UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI
“M.FANNO”
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA
PROVA FINALE
“CONCESSIONE DI CREDITO: MERITO CREDITIZIO E INTERVENTI DELLO STATO DURANTE L’EMERGENZA COVID-19”
RELATORE:
XX.XX CINZIA PROF.SSA XXXXXX
LAUREANDO/A: XXXXXXXX XXXXX XXXXXX
MATRICOLA N. 1112987
ANNO ACCADEMICO 2019 – 2020
INDICE
INTRODUZIONE p. 2
CAPITOLO 1 – LA CONCESSIONE DI CREDITO……………………….…………...p. 3
1.1 – CONCESSIONE DI CREDITO E RELATIVE FORME GIURIDICHE…………….p. 3
1.2 – SOGGETTI ABILITATI ALLA CONCESSIONE DI CREDITO……………………p. 8 1.1.1 – Apertura di credito………………………………………….……………..……...…p. 4 1.1.2 – Operazioni di sconto………………………………………………………………...p. 5
1.1.3 – Operazioni di salvo buon fine……………………………………………………….p. 6
1.1.4 – Operazioni di anticipazione…………………………………………………………p. 7 1.1.5 – Operazioni di mutuo………………………………………………………………....p. 8
CAPITOLO 2 – VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO……………………p. 10
2.1 – METODI DI VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO………….…………..p. 10 2.2 – ACCORDI DI BASILEA…………………………………………………….………p. 12 2.2.1 – Basilea 1……………………………………………………………………………p. 13 2.2.2 – Basilea 2……………………………………………………………………………p. 14 2.2.3 – Basilea 3……………………………………………………………………………p. 16
2.3 – IL CAPITALE DI BANCHE ED INTERMEDIARI FINANZIARI………………...p. 17
CAPITOLO 3 – EMERGENZA COVID-19 ED INTERVENTI DELLO STATO…..p. 18 3.1- PEGGIORAMENTO DEL MERITO CREDITIZIO…………………………………p. 18
3.2 – DECRETO LIQUIDITA’………………………………………………………...….p. 19
3.3 – EFFETTI SULL’ESPOSIZIONE DEGLI ENTI CREDITIZI………………….……p. 21 CONCLUSIONE………………………………………………………………………….p. 23 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………….……………p. 24
INTRODUZIONE
Durante il 2020 è scoppiata una pandemia mondiale a causa di un virus chiamato Covid-19 che ha colpito duramente l’Italia. Il Presidente della Repubblica ha imposto uno stop di due mesi alle attività imprenditoriali non essenziali che ha avuto un forte impatto sull’economia italiana. Il tessuto economico italiano è principalmente formato da piccole e medie imprese spesso sottocapitalizzate le quali si affidano principalmente a banche e intermediari finanziari come fonte principale di finanziamento (si veda X. XXXXXXX, 2020). In questo elaborato verranno analizzati i vari strumenti attraverso i quali gli enti autorizzati erogano credito, successivamente verrà spiegato il processo attraverso il quale un’agenzia esterna di rating o un analista interno elabora un rating e le conseguenze che questo ha sui bilanci delle banche o degli intermediari finanziari, elencando le regole sancite dai vari accordi di Basilea. Infine, si ragionerà sulle manovre attuate dallo Stato italiano in risposta allo stop di circa due mesi imposto a causa dell’epidemia sanitaria.
CAPITOLO 1 - LA CONCESSIONE DI CREDITO
Le imprese per svolgere la loro attività caratteristica devono sostenere dei costi finalizzati all’acquisto di fattori produttivi i quali permetteranno di conseguire dei ricavi in futuro; tuttavia spesso non possiedono fondi adeguati e si rivolgono ad intermediari finanziari per soddisfare questo bisogno. I costi possono essere relativi alla gestione corrente oppure a nuovi investimenti: per gestione corrente si intendono i cicli di acquisto, trasformazione e vendita; per investimenti invece si intende l’introduzione di nuovi elementi dell’attivo patrimoniale.
In questo capitolo verranno trattate le varie forme attraverso le quali un intermediario finanziario soddisfa le esigenze di un’impresa e successivamente verrà indicato chi è idoneo ad erogarle.
1.1 - CONCESSIONE DI CREDITO E RELATIVE FORME GIURIDICHE
La concessione di credito si divide in credito finanziario e credito commerciale (o mercantile o di fornitura).
Per concessione di credito commerciale si intende una dilazione di pagamento sulla fornitura di merci o servizi: si riceve una prestazione al tempo t e si paga l’importo dovuto al tempo t+1.
Per concessione di credito finanziario si intende l’erogazione di circolante da parte di una banca o di un altro intermediario finanziario ad un soggetto in deficit in cambio di una contropartita rappresentata da interessi e commissioni. Le commissioni indicano il costo del servizio offerto dal creditore, mentre gli interessi sono la somma che il debitore deve rimborsare al finanziatore a fronte del prestito ricevuto: essi sono richiesti poiché un ammontare di circolante oggi è sempre inferiore ad uno domani e questo in base alla rinuncia del reddito che il creditore potrebbe trarre dalla somma se la tenesse per sé, all’inflazione e al rischio che il debitore non restituisca la somma.
Esistono vari tipi di finanziamento per far fronte alle esigenze specifiche delle imprese in deficit, si distinguono tra operazioni autoliquidanti, le quali hanno come riferimento al ciclo produttivo e dovrebbero estinguersi alla fine dello stesso; e non autoliquidanti le quali non hanno come riferimento componenti del capitale circolante. Le prime sono particolarmente adatte a soddisfare un fabbisogno ciclico dell’impresa che deriva dall’intrecciarsi di cicli economici e finanziari, mentre le seconde soddisfano picchi inattesi di fabbisogno o uscite monetarie importanti.
La concessione di credito può avvenire quindi sotto varie forme: apertura di credito, operazioni di sconto, operazioni di salvo buon fine, operazioni di anticipazione e mutui.
Le prime quattro rappresentano finanziamenti del capitale circolante, mentre l’ultimo
finanziamento di investimenti.
