CIRCOLARE N. 11/E
CIRCOLARE N. 11/E
Direzione Centrale
Normativa e Contenzioso Roma, 17 marzo 2005
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Oggetto: Circolari IRES/7. Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione. Decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344.
INDICE
1. PREMESSA 3
2. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA NORMA 4
3. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA NORMA 6
3.1 DEFINIZIONE DI SOCIO QUALIFICATO 6
3.2 DEFINIZIONE DI PARTI CORRELATE 9
3.3 FINANZIAMENTI RILEVANTI 10
3.3.1 FINANZIAMENTI EROGATI 11
3.3.2 CASISTICA 14
3.3.2.1 IL CASH POOLING 14
3.3.2.2 IL LEASING 15
3.3.3 FINANZIAMENTI ESCLUSI 17
3.3.4 FINANZIAMENTI GARANTITI 19
4. MODALITÁ DI APPLICAZIONE DELLA THIN CAPITALIZATION RULE 21
4.1 CONDIZIONE PREGIUDIZIALE DI ACCESSO 21
4.2 RAPPORTO DI INDEDUCIBILITA’ RIFERITO AI SINGOLI SOCI 23
4.2.1 CONSISTENZA MEDIA DEI FINANZIAMENTI 23
4.2.2 PATRIMONIO NETTO CONTABILE 24
4.3 DETERMINAZIONE DEGLI INTERESSI PASSIVI INDEDUCIBILI 29
5. DISPOSIZIONE TRANSITORIA 31
6. REMUNERAZIONE DEI FINANZIAMENTI ECCEDENTI: ASSIMILAZIONE AGLI UTILI DISTRIBUITI 32
7. RAPPORTI CON ALTRE NORME CHE LIMITANO LA DEDUCIBILITÀ DEGLI INTERESSI PASSIVI 36
8. PROVA CONTRARIA 40
1. PREMESSA
Il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 190 alla Gazzetta Ufficiale n. 291 del 16 dicembre 2003) rubricato “Riforma dell'imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80” ha previsto agli articoli 97 e 98 del novellato testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), alcune limitazioni in merito alla deducibilità degli interessi passivi.
In particolare, l’articolo 98 del TUIR, in attuazione dei principi contenuti nella citata legge di delega n. 80 del 2003, ha introdotto misure volte a contrastare l’utilizzo a fini fiscali della sottocapitalizzazione delle imprese (cosiddetta “thin capitalization rule”).
La legge delega, infatti, all’articolo 4, comma 1, lettera g), dispone un “…limite alla deducibilità degli oneri finanziari relativi a finanziamenti, erogati o garantiti dal socio che detiene…una partecipazione non inferiore al 10 per cento…e da sue parti correlate…, verificandosi un rapporto fra tali finanziamenti ed il patrimonio netto contabile riferibile allo stesso socio eccedente quello consentito e a condizione che gli oneri finanziari non confluiscano in un reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito e dell’imposta sul reddito delle società”.
L’obiettivo perseguito dal legislatore delegante, come precisato nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 344 del 2003, non è quello di penalizzare l’istituto della sottocapitalizzazione tout court, “che è un fatto economico a sé”, bensì quello di evitare lo sfruttamento ai fini fiscali della sottocapitalizzazione delle imprese.
Al riguardo, è opportuno evidenziare che, rispetto ai principi guida contenuti nella legge delega, l’articolo 98 del TUIR, con riferimento all’individuazione dei soci finanziatori rilevanti, ha fissato al 25 per cento la percentuale minima di partecipazione al capitale sociale che in base alle
disposizioni della delega non poteva essere inferiore al 10 per cento e ha previsto l’irrilevanza dell’entità della partecipazione al capitale sociale (che può essere, quindi, anche inferiore al 25 per cento) qualora il socio controlli di fatto il soggetto debitore ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Inoltre, la previsione contenuta al termine del primo periodo della lettera g), comma 1, dell’articolo 4 della legge delega, ossia la “condizione che gli oneri finanziari non confluiscano in un reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito e dell’imposta sul reddito delle società”, non è stata inserita nell’ambito del testo dell’articolo 98 del TUIR.
Il mancato adeguamento della disposizione a tale previsione è
riconducibile all’accoglimento degli orientamenti della Corte di Giustizia Europea volti sostanzialmente ad evitare discriminazioni tra soggetti residenti e non residenti, nonché violazioni della libertà di stabilimento (v. sentenza C- 324/00 del 13 dicembre 2002).
Considerato che le limitazioni previste nei citati articoli 96, 97 e 98 incidono tutte sulla deducibilità degli interessi passivi, si fa innanzitutto presente che le disposizioni dell’articolo 98 del TUIR si applicano in via prioritaria rispetto a quelle contenute negli articoli 97 e 96 disciplinanti, rispettivamente, il pro-rata patrimoniale e il pro-rata generale.
2. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA NORMA
L’articolo 98 in esame – inserito nell’ambito del Titolo II relativo all’Imposta sul Reddito delle Società (IRES) - si applica dal primo periodo d’imposta che inizia a decorrere dal 1° gennaio 2004, ai soggetti passivi dell’IRES di cui all’articolo 73 del TUIR, ossia a:
⮚ società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione, società consortili, residenti nel territorio dello Stato;
⮚ enti pubblici e privati, diversi dalle società, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato;
⮚ enti pubblici e privati, diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, limitatamente all’attività commerciale svolta;
⮚ società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti, relativamente alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato mediante stabili organizzazioni.
Inoltre, per effetto del rinvio all’articolo 98, contenuto negli articoli 56 e
63 del TUIR, le disposizioni relative al contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione si applicano alle società di persone, alle imprese individuali e alle imprese familiari.
Sempre in merito all’ambito soggettivo di applicazione della norma, si fa presente che il comma 7 dell’articolo 98 include in ogni caso le società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni, ossia le holding sia industriali che bancarie.
L’applicazione della norma è invece espressamente esclusa, per effetto della medesima previsione normativa, ai contribuenti “il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore”.
Al riguardo, si ritiene che tale esclusione si applichi a tutti i contribuenti il cui volume di ricavi non superi le soglie previste per l’applicazione degli studi di settore (normalmente pari ad euro 5.164.569,00), indipendentemente dalla circostanza che sia stato approvato un apposito studio di settore relativamente all’attività esercitata. Tuttavia, qualora uno specifico studio di settore stabilisca una soglia di importo inferiore, si rende applicabile quest’ultima soglia ai fini della predetta esclusione.
Da ciò si evince che, in linea generale, la norma investe le imprese di rilevanti dimensioni, atteso che per le imprese i cui ricavi non superano il
predetto volume, la deducibilità degli interessi passivi riconducibili nell’ambito dell’articolo 98 è integrale.
Al riguardo, si fa presente che, per verificare la sussistenza dei requisiti di tale esclusione, si deve tener conto dei ricavi rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, ossia dei ricavi derivanti dall’esercizio dell’attività tipica, ad esclusione di quelli di natura finanziaria di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c), d) ed e), del TUIR (cfr. art. 10, comma 4, della legge 8 maggio 1998, n. 146).
Per il calcolo dell’ammontare dei ricavi occorre fare riferimento a quelli di competenza del periodo d’imposta in cui la thin capitalization rule si applica, tenendo conto anche degli eventuali adeguamenti agli studi di settore.
Per le società costituite nel corso dell’anno, il limite dei ricavi deve essere verificato effettuando il ragguaglio ad anno.
3. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA NORMA
Affinché la thin capitalization rule possa operare, è necessario che i finanziamenti siano, direttamente o indirettamente, erogati o garantiti da un socio qualificato o da una parte correlata al socio qualificato.
3.1 DEFINIZIONE DI SOCIO QUALIFICATO
A norma dell’articolo 98, comma 3, lettera c), è “qualificato” il socio che:
1. direttamente o indirettamente controlla, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, il soggetto debitore;
2. partecipa al capitale sociale dello stesso debitore con una percentuale pari o superiore al 25 per cento, alla determinazione della quale concorrono le partecipazioni detenute da sue parti correlate. Non si considerano soci qualificati i soggetti di cui all’articolo 74, e cioè “gli organi, le amministrazioni dello Stato,…i comuni, i consorzi tra enti locali, le
associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni…” .
Ai fini dell’acquisizione dello status di socio qualificato è sufficiente che ricorra uno solo dei sopradetti presupposti.
Il riferimento alla partecipazione al capitale sociale del soggetto debitore comporta che, ai fini della qualificazione del socio, sia rilevante anche il possesso di azioni speciali purché conservino gli elementi minimi causali affinché le si possa definire come partecipazioni sociali e non come titoli rappresentativi di rapporti di altra natura. Vi rientrano, pertanto, sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni dotate di privilegi nella distribuzione degli utili (es.: azioni privilegiate) o nell’incidenza delle perdite (es.: azioni postergate) o di priorità o di preferenza sulla ripartizione dell’attivo di liquidazione (es.: azioni di godimento), sia le partecipazioni derivanti dal possesso di azioni prive del diritto di voto, con diritto di voto limitato a particolari argomenti, con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni e con diritto di voto limitato ad una misura massima o per scaglioni (cfr. articolo 2351 del codice civile).
