata specificazione e per tutte le questioni relative alla retribuzione e ai contributi inerenti al periodo tra il termine del contratto e la data della pronuncia del giudice.
Nell’indicare la causale il datore deve tenere alcuni accorgimenti:
• non deve limitarsi a riportare la normativa, poiché sarebbe considerata una causale generica e quindi inesistente, perciò si ricadrebbe nel caso precedente. La giustificazione analitica deve evidenziare le ragioni che hanno spinto il datore di lavoro a stipulare questo tipo di contratto piuttosto di uno a tempo indeterminato;
• una volta stabilita, la causale non potrà variare;
• la causale esplicitata deve essere legata alle mansioni svolte.
Queste regole generali sono necessarie per garantire la trasparenza tra datore e lavoratore, in modo che quest’ultimo possa verificare la rispondenza tra le esigenze del datore e le mansioni oggetto del contratto.
6 Cfr. XXXXXX, X. e DELLO IOIO, M. V., 2018. Il Contratto di lavoro a tempo determinato dopo il Decreto Dignità. Il Sole 24 Ore Quotidiano del Lavoro [online], 5 dicembre.
2.4 Le soluzioni organizzative per la gestione dei rapporti di lavoro a tempo determinato Alla luce degli oneri che gravano sul datore, la soluzione che si può adottare consiste nella verifica dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali applicati ai rapporti in essere nell’azienda cui il datore dovrà fare riferimento e nella storicizzazione dei rapporti. Si tratta di un vero e proprio catalogo in cui indicare i rapporti intrattenuti con i propri lavoratori a termine e la causale di tali contratti. Tale registro consente di verificare la durata dei rapporti già intercorsi tra le parti, in modo da non superare la durata massima consentita, il numero delle proroghe già effettuate e le motivazioni di tali rapporti.
CAPITOLO 3
LE CONSEGUENZE SULLO SVILUPPO PROFESSIONALE DEL LAVORATORE
Il legislatore, come detto in precedenza, nell’emanare il Decreto dignità aveva come obiettivo la tutela dei lavoratori. Lo scopo era evitare l’abuso nell’utilizzo di contratti a termine e, attraverso l’apposizione di rigide clausole al contratto a termine, invogliare i datori di lavoro a effettuare la trasformazione a tempo indeterminato del contratto stesso.
Tuttavia, date le condizioni poste dal legislatore all’articolo 19 del Jobs act come modificato dal Decreto dignità, il datore che non voglia, o non possa, effettuare la trasformazione sarà portato a stipulare solo il contratto acausale. Ciò significa che il lavoratore sarà impiegato presso l’azienda solo per 12 mesi, rappresentati da un unico contratto oppure da un contratto con durata iniziale inferiore poi prorogato. Alla luce di ciò, la nuova normativa ha ricadute anche dal punto di vista professionale per il lavoratore, in particolare sulle sue competenze, la sua motivazione e sul contratto psicologico.
3.1 La formazione del lavoratore e i percorsi boundaryless career
Ai fini della sicurezza sul luogo di lavoro, il datore deve fornire al lavoratore una formazione adeguata alle mansioni da svolgere. Questo è un obbligo del datore il quale non può rifiutarsi. A livello europeo la Direttiva 1999/70/CE, alla clausola 6 punto 2, stabilisce che “nella misura del possibile, i datori di lavoro, dovrebbero agevolare l’accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per migliorare le qualifiche, promuovere la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale”.
Il legislatore nazionale, all’articolo 26 del d.lgs. 81/2015, riprendendo la medesima dicitura, delega ai contratti collettivi la facoltà di stabilire l’accesso alla formazione. Il datore dovrà quindi fare riferimento a questi se vorrà attivare un percorso di formazione.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con circolare 23 maggio 2000, n. 30, è intervenuto in ambito di formazione di lavoratori occupati riferita a innovazioni del processo produttivo. Nel definire l’espressione “attività di formazione professionale continua” puntualizza che è il lavoratore, ovvero l’azienda, ad attivarsi spontaneamente per partecipare al corso di formazione. 1 Il Ministero individua inoltre due tipologie di azioni formative: aziendali e individuali. Le prime si riferiscono a situazioni di trasformazione o ristrutturazione
1 Cfr. articolo 1: “Per “attività di formazione professionale continua”, nella presente circolare, si intendono quelle attività rivolte ai soggetti adulti occupati alle quali il lavoratore può partecipare anche per autonoma scelta, ovvero quelle predisposte dalle aziende, al fine di adeguare o di elevare le professionalità e competenze in stretta connessione con l'innovazione tecnologica ed organizzativa del processo produttivo.”.
aziendale; le seconde sono relative allo sviluppo delle competenze del lavoratore e sono percorsi elaborati dallo stesso.