1.1.1 - APERTURA DI CREDITO
L’apertura di credito in conto corrente è un contratto tipico bancario disciplinato dagli articoli 1842-1845 del Codice civile: “è il contratto con il quale la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte una somma di denaro per un certo periodo di tempo o a tempo determinato”. È generalmente un contratto a tempo determinato con rinnovo tacito che nella prassi figura come un contratto a tempo indeterminato. Il rapporto si estingue principalmente tramite l’esercizio del diritto di recesso che è disciplinato dall’art 1845 del Codice civile il quale dispone che la Banca non può rescindere dal contratto prima del termine stabilito oppure se questo non è presente nel contratto, entrambe le parti possono rescindere mediante preavviso.
L’apertura di credito può configurarsi come un contratto:
• Semplice: quando il cliente può utilizzare la somma una sola volta, non può quindi utilizzare più della somma concessa
• In conto corrente: il cliente può ripristinare la somma di denaro ricevuta attraverso successivi versamenti e utilizzarla più volte
• Garantito: segue la disciplina delle garanzie le quali non incidono sulla causa del contratto tuttavia hanno conseguenze sull’onerosità del rapporto; esse riducono le conseguenze patrimoniali che la banca o l’intermediario finanziario sopporterebbe nel caso di incapacità di ripagare il debito.
• Allo scoperto: l’apertura di credito non è assistita da nessuna garanzia
Questa forma di finanziamento risponde alla necessità dell’impresa di utilizzare con flessibilità i fondi concessi; è richiesto da imprese che pur avendo un elevato fabbisogno di capitale circolante non riescono a determinare precisamente l’ampiezza e la durata dello stesso. Soddisfa il bisogno eventuale di credito del cliente (al contrario del mutuo nel quale il bisogno si configura come immediato e certo).
Si tratta di un’operazione non autoliquidante poiché non fa riferimento a cicli produttivi dell’impresa e non si estingue con l’ultimarsi di questi.
Gli elementi di costo dell’apertura di credito in conto corrente sono:
• Tasso di interesse: è il tasso nominale sul fido utilizzato ed è calcolato in base alla
rischiosità dell’operazione
• Commissioni: commissione proporzionale alla somma concessa e alla durata del rapporto, commissione di istruttoria veloce
• Varie spese: spese per tenere il conto, spese fisse di chiusura e recupero imposta di
bollo sull’estratto conto
• Tasso di sconfinamento: tasso di interesse che si applica nel caso in cui il cliente
utilizzi più dell’importo concesso
1.1.2 - OPERAZIONI DI SCONTO
Secondo l’art. 1858 c.c.: “lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine del credito stesso”.
Con lo sconto la banca si assume il credito, tuttavia se essa non lo incassa il contratto si risolve e torna ad essere creditrice del cliente iniziale. La banca eroga un importo inferiore a quello del credito originario: concede infatti il valore attuale del credito a scadenza meno il tasso di interesse calcolato in base alla durata dell’anticipazione. Il credito concesso viene immobilizzato per l’intera durata dell’anticipazione, il cliente non può utilizzarlo fino a scadenza.
Le imprese ricorrono a questo tipo di finanziamento in seguito alla necessità di risorse finanziarie in un determinato momento (per esempio se un credito scade al tempo t e nello stesso giorno un’impresa dovrà sostenere dei costi, essa utilizzerà uno sconto in modo da assicurarsi la somma in quel momento anche nel caso in cui il debitore non ripaghi).
Il costo di questa operazione è determinato da:
• Tasso d’interesse: trattandosi di un’operazione autoliquidante e quindi meno rischiosa
di un’apertura di credito, il tasso di interesse applicato sarà inferiore.
• Giorni banca: numero di giorni (da 5 a 10) che si sommano alla durata
dell’anticipazione nella computazione del calcolo dell’interesse
• Minimo giorni di sconto: se a durata dell’anticipazione è inferiore ad una certa misura (generalmente tra i 25 e i 30 giorni) si applica un numero di giorni convenzionale al fine di incrementare il tasso di interesse
• Minimo sconto: se gli interessi sono troppo bassi vengono sostituiti da una commissione minima standard
• Diritto di brevità: se i crediti scontati scadono a breve, la banca deve sollecitare il debitore e fa ricadere gli oneri di questi processi sul cliente tramite una commissione in genere fissa
• Commissioni di incasso: costi che derivano dal fatto che la banca deve necessariamente classare i titoli presso le banche incaricate dai debitori di curare il pagamento
• Commissioni diverse
1.1.3 - OPERAZIONI DI SALVO BUON FINE
L’impresa presenta alla banca crediti documentati da ricevute bancarie o fatture e chiede di poterne utilizzare tramite un’anticipazione per smobilizzo concessa dalla banca. Il fido concesso non può essere reintegrato tramite versamenti come accade nell’apertura di credito. Trattandosi di crediti commerciali quest’operazione è autoliquidante.
Prima di accettare i documenti presentati dal cliente, la banca compie delle operazioni di verifica degli stessi al fine di valutare il rischio dell’operazione e decidere se procedere o no con l’erogazione del fido.
Le operazioni di salvo buon fine possono svolgersi tramite diverse modalità ognuna delle quali presenta i suoi costi e i suoi effetti: salvo buon fine ordinario, salvo buon fine ad anticipo immediato, salvo buon fine a maturazione di valuta, anticipo su fatture.
Attraverso il salvo buon fine ordinario il valore degli effetti viene accreditato su un conto acceso ad hoc con valuta successiva alla loro scadenza media; il cliente può utilizzare le somme anche prima della valuta attraverso un accredito in conto corrente ordinario dal conto salvo buon fine. Gli elementi di costo di questa operazione sono il tasso d’interesse, i giorni valuta e le commissioni di incasso.
Questa forma consente all’impresa di utilizzare il credito con flessibilità e limitare gli oneri
agli importi utilizzati.