Non si deve tener conto invece delle partecipazioni agli utili derivanti da titoli e strumenti finanziari assimilati alle azioni ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a), del TUIR per i quali il sottoscrittore può vantare esclusivamente diritti patrimoniali o anche diritti amministrativi (escluso il diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti), ma che non gli attribuiscono lo status di socio in quanto emessi a fronte di apporti non imputabili a capitale sociale.
Ciò posto, ai fini della determinazione della partecipazione “qualificata” del socio, il comma 3, lettera c), punto 2), dell’articolo 98, stabilisce che si tiene conto non solo delle partecipazioni al capitale sociale del debitore detenute direttamente dal socio, ma anche delle partecipazioni detenute da parti correlate al socio medesimo. In sostanza, lo status di socio qualificato deve essere valutato non soltanto computando la sua partecipazione diretta nella società finanziata, ma anche quella nella medesima società detenuta da sue parti correlate.
Pertanto, un socio con partecipazione diretta inferiore al limite del 25 per cento deve ritenersi qualificato quando tale limite viene raggiunto conteggiando le partecipazioni al capitale sociale del medesimo soggetto debitore, detenute da sue parti correlate che, come verrà meglio specificato, sono costituite da società controllate dallo stesso socio ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Al riguardo, occorre precisare che ai fini della determinazione della quota di partecipazione al capitale sociale complessivamente detenuta dal socio e dalle sue parti correlate detta quota va considerata per intero, anche nell’ipotesi in cui il finanziamento sia indiretto, vale a dire effettuato esclusivamente da parti correlate al socio qualificato. In tal modo, l’eventuale effetto demoltiplicativo prodotto dalla catena di controllo risulta in ogni caso irrilevante.
Ciò in quanto non sussiste nell’articolo 98 del TUIR un’esplicita previsione in senso contrario, così come invece è stabilito negli articoli 120, comma 1, lettere a) e b), e 133, comma 1, dello stesso TUIR con riferimento alla definizione del requisito di controllo rilevante ai fini dell’esercizio delle opzioni per il consolidato nazionale e per quello mondiale.
Come accennato, ai sensi del numero 2, lettera c), del terzo comma dell’articolo 98, non rivestono, in ogni caso, la figura di socio qualificato, i soggetti di cui all’articolo 74 del TUIR. Si tratta degli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, dei comuni, dei consorzi tra enti locali, delle associazioni e degli enti gestori di demanio collettivo, delle comunità montane, delle province e delle regioni.
Inoltre, tenuto conto del generico richiamo all’articolo 74 del TUIR, non si considerano soci qualificati neanche quelli richiamati dal comma 2 del medesimo articolo, e cioè gli enti pubblici nell’esercizio di funzioni statali, quelli istituiti esclusivamente per l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie, comprese le aziende sanitarie locali.
Tale esclusione, in sostanza, è finalizzata a non penalizzare le situazioni di indebitamento nelle quali la “fisiologicità” dell’ammontare dei finanziamenti è garantita dalla natura “pubblica” dei soggetti che li pongono in essere.
Sempre con riferimento all’individuazione del socio qualificato, l’articolo 63 del TUIR prevede che, “per l’applicazione della norma di cui all’articolo 98 alle imprese individuali il riferimento al socio si intende all’imprenditore e nelle imprese familiari anche ai soggetti di cui all’articolo 5, comma 5”, vale a dire anche al coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado.
Con riferimento, invece, alle stabili organizzazioni di società non residenti, l’individuazione dei soci qualificati deve avvenire con riferimento ai soci qualificati della società non residente.
3.2 DEFINIZIONE DI PARTI CORRELATE
La lettera b) del terzo comma dell’articolo 98 contiene la definizione di “parti correlate” al socio qualificato, considerando tali “le società da questi controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e se persona fisica, anche i familiari di cui all’articolo 5, comma 5, del TUIR”.
A tal fine, è opportuno ricordare che la nozione di società controllata è fornita dall’articolo 2359 del codice civile.
In particolare, tale articolo definisce quali società controllate:
1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Il generico riferimento alle società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, contenuto nell’articolo 98, fa sì che ai fini dell’applicazione della predetta disposizione rileva sia il controllo indiretto, di cui al secondo
comma del citato articolo 2359, sia quello di fatto esercitato attraverso l’influenza dominante riveniente da particolari vincoli contrattuali.
Riguardo a quest’ultima ipotesi, si precisa che il controllo detenuto in virtù di particolari vincoli contrattuali, comporta per il finanziatore l’acquisizione dello status di “socio qualificato” pur in assenza di una partecipazione dello stesso, anche per il tramite di parti correlate, al capitale sociale del debitore.
In tal caso, salvo prova contraria, al fine di calcolare il rapporto di indeducibilità di cui all’articolo 98, comma 1, del TUIR deve presumersi che la partecipazione del finanziatore al capitale sociale del debitore sia totalitaria.
In base all’espressa previsione della norma in commento, non rilevano in
ogni caso le società collegate di cui al medesimo articolo 2359, terzo comma, del codice civile.
Da ciò consegue che la nozione di parte correlata rilevante ai fini dell’applicazione della thin capitalization rule si differenzia da quella fornita dalla CONSOB la quale nella comunicazione n. 206431 del 30 settembre 2002, allineandosi al principio contabile internazionale IAS 24, definisce, quali parti correlate, oltre a quelle che detengono un rapporto di controllo, anche le parti aventi un rapporto di collegamento, che esercitano un’influenza “notevole”, gli aderenti a patti parasociali (se agli stessi è conferita una partecipazione di controllo), coloro ai quali sono attribuiti poteri e responsabilità in ordine all’esercizio delle funzioni di amministrazione, direzione e controllo nell’emittente e, da ultimo, le imprese che hanno in comune la maggioranza degli amministratori.
3.3 FINANZIAMENTI RILEVANTI
Ai sensi del comma 4 dell’articolo 98 rilevano i finanziamenti erogati e quelli garantiti dal socio qualificato e dalle sue parti correlate, intendendosi per tali “quelli derivanti da mutui, da depositi di danaro, e da ogni altro rapporto di natura finanziaria”.
I finanziamenti rilevanti si ricollegano, pertanto, ad operazioni di natura finanziaria, diverse da quelle finalizzate all’acquisizione di beni o servizi.
Queste ultime non rilevano, infatti, ai fini della thin capitalization rule, fatta ovviamente salva l’ipotesi in cui, avendo riguardo alle condizioni (ad esempio, particolarmente inique) e alle modalità (ad esempio, molto dilazionate) del pagamento pattuite, debba ritenersi che l’operazione, disciplinata secondo previsioni contrattuali contrastanti con la prassi propria della transazione commerciale, di fatto è riconducibile a un vero e proprio negozio di finanziamento.
Si precisa che le disposizioni sulla thin capitalization rule si applicano
anche ai finanziamenti concessi o garantiti (dal socio o da una sua parte correlata) in un momento anteriore a quello in cui il socio ha assunto lo status di socio qualificato.
Qualora, quindi, lo stesso finanziatore assuma successivamente lo status di socio qualificato, i finanziamenti da lui concessi o garantiti in precedenza, anche tramite parti correlate, devono comunque essere considerati ai fini del calcolo di cui all’articolo 98, comma 1, del TUIR, ancorché - come si dirà al successivo paragrafo 4.2.1 – gli stessi concorrono a formare la consistenza media dei finanziamenti per i giorni in cui il socio è qualificato.
Pertanto, nel caso in cui il finanziatore perda la qualifica di socio
qualificato in corso d’anno, i relativi finanziamenti diventano irrilevanti a partire da tale momento.
3.3.1 FINANZIAMENTI EROGATI
L’ampio riferimento recato dall’articolo 98, comma 4, alla nozione di finanziamento, trova conforto nella formulazione dell’articolo 2467, comma 2, del codice civile, in base al quale “s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio
netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.
La citata disposizione civilistica, al comma 1, impone, tra l’altro, la postergazione del rimborso di tali finanziamenti rispetto alla soddisfazione degli altri creditori della società.
Da quanto sopra consegue che, in sede di applicazione della thin capitalization rule, rilevano i finanziame nti dei soci e delle parti correlate ovvero i rapporti giuridici in relazione ai quali vi sia un obbligo di restituzione del denaro e delle altre cose fungibili oggetto del finanziamento.
Pertanto, non rilevano i versamenti dei soci effettuati a fondo perduto o in
conto capitale, in quanto gli stessi non comportano alcun obbligo di restituzione per il debitore. Nell’eventualità, invece, che con successiva delibera assembleare detti versamenti siano convertiti in finanziamenti dei soci, la società dovrà considerare le relative somme alla stregua di finanziamenti rilevanti ai fini della thin capitalization rule a decorrere dal periodo d’imposta in cui la delibera è intervenuta.
Con riguardo ai finanziamenti infruttiferi erogati o garantiti dai soci qualificati e parti correlate, il secondo periodo della lettera f), comma 3, dell’articolo 98, dispone che “non concorrono alla determinazione della consistenza i finanziamenti infruttiferi erogati o garantiti dai soci qualificati o da sue parti correlate a condizione che la remunerazione media…non sia superiore al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di un punto percentuale”.