In caso di ristrutturazione aziendale, viste le difficoltà create dal Decreto dignità, potremmo dire che il datore non ha incentivo ad avviare alla formazione un lavoratore a termine. Infatti, essendo impiegato in azienda solo per 12 mesi, per il datore di lavoro sarà un investimento a fondo perduto. D’altro canto, anche il lavoratore non sarà incentivato a realizzare un progetto formativo poiché, se acquisirà competenze professionali specifiche per l’azienda in cui è impiegato in quel periodo, le stesse non potranno essere utilizzate al di fuori di quel contesto aziendale.
Quindi: se il capitale umano subisce una trasformazione debole, ossia riferita a un particolare ambiente lavorativo, è probabile che il datore intraprenda un percorso di formazione; se, invece, subisce una trasformazione forte, a causa dell’attuale normativa non ci saranno attività di formazione.2
Dal punto di vista strategico, una volta identificati i fabbisogni organizzativi di formazione, l’azienda prosegue analizzando il fabbisogno professionale e individuale. Il primo deriva da esigenze legate alle mansioni e al ruolo, mentre quello individuale da esigenze del soggetto legate a diversi fattori quali il percorso di carriera o le potenzialità del lavoratore.
Alla luce di ciò, vista la breve durata del contratto che i datori saranno portati a stipulare a causa delle nuove disposizioni, i contratti a termine acausali non daranno incentivo a sviluppare il capitale umano. Questo va a discapito sia del datore stesso, che non potrà incrementare il suo vantaggio competitivo, sia del lavoratore che non migliorerà le sue competenze.
Percorsi formativi che fanno leva sulla durevolezza del rapporto tra datore e lavoratore sono incentrati principalmente sui bisogni dell’azienda. La normativa introdotta dal Decreto dignità ha un risvolto positivo se si considera il numero di rapporti che il lavoratore può attivare nel corso della sua vita lavorativa e di conseguenza l’esperienza che può acquisire.
I percorsi di carriera verticale sono difficilmente percorribili in un contesto caratterizzato da contratti di lavoro atipici. Tuttavia, il contratto a tempo determinato può essere adatto per carriere orizzontali improntate allo sviluppo di competenze. Da questa prospettiva esistono percorsi di sviluppo che mettono al centro la persona del lavoratore e sono denominati boundaryless career o carriera senza confini. L’individuo è centrale perché acquisisce competenze ed esperienza spostandosi da un’azienda all’altra anche in diversi settori.
2 Sul punto, come precisato all’inizio del presente paragrafo, si ricorda che la formazione in materia di sicurezza è sempre obbligatoria ex Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008) e Direttiva 391/89.
Le boundaryless career sono percorsi molto flessibili adatti ai contratti a tempo determinato, tuttavia è difficile costruire una carriera di questo tipo se lo scopo del datore è stipulare un contratto acausale. Il percorso lavorativo diventa molto frammentato e adatto forse solo ai giovani che si approcciano al mercato del lavoro per la prima volta e che vogliono capire che professione intraprendere. Il datore, rispetto a un tipo di carriera tradizionale, non sarà portato a individuare un piano formale di formazione; le attività formative saranno legate al learning by doing, in particolare al training on-the-job. Grazie alla elevata diversificazione di posizioni ricoperte, il lavoratore non acquisirà competenze firm specific, ma competenze comportamentali e quindi facilmente trasferibili da azienda ad azienda. Quello che differenzierà i lavoratori, soggetti alla nuova e più stringente disciplina che vorranno intraprendere questo tipo di carriera, sarà il possesso di competenze distintive che rendano la loro prestazione efficace.
3.2 Risvolti motivazionali causati dalle causali nel contratto a termine
Il contratto a termine, preso singolarmente, ha delle implicazioni dal punto di vista della motivazione del lavoratore. La nuova normativa incide ancor più sull’aspetto motivazionale per il fatto che, come sottolineato già più volte, verranno creati rapporti di lavoro molto frammentati.
Con motivazione del lavoratore si intende l’insieme dei fattori interiori all’individuo che lo spingono a perseguire un obiettivo.