Il salvo buon fine ad anticipo immediato è ampiamente utilizzato nella prassi e consiste nell’ anticipare alla data di negoziazione l’importo nominale del foglio presentato: viene accreditato nel conto sbf l’intera somma con valuta successiva alla scadenza media degli effetti e successivamente addebitato l’intero importo con valuta la data di negoziazione e accreditato nel conto corrente ordinario sempre con la stessa valuta. Il saldo contabile del conto sbf risulta zero per tutta la durata dell’operazione, mentre quello liquido risulta negativo, gli interessi sono quindi calcolati dalla data di negoziazione alla valuta successiva alla scadenza media su tutto il fido; si tratta perciò di un’operazione estremamente onerosa. Nel salvo buon fine a maturazione di valuta non c’è l’anticipazione dei crediti: il fido è concesso solo dopo che sono trascorsi i giorni di valuta applicati a partire dalla scadenza media dei titoli. Le imprese utilizzano questa modalità se sono a conoscenza che i loro clienti pagano in ritardo e quindi vogliono assicurarsi di incassare la somma ad una data certa.
Infine, le operazioni di anticipo su fatture: viene concesso dalla banca il 60-80% del valore delle fatture presentate e il fido concesso viene reintegrato attraverso la ricezione del bonifico
delle fatture stesse. L’importo viene addebitato sul conto fatture conto anticipi ed accreditato
sul conto corrente con la stessa valuta corrispondente alla data di negoziazione.
1.1.4 - OPERAZIONI DI ANTICIPAZIONE
Per anticipazione si intende la concessione da parte della banca di una somma in misura del valore del pegno, previa costituzione di una garanzia da parte del cliente; si articola dunque in due contratti: la polizza di anticipazione e la garanzia. È di un’operazione che si configura come autoliquidante o no a seconda degli effetti presentati come garanzia: possono essere presentati titoli di credito, beni mobili fungibili e titoli rappresentativi di merci.
Esistono due forme di anticipazione:
• l’anticipazione semplice nella quale il netto ricavo (il valore attuale della garanzia al netto dello scarto meno gli interessi) viene erogato immediatamente e il cliente è obbligato a restituire il valore nominale del prestito a scadenza (ha anche la possibilità di restituire la somma in anticipo). La garanzia costituisce la causa del contratto.
• l’anticipazione in conto corrente nella quale l’importo viene accreditato nel conto corrente e il cliente può utilizzare e ricostruire l’ammontare del fido con l’obbligo di restituire il debito a scadenza. Questa forma è molto simile all’apertura di credito garantita.
La principale differenza tra le due forme sta nel computo degli interessi: mentre nel primo caso vengono addebitati in via anticipata e quindi viene erogato solo il netto ricavo, nel secondo vengono calcolati trimestralmente in concomitanza con quelli del conto corrente. Il cliente ha la facoltà di ritirare una parte o tutte le garanzie anche prima della scadenza del contratto, previa restituzione delle somme erogate maggiorate dei vari costi del servizio, appurando che il restante debito sia sufficientemente garantito. Se il valore della garanzia
diminuisce di almeno un decimo rispetto a quello durante la stipula del contratto, la banca può chiedere un supplemento di garanzia.
1.1.5 - OPERAZIONI DI MUTUO
Il mutuo è disciplinato dall’art. 1813 del c.c.: “il mutuo è un contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all’altra parte (mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.
Nella prassi il mutuo figura come un finanziamento finalizzato ad un acquisto, mentre nel Codice civile ha carattere più generale.
Si tratta di un finanziamento a medio/lungo termine al contrario dell’apertura di credito che è a breve/medio termine, è inoltre un’operazione non autoliquidante. Quest’operazione è spesso garantita da ipoteca.
Attraverso il mutuo viene erogata l’intera somma all’inizio e viene previsto un piano di ammortamento per rimborsarla. Il piano di ammortamento è ideato sulla base dell’importo complessivo del debito, del tasso di interesse nominale (TAN) e della durata del prestito; dopo aver appurato questi tre elementi si scegli la tipologia di ammortamento: le più utilizzate sono “l’ammortamento italiano” e “l’ammortamento francese”. Nel primo caso la quota capitale delle rate rimane costante mentre la quota interesse decresce (la rata risulterà così decrescente), nel secondo caso la quota capitale è crescente mentre la quota interesse è decrescente in modo da mantenere la rata costante.
1.2 – SOGGETTI ABILITATI ALLA CONCESSIONE DI CREDITO
Il Testo Unico Bancario (d.lgs, 1° settembre 1993 e successive modifiche e integrazioni) stabilisce chi è autorizzato a concedere il credito.
L’art. 14 del titolo II del Testo Unico Bancario (TUB) elenca le caratteristiche necessarie affinché una banca venga iscritta all’albo dalla Banca D’Italia ed autorizzata a svolgere la sua attività dalla Banca Centrale Europea: deve presentare dei requisiti formali e organizzativi.
L’impresa deve essere esercitata sotto forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; la sede legale e la direzione generale devono essere ubicate in territorio nazionale, il capitale versato deve essere coerente con quanto stabilito dalla Banca D’Italia e i soggetti preposti a funzioni di amministrazione, direzione e controllo devono essere idonei allo svolgimento delle stesse. Insieme all’atto costitutivo e allo statuto deve essere presentato un programma riguardante l’attività iniziale.
Deve sempre essere garantita la sana e prudente gestione: gli intermediari devono elaborare strategie chiare per un interesse di lungo periodo, devono attrarre azionisti e capitali dal mercato, gestire efficacemente i rischi; devono infine garantire il rispetto delle regole per tutelare gli interessi dei loro stakeholders. Se questi requisiti vengono meno, se dopo un’opportuna verifica vengono dichiarati falsi oppure se è stata accertata la sospensione
dell’attività bancaria per un periodo continuativo superiore a sei mesi la Banca Centrale
Europea oppure Banca D’Italia dispone la revoca dell’autorizzazione.
Secondo la Banca D’Italia (2019, p.187) all’art. 106 del titolo V del Testo Unico Bancario (TUB): “L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia …”.
