Parte I
X. Xxxxxxxx - X. Xxxxxxxx
Appunti sulla distribuzione delle vetture (La nuova normativa del settore automotive)
Parte I – Il quadro generale.
1. Considerazioni introduttive. - 2. Il contratto di concessione di vendita. – 3. La struttura dell’art. 101, par. 1, TFUE. - 4. L’analisi dell’accordo nell’art. 101, par. 1, TFUE. – 5. L’art. 101 TFUE ed regolamenti di esenzione per categoria. –
6. Il regolamento di esenzione per categoria n. 2790/1999/Ce. – 7. (Segue): le clausole di non concorrenza. – 8. Il nuovo regolamento sulle intese verticali. –
9. Diritto antitrust, libera circolazione dei servizi e libertà di stabilimento.
Parte II – Il settore automotive
1. Il quadro normativo automotive in sintesi. – 2. Il regolamento n. 1400/2002/Ce. – 3. Le quote di mercato. – 4. Le clausole particolari sull’equilibrio contrattuale. – 5. Il regime selettivo quantitativo. – 6. Il regolamento n. 461/2010/Ue. – 7. Nuove forme distributive. – 8. Le informazioni tecniche. – 9. Database sulla vita del veicolo. – 10. Conclusioni.
Parte I
Il quadro generale
1. Considerazioni introduttive
Il c.d. "regolamento Monti"
Il 31 maggio 2010 è entrato in vigore il nuovo regime UE degli accordi verticali. Esso si fonda su due regolamenti d’esenzione. Uno avente portata xxxxxxxx0 e l’altro, specifico, dedicato alle autovetture2.
Il presente contributo intende fornire una prima panoramica d’insieme sulle ricadute che la nuova cornice giuridica produrrà sul settore automotive, analizzando, in particolare, il profilo della distribuzione. Per fare questo, si rende necessario ricostruire, anzitutto, il quadro normativo vigente e le principali problematiche messe in luce dalla sua applicazione.
Come noto, il settore automobilistico è stato, nell’ultimo decennio, molto travagliato.
Sotto il profilo organizzativo-distributivo il c.d. “regolamento Monti” (regolamento n. 1400/2002/Ce, così denominato con riferimento all’allora Commissario alla Concorrenza della Commissione europea)3, ha ipotizzato una tipologia di “concessionario di vendita” del tutto inadatta alle reti distributive formate, in maggior parte, da piccole o medie imprese. Con l’intento di rafforzare la concorrenza, il regolamento ha dettato regole che hanno contribuito ad aumentare notevolmente i costi delle strutture di vendita od assistenza post- vendita, in un mercato caratterizzato da un calo delle vendite e da una riduzione dei margini di guadagno. L’errore di prospettiva del regolamento è dimostrato dall’imposizione della configurazione multimarca (multibrand) del concessionario, configurazione ora non più obbligatoria nella più recente normativa. In applicazione dei due nuovi regolamenti sopracitati, sulle intese verticali e sul settore automobilistico (quest’ultimo integra i contenuti del primo), basati entrambi su presupposti diversi da quelli del regolamento n. 1400/2002/Ce, è ora possibile per il costruttore imporre al concessionario una configurazione monomarca4 per cinque anni, con possibilità di rinnovarla per un ulteriore quinquennio. La configurazione multimarca del concessionario non solo ha determinato l’aumento dei costi delle strutture, ma ha anche portato i costruttori di vetture a disegnare sovrabbondanti standard tecnici5 per dare
1Regolamento n. 330/2010/Ue della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, in Guue n. L 102 del 23 aprile 2010, p. 1 ss. Esso sostituisce il regolamento n. 2790/1999/Ce della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, in Guce n. L 336 del 29 dicembre 1999, p. 21 ss. Il nuovo regolamento è poi completato da linee guida denominate: Orientamenti sulle restrizioni verticali formulati dalla Commissione europea e pubblicati in Guue n. C 130 del 19 maggio 2010, p. 1 ss. Tali Orientamenti subentrano alle Linee direttrici sulle restrizioni verticali, in Guce n. C 291 del 13 ottobre 2000, p. 1 ss.
2Regolamento n. 461/2010/Ue della Commissione del 27 maggio 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico, in Guue n. L 129 del 28 maggio 2010, p. 52 ss. Anche in questo caso, l’atto normativo è accompagnato dagli Orientamenti aggiuntivi in materia di restrizioni verticali negli accordi per la vendita e la riparazione di autoveicoli e per la distribuzione di pezzi di ricambio per autoveicoli, in Guue n. L 138 del 28 maggio 2010, p. 16 ss. (di seguito: “Orientamenti per il settore automobilistico”).
3 Regolamento n. 1400/2002/Ce della Commissione del 31 luglio 2002, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico, in Guce n. L 203 del 1° agosto 2002, pp. 30 – 41.
4V. par. 26, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
5Per “standard tecnico” si intende la sommatoria dei requisiti tecnici di base predisposti dal costruttore che devono possedere gli aderenti ad una rete di vendita od assistenza. La c.d.
maggior visibilità alla marca e selezionare meglio i propri rivenditori o riparatori autorizzati (il timore dei costruttori di una diluizione dell’immagine della marca è stato indotto dal diritto dei concessionari, assicurato dal regolamento, di usare un unico salone espositivo anche per marche differenti, seppur separato). Anche l’obbligo di tenere separata la vendita delle vetture dall’assistenza post-vendita (cosicché l’operatore che vuole esercitare solo una delle due attività può farlo) non ha portato ad un effettivo miglioramento della concorrenza in quest’ultimo settore; inoltre, si è correttamente rilevato che per i nuovi operatori che entrano nel mercato è utile disporre dei due servizi abbinati. Del pari, è risultata controproducente la disposizione del regolamento che consentiva ai concessionari di trasferire la loro concessione in seno alla rete, senza il consenso dei costruttori, finalizzata a far emergere gruppi di concessionari di stampo europeo e promuovere l’integrazione del mercato: la norma ha finito per ostacolare l’entrata nelle reti di terzi, incoraggiando la concentrazione sui mercati nazionali.
Violazioni antitrust
Nella vigenza del “regolamento Monti” molti costruttori di autoveicoli sono stati sanzionati dalla Commissione europea6 per la violazione del par. 1 dell’art.
101 (accordi tra imprese) e/o dell’art. 102 (abuso di posizione dominante) TFUE7. Le decisioni della Commissione europea sono state, nella maggior parte, confermate dal Tribunale dell’Unione europea e dalla Corte di giustizia dell’Unione europea8. Le infrazioni hanno principalmente riguardato limitazioni al commercio di veicoli su canali paralleli9.
“Corporate Identity”, cioè l’immagine della marca resa uniforme nelle strutture dei concessionari, rientra negli standard tecnici (v. par. 43, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2).
Gli standard tecnici devono esprimere regole improntate a criteri oggettivi, necessari e non voluttuari, v. "Multi-brand distribution and access to repairer networks under Motor Vehicle Block Exemption Regulation 1400/2002: the experience of the BMW and General Motors cases", in Competition Policy Newsletter, Summer 2006, p. 33; nonché "The first case of application of the new motor vehicle block exemption regulation: AUDI’s authorised repairers", Competition Policy Newsletter, Summer 2003, p. 53.
6V., X. XXXXXXX, Parallel import of motor vehicles: the Peugeot case, in Competition Policy Newsletter, n. 1/206, DG Competition, alla pagina Internet: http:// xxxxxx.xx.xxx/xxxx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx/xxx/.
Il tipo e la gravità delle infrazioni, oltre a render inapplicabile l’esenzione derivante dai regolamenti automotive vigenti, non hanno consentito un giudizio di procompetitività complessivo degli accordi, ai sensi del par. 3 dell’art. 101 TFUE.
7Com’è noto, a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), il Trattato che istituisce la Comunità Europea (TCE) è stato ridenominato Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). A decorrere dalla medesima data, gli articoli 81 e 82 TCE diventano, rispettivamente, gli articoli 101 e 102 TFUE.
8Nelle note seguenti la Corte di giustizia dell'Unione europea ed il Tribunale dell’Unione europea sono indicati con la denominazione ante TFUE, cioè come Corte di giustizia delle Comunità europee e Tribunale di primo grado.
9Fanno eccezione una serie di impegni (committment) assunti nel 2007 da alcuni dei maggiori costruttori di vetture ai sensi del par. 3 dell’art. 101 TFUE, con i quali essi si sono obbligati a rendere palesi, sino al maggio 2010, determinate informazioni tecniche riguardanti i loro veicoli; v., tra le altre, la decisione della Commissione del 13 settembre 2000, n. 2007/841/Ce, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 TCE (Caso COMP/E-2/39.141-Fiat). La decisione è stata assunta nel quadro dell’art. 7 del regolamento n. 1/2003/Ce del Consiglio del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 TCE, in Guce n. L 1 del 4 gennaio 2003 p. 1 ss.
Il perdurare di differenti caratterizzazioni dei mercati nazionali (o locali) ha favorito la politica di alcuni costruttori di vetture volta a mantenerli chiusi (“compartimentati”10) ed a sostenere le vendite in quelli più profittevoli, mettendoli al riparo dal fenomeno delle importazioni parallele11. Se sul mercato operano importatori paralleli i concessionari (cioè i rivenditori che appartengono alla rete del produttore) si trovano di fronte un forte ed indesiderato concorrente che può offrire i medesimi prodotti a prezzi più vantaggiosi e non deve scontare le forti spese di gestione del concessionario. Per contrastare le importazioni parallele alcuni costruttori di veicoli hanno (illecitamente) limitato i quantitativi delle forniture di veicoli destinate ai concessionari che effettuavano vendite a rivenditori residenti fuori dalle zone loro assegnate, censurando ed ostacolando quelli più attivi in queste attività12. La “naturale” dipendenza economica dei concessionari dai costruttori ha favorito tali comportamenti13.
Il mercato automobilistico
Nel recente passato il mercato automobilistico (che verrà a seguito definito) presentava ancora una non omogenea struttura, essendo ancora rilevabili elevate ed ingiustificate differenze di prezzo negli Stati dell’Unione europea14. Le cause del differenziale sono state individuate in fattori che si sono sviluppati in modo diverso: la pressione fiscale, i gusti del consumatore, la profittabilità del mercato, i costi fissi del distributore, i costi del trasporto, il tipo di allestimento delle vetture, ecc.15.
Attualmente il mercato considerato sembra sufficientemente concorrenziale, in relazione alla presenza di almeno un altro canale di approvvigionamento (oltre
La Commissione europea ha anche pesantemente sanzionato nel 2008 un cartello tra produttori di vetro per auto, dimostrando di voler controllare tutta la filiera dell’industria automobilistica. 10Sulle importazioni parallele e sui loro effetti, v. la sentenza della Corte di giustizia dell’1 ottobre 1975, in causa n. 25/75, Xxx Xxxxx c. Fratelli delle Crode, in Raccolta, 1975, p. 1103 e, più recentemente, sentenza del Tribunale di primo grado del 9 luglio 2009, in causa T-450/05, Automobiles Peugeot SA e Peugeot Nederlanmd NV c. Commissione, in Raccolta, 20099, p. II- 2533. E’ immediata la constatazione che una restrizione alle importazioni parallele viola il par. 1 dell’art. 101 TFUE perché lede la libertà degli scambi sul mercato interno.
11 Vale la pena notare che il problema delle importazioni parallele (x xxxx import) è, in parte, legato a quello delle vendite passive. In un sistema distributivo esclusivo se sono bloccate le vendite passive si limitano le importazioni parallele. Con l’espressione “vendite passive” si intendono le vendite che il concessionario effettua senza ricercare il cliente, sia esso residente nella zona di esclusiva che fuori da detta zona; con l’espressione “vendite attive”, invece, si intendono le vendite che il concessionario effettua a clienti dal medesimo ricercati. Le vendite passive devono essere consentite in tutti i sistemi distributivi (esclusivi e selettivi) per evitare effetti di chiusura dei mercati.
12Sino al 2002 venivano utilizzati nel settore automobilistico contratti di distribuzione basati su un sistema misto, esclusivo/selettivo.
13Le restrizioni commerciali transfrontaliere vanno a scapito dei consumatori. Se tali restrizioni sono contenute nei contratti di concessione di vendita costituiscono un’intesa illecita ai sensi del par. 1 dell’art. 101 TFUE, in quanto mirata a frazionare artificialmente il mercato interno; se la restrizione è posta in essere da uno Stato, viola le norme del TFUE sulla circolazione dei beni o dei servizi.
14Le differenze di prezzo vengono costantemente monitorate dalla Commissione europea, v. pagina Internet: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxx/xxxxxx.xxxx.
15Altri fattori sono individuati nel calo dei prezzi reali degli autoveicoli nuovi, nell’ingresso di nuove marche e nell’oscillazione delle quote di mercato dei costruttori.
ai concessionari ed agli importatori paralleli) cui può facilmente accedere il consumatore: le società di leasing16 o di locazione a breve ed a lungo termine.
La Commissione europea segnala che buoni risultati hanno portato l’abrogazione della Comunicazione relativa agli intermediari del settore che contingentava le quote attribuite agli intermediari17 ed il divieto di restrizioni delle vendite attive e passive da parte dei distributori nei confronti dei clienti finali nei sistemi di distribuzione selettiva (in questi sistemi l’unica restrizione delle vendite consentita è quella ai distributori concorrenti), divieto18 inserito nei regolamenti di esenzione per categoria emessi in funzione del par. 3 dell’art. 101 TFUE.
2. Il contratto di concessione di vendita
Il contratto di concessione di vendita, in termini generali, è un accordo verticale, che “lega” due (o più) imprese che operano a diverso stadio (livello) di mercato: il produttore ed il distributore19. Le imprese che vi partecipano non sono, pertanto, concorrenti20.
Per le caratteristiche peculiari che presentava, in passato è sembrato utile dedicare al settore automobilistico una normativa ad hoc21. Dopo una fase di stretta regolamentazione, iniziata con il regolamento n. 123/1985/Cee, proseguita con quello n. 1475/1995/Ce e portata a termine con quello n. 1400/2002/Ce22, ci si avvia ora ad una nuova fase di regolamentazione generale e non più settoriale23, a fronte della sconfortante constatazione della
16 Secondo alcuni autori la forte inclinazione dei costruttori di vetture a vendere direttamente alle imprese di leasing e noleggio vetture che poi entrano sul mercato a “km zero” costituisce un chiaro abuso del sistema selettivo. L’aspetto non risulta sufficientemente indagato dalla Commissione europea, pur meritando un approfondimento.
17V. Comunicazione della Commissione relativa al regolamento n. 123/1985/Cee del 18 dicembre 1991, in Guce n. 329 del 18 gennaio 1985, p. 4 e Comunicazione della Commissione del 4 dicembre 1991 sull’attività di vendita degli intermediari del settore automobilistico, in Guce n. C 329 del 18 dicembre 1991, p. 6 ss. Sugli intermediari del settore automobilistico, v. la sentenza della Corte di giustizia del 15 febbraio 1996, in causa n. C-309/94, Nissan France c. Garage du Sport, in Raccolta, 1996, p. I-677; nonché la sentenza della Corte di giustizia del 16 giugno 1994, in causa n. C-322/93 P, Automobiles Peugeot c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1994, p. I-2727.
18V. art. 4 del regolamento n. 2790/1999/Ce, cit. supra, nota 1.
19La definizione vale sotto il profilo della concorrenza, non è rilevante ai fini della qualificazione giuridica del contratto di concessione, ancora incerta.
20Il regolamento n. 330/2010/Ue sulle intese verticali (cit. supra, nota 1) prevede, tuttavia, due eccezioni, descritte al par. 4, art. 2, relative ad accordi tra imprese concorrenti.
21Tutti i costruttori di vetture avevano allestito, in quegli anni, reti distributive basate su sistemi esclusivi e selettivi. In tal modo, il concessionario non poteva vendere “fuori zona”; egli non poteva, inoltre, vendere (nella zona) a rivenditori indipendenti concorrenti. La combinazione dei due sistemi distributivi veniva giustificata dalla necessità di tutelare gli investimenti del concessionario e dal vantaggio del consumatore di disporre di un’offerta di prodotti molto vasta (l’intera gamma) e di un servizio particolarmente qualificato.
22V. regolamento n. 1475/1995/Ce della Commissione del 28 giugno 1995, relativo all’applicazione dell’art. 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi per la distribuzione di autoveicoli ed il relativo servizio ed assistenza alla clientela, in Guce n. L 145 del 29 giugno 1995, p. 25; regolamento n. 123/1985/Cee della Commissione del 31 luglio 2002, relativo all’applicazione dell’art. 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concertate nel settore degli autoveicoli, in Guce n. L 15 del 18 gennaio 1985, pp. 16-24; regolamento n. 1400/2002/Ce, cit. supra, nota 3.
23V. X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, La nuova disciplina comunitaria in materia di distribuzione degli autoveicoli, regolamento di esenzione o regolamento di settore, in Contratto
Commissione europea che i regolamenti di categoria non hanno portato né a risultati particolarmente utili24 né, comunque, a quelli voluti, non ostante lo sforzo da essa profuso per studiare, monitorare e regolare il settore.
L’utilizzo dello strumento del regolamento di esenzione per categoria si era reso necessario per evitare che i contratti di concessione di vendita di autovetture ricadessero nelle larghe maglie del par. 1 dell’art. 101 TFUE25, dal momento che contenevano restrizioni formali alla concorrenza che, pur apparendo utili ai concessionari, anche in relazione ai forti investimenti che erano chiamati a fare, avrebbero potuto essere giudicate illecite ai sensi di questo paragrafo26. Sotto la vigenza del regolamento n. 123/1985/Cee e di quello n. 1475/1995/Ce sono stati adottati, di prassi, dai costruttori di vetture, sistemi distributivi ad un tempo esclusivi e selettivi27. Il concessionario era beneficiario di una zona di esclusiva entro la quale il costruttore non operava vendite e non nominava altri concessionari. Il concessionario si impegnava, a propria volta, a non vendere prodotti di marche concorrenti28. Al sistema esclusivo era poi abbinato il sistema selettivo che impediva al concessionario di vendere le vetture a rivenditori indipendenti e configurava la c.d. Corporate identity (cioè
e Impresa Europa, 2003, p. 97. Il regolamento n. 461/2010/Ue, cit. supra, nota 2, integra, per la parte riguardante l’assistenza post-vendita, il regolamento n. 330/2010/Ue sulle intese verticali. 24 V., Relazione di valutazione della Commissione del regolamento n. 1400/2002/Ce concernente la distribuzione di autoveicoli ed il relativo servizio di assistenza alla Clientela, sul sito Internet
xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx_xxxxxx_xx.xxx.
25Si consideri che, in quel periodo, i costruttori di autovetture ritenevano essenziale unire la distribuzione selettiva a quella esclusiva e che tale abbinamento può far ricadere l’accordo nel par. 1 dell’art. 101 TFUE.
26Nella decisione della Commissione europea del 13 dicembre 1974 (caso BMW- Bayerische Motoren Werke A4, in Guce n. L 29, del 3 febbraio 1975, p. 1 ss.), l’istituzione ha concesso al contratto di distribuzione automobilistico del costruttore un’attestazione negativa ai sensi del par. 3 dell’allora art. 85 TCEE. Questa decisione ha aperto la strada al regolamento n. 123/1985/Cee.
27Una definizione del sistema selettivo nel settore automobilistico è presente all’art. 1 del regolamento n. 1400/2002/Ce: “per «sistema di distribuzione selettiva» si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori o riparatori selezionati in base a criteri specifici e nel quale i distributori o riparatori si impegnano a non vendere tali beni e servizi a distributori non autorizzati o riparatori indipendenti, fatta salva la facoltà di vendere pezzi di ricambio a riparatori indipendenti o l’obbligo di fornire agli operatori indipendenti tutte le informazioni tecniche, apparecchiature di diagnostica, attrezzature e formazione necessari per la riparazione e la manutenzione degli autoveicoli o per l’attuazione di misure per la tutela ambientale”. La definizione è ripresa dal regolamento n. 2790/1999/Ce, cit. supra, nota 1. Poiché la selezione degli aderenti al sistema avviene in base a criteri specifici, la rete del produttore diventa una sorta di “sistema a porta aperta”.
Va precisato che il vantaggio presentato dal sistema selettivo, consistente nella possibilità di escludere dall’acquisto i rivenditori indipendenti è sminuito dall’obbligo della rete di vendere ai mandatari e dalla presenza, in molte legislazioni nazionali, dell’obbligo dei concessionari di vendere i prodotti senza limitazioni soggettive, in quanto esercizi per la vendita al dettaglio.
28Secondo l’interpretazione prevalente, dall’art. 4 del regolamento n. 2790/1999/Ce (cit. supra, nota 1) viene esentato solo un sistema che prevede un’esclusiva in favore del concessionario. Le ragioni sono evidenti, intendendosi scambiare la rinuncia alle vendite attive con la rinuncia del fornitore a nominare altri concessionari nella zona di esclusiva; esse non risultano tuttavia del tutto giustificate: in tema v. V. KORAH, X. XXXXXXXX, Distribution Agreements under the EC Competition Rules, Oxford, 2002, p.180.
l’immagine della marca percepita all’esterno29) come uno standard tecnico, obbligatorio per tutti i concessionari, in quanto requisito essenziale del contratto. Con il regolamento n. 1400/2002/Ce i costruttori di vetture non hanno più potuto applicare congiuntamente i due sistemi di vendita (di veicoli) e si sono, in massima parte, indirizzati al sistema selettivo quantitativo30 multimarca (la configurazione multimarca è la conseguenza del divieto, presente nel regolamento, di imporre al concessionario di approvvigionarsi presso il fornitore di quote di prodotti superiori al 30% del suo fabbisogno e di non vendere prodotti di marche concorrenti).
Per i servizi di assistenza post-vendita31 (riparazione e manutenzione del veicolo; rilascio di informazioni tecniche per la riparazione; vendita dei pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti) è stato adottato, dalla totalità dei costruttori di autovetture, il sistema selettivo qualitativo: il regolamento n. 1400/2002/Ce esentava, infatti, anche i contratti posti in essere da un costruttore con alte quote di mercato (come si dirà, il mercato dei servizi post-vendita del costruttore è calcolato sui servizi di riparazione e manutenzione effettuati dalle officine della rete e dai riparatori indipendenti alle vetture della marca e non anche sui servizi prestati alle vetture concorrenti).