Analizzando il contenuto della motivazione, ossia i motivi che portano a un comportamento, si possono sfruttare il Modello di Xxxxxx e il Modello di Xxxxxxxx per osservare gli effetti che potrebbero avere le nuove clausole introdotte dal Decreto dignità.
Xxxxxx individua una scala dei bisogni con cinque livelli di cui:
• i primi due alla base sono considerati bisogni primari;
• i restanti tre sono di ordine superiore.
Secondo questa teoria i bisogni sono ordinati gerarchicamente e il bisogno successivo non è avvertito finché non è soddisfatto quello corrente. Anche se le critiche mosse contro questo modello sottolineano il fatto che la scala gerarchica individuata da Xxxxxx non ha valore generale, questo modello è una buona base di partenza per analizzare la situazione creata dal Decreto dignità. Nella scala dei bisogni di Xxxxxx l’elevata frammentazione contrattuale, creata dall’introduzione delle clausole, incide sul bisogno di sicurezza, in particolare sulla stabilità del rapporto. Il contratto a tempo determinato non garantisce la sicurezza ed essendo questa un bisogno primario, se non viene soddisfatto il lavoratore non percepisce i bisogni di ordine superiore. L’effetto sarà che non creerà legami con l’organizzazione e i suoi colleghi, non si sentirà stimato e realizzato.
Il Modello di Xxxxxxxx è incentrato sulla soddisfazione del lavoratore e sostiene che se non c’è soddisfazione non significa che ci sia insoddisfazione. Xxxxxxxx individua due insiemi di fattori:
• igienici, che se assenti generano insoddisfazione e se presenti non generano soddisfazione;
• motivanti, i quali se assenti non creano insoddisfazione e se presenti generano soddisfazione.
I fattori igienici sono legati al contesto lavorativo, mentre quelli motivanti al contenuto del lavoro. Secondo questo modello, si osserva che le clausole al contratto a termine incidono sui fattori igienici, quindi il lavoratore non si sentirà più motivato, anzi sarà insoddisfatto poiché la sicurezza, solitamente generata da un contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato, ma di durata superiore a 12 mesi, è carente.
Combinando questi due modelli le conclusioni tratte coincidono: il lavoratore non sarà motivato e sarà parzialmente insoddisfatto a causa dell’incertezza creata dal legislatore.
3.3 L’importanza del contratto psicologico nel rapporto lavorativo
La relazione che il datore di lavoro e il lavoratore instaurano non si esaurisce al contratto giuridico, ossia il contratto di lavoro subordinato, ma è estesa anche al cosiddetto “contratto psicologico”, cioè l’insieme delle aspettative reciproche tra le due parti. Questo tipo di contratto accresce il legame tra individuo e azienda, tuttavia è di difficile gestione in caso di contratti a tempo determinato, a causa della ridotta durata temporale del rapporto.
La base del contratto psicologico sono elementi impliciti, non definibili nel contratto giuridico, che creano il coinvolgimento del lavoratore. Tra organizzazione e lavoratore diventa rilevante lo scambio che si instaura, dato che l’elemento temporale è assente. Lo scambio è reciproco: il
lavoratore offre la sua prestazione e il suo rispetto verso l’organizzazione e si aspetta di essere trattato in modo corretto anche in confronto agli altri lavoratori presenti all’interno della stessa. Il contratto psicologico può diventare il mezzo per creare una relazione e non solo una relazione economica.
Il contratto psicologico è la base per far sì che il lavoratore sia integrato nell’azienda.
Il contratto a termine non è il mezzo adatto per creare un contratto psicologico relazionale. Solitamente il commitment affettivo ha bisogno di tempo poiché il lavoratore deve sentirsi parte dell’azienda. Quando ciò si realizza, il lavoratore collabora volontariamente e ciò ha effetti positivi sulla sua performance.
Alla luce di ciò, il Decreto dignità rompe la reciprocità perché il lavoratore percepisce di essere in una posizione diversa e più svantaggiata rispetto agli altri lavoratori. La condotta non corretta dell’organizzazione deriva dalla mancanza di stabilità lavorativa, di possibilità di sviluppo dal punto di vista della carriera e della formazione.
In conclusione, il contratto psicologico subirà una rottura che causerà l’assenza del lavoratore, un elevato turnover e la diminuzione della performance.