Non solo le banche sono quindi autorizzate all’erogazione del credito ma anche altri intermediari finanziari purché rispondano ai requisiti per l’iscrizione nell’albo descritti dall’art. 107 del titolo V del Testo Unico Bancario (TUB); quest’ultimi sono molto simili a quelli richiesti per le banche fatta eccezione per il tipo di società che può configurarsi sotto forma di società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperativa e per l’oggetto sociale il quale deve essere limitato alle sole attività previste dall’articolo 106. Con questo articolo gli intermediari finanziari vengono equiparati alle Banche per quanto riguarda i requisiti per l’autorizzazione della loro attività caratteristica.
CAPITOLO 2 - VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO
Le banche e gli intermediari finanziari prima di concedere un finanziamento ad un’impresa valutano attentamente la capacità di ripagare il debito; questo processo è obbligatorio in virtù dei vari accordi di Basilea i quali stabiliscono delle leggi precise al fine di evitare l’accumulo di “non perfoming loans” ovvero crediti deteriorati che non verranno ripagati del tutto o in parte. Questi crediti deteriorati limitano infatti la capacità di credito di banche o intermediari finanziari che devono ampliare il loro capitale di vigilanza.
2.1 - METODI DI VALUTAZIONE DEL MERITO CREDITIZIO
In seguito agli accordi di Basilea, le banche e gli intermediari finanziari devono svolgere un’attenta analisi dell’impresa alla quale verrà concesso o rinnovato un finanziamento al fine di non limitare la propria capacità di credito: se l’impresa risulterà particolarmente rischiosa il capitale detenuto dalla banca o intermediario finanziario potrebbe risultare non più sufficiente per concedere prestiti ad altre imprese.
La Banca d’Italia (2006, p.4), definisce il rating come: “Il grado interno di merito creditizio (rating) rappresenta la valutazione, riferita a un dato orizzonte temporale, effettuata sulla base di tutte le informazioni ragionevolmente accessibili – di natura sia quantitativa sia qualitativa
– ed espressa mediante una classificazione su scala ordinale, della capacità di un soggetto
affidato o da affidare di onorare le obbligazioni contrattuali”.
Le banche o gli intermediari finanziari le quali adottano un metodo standardizzato per il calcolo del rischio di credito, si affidano ad agenzie esterne (le quali devono essere riconosciute dalle autorità nazionali di vigilanza) per i ratings dei soggetti da affidare. Ad ogni rating infatti è associata una diversa percentuale che viene moltiplicata per il credito concesso, questo indicatore riflette la rischiosità dell’operazione.
Le principali agenzie di rating sono: Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch; esse inseriscono un’impresa in una classe di rating all’interno di una scala ordinata che cambia a seconda dell’agenzia alla quale ci si affida.
Di seguito la Tabella 1 elenca la classificazione di Standard & Poor’s.
AAA | Best credit quality, extremely reliable with regard to financial obligations |
AA | Very good credit quality, very reliable |
A | More susceptible to economic conditions, still good credit quality |
BBB | Lowets rating in investment grade |
BB | Caution is necessary, best sub-investment credit quality |
B | Vulnerable to changes in economic conditions, currently showing the ability to meet its financial obligations |
CCC | Currently vurnerable, dependent on favorable economic conditions |
CC | Highly vurnerable to a payment default |
C | Close to or already bankrupt, payments on the obligation currently continued |
D | Payment default on some financial obligation has actually occurred |
Tabella 1: Classificazione di Standard & Poor’s (si veda X. Xxxxx, X. XXXXXXXX, X.
XXXXXX, 2003, p.16)
Storicamente le imprese con rating migliori risultano solventi, tuttavia anche se appartengono alla categoria AAA, non sono prive di rischio e gli verrà assegnata una probabilità di insolvenza positiva. Questo perché si tratta di una valutazione sulla capacità di onorare le obbligazioni che è un evento futuro e quindi incerto.
Quando le banche o gli intermediari finanziari adottano un metodo IRB fundation o advanced
l’accordo di Basilea consente loro di calcolare internamente i rating delle imprese affidate. Le principali informazioni di natura quantitativa sono ricavate dal bilancio delle imprese che chiedono finanziamenti: vengono valutati principalmente il tasso di indebitamento, la
liquidità, la redditività, la prospettiva di guadagni futuri, i futuri cash-flows e altri indicatori di bilancio. Vengono inoltre richiesti documenti fiscali e piani d’impresa. Le banche e gli intermediari finanziari analizzano la situazione economico-finanziaria dell’impresa e questa è tenuta a fornire una documentazione chiara ed esaustiva sulla sua attuale situazione al fine dell’elaborazione di un rating corretto.
Le informazioni qualitative invece riguardano la forma giuridica dell’impresa, il mercato nel quale essa opera, la qualità della gestione e altri fattori organizzativi e strategici. Le banche analizzano principalmente la posizione detenuta dall’impresa nel settore in cui opera, i principali punti di forza e di debolezza e la capacità della gestione dei rischi della futura affidata.
Infine, le Banche e gli intermediari finanziari svolgono un’analisi andamentale dell’impresa:
recuperano dalla Centrale dei Rischi le informazioni relative al soggetto da affidare.
La Centrale dei rischi è un servizio gestito dalla Banca d’Italia disciplinato dal decreto d’urgenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11 luglio 2003, numero 663. Secondo la Banca D’Italia (2020, p. 9): “La Centrale dei rischi è un sistema informativo sui rapporti di credito e di garanzia che il sistema finanziario (banche, intermediari finanziari, società veicolo di cartolarizzazione dei crediti di cui alla legge 30 aprile 1999, n. 130, OICR) intrattiene con la propria clientela e rappresenta uno strumento per il regolare funzionamento del mercato del credito… Gli intermediari partecipanti comunicano alla Banca d’Italia informazioni relative sull’esposizione verso la loro clientela (c.d. soggetti segnalati) e ricevono informazioni sull’esposizione complessiva verso il sistema finanziario (c.d. “posizione globale di rischio”) dei soggetti segnalati e dei loro collegati”. La finalità della Centrale dei rischi è quella di garantire la stabilità del sistema finanziario, migliorando la qualità dei crediti e consentendo l’accesso a finanziamenti a prezzi inferiori a soggetti idonei. Gli intermediari finanziari utilizzano questo servizio sia nella fase di affidamento sia nella fase di monitoraggio dei crediti, le informazioni che gli vengono fornite accrescono la loro capacità di valutazione del merito creditizio tuttavia queste non vincolano in alcun modo le loro decisioni sull’affidabilità di un’impresa.