La Commissione europea ha valutato poco concorrenziale questo mercato ed è intervenuta con misure che riteneva efficaci: la separazione dei servizi di assistenza post-vendita da quelli di vendita delle vetture32 e l’assoggettamento dei primi al regime selettivo qualitativo. Ha poi imposto ai costruttori di vetture di rilasciare informazioni tecniche per la riparazione ai riparatori indipendenti, ai costruttori di strumenti per la riparazione ed ai costruttori di parti di ricambio. Dal 1° settembre 2009 i costruttori di vetture sono obbligati a predisporre un sito Internet che pubblica e vende informazioni tecniche a pagamento sulle vetture nuove messe nel xxxxxxx00.
In questo contesto ha cominciato a farsi strada l’idea che la distribuzione delle vetture non presenti caratteristiche diverse da quella di altri prodotti e che, anche per essa, possa essere convenientemente utilizzato il regolamento generale sulle intese verticali. Si è, inoltre, ritenuto che, permanendo una scarsa
29Sotto questo profilo il contratto di concessione di vendita è del tutto simile al contratto di franchising, ove viene allestita una rete di distributori aggregati che hanno l’immagine della marca, elemento commerciale trainante.
30Il sistema selettivo qualitativo è, in estrema sintesi, un sistema selettivo che si caratterizza per i requisiti oggettivi su cui si fonda; il sistema quantitativo ulteriormente fissa il numero degli aderenti alla rete (c.d. numerus clausus) in base a criteri oggettivi.
31L’assistenza post-vendita è generalmente qualificata come un servizio e non come una fornitura di beni, anche se vengono utilizzati pezzi di ricambio: v. la sentenza della Corte di giustizia del 25 febbraio 1999, in causa n. C-349/96, Card Protection Plan Ltd (CPP) c. UK Commissioners of Customs & Excise, in Raccolta, 1999, p. I-973; nonché la sentenza della Corte di giustizia del 5 ottobre 1994, in causa n. C-55/93, Xxxxxx, in Raccolta, 1994, p. I-4837. 32La separazione tra servizi assistenza post-vendita e vendita delle vetture è stata introdotta dal regolamento n. 1400/2002/Ce, dopo che una serie di studi richiesti dalla Commissione europea avevano dimostrato che un’officina “stand alone” avrebbe potuto più facilmente inserirsi nel mercato dell’assistenza è sviluppare una più efficace concorrenza. Va tuttavia rilevato che gli studi risalgono ad anni di maggior profittabilità e che, in certi mercati, il concessionario ricava margini di sopravvivenza solo unendo la vendita all’assistenza post-vendita. V., sul punto, par. 71, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
33V. art. 6 del regolamento n. 715/2007/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2007 relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo, in Guue n. L 171 del 29 giugno 2007, p. 1 ss.
concorrenza solo nell’assistenza post-vendita, vi sia la necessità di norme dedicate solo per questo servizio.
Dal nuovo regolamento n. 461/2010/Ue sulle autovetture rimangono così escluse le norme dedicate alla rivendita delle vetture ed alla relazione tra produttore e concessionario.
La scelta della Commissione europea appare coraggiosa, ma prematura, tant’è che, al fine di evitare i problemi derivanti dall’introduzione di una nuova disciplina, il regolamento n. 461/2010/Ue prevede che gli accordi del settore automobilistico relativi alla vendita conformi al regolamento n. 1400/2002/Ce saranno esentati sino al 1° giugno 2013.
3. La struttura dell’art. 101, par. 1, TFUE
Il primo passaggio che occorre compiere per accertare la compatibilità del contratto di concessione35 alla normativa antitrust è quello di verificare se il contratto, in quanto accordo tra imprese36, rientra nel par. 1 dell’art. 101 TFUE37.
Com’è noto, l’art. 101 TFUE prevede una valutazione bifasica39, dal momento che al par. 1 viene esaminata l’eventuale anticompetitività di un accordo e, al par. 3, l’eventuale ammissibilità dell’accordo già ritenuto anticompetitivo ai
34V. X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX, La nuova disciplina comunitaria in materia di distribuzione degli autoveicoli, regolamento di esenzione o regolamento di settore, cit. supra, nota 23.
35Nel caso in cui il produttore utilizzi, per distribuire i propri prodotti, una distribuzione diretta e non una rete di distributori indipendenti, ai fini antitrust la norma rilevante diventa l’art. 102 TFUE.
36Il par. 1 dell’art. 101 TFUE fa riferimento ad “accordi tra imprese”.
37Questa norma di divieto -è bene ricordarlo- non si prefigge tanto il compito di migliorare il commercio comunitario, quanto quello di creare un sistema in cui il gioco della concorrenza non sia artificialmente diretto dalle imprese. È, pertanto, irrilevante che l’accordo addirittura migliori distribuzione dei prodotti se crea una partizione dello spazio comunitario. I vantaggi procompetitivi dell’accordo sono valutati (solo) al par. 3 dell’art. 101 TFUE.
38Questo potrebbe essere il caso dei contratti di assistenza post-vendita; in tale settore la quota di mercato del costruttore del veicolo presumibilmente, per quel che si dirà, supererà la soglia di mercato del 30%, limite di applicazione del regolamento n. 461/2010/Ue, v. par. 64, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
39V. la sentenza del Tribunale di primo grado dell’8 ottobre 2002, in cause riunite n. T-185/00, T-216/00, T-299/00 e X-000/00, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx XX (M6) ed altri c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2002, p. II-3805; nonché la sentenza del Tribunale di primo grado del 15 settembre 1998, in cause riunite n. T-374/94, T-375/94, T-384/94 e T-388/94, European Night Services c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1998, p. II- 3141.
sensi del par. 1. In altri termini, il par. 1 è una norma che proibisce determinati accordi, il par. 3 è una norma che autorizza accordi vietati dal par. 1.
Occorre dunque, preliminarmente, chiedersi quali sono le restrizioni poste dal par. 1 dell’art. 101 TFUE.
La norma in questione vieta40 tutti gli accordi tra imprese (quindi l’accettazione, esplicita o tacita, di una proposta) che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri: in questa larga accezione colpisce qualsiasi artificiale intervento delle imprese che determini, sul mercato rilevante, apprezzabili effetti distorsivi41. L’accordo non deve, pertanto, essere lo strumento per modificare il libero gioco della concorrenza sul mercato.
I comportamenti unilaterali sono invece regolati dall’art. 102 TFUE42.
Oltre agli accordi, sono vietati anche altri comportamenti, quali: il coordinamento (esplicito o tacito) tra imprese o l’acquiescenza ad una iniziativa della controparte, se hanno l’effetto di ridurre sensibilmente la rivalità competitiva delle parti.
Sono illeciti gli accordi che hanno per oggetto o per effetto di impedire, restringere, falsare il gioco della concorrenza. L’esame dell’accordo parte, pertanto, dall’oggetto, per proseguire, poi, con l’oggetto. Oggetto ed effetti sono condizioni alternative e sequenziali. Oggetto dell’intesa è la finalità, l’intenzione avuta presente delle parti, lo scopo. Esso emerge generalmente dalla stessa formulazione delle clausole contrattuali43 ed è un dato xxxxxxx00. Il
40Gli effetti del divieto sono ben noti ed esplicitati nel successivo par. 2: l’accordo incompatibile è nullo ed inefficace. Peraltro, dal momento che la disposizione in parola è dotata di efficacia diretta (v., per tutte, la sentenza del Tribunale di primo grado del 18 marzo 1997, in causa n. X- 000/00, Xxxxxx Automobiles c. Commissione delle Comunità Europee, in Raccolta, 1997, p. II- 1503.), essa -oltre ad essere direttamente applicabile da parte del giudice nazionale in favore di una delle imprese dell’accordo, dei concorrenti o dei consumatori- beneficia del primato del diritto dell’Unione sul diritto interno (v. la sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 2006, in cause n. C-295/04 e C-298/04, Xxxxxxxx x. Xxxxx Adriatico Assicurazioni SpA (C-295/04), Xxxxxxx c. Fondiaria Sai SpA (C-296/04) e Xxxxxxxxx (C-297/04) e Xxxxxxx (C-298/04) c. Assitalia SpA, in Raccolta, 2006, p. I-6619). Ovviamente, la violazione del par. 1 dell’art. 101 TFUE abilita anche il danneggiato ed i terzi a richiedere il risarcimento del danno all’autore dell’illecito, secondo le regole all’uopo predisposte dal diritto nazionale rilevante.
41I presupposti di questo principio erano rintracciabili nell’art. 3, lettera c), del TCE che faceva riferimento ad “un mercato interno caratterizzato dall’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi, dei capitali” fra gli Stati membri ed alla lettera g), che precisava che la Comunità protende verso un “un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno”.
42In alcuni casi è molto complesso stabilire se si è in presenza di un accordo o di un atto unilaterale. Gli Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1, chiariscono questo aspetto al par. 25, utilizzando i più recenti arresti della giurisprudenza della Corte di giustizia. 43V. la sentenza della Corte di giustizia del 27 gennaio 1987, in causa n. 45/85, Verband der Sachversicherer e. V. c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1987, p. 405; nonché la sentenza del Tribunale di primo grado del 19 marzo 2003, in causa n. T-213/00, CMA CGM e altri c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2003, p. II-913, ove, al par. 220, si afferma: “Ciò premesso, si deve ritenere che la decisione impugnata ha sufficientemente dimostrato come l'accordo di cui trattasi fosse intrinsecamente idoneo ad incidere in modo significativo sul commercio tra gli Stati membri con riguardo non solo ai servizi di trasporto marittimo, bensì parimenti agli altri servizi cui si applicano le tasse e le soprattasse de quibus, vale a dire i servizi di trasporto terrestre ed i servizi portuali forniti nell' ambito di un trasporto marittimo di carichi mediante container”. Dunque, in determinati casi, è già l’oggetto dell’accordo che fa presumere gli effetti negativi dell’intesa sul mercato.
E’ stato rilevato che presenta diverse conseguenze il fatto che l’intesa sia sanzionata per illiceità dell’oggetto o degli effetti sotto il profilo del risarcimento dei danni. Poiché il danno va provato come espressione economica, la semplice valutazione della illiceità dell’oggetto non è sufficiente per attribuire i danni alla parte che si assume lesa dall’intesa, X. XXXXXXXX, Recenti
par. 1 ipotizza, esemplificativamente, cinque specifiche situazioni anticoncorrenziali per oggetto che fanno presumere una grave restrizione concorrenziale: a) la fissazione dei prezzi di acquisto o rivendita; b) la limitazione della produzione; c) la ripartizione dei mercati o delle fonti di approvvigionamento; d) l’applicazione ai rapporti commerciali di condizioni discriminatorie; e) la creazione di vincoli per prestazioni non afferenti il contratto.
Se la restrizione è grave e manifesta, non è necessaria un’indagine di mercato per accertare gli effetti provocati dall’accordo sul mercato. La Corte di giustizia45 precisa che è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo se questo già mira – sotto l’aspetto formale – ad impedire, restringere o falsare la concorrenza46 e che la differenza tra una “infrazione per oggetto” e una “infrazione per effetti” verte sulla circostanza che talune forme di collusione tra imprese possono essere considerate nocive già per la loro natura (struttura dell’accordo).
La Commissione europea ha sempre interpretato in modo molto formalistico e restrittivo il par. 1 dell’art. 101 TFUE, considerando qualunque restrizione della concorrenza come rientrante nel divieto, espresso dal paragrafo, indipendentemente dall’analisi degli effetti della restrizione: per rendere anticompetitivo l’accordo è dunque sufficiente, teoricamente, che anche uno solo dei suoi obiettivi risulti anticoncorrenziale.
Se l’accordo non è anticompetitivo per l’oggetto, l’analisi si sposta ai suoi effetti sul mercato: è, infatti, necessario “to go beyond the express terms of agreement”47.
interventi comunitari in materia di risarcimento del danno da violazione di norma antitrust: riflessi sulla disciplina nazionale, in Giur. Comm., 2009, p. 1198.
44 Gli obblighi di esclusiva possono rientrare nel par. 1 dell’art. 101 TFUE in relazione al potere di mercato dell’impresa ed alle specifiche caratteristiche del prodotto, v. Corte di giustizia del 28 febbraio 1991, in causa n. C-234/89, X. Xxxxxxxxx x. Xxxxxxxxx, in Raccolta, 1991, p. I-935.
45 V. la sentenza della Corte di giustizia del 20 novembre 2008, in causa n. C-209/07, Autorità della Concorrenza c. Beef Industry Development Society Ltd and Xxxxx Xxxxxxxx (Carrigmore) Meats Ltd, in Raccolta, 2008, p. I-8637.
46V. la sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 1966, in cause riunite n. 56 e 58/64, Établissements Consten S.à.R.L. and Grundig-Verkaufs-GmbH c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1966, p. 299.
47V. par. 113, Linee direttrici sulle intese verticali, cit. supra, nota 1, nonché sentenza della Corte di giustizia del 12 dicembre 1967, in causa 23-67, S.A. Brasserie de Haecht x. Xxxxxx- Xxxxxxx, in Raccolta, 1968, p. 525, ove si legge: “il divieto di cui all’articolo 85, n. 1, del Trattato si basa su tre elementi fondamentali per la soluzione della questione deferita. L’art. 85,
n. 1, nello stabilire la sfera d’applicazione del divieto, menziona accordi, decisioni e pratiche e, quindi, contemplando contemporaneamente gli accordi tra imprese, le decisioni di associazioni d' imprese ed inoltre le pratiche concordate che possono interessare numerosi operatori, esso implica la possibilità che venga preso in considerazione il complesso degli elementi che costituiscono detti accordi, decisioni e pratiche. D’altro lato, vietando gli accordi, le decisioni e le pratiche, non solo a motivo del loro oggetto, ma anche per il loro effetto sulla concorrenza, l’articolo 85, n. 1, implica la necessita che tali effetti vengano considerati nell’ambito in cui essi si producono, cioè nel contesto economico e giuridico in cui tali accordi, decisioni e pratiche s’inseriscono e nel quale possono concorrere, con altri, a produrre un effetto globale sul gioco della concorrenza. Sarebbe infatti inutile vietare accordi, decisioni o pratiche a motivo dei loro effetti se questi dovessero venir separati dal mercato nel quale si manifestano e non potessero venir valutati che separatamente dagli altri effetti, convergenti o meno, in mezzo ai quali essi si producono. Onde stabilire se una convenzione è vietata dall’articolo 85, n. 1, non è quindi possibile isolarla da detto contesto, vale a dire dalle circostanze di fatto o di diritto che fanno sì che l’atto impedisce, restringa o falsi il gioco della concorrenza. In vista di questo scopo,
Il giudizio considera la restrizione sia sotto il profilo della concorrenza tra imprese concorrenti (intermarca) che tra imprese della rete distributiva (intramarca).
Sagacemente il College Van Beroep, nella causa T Mobile Netherlands BV49, aveva sostenuto che l’anticompetitività di un accordo ha essenzialmente per effetto una restrizione della concorrenza ed occorre, pertanto, sempre verificare la presenza di quegli effetti dannosi il cui verificarsi è indipendente dal mercato. Questa impostazione non è, tuttavia, accolta dalla prevalente giurisprudenza della Corte di Giustizia, rimasta legata all’esame separato dell’oggetto e degli effetti dell’accordo50. La Commissione europea, nella Relazione di valutazione del regolamento n. 1400/2002/Ce51 sembra avvicinarsi alla tesi del College Van Beroep e rileva che è necessario riguardare non tanto le clausole contrattuali, quanto gli effetti dell’intesa alla luce dei punti generali e del regolamento52.
La valutazione dell’accordo sotto il profilo dell’oggetto o degli effetti consente di valutare come anticompetitivo non solo un accordo tra concorrenti, ma anche tra imprese operanti sul mercato a diverso livello (ad es. produttore e distributore). Anche questi accordi possono presentarsi pregiudizievoli per la concorrenza perché sono adottati da imprese che sviluppano relazioni con i terzi sul mercato53 (si può, pertanto, determinare un indebolimento della concorrenza).
l’esistenza di contratti analoghi può essere presa in considerazione qualora il complesso dei contratti di questo genere sia atto a limitare la liberta del commercio”.
Non sempre l’esame degli effetti dell’intesa sul mercato è puntuale, decisamente carente appare, per es., nella decisione Grundig (cit. supra, nota 46).
48V. par. 97, Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1: “per verificare se un accordo verticale ha l’effetto di limitare la concorrenza verrà effettuato un confronto tra la situazione effettiva e la probabile situazione futura sul mercato rilevante, caratterizzato dalle restrizioni verticali esistenti e la situazione che si avrebbe in mancanza delle restrizioni verticali contenute nell’accordo”.
49V. la sentenza della Corte di Giustizia del 4 giugno 2009, in causa n. X- 0/00, XXxxxxx Xxxxxxxxxxx x. Xxxx Van bestum Van Nederlandse, in Raccolta, 2009, p. I-4529.
50 Maggiormente rivolte all’esame degli effetti dell’accordo sul mercato si pongono la sentenza della Corte di giustizia del 30 giugno 1966, in causa n. causa 56/65, Société Technique Minière (S.T.M.) c. Maschinenbau Ulm GmbH (M.B.U.), in Raccolta, 1966, p. 262 e la sentenza del Tribunale di primo grado dell' 8 ottobre 2002, in cause riunite n. T-185/00, T-216/00, T-299/00 e X-000/00, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx XX (M6) (T-185/00), Antena 0 xx Xxxxxxxxxx, XX (X-000/00), Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx, XX (T-299/00) e SIC-Sociedade Independente de Comunicação, SA (T- 300/00) c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2002, p. II-3805.
51Cit. supra, nota 24.
00X. X. XXXXXXX, Xxxxxxxx 00 XX: sviluppi di natura sostanziale a seguito dell’applicazione decentrata, in Contratto e Impresa Europa, 2005, p. 782.
53Nella sentenza tale valutazione supera anche l’obbiezione che era stata fatta circa l’inapplicabilità, agli accordi verticali, delle normativa antitrust, in quanto il distributore non poteva ritenersi un’impresa indipendente dal produttore, v. la sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 1966, in causa n. 32/65, Repubblica italiana x. Xxxxxxxxx della Comunità
4. L’analisi dell’accordo nel par. 1 dell’art. 101 TFUE
La valutazione del mercato rilevante all’interno del par. 1 dell’art. 101 TFUE è strutturale55, in quanto si esamina la posizione del fornitore, la posizione dei concorrenti, le barriere di accesso, la maturità del mercato, la natura del prodotto56, al fine di accertare gli effetti dell’intesa (quindi, come si diceva prima, l’incidenza dell’intesa sui prezzi, sulla produzione e sull’innovazione). La Commissione europea ha offerto indicazioni generali57 per accertare quando questi costituiscono restrizioni sul mercato.
Nel leading case STM/MBU59 si perviene alla conclusione che la restrizione territoriale può non essere una restrizione alla concorrenza perché può servire per raggiungere un obiettivo meritevole di tutela. In questa motivazione si nasconde il tarlo della giustificazione della meritevolezza all’interno del par. 1 dell’art. 101 TFUE, giudizio che la prevalente giurisprudenza riserva all’interno del par. 360.
L’esame dell’accordo nel mercato non dovrebbe riguardare i benefici generati dal medesimo.
Permettere un’ampia valutazione all’interno del par. 1 significherebbe introdurre la regola della “rule of reason” nell’art. 101 TFUE e svuotare di significato il par. 3, cui è riservata l’analisi di efficienza dell’intesa; ne nascerebbe così un sistema ibrido, molto complesso e di difficile fruibilità.
La Comunicazione della Commissione, Linee direttive sull’applicazione dell’art. 81, par. 3, del Trattato61, chiarisce, molto opportunamente, che la valutazione dell’anticompetitività dell’accordo è limitata all’oggetto ed agli
economica europea e Commissione della Comunità economica europea, in Raccolta, 1966, p.
296. V. anche infra, nota 72.
54V. par. 24 della Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia della concorrenza, in Guce n. C 372 del 9 dicembre 1997, p. 5-13.
55Alla Sez. 1. 41, Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1, si precisa che la valutazione ai sensi del par. 1 dell’art. 101 TFUE deve prendere in considerazione la struttura del mercato specifico considerato.
56V. par. 111, Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1.
57V. Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1 e Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del Trattato, in Guue n. C 101 del 27 aprile 2004, pp. 97-118.
58V. Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sull'applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, cit. supra, nota 57.
59V. la sentenza della Corte di giustizia del 30 giugno 1966, Société Technique Minière (S.T.M.)
c. Maschinenbau Ulm GmbH (M.B.U.), cit. supra, nota 50.
60V. la decisione della Commissione europea del 23 marzo 1990, caso Xxxxxxxx, in Guce n. L 100 del 20 aprile 1990, pp. 32–37.
61Cit. supra, nota 57.
effetti. La valutazione comparata tra gli effetti anticoncorrenziali e favorevoli è fatta successivamente, nell’ambito del par. 3. Esso consente il recupero dell’accordo se: a) tende al miglioramento alla produzione, alla distribuzione dei prodotti od a promuovere il progresso tecnico o economico, b) riserva agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva62, c) evita di imporre alle imprese restrizioni che non sono indispensabili per raggiungere tali obiettivi, d) evita di dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi. Si tratta di condizioni cumulative63. Nella sostanza, si effettua il recupero dell'accordo se, pur accertata la presenza di restrizioni alla concorrenza, al contempo, ed in maggior misura, esso crea benefici economici oggettivi, tali da superare gli effetti negativi della restrizione: si pensi a vantaggi conseguiti dai consumatori in relazione, ad esempio, ad elevati standard di assistenza tecnica offerti dal distributore, ad una maggior qualificazione del personale di vendita, ad un ampliamento delle gamme dei prodotti offerti, ecc.
In questa lettura gioca, ancora una volta, un notevole ruolo il potere di mercato delle imprese: vi è grande difficoltà a giustificare restrizioni se le imprese posseggono alte quote di mercato.