Come è stato precisato nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 344 del 2003, “la circostanza che i finanziamenti infruttiferi non concorrono alla determinazione del rapporto patrimonio netto/finanziamento nella sola ipotesi in cui gli altri finanziamenti erogati dal medesimo socio o sua parte correlata abbiano una remunerazione non superiore al tasso di riferimento maggiorato di un punto, nasce dall’esigenza di evitare comportamenti elusivi che potrebbero sostanziarsi mediante contestuale erogazione da parte del socio di
finanziamenti infruttiferi e di finanziamenti fruttiferi a tasso talmente elevato da compensare la perdita economica subita dal socio con riferimento ai primi”.
Ad esempio, se si ipotizzano finanziamenti infruttiferi pari a 1.000, finanziamenti fruttiferi pari a 1.000, concessi al tasso del 4,50 per cento, e un tasso ufficiale di riferimento del 3%, in base alla predetta disposizione il tasso medio di riferimento è del 4,50 per cento e, pertanto, superiore al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di un punto; ne consegue che, in questo caso, nella determinazione della consistenza media dei finanziamenti occorre considerare anche l’importo dei finanziamenti infruttiferi (1.000).
Nella stessa relazione viene precisato, altresì, che “il tasso da prendere in
considerazione è quello individuato con provvedimento del Governatore della Banca d’Italia secondo le disposizioni dell’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 24 giugno 1998, n. 213, e della delibera del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea del 3 febbraio 2000 e di volta in volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale”. Tuttavia, occorre tener presente che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, trascorso il termine di cinque anni dal 1° gennaio 1999 previsto dal citato decreto legislativo, la Banca d’Italia non determina più il tasso ufficiale di riferimento, dovendosi tener conto di quello adottato dalla Banca Centrale Europea (attualmente pari al 2%, cfr. G.U. n. 131 del 9 giugno 2003).
Qualora durante il periodo di imposta il tasso di riferimento dovesse
modificarsi, occorrerà prendere in considerazione la sua media aritmetica ponderata (rispetto al tempo), conteggiando i giorni in cui i diversi tassi sono stati effettivamente in vigore.
Da ultimo, sempre ai fini dell’individuazione dei finanziamenti rilevanti, si fa presente che, per quel che riguarda le stabili organizzazioni di società non residenti nel territorio dello Stato, si deve tener conto esclusivamente dei finanziamenti erogati da soci qualificati o loro parti correlate alla società estera debitrice per la parte imputabile alla stabile organizzazione nel territorio dello Stato.
Qualora non sia possibile l’imputazione specifica di tali finanziamenti in capo alla stabile organizzazione, essa deve essere individuata sulla base del rapporto fra i ricavi della stabile organizzazione e quelli della società estera.
3.3.2 CASISTICA
3.3.2.1. Il cash pooling
Il contratto di cash pooling può presentarsi sotto forma di zero balance cash pooling e di notional cash pooling .
Ai fini dell’applicazione della thin capitalization rule, il contratto di zero balance cash pooling non rileva.
In tale ipotesi, infatti, il negozio giuridico intercorrente fra società appartenenti al medesimo gruppo è rappresentato da reciproci accrediti e addebiti di somme di denaro che traggono la propria origine dalla girocontazione giornaliera del saldo di un unico conto corrente. Tali rimesse comportano un effettivo azzeramento delle posizioni debitorie e creditorie e non generano alcun obbligo di restituzione tra le parti.
Pertanto, come precisato nella risoluzione 27 febbraio 2002 n. 58/E, l’assenza dell’onere restitutorio delle rimesse attive, la reciprocità delle stesse, nonché l’inesigibilità e indisponibilità del saldo del conto corrente fino alla chiusura dello stesso, concorrono a qualificare l’accordo negoziale secondo caratteristiche non riconducibili ad un prestito di denaro nel rapporto fra le società del gruppo.
Ne consegue che ricorrendo tali elementi, lo zero balance cash pooling non potrà essere assimilato a un un’operazione di finanziamento infragruppo per cui allo stesso non si applicherà la norma di contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione.
Diversamente, il notional cash pooling costituisce un sistema di compensazione degli interessi tra società appartenenti ad uno stesso gruppo.
Così come precisato dalla scrivente con la risoluzione 8 ottobre 2003 n. 194/E, tale compensazione consente alla società intestataria del conto corrente di ottenere che il proprio conto risulti a debito, usufruendo nella sostanza di una forma di finanziamento, ancorché indiretta. In tal caso, quindi, il contratto è giuridicamente assimilabile ad un contratto di deposito o conto corrente, come tale rilevante ai fini della thin capitalization rule.
3.3.2.2. Il leasing
La relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 344 del 2003 chiarisce che il disposto dell’articolo 98 del TUIR in esame limita la deduzione con esclusivo riferimento agli interessi passivi, categoria certamente più limitata e ristretta rispetto a quella più ampia degli oneri finanziari.
Quest’ultima categoria include nella nozione civilistica di oneri finanziari, oltre agli interessi passivi, una serie di componenti negative di reddito di natura finanziaria quali, ad esempio, le commissioni e gli interessi passivi impliciti.
Tuttavia, occorre tener presente che la ratio della norma si ricollega a fenomeni di limitato grado di capitalizzazione delle imprese che ben possono verificarsi nelle ipotesi in cui la remunerazione dei finanziamenti sia costituita da interessi passivi conglobati nella remunerazione stessa.
Pertanto, tenuto conto anche dell’ampia definizione di “rapporto di natura finanziaria” contenuta nel citato comma 4 dell’articolo 98, si ritiene che debbano essere compresi tra i finanziamenti rilevanti anche quelli effettuati tramite operazioni di leasing finanziario.
Come noto, infatti, le operazioni di leasing finanziario sono rappresentate
da contratti di locazione di beni materiali (mobili e immobili) o immateriali (ad esempio, software), acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione del conduttore che ne assume tutti i rischi e con facoltà di quest’ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito (riscatto).
Il contratto di leasing può evidenziare diverse cause giuridiche, che il principio contabile internazionale IAS n° 17 definisce nei seguenti termini:
1. leasing finanziario: è un contratto di locazione in base al quale vengono sostanzialmente trasferiti in capo all’utilizzatore tutti i rischi ed i benefici connessi alla proprietà del bene ed in cui la stessa proprietà del bene al termine del periodo di locazione può essere trasferita o meno all’utilizzatore;
2. leasing operativo: è un contratto di locazione, diverso da quello di leasing finanziario, in cui, generalmente, è lo stesso produttore del bene che lo concede in locazione al conduttore.
Da un punto di vista sostanziale, quindi, il leasing finanziario realizza una forma di finanziamento per l’uso di un bene, garantito dal mantenimento in capo al concedente della proprietà del bene stesso sino al momento del suo eventuale riscatto da parte del locatario.
Pertanto, qualora ricorrano tutte le altre condizioni di cui all’articolo 98 del TUIR, si ritiene che la disciplina dettata in materia di contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione trovi applicazione anche con riferimento alla componente finanziaria (interessi passivi) dei canoni di leasing finanziario. Detto principio, in particolare, rileva nel caso in cui il socio qualificato dell’utilizzatore abbia concesso o garantito, anche tramite una sua parte correlata, il leasing finanziario.
Infatti, l’esclusione degli interessi passivi (impliciti) derivanti da tali rapporti comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altre forme di approvvigionamento delle risorse finanziarie.
Inoltre, si fa presente che, per effetto del recepimento del citato Principio IAS n. 17, in ogni caso i suddetti interessi passivi impliciti dovranno essere evidenziati in via analitica. Coerentemente con la risoluzione n. 19/E del 23 febbraio 2004, è stato già consentito lo scorporo degli interessi impliciti ai fini della loro deducibilità, seppur nei limiti sanciti dall’articolo 96 del TUIR, con riferimento a un’ipotesi di un canone totalmente indeducibile.
L’istituto della thin capitalization rule, invece, non assume normalmente rilevanza nel leasing operativo.
Detta esclusione trova conferma anche nell’ipotesi in cui il socio qualificato o la sua parte correlata forniscano alla società la garanzia in relazione all’obbligo di pagame nto dei canoni derivanti dalla stipula di contratti di leasing operativo.
Nel leasing operativo, infatti, la società di leasing effettua sempre una prestazione di servizi consistente nella messa a disposizione di un bene che, per l’acquirente, non assume di norma la natura di interesse passivo a fronte di un finanziamento erogato per acquistare il bene stesso (cfr. risoluzione 12 agosto 2003, n. 175/E).
3.3.3 FINANZIAMENTI ESCLUSI
In virtù del comma 5 dell’articolo 98, non rilevano i finanziamenti assunti nell’esercizio dell’attività bancaria o dell’attività svolta dai soggetti richiamati nell’articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87. I soggetti richiamati dalla norma sono:
1. banche;
2. società di gestione (legge 23 marzo 1983, n. 77);
3. società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell’albo;
4. società previste dalla legge 2 gennaio 1991, n. 1;
5. soggetti operanti nel settore finanziario di cui al Titolo V del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato ai sensi dell’articolo 25, comma 2, della legge 19 febbraio 1992, n. 142;
6. società esercenti altre attività finanziarie indicate nell’articolo 59, comma 1, lettera b), del medesimo testo unico bancario.
La ratio di tale esclusione è quella di evitare restrizioni alla deducibilità degli interessi passivi per i soggetti la cui attività caratteristica consiste nella raccolta di fondi destinati alla gestione di patrimoni e all’esercizio del credito nei confronti del pubblico.