Sulla base di queste analisi la banca o l’intermediario finanziario elabora una sua valutazione attraverso il giudizio dell’analista creditizio interno e di formule matematiche e lo confronta con le informazioni relative ad imprese simili al fine di ottenere un valore numerico o delle lettere che rappresentano il rating dell’impresa esaminata.
Successivamente ad ogni rating verrà assegnata una probabilità di insolvenza attraverso un processo chiamato calibrazione; infine verrà calcolato il rischio di credito secondo quanto stabilito dagli accordi di Basilea.
2.1 – ACCORDI DI BASILEA
L’obiettivo degli accordi di Basilea è garantire la stabilità del sistema finanziario attraverso stringenti regole in materia di Vigilanza Bancaria, sono redatti dal Comitato di Basilea: un organo consultivo internazionale formato originariamente dai governatori delle Banche Centrali dei 10 paesi più sviluppati nel 1974 ai quali si sono successivamente uniti quelli di altri paesi.
Il Comitato di Basilea mira ad unificare le normative in materia di vigilanza bancaria a livello globale, esso emana delle regole che devono essere recepite dalle legislazioni interne dei vari paesi per divenire efficaci poiché si tratta di un organo privo di potere legislativo.
Successivamente verranno elencate le regole introdotte dai tre accordi di Basilea soffermandosi su quelli relativi al calcolo del rischio di credito e ai requisiti patrimoniali obbligatori.
2.2.1 - BASILEA 1
Il primo accordo prodotto dal Comitato di Basilea risale al 1988 e prende il nome di Basilea 1. Attraverso questo accordo il Comitato introduce la nozione di requisito patrimoniale minimo delle Banche al fine di tutelare i depositanti esposti al rischio che i loro depositi non gli vengano più restituiti. Questo capitale serve per far fronte al rischio di credito e al rischio di mercato (il rischio che gli strumenti finanziari posseduti dalla Banca calino di prezzo e quindi riducano l’attivo patrimoniale).
Il capitale deve essere almeno l’8% dei crediti alla clientela ponderati per una percentuale variabile a seconda dei soggetti ai quali i crediti vengono concessi e alla presenza di garanzie: un credito garantito è meno rischioso di uno non garantito e per questo avrà un “peso” inferiore nella computazione del requisito patrimoniale minimo. Il coefficiente di ponderazione riflette quindi la rischiosità dell’operazione.
La formula per il calcolo del capitale minimo è la seguente:
ESPOSIZIONE x COEFFICIENTE DI RATING ESTERNO x 8% = REQUISITO PATRIMONIALE
I coefficienti di ponderazione per le imprese sono cinque:
1. 20% per le imprese con rating elevato (compreso tra AAA e AA della classificazione
Standard & Poor’s)
2. 50% per le imprese con rating alto (A della classificazione Standard & Poor’s)
3. 75% per le imprese retail (con fatturato inferiore a 5 milioni di euro e un’esposizione
inferiore a 1 milione di euro)
4. 100% per le imprese con rating medio o prive di rating (compreso tra BBB e BB della
classificazione Standard & Poor’s)
5. 150% per le imprese con rating basso (inferiore a BB della classificazione Standard &
Poor’s)
Basilea 1 presenta dei limiti: non vengono considerati i rischi operativi (perdite causate dal personale o da eventi esterni), non vengono considerate le scadenze dei prestiti, non si
considera la diversificazione del portafoglio come variabile che può ridurre il rischio e infine vengono considerati uguali tutti gli stessi tipi di clienti.
2.2.2 - BASILEA 2
Il 1° gennaio 2008 entra in vigore il secondo accordo di Basilea con il quale il Comitato mira a risolvere i limiti del primo attraverso l’introduzione di tre pilastri: il primo specifica i requisiti patrimoniali, il secondo introduce un controllo prudenziale eseguito dagli organi di Xxxxxxxxx per verificare che i metodi con i quali le Banche stimano il loro fabbisogni di capitale minimi siano adeguati e il terzo disciplina il mercato ampliando le informazioni fornite ai clienti.
Con il primo pilastro l’accordo di Basilea introduce il rischio operativo e specifica la misurazione del rischio di credito (attraverso l’introduzione dei ratings) nella computazione del patrimonio minimo di vigilanza, inoltre muta il coefficiente di ponderazione per i vari crediti.
Il rischio di credito può essere calcolato attraverso tre approcci:
1. il metodo standard
è una versione rivista del metodo fornito da Basilea 1, secondo il quale le Banche si affidano ad agenzie di rating esterne per la valutazione delle imprese da affidare e ad ogni rating verrà associato un coefficiente di ponderazione (queste agenzie di rating devono essere precedentemente riconosciute dall’Autorità di Xxxxxxxxx)
2. il metodo Internal Rating Based di base (IRB fundation)
questo metodo è utilizzato dalle banche con poca esperienza nel calcolo dei ratings e consente a queste di calcolarne alcune variabili per la determinazione del requisito patrimoniale minimo e di affidarsi ad agenzie di rating esterne per altre variabili
3. il metodo Internal Rating Based avanzato (IRB Advanced)
questo ultimo metodo è invece utilizzato dalle banche con molta esperienza nel calcolo dei ratings alle quali è concesso il calcolo di tutte le variabili per la determinazione del requisito patrimoniale minimo
Il rischio di credito, utilizzando il secondo e terzo metodo sopra elencato, è calcolato tenendo conto di questi fattori:
• la probabilità di insolvenza del debitore (probability of default, PD) ovvero la probabilità che entro un anno il debitore non ripaghi il debito, questa è indicata dal rating dell’impresa affidata (questa è l’unica variabile calcolata dall’ente che utilizza il metodo IRB fundation, mentre le altre gli vengono fornite da agenzie esterne).