Il giudizio di autovalutazione della procompetività dell’accordo non è necessario in caso di utilizzo di un regolamento di esenzione; in tal caso l’esenzione è automatica se l’accordo osserva quanto previsto dal regolamento. Nelle linee direttrici sulle restrizioni verticali66 si afferma: “se la quota di mercato rilevante del fornitore non supera la soglia del 30%67, l’accordo
62 Nella sostanza, i miglioramenti apportati dall’accordo e valutati ai sensi dal par. 3 devono poter compensare la restrizione alla concorrenza, in tal modo i consumatori quantomeno subiscono un effetto neutro.
63 V. il par. 221 della decisione della Commissione europea del 21 dicembre 2000, caso COM.F.1/35.918, JCB, in Guce n. L 69 del 12 marzo 2002, p. 1 ss.
64Non sono mancate diverse valutazioni, v. X. XXXXXXX, I parafernali del giudizio antitrust: regola della ragionevolezza, restrizioni accessorie, divieto “per sé”, in Giur. Comm., 2003, II,
p. 285 ss.; X. X’XXXXXXX, Il ruolo della “rule of reason” dopo la riforma del diritto Comunitario, in Giur. Comm. 2004, 80/I. In giurisprudenza, v. la sentenza della Corte di giustizia dell’8 luglio 1999, in causa n. C-235/92 P, Montecatini SpA c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1999, p. I-4539 e le sentenze del Tribunale di primo grado dell’8 ottobre 0000, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx XX (X0) ed altri c. Commissione delle Comunità europee, cit. supra, nota 50 e del 2 maggio 2006, in causa n. X-000/00, X0 (Xxxxxxx) XxxX & Xx. XXX c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2006, p. II-1231.
65 V. Libro bianco sulla modernizzazione della norma per l’applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato Ce, in Guce n. C 132 del 12 maggio 1999, p. 1 ss. Inizialmente il fulcro dell’attività della Commissione ha riguardato la definizione della regole applicabili agli accordi suscettibili di interferire direttamente con l’obiettivo dell’integrazione del mercato.
66 Cit. supra, nota 1.
67V. par. 120, punto 1. 4, n. 2, Comunicazione della Commissione, Linee direttrici sulle intese verticali, cit. supra, nota 1. Nella terminologia corrente, le parti di una relazione verticale vengono denominate Fornitore ed Acquirente. Il Fornitore è generalmente il produttore. Nel settore della responsabilità da prodotto difettoso il termine Fornitore individua il distributore, v. art. 3, Direttiva n. 374/15/Cee in Guce n. L 210 del 7 agosto 195.
beneficia dell’esenzione per categoria, ammesso che non contenga le restrizioni gravi e rispetti le condizioni previste dal regolamento”.
Va poi rilevato che l’operatività del par. 1 dell’art. 101 TFUE è limitata da un importante fattore di esclusione: l’assenza di un pregiudizio al commercio intracomunitario68. Si tratta di un criterio autonomo del diritto della concorrenza di natura giurisdizionale che definisce e delimita il campo di applicazione della normativa antitrust. Essa non si applica a quegli accordi che non riguardano il commercio intracomunitario, anche se, a determinate condizioni, può prendere in considerazione rapporti che fanno riferimento ad un territorio nazionale od anche ad una sua parte.
L’incidenza sulle “correnti degli scambi” deve essere sensibile. L'assenza di questo requisito è generalmente presunta se la quota del fornitore sul mercato rilevante non supera il 5%. La giurisprudenza ha da tempo chiarito che gli accordi tra imprese con scarso potere di mercato sono, comunque, sottratti dall’ambito di applicazione del par. 1 dell’art. 101 TFUE69. La Commissione europea ha dedicato a questi accordi, quando la quota del fornitore non supera il 15%, una diversa e meno restrittiva normativa di esenzione (c.d. de minimis)70.
68Affinché venga soddisfatta questa condizione deve essere possibile prevedere che l’accordo non possa avere un’incidenza diretta od indiretta, effettiva o potenziale, sulla configurazione degli scambi tra gli Stati membri; v., sul punto, la sentenza della Corte di giustizia dell’11 luglio 1985, in causa n. 42/84, Remia BV c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1985,
p. 2545. V. Linee direttici relative alla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 ed 82 del Trattato, in Guue n. C 101 del 27 aprile 2004, p. 81.
69V. la sentenza della Corte di giustizia del 9 luglio 1969, in causa n. 5/69, Xxxxx Xxxx c.
S.P.R.L. Ets X. Xxxxxxxxx, in Xxxxxxxx, 1969, p. 295.
70V. Comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea (de minimis), in Guce n. C 368 del 22 dicembre 2001, pp. 13–15. Rientrano nell’ambito di applicazione della Comunicazione gli accordi tra imprese non concorrenti che non superano la quota di mercato del 15% sul mercato rilevante (per le imprese concorrenti la soglia si abbassa al 10%). Il documento della Commissione è basato solo su una serie di restrizioni vietate che ne condizionano l’applicabilità. Questa struttura essenziale esprime, al massimo grado, l’impostazione più moderna dei regolamenti di esenzione, limitati alle clausole vietate.
Negli accordi tra imprese concorrenti sono vietate: a) la fissazione dei prezzi in caso di vendita dei prodotti a terzi; b) la limitazione della produzione o delle vendite; c) la ripartizione dei mercati o della clientela.
Negli accordi fra imprese non concorrenti sono vietate le restrizioni che, direttamente od indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto: a) la facoltà dell'acquirente di determinare il proprio prezzo di vendita, fatta salva la possibilità per il fornitore di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che questi non equivalgano ad un prezzo fisso o ad un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti; b) il territorio in cui, o dell'ambito dei clienti ai quali, l'acquirente può vendere i beni o i servizi oggetto del contratto, eccettuate le seguenti restrizioni non gravi: la restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad un altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell'acquirente; la restrizione delle vendite agli utenti finali da parte di un acquirente operante al livello del commercio all'ingrosso; la restrizione delle vendite a distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva, e la restrizione della facoltà dell'acquirente di vendere componenti, forniti ai fini dell'incorporazione, a clienti che userebbero tali componenti per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore; c) le vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato; d) le forniture incrociate tra distributori all'interno di un sistema di distribuzione selettiva, ivi inclusi i
5. L’art. 101 TFUE ed i regolamenti di esenzione per categoria L’interpretazione formalistica della Commissione europea del par. 1 dell’art. 101 TFUE, di cui si è dato conto nelle pagine che precedono, aveva indotto molte imprese, prima della riforma operata col regolamento n. 1/2003/Ce72, a notificare gli accordi contenenti probabili restrizioni alla concorrenza.
distributori operanti a differenti livelli commerciali; e) la limitazione, pattuita tra un fornitore di componenti e un acquirente che incorpora tali componenti, della possibilità del fornitore di vendere tali componenti come pezzi di ricambio a utenti finali, a riparatori o ad altri prestatori di servizi non incaricati dall'acquirente della riparazione o della manutenzione dei propri prodotti. Non sono previsti divieti per le clausole di non concorrenza.
Nel settore automobilistico, la normativa in parola è stata utilizzata per richiedere una esenzione individuale da un costruttore automobilistico con una piccola quota di mercato che riteneva penalizzante l’obbligo della distribuzione multimarca imposto dal regolamento n. 1400/2002/Ce, v. la pubblicazione della Commissione europea (IP/04/585) del 3 maggio 2004 "La Commissione autorizza il nuovo sistema di distribuzione e assistenza Porsche", xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx/xx_xxx/xxxx_xxxx.xxx?xxxxxx&xxx00.
71V. caso Grundig, cit. supra, nota 46. Ivi il Governo italiano, a proposito dell’applicazione del par. 1 dell’art. 85 TCEE (ora art. 101 TFUE) aveva dubitato che la disposizione potesse applicarsi alle intese verticali, non trovandosi le parti su un piede di uguaglianza e rilevando che nei confronti di detti contratti la concorrenza potrebbe essere tutelata in virtù dell'articolo 86 TCEE (ora art. 102 TFUE).
Sotto altro profilo va rilevato che il par. 1 dell’art. 101 TFUE considera due imprese indipendenti che operano sul mercato con proprie scelte strategiche: ad imprese non indipendenti, ad esempio appartenenti allo stesso gruppo, è illogico imporre comportamenti necessariamente concorrenziali. Circa la non indipendenza delle imprese del gruppo, v. la sentenza della Corte di giustizia del 6 ottobre 2009 in cause riunite n. C-501/06 P, n. C-513/06 P, n. C-515/06 P e n. C-519/06 P, GlaxoSmithKline Services Unlimited, già Glaxo Wellcome plc (C-501/06 P) c. Commissione delle Comunità europee (C-513/06 P), European Association of Euro Pharmaceutical Companies (EAEPC) (C-515/06 P), Asociación de exportadores españoles de productos farmacéuticos (Aseprofar) (C-519/06 P)/Commissione delle Comunità europee, European Association of Euro Pharmaceutical Companies (EAEPC), Bundesverband der Arzneimittel-Importeure eV, Spain Pharma SA, Asociación de exportadores españoles de productos farmacéuticos (Aseprofar), in Raccolta, 2009, p. I-9291 La Corte di giustizia utilizza la presunzione di non indipendenza in caso di controllo al 100% delle imprese affiliate da parte della capogruppo.
72Invero, così come era strutturato, il par. 3 dell’art. 81 TCE (già art. 85 TCEE ed ora 101 TFUE) si prestava ad essere applicato tramite l’introduzione di un regime autorizzativo da parte dell’autorità della concorrenza oppure mediante la previsione di un regime di eccezione legale in cui l’impresa stessa doveva procedere ad un’autovalutazione dell’eventuale illiceità dell’accordo. Con il regolamento n. 17/1962/Cee del Consiglio, di applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato, in Guce n. 13 del 21 febbraio 1962, si è scelto il regime autorizzativo, disponendo che l’impresa che predisponeva l’accordo avrebbe dovuto notificarlo alla Commissione europea. La notifica era il presupposto per ottenere l’esenzione (v. la decisione della Commissione europea del 21 dicembre 2000, caso COM.F.1/35.918, JCB, in Guce n. L 69 del 12 marzo 2002, p. 1), riservata, in via esclusiva, alla Commissione europea.
Nello stesso periodo, la giurisprudenza (v., per es., la sentenza della Corte di Giustizia del 6 aprile 1962, in causa 13/61, Kledingverkoopbedrijf de Geus en Xxxxxxxxxxxx c. Xxxxxx Xxxxx GmbH, in Raccolta, 1962, p. 89) dichiarava la diretta applicabilità del par. 1 dell’art. 85 TCEE da parte dei giudici nazionali e l’incompetenza delle autorità e dei giudici nazionali ad applicare il par. 3 della stessa norma. Solo la Commissione europea aveva il diritto di esentare un’intesa ai
Anche solo la struttura di un contratto di concessione di vendita in esclusiva è tale da restringere, in tesi, la concorrenza sul xxxxxxx00. Infatti, se viene riservata l’esclusiva di zona al concessionario, viene posta in essere una restrizione ai sensi del par. 1 dell’art. 101 TFUE, perché il concedente si priva della possibilità di nominare altri concessionari nella zona75, il concessionario si priva, a sua volta, della possibilità di effettuare vendite attive fuori dal territorio assegnato, i produttori concorrenti non possono utilizzare quel concessionario ed il consumatore finale può usufruire solo di un canale d’acquisto76. La stessa distribuzione selettiva qualitativa è generalmente riguardata come fattispecie che ricade nelle larghe maglie del par. 1 dell’art. 101 TFUE, salvo non presenti il rigoroso rispetto degli elementi richiesti dalla giurisprudenza comunitaria77. Ne consegue che essa viene generalmente giustificata ai sensi del par. 3 della citata disposizione, in base ad un regolamento di esenzione oppure ad un giudizio di autovalutazione operato dall’impresa stessa78. La distribuzione selettiva quantitativa ricade, invece, all’interno del par. 1 dell’art. 101 TFUE79. Poiché è evidente che il produttore ha l’esigenza di proteggere la sua rete di vendita ed il distributore quella di proteggere i suoi investimenti, ben presto si è
sensi del par. 3 (l’esenzione avveniva o con una “comfort letter” o con una decisione). Il sistema consentiva pertanto, un rigoroso controllo, da parte della Commissione europea, degli accordi delle imprese ed una sostanziale uniformità di giudizio nella valutazione dei casi. Esso è tuttavia ben presto fallito perché il numero delle notifiche è stato tale da impedire qualsiasi possibilità di esame: si è così pensato ad un cambio di rotta ed all’introduzione del regime di eccezione legale. Per fare questo è stato abolito il sistema di autorizzazione e notifica. Con il regolamento
n. 1/2003/Ce, il giudice nazionale può ora procedere sia all’applicazione del par. 1 dell’art. 101 TFUE che del par. 3. Non sono più necessarie attestazioni negative ai sensi del par. 3 da parte della Commissione europea. Sul regolamento in generale v., per tutti, X. XXXXXXXX (a cura di), L’applicazione del diritto comunitario della concorrenza. Commentario al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002, Milano, 2007.
73V. ‘considerando’ n. 3 del regolamento n. 1/2003/Ce, cit. supra, nota 9.
74Al fine di consentire, comunque, la stipula di contratti in esclusiva, in ragione degli effetti positivi per la concorrenza, si è dovuto, ben presto, ricorrere ad un regolamento di esenzione per categoria (si consideri che, in determinati settori, i concessionari non sono disposti ad effettuare forti investimenti se non viene assicurata loro la protezione di una zona). Il primo è stato il regolamento della Commissione n. 67/1967/Cee del 22 marzo 1967 sull’applicazione dell’art. 85, par. 3 del Trattato e certe categorie di accordi esclusivi, in Guce n. 57 del 23 marzo 1967, p. 849, seguito dal regolamento n. 83/1983/Cee, relativo alla categoria degli accordi di distribuzione esclusiva, in Guce n. L. 173 del 30 giugno 1983, p. 1 ss.
75Sul punto, X. XXXXXXXXXX, Il diritto comunitario della concorrenza, Profili sostanziali, Torino, 2007, p. 321.
76V. par. 151, Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1; sul tema, X. XXXXX, Il mercato e la concorrenza, Bologna, 1997, p. 95.
77Individuati nella: a) natura della prestazione (vendita di beni tecnologici, di qualità, che richiedono un articolato servizio assistenza); b) oggettività dei criteri di ammissibilità alla rete;
c) non eccessività dei criteri medesimi. In tema, v. sentenza del Tribunale di primo grado del 12 dicembre 1996, in causa n. T-88/92, Groupement d'achat Xxxxxxx Xxxxxxx c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1996, p. II-1961.
78 Sono esaminati sistemi selettivi nella distribuzione nei casi: Parfums Givenchy, decisione della Commissione europea del 24 luglio 1992, in Guce n. L. 236 del 19 agosto 1992, p. 11; Saint Laurent, decisione della Commissione del 16 dicembre 1991, in Guce n. 12 del 18 gennaio 1992, pp. 24-35, entrambe attestazioni negative. Nel caso Groupement d’achat Xxxxxxx Xxxxxxx, cit. supra, nota 79, si esamina il sistema sotto il profilo del par. 1 dell’art. 101 TFUE.
79Ciò emerge anche dagli Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2, punti 44 e 46.
sentita la necessità80 di assicurare alle intese verticali un regolamento di esenzione per categoria che consentisse un’esenzione automatica in funzione del par. 3 dell’art. 101 TFUE, evitando alle parti di effettuare complessi giudizi autovalutativi e di procedere alla notifica dell'accordo81.
In un primo tempo la struttura dei regolamenti di esenzione era molto rigida (si parla di effetto strait-jacket, come se il regolamento funzionasse da camicia di forza per ingabbiare il produttore), con una elencazione delle clausole ammesse e delle clausole vietate82. Ciò era la conseguenza di una visione finalistica della giurisprudenza comunitaria del fenomeno delle restrizioni verticali, visione che portava a focalizzare maggiormente il dato formale piuttosto che quello economico83. Negli anni ’90 la Commissione europea cominciava a ragionare in termini economici84, ipotizzando una workable competition che privilegiasse un esame fattuale del mercato, in relazione alla specificità dei prodotti o dei servizi considerati. Il regolamento sulle intese verticali n. 2790/1999/Ce è un chiaro esempio di questa nuova impostazione.
La struttura di questo regolamento è diversa da quella del precedente (n. 83/1983/Cee85) perché lascia libere le parti di regolare gli accordi nei quali il fornitore non supera la quota di mercato del 30%86: esse devono solo evitare le clausole vietate (c.d. hard core restrictions).
Vale qui brevemente rilevare che il regolamento di esenzione per categoria è uno strumento facoltativo messo a disposizione delle imprese per ottenere un’esenzione automatica dei loro accordi87 . Nel caso venga utilizzato, le imprese non devono più provare di essere meritevoli del beneficio della deroga, essendo presumibile che gli accordi soddisfino le quattro condizioni di cui al par. 3 dell’art. 101 TFUE. Le imprese non sono però obbligate ad usarlo e ben potrebbero giustificare individualmente la procompetitività dell’accordo ai sensi del medesimo par. 3 (tale facoltà è riconosciuta alle parti dal regolamento n. 1/2003/Ce). La non utilizzazione del regolamento incide solo sul meccanismo della esenzione, non assicurata in via automatica.
80V. regolamento n. 17/1962/Cee, cit. supra nota 72.
81Sugli effetti della valutazione dell’accordo di distribuzione nel caso di assenza del regolamento di esenzione per categoria, x. xxx. 00 xxxxx xxxxxxxx xxxxx Xxxxx xx xxxxxxxxx del 30 novembre 2006, nella causa n. C-376/05, Autohaus c. BMW, in Raccolta, 2006, p. I-11383.
82V. sul punto, I. XXX XXXX - X.X. BELLIS, Il diritto della Concorrenza nella Comunità Europea, Torino, 1995, p. 147. Le clausole conformi erano definite “clausole bianche”; quelle vietate “clausole nere”. Rientravano, invece, nelle “clausole colorate” le disposizioni soggette a valutazione.
83Emblematica la sentenza Grundig, cit. supra, nota 46.
84Ad una analisi legalista dell’art. 81 TCE (ora 101 TFUE) si sostituisce un’analisi i tipo economico, basata sulla nozione di potere di mercato, volta a valutare le ripercussioni degli accordi sul mercato rilevante. La quantità di potere viene misurato in quote di mercato dell’impresa.
85V. regolamento n. 1983/83/Ce del 22 giugno 1983 relativo alla categoria degli accordi di distribuzione esclusiva, cit. Il regolamento è di poco successivo a quello n. 1984/83/Ce del 22 giugno 1983 relativo all’esenzione per categoria degli accordi di acquisto esclusivo. La distinzione non è stata in seguito mantenuta e con il regolamento 2790/1999/Ce i due diversi tipi di accordo sono regolati unitariamente.
86La Commissione europea ritiene che gli accordi verticali fra piccole e medie imprese sono raramente di tale natura da influenzare sensibilmente gli scambi fra gli Stati membri o restringere la concorrenza ai sensi del par. 1 dell’art. 000 XXXX (x. par. 11 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1).
87Ha dunque una funzione ben diversa da quella del regolamento come atto normativo di portata generale, vincolante in tutti i suoi elementi, disciplinato dall’art. 288 TFUE.
Possono beneficiare del regolamento di esenzione solo le imprese parti dell'accordo, così come individuate dal regolamento e non i terzi88. Non è, pertanto, applicabile, neppure indirettamente, a situazioni ad esso estranee89. Inoltre, non ha l’effetto di modificare il contenuto dell’accordo attraverso una integrazione legale, ove il contratto ponga condizioni diverse da quelle da esso stabilite90.
I regolamenti di esenzioni per categoria, per loro stessa natura, contengono previsioni generali e astratte; la Commissione europea si limita a determinare i presupposti in presenza dei quali una certa tipologia di accordi restrittivi della concorrenza può ritenersi autorizzata, senza che a tal fine sia necessario che le imprese notifichino l'intesa alla Commissione.
6. Il regolamento generale di esenzione per categoria n. 2790/1999/Ce
Per accedere al regolamento di esenzione n. 2790/1999/Ce era sufficiente che il fornitore non possedesse una quota di mercato superiore al 30% e l’accordo non
88V. la sentenza della Corte di Giustizia del 15 febbraio 1996, in causa n. C-226/94, Grand Garage Albigeois c. Garage Massol, in Raccolta, 1996, p. I-651.
89V. la sentenza della Corte di giustizia del 20 febbraio 1997, in causa n. X-000/00, Xxxxxxxx XX, Garage Laval SA, Fahy SA, Renault Lyon Ouest FLB Automobiles SA, Diffusion Vallis Auto SA e Horizon Sud SA c. Aqueducs Automobiles SARL, in Raccolta, 1997, p. I-967.
90V. la sentenza della Corte di giustizia del 18 dicembre 1986, in causa n. 10/86, VAG France c.
Magne SA, in Raccolta, 1986, p. 401.
91G. TESAURO, Il Diritto Comunitario, Padova, 2008, p. 684, parla di strumento di orientamento per le imprese (“anche la funzione dei regolamenti si è profondamente modificata, non essendo più quella di limitare l’incentivo alle notifiche delle intese alla Commissione, piuttosto essi rappresentano oggi uno strumento di orientamento dell’applicazione del diritto comunitario a livello nazionale per fornire certezza giuridica alle imprese e garantire l’uniforme applicazione dell’art. 81, par. n. 3 del Trattato”).
92Al par. n. 62 degli Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2, si precisa che un sistema distribuivo selettivo qualitativo potrebbe ricadere nel par. 1 dell’art. 101 TFUE se si accerta che, nel sistema, non sono rilasciate informazioni tecniche sulla ripazione agli opeatori indipendenti.
93V. par. 77, Orientamenti sulle restrizioni verticali, cit. supra, nota 1.
contenesse le restrizioni vietate dall’art. 4. Tutto quanto non era vietato era ammesso94.
Attraverso l’approccio economico del regolamento (perché basato sul potere di mercato delle imprese, espresso in quote) erano salvaguardate situazioni in cui l’intervento dell’autorità antitrust sarebbe stato inappropriato. Era, quindi, il non elevato potere di mercato dell’impresa che poneva un limite all’eccessiva invadenza del diritto antitrust95.