L’esclusione in esame interessa i soggetti prima elencati in relazione agli interessi passivi maturati su finanziamenti ottenuti dai propri soci; non anche – ovviamente – gli interessi passivi dovuti, ad esempio, su finanziamenti erogati da banche a proprie controllate che non rientrano nella fattispecie soggettiva individuata dalla norma.
Come espressamente previsto dall’ultimo periodo del medesimo comma 5, tale esclusione non opera, invece, nell’ipotesi in cui i soggetti sopra elencati svolgano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni, comprese, quindi, le holding bancarie.
Il richiamo generico, effettuato dall’articolo 98 del TUIR, alle società che
esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni porta a ritenere che l’applicazione della regola della thin capitalization riguardi, oltre ai soggetti operanti nel settore finanziario e richiamati dagli articoli 106 e 113 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia), anche i soggetti esercenti de facto la medesima attività (c.d. “holding di fatto”).
Ciò posto, per stabilire se nei confronti di queste società sia applicabile la thin capitalization rule, occorre valutare l’eventuale prevalenza dell’attività finanziaria di “assunzione di partecipazioni” rispetto alle altre attività finanziarie disciplinate dall’articolo 106, comma 1, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
Tale valutazione dovrà effettuarsi alla stregua dei criteri oggettivi di prevalenza enunciati dall’articolo 2 del decreto ministeriale del 6 luglio 1994 (recante: “Determinazione, ai sensi dell’art. 113, comma 1, del D.Lgs. n. 385 del 1993, dei criteri in base ai quali sussiste l’esercizio in via prevalente, non nei confronti del pubblico, delle attività finanziarie di cui all’art. 106, comma 1”) così come illustrati dalla circolare dell’Amministrazione finanziaria del 4 giugno 1998, n. 141.
A tal riguardo si ricorda che per considerare “prevalente” l’esercizio di una specifica attività rispetto ad un’altra è richiesta la contestuale presenza, in base ai dati dei bilanci approvati relativi agli ultimi due esercizi, dei seguenti elementi patrimoniali e reddituali:
⮚ l’ammontare complessivo degli elementi dell’attivo di natura finanziaria di cui alle attività richiamate dall’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993, delle altre attività finanziarie contemplate nell’articolo 1, comma 2, lettera f), numeri da 2 a 12 e 15 del medesimo decreto legislativo, delle attività, anche non finanziarie, strumentali rispetto ad una o più delle attività richiamate dall’articolo 106, comma 1, sia superiore al 50 per cento del totale dell’attivo patrimoniale;
⮚ l’ammontare complessivo dei proventi prodotti dagli elementi dell’attivo sopra richiamati, dei profitti derivanti da operazioni di intermediazione su valute e delle commissioni attive percepite sulla prestazione dei servizi, richiamati dall’articolo 106, comma 1, del decreto legislativo n. 385 del 1993, sia superiore al 50 per cento dei proventi complessivi.
In definitiva, quindi, la thin capitalization rule trova applicazione qualora la ricorrenza dei criteri di cui all’articolo 2 del D.M. 6 luglio 1994 consenta di qualificare come prevalente l’attività finanziaria di “assunzione di partecipazioni” rispetto alle attività finanziarie di “concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazioni di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi” anche quest’ultime disciplinate dall’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993.
3.3.4 FINANZIAMENTI GARANTITI
Nell’ambito dei finanziamenti rilevanti si tiene conto non soltanto di quelli erogati direttamente dal socio o da sue parti correlate, ma anche di quelli garantiti dagli stessi soggetti.
In base al disposto del comma 6 dell’articolo sopra indicato, “si intendono garantiti dal socio o da sue parti correlate i debiti assistiti da garanzie reali, personali e di fatto fornite da tali soggetti anche mediante comportamenti ed atti giuridici che, seppure non formalmente qualificandosi quali prestazioni di garanzia, ottengono lo stesso effetto economico”.
Rientrano, pertanto, in tale definizione le garanzie reali tipiche che assistono i finanziamenti, quali il pegno, l’ipoteca, i privilegi e le garanzie personali quali la fideiussione, il mandato di credito, l’avallo, il contratto autonomo di garanzia, l’anticresi.
L’espresso riferimento presente nella norma in esame ai “comportamenti e
atti giuridici che, seppur non formalmente qualificandosi quali prestazioni di garanzia, ottengono lo stesso effetto economico”, consente, inoltre, di includere fra le garanzie che possono essere fornite dal socio o dalle sue parti correlate anche tutti i rapporti che, di fatto, ottengono lo stesso effetto economico della garanzia, vale a dire il rafforzamento nel terzo creditore che il suo credito verrà onorato e, quindi, il buon esito dell’operazione di finanziamento.
Deve ritenersi, quindi, che il legislatore abbia voluto ricomprendere tra le forme di garanzia rilevanti anche quei comportamenti che, pur esulando dagli schemi negoziali tipici, di fatto hanno concorso a determinare il buon esito dell’erogazione del finanziamento.
In via esemplificativa, possono realizzare una garanzia di fatto anche le cosiddette lettere di patronage qualora esse siano determinanti ai fini dell’ottenimento del finanziamento da parte della banca o del soggetto finanziatore; ciò che si verifica, ad esempio, quando dette lettere siano valse a rafforzare nel creditore il convincimento che il proprio credito verrà onorato, pur in assenza dei presupposti cui egli usa normalmente subordinare l’erogazione del finanziamento.
Da ultimo, merita una breve considerazione l’ipotesi in cui i soci qualificati forniscano solidalmente delle garanzie personali.
In tal caso, il finanziamento va imputato ai soci proporzionalmente alla loro quota di partecipazione al capitale sociale. Diversamente, qualora nel contratto di garanzia sia stato pattuito il beneficio della divisione, l’imputazione deve essere effettuata tenendo conto di tale pattuizione.
4. MODALITÁ DI APPLICAZIONE DELLA THIN CAPITALIZATION RULE
L’applicazione della thin capitalization rule presuppone una preliminare verifica sul grado d’indebitamento della società, riferita ai finanziamenti erogati o garantiti dalla totalità dei soci qualificati, anche tramite loro parti correlate. Soltanto qualora l’ammontare complessivo di detti finanziamenti superi il grado di indebitamento considerato fisiologico dal legislatore, si procederà a calcolare, in riferimento alla posizione del singolo socio qualificato, l’ammontare degli interessi passivi indeducibili.
Il livello di indebitamento si considera fisiologico qualora esso non superi di quattro volte il patrimonio netto contabile della società di pertinenza dei soci qualificati e delle loro parti correlate. Per il solo primo periodo d’imposta di applicazione dell’articolo 98 del TUIR, il rapporto massimo di indebitamento è fissato nella misura di cinque a uno.
4.1 CONDIZIONE PREGIUDIZIALE DI ACCESSO
Ai fini della verifica della condizione pregiudiziale di accesso alla thin capitalization rule, secondo quanto disposto dal comma 2, lettera a), dell’articolo 98 del TUIR, è necessario rapportare l’ammontare complessivo dei finanziamenti erogati o garantiti dai soci qualificati o da loro parti correlate alla quota di patrimonio netto di pertinenza degli stessi soci qualificati e delle loro parti correlate, tenendo conto, per il calcolo di quest’ultima, del patrimonio netto
contabile così come risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente e determinato con i criteri contenuti nel successivo comma 3, lettera e).
Da ciò consegue che qualora la presente condizione pregiudiziale non sia verificata, la società debitrice non sarà soggetta alla thin capitalization rule. Ciò anche nell’ipotesi in cui, la soglia limite di quattro a uno risulti superata dalla posizione dei singoli soci.
A titolo esemplificativo, si ipotizzi che una società abbia, all’inizio dell’esercizio, un patrimonio netto di pertinenza della totalità dei soci qualificati e delle relative parti correlate di 1.000 e, al termine dell’esercizio medesimo, verifichi la sussistenza di una esposizione media annuale per finanziamenti erogati o garantiti dai medesimi soci qualificati o da sue parti correlate pari a
3.000. Si presuma, inoltre, che un socio qualificato (che, ad esempio, possiede il 40 per cento del capitale sociale) abbia erogato (ovvero garantito) 2.500 dei predetti finanziamenti. La società, essendo il rapporto generale indebitamento/patrimonio netto (di pertinenza della totalità dei soci qualificati e delle relative parti correlate) pari a 3, non risulterà, ai fini di cui trattasi, sottocapitalizzata, anche se il rapporto indebitamento/patrimonio netto riferibile al singolo socio qualificato è pari a 6,25 (e, quindi, superiore alla soglia limite di 4).
Un’ultima considerazione riguarda il dato da inserire al numeratore del
rapporto relativo alla presente condizione di accesso.
A tal fine, si precisa che benché il comma 2, lettera a) dell’articolo 98 del TUIR faccia riferimento “all’ammontare complessivo dei finanziamenti”, si ritiene che al numeratore del rapporto in oggetto debba essere indicata la “consistenza media” dei finanziamenti direttamente o indirettamente erogati o garantiti dai soci qualificati o da loro parti correlate.