Nonostante questo, tra le parti può instaurarsi un contratto psicologico transazionale che crea un impegno calcolativo. La relazione che si instaura è di convenienza o di assenza di alternative. Il lavoratore accetta di stipulare un contratto a termine poiché così non rimarrà disoccupato. Inoltre potrebbe accettare un contratto a termine acausale poiché ha ricevuto altre offerte meno favorevoli. In ogni caso verrà effettuata un’analisi costi-benefici delle conseguenze derivanti dalla stipula del contratto. Il commitment calcolativo non incrementerà la performance del lavoratore il quale terrà il comportamento necessario per rimanere nell’organizzazione, ma senza desiderio di sentirsi parte integrante di essa.
Il datore di lavoro non potrà beneficiare del vantaggio competitivo che solo il contratto psicologico relazionale può creare, se gestito in modo corretto. Esso consiste nel coinvolgimento del lavoratore nell’organizzazione che si trasforma in motivazione ad agire e che quindi giustifica la migliore performance. Se le parti hanno pattuito un contratto acausale e il lavoratore percepisce che al termine non verrà prorogato o rinnovato il contratto, difficilmente si sentirà parte dell’organizzazione e metterà più impegno del dovuto nel suo lavoro.
CAPITOLO 4
BREVE ANALISI DEGLI INDICATORI DEL MERCATO DEL LAVORO POST DECRETO DIGNITÀ
Nei precedenti capitoli sono state messe in evidenza le difficoltà che datori e lavoratori fronteggiano e dovranno fronteggiare finché non avverrà un nuovo cambiamento normativo. È utile concludere l’analisi di questo tema con una valutazione dei dati relativi all’occupazione.
Nella lettura delle pagine seguenti è opportuno tenere in considerazione che il Decreto dignità è entrato definitivamente in vigore dal 1° novembre 2018, pertanto gli effetti non sono del tutto rappresentativi vista la recente introduzione del provvedimento; maggiori conseguenze saranno visibili nel lungo periodo.
Secondo i dati forniti nella Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione, il numero di occupati nel quarto trimestre 2018, rispetto al terzo trimestre, è diminuito. Nonostante ciò, l’occupazione dipendente è aumentata rispetto al quarto trimestre 2017.
Rispetto alla tipologia di contratto, quelli a tempo indeterminato sono aumentati (+80.000), mentre quelli a tempo determinato sono rimasti stabili. Ciò è evidenziato anche nel grafico sottostante in cui si possono osservare i dati congiunturali destagionalizzati.
Nella Nota viene evidenziato che il flusso dei contratti a tempo indeterminato è in forte aumento rispetto agli altri trimestri del 2018; quello dei contratti a tempo determinato è in crescita, ma questa è minore in confronto ai periodi precedenti. Dalla tavola seguente si può notare la composizione della domanda evidenziata nella tavola precedente. Confrontando i dati destagionalizzati per il quarto trimestre 2018, relativi ai settori di attività economica, si nota che il settore terziario è quello maggiormente interessato da attivazioni e cessazioni, sia a tempo indeterminato sia determinato. Inoltre, relativamente al contratto a termine, si osserva una generale diminuzione del numero di trasformazioni a tempo indeterminato in tutti i settori indicati.
Rielaborando a valori percentuali i dati provenienti dal Sistema Informatico Statistico delle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si nota che i contratti a tempo indeterminato attivati sono aumentati dello 0,9%, mentre quelli a tempo
determinato sono diminuiti del 3,9%. Nonostante questa diminuzione, si nota che il contratto a termine è ancora la tipologia contrattuale preferita.
Rispetto allo stesso periodo i contratti a tempo indeterminato cessati hanno subito una diminuzione (-0,6%), mentre, per quanto riguarda i contratti a tempo determinato, c’è stato un aumento delle cessazioni pari alla stessa percentuale.
Osservando i dati ISTAT, si può notare come il tasso di occupazione sia lievemente diminuito tra gennaio e febbraio (-0,1%) come, allo stesso tempo, anche il tasso di disoccupazione.
Si osservi la variazione negativa sia degli occupati a termine (-0,4%) sia di quelli a tempo indeterminato (-0,2%) rispetto al periodo gennaio-febbraio 2019. La diminuzione degli occupati a tempo determinato segnala che il provvedimento adottato dal Governo sta andando nella giusta direzione, ma si dovrebbe anche riscontrare un aumento nei contratti a tempo indeterminato che invece non c’è stato.