Alla base del regolamento è posto il divieto di restrizioni assolute, descritte all’art. 4, difficilmente esentabili ai sensi del par. 3 dell’art. 101 TFUE. Ma qual è il rapporto tra i divieti dell’art. 4 del regolamento e quelli del par. 1 dell’art. 101 TFUE ?
L’art. 4 del regolamento n. 2790/1999/Ce, alla lettera a), vieta la restrizione alla facoltà dell’acquirente di determinare il prezzo di vendita, fatto salva la facoltà del fornitore di imporre il prezzo massimo di vendita; alla lettera b), vieta le restrizioni al territorio, salvo la restrizione alle vendite attive per i venditori esclusivi96, la restrizione alle vendite ai distributori non autorizzati in un regime selettivo, la restrizione al costruttore delle parti componenti della vettura di vendere agli operatori indipendenti. Alla lettera c) vieta le restrizioni alle vendite attive/passive in un sistema di distribuzione selettiva; alla lettera d) la restrizione alle forniture incrociate tra concessionari; alla lettera e), infine, la restrizione al subfornitore di vendere le parti componenti (i pezzi di ricambio) al cliente finale ai fini della riparazione.
Il divieto di porre restrizioni alle vendite attive o passive nel sistema selettivo sembra escludere la possibilità dell’abbinamento della distribuzione esclusiva con quella selettiva. In realtà, la questione è posta in termini dubitativi dalle Linee direttrici sulle restrizioni verticali98 che pare ammetterla nei casi in cui essa è necessaria per proteggere gli investimenti dei distributori autorizzati, specie se il mercato è nuovo per loro.
7. (Segue): le clausole di non concorrenza
L’esclusiva di zona o di clienti riguarda essenzialmente un’area geografica assegnata al distributore entro la quale il costruttore (fornitore) non interviene
94Le clausole di cui all’art. 5, a seguito esaminate, diversamente dalle clausole di cui al n. 4, sono separabili e non vulnerano, se apposte, l’intero contratto.
95La quota del 30% è stata fissata in base a valutazioni di opportunità e non in base a metodologie scientifiche.
96Con il ché si precisa, secondo alcuni, che la distribuzione esclusiva è ammissibile solo con esclusiva del distributore sul territorio.
97Nella sentenza della Corte di giustizia del 17 settembre 1985, in cause riunite n. 25 e 26/84, Ford-Werke AG e Ford of Europe Inc. c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1985, p. 2725, si evidenzia come la c.d. “clausola di disponibilità” cioè la clausola che abilita il concessionario ad approvvigionarsi presso il costruttore di qualsiasi modello della gamma è insita nel divieto di partizione del mercato comunitario.
Anche una sola delle restrizioni di cui all’art. 4 fa ricadere l’accordo nel par. 1 dell’art. 101 TFUE, mentre le restrizioni di cui all’art. 5 sono separabili. Analogamente avviene nel regolamento n. 330/2010/Ue.
98Cit. supra, nota 1, in particolare al par. 195; v. anche par. 71, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
per effettuare le vendite. In cambio di questa rinuncia, viene esentato il divieto imposto al concessionario di effettuare vendite attive fuori dalla zona assegnata, ma entro il sistema distributivo attuato dal produttore (nella sostanza, il concessionario, rinunciando ad effettuare vendite attive "fuori zona", ottiene dal produttore la sua rinuncia a vendere i prodotti contrattuali nel territorio assegnatogli in esclusiva. La limitazione alle vendite attive non può tuttavia eccedere il territorio dove il sistema, esclusivo o selettivo, è attuato. Di ciò si dirà a seguito).
La clausola di esclusiva si giustifica con la necessità di proteggere la posizione del concessionario esclusivo: il medesimo fa investimenti che devono essere difesi dall’attacco dei “free riders” (rivenditori indipendenti).
Per «clausola di non concorrenza» nel regolamento n. 2790/1999/Ce si intende un obbligo del concessionario di: a) acquistare prodotti contrattuali presso il produttore in quantità superiore all’80% del proprio fabbisogno e/o b) di non vendere prodotti di marche in concorrenza.
La scelta di un quantitativo di approvvigionamento così elevato (80%) pare apparentemente ingiustificata perché porta ad una forte dipendenza del concessionario. In realtà, il limite di 5 anni posto alla durata della clausola offre sufficiente tutela al concessionario99; successivamente alla scadenza, la clausola potrà essere prorogata dalle parti solo di comune accordo.
L’obbligo di approvvigionamento si indirizza a tutti i sistemi distributivi, essendo relativo all’impegno di acquisto del distributore presso il fornitore (produttore). Se è legato all’obbligo di non vendere prodotti in concorrenza il distributore deve destinare la residua quota del 20% a prodotti diversi da quelli contrattuali.
Secondo alcuni la clausola di non concorrenza, nella forma del divieto di rivendere prodotti di marche concorrenti, potrebbe essere usata per impedire al concessionario, distributore anche di ricambi originali, di vendere ricambi di qualità equivalente100. Non può essere imposta al concessionario, in un regime selettivo, l’esclusione di prodotti di marche individuate specificatamente (art. 5, lett. c), regolamento n. 2790/1999/Ce), mentre è possibile escludere una categoria indistinta di marche che il produttore assume essere in diretta concorrenza. Le clausole di non concorrenza non costituiscono restrizioni vietate (al pari di quelle individuate all’art. 4 del regolamento), ma restrizioni che devono essere oggetto di autovalutazione caso per caso.
99Il regolamento privilegia i contratti di lunga durata, stabilendo per i contratti a tempo determinato una durata minima di cinque anni. Tale impostazione ha però creato problemi di efficienza, impedendo ai costruttori di vetture di sostituire rivenditori inefficienti e ritardando l’introduzione nella rete di nuovi maggiormente competitivi. Al par. 58 delle Linee direttrici sulle restrizioni verticali si precisa che gli obblighi di non concorrenza sono vietati se di durata indeterminata o superiore a 5 anni, in tal caso il distributore può chiedere di disattendere la clausola ed il fornitore non deve opporre ostacoli.
100Sotto diverso profilo si sostenuto che non è una clausola di non concorrenza e, quindi, non è sottoposta al limite dei cinque anni, l’obbligo imposto dai costruttori di vetture ai riparatori della rete di applicare solo pezzi di cambio originali nelle riparazioni in garanzia v. X. XXXX, Aperçu du nouveau régime des accords verticaux, in Europe, n° 7, Juillet 2010, p. 6 ss. Com’è noto il costruttore della vettura può imporre alla sua rete di effettuare le riparazioni non in garanzia con ricambi almeno di qualità equivalente. La definizione di ricambio di qualità equivalente è presente alla lettera u) dell’art. 1 del regolamento n. 1400/2002/Ce. Questa definizione sembra ora modificata al ribasso al punto 20 degli Orientamenti sul settore automobilistico che fa riferimento al concetto di ricambio di qualità sufficientemente elevata da non compromettere la reputazione della rete autorizzata.
8. Il nuovo regolamento sulle intese verticali n. 330/2010/Ue
L’art. 1, lettera a), del nuovo regolamento definisce gli accordi verticali come accordi tra imprese poste a diverso livello di mercato relativamente alle condizioni per acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi; la definizione non cambia rispetto a quella contenuta nel precedente regolamento e si presenta particolarmente aderente alla struttura degli accordi di distribuzione, la cui caratteristica (strutturale) principale è quella dell’acquisto dei prodotti ai fini della rivendita.
Le guidelines al regolamento (definite Orientamenti sulle restrizioni verticali)102 chiariscono ora meglio il concetto di accordo e di comportamento unilaterale. La giurisprudenza della Corte di giustizia aveva, infatti, censurato certe interpretazioni estensive utilizzate dalla Commissione europea103, pretendendo da questa una prova più rigorosa dell’intesa, specie se basata su precedenti autorizzazioni contrattuali o comportamenti taciti104.
Il (nuovo) regolamento mantiene, in termini generali, l’impostazione del precedente, ma con alcune modifiche, non di poco conto. L’art. 3 prende in considerazione, ai fini del calcolo della quota di mercato, sia la quota di mercato del fornitore che quella dell’acquirente. Entrambe sono determinanti per l’applicazione del regolamento. La quota del fornitore è calcolata sul mercato su cui vende i prodotti oggetto del contratto all’acquirente, quella dell’acquirente sul o sui mercati su cui acquista i prodotti oggetto del contratto (se la quota dell’acquirente, cioè del concessionario, fosse calcolata sul mercato della rivendita al cliente finale, mercato “a valle” di quello dell’acquisto, sarebbe probabilmente inferiore perché su questo mercato il concessionario subisce la concorrenza quantomeno delle società di leasing e noleggio). Entrambe le quote non devono superare la soglia del 30%. Si vuole così dare principalmente protezione ad accordi concernenti piccole e medie imprese, segnatamente con riferimento alla posizione del distributore105. L’innovazione
101Cit. supra, nota 1.
102Cit. supra, nota 1.
103V. la sentenza del Tribunale di primo grado del 26 ottobre 2000, in causa n. T-41/96, Bayer AG c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2000, p. II-3383.
104In alcune decisioni la Commissione europea aveva utilizzato il dato testuale di alcuni contratti di distribuzione per accertare la preventiva autorizzazione del distributore al costruttore ad attuare iniziative unilaterali, v. la sentenza della Corte di giustizia del 25 ottobre 1983, in causa
n. 107/82, Allgemeine Elektrizitäts-Gesellschaft AEG-Telefunken AG c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1983, p. 3151 ss. Al par. 38 sembra venga ipotizzato che l’adesione del distributore ad una rete di distribuzione selettiva implichi anche l’adesione alle politiche poste in essere dal produttore le quali, proprio per la struttura della rete, non assumono il carattere di atto unilaterale. L’assunto viene facilitato dalla presenza, nell’accordo, di clausole contrattuali ove, in effetti, il distributore sembra accettare passivamente le future determinazioni del produttore. Nel caso Ford (sentenza della Corte di giustizia del 17 settembre 1985, cause riunite n. 25 e 2684, Ford-Werke AG e Ford of Europe Inc. c. Commissione delle Comunità europee, cit. supra nota 97, p. 2725), la Commissione europea sostiene con successo che in caso di ammissione al sistema distributivo selettivo il rivenditore accetta i vantaggi del sistema e le politiche del costruttore volte a proteggerlo. Pertanto, “l’ammissione alla rete dei distributori implica l’accettazione da parte dei medesimi della politica del costruttore” (par. 21).
105Al par. 11 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali (cit. supra, nota 1) si precisa che l’esenzione per categoria è, sopra tutto, indirizzata alle piccole e medie imprese, secondo la definizione di cui alla Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003, n. 361, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, in Guue n. L 124 del 20 maggio 2003, p. 36 ss. Questa particolare vocazione dei regolamenti sulle intese verticali è dimostrata
non parrebbe introdurre nuove prospettive nel settore automobilistico perché non è attualmente ipotizzabile che un distributore operi a livello nazionale con due marchi in forte concorrenza fra loro e con alte quote di mercato.
L’art. 4, lettera b), precisa che sono vietate le restrizioni relative al territorio od ai clienti ai quali l’acquirente che è parte contraente dell’accordo può vendere i beni o sevizi oggetto del contratto. Tuttavia sono lecite le restrizioni alle vendite attive nel territorio esclusivo od alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell’acquirente106 (art. 4, lettera b), punto i)).
Sono invece lecite le limitazioni alle vendite da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a distributori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema (art. 4, lettera b), punto iii)). La norma si coniuga con quella di cui all’art. 4, lettera c), che vieta la restrizione delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio.
Le disposizioni dell’art. 4 esaminate per prime (art. 4, lettera b), punto i)) delineano la struttura del sistema esclusivo. Il fornitore può vietare al distributore di effettuare vendite attive107 fuori dal territorio assegnato al medesimo, ma assegnato ad altri distributori. Essendo l’unica restrizione consentita, si è ritenuto che non sarebbe ammissibile una restrizione al territorio assegnato al distributore, ove il fornitore si arrogasse il diritto effettuare le vendite nel territorio del distributore esclusivo. L’esclusiva in favore del distributore deve, pertanto, essere assoluta.
Le disposizioni di cui all’art. 4, lettera b), punto iii), e lettera c), delineano la struttura della distribuzione selettiva. Il distributore è libero di effettuare vendite attive e passive agli utenti finali, ma gli è vietato di vendere a distributori concorrenti nel territorio ove è attuato questo sistema.
Si pone così il problema della conflittualità di sistemi distributivi nel territorio UE in conseguenza dell’ammissibilità delle restrizioni solo nelle zone dove vige il medesimo sistema.
La disposizione del regolamento in parola non è contenuta nel regolamento n. 2790/1999/Ce, ma è presente in quello n. 1400/2002/Ce108. Al 13° ‘considerando’ di quest’ultimo regolamento si precisa che è “necessario garantire che non venga limitata un'effettiva concorrenza all’interno del mercato
dalla introduzione, nel regolamento n. 330/2010/Ue, di una quota di mercato del 30% anche per il distributore; in tal modo, si escludono dall’esenzione le grandi imprese distributive a vantaggio delle imprese di piccole o medie dimensioni. V. Antitrust: la Commissione adotta norme di concorrenza riviste per la distribuzione di beni e servizi, documento della Commissione europea del 20 aprile 2010: “le nuove norme introducono il medesimo limite di quota di mercato del 30% per i distributori e per i rivenditori al dettaglio, in considerazione del fatto che anche alcuni acquirenti possono detenere un potere di mercato con effetti potenzialmente negativi per la concorrenza. Questo cambiamento va a vantaggio delle piccole e medie imprese (PMI), siano esse produttori o rivenditori al dettaglio, che potrebbero altrimenti essere escluse dal mercato della distribuzione. Questo non significa che gli accordi tra le imprese con quote di mercato più elevate siano illegali, ma soltanto che esse devono valutare se i loro accordi contengono clausole restrittive e se queste siano giustificate”.
106Se così non fosse, sarebbero di fatto impedite le importazioni parallele.
107Per la definizione di “vendite passive” e “vendite attive”, v. supra, nota 11.
108V. art. 1, lettera f). All’art. 4, lettera d), è poi prevista la restrizione delle vendite attive o passive di autoveicoli o veicoli commerciali leggeri nuovi, pezzi di ricambio per qualsiasi autoveicolo o di servizi di riparazione e manutenzione per qualsiasi autoveicolo agli utilizzatori finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva che operano a livello del dettaglio, in mercati nei quali è utilizzata la distribuzione selettiva.
comune e tra distributori situati in Stati membri diversi qualora un fornitore utilizzi la distribuzione selettiva su tali mercati e altre forme di distribuzione su altri. In particolare, vanno esclusi dal beneficio dell'esenzione gli accordi di distribuzione selettiva che limitano le vendite passive ad utilizzatori finali o a distributori non autorizzati situati in mercati nei quali vengono attribuiti territori esclusivi, nonché gli accordi di distribuzione selettiva che limitano le vendite passive a gruppi di consumatori che sono stati attribuiti in maniera esclusiva ad altri distributori. Non devono godere del beneficio dell'esenzione neppure gli accordi di distribuzione esclusiva qualora siano limitate le vendite attive o passive ad utilizzatori finali o a distributori non autorizzati situati in mercati nei quali viene utilizzata la distribuzione selettiva. Ne vale che, al di fuori dei territori ove è applicato un sistema selettivo, il concessionario della rete potrebbe vendere ai rivenditori concorrenti”.
Le restrizioni al territorio od ai clienti nella distribuzione esclusiva e le restrizioni alle vendite attive o passive nella distribuzione selettiva lasciano impregiudicato il diritto del produttore di imporre al concessionario di «svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato», quindi riconosce la liceità della clausola di localizzazione.
Nelle guidelines si rinviene un’apertura verso l’imposizione, in limitati casi, dei prezzi fissi109; mentre viene confermata la liceità delle clausole sui prezzi massimi consigliati110.
Vi è anche un’apertura verso nuovi servizi distributivi ed, in particolare, le c.d. vendite online. Il principio affermato è che il costruttore non può vietare al distributore di usare nelle vendite il sistema Internet. Il fornitore non può, pertanto, riservarsi in esclusiva la possibilità di utilizzare Internet ai fini della vendita o della pubblicità dei prodotti contrattuali.
Questa apertura non esclude che il fornitore possa imporre al concessionario di mantenere una struttura di vendite “non virtuale”, destinata alle vendite off-line e, quindi, osservare i suoi standard tecnici111. Le vendite a mezzo Internet sono considerate vendite passive se il portale è usato solo come strumento messo a disposizione del consumatore per effettuare una scelta del prodotto; sono considerate vendite attive se l’acquirente è raggiunto da messaggi individuali (ciò implica che in un regime esclusivo le vendite attive “fuori territorio” tramite Internet sono vietate). Nelle guidelines si afferma che il fornitore può richiedere, senza limitare le vendite online del distributore, che l’acquirente
109V. sez. 2.10: “a volte l’imposizione di prezzi di rivendita non ha soltanto l’effetto di limitare la concorrenza, ma può anche condurre a incrementi di efficienza che verranno valutati ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3. In particolare, quando un produttore introduce un nuovo marchio o entra in un nuovo mercato, l’imposizione di prezzi di rivendita può essere utile per spingere i distributori a tenere meglio in considerazione l’interesse del produttore a sviluppare”.
110Tuttavia è posta una precisazione. In particolare, si fa notare che “i prezzi massimi e raccomandati possono costituire un rischio per la concorrenza in quanto avranno lo stesso effetto dei prezzi di rivendita imposti: il prezzo massimo o raccomandato può fungere da punto di convergenza per il rivenditore e può essere adottato dalla maggior parte dei rivenditori o da tutti e/o i prezzi massimi o raccomandati possono facilitare la collusione tra fornitori. Oltre a quanto sopra esposto in merito al rischio di effetti negativi derivanti dall’imposizione di prezzi di rivendita, nel contesto di prezzi di rivendita massimi o raccomandati sarà inoltre importante valutare se esiste un sistema di controllo e la possibilità di ritorsioni qualora un distributore si discosti dal prezzo di convergenza”.
In dottrina si è ritenuto che anche in presenza di una clausola di prezzo massimo consigliato, la clausola abbia solo una funzione di raccomandazione, v. sul punto I. XXX XXXX - X.X. BELLIS, Il diritto nella concorrenza nella Comunità europea, Torino, 1995, p. 185, nota 300.
111Cit. supra, nota 5.
venda off-line almeno una certa quantità assoluta (in valore o in volume) dei prodotti per garantire una gestione efficiente del suo punto vendita “non virtuale”, inoltre il fornitore può richiedere al distributore che l’attività online del distributore rimanga coerente con il modello di distribuzione del fornitore. Ciò vuol dire che se il sistema distributivo adottato dal fornitore è un sistema selettivo112, il distributore che utilizza, per parte delle vendite, un portale Internet deve selezionare gli acquirenti escludendo dall’acquisto rivenditori concorrenti oppure non accettare richieste di acquisto di prodotti ove sia chiaro che verranno destinate al commercio e non al consumatore finale.
La quantità assoluta di vendite off-line richieste può quindi essere la stessa per tutti gli acquirenti o essere stabilita a livello individuale per ogni acquirente sulla base di criteri oggettivi, come le dimensioni dell’acquirente nella rete o la sua ubicazione geografica113. Il fornitore può richiedere ai suoi distributori di avere un punto vendita "non virtuale" prima di procedere alla distribuzione online. Le stesse considerazioni si applicano alle vendite su catalogo. La Commissione europea nota che, in casi specifici, oltre alla possibilità di eccepire incrementi di efficienza ai sensi del par. 3 dell’articolo 101 TFUE, un divieto assoluto di vendere via Internet o su catalogo può essere obiettivamente necessario e non rientrare nel campo di applicazione del par. 1; non sarà, pertanto, considerato una restrizione fondamentale se non limita la concorrenza che avrebbe luogo in mancanza di tale divieto, viste le circostanze specifiche in cui opera l’accordo, come nel caso in cui il suo scopo è rispettare un divieto pubblico di vendere sostanze pericolose via Internet o per posta per ragioni sanitarie o di sicurezza.
All’art. 5 vengono riproposte le stesse clausole “di non concorrenza” del regolamento n. 2790/1999/Ce. Pertanto, il costruttore con quote di mercato inferiori al 30% potrà utilizzare una configurazione monomarca per la durata di cinque anni. In tal caso, allo scadere del quinquennio, il distributore potrà, se vorrà, prorogare la clausola oppure vendere prodotti di altre marche, seppur in una struttura di vendita separata. Non viene riproposto il diritto del concessionario di utilizzare, nella vendita delle vetture, le stesse strutture per più marche, pur idoneamente separate, di cui al regolamento n. 1400/2002/Ce.
9. Diritto antitrust, libera circolazione dei servizi e libertà di stabilimento Prima di prendere in considerazione, con più attenzione, il quadro giuridico applicabile al settore automotive, vale la pena soffermarsi su di un’ultima questione di carattere generale che, tuttavia, presenta un impatto immediato sul settore automobilistico e che riguarda l’interazione tra il diritto antitrust dell’UE
112Sotto questo profilo avranno maggiore spazio le vendite Internet nei sistemi esclusivi. In questi sistemi si possono rendere acquirenti dei prodotti contrattuali sia i clienti finali che i rivenditori concorrenti per cui il controllo del fornitore sulla circolazione del prodotto è minore. Nei sistemi selettivi il distributore deve, comunque, accertarsi che l’acquirente sia il cliente finale e non un distributore indipendente.
113Tale considerazione porta a ritenere che il principio del trattamento non discriminatorio nel sistema della concorrenza può legittimare differenziazioni su base individuale, ma tuttavia caratterizzate da parametri predefiniti ed obiettivi. Ovviamente la valutazione delle potenzialità di acquisto del distributore va fatta sulle sue vendite complessive nel territorio comunitario e non base locale. La Commissione europea ha chiarito che viene osservato il principio di non discriminazione se sono imposti ai riparatori della rete requisiti identici in situazioni identiche, non essendo necessario uniformare tutti i requisiti, v. risposta 14 delle Frequently asked questions on the new motor vehicle block exemption (FAQ), consultabili alla pagina Internet: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxxxx/xxx_xx.xxx.
e la disciplina del mercato interno, segnatamente la normativa in tema di libera circolazione dei servizi e diritto di stabilimento.