Ciò per ragioni di sistematicità ed omogeneità con quanto disposto dal comma 1 del medesimo articolo, il quale, al numeratore del rapporto di indeducibilità riferito al singolo socio qualificato o ad una sua parte correlata, fa
riferimento alla “consistenza media dei finanziamenti durante il periodo d’imposta”.
4.2 RAPPORTO DI INDEDUCIBILITA’ RIFERITO AI SINGOLI SOCI
Una volta soddisfatta la condizione pregiudiziale di accesso, la seconda fase di applicazione della thin capitalization rule richiede di verificare se la consistenza media dei finanziamenti direttamente o indirettamente erogati o garantiti dal singolo socio qualificato o da una sua parte correlata, computata al netto della quota di interessi indeducibili in applicazione dell’articolo 3, comma 115, della Legge n. 549 del 1995, superi di quattro volte la quota di patrimonio netto contabile di pertinenza del medesimo socio qualificato e delle sue parti correlate. Quest’ultima, secondo la previsione di cui al comma 1 dell’articolo 98, va aumentata degli apporti di capitale effettuati dai medesimi soggetti in esecuzione di contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del TUIR. Si tratta degli apporti di denaro, di beni in natura e crediti, effettuati dagli associati in partecipazione e dai cointeressati, ad esclusione degli apporti di sole opere o servizi. Nell’ipotesi in cui la quota di patrimonio netto riferita ad un socio subisca modifiche nel corso dell’esercizio, occorre comunque fare riferimento alla quota di patrimonio netto della società risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente.
4.2.1 CONSISTENZA MEDIA DEI FINANZIAMENTI
Ai fini della determinazione del numeratore del rapporto di indeducibilità di cui al comma 1 dell’articolo 98, ossia della consistenza media dei finanziamenti erogati o garantiti, durante il periodo di imposta, dal socio o da sue parti correlate, occorre tener conto di quanto stabilito dalla lettera f), comma 3, dello stesso articolo. Tale disposizione prevede, infatti, che “la consistenza media dei finanziamenti di cui al comma 4 si determina sommando il relativo
ammontare complessivo esistente al termine di ogni giornata del periodo di imposta e dividendo tale somma per il numero dei giorni del periodo stesso”.
In tal modo si individua l’importo medio annuale ponderato dei finanziamenti in oggetto. Laddove i saldi per valuta e i saldi contabili differiscano occorrerà riferirsi ai saldi in valuta.
Si precisa, inoltre, che nell’ipotesi in cui lo status di socio qualificato o di sua parte correlata subisca, nel corso del periodo d’imposta, una modificazione, la consistenza media dei finanziamenti deve essere calcolata sommando l’ammontare complessivo esistente al termine di ogni giornata in cui il socio è da considerarsi qualificato e dividendo tale somma per il numero dei giorni in cui il socio assume lo status di socio qualificato. In tal modo si individua l’importo medio ponderato del finanziamento effettuato per i giorni in cui il socio è qualificato.
Esempio di calcolo
Consistenza media finanziamenti = ∑ Fin x gg/365 (366)
Finanziamento socio qualificato – saldo dall’1/01/2004 al 31/05/2004= € 100.000 Giorni di durata del finanziamento = 152
Nuova erogazione in data 1/06/2004 = € 50.000 Saldo complessivo = € 150.000
Durata saldo complessivo = 214 gg Giorni del periodo d’imposta = 366
Consistenza media = (€ 100.000 x 152) + (€ 150.000 x 214)/366 = € 129.235
4.2.2 PATRIMONIO NETTO CONTABILE
I criteri di determinazione del patrimonio netto contabile, posto al denominatore del rapporto di indeducibilità di cui al comma 1 dell’articolo 98, sono stabiliti alla lettera e), comma 3, dello stesso articolo.
Quest’ultima disposizione è richiamata anche ai fini del calcolo del patrimonio netto contabile da assumere quale denominatore del rapporto preliminare che individua il presupposto di indeducibilità.
La norma, al riguardo, dispone che si assume come patrimonio netto contabile quello risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente, comprensivo dell’utile dello stesso esercizio non distribuito alla data di applicazione della thin capitalization rule. Ciò comporta che l’utile risultante dal bilancio di riferimento deve rimanere all’interno della società per tutto il periodo d’imposta successivo. Per le società con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, in sede di prima applicazione della thin capitalization rule, il bilancio di riferimento è quello relativo all’esercizio 2003. Pertanto, l’utile relativo a tale esercizio non dovrà essere distribuito per tutto il 2004.
Nel caso di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di società o enti non residenti, il patrimonio netto deve essere identificato con il fondo di dotazione appartenente alla stabile organizzazione stessa.
Relativamente alle società di nuova costituzione, per le quali, naturalmente, non è possibile determinare il patrimonio netto dell’anno precedente alla loro creazione, si dovrà fare riferimento al patrimonio netto di costituzione.
A norma della stessa lettera e) del comma 3 dell’articolo 98, il patrimonio netto deve essere poi rettificato in diminuzione per tener conto:
1 dei crediti risultanti nell’attivo patrimoniale relativi ad obblighi di conferimento ancora non eseguiti; ciò allo scopo di attribuire rilevanza solo al capitale effettivamente versato nella società;
2 del valore di libro delle azioni proprie in portafoglio; anche tale rettifica risponde all’esigenza di considerare esclusivamente il patrimonio netto effettivamente esistente. Relativamente al trattamento da riservare alle azioni proprie, l’articolo 2357 del codice civile, al primo comma, dispone
che “la società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate”. Il terzo comma del medesimo articolo precisa che “In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi precedenti può eccedere la decima parte del capitale sociale, tenendosi conto a tal fine anche delle azioni possedute da società controllate”. Le azioni acquistate in violazione delle precedenti disposizioni, per effetto del quarto comma dell’articolo 2357 del codice civile debbono essere alienate entro un anno dal loro acquisto, dovendosi, in mancanza, procedere senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale sociale.
Le predette limitazioni, in base all’articolo 2357-bis del codice civile, non si applicano quando l’acquisto di azioni proprie avvenga in esecuzione di una deliberazione dell’assemblea di riduzione del capitale sociale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni.
Inoltre, l’articolo 2357-ter del codice civile, al terzo comma, prevede che una riserva indisponibile pari all’importo delle azioni proprie iscritto all’attivo del bilancio debba essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano trasferite o annullate.
Per effetto del combinato disposto degli articoli 98, comma 3, lettera e), n. 2, del TUIR e 2357, 2357-bis e 2357-ter del codice civile, ai fini della determinazione della quota di patrimonio netto di pertinenza del socio qualificato e di sue parti correlate, occorre tener conto esclusivamente delle azioni proprie acquistate in violazione dei limiti dettati dal codice civile, destinate ad essere annullate nel caso in cui non siano state alienate nel termine di un anno (articolo 2357, quarto comma, secondo periodo del codice civile). Parimenti, ai fini in esame, rilevano anche le azioni proprie acquistate in esecuzione di una delibera dell’assemblea dei soci di riduzione del capitale sociale (articolo 2357-bis, primo comma, n. 1), del
codice civile). Ciò in quanto solo le predette poste dell’attivo di bilancio possono essere considerate rettificative del capitale sociale e quindi incidere sulla determinazione della quota di patrimonio netto di pertinenza del socio qualificato e di sue parti correlate;
3 delle perdite subite nella misura in cui entro la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello cui le stesse si riferiscono, non avvenga la ricostituzione del patrimonio netto mediante l’accantonamento di utili o l’esecuzione di conferimenti in danaro o in natura. A tal proposito, si ipotizzi che una società abbia ottenuto i seguenti risultati di gestione:
periodo di imposta 2001 = perdita di 5.000 periodo di imposta 2002 = utile di 3.000 periodo di imposta 2003 = utile di 1.000
Per determinare la remunerazione indeducibile per il periodo di imposta 2004 occorrerà riferirsi al patrimonio netto contabile del 2003, come risultante dal bilancio ad esso relativo. La perdita sofferta nel 2001 è stata coperta tramite accantonamento di utili, complessivamente per 4.000.
Il residuo della perdita, pari a 1.000, non concorrerà a ridurre il patrimonio netto di riferimento solamente se i soci effettueranno un conferimento di pari importo entro la data di approvazione del bilancio del secondo esercizio successivo a quello in cui la perdita si è verificata. Supponendo quindi che la società approvi il bilancio entro il 30 giugno di ogni anno, il conferimento dovrà avvenire entro il 30 giugno del 2004. Diversamente, il patrimonio netto di riferimento risulterà decurtato per un importo pari a quello relativo alla mancata copertura della perdita. Tuttavia, la rettifica in aumento del patrimonio netto non va effettuata qualora la perdita sofferta nei due periodi di imposta antecedenti sia stata coperta tramite un conferimento. In caso contrario, infatti, si godrebbe di un duplice beneficio, mentre la ratio della norma in esame è esclusivamente quello di eliminare temporaneamente lo svantaggio che deriva dalla perdita.
4 del valore di libro o, se minore del relativo patrimonio netto contabile risultante dal bilancio, delle partecipazioni in società controllate e collegate di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), e di cui all’articolo 5, del TUIR, diverse da quelle di cui al successivo comma 5 dello stesso articolo 98.