CONCLUSIONE
Secondo i dati appena indicati, sembra che la riforma attuata dal Decreto dignità abbia contribuito a diminuire il numero di contratti a termine; tuttavia non si spiega la contemporanea riduzione anche dei contratti a tempo indeterminato, dato che l’intento della norma era invece aumentarne il numero. Nonostante ciò è ancora difficile trarre delle conclusioni poiché la novellazione del Jobs act è avvenuta pochi mesi fa.
Il tema del decreto è la dignità dei lavoratori intendendo con ciò la stabilità lavorativa. Non sempre però la durata temporale illimitata del rapporto è ciò che desiderano le parti. I datori di lavoro spesso hanno necessità di flessibilizzare i rapporti di lavoro; i lavoratori, invece, soprattutto quelli giovani, optano temporaneamente per i contratti a termine per diverse ragioni: crescita personale e professionale, orientamento nel mondo del lavoro.
Come è stato messo in luce, anche se i dati tendono a confermare le speranze del Governo, il Decreto dignità sembra avere effetti opposti: i datori potrebbero smettere di assumere o fare un uso reiterato dei contratti a termine acausali, trasformando la flessibilità in precarietà e quindi facendo gravare le conseguenze sulla parte debole del rapporto: i lavoratori.
Con l’intento di risolvere questo problema, il decreto potrebbe creare il risultato opposto o addirittura ridurre l’occupazione.
I datori di lavoro troveranno sicuramente difficoltà a utilizzare le nuove clausole almeno finché non si formerà giurisprudenza in merito o il legislatore non intervenga nuovamente delegando alla contrattazione collettiva il compito di stabilire o esemplificare delle causali.
Nello scrivere la nuova disciplina sul contratto a termine, il legislatore non ha considerato che i contratti a tempo determinato e indeterminato coesistono all’interno delle aziende e che non è possibile per un datore stipulare solo contratti di quest’ultimo tipo. Possono, per esempio, verificarsi periodi in cui c’è una forte domanda e il datore non può soddisfarla se non aumentando temporaneamente la manodopera alle sue dipendenze.
Concludendo, la nuova disciplina si presta facilmente a pratiche elusive da parte dei datori di lavoro i quali ben potranno stipulare contratti o prorogarli nel limite dei 12 mesi acausali, alternando di fatto più lavoratori nella stessa posizione.
La nuova disciplina dovrebbe aiutare a diminuire il turnover nelle organizzazioni, ma, attualmente, sembra che si stia verificando l’effetto opposto. Il tessuto imprenditoriale ha bisogno del contratto a termine come strumento flessibile per rispondere velocemente alle
proprie esigenze. Proprio perché flessibile, la normativa deve essere semplice e chiara1. Le nuove causali, invece, non fanno che creare ancora più incertezza sia per i datori, sia per i lavoratori e soprattutto per il fatto che sarà più difficile verificare la validità del motivo di assunzione, se questa è acausale.
Con contratti così brevi (12 mesi al massimo) gli investimenti dei datori per lo sviluppo di questi lavoratori non vengono incentivati, dunque ne va del loro sviluppo e miglioramento professionale.
Le nuove causali, rendendo più difficoltoso stipulare contratti a termine non acausali, impattano anche dal punto di vista emotivo e strategico. Emotivo poiché non si creerà il commitment tra lavoratore e ambiente lavorativo; strategico in quanto il datore di lavoro non beneficerà del vantaggio competitivo solitamente creato attraverso il contratto psicologico.
Leggendo il decreto emerge che la dignità dei lavoratori, ma anche delle aziende, deriva dalla stabilità lavorativa.
Certamente si è eliminato il problema dell’uso reiterato dello stesso lavorator a termine, ma si crea il pericolo dell’utilizzo ripetuto di più contratti a termine e più lavoratori.
Anche un contratto a termine può essere dignitoso. Decoroso e rispettabile non è solo la durata temporale, ma anche i contenuti e i risultati creati con il proprio lavoro. Le nuove causali, chiedendo di classificare in modo così preciso le ragioni sottostanti l’attività d’impresa, limitano la portata della normativa sul contratto a termine e la possibilità di trasformazione del contratto in uno a tempo indeterminato.
0 Xxx. XXXXXX, X., 0000. Contratto a tempo determinato, 6 mesi dal Decreto Dignità. In: DOTTRINA PER IL LAVORO in collaborazione con WOLTERS XXXXXX, 0000. 6° Forum TuttoLavoro 2019. Modena, 21
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