Va, infatti, ricordato che la direttiva n. 123/2006/Ce del Parlamento e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi del mercato interno114 è applicabile ai servizi di distribuzione.
Nel settore automobilistico per servizi di distribuzione si possono intendere le attività ancillari alla vendita della vettura al consumatore, tra le quali la fornitura di servizi di assistenza post-vendita115 ed il noleggio delle autovetture.
In tali casi, generalmente, sarà il consumatore a spostarsi nello Stato del prestatore del servizio.
L’esercizio del diritto di libera prestazione dei servizi (art. 56 TFUE) consente al destinatario del servizio che si sposta in uno Stato diverso da quello in cui è stabilito di non essere discriminato rispetto ai cittadini di detto Stato: in conseguenza, nello specifico, il cittadino che intende acquistare una vettura in uno Stato comunitario diverso da quello ove risiede non deve subire ostacoli amministrativi che disincentivano l’operazione (cd. discriminazione all’entrata). La discriminazione potrebbe anche essere posta all’uscita dal territorio nazionale da parte dello Stato di residenza dello stabilito (che, ad esempio, richiedesse oneri particolari ed eccessivi, di carattere economico o burocratico, ai fini dell’immatricolazione di un’auto acquistata all’estero).
In un recente passato alcuni Stati comunitari hanno ostacolato gli acquisiti transfrontalieri, ponendo in essere misure restrittive116.. Attualmente sono state notevolmente semplificate ed unificate le procedure di immatricolazione delle autovetture117.
Il discorso si complica se si considera l’esercizio dei diritti di prestazione di servizi o di stabilimento in relazione alla normativa sulla concorrenza.
Quest’ultima ammette un'evidente restrizione alla libertà di stabilimento: l’art. 4, alla lettera b) ed alla lettera c), del regolamento di esenzione per categoria n. 330/2010/Ue sulle restrizioni verticali, conformemente a quanto già disponeva il precedente regolamento n. 2790/1999/Ce, ma diversamente da quanto
114In Guue n. L 376 del 27 dicembre 2006, p. 36. V., in generale, X. XXXXXXXX - L. G. RADICATI DI BROZOLO (a cura di), Il mercato unico dei servizi, Milano, 2007.
115La categoria dei servizi può convivere con quella della circolazione dei beni come attività accessoria.
116V. la sentenza della Corte di giustizia del 17 giugno 1987, in causa n. C-154/85, Commissione della Comunità europea c. Italia, in Raccolta, 1987, p. 2717. In questo caso la Corte ha dichiarato l’inadempimento dello Stato italiano per aver adottato una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, vietata dall’art. 30 del Trattato (ora art. 36 TFUE); ciò in quanto erano rese inutilmente più lunghe e costose le procedure di immatricolazione in Italia dei veicoli importati da altro Stato membro secondo lo schema delle c.d. “importazioni parallele”. V., inoltre, la sentenza della Corte di giustizia del 2 settembre 1988, in causa n. 302/86, Commissione delle Comunità Europee c. Regno di Danimarca, in Raccolta, 1988, p. I- 4607. Circa la tassazione dei veicoli in violazione delle norme del Trattato, v. la sentenza della Corte di giustizia del 17 giugno 2003, in causa n. X-000/00, Xx Xxxxxx c. Skatteministeriet, in Raccolta, 2003, p. I-6065 e la sentenza della Corte di giustizia del 12 giugno 1986, in causa n. C-50/85, Xxxxxx c. Auto Controle, in Raccolta, 1986, p. 1855.
117V. Comunicazione interpretativa della Commissione sulle procedure per immatricolazione degli autoveicoli originari di un altro Stato membro, doc. 2007/C, 68/04, in Guue n. C 68 del 24 marzo 2007, p. 15 ss.; in precedenza era stata pubblicata la Comunicazione interpretativa della Commissione sulle procedure di omologazione e registrazione dei veicoli precedentemente registrati in un altro Stato membro, doc. 96/C – 143/04, in Guce n. C 143 del 15 maggio 1996,
p. 4. V. inoltre, Comunicazione della Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo: la tassazione delle autovetture nell’Unione europea, possibili interventi a livello nazionale e comunitario, Bruxelles, 6 settembre 2002, COM (2002) 431 def.
disponeva il regolamento n. 1400/2002/Ce sulla distribuzione delle vetture118, consente l’applicazione, ad un sistema distributivo esclusivo o selettivo119, della clausola di localizzazione120. Invero, la disposizione se, da un lato, prevede che costituiscano restrizioni fondamentali, che fanno venir meno il beneficio dell’esenzione per categoria, le restrizioni relative al territorio in cui l’acquirente che è parte contraente dell’accordo può vendere i beni o servizi oggetto del contratto, dall’altro lato stabilisce che siano, comunque, fatte salve le restrizioni relative al luogo di stabilimento.
Stando al regolamento n. 330/2010/Ue sarebbe, pertanto, possibile imporre al distributore una restrizione relativa al luogo di stabilimento; a questo potrebbe così essere vietato di trasferire la propria sede o di aprire filiali, agenzie o succursali in altri luoghi. Questa restrizione, applicata ad un sistema distributivo selettivo, si pone, in astratto, in contrasto con l’art. 101 TFUE perché limita la concorrenza tra i rivenditori121; la restrizione in parola viene però ad essere avallata dal regolamento di esenzione122, in ipotetico contrasto con l’art. 49 TFUE. Quest’ultima norma sancisce il diritto di stabilimento, cioè la libertà dell’impresa, stabilita in uno Stato membro di aprire una sede (primaria o secondaria) in un altro Stato membro “alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini”.
Ma allora non si potrebbe ipotizzare l’annullamento, in parte qua, del regolamento n. 330/2010/Ue per contrasto con l’art. 49 TFUE?
118V. art. 4, n. 1, lettera d) ed art. 5, n. 2, lettera b), del regolamento n. 1400/2002/Ce.
119In un sistema esclusivo la presenza di una clausola di localizzazione limita il distributore a svolgere la propria attività dentro la zona assegnata, essendo già implicita la rinuncia del medesimo a spostare la sede al di fuori del territorio assegnato.
120V. par. 50, Orientamenti sulle restrizioni verticali (cit. supra, nota 1) secondo cui “l’art. 4, lettera b), si applica lasciando impregiudicata una restrizione del luogo di stabilimento dell’acquirente. Il beneficio del regolamento (…) è pertanto possibile se viene concordato che l’acquirente limiti i propri punti di vendita e depositi ad un indirizzo”.
Sulla clausola di localizzazione, v. Commissione europea, Concorrenza: le nuove norme in materia di distribuzione degli autoveicoli consentono ai distributori maggior libertà di concorrenza nella Ue, comunicato stampa del 30 settembre 2002, Bruxelles, ove si afferma che “una volta eliminate le clausole di ubicazione dai contratti stipulati con i costruttori di automobili, i distributori saranno liberi di operare al di fuori dei territori loro assegnati, anche all’estero. I distributori potranno pertanto aprire dei punti vendita ovunque ritengano vi siano buone opportunità commerciali, ad esempio nelle aree in cui la loro marca è sottorappresentata o nei paesi in cui i prezzi sono più elevati. Questo cambiamento spiana altresì la strada a forme di distribuzione innovative, quali i punti vendita multimarca. I consumatori potranno quindi scegliere tra una più vasta gamma di distributori”.
121 V. la sentenza dello Corte di giustizia del 21 febbraio 1984 in causa n. 86/82, Hasselblad (GB) Limited c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 1984, p. 883.
122Al par. 56 degli Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2, si rileva che: “Le parti dovrebbero tuttavia ricordare che il ricorso a particolari criteri di selezione potrebbe incidere sulla compatibilità dei loro accordi con l’articolo 101, paragrafo 3, del Trattato. Ad esempio, anche se la presenza di clausole di ubicazione, cioè di accordi che contengono il divieto per un membro di un sistema di distribuzione selettiva di operare da un luogo di stabilimento non autorizzato, negli accordi di distribuzione selettiva di autoveicoli nuovi apporta solitamente incrementi di efficienza sotto il profilo logistico e della prevedibilità della copertura di rete, gli svantaggi possono essere superiori ai vantaggi se la quota di mercato del fornitore è molto elevata; in tali circostanze è possibile che clausole di questo tipo non possano beneficiare dell’eccezione di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del Trattato”. Al successivo par. 185 si precisa che la combinazione della distribuzione selettiva con una clausola di ubicazione per soddisfare le condizioni del par. 3 dell’art. 101 TFUE deve essere indispensabile per proteggere considerevoli investimenti specifici al rapporto contrattuale, effettuati dai distributori autorizzati. Dunque, la location clause, senza la “protezione” del regolamento di esenzione n. 330/201/Ue deve superare il vaglio del par. 1 dell’art.101 TFUE.
A tale riguardo, si osserva, innanzi tutto, che un conflitto tra le norme sulla libera circolazione delle merci, dei servizi e di stabilimento da una parte e quelle sulla concorrenza dall’altra non dovrebbe nemmeno porsi, essendo le seconde destinate ad operare su un piano orizzontale (perché regolano le relazioni tra imprese)123, mentre le prime su un piano verticale, essendo destinatari delle medesime gli Stati dell’Unione europea124. Le norme sulla concorrenza sono norme per il corretto funzionamento del mercato e regolano gli accordi tra le imprese. Le norme sulla circolazione delle merci o dei servizi e quelle sullo stabilimento sono norme dirette agli Stati membri od alle loro amministrazioni, finalizzate all'eliminazione di ostacoli agli scambi transfrontalieri.
In termini generali si è sostenuto125 che, «salvo qualche incertezza, la giurisprudenza della Corte di giustizia sembra orientata nel senso che i comportamenti dei singoli, ad esempio un contratto di distribuzione commerciale o un accordo tra imprese, possono e devono essere valutati alla luce delle regole della concorrenza e che le norme sulla libera circolazione delle merci si riferiscono esclusivamente alle normative amministrative degli Stati membri».
Seguendo questa impostazione, le aree di operatività delle norme sulla circolazione dei beni e servizi e quelle sulla concorrenza devono essere esaminate in modo distinto126, e la normativa antitrust sembra essere la sede
123Sugli effetti orizzontali delle norme sulla concorrenza, v. la sentenza della Corte di giustizia del 20 settembre 2001, in causa n. C-453/99, Xxxxxx c. Courage Ltd, in Raccolta, 2001, p. I- 6297.
124V. X. XXXXXX, La libera circolazione delle merci, in X. XXXXXXX (a cura di), Diritto dell’Unione europea, Parte speciale, II ed., Torino, 2006, p. 9. L’efficacia diretta della norma consente inoltre al privato di richiedere il risarcimento dei danni allo Stato inadempiente al precetto. Tra le decisioni più celebri che istituzionalizzano il diritto del cittadino a far valer la sua situazione soggettiva contro lo Stato per violazione di una norma con effetto diretto del Trattato, rese in materia di circolazione delle merci, v. le sentenze della Corte di giustizia del 5 febbraio 1963, in causa n. 26/62, NV Algemene Transport- en Expeditie Onderneming van Gend & Xxxx c. Amministrazione olandese delle imposte, in Raccolta, 1963, p.3 e del 5 marzo 1996, in cause riunite n. C-46/93 e X-00/00, Xxxxxxxxx xx Xxxxxxx XX x. Xxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx e The Queen contro Secretary of State for Transport, ex parte: Factortame Ltd e altri, in Raccolta, 1996, p. I-01029.
125G. TESAURO, Diritto Comunitario, cit. supra, nota 91; X. XXXXXXX (a cura di), Diritto dell’unione europea, cit. supra, nota 123, che richiama la sentenza della Corte di giustizia dell'11 aprile 1989, in causa n. 66/86, Xxxxx Xxxxx Flugreisen e Silver Line Reisebüro GmbH
c. Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs e. V., in Raccolta, 1989, p. 803. In questa sentenza, tuttavia, la prospettata separazione non è chiara ed al par. 48 si precisa: “Va innanzitutto ricordato, in proposito, che secondo una giurisprudenza costante della Corte, benché le regole di concorrenza contenute negli artt. 85 e 86 riguardino il comportamento delle imprese e non già i provvedimenti adottati dalle autorità degli Stati membri, l’art. 5 del Trattato obbliga tuttavia queste ultime a non adottare o mantenere in vigore misure tali da rendere praticamente inefficaci tali regole di concorrenza. Ciò si verifica, in particolare, qualora uno Stato membro imponga o favorisca la conclusione di intese contrarie all' art. 85 o ne rafforzi gli effetti (da ultimo: la sentenza 1° ottobre 1987, causa 311/85, Vereniging van Vlaamse Reisbureaus, Racc. 1987, p. 3801)”. Il passaggio sembra aprire la strada alla sentenza Xxxxxxx (cit. infra, nota 131) nella quale si evidenzia la necessità che le norme sulla libera circolazione dei servizi non siano comunque ostacolate.
126V. la sentenza della Corte di giustizia del 18 luglio 2006, in causa n. C-519/04P, Xxxxx Xxxx- Xxxxxx c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2006, p. I-06991, par. 29 e 30: “[29]. Quindi, nel caso in cui l’esercizio di tale attività sportiva debba essere valutato alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei lavoratori o alla libera prestazione dei servizi, occorrerà verificare se le norme che disciplinano la detta attività soddisfino i presupposti per l’applicazione degli artt. 39 CE e 49 CE, cioè non costituiscano restrizioni vietate dai detti articoli. [30]. Del pari, nel caso in cui l’esercizio della detta attività
privilegiata per l’esame della clausola di localizzazione127. Infatti, come già visto, il par. 1 dell’art. 101 TFUE utilizza, a livello definitorio, il concetto di “pregiudizio al commercio intracomunitario”. Tale concetto è molto ampio e ricomprende anche le attività legate alle modalità di esercizio del diritto di stabilimento o di prestazione di servizi in una relazione verticale128. Con il ché si dedurrebbe che la lesione inferta da un clausola contrattuale apposta ad un contratto di distribuzione che impedisce il trasferimento della sede dell’impresa non è rilevante se non reca pregiudizio al commercio intracomunitario129 e che le norme sulla concorrenza prevalgono su quelle sulla libertà di stabilimento.
Va, tuttavia, precisato che la tesi circa l’inapplicabilità delle norme sulle libertà fondamentali del mercato interno ed, in particolare, della libertà di stabilimento, ai comportamenti tenuti da privati non sembra più in linea con la giurisprudenza. Già in passato la Corte di giustizia130 aveva ritenuto che una convenzione tra i singoli non possa derogare alla disposizioni imperative del Trattato sulla libera circolazione delle merci e che le norme sui servizi possono applicarsi anche a rapporti estranei al diritto pubblico, quali i rapporti
debba essere valutato alla luce delle disposizioni del Trattato relative alla concorrenza, occorrerà verificare se, tenuto conto dei presupposti per l’applicazione propri degli artt. 81 CE e 82 CE, le norme che disciplinano la detta attività provengano da un’impresa, se quest’ultima limiti la concorrenza o abusi della sua posizione dominante, e se tale restrizione o tale abuso pregiudichi il commercio tra gli Stati membri”.
127Per un esame della clausola solo sotto il profilo antitrust, v., con riferimento alla precedente disciplina, il documento Competition: new rules for car distribution bring dealers greater freedom to compete across the EU, ove si rileva che: “So-called ‘location clauses’ in contracts between carmakers and dealers will, as of 1st October 2005, no longer benefit from automatic (“block”) exemption from the EC Treaty’s prohibition on restrictive business practices (Article 81) under the European Commission’s car distribution Block Exemption Regulation 1400/2002. These clauses have served to stop dealers from opening outlets outside geographical territories defined by carmakers, including other EU Member States. However, many carmakers and dealers have already removed these clauses from their contracts. The change allows dealers to compete more widely, thereby facilitating price competition and stimulating innovation in distribution”, alla pagina Internet, xxxx://xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxXxxxxxxxXxxxxx.xx?xxxxxxxxxxXX/00/0000&xxxXxxxxxxxxxx.
128Al par. 19 delle Linee direttrici sulla nozione di pregiudizio al commercio tra Stati membri di cui agli articoli 81 ed 82 del Trattato, in Guue del 27 aprile 2004, n. C101/81, si afferma che il concetto di commercio non è limitato agli scambi transfrontalieri, ma copre tutta l’area economica, incluso lo stabilimento. Nella sentenza della Corte di giustizia del 28 gennaio 1986, in causa n. 000/00, Xxxxxxxxx xx Xxxxx x. Xxxxxxxxx xx Xxxxx Xxxxxxx, xx Raccolta, 1986, p. 421, si esaminano, sotto il profilo antitrust, le clausole apposte ad un contratto di franchising che limitavano la libertà di stabilimento dei concessionari. Xxxxxx, pertanto, che quando viene in essere la lesione di più libertà fondamentali possa aversi solo riguardo alla libertà che è caratterizzante (v. Corte di giustizia del 14 ottobre 2004, in causa C-36/02, Omega x. Xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, in Raccolta, 2004, p. I-09609). Tuttavia, la Corte di giustizia non esclude di poter valutare entrambi i profili della libera circolazione delle merci e dei servizi qualora l’uno non si presenti necessariamente come prevalente rispetto all’altro, x. xxxxxxxx xxx 00 xxxxxxx 0000, xx xxxxx n. C-390/99, Canal Satélite Digital SL c. Adminstración General del Estado, in Raccolta, 2002, p. I-607, che, al par. 31, afferma: “Qualora un provvedimento nazionale costituisca una restrizione sia alla libera circolazione delle merci sia alla libera prestazione dei servizi, la Corte procede al suo esame, in linea di principio, solamente con riguardo ad una delle due dette libertà fondamentali qualora risulti che, alla luce delle circostanze della specie, una delle due sia del tutto secondaria rispetto all'altra e possa essere a questa ricollegata”.
129Sotto questo profilo si potrebbe determinare un pregiudizio al commercio intracomunitario o per via dell'effetto cumulativo delle reti o per xxx xxx xxxxxx xx xxxxxxx xxx xxxxxxxxx.
130V. la sentenza della Corte di giustizia del 22 gennaio 1981, in causa n. 58/80, Dansk Supermarked A/S c. A/S Imerco, in Xxxxxxxx, 1981, p.181.
privatistici131. Questa linea giurisprudenziale è portata alle estreme conseguenze nel caso Viking132. I giudici del Lussemburgo hanno ivi definitivamente chiarito che la norma sulla libertà di stabilimento è suscettibile di avere effetto diretto anche orizzontale, cioè di imporre obblighi anche nei confronti di privati133.
L’effetto diretto134 crea nel privato un posizione soggettiva simile a quella coniata dai nostri giudici per la tutela dei diritti di rango costituzionale dei cittadini fatti valere in senso orizzontale nelle controversie tra privati avanti il giudice ordinario.
Ne deriva che anche l’azione di soggetti privati, pur interferendo su relazioni privatistiche, può limitare il corretto funzionamento del mercato, presidiato sia dalle norme sulla concorrenza che da quelle sulla circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e dei cittadini. Sia le une che le altre sono dirette al funzionamento del mercato interno, quindi sono concorrenti135. È così necessario l’esame contestuale delle due normative136.
131L’affermazione dell’applicabilità della normativa sulla circolazione dei lavoratori e dei prestatori di servizi ad imprese private è desumibile da una serie di decisioni: v. la sentenza della Corte di giustizia del 12 dicembre 1974, in causa n. 36/74, Xxxxxxx c. Federazione spagnola di ciclismo, in Raccolta 1974, p. 1405; la sentenza della Corte di giustizia del 15 giugno 1978, in causa n. 149/77, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx c. Société anonyme belge de navigation aérienne Sabena, in Raccolta, 1978, p. 1365; la sentenza della Corte di giustizia del 6 giugno 2000, in causa n. C-281/98, Xxxxx Xxxxxxxx c. Cassa di Risparmio di Bolzano SpA, in Raccolta, 2000, p. I-04139; la sentenza della Corte di giustizia del 19 febbraio 2002, in causa n. C-309/99, J. C. J. Xxxxxxx, X. X. Savelbergh e Price Xxxxxxxxxx Belastingadviseurs BV c. Algemene Raad van de Nederlandse Orde van Advocaten, con l'intervento di: Raad van de Balies van de Europese Gemeenschap, in Raccolta, 2002, p. I-01577.
132Sentenza della Corte di giustizia dell’11 dicembre 2007, in causa n. C-438/05, International Transport workers’ Federation c. Viking, in Raccolta, 2007, p. I-10779.
133Ai punti 56-66.
134V. ex multis, la sentenza della Corte di giustizia del 14 dicembre 2000, in causa n. C-344/98, Masterfood c. Ice Cream, in Raccolta, 2000, p. I-11369. C.W.A. XXXXXXXXXX in La libera circolazione delle merci, AA.VV., Trent’anni di diritto comunitario, Lussemburgo, 1981, 251, rileva che la Corte offrendo il sostegno della dottrina dell’efficacia diretta alla salvaguardia dei diritti dei singoli, pare abbia voluto associare questi ultimi, quali alleati attivi, ad una efficace difesa del diritto comunitario.
135V. par. 5 del dispositivo della sentenza della Corte di giustizia del 19 febbraio 2002, J. C. J. Xxxxxxx, cit. supra, nota 131, ove: “Il rispetto degli artt. 52 e 59 del Trattato (divenuti, in seguito a modifica, artt. 43 CE e 49 CE) si impone anche alle normative di natura non pubblica dirette a disciplinare collettivamente il lavoro autonomo e le prestazioni di servizi. Infatti, l'abolizione fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle persone e alla libera prestazione dei servizi sarebbe compromessa se l'abolizione delle limitazioni stabilite da norme statali potesse essere neutralizzata da ostacoli derivanti dall'esercizio dell'autonomia giuridica di associazioni ed enti di natura non pubblicistica”.
136L’esame contestuale presuppone che la clausola superi il vaglio di entrambe le norme.
137Si veda, ad es., in riferimento alla libertà di circolazione delle merci, la sentenza della Corte di giustizia del 17 maggio 1984, in causa n. 00/00, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx BV c. Hoofdproduktschap voor Akkerbouwprodukten, in Raccolta, 1984, p. 2171, par. 15 e la sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 1998, in causa n. C-284-95, Safety Hi-tech, in Raccolta, 1998, p. I-4328, spec. punto 63.
possono autorizzare comportamenti che violano norme precettive del Trattato, salvo eccezioni che devono essere giustificate.