• la perdita attesa in caso di insolvenza (loss given default, LGD) ovvero la parte della somma concessa che la banca o l’intermediario finanziario stima di perdere in caso di insolvenza al netto dei recuperi; si determina tramite il valore attuale del rapporto espresso in percentuale tra perdita in caso di default e il valore dell’esposizione. Nel computo di questo indicatore vengono tenuti in considerazione il capitale recuperabile, il tempo necessario a recuperarlo e i costi associati. L’esistenza di garanzie consente di migliorare questo indicatore.
• l’esposizione al credito (exposure at default, EAD) è il livello di credito che il cliente
avrà utilizzato nel momento dell’inadempienza.
• la scadenza del debito (maturity, M) ovvero la media delle scadenze dei pagamenti ponderate per i rispettivi importi che più è lunga e più c’è il rischio che il rating peggiori.
Le garanzie rappresentano degli strumenti di mitigazione del rischio di credito riducendo il coefficiente di ponderazione.
Le garanzie possono essere reali oppure personali:
• sono riconosciute come garanzie reali i contanti depositati presso la banca, l’oro, titoli di debito qualificati, azioni qualificate e quote di fondi; devono essere valutate semestralmente e prestate fino alla scadenza dell’esposizione.
• le garanzie personali devono essere dirette, riferirsi ad una specifica esposizione, irrevocabili e incondizionate.
Quando un ente creditizio utilizza il metodo standard per la valutazione del rischio di credito, le garanzie reali sono valutate attraverso due metodi: il metodo standard e il metodo avanzato o integrale.
Secondo il metodo standard l’importo di credito concesso è pesato con il coefficiente di ponderazione relativo al rating dell’impresa per la parte non garantita e al rating del titolo di debito contente la garanzia per la parte garantita.
Con il metodo avanzato invece si procede con dei calcoli complessi attraverso l’impiego di
scarti prudenziali.
Con le garanzie personali invece si sostituisce il coefficiente di ponderazione dell’obbligato
con quello del garante (che deve risultare inferiore) .
Quando invece utilizza un metodo IRB, le garanzie vanno a ridurre la probabilità di default e la perdita in caso di insolvenza.
Per rischio operativo si intendono le perdite causate dal personale o da eventi esterni; Basilea 2 introduce tre approcci per calcolarlo: il metodo base, il metodo standardizzato e il metodo avanzato di misurazione (AMA).
Il rischio di mercato invece è il rischio di perdite causate da movimenti dei prezzi di mercato: la variazione dei tassi di interesse degli strumenti finanziari detenuti dalla banca o intermediario finanziario o la variazione di prezzo in cambi e in merci.
Questi tre rischi concorrono per la computazione dei requisiti minimi di vigilanza.
Il secondo pilastro riguarda il controllo prudenziale che mira a verificare che le banche e gli intermediari finanziari dispongano di un capitale adeguato a sostenere i rischi che si sono assunte al di là dei livelli minimi richiesti e le stimola a migliorare le loro tecniche di monitoraggio. Le autorità di vigilanza incoraggiano all’utilizzo di un principio prudenziale, ovvero di mantenere un capitale superiore ai livelli minimi imposti dagli accordi. I soggetti concedenti credito dovranno eseguire degli stress test sui propri rischi di credito, in particolare sulle grandi esposizioni (esposizioni potenzialmente in grado di generare perdite le quali minacciano la solidità della banca).
Il terzo pilastro invece ha lo scopo di regolare il mercato del credito introducendo norme in materia di trasparenza informativa: gli operatori del mercato riusciranno ad avere una situazione chiara riguardo il patrimonio di vigilanza, l’esposizione ai rischi e sull’adeguatezza patrimoniale degli intermediari.
2.2.3 - BASILEA 3
All’inizio del 2013 entra in vigore il terzo accordo di Basilea, stilato in seguito alla crisi finanziaria. Il suo obiettivo è limitare i rischi che si assumono i vari intermediari finanziari e uniformare la regolamentazione in materia di vigilanza bancaria. Questo accordo riguarda unicamente gli intermediari finanziari e non le banche.
Introduce due indicatori per misurare il livello di liquidità che non può essere inferiore ad una soglia minima: il primo indicatore è il Liquidity Coverage Ratio il quale si calcola dividendo le attività liquide di elevata qualità per i deflussi di cassa totali netti in 30 giorni; il secondo è il Net Stable Funding Ratio il quale si calcola dividendo la provvista stabile disponibile per la provvista stabile richiesta. Il primo impone di mantenere un ammontare di risorse liquide per coprire le uscite dei successivi 30 giorni senza ricorrere a finanziamenti esterni, mentre il secondo di mantenere fonti adeguate a finanziare attività meno liquide. Gli intermediari finanziari devono mantenere per entrambi questi rapporti un livello pari ad almeno il 100%.
Basilea 3 inoltre dispone nuove regole per quanto riguarda il capitale dei soggetti eroganti credito.
2.3 - IL CAPITALE DI BANCHE E INTERMEDIARI FINANZIARI
In seguito agli accordi di Basilea, il capitale delle banche e degli intermediari finanziari è suddiviso in tre classi:
1. Tier 1: è composto da capitale versato, da riserve, da utili non distribuiti al netto delle imposte e da strumenti ibridi di patrimonializzazione (passività per le quali l’ente può sospendere il rimborso attraverso un consenso dalla banca centrale). Sono tutti elementi che possono essere utilizzati senza restrizioni dall’ente per la copertura dei rischi o delle perdite.
2. Tier 2: composto da riserve di rivalutazione, strumenti ibridi esclusi dalla classe Tier 1 e obbligazioni subordinate.
3. Tier 3: strumenti di capitale non riconducibili alle prime due classi
Rapportando il Tier 1 per gli impieghi ponderati per il rischio si ottiene il Common Equity Tier 1 (CET1) e indica con quali risorse primarie l’ente può garantire i prestiti che effettua alla clientela. Secondo gli accordi di Basilea questo rapporto deve essere uguale o superiore all’8%; più alto è questo indicatore, più solida risulta una banca o intermediario finanziario.