La presente disposizione reca una presunzione che trova applicazione anche qualora le predette partecipazioni siano state acquistate in un periodo antecedente all’entrata in vigore della thin capitalization rule. La relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003 evidenzia una particolare finalità della norma in commento volta ad evitare “una duplicazione a cascata di patrimonio netto” che condurrebbe ad un incremento non corretto degli interessi passivi deducibili. Infatti, nell’esempio riportato dalla relazione, le eventuali risorse finanziarie messe a disposizione dal socio qualificato potrebbero essere utilizzate dalla società finanziata per incrementare in via permanente il patrimonio netto delle sue controllate o collegate, rendendo in tal modo più difficile per queste ultime società superare il rapporto di quattro a uno. Più precisamente, la società finanziata potrebbe acquisire, per mezzo delle risorse ricevute, ulteriori partecipazioni in società controllate o collegate ovvero liberare aumenti di capitale sociale nelle medesime. Inoltre, con riferimento all’ipotesi in esame, nella stessa relazione si legge che non rileva “la circostanza che la società partecipante, di fatto, non abbia contribuito a costituire il patrimonio netto della controllata o collegata, avendo acquisito da terzi il possesso della partecipazione”. Questo, infatti, “ non è motivo sufficiente per escludere l’applicazione della disposizione in argomento, in quanto il corrispettivo da essa pagato per acquisire sul mercato la partecipazione costituisce, comunque, dal punto di vista sostanziale, la restituzione al cedente della quota di patrimonio netto da questi conferito nella partecipata ceduta. La disposizione della lettera e), n. 4 pone dunque rimedio a tale potenziale incoerenza”.
Naturalmente, la sterilizzazione del patrimonio netto, effettuata tramite le operazioni rettificative sopra specificate, deve riferirsi alle poste iscritte nel bilancio dell’esercizio precedente a quello in cui tali rettifiche vengono effettuate. Si ritiene, infatti, che soltanto in questo modo sia possibile operare le rettifiche patrimoniali con dati omogenei, posto che, come già specificato, l’articolo 98 del TUIR si riferisce al patrimonio netto contabile “così come risultante dal bilancio relativo all’esercizio precedente”.
4.3 DETERMINAZIONE DEGLI INTERESSI PASSIVI INDEDUCIBILI
Ai fini della determinazione dell’ammontare degli interessi passivi indeducibili in capo alla società finanziata, occorre procedere con distinti passaggi.
Innanzitutto è necessario determinare la quota di finanziamenti eccedenti con riguardo a ciascun socio qualificato o sua parte correlata.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo in esame si considerano eccedenti i finanziamenti rilevanti per la parte della loro consistenza media che supera di quattro volte (cinque volte per il primo periodo di applicazione della norma) la quota di patrimonio netto contabile di pertinenza del socio qualificato e delle sue parti correlate.
Ai fini del calcolo della consistenza media si dovrà tener conto,
unitamente ai finanziamenti fruttiferi, anche di quelli infruttiferi qualora la remunerazione media dei primi sia superiore di un punto percentuale rispetto al tasso ufficiale di riferimento della Banca Centrale Europea (BCE).
Ad esempio si ipotizzi la seguente situazione:
⮚ finanziamenti rilevanti erogati o garantiti dal socio qualificato = 11.000 (di cui 6.000 fruttiferi e 5.000 infruttiferi)
⮚ consistenza media dei finanziamenti rilevanti = 11.000
⮚ quota di patrimonio netto di competenza del socio qualificato = 2.000
⮚ tasso medio di remunerazione dei finanziamenti fruttiferi = 6 per cento
⮚ remunerazione finanziamenti fruttiferi (interessi passivi) = 360
⮚ tasso ufficiale di riferimento = 2 per cento
Nell’esempio formulato, considerato che il tasso medio di remunerazione dei finanziamenti fruttiferi supera di oltre un punto percentuale il tasso ufficiale di riferimento, alla determinazione della consistenza media dei finanziamenti rilevanti concorreranno anche i finanziamenti infruttiferi.
In ragione di tale cumulo la società finanziata è soggetta alla norma sulla thin capitalization in quanto il rapporto tra la consistenza media dei finanziamenti, rispetto al patrimonio netto di pertinenza del socio qualificato, è pari a 5,5. Infatti:
consistenza media | = | 11.000 | = 5,5 > 4 |
quota di patrimonio netto di competenza | 2.000 |
Per la determinazione dei finanziamenti indeducibili, trova applicazione la seguente formula:
consistenza media − (quota di PN di pertinenza del socio X 4) = finanziamenti eccedenti
Riprendendo, quindi, gli stessi dati del precedente esempio, avremo che i finanziamenti eccedenti, la cui remunerazione è indeducibile, sono pari a 3.000.
Infatti:
⮚ consistenza media = 11.000
⮚ quota di PN di pertinenza del socio = 2.000 X 4 = 8.000
⮚ finanziamenti eccedenti = 3.000
Dopo aver determinato i finanziamenti eccedenti, è necessario calcolarne la remunerazione. A tal fine l’articolo 98, comma 3, lettera g), stabilisce che “ la remunerazione dei finanziamenti eccedenti è calcolata applicando agli stessi il
xxxxx che corrisponde al rapporto tra la remunerazione complessiva dei finanziamenti di cui al comma 4 (ossia dei finanziamenti fruttiferi erogati o garantiti dal socio o da sue parti correlate), maturata nel periodo d’imposta, e la consistenza media degli stessi”.
In tal modo si ottiene il tasso di remunerazione medio dei finanziamenti eccedenti. Nell’esempio proposto il tasso di remunerazione medio dei finanziamenti sarà determinato nel modo seguente:
remunerazione complessiva finanziamenti = 360 = 3,27 per cento consistenza media 11.000
Applicando tale tasso di remunerazione ai finanziamenti eccedenti, si ottiene l’ammontare degli interessi indeducibili di pertinenza del socio qualificato in riferimento al quale il calcolo è stato eseguito.
Nell’esempio, quindi, gli interessi indeducibili sono pari a 98,1 (3.000 X 3,27%), mentre quelli deducibili a 261,9 (360 − 98,1).
Gli interessi passivi indeducibili, così determinati, dovranno essere ricondotti a tassazione mediante variazione in aumento da effettuarsi nella dichiarazione dei redditi.
5 DISPOSIZIONE TRANSITORIA
Come già accennato, l’articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 344 del 2003 prevede che, per il primo periodo di imposta che inizia a decorrere dal 1° gennaio 2004, il rapporto tra i finanziamenti rilevanti e il patrimonio netto è fissato nella misura di cinque a uno.
Tale disposizione prevede, pertanto, per il primo periodo di imposta una soglia maggiore per l’individuazione del rapporto di indeducibilità.
Come affermato nella relazione di accompagnamento al decreto, si ritiene che la disposizione transitoria in esame si applica anche con riguardo alla verifica
preliminare da effettuare per individuare il grado di indebitamento fisiologico della società nei confronti della totalità dei soci e delle loro parti correlate. Anche la proporzione rilevante a quest’ultimo fine, pertanto, deve essere aumentata nel primo periodo di imposta nella misura di cinque a uno.
6 REMUNERAZIONE DEI FINANZIAMENTI ECCEDENTI: ASSIMILAZIONE AGLI UTILI DISTRIBUITI
In ossequio ai principi contenuti nella legge delega n. 80 del 2003, gli interessi passivi indeducibili per effetto dell’applicazione della thin capitalization rule sono equiparati agli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società o enti soggetti all’IRES.
L’articolo 44, comma 1, lettera e), del TUIR stabilisce, coerentemente, che “è ricompresa tra gli utili la remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento”.
Più precisamente, l’articolo 89, comma 2, del TUIR qualifica come “utili distribuiti” la remunerazione dei finanziamenti direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, ed eccedenti il rapporto di cui all’articolo 98 del TUIR.
In base a tale disposizione, quindi, l’assimilazione agli utili è prevista esclusivamente per le remunerazioni dei finanziamenti eccedenti che sono direttamente erogati dal socio e dalle sue parti correlate e non anche per le remunerazioni dei finanziamenti eccedenti erogati indirettamente e per quelli semplicemente garantiti dal socio o dalle sue parti correlate, che continueranno ad essere trattati come interessi attivi.
L’assimilazione della remunerazione indeducibile dei finanziamenti agli utili distribuiti comporta che la tassazione di questi ultimi avvenga al momento della percezione (criterio di imputazione a periodo “per cassa”) e non al momento della maturazione (criterio di imputazione a periodo “per competenza”).
Pertanto, nell’anno della sua maturazione il provento sarà escluso dalla tassazione tramite un’apposita variazione fiscale in diminuzione da effettuarsi in sede di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi. Mentre, nell’anno in cui gli interessi attivi sono percepiti, la corrispondente somma riclassificata come utile dovrà essere ricondotta a tassazione mediante una variazione in aumento pari alla quota di imponibile del relativo ammontare.
Come già precisato nella circolare n. 26/E del 16 giugno 2004, posto che la società che riceve il finanziamento è in grado di individuare definitivamente i finanziamenti eccedenti il rapporto prestabilito dal citato articolo 98 soltanto al termine del periodo di imposta, la remunerazione dei finanziamenti erogati direttamente dal socio o dalle sue parti correlate è assoggettata inizialmente al regime delle ritenute specificamente previsto per gli interessi derivanti dal finanziamento (articolo 26, ultimo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973).