Non appare così irragionevole il dubbio che la ricordata normativa, di cui all’art. 4 del regolamento n. 330/2010/Ue, determinando una chiara restrizione alla libertà di stabilimento del distributore possa determinare un vulnus all’art. 49 del TFUE, in tema di diritto di stabilimento.
In realtà, e a ben vedere, non si può ignorare che le libertà di circolazione delle merci e dei servizi nonché la libertà di stabilimento non hanno carattere assoluto e possono subire limitazioni, se esse sono giustificate da interessi generali138. Da un lato è lo stesso Trattato che autorizza espressamente, nelle situazioni da esso indicate, gli Stati membri a introdurre deroghe alle libertà fondamentali; dall’altro lato, la Corte di giustizia ha riconosciuto che a determinate condizioni altre “esigenze imperative di interesse generale” possano giustificare restrizioni alle libertà medesime139. Ora, una volta che si affermi che anche le istituzioni
V. anche K.J. XXXXXXXXXX, The Relationship between the Treaty Rules and Community Measures for the Establishment and Functioning of the Internal Market: Towards a Concordance Rule, in Common Market Law Review, 2002, p. 1303 ss.
Esamina gli effetti orizzontali delle norme sulla circolazione dei beni, X. XXXXXX, La libera circolazione delle merci in Il diritto privato dell’Unione europea, Giappichelli, Torino, 2000, p. 175, tomo I, il quale rileva che: «le disposizioni sulla libera circolazione delle merci possono senz’altro invocarsi a fondamento di una pretesa azionabile in giudizio contro la P.A. o contro un privato per ottenere la disapplicazione di un provvedimento nazionale o la cessazione di un comportamento confliggente con la norma in questione». L’ A., a proposito delle misure di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa, osserva che le norme del Trattato sulla circolazione dei beni, pur creando divieti indirizzati agli Stati membri, investono sia i comportamenti delle istituzioni comunitarie sia quelli dei privati (p. 189).
138Sulle eccezioni al divieto di limitazione della circolazione dei beni, v. la sentenza della Corte di giustizia del 10 febbraio 2009, in causa n. C-110/05, Commissione delle Comunità europea c. Italia, in Raccolta, 2009, p. I-519, ove viene accolta la posizione dell’Italia, la quale ha mantenuto una legislazione nazionale sulla circolazione stradale che impedisce il traino di un rimorchio alle motociclette, giustificando sotto diversi profili, tra i quali la sicurezza del cittadino. V. inoltre la sentenza della Corte di giustizia del 12 ottobre 2000, in causa n. C- 314/98, Snellers Auto's BV c. Algemeen Directeur van de Dienst Wegverkeer, in Raccolta, 2000,
p. I-08633, ove: “siffatta normativa può, malgrado i suoi effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci, essere giustificata da esigenze imperative quali la sicurezza stradale e/o la tutela ambientale, se si può dimostrare che la restrizione che ne deriva è necessaria per garantire la sicurezza stradale e/o tutelare l'ambiente e non è sproporzionata rispetto a tali obiettivi, in particolare nel senso che non è possibile individuare altre misure meno restrittive”.
V. anche la sentenza della Corte di giustizia Xxxxxx, cit. supra, nota 31.
La giurisprudenza comunitaria ha elaborato il concetto di «motivi imperativi di interesse generale» che comprendono numerosi interessi ritenuti meritevoli di tutela; per una elencazione esemplificativa di tali motivi, x. xxxxxxxxxxxx x. 00 della direttiva n. 123/2007/Ce. All’art. 9 della medesima sono evidenziate le condizioni per derogare al principio della libertà di stabilimento (trattamento non discriminatorio, motivo imperativo di interesse generale, impossibilità di perseguire obiettivo con una misura meno restrittiva).
139Il regime di eccezione è diverso se le misure poste in essere sono “distintamente applicabili” (riferite esclusivamente, a seconda dei casi, a beni importati o esportati o a soggetti di altri Stati membri e, dunque, discriminatorie) od “indistintamente applicabili” (rivolte a tutti i beni o soggetti, inclusi quelli nazionali). Le prime «sono ammesse solo se possono rientrare in una deroga espressa prevista dal Trattato e cioè, per quanto riguarda il diritto di stabilimento, dall’art. 46. Quelle indistintamente applicabili a soggetti nazionali e di altri Stati membri possono essere consentite solo se giustificate da eventuali esigenze imperative ed, anche in tal caso, comunque, a condizione che siano idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto a tal fine necessario» (conclusioni dell’Avvocato generale Xxxxxxx, presentate il 7 luglio 2005, avanti la Corte di giustizia nella causa n. C-411/03, SEVIC Systems AG, in Raccolta, 2005, p. I-10805). La norma discriminatoria (distintamente applicabile) è derogabile pertanto, a mente dell’art. 46 TCE (ora 52 TFUE) solo per motivi di
dell’Unione debbano rispettare, nell’esercizio delle proprie attività, le libertà fondamentali occorre, al contempo, ammettere che le stesse possano, al pari degli Stati, fondare l’introduzione di restrizioni sulla presenza di un interesse generale meritevole di tutela. Venendo allo specifico, ci si può chiedere se, in una controversia tra un produttore ed un distributore, ove il distributore eccepisca la lesione al diritto di stabilimento causata da una clausola di localizzazione (attribuendo efficacia orizzontale a questo diritto) ed il produttore, a sua volta, legittimi la clausola con il regolamento di esenzione, la clausola del luogo di stabilimento superi entrambi gli ostacoli rappresentati dalle due differenti normative
Nel caso in esame, ai fini di fondare una restrizione alla libertà di stabilimento, viene in considerazione l’interesse a migliorare la distribuzione dei prodotti. Interesse che è riconosciuto dallo stesso art. 101, par. 3 TFUE. Tale interesse sembrerebbe rispettare anche i criteri generali di proporzionalità e giustificazione140. Criteri la cui presenza non pare facile contestare in relazione al regolamento di esenzione e che, comunque, risultano imposti già dall’art. 101 TFUE in relazione all’adozione di norme (quale un regolamento di esenzione) che dichiarino inapplicabile il divieto stabilito dall’art. 101 par. 1 a determinate categorie di accordi.
Alla luce delle osservazioni ora svolte pare, tuttavia, che la questione inerente all’introduzione, da parte delle ricordate disposizioni del regolamento n. 330/2010Ue, di una restrizione al diritto di stabilimento meriterebbe in ogni caso un chiarimento da parte della Commissione europea142. Ciò quanto meno sotto il profilo della politica legislativa.
ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Nella sostanza, quando è diretta a reagire a «una minaccia effettiva e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività» (v. la sentenza della Corte di giustizia del 26 novembre 2002, in causa n. C-100/01, Ministero dell’interno c. Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx, in Raccolta, 2002, p. I-10981).
140Sulla necessità di una giustificazione della restrizione e della proporzionalità della misura, v. Corte di giustizia del 22 gennaio 2002, Canal Satélite Digital SL c. Adminstración General del Estado, cit. supra, nota 90. All’art. 16, n. 1, lettera c), della direttiva n. 123/2007C si definiscono proporzionali i requisiti che sono tali da garantire il raggiungimento dell’obbiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere l’obiettivo.
141Sulla libertà d’iniziativa economica, v. X. XXXXXX, Regolamentazione del mercato e libertà di iniziativa privata: l’incidenza del diritto comunitario sulla costituzione economica, in A. VIGNUDELLI (a cura di), Istituzioni e dinamiche del diritto – Mercato Amministrazione Diritti, Torino, p. 142 ss., spec. p. 148.
142La questione non è stata sollevata dalle associazioni di categoria dei costruttori di vetture nelle osservazioni inviate alla Commissione Europea in previsione del nuovo regolamento del settore automobilistico, probabilmente perché facevano affidamento sulla linea espressa dalla Commissione nel regolamento n. 1400/2002/Ce che vietava la location clause.
Parte II
Il settore automotive
1. Il quadro normativo automotive in sintesi
Il quadro normativo dedicato specificamente al settore automotive è oggi principalmente composto dal regolamento di esenzione per categoria n. 330/2010/Ue, destinato a regolare tutte le intese verticali, integrato, per quando riguarda le specificità del settore, e, in particolare, i servizi post-vendita, dal regolamento n. 461/2010/Ue e dalle relative guidelines143.
In precedenza, unico riferimento normativo per il settore automobilistico era il regolamento n. 1400/2002/Ce sulla distribuzione delle vetture, accompagnato da un Opuscolo esplicativo145. Il regolamento n. 2790/1999/Ce era, infatti, inapplicabile agli accordi ricadenti in altri regolamenti di esenzione per categoria146.
Il regolamento n. 461/2010/Ue è entrato in vigore il 1° giugno 2010: pertanto, il settore post-vendita trova immediata regolamentazione.
Invece il regolamento n. 330/2010/Ue147 si applicherà alla distribuzione dei veicoli dal 1° giugno 2013; sino a tale data l’esenzione sarà assicurata dal regolamento 1400/2002/Ce.
Va, comunque, precisato che la normativa UE dedicata al settore automobilistico è molto frammentata ed è presente anche in altri documenti tecnici, tra i quali degni di menzione sono il regolamento n. 715/2007/Ce148 sulle emissioni dei gas di scarico e le informazioni tecniche e la direttiva n. 46/2007/Ce sull’omologazione delle vetture149.
Le guidelines fanno ampio riferimento al regolamento n. 715/2007/Ce nell’esame delle restrizioni concernenti il rilascio di informazioni tecniche per la riparazione.
2. Il regolamento n. 1400/2002/Ce
Con il regolamento n. 1400/2002/Ce la Commissione europea si era proposta un intervento normativo particolarmente ambizioso; le aspettative sono andate deluse, ma grande è stato lo sforzo profuso.
143Cit. supra, nota 2; ivi, ai par. 10, 11 e 15, si precisa che il settore della vendita è convenientemente regolato dal regolamento n. 330/2010/Ue; che occorre prendere in considerazione nel regolamento n. 461/2010/Ue solo determinate caratteristiche del settore post- vendita e che questo aggiunge requisiti più severi alle restrizioni verticali previste dal regolamento n. 330/2010/Ue.
144V. par. 14, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
145V. Opuscolo Esplicativo sulla distribuzione e servizi di assistenza degli autoveicoli nell’Unione europea, DG Concorrenza, in Guce n. L. 203 del 1° agosto 2002, p. 30.
146V. art. 2, punto 5. Nel regolamento n. 330/2010/Ue, dopo la precisazione che il regolamento non si applica ad accori soggetti ad altri regolamenti di esenzione, viene precisato: “salvo che in essi non sia diversamente disposto”. Nel regolamento n. 461/2010/Ue viene appunto disposto diversamente.
147Erroneamente indicato all’art. 2 del regolamento n. 461/2002/Ue come regolamento n. 333/2010/Ue.
148Cit. supra, nota 33.
149Direttiva n. 46/2007/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 settembre 2007 sulla omologazione delle autovetture, in Guue n. L 263 del 9 ottobre 2007, p. 1 ss.
L’impostazione del regolamento n. 1400/2002/Ce è, dunque, molto diversa da quella del regolamento n. 2790/1999/Ce. Quest’ultimo è essenziale e lascia molta libertà alle parti nella confezione del contratto di distribuzione, il primo è eccessivamente dettagliato e comprende anche aree non esattamente attinenti con la concorrenza.
L’art. 3 del regolamento in esame (n.1400/2002/Ce) prevede una serie di condizioni di applicabilità, tra le quali: a) la facoltà del distributore o del riparatore di cedere l’impresa all’interno della rete; b) l’indicazione dei motivi del recesso del costruttore; c) la durata del contratto a tempo determinato non inferiore a 5 anni; d) il periodo di preavviso del recesso non inferiore a 24 mesi,
e) la devoluzione della determinazione di parti indeterminate dell’accordo ad un esperto indipendente.
L’art. 4 descrive le restrizioni fondamentali vietate. Il produttore non può determinare il prezzo di vendita del distributore, ma può indicare un prezzo massimo di vendita od un prezzo raccomandato. Inoltre, non può imporre limitazioni al territorio (c.d. “zona”) sul quale dovrà operare od ai clienti cui potrà vendere, salvo alcune eccezioni: a) la limitazione delle vendite attive del distributore in un territorio che il produttore si è riservato od ha attribuito ad un altro concessionario; b) la limitazione delle vendite ai clienti finali di un distributore operante al livello del commercio all’ingrosso; c) la limitazione della vendita di pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti; d) la limitazione delle vendite di autoveicoli nuovi a distributori indipendenti.
Sono individuate, inoltre, altre gravi restrizioni: a) i divieto di forniture incrociate tra distributori o riparatori all’interno di un sistema di distribuzione selettiva; b) il divieto delle vendite attive o passive di autoveicoli o pezzi di ricambio agli utilizzatori finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva che operano a livello del dettaglio in mercati nei quali è utilizzata la distribuzione selettiva; c) la limitazione delle forniture dell’intera gamma di prodotti; d) la limitazione facoltà del distributore di subappaltare i servizi di riparazione e manutenzione a riparatori autorizzati; e) la limitazione della facoltà del riparatore autorizzato di limitare le proprie attività alla prestazione di servizi di riparazione e manutenzione e alla distribuzione di pezzi di ricambio; f) l’accordo tra un fornitore di pezzi di ricambio originali o di qualità corrispondente, di attrezzature di riparazione o diagnostica o altre apparecchiature, ed il produttore che limita la facoltà del fornitore di vendere tali beni o servizi a distributori o riparatori autorizzati o indipendenti o ad utilizzatori finali; g) la limitazione della facoltà del distributore o del riparatore autorizzato di ottenere pezzi di ricambio originali o di qualità corrispondente da una impresa terza di propria scelta e di utilizzarli per la riparazione o la manutenzione di autoveicoli, h) la restrizione, concordata tra un costruttore di
150V., X. XXXXXXX, Diritto Comunitario, cit. supra, nota 91, in particolare alla nota del testo n.
175. Il regolamento n. 1400/2002/Ce appare la massima espressione di quella tipologia di regolamenti che hanno struttura molto articolata, composta da clausole vietate ed ammesse. Per l’uso delle clausole "bianche" e "nere" nei regolamenti di esenzione, v., cit. supra, nota 82.
autoveicoli che utilizza componenti per l’assemblaggio iniziale di autoveicoli e il fornitore di detti componenti, che limiti la facoltà per quest’ultimo di apporre in maniera efficace e chiaramente visibile il proprio marchio o logo sui componenti forniti o sui pezzi di ricambio; i) la limitazione al rilascio agli operatori indipendenti di informazioni tecniche, attrezzature di diagnostica e altre apparecchiature o attrezzi, compreso tutto il software rilevante, o alla formazione richiesta per la riparazione e la manutenzione di detti veicoli o per l’applicazione di misure di tutela ambientale.
L’art. 5 prevede altre restrizioni vietate definite condizioni specifiche:obblighi di non concorrenza diretti od indiretti, limitazioni alla facoltà del riparatore autorizzato di riparare veicoli di marche concorrenti, divieti indirizzati a singole marche concorrenti, divieti di fornire servizi di marche concorrenti, divieti di aprire nuovi punti vendita. Gli obblighi di non concorrenza (che comprendono l’obbligo del distributore di non vendere prodotti concorrenti o quello di acquistare dal produttore prodotti in misura superiore al 30% del suo fabbisogno annuo), diversamente da quanto stabilito nel regolamento n. 2790/1999/Ce, sono considerati clausole vietate e non soggette a valutazione.
Il regolamento (come sopra evidenziato nella descrizione delle restrizioni) ha imposto la separazione della vendita delle vetture dall’assistenza post-vendita, con l’evidente finalità di creare maggior concorrenza in quest’ultimo settore, aumentando il numero delle imprese che possono operare sul mercato.
Anche la vendita dei ricambi è separata da quella delle vetture ed inglobata negli stretti regimi distributivi proposti dal regolamento. L’operazione non ha portato vantaggi concreti, ma ha complicato non poco le cose. Non si giustifica, infatti, l’obbligo di utilizzare, nella distribuzione dei ricambi, solo il sistema selettivo od esclusivo, escludendo forme di distribuzione alternative come, ad esempio, il franchising152.
Il regolamento ha inoltre obbligato i costruttori a rendere accessibili le informazioni tecniche necessarie per la riparazione dei veicoli agli operatori indipendenti (riparatori, costruttori di ricambi, società di commercializzazione di ricambi); in tal modo essi possono competere con il costruttore. La Commissione europea ha constatato, in questo settore, una scarsa concorrenza: la riparazione di una vettura necessita, infatti, oltre che di strumenti specifici per la riparazione, anche di strumenti che effettuano, per mezzo di programmi software, la diagnosi del deficit presentato dal veicolo ed offrono immediate soluzioni applicative153.
151Sulla difficile convivenza di più marche nello stesso salone espositivo del concessionario v. il punto n. 5 delle Frequently asked questions on the new motor vehicle block exemption (FAQ), cit. supra, nota 113.
152M. XXXXXXXX - X. XXXXXXX, Il campo di applicazione del nuovo regolamento auto: alcune osservazioni in tema di pezzi ricambio e servizi di riparazione, in Contratto e impresa Europa, 2003, p. 119.
153La tematica delle informazioni tecniche è affrontata dal regolamento n. 715/2007/Ce, cit. supra, nota 33.
3. Le quote di mercato
Le quote di mercato del produttore si calcolano sul mercato rilevante. Il mercato rilevante è formato dal mercato del prodotto collocato nel mercato geografico.
Il mercato geografico è (in una definizione ricorrente) un’area nella quale i partecipanti all'intesa forniscono beni e servizi rilevanti e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue per l'assenza di significative possibilità di sostituzione geografica. Tra gli elementi pertinenti per la determinazione del mercato geografico rilevante rientrano la natura e le caratteristiche dei beni e servizi di cui trattasi, l'incidenza dei costi di trasporto, l'esistenza di altri ostacoli all'entrata, le preferenze dei consumatori, sensibili differenze delle quote di mercato delle imprese tra aree geografiche contigue, sostanziali differenze di prezzo nella quale sono rilevate condizioni omogenee.
I mercati del prodotto considerati dalla normativa antitrust nel settore automobilistico (ed, in particolare, dal regolamento n. 1400/2002/Ce) sono tre154: quello della vendita delle autovetture, quello della vendita dei pezzi di ricambio e quello dell’assistenza post-vendita. Del primo fanno parte pochi costruttori, che generalmente non detengono quote di mercato superiori al 30%155. La quota si calcola sul mercato in cui l’acquirente (concessionario) effettua l’acquisto: esso è influenzato, nel caso della vendita di prodotti finali, dal gusto del cliente finale. Per tale motivo, per determinarlo, generalmente si usa un paniere di vetture considerate, sotto il profilo della domanda (cliente finale), corrispondenti (sostituibili) per caratteristiche, prestazioni, prezzo e qualità. Per motivi di praticità si fa spesso riferimento ai segmenti utilizzati dalla stampa specializzata per descrivere gruppi di vetture omogenee156. Il segmento diviene il mercato rilevante del prodotto. Occorre poi determinare (attraverso i criteri sopra indicati) il mercato geografico. È tuttora incerto se si possa configurare un mercato geografico corrispondente ai paesi dell’Unione o
154Prevalentemente si ritiene il mercato dei pezzi di ricambio un mercato separato da quello delle autovetture e da quello dell’assistenza post-vendita. Tale impostazione è contestata da coloro che ritengono che il mercato delle vetture attragga quello dei pezzi di ricambio e che vetture e ricambi costituiscano un unico mercato, in quanto valutati come sistema unitario (v. par. n. 57, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2, nonché Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, cit. supra, nota 54). Si è anche sostenuto che è ingiustificato creare un mercato solo della marca nella riparazione perché, generalmente, il riparatore presta servizi per tutta la clientela, non solo di quella marca. In effetti, la tesi della Commissione europea che propugna un mercato della riparazione della marca può trovare ingresso nel caso di riparatori esclusivi, realtà non sempre rintracciabile. Certamente esiste, nella configurazione di un mercato della marca, un’evidente asimmetria tra il periodo della garanzia post-vendita e quello successivo. Nel primo il costruttore del mezzo ha alte quote di mercato, nel secondo queste quote calano vistosamente, ma la misurazione non ne tiene evidentemente conto.
Non si esclude che non si possa rilevare un distinto mercato del post-vendita e che pertanto questo mercato rimanga assorbito da quello della vendita. Gli effetti potrebbero essere rilevanti perché il costruttore detiene, generalmente, nella vendita quote di mercato minori. Il caso potrebbe essere quello di un piccolo costruttore con una esigua rete di riparatori autorizzati, v. nota 50 della Comunicazione della Commissione, Il futuro quadro normativo in materia di concorrenza applicabile al settore automobilistico, cit. infra, nota 173.
155Ci sono poche eccezioni che si determinano quando un costruttore possiede vari marchi molto radicati nel territorio.
156V. la valutazione della Commissione europea nella procedura di concentrazione n° IV/M.1519, Nissan – Renault, in data 12 maggio 1999, alla pagina Internet: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxx/x0000_xx.xxx.
se debba farsi riferimento a mercati nazionali (il problema non si pone per le vetture con guida a destra, utilizzate solo in un paese).
Il regolamento n. 1400/2002/Ce157 ha previsto come metodo di calcolo quello dei volumi (numero) delle vendite della marca sul mercato rilevante 158.