Un peggioramento del merito creditizio (rating) di un’impresa alla quale è stato concesso un credito comporta un coefficiente di ponderazione dell’esposizione più alto e riduce quindi il rapporto CET1. L’ente creditizio dovrà aumentare il proprio capitale Tier 1 per ristabilire il rapporto sopra la soglia minima.
CAPITOLO 3 - EMERGENZA COVID-19 E INTERVENTI DELLO STATO
I primi mesi del 2020 è iniziata una pandemia mondiale a causa di un virus chiamato Covid-
19. L’Italia è stata uno dei primi stati colpiti con molti infetti e morti, soprattutto in regioni altamente industrializzate come la Lombardia e il Veneto; per questo il Presidente della Repubblica, attraverso vari decreti-legge durante marzo 2020, ha imposto uno stop per tutte le attività ed i servizi non essenziali al fine di evitare l’espandersi del virus. Questa chiusura ha causato il deterioramento del merito creditizio di molte imprese, le quali, interrompendo la loro attività, non hanno conseguito ricavi per tutta la durata dello stop e necessitano quindi di finanziamenti per ripartire. Secondo l’articolo di Xxxxxxx(2020) “La stima delle probabili insolvenze è superiore a 70 miliardi nel 2019 (PwC “The Italian NPL Market”, dicembre 2019)”
Lo stato attraverso il decreto-legge dell’8 aprile 2020 (detto decreto “Liquidità”) ha cercato di incrementare la capacità di ricevere crediti delle varie imprese e limitare le esposizioni delle banche e degli intermediari finanziari al fine di ridurre i danni all’economia causati dall’interruzione delle attività.
3.1 - PEGGIORAMENTO MERITO CREDITIZIO
Come visto nei capitoli precedenti, nella fase di affidamento della clientela, le banche e gli intermediari finanziari oppure le agenzie di rating assegnano alle imprese un merito di credito (rating) sulla base della loro capacità di adempire all’obbligazione ripagando il debito. Questa capacità di restituire il debito è strettamente collegata alla capacità di generare reddito e quindi ai futuri flussi di cassa che l’impresa genererà per tutta la durata del rapporto.
L’impresa fornisce alla banca un business plan che riflette la probabile evoluzione della sua situazione economico-finanziaria e durante questo processo tiene conto solo dei fatti prevedibili. L’emergenza epidemiologica non essendo prevedibile a priori, ha causato dei business plan non più veritieri: le imprese non potevano sapere che avrebbero interrotto la propria attività per circa due mesi e a causa di questa risultare insolventi.
Tutto ciò ha alzato la probabilità di default delle imprese e quindi peggiorato il loro rating, questo comporta varie conseguenze:
1. Un peggioramento delle condizioni contrattuali (tassi di interesse maggiori) per le imprese che chiedono nuovi finanziamenti, salvo che la banca o l’intermediario finanziario decida di concederli dopo aver valutato l’attuale situazione economico- finanziaria dell’impresa. (si veda X. XXXXXXX, 2020)
2. Un incremento del rischio di credito da parte delle banche o intermediari finanziari che hanno concesso finanziamenti ad imprese le quali sono state ferme durante lo stop imposto dal Presidente della Repubblica: il rischio di credito è determinato infatti da probabilità di default, perdita attesa in caso di insolvenza, esposizione al credito e scadenza del debito; se l’ultima variabile rimane immutata, tutte le altre peggiorano aumentando il rischio di credito.
3. Una riduzione della capacità di concedere credito delle banche e intermediari finanziari che hanno nel loro attivo crediti verso imprese coinvolte nello stop imposto dal Presidente della Repubblica.
L’emergenza sanitaria ha avuto un grande impatto sull’economia italiana poiché questa è formata soprattutto da piccole e medie imprese sottocapitalizzate che utilizzano principalmente finanziamenti bancari come fonti.
Per riprendere la loro attività le imprese hanno bisogno di liquidità: lo stop ha infatti generato un crollo del fatturato non previsto; le banche e gli intermediari hanno bisogno di tutelarsi dal crescere del rischio di credito.
3.2 - DECRETO LIQUIDITA’
L’8 aprile 2020 il Presidente della Repubblica emana il decreto-legge n.23 detto “decreto liquidità” per ridurre i suddetti problemi.
L’art. 1 del DL. 8 aprile 2020, n. 23 enuncia: “Al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, diverse dalle banche e da altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito, SACE S.p.A. concede fino al 31 dicembre 2020 garanzie […] in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi del presente comma non superano l'importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi sono destinati a supporto di piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, che abbiano pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”
Lo stato italiano si affida a SACE S.p.A. (una società facente parte del gruppo Cassa di Depositi e Prestiti controllata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che opera nel settore delle assicurazioni e del credito) per la valutazione delle richieste di garanzie
pubbliche a copertura di un finanziamento e per il monitoraggio del rispetto dei soggetti finanziati e degli enti finanziatori delle condizioni e degli impegni stabiliti dal decreto. L’articolo 1 del decreto prevede il rilascio delle garanzie previa verifica delle seguenti condizioni:
1. I finanziamenti per i quali sono richieste garanzie devono avere una durata massima di 6 anni, queste possono essere richieste entro il 31 dicembre 2020
2. Al 31 dicembre 2019 l’impresa richiedente non doveva rientrare tra le imprese in difficoltà (secondo il regolamento comunitario) e al 29 febbraio 2020 non rappresentava un’esposizione deteriorata presso il sistema bancario
3. L’importo del finanziamento per il quale si richiede la garanzia non può essere superiore al maggiore tra il 25% del fatturato dell’impresa del 2019 e il doppio dei costi per il personale sostenuti nel 2019.
4. La garanzia (la quale ha la caratteristica di essere esplicita, irrevocabile e conforme ai requisiti previsti dalla normativa di vigilanza per la riduzione del rischio e si estende al rimborso del capitale, al pagamento degli interessi e ad ogni altro onere accessorio al netto delle commissioni ricevute per le medesime garanzie) copre gli importi della Tabella 2 relativi a finanziamenti concessi all’impresa all’entrata in vigore del decreto- legge n.23 dell’8 aprile 2020.