La norma che ai fini fiscali assimila la remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98 del TUIR agli utili da partecipazione non è suscettibile di analoga applicazione nell’ipotesi in cui il finanziamento sia stato erogato o garantito ad una società di persone ovvero ad una società che abbia optato per il regime della tassazione per trasparenza in base all’articolo 115 del TUIR, da parte dei rispettivi soci.
In tale situazione, infatti, la parte indeducibile della remunerazione dei
finanziamenti eccedenti direttamente o indirettamente concessi o garantiti dal socio qualificato concorre a formare il reddito della società trasparente e pertanto “è imputato a ciascun socio, indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”.
Ciò comporta che, tenendo conto degli effetti della thin capitalization rule, in tale circostanza non vi è spazio per tassare nuovamente come dividendo, all’atto della percezione, il maggior reddito conseguente alla indeduciblità degli interessi passivi eccedenti già quantificato e tassato per trasparenza in capo ai soci.
Tenuto conto dell’espresso riferimento al “socio qualificato” presente nel comma 1 dell’articolo 98 del TUIR, deve ritenersi che quanto prima precisato in ordine alle società trasparenti rileva esclusivamente nei riguardi di quest’ultima categoria di soci e non anche nei confronti dei soci “non qualificati”, indipendentemente dalla loro quota di partecipazione al capitale sociale. Ciò comporta, quindi, che ricorrendo i presupposti per l’applicazione della thin capitalization rule, qualora la società abbia più soci qualificati e sia stata finanziata da uno solo di essi, il maggior reddito che consegue alla indeducibilità degli interessi passivi in applicazione della disposizione di cui al citato articolo 98 dovrà essere imputato unicamente a quest’ultimo.
Una precisazione merita l’ipotesi in cui il finanziamento sia stato erogato da una parte correlata che non ha alcuna partecipazione al capitale sociale della società finanziata.
In una simile fattispecie, ai fini del calcolo del rapporto di indeducibilità di cui all’articolo 98 del TUIR, occorrerà fare riferimento all’entità della partecipazione detenuta dal socio qualificato al quale dette parti finanziatrici risultano correlate.
Nell’ipotesi in cui, invece, i finanziamenti siano stati erogati sia dal socio qualificato che da sue parti correlate, è necessario determinare la quota di utile (risultante dalla riclassificazione degli interessi attivi) di competenza del socio qualificato e della sua parte correlata.
Al riguardo, si ritiene che tale quota debba essere calcolata in proporzione ai rispettivi interessi maturati in capo a ciascuno dei sopradetti soggetti.
Ad esempio:
Socio o parte correlata | Importo finanziamento | Tasso interesse | Remunerazione | Ripartizione percentuale remunerazione |
X | 2.000 | 5% | 100 | 23,80% |
Y | 4.000 | 8% | 320 | 76,20% |
TOTALE | 6.000 | 420 | 100% |
Si ipotizzi :
⮚ Patrimonio netto = 200
⮚ Partecipazione del socio X = 100%
⮚ Parte correlata = Y
⮚ Finanziamenti rilevanti = 6.000
⮚ Consistenza media = 6.000 Pertanto avremo che:
⮚ Tasso di remunerazione medio dei finanziamenti eccedenti = 420/ 6.000 = 7%
⮚ PN (X +Y) X 5 = 1.000
⮚ Finanziamenti Eccedenti = 6.000 – 1.000 = 5.000
⮚ Remunerazione finanziamenti eccedenti = 5.000 X 7% = 350
⮚ Dividendo attribuibile ad X = 350 x 23,80 % = 83,30
⮚ Dividendo attribuibile a Y = 350 x 76,20% = 266,70
⮚ Totale dividendi attribuibile ai soci X e Y = 350
⮚ Interessi passivi deducibili = 420 – 350 = 70
Da ultimo, si fa presente che l’assimilazione agli utili distribuiti delle remunerazioni indeducibili relative a finanziamenti direttamente erogati dal socio qualificato o da sue parti correlate, comporta, altresì, l’applicazione del regime di esonero dalla ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti da parte di soggetti residenti, di cui all’articolo 27-bis del D.P.R. n. 600 del 1973.
La suddetta ipotesi si verifica qualora il soggetto che eroga la remunerazione sia una società “figlia” italiana, mentre il percettore non residente sia una società “madre” che:
⮚ detenga una partecipazione diretta non inferiore al 25% del capitale della società che distribuisce gli utili, rivesta una delle forme previste nell’allegato alla Direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio 1990;
⮚ risieda, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione Europea;
⮚ sia soggetto nello Stato di residenza ad una delle imposte indicate nell’allegato della predetta direttiva;
⮚ la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
Anche in tale ipotesi, tuttavia, l’applicazione o meno del medesimo regime previsto per gli utili potrà essere effettuato soltanto all’atto della verifica della condizione del superamento del limite massimo di indebitamento. Verificandosi tali condizioni, quindi, la società estera potrà chiedere il rimborso delle ritenute subite sugli interessi del finanziamento erogato, anche per il tramite della società erogante, a meno che non abbia usufruito dell’esenzione derivante dalla direttiva n. 2003/49/CE del Consiglio del 3 giugno 2003 in materia di interessi e canoni, attualmente in corso di recepimento.
7 RAPPORTI CON ALTRE NORME CHE LIMITANO LA DEDUCIBILITÀ DEGLI INTERESSI PASSIVI
L’articolo 98 del TUIR, nonché l’articolo 3 del decreto legislativo n. 344 del 2003, regolano i rapporti tra la thin capitalization rule e le altre disposizioni che limitano la deducibilità degli interessi passivi.
Rileva, innanzitutto, la disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ove si prevede che nel caso in cui il tasso di rendimento effettivo sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari sia superiore ai limiti indicati nel terzo periodo, comma 1, articolo 26 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 (ossia superiore al doppio del tasso ufficiale di riferimento) gli interessi passivi eccedenti l’importo derivante dall’applicazione del predetto tasso sono indeducibili in sede di determinazione del reddito d’impresa.
Al riguardo, si precisa che il comma 1 dell’articolo 98 dispone espressamente che la remunerazione dei finanziamenti eccedenti deve essere computata al netto della quota di interessi indeducibili in applicazione della norma sopra richiamata.
Da ciò deriva che, trattandosi di una indeducibilità oggettiva degli interessi passivi, la legge n. 549 del 1995 deve essere applicata prioritariamente rispetto alle disposizioni contenute nell’articolo 98 del TUIR.
La prevalenza delle norme sulla indeducibilità di tipo oggettivo rispetto a quella relativa all’applicazione dell’istituto di contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione delle imprese, porta a ritenere che anche l’indeducibilità degli interessi passivi derivante dall’applicazione della normativa sul transfer pricing, qualora nei finanziamenti infragruppo vengano corrisposti interessi passivi in misura maggiore rispetto a quella che si sarebbe corrisposta in regime di libera concorrenza, debba essere fatta valere in via prioritaria rispetto alla thin capitalization rule, considerando anche l’assoluta specialità dell’istituto.
Inoltre, l’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 344 del 2003 si occupa di coordinare la norma in oggetto con l’articolo 7, commi da 1 a 4, del decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, convertito dalla legge 23 dicembre 1996,
n. 662. Come noto, quest’ultima disposizione ha introdotto l’obbligo di un prelievo aggiuntivo nella misura del 20 per cento sui proventi derivanti da depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari effettuati da taluni soggetti a garanzia di finanziamenti concessi ad imprese residenti.
La relazione al decreto legislativo n. 344 del 2003 chiarisce che il prelievo
aggiuntivo del 20 per cento deve essere applicato sui proventi relativi ai depositi di cui sopra, che persone fisiche residenti pongono a garanzia di finanziamenti erogati a imprese residenti. Ciò comporta che ai fini della thin capitalization, saranno assoggettati al prelievo in questione solo i proventi corrisposti a favore di soci qualificati e di loro parti correlate, persone fisiche, a fronte di depositi di denaro, di valori mobiliari e di altri titoli diversi dalle azioni e da titoli similari, posti dagli stessi a garanzia dei finanziamenti erogati all’impresa residente. Il prelievo, in particolare, interessa i proventi maturati nei periodi di imposta dell’impresa finanziata che iniziano a decorrere dal 1° gennaio 2004 e si applica esclusivamente alla quota di detti proventi che corrisponde al rapporto fra
finanziamenti erogati o garantiti che risultano non eccedenti la soglia prevista nell’articolo 98 del TUIR e l’intero importo dei finanziamenti erogati o garantiti.
Pertanto, ipotizzando:
⮚ un ammontare dei finanziamenti erogati o garantiti dal socio o da sua parte correlata pari a 100, di cui 30 eccedenti la soglia limite e 70 rientranti in detta soglia;
⮚ la percezione di proventi derivanti da depositi in danaro a garanzia di finanziamenti pari a 20;
questi ultimi dovranno essere assoggettati al prelievo del 20 per cento in base al rapporto fra 70 (finanziamenti rientranti nella soglia limite) e 100 (intero importo dei finanziamenti erogati o garantiti), cioè con riferimento all’ammontare di 14.
Ai fini del calcolo sopra evidenziato occorre riferirsi solamente ai finanziamenti erogati o garantiti dai soci qualificati o da loro parti correlate, anche se colui che effettua il deposito può non rientrare fra queste categorie di soggetti.