Il regolamento n. 330/2010/Ue applica il diverso criterio del valore delle vendite (fatturato della marca) sul mercato rilevante159. Poiché in questo regolamento la quota di mercato deve essere rilevata a livello sia del produttore che dell’acquirente, si presentava la possibilità di utilizzare, per rilevare la quota, il mercato in cui opera l’acquirente (mercato “a monte”) o il mercato in cui l’acquirente rivende al consumatore il prodotto (mercato “a valle”). La scelta è caduta sul primo (se i produttori vendono le vetture direttamente alle società di locazione o leasing, attraverso una distribuzione diretta, nel mercato “a valle” la quota di mercato dei concessionari è minore, subendo la concorrenza di questi). I criteri di calcolo rimangono i medesimi utilizzati in precedenza (per segmenti). Sui mercati dei pezzi di ricambio e dell’assistenza post-vendita i costruttori dei veicoli detengono alte quote di mercato. Ciò avviene perché il mercato rilevante è calcolato sulla marca (e non su tutte marche concorrenti160) e nel segmento “a
157V. art. 8, par. 1, regolamento n. 1400/2002/Ce: “Le quote di mercato di cui al presente regolamento vengono calcolate come segue: a) per la distribuzione di autoveicoli nuovi, sulla base del volume dei beni oggetto del contratto e dei beni corrispondenti venduti dal fornitore, nonché di tutti gli altri beni venduti dal fornitore che sono considerati dall'acquirente intercambiabili in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati; b) per la distribuzione di pezzi di ricambio, sulla base del valore dei beni oggetto del contratto e di altri beni venduti dal fornitore, nonché di tutti gli altri beni venduti dal fornitore che sono considerati dall'acquirente intercambiabili in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati; c) per la fornitura di servizi di riparazione e manutenzione, sulla base del valore dei beni oggetto del contratto venduti dai membri della rete di distribuzione del fornitore, nonché di tutti gli altri beni venduti da tali membri che sono considerati dall’acquirente intercambiabili in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati. Qualora i dati in volume necessari per questi calcoli non siano disponibili, è possibile utilizzare dati in valore e viceversa. Qualora tali informazioni non siano disponibili, è possibile utilizzare stime basate su informazioni di mercato affidabili. Ai fini dell'articolo 3, paragrafo 2, il calcolo della quota di mercato viene effettuato sulla base del volume o del valore degli acquisti sul mercato oppure in base ad una stima di questi”. Corsivo aggiunto.
158Sul calcolo della quota di mercato, v. Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, cit. supra, nota 54.
Non sempre però si usa questa metodologia; in alcuni casi si è preferito il più semplice criterio dei volumi venduti dal costruttore sul mercato automobilistico comunitario (v. Commission clears new Porsche distribution and after sales service arrangements, 3 maggio 2004, IP/04/585; nonché decisione della Commissione del 28 gennaio 1998, IV/35.733, Volkswagen AG c. Commissione delle Comunità europee, in Guce n. L 124 del 25 aprile 1998, p. 60 ss.).
159V. art. 7, regolamento n. 330/2010/Ue, cit. supra, nota 1: “Ai fini dell’applicazione delle soglie di quota di mercato di cui all’articolo 3 si applica quanto segue: a) la quota di mercato del fornitore viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato e la quota di mercato dell'acquirente viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore degli acquisti sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite o al valore degli acquisti sul mercato, la quota di mercato dell’impresa interessata può essere stabilita usando stime basate su altre affidabili informazioni di mercato, ivi compresi i volumi delle vendite e degli acquisti sul mercato”. Corsivo aggiunto.
Le vendite della marca sono pertanto considerate entro un paniere (segmento) di vetture concorrenti.
160V. par. 57, Orientamenti del settore automobilistico. Non sembra sussistano giustificazioni obiettive a questo criterio. Al par. 15 del documento in parola si rileva che i servizi di assistenza post-vendita e della distribuzione dei ricambi sono generalmente organizzati per marca. Se i
valle” cioè nella relazione tra l’officina ed il cliente finale. Nel momento in cui il cliente finale opera la scelta d’acquisto di una vettura, restringe già l’offerta di servizi di riparazione alla vettura. Egli può scegliere di far riparare la sua vettura presso la rete del costruttore od i riparatori indipendenti. Il mercato si riferisce, pertanto, alla marca.
Durante il periodo in cui il veicolo usufruisce della garanzia di fabbrica, il proprietario del veicolo ricorre a riparazioni esclusivamente presso la rete ufficiale del costruttore, la quale utilizza "pezzi originali161". I costruttori di pezzi di ricambio concorrenti, in questo periodo, non sono in grado di competere efficacemente col costruttore del veicolo. Il mercato dell’assistenza post-vendita è poi molto condizionato dal possesso da parte del costruttore del veicolo di informazioni sulla riparazione non disponibili sul mercato.
Com’è noto, il regolamento n. 1400/2002/Ce poneva 2 soglie di applicazione, corrispondenti a 2 quote di mercato: 30% e 40%. La prima riservata al regime (distributivo) esclusivo, la seconda a quello selettivo quantitativo.
Il sistema selettivo qualitativo era invece consentito qualsiasi quota di mercato detenesse il produttore, anche del 100% (art. 3, punto 1), essendo di scarso effetto anticompetitivo. Si è detto che, a particolari condizioni, questo sistema si può ritenere al di fuori del par. 1 dell’art. 101 TFUE162, tuttavia i contratti di assistenza post-vendita non sempre pongono in essere un sistema selettivo "puro"163, ma generalmente necessitano dell’esenzione per categoria del regolamento automobilistico164.
Il regolamento n. 461/2010/Ue non àncora la legittimità della distribuzione selettiva qualitativa ad una quota di mercato per cui si deve applicare quella unica (30%) fissata dal regolamento n. 330/2010/Ue.
Si afferma al par. 59 delle guidelines che: «il nuovo quadro giuridico permette alla Commissione e alle autorità nazionali preposte alla concorrenza di proteggere più facilmente la concorrenza fra officine indipendenti e riparatori autorizzati, così come fra i membri di ogni rete di riparatori autorizzati. In particolare, la riduzione dal 100 % al 30 % della soglia della quota di mercato per l'esenzione relativa alla distribuzione selettiva basata su criteri qualitativi lascia più ampio margine d'azione alle autorità preposte alla concorrenza».
Non è chiaro se la Commissione europea userà, nello stabilire se un accordo ricade entro la quota fissata, molta rigidità oppure una certa elasticità. Dagli
servizi del costruttore venissero misurati su tutti i veicoli del segmento di corrispondenza, anche delle marche concorrenti, si determinerebbero quote di mercato inferiori.
161La definizione più recente di parti originali si rintraccia nella direttiva 46/2007/Ce, cit. supra, nota 150, che all’art. 3, punto 26: “parti o apparecchiature originali», parti o apparecchiature costruite conformemente alle specifiche e alle norme di produzione fornite dal costruttore del veicolo per la produzione di parti o apparecchiature per l’assemblaggio del veicolo in questione. Esse includono le parti o le apparecchiature costruite nella stessa linea di produzione di tali parti o apparecchiature. Salvo prova contraria, si presume che le parti costituiscono parti originali se il costruttore delle stesse certifica che esse hanno qualità equivalenti ai componenti utilizzati per l’assemblaggio del veicolo in questione e sono state costruite conformemente alle specifiche e alle norme di produzione del costruttore del veicolo”.
162V. par. 43, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
163V., cit. supra, nota 77.
164Ricorrono nei contratti post-vendita clausole sugli standard tecnici o prestazionali, sull’uso dei ricambi originali, sulla gestione del sistema multimarca, ecc. che possono farli ricadere nel par. 1 dell’art. 101 TFUE.
Orientamenti per il settore automobilistico si ricava165 che può essere esentato un sistema distributivo di autoveicoli selettivo quantitativo se il fornitore non supera la quota di mercato del 40%. La regola, tuttavia, riguarda il settore della vendita delle vetture, ritenuto maggiormente concorrenziale rispetto a quello dell’assistenza post-vendita.
La Commissione europea, mantenendo per il settore dell’assistenza post- vendita, come limite di accesso all’esenzione, una soglia molto bassa (30%), determina, in pratica, l’inapplicabilità del regolamento per un alto numero di contratti di questo settore. Essa ha rilevato di recente166 che, in tal modo, per i contratti che non rientrano nella sopra detta quota di mercato, norma di riferimento diventa il par. 1 dell’art. 101 TFUE. La valutazione all’interno di questo paragrafo richiede, innanzi tutto, un esame della presenza, sul mercato rilevante, di almeno un (efficace) canale alternativo di riparazione (rappresentato dai riparatori indipendenti167).
Se l’accordo considerato non contiene nessuna delle restrizioni vietate dall’art. 5 del regolamento 461/2010/Ue, può rientrare nella esenzione (ove contemporaneamente rispetti anche le altre condizioni del regolamento n. 330/2010/Ue). Se contiene una o più di dette restrizioni ricade nel par. 1 dell’art. 101 TFUE e difficilmente potrà essere recuperato ai sensi del par. 3 della stessa norma, come precisato al punto n. 47 degli Orientamenti sulle restrizioni verticali.
165V. par. 56; v. sul punto anche il par. 181 del documento: Commission Staff Working Document accompayng the Communication from the Commission the futur competition low frame work applicable to the motor vehicle sector, Impact assessment” (COM 2009 388 final). 166V. documento Antitrust: Commission adopts revised competition rules for the motor vehicle sector: frequently asked questions (MEMO/10/217, del 27 maggio 2010), ove: “The new block exemption regulation will apply as from 1 June 2010. The main change is that agreements between vehicle manufacturers and their networks of authorized repairers and spare part distributors will no longer benefit from the automatic exemption. This is because these networks usually have a market share of over 30%. This in turn will make it easier to deal directly with refusals to release technical information or the misuse of warranty terms aimed at excluding independent repairers or with new types of restrictions that may arise. Similarly, agreements obliging authorized repairers to purchase spare parts from car manufacturers are unlikely to be block exempted, as vehicle manufacturers also tend to have a market share exceeding 30% in the spare parts markets”.
167Ciò emerge dai par. 62, 63, 64 degli Orientamenti per settore automobilistico, cit. supra, nota 2, ove si precisa che il sistema selettivo qualitativo è giudicato al di fuori del par. 1 dell’art. 101 TFUE, ma, nel caso in cui sia insufficiente il rilascio di informazioni tecniche sul mercato, il recupero dell’accordo potrebbe difficilmente avvenire ai sensi del par. 3.
Nella sostanza, quando il costruttore della vettura poteva utilizzare il regolamento di esenzione per categoria (n. 1400/2002/Ce), gli era sufficiente attenersi alle regole imposte dal medesimo; ora le regole del nuovo regolamento di esenzione (n. 461/2010/Ue) costituiscono solo la base per accertare, in fatto, la presenza di un effettivo canale alternativo per consumatori. E’, pertanto, richiesto ai costruttori di vetture di accertare, in fatto, il reale funzionamento del sistema. L’onere della prova si sposta, pertanto, sul costruttore, v. di recente, X. XXXXX-X. XXXXX, Le nouveau droit de la distribution de l’automobile, Revue XXXX, 2010, 52.
168V. art. 7, lettera c), regolamento n. 330/2010/Ue. Manca, tuttavia, una definizione di distributore integrato: allo stato, la definizione rimanda alla figura dell’agente di commercio.
4. Clausole particolari sull’equilibrio contrattuale
Il regolamento n. 1400/2002/Ce poneva anche una serie di clausole sull’equilibrio contrattuale, definite condizioni, quali quelle sulla determinazione, a mezzo di un esperto indipendente, dei target sulle vendite e degli standard tecnici; sulla motivazione del recesso; sulla facoltà di vendere l’impresa ad altro concessionario/riparatore della rete e sulla durata del preavviso nel recesso.
Nel contratto di distribuzione vi è generalmente un naturale squilibrio di forza tra le parti e la Commissione europea ne è ben conscia. Già col primo regolamento di esenzione per categoria dei contratti di distribuzione in esclusiva (n. 67/1967/Cee)169 si limitavano gli obblighi che potevano essere imposti al concessionario esclusivo. I regolamenti successivi hanno seguito questa via170, cercando anche di migliorare la concorrenza sul mercato e rafforzare la posizione dei distributori.
Maggiore è l’indipendenza economica del distributore, maggiore è la possibilità che questo si sottragga ad iniziative del costruttore volte a restringere la concorrenza sul mercato.
È sorta discussione sull’opportunità della presenza di queste clausole in un regolamento di esenzione171, perché gli obiettivi degli xxx.xx 101 e 102 TFUE sono quelli di proteggere la concorrenza sul mercato ed è improprio utilizzare un regolamento per creare una normativa uniforme contrattuale in tema di distribuzione172.
Si noti peraltro, che l’art. 2 del regolamento n. 1400/2002/Ce, con disposizione identica a quella del regolamento n. 2790/1999/Ce, dichiara l’inapplicabilità del par. 1 dell’art. 101 TFUE a quegli accordi che riguardano: «le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere autoveicoli nuovi». Tali condizioni non sembra possano riguardare le clausole di equilibrio della posizione delle parti contrattuali. Ne deriva che il regolamento non dovrebbe interessarsi alla relazione interna tra produttore e concessionario se non nel limite in cui essa determini diverse modalità di vendita al cliente finale (ad esempio, le modalità di assortimento dei prodotti e di esposizione dei medesimi nei saloni di vendita al pubblico sono modalità che condizionano le scelte del pubblico).
169Regolamento n. 67/1967/CEE, cit. supra, nota 74.
170Che si possa arrivare a forme ritorsive nei rapporti tra fornitore e distributore emerge chiaramente dal par. 26 degli Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
171G. BRUZZONE - F. SAJA, Modernizzazione dei regolamenti di esenzione, in Contratto e Impresa Europa, 2003, p. 108.
172 V. ‘considerando’ n. 9 del regolamento n. 1/2003/Ce, cit. supra, nota 9.
173 V. Comunicazione della Commissione, Il futuro quadro normativo in materia di concorrenza applicabile al settore automobilistico, alla pagina Internet: xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx/0000/Xxxxxxx%0000XX.x df.
Va precisato che esse si ponevano come obiettivo da raggiungere, per cui sarebbe stato possibile creare clausole contrattuali differenti, ma utili per conseguire risultati equivalenti174. Ciò ben emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che ha analizzato la relazione tra le clausole di stabilità e la normativa positiva nazionale175. Non sempre le clausole di stabilità, immediatamente trasposte nei contratti, si sono rilevate compatibili col diritto positivo, ma hanno necessitato di essere adattate. Si consideri la clausola sul recesso motivato. Essa riguarda il profilo antitrust; se non applicata, avrebbe potuto portare al mancato utilizzo del regolamento, ma il giudice ordinario avrebbe potuto ritenere il concedente non obbligato a motivare il recesso (sotto il profilo contrattuale il recesso ordinario non necessita di motivazione). La regola del recesso motivato serve unicamente alla Commissione europea per ricercare nel comportamento del produttore un intento persecutorio/ritorsivo verso il concessionario, analizzando il contesto nel quale è avvenuto. Nei contratti si sarebbe, pertanto, potuto assicurare il principio ricorrendo al più generale principio dell’abuso di dipendenza economica.
Le clausole sull’equilibrio contrattuale contenute nel regolamento n. 1400/2002/Ce si presentano, pertanto, sotto la veste ambivalente di regole sulla concorrenza e di regole di diritto positivo. Come regole sulla concorrenza costituiscono principi protesi a rafforzare l’indipendenza economica del distributore, migliorando la concorrenza nel settore.
La Commissione europea, nella Relazione di valutazione del regolamento n. 1400/2002/Ce176 ha rilevato che occorre focalizzare sugli effetti dell’intesa, conseguentemente è opportuno lasciare ai regolamenti di esenzione solo le norme sulla concorrenza, evitando un eccesso di regolamentazione. Ciò, a giudizio della Commissione, consentirà alle parti di plasmare il contratto secondo le loro effettive esigenze. Evidentemente essa pensa che l’indipendenza del concessionario sia sufficientemente tutelata dal diritto positivo nazionale. La nostra magistratura di merito non si è sottratta ad interventi equilibratori, spesso applicando, in via analogica, la normativa sulla subfornitura (che utilizza il principio dell’abuso di dipendenza economica), mentre quella di legittimità è stata molto restia a tali interventi perché invasivi del diritto delle parti alla libera autoregolamentazione del contenuto del contratto. E’ significativo che l’utilizzo della clausola della buona fede abbia trovato nel contratto di concessione di vendita scarsa applicazione, anche se di recente vi è stato un arresto giurisprudenziale di notevole interesse177. Il problema non è, ovviamente, quello
174Come detto, la funzione dei regolamenti di esenzione per categoria post regolamento n. 1/2003/Ce (cit. supra, nota 9) è quella di assicurare alle imprese strumenti di orientamento dell’applicazione del diritto comunitario.
175Ci sembra che ciò emerga in modo palese da una serie di decisioni. Nella sentenza della Corte di giustizia del 18 gennaio 2007, in causa n. C-421/05, City Motors Group c. Citroen Benelux, in Raccolta, 2007, p. I-653, si discute avanti la Corte della possibilità del diritto nazionale di prevedere rimedi equivalenti per assicurare il rispetto della clausola sul recesso motivato contenuta nel regolamento automobilistico.
Nella sentenza della Corte di giustizia del 7 settembre 2006, in causa n. X-000/00, XX-Xxxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, in qualità di mandatari della Vulcan Silkeborg A/S c. Skandinavisk Motor Co. A/S, in Raccolta, 2006, p. I-7637, si precisa che le norme sull’equilibrio contrattuale devono essere interpretate alla luce del diritto nazionale. Sembra quasi che queste norme (di equilibrio) servano solo per assicurare la finalità competitiva, mentre poi lo strumento pratico per raggiungerla sia il diritto nazionale.
176Cit. supra, nota 24.
177V. Cass. sez III, 18 settembre 2009, n. 20106, in NGCC, 2010, p. 129. La decisione ha suscitato molto interesse per l’approccio valutativo del comportamento delle parti; andrà poi
di sostituire la volontà delle parti con il provvedimento del giudice, ma quello di evitare comportamenti immotivati ed irragionevoli ai danni di un soggetto che può trovarsi in uno stato di dipendenza economica.
A nostro giudizio, la posizione della Commissione europea è sostanzialmente corretta allorché vuole lasciare ai regolamenti di esenzione solo le regole sulla concorrenza, ma eccessiva quando si propone di eliminare totalmente quei criteri di equilibrio del contratto che avevano l’effetto di aumentare la concorrenza intrabrand (all’interno della stessa marca).
La sorpresa dei concessionari, per questa nuova impostazione, è stata molta. Il concessionario, perdendo le clausole sulla stabilità del rapporto, perde un acquis comunitario su cui ha riposto, in passato, un legittimo affidamento179 ed ha maturato buona conoscenza.
Va qui precisato che in un interessante intervento, titolato “Who will be in the driver’s seat”180, dell’11 maggio 2000, il Commissario alla Concorrenza Xxxxx dichiarava che era necessario dettare nuove regole per la distribuzione delle vetture che ponessero il consumatore alla guida (arbitro) del sistema distributivo, ipotizzando, tra gli interventi necessari anche un rafforzamento della concorrenza e della posizione del concessionario.
Le nuove guidelines incoraggiano il costruttore a produrre codici di condotta fondati su principi di corretta etica commerciale per regolare questi aspetti, ma
accertato come il giudice del merito, cui la valutazione è stata rinviata, possa tradurre i principi generali della buona fede e correttezza in una regola contrattuale che non si sovrapponga alla libera autodeterminazione delle parti, ma censuri solo comportamenti abusivi.
178V. X. XXXXXXXXXX, Osservazioni presentate alla Commissione europea per conto di FEDERAIPCA, alla pagina Internet: http:xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx/0000_xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxxx_xx0.xxx; nonché dello stesso A., Parere valutativo sulla Relazione della Commissione sul funzionamento e applicazione del regolamento della Comunione n. 1400/02, alla pagina Internet:
http: //xxx.xxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx/xx/xx_xxxx/Xxxxxx_XX_XxxxXX_00000000.xxx.
Xxx si sostiene che le disposizioni di cui all’art. 3, par. 3-6, del regolamento n. 1400/1200/Ce sono state il frutto di una scelta precisa della Commissione europea, suggerita dalla necessità di contribuire a ridurre il tradizionale squilibrio del rapporto contrattuale tra costruttori e concessionari e che, a tale scelta, la Commissione europea ha conferito una precisa valenza concorrenziale, come risulta da alcuni "considerando" del regolamento e dalla constatazione che le disposizioni del regolamento rafforzano i caratteri della distribuzione selettiva, fondata sui principi di non discriminazione e di oggettività dei criteri di scelta degli aderenti. L’A. adombra la possibile violazione del principio generale di affidamento nel caso le disposizioni citate non vengano riproposte nel nuovo regolamento.
179Sul principio dell’affidamento, v. la sentenza della Corte di giustizia del 26 aprile 1988, in causa n. 316/6, Krucker, in Raccolta, 1988, p. 2233, ove si precisa che il principio dell’affidamento fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario; la sentenza della Corte di giustizia del 5 ottobre 1988, in causa n. 00/00, Xxxxxxxx c. Amministrazione dello Stato, in Raccolta, 1988, p. 6177; nonché la sentenza della Corte di giustizia del 13 dicembre 2000, in causa n. C-44/00 P, Société de distribution mécanique et d’automobiles c. Commissione delle Comunità europee, in Raccolta, 2000, p. I-11231.
180Alla pagina Internet: xxxx://xxxxxx.xx/xxxxx/xxxxxXxxxxxxxXxxxxx.xx?xxxxxxxxxxXXXXXX/00/000&xxxxxxxXXXX&xx ed=0&language=EN&guiLanguage=en.
sarà da valutare la propensione dei costruttori ad adottare tali codici181 e l’effettiva utilità dello strumento.
5. Il sistema selettivo quantitativo
Nel settore della distribuzione delle vetture i costruttori di vetture, dopo l’emanazione del regolamento n. 1400/02/Ce avevano generalmente scelto il regime selettivo quantitativo. La scelta non era tanto dipesa dal possesso di alte quote di mercato (per utilizzare il regime selettivo quantitativo occorreva non superare la quota del 40% di mercato), quanto dalla “necessità” di evitare che i distributori indipendenti si rendessero immediatamente acquirenti delle vetture (con il regime selettivo è, infatti, vietato al concessionario di vendere le vetture al distributore indipendente). Poiché il concessionario non era obbligato ad acquistare, presso il costruttore, più del 30% del suo fabbisogno di prodotti, né al concessionario poteva essere imposto di non vendere prodotti in concorrenza, il regime assumeva automaticamente la configurazione multimarca (multibrand).
Un criterio quantitativo è anche la fissazione di un livello minimo di vendite183. Il sistema può porre problemi in relazione alla sovrapposizione delle reti ed agli effetti cumulativi che ne derivano, ma, per quel che qui interessa, di fatto, elimina il contenzioso tra produttore e concessionario. Non si sono, infatti, registrate significative controversie su queste tematiche, anche perché sui criteri per determinare il numero dei concessionari e gli standard tecnici si è raggiunta una certa chiarezza184.