5. L’impresa beneficiaria non deve distribuire dividendi o riacquistare azioni per tutto il
2020.
6. Gli stabilimenti produttivi e le attività imprenditoriali alle quali sono destinati i finanziamenti devono essere localizzati in Italia.
Caratteristiche dell’impresa | Importi garantiti |
Meno di 500 dipendenti in Italia e valore del fatturato fino a 1,5 miliardi di euro | 90% dell’importo del finanziamento |
Più di 5000 dipendenti in Italia e valore del fatturato compreso fra 1,5 miliardi di euro e 5 miliardi di euro | 80% dell’importo del finanziamento |
Valore del fatturato maggiore di 5 miliardi di euro | 70% dell’importo del finanziamento |
Tabella 2: caratteristiche delle imprese e relative garanzie
SACE S.p.A. fa da garante per il 10% della garanzia erogata, mentre lo Stato per il restante 90%.
3.3 - EFFETTI SULL’ESPOSIZIONE DEGLI ENTI CREDITIZI
Il decreto “liquidità” consente alle banche e agli intermediari finanziari di concedere finanziamenti garantiti dallo Stato: questo giova sia alle condizioni contrattuali negoziate con le imprese, sia al peso delle esposizioni per gli enti creditizi.
Il nuovo credito concesso, essendo garantito dallo Stato (in caso di inadempienza dell’impresa beneficiaria, ripaga per la quota garantita lo Stato), risulta meno rischioso di un credito scoperto. Questo determina delle condizioni contrattuali più favorevoli per le imprese (tassi di interesse inferiori) le quali, in caso contrario sarebbero risultate molto rischiose da affidare per via dello stop imposto dal Presidente della Repubblica.
Le banche e gli intermediari finanziari, come detto nei capitoli precedenti, devono rispettare le regole stabilite dagli accordi di Basilea per quanto riguarda il capitale di vigilanza: il peggioramento del rating delle imprese colpite dallo stop aumenta il coefficiente di ponderazione delle esposizioni e questo implica, a parità di capitale, una ridotta capacità di concedere finanziamenti.
Basilea 2 prevede l’utilizzo di garanzie come strumenti di mitigazione del rischio e quelle fornite dal sopracitato decreto rispondono ai requisiti richiesti per essere riconosciute come tali (sono dirette, esplicite, incondizionate e irrevocabili). Il rating del garante sostituisce così il rating dell’impresa che ha ricevuto il finanziamento: alla quota coperta dalla garanzia è assegnata la ponderazione del garante.
Si suppone che al rating dell’impresa beneficiaria del finanziamento (la quale risulta idonea per l’erogazione del credito garantito secondo i requisiti del decreto-legge suddetto) sia associato un coefficiente di ponderazione x, mentre al rating dello Stato che fa da garante un coefficiente y, che x > y (che la probabilità di default dell’impresa sia superiore a quella dello Stato) e che il finanziamento concesso sia uguale a 100.000,00 €. Si suppone inoltre che l’impresa abbia meno di 500 dipendenti e un fatturato fino a 1,5 miliardi di euro.
L’esposizione della banca sarà:
100.000,00 x 90% x y + 100.000,00 x 10% x x = 90.000,00 x y + 10.000,00 x x
Il requisito patrimoniale per coprire questa esposizione sarà:
(90.000 x y + 10.000,00 x x) x 8% = 7.200,00 x y + 800,00 x x (1)
Mentre senza garanzie l’esposizione sarebbe stata:
100.000,00 x x
E il requisito patrimoniale sarebbe stato:
100.000,00 x x x 8% = 8.000,00 x x = 7.200,00 x x + 800,00 x x (2)
Confrontando i requisiti patrimoniali (1) e (2) necessari a coprire le esposizioni, tenendo conto che x > y si nota che nel primo caso risultano inferiori rispetto al secondo.
La garanzia quindi riduce l’ammontare di capitale necessario a coprire l’esposizione; il suddetto decreto incentiva le banche e gli enti creditizi a concedere finanziamenti alle imprese anche se si trovano in una situazione di difficoltà economico-finanziaria al fine di evitare una recessione dell’economia italiana: la imprese italiane sono principalmente finanziate da banche e rischiavano quindi di fallire con conseguenze macroeconomiche importanti.
CONCLUSIONE
Lo stop imposto dal Presidente della Repubblica in seguito all’emergenza sanitaria causata dal virus Covid-19 ha causato un peggioramento dei ratings di varie imprese e un relativo aumento del coefficiente di ponderazione delle esposizioni di banche ed intermediari finanziari (aumentando il rischio di credito e il capitale necessario per coprirlo). Le imprese ricominciando la loro attività hanno bisogno di liquidità per sostenere i vari costi, tuttavia non essendo state operative durante il fermo produttivo non ne possiedono e dovranno necessariamente chiedere finanziamenti. Gli enti creditizi, concedendoglieli, sarebbero esposti ad un elevato rischio di insolvenza da parte dell’impresa affidata e applicherebbero tassi di interesse elevati andando ad erodere ricchezza e ostacolando la crescita del tessuto industriale. Il Presidente della Repubblica attraverso il decreto-legge n.23 dell’8 aprile 2020 consente allo Stato di fare da garante per le imprese beneficiarie di nuovi finanziamenti riducendo le condizioni contrattuali richieste da banche ed intermediari finanziari e anche il peso che i crediti concessi hanno sul loro attivo ponderato. Questo decreto aiuta le imprese che hanno subito danni economici durante i mesi di stop, tuttavia “si dimentica” delle imprese che erano già in difficoltà prima dell’evolversi dell’emergenza sanitaria. Inoltre le imprese, utilizzando le garanzie fornite dallo Stato, aggiungono debiti a quelli che già possedevano sbilanciando ulteriormente la loro leva finanziaria (si veda F. SORGE, 2020).
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