E’ inoltre opportuno precisare che il sostituto d’imposta dovrà continuare ad applicare il prelievo del 20 per cento sull’intero importo dei proventi corrisposti in relazione ai depositi a garanzia. Tale operazione si rende necessaria, come precisa la relazione di accompagnamento al decreto, in quanto all’atto dell’erogazione degli interessi non è possibile conoscere l’esatto importo cui assoggettare il prelievo.
Pertanto, è previsto che, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello dell’effettuazione del prelievo, al percettore sia riconosciuto un credito d’imposta, che deve essere debitamente certificato dal soggetto che eroga i proventi, pari all’ammontare del prelievo subito in misura eccedente rispetto a quello derivante dall’applicazione del rapporto sopra indicato.
Tale credito d’imposta può essere utilizzato in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Per quanto attiene alle società che abbiano optato per il consolidato fiscale (previsto dagli articoli 117 e seguenti del TUIR), è necessario operare il coordinamento di due distinte disposizioni:
⮚ l’articolo 89, comma 2, secondo periodo, che esclude dal reddito il 95 per cento dell’importo dei dividendi ed estende tale esclusione alla remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui all’articolo 98. Rileveranno, a tal fine, soltanto i finanziamenti direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di accertamento;
⮚ l’articolo 122, in cui ai fini del consolidato i dividendi distribuiti tra società comprese nel perimetro di consolidamento vengono integralmente esclusi dal concorso alla formazione del “reddito complessivo globale” di cui al primo comma della stessa disposizione.
Al riguardo si evidenzia che l’estensione del regime dei dividendi ai proventi da finanziamenti conseguiti dal socio si applica anche nel caso di consolidamento, così da portare l’esclusione dal 95 al 100 per cento onde evitare una parziale imposizione di un provento già tassato presso la società debitrice consolidata.
E’ necessario, infine, esaminare i rapporti tra la thin capitalization rule e le norme contenute nel TUIR che consentono la capitalizzazione degli interessi passivi sostenuti per il finanziamento di determinati beni.
Al riguardo, si rileva che non sono state modificate le disposizioni contenute nel previgente articolo 76, comma 1, lettera b), del TUIR – attualmente riportate senza sostanziali modifiche nell’articolo 110, comma 1, lettera b) - che prevedono la possibilità di comprendere:
1. nel costo dei beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa, fino al compimento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi sostenuti per la loro fabbricazione interna o presso terzi, nonché gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che gli stessi siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso;
2. nel costo degli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa gli interessi passivi su prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione, sempreché questi siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso.
Come noto, tali speciali modalità di determinazione del costo dei beni, specificamente indicati nelle norme citate, costituiscono una deroga al principio di carattere generale in base al quale nel costo dei beni si comprendono gli oneri accessori di diretta imputazione (ossia spese di registrazione, notarili, di assicurazione, mediazione e gli altri costi collegati con il bene da un nesso di consequenzialità), con esclusione degli interessi passivi e delle spese generali.
Soltanto per i beni strumentali – materiali ed immateriali – e per gli immobili-merce, la norma deroga a tale principio, consentendo la capitalizzazione degli interessi passivi sostenuti in relazione a prestiti contratti per la loro costruzione, acquisizione o ristrutturazione.
In tali casi, la patrimonializzazione degli interessi passivi è riconosciuta ai fini fiscali purché tali interessi siano imputati in bilancio ad incremento del costo dei beni stessi. Naturalmente deve trattarsi di beni strumentali, ossia soggetti ad ammortamento.
Tanto premesso, si ritiene che la thin capitalization rule si rende applicabile anche a tali fattispecie, stante la portata generale delle disposizioni contenute nell’articolo 98 del TUIR che si riferiscono indifferentemente a tutti gli interessi passivi derivanti da finanziamenti, prescindendo dalla modalità di imputazione degli stessi e dalla loro eventuale patrimonializzazione.
8 PROVA CONTRARIA
Nel comma 2, lettera b), dell’articolo 98 è disposto che l’istituto della thin capitalization non si applica nel caso in cui la società fornisca la dimostrazione che l’ammontare dei finanziamenti erogati o garantiti dai soci o dalle sue parti correlate è giustificato dalla oggettiva capacità di ottenere credito con la sola
garanzia del proprio patrimonio sociale e che gli stessi sarebbero comunque stati erogati anche da terzi finanziatori.
In buona sostanza, nel caso in cui la società sia in condizioni di dimostrare quanto richiesto dalla norma, non si verifica alcuna limitazione alla deducibilità degli interessi passivi in discussione, che quindi possono essere totalmente dedotti dal reddito di impresa.
Al riguardo, si rileva che la capacità di credito deve poter essere giustificata dalla garanzia di un congruo patrimonio sociale e che quindi la stessa si basa su condizioni soggettive del contribuente. Pertanto, occorrerà necessariamente valutare caso per caso la congruità del patrimonio medesimo in relazione all’importo ed alle caratteristiche del finanziamento ricevuto.
In base al tenore letterale della norma in commento, che consente di disapplicare il disposto dell’articolo 98 del TUIR avendo riguardo esclusivamente all’autonoma capacità di credito del soggetto finanziato, deve ritenersi che la disapplicazione della thin capitalization rule non possa essere invocata in relazione a fattispecie diverse da quella espressamente contemplata. Non è proponibile pertanto l’istanza di interpello presentata al competente Direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’articolo 37-bis, ottavo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Come si è già accennato, ai fini della disapplicazione della thin
capitalization rule, il comma 2, lettera b) dell’articolo 98 del TUIR, richiede la dimostrazione che il finanziamento sarebbe stato altrimenti ottenuto anche da terzi sulla base della sola garanzia ottenuta dal “patrimonio sociale”del soggetto finanziato.
Il patrimonio sociale si differenzia dal mero valore contabile del patrimonio netto in quanto comprende le attività, le passività ed il patrimonio netto dell’impresa, considerati al loro valore corrente, nonché le attività e le passività potenziali connesse agli impegni e ai rischi assunti.
L’eventuale applicazione dell’esimente presuppone pertanto la valutazione dell’effettiva capacità di credito insita nel patrimonio sociale, che potrà
effettuarsi alla stregua dei criteri a tal fine normalmente seguiti dal soggetto che eroga il finanziamento. A tal fine rileva ogni elemento utile, idoneo a comprovare la sussistenza dei requisiti per usufruire dell’esimente in parola.
A titolo esemplificativo non sono idonee a certificare la capacità di credito del soggetto finanziato:
⮚ le certificazioni rilasciate da istituti di credito;
⮚ le perizie contabili rese da professionisti.
Si ritiene, al contrario, che l’esclusiva capacità di credito della società possa desumersi dalla circostanza che il finanziamento sia raccolto tramite l’emissione di un prestito obbligazionario. La giustificazione a tale assunto si riscontra nelle garanzie che il codice civile richiede per l’emissione di titoli di massa che incorporano il prestito.
L’ammontare del prestito obbligazionario, infatti, non può superare il doppio della somma del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Inoltre, il rispetto del rapporto tra ammontare del prestito obbligazionario e valori patrimoniali della società è assicurato anche dopo l’emissione. In proposito, l’articolo 2413 del codice civile dispone il divieto di distribuire riserve o di ridurre il capitale sociale fino a che la loro somma non sia superiore alla metà dell’ammontare delle obbligazioni ancora in circolazione. E’ fatto altresì divieto di distribuire utili in caso di riduzione obbligatoria del capitale o di diminuzione delle riserve, conseguenti a perdite, fino a quando l’ammontare del capitale sociale o delle riserve non eguagli quello delle obbligazioni ancora in circolazione.
Da quanto esposto si evince come la normativa sul prestito obbligazionario impone già di per sé il rispetto dell’equilibrio tra autofinanziamento della società e ricorso al prestito obbligazionario, nonché tra risorse proprie e capacità di indebitamento.
Per le società quotate, la tutela per gli obbligazionisti è fornita dagli obblighi informativi che la società finanziata deve corrispondere ai risparmiatori ed all’autorità di controllo sul mercato. Il rispetto dei sopradetti obblighi
informativi consente, infatti, agli investitori di essere a conoscenza della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società che emette il prestito obbligazionario. La prova dell’autonoma capacità di credito della società finanziata nell’ipotesi dell’emissione di obbligazioni, pertanto, esclude l’applicazione dell’istituto disciplinato dall’articolo 98 del TUIR ai relativi interessi passivi.
Tale esimente non trova applicazione se la società emittente sia assoggettata ad una procedura concorsuale. In tal caso, infatti, tornerebbe applicabile l’articolo 98 del TUIR avendo la società emittente perso la sua autonoma capacità di credito.
Inoltre, può ritenersi sussistente una “propria esclusiva capacità di credito” nell’ipotesi in cui il finanziamento ottenuto dalla società sia stato concesso esclusivamente sulla base della garanzia rappresentata dalle azioni della stessa società finanziata, rilasciate in pegno dai soci.
In tal caso, infatti, deve presumersi che il terzo finanziatore ritenga il proprio credito adeguatamente e congruamente garantito dal valore della partecipazione e, in particolare, dal corrispettivo che si otterrebbe con la vendita delle azioni stesse.