In questa configurazione ha posto problemi la costituzione di una sottorete. Ci si è chiesto se con tali nomine si viola il principio del numero chiuso. La risposta pare debba essere negativa perché la nomina del sub-concessionario non altera, di fatto, i parametri prescelti per formare il numero chiuso, stante la non autonomia del sub-contratto Quest’ultimo dipende, infatti, dall’esistenza del contratto principale. Inoltre, le vendite del sub-concessionario sono alimentate dalle forniture di prodotti contrattuali del concessionario, quindi è come se fossero effettuate da questo. La giurisprudenza francese ha avuto modo di chiarire, in alcune decisioni, che non viene violato il principio del numerus clausus se vengono aperte sedi secondarie da un concessionario della rete.
Va, infine, precisato che al punto n. 70 degli Orientamenti per il settore automobilistico si ipotizza, in determinate situazioni, l’ipotetica possibilità per i costruttori di creare reti di assistenza post-vendita basate su criteri quantitativi, mancano però elementi di valutazione in proposito.
181Un conto è infatti limitarsi ad impegnarsi a riprodurre nei contratti di concessione le clausole di stabilità di cui all’art. 3 del regolamento 1400/2002/Ce, come propone ACEA, altro conto è creare obblighi patrimoniali in caso di cessazione del rapporto a carico dei costruttori dei veicoli, come si propone nel Codice comportamentale di FEDERAIPCA, nel sito Internet dell’associazione, obblighi che difficilmente saranno accettati dai costruttori.
000X. Xxxxx xx Xxxxxxxxxx xxxxx Xxxxxxx, decisione n. 982FS del 28 giugno 2005, Garage Grimaux c. Daimler, alla pagina Internet: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxx_xxxxxx/xxxxx_0000_000_xx.xxx, in relazione ad un parametro pari ad un concessionario ogni 500.000 abitanti.
183 V. par. 45, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
184 Sulla determinazione degli standard tecnici, v. cit. supra, nota 5.
6. Il regolamento n. 461/2010/Ue
Il regolamento n. 461/2010/Ue detta regole precise destinate ai costruttori dei veicoli ed in favore dei riparatori indipendenti, volte a rafforzare la concorrenza sia sul mercato della riparazione (permettendo al riparatore indipendente di competere efficacemente con quello della rete ufficiale), che quella sul mercato della vendita dei ricambi (permettendo al costruttore dei ricambi di competere con il costruttore della vettura).
I due regolamenti sono strutturati allo stesso modo: nella parte centrale hanno le clausole vietate (restrizioni fondamentali).
Il regolamento automotive è principalmente dedicato al settore di assistenza post-vendita, quello sulle intese verticali alla vendita dei prodotti.
Al par. 17 degli Orientamenti per il settore automobilistico si precisa che: «gli accordi non beneficiano dell’esenzione per categoria se contengono restrizioni fondamentali. Tali restrizioni sono elencate nell’art. 4 del regolamento generale di esenzione per categoria per gli accordi verticali e all’art. 5 del regolamento di esenzione per categoria degli autoveicoli».
Come già detto, il settore della vendita dei ricambi e quello dell’assistenza post- vendita sono caratterizzati dal possesso, da parte dei costruttori di veicoli, di quote di mercato superiori al 30% (soglia massima per usufruire del regolamento), ne consegue che l’esenzione non si applicherà alla maggior parte dei contratti dei costruttori di vetture, per i settori considerati; tuttavia, le restrizioni fondamentali, indicate dall’art. 5 del regolamento n. 416/2010/Ue, potranno essere utili per valutare il contratto ai sensi del par. 3 dell’art. 101 TFUE. Dette restrizioni fondamentali fanno, infatti, ricadere il contratto nel par. 1 dell’art. 101 TFUE, con la conseguenza che questo deve poi essere oggetto della valutazione ai sensi del par. 3. Il che implica un’inversione dell’onere della prova per il produttore il quale non può più utilizzare la presunzione di legittimità del regolamento di esenzione.
Nello specifico, i divieti del regolamento n. 461/2010/Ue sono divieti già conosciuti e precisati186 nel regolamento n. 1400/2010/Ue.
185 Ciò per la prima volta: come detto, il regolamento n. 2790/1999/Ce (cit. supra, nota 1) non si applicava agli accordi rientranti in altri regolamenti di esenzione per sua espressa previsione.
L’esercizio risulta meno complicato del previsto perché i due regolamenti si suddividono le aree di intervento. Offrono una visione unitaria gli Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
186All’art. 5 del regolamento n. 461/2010/Ue, cit. supra, nota 2, si precisa che: “L’esenzione di cui all’articolo 4 non si applica agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue: a) la restrizione delle vendite di pezzi di ricambio per autoveicoli da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a riparatori indipendenti che utilizzano tali pezzi per la riparazione e la manutenzione di un autoveicolo; b) la restrizione, concordata tra un fornitore di pezzi di ricambio, di attrezzature di riparazione o diagnostica o altre apparecchiature ed un produttore di autoveicoli, della facoltà del fornitore di vendere tali beni a distributori o riparatori autorizzati o indipendenti o ad utilizzatori finali; c) la restrizione, concordata tra un costruttore di autoveicoli che utilizza componenti per l’assemblaggio iniziale di autoveicoli ed il fornitore di detti componenti, della facoltà del fornitore di apporre in maniera efficace e chiaramente visibile il proprio marchio o logo sui componenti forniti o sui pezzi di ricambio”.
Quanto al settore della distribuzione dei ricambi, il costruttore del veicolo è visto come un’impresa che opera su un mercato di tipo monopolistico nel quale il costruttore dei pezzi di ricambio non riesce a fargli concorrenza. L’assunto necessita di dimostrazione perché, in realtà, il costruttore dei ricambi riesce facilmente a costruire ricambi equivalenti con tecniche di "reverse engineering"187. Pertanto, la fonte di approvvigionamento tipica del riparatore indipendente sarà il produttore di ricambi di qualità equivalente, raramente si rivolgerà alla rete ufficiale del costruttore della vettura per acquistare i ricambi originali188.
Le alte quote di mercato perse dai costruttori di vetture dopo i periodi della garanzia commerciale dimostrano poi che il riparatore indipendente riesce a contrastare efficacemente i riparatori della rete, offrendo parti di ricambio e servizi a minor costo.
Le guidelines offrono alcuni opportuni chiarimenti sulla fornitura dei ricambi. In linea generale il subfornitore dovrebbe essere libero di vendere queste parti, salvo che non sia legato con costruttore del veicolo da un accordo in base al quale quest’ultimo trasferisce al primo un know how segreto e sopporta, in massima parte i costi della tecnologia e dell’innovazione. In questo caso si ritiene che il prodotto del subfornitore sia un prodotto dello stesso costruttore del veicolo il quale solo per una efficienza industriale realizza una produzione all’esterno (outsourcing). In tal caso, in applicazione dei principi sulla subfornitura industriale189, sembra possibile per il costruttore del veicolo porsi come unico canale distributivo.
Nelle guidelines vengono poi precisate le regole per il rilascio di informazioni tecniche ai riparatori indipendenti, a seguito esaminate, in particolare con riferimento al regolamento n. 715/2007/Ce.
a. Nuove forme distributive
La Commissione europea ha più volte evidenziato l’opportunità di aprire il campo a sistemi distributivi alternativi.
Ma quali possono essere altri sistemi distributivi, oltre a quello esclusivo e selettivo? Non sembra sussistano. Salvo pensare a forme di franchising, difficilmente utilizzabili nel mercato europeo a causa della persistente debolezza delle vendite di vetture Tali forme che pare verranno a breve sperimentate nel mercato Usa da FIAT a proposito di un modello di vettura di successo. Nel mercato europeo la richiesta al distributore di alte “fee” di entrata sarebbe difficilmente accolta.
La Commissione intende probabilmente creare all’interno dei due predetti sistemi modelli operativi meno articolati e complessi, con minori costi di gestione190: nella sostanza, con configurazioni tendenzialmente monomarca e standard tecnici meno costosi.
187Secondo le associazione dei costruttori di pezzi di ricambio alcuni costruttori di vetture hanno creato centraline elettroniche che individuano i pezzi di ricambio non originali e li rilevano come difettosi.
188Questo in termini generali; peraltro, l’officina indipendente deve poter acquistare dalla rete ricambi originali ai fini della riparazione.
189V. Comunicazione della Commissione del 18 dicembre 1978, relativa alla valutazione dei contratti di subfornitura alla luce dell'articolo 85, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità economica europea, in Guce del 3 gennaio 1979, pp. 2-3.
190Il punto è ampiamente trattato nella Relazione di valutazione del reg. 1400/2002/Ce, cit. supra, nota 24, ove, a p. 14, si precisa che sembrerebbe che un metodo più flessibile e basato maggiormente sugli effetti dell’accordo garantirebbe risultati migliori per i consumatori.
Ci si è, infatti, resi conto che la bandiera del multimarca è stata un’inutile vessillo di libertà contrattuale, nel momento in cui i costi per gestire una tale configurazione sono spesso eccesivi per un concessionario di una rete ufficiale, costi che non deve sopportare un rivenditore indipendente, non tenuto ad osservare gli standard predisposti dal costruttore del veicolo.
In effetti il regolamento n. 1400/2002/Ce costituiva un grosso ostacolo alla creazione di contratti concessione di vendita formati da schemi contrattuali semplici, su base monomarca, disegnati su relazioni anche di breve durata. Contrariamene a quanto pensava la Commissione europea, la formalizzazione di accordi di lunga durata finisce per creare un vincolo al distributore dal quale difficilmente può uscire. Giustamente il regolamento sulla intese verticali, in diversa ottica, limita le clausole di non concorrenza a cinque anni.
b. Le informazioni tecniche – i siti Internet
Occorre premettere che sino ad un decennio fa le tematiche che si dibattevano nel settore dell’assistenza post-vendita si limitavano all’area della commercializzazione delle parti di ricambio non originali. Da una parte il costruttore del veicolo faceva valere il suo diritto di modello sulla forma complessiva della vettura (e delle sue singole parti), opponendosi alla realizzazione, da parte dei costruttori di ricambi indipendenti, di parti con la medesima forma, dall’altra questi ultimi eccepivano che l’esercizio di tale diritto avrebbe legittimato una abusiva posizione monopolistica sul mercato191. Prevale attualmente, negli ordinamenti nazionali, la tutela del diritto costruttore di ricambi di riprodurre la forma esterna del ricambio da destinare alla riparazione (c.d. repair clause192). Attualmente -sotto il profilo antitrust- la tematica sembra assorbita, in parte, da quella sulle informazioni tecniche per la riparazione: sarebbe infatti illogico permettere ai costruttori di ricambi di ottenere informazioni per la costruzione dei medesimi, ma non permettere loro di riprodurne la forma esterna.
Il concetto di informazioni tecniche è flessibile: allo stato, si desume principalmente dal regolamento n. 715/2007/Ce193, ove è previsto che sia considerata informazione sulla riparazione e sulla manutenzione “ogni informazione sulla diagnosi, la manutenzione, l’ispezione, il controllo periodico, la riparazione, la riprogrammazione o la riinizializzazione del veicolo fornita dai costruttori ai propri concessionari/meccanici autorizzati, con tutti gli emendamenti e supplementi successivi a tale informazione”.
Le informazioni riguardano sia la documentazione tecnica predisposta dal costruttore (c.d. “letteratura tecnica”) ed, in particolare, i manuali d’uso e manutenzione ed i manuali tecnici che i parameri di funzionamento dei sistemi della vettura (ad es. codici di guasto, registro dati) e di costruzione della
191V. la sentenza della Corte di giustizia dell’11 maggio 2000, in causa n. C-38/98, Régie nationale des usines Renault SA c. Maxicar SpA e Xxxxxx Xxxxxxxx, in Raccolta, 2000, p. I- 2973. Attualmente vi sono stati casi di registrazione da parte dei costruttori di vetture di ricambi come marchi tridimensionali.
192V. sul tema “Urgent need for a free market in spare parts and free consumer choice, ECAR Position on the draft Directive amending Directive 98/71/EC on the legal protection of designs” [COM(2004) 582 final 14.9.2004 – 2004/2003 (COD)], January 2009, alla pagina Internet: xxxx://xxx.xxxx- xx.xxx/xxxxxxxxx/XXXXXxxxxxxxXxxxx00.00.xxx.
193Altri riferimenti si hanno nel regolamento n. 1400/2002/Ce, cit. supra, nota 3.
medesima (ad es. schemi di cablaggio). Il costruttore della vettura deve precisare i brevetti che detiene sui sistemi.
Già si è detto che le informazioni tecniche sono rilevanti sotto vari profili che finiscono per sovrapporsi.
Un primo aspetto attiene alla concorrenza.
Le informazioni tecniche costituiscono anche un importante asset del costruttore della vettura che, essendo l’unico soggetto a possederlo, si trova in una posizione dominante sul mercato (art. 102 TFUE197). È anche in relazione a questa posizione che gli viene richiesto di rendere accessibile questo patrimonio di conoscenze tecniche agli operatori indipendenti (e, tra essi, massimamente, ai riparatori indipendenti ed ai costruttori di attrezzature o ricambi indipendenti198).
La tematica delle informazioni tecniche, in termini generali, era già stata trattata nel regolamento n. 1400/2002/Ce che all’art. 4, punto 2, III cpv., affermava:
«tale accesso deve comprendere, in particolare, l’utilizzo, senza restrizioni, dei sistemi di controllo elettronico o di diagnostica degli autoveicoli, la programmazione di tali sistemi secondo le procedure standard del costruttore, comprese le informazioni per la riprogrammazione dei dispositivi elettronici199». Questa norma (ora ripresa dal regolamento n. 715/2007/Ce) dava la possibilità ai riparatori indipendenti di acquistare gli strumenti di diagnosi dedicati, predisposti del costruttore della vettura nonché i software che
194La definizione corrisponde sostanzialmente a quella presente al par. 2.19 del Regolamento n. 83 UNECE del 2008 ove si precisa che sono “informazioni di riparazione, tutte le informazioni necessarie per la diagnosi, la manutenzione, l'ispezione, il controllo periodico o la riparazione del veicolo, messe a disposizione dal costruttore a concessionari e officine di riparazione autorizzati. Tali informazioni comprendono all'occorrenza manuali di manutenzione, manuali tecnici, informazioni diagnostiche (per esempio valori minimi e massimi per le misurazioni), schemi elettrici, numero di identificazione della taratura del software applicabile a un tipo di veicolo, istruzioni per casi individuali e speciali, informazioni su attrezzi e apparecchiature, informazioni sui registri di dati e dati bidirezionali di controllo e prova”.
195V. anche par. 65, lettera d), Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
196V. par. 65 e 67, Orientamenti per il settore automobilistico, cit. supra, nota 2.
197Sulla possibile configurazione del costruttore della vettura come detentore di una Essential facility, si rimanda al ns. Le parti di ricambio nel sistema antitrust, alla pagina Internet: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/.
198Sulla tematica della possibile violazione dell’art. 102 TFUE sul mercato dei ricambi per vetture, v. la sentenza della Corte di giustizia del 5 ottobre 1988, in causa n. 238/87, Volvo c. Veng, in Raccolta, 1988, p. 6211.
199Incidendo sulle aree dei sistemi di diagnosi e dei sistemi di programmazione o riprogrammazione dei software (c.d. “tele caricamenti”) della vettura, si incide sulle aree più segrete del costruttore cioè sulla parte dei software. La problematica inerisce alla possibilità di far interloquire queste applicazioni con strumenti generici, attraverso linguaggi normalizzati. Diversamente il riparatore indipendente dovrebbe acquistare uno strumento per ogni marca, con costi eccessivi.
interagiscono con i sistemi della vettura (c.d. “programmazione e riprogrammazione dei sistemi elettronici”). L’accesso doveva essere fornito in modo non discriminatorio, sollecito e proporzionato alle esigenze del mercato “in a usable form”200.
Un secondo aspetto (del rilascio di informazioni) attiene alla sicurezza nelle riparazioni da parte dei riparatori indipendenti. Essi solo se conoscono esattamente determinate informazioni possono effettuare una riparazione perfetta e sicura sulla vettura (che, in tal modo, può competere con quella effettuata dalla rete).
Infine, un quarto aspetto attiene al rilascio di informazioni tecniche ai fini della regolarità della procedura di omologazione202. All’art. 37 della direttiva n. 46/2007/Ce è previsto che il contenuto delle informazioni tecniche rilasciate dal costruttore della vettura al mercato deve essere esattamente corrispondente a quello rilasciato agli uffici di omologazione.
Per fornire le informazioni viene attualmente imposto (dal regolamento n. 715/2007/Ce) al costruttore della vettura di utilizzare un sito Internet203. Le informazioni devono essere fornite in linguaggi standardizzati (o normalizzati), cioè conformi a norme tecniche rilasciate da enti riconosciuti (nelle guidelines al regolamento n. 461/2010/Ue si precisa che l’uso nella comunicazione di formati non normalizzati -ad esempio non nel formato OASIS- non costituisce, comunque, una violazione dell’art. 101 TFUE).
La disposizione è efficace dal 1° settembre 2009, ma solo per i nuovi modelli di vetture204 (al contrario delle prescrizioni di cui al regolamento 1400/2002/Ce, rivolte a tutte le vetture).
200 Il software non dovrebbe pertanto essere realizzato su formati di proprietà di società terze. 201V. art. 6 del regolamento n. 595/2009/Ce del Parlamento europeo e del Consigli del 18 giugno 2009, in Guue n. L 188 del 18 luglio 2009, p. 1 ss., ove si precisa: “I costruttori forniscono una struttura standardizzata sicura ed a distanza per permettere ai meccanici indipendenti di realizzare operazioni che comportano l’accesso al sistema di sicurezza del veicolo (…)”.
202V. art. 6, punto 7, del regolamento n. 715/2007/Ce, cit. supra, nota 33: “Quando chiede l’omologazione CE o nazionale, il costruttore deve provare all’autorità di omologazione il rispetto del presente regolamento riguardo l’accesso alle informazioni per la riparazione e la manutenzione dei veicoli e delle informazioni di cui al paragrafo 5. Se, in quel momento, le informazioni non sono ancora disponibili o conformi al presente regolamento e ai relativi provvedimenti d’attuazione, il costruttore le fornisce entro sei mesi dalla data dell’omologazione. Se la conformità non viene provata entro tale periodo, l’autorità d’omologazione adotta misure adeguate per garantire la conformità”.
La Commissione europea chiarisce nel documento “Antitrust: la Commissione rivede le norme di concorrenza nel settore automobilistico – FAQ”, del 27 maggio 2010, che il legame tra normativa di omologazione ed informazioni tecniche ha un duplice vantaggio: quello di assicurare la coerenza dei dati rilasciati con quelli forniti in sede di omologazione e quello di assicurare al concetto di informazione tecnica una evoluzione in linea col progresso tecnico.
203V. art. 6 del regolamento n. 715/2007/Ce, cit. supra, nota 33.
204La previsione delle informazioni tecniche solo per i veicoli nuovi ha sollevato perplessità, perché il raggio della disposizione dell’art. 4, punto 2, III cpv. del regolamento 1400/2002/Ce (cit. supra, nota 3) è molto più ampio.
Da tempo la Commissione europea è sensibile alla tematica delle informazioni tecniche. Nell’Allegato XI (relativo ai sistemi di controllo emissioni OBD) della direttiva n. 98/1969/Ce relativa alle misure da adottare contro l'inquinamento atmosferico da emissioni dei veicoli a motore e recante modificazione della direttiva n. 70/220/Cee, modificata dalla direttiva n. 100/1999/Ce, veniva imposto ai costruttori di rendere disponibili le informazioni sulla
Regola base della fornitura delle informazioni è che la medesima informazione che possiede il riparatore autorizzato, la deve possedere, con uguali modalità205, a pagamento, anche il riparatore indipendente. Rimangono, tuttavia, tutelati i diritti di proprietà industriale del costruttore della vettura206.
A questo punto occorre ricostruire il quadro delle informazioni tecniche che devono essere rilasciate. Vanno così escluse le informazioni tecniche che hanno natura di informazioni commerciali, esse fanno parte della strategia dell’impresa e non devono essere rese palesi. Vanno altresì escluse le informazioni sulla progettazione delle parti componenti. L’informazione attiene solo ai parametri di funzionamento dell’apparecchiatura o del ricambio, ai materiali ed al processo di produzione.
Va rilevato, infine, che il regolamento sulle intese verticali n. 2790/1999/Ce prevedeva all’art. 4, lettera e), il divieto di accordi che limitano il diritto del costruttore di parti componenti di vendere direttamente queste parti agli utenti finali ed ai riparatori indipendenti. Nel regolamento n. 1400/2002/Ce questo divieto è esteso (art. 4, lettera j)) ai riparatori della rete. La norma di questo regolamento è molto più favorevole ai costruttori di ricambi.
Il nuovo regolamento sulle intese verticali replica la precedente disposizione (art. 4, lettera e)) del regolamento n. 2790/1999/Ce, ma la specifica disposizione del regolamento n. 1400/2002/Ce è ripresa dal regolamento n. 461/2010/Ue, per cui deve ritenersi quest’ultima la disposizione applicabile al settore automobilistico.
Viene, pertanto, salvaguardato il diritto del costruttore dei pezzi di ricambio di vendere i ricambi anche alla rete ufficiale, diritto che sarebbe stato pregiudicato in caso di mancata reiterazione nel regolamento automobilistico della disposizione.
Le modalità esecutive per il rilascio delle informazioni sono precisate nel regolamento di attuazione n. 692/2008/Ce.
Esso prevede l’emissione da parte del costruttore della vettura di un certificato riguardante il corretto rilascio di informazioni sulla riparazione.
riparazione ai riparatori indipendenti, ad esclusione delle informazioni che sono coperte da diritti di proprietà industriale e che costituiscono know how segreto.
205V. art. 6 del regolamento n. 715/2007/Ce, cit. supra, nota 33, secondo cui: “Il costruttore modifica e completa l’informazione per la riparazione e la manutenzione dei veicoli sui propri siti web nel momento stesso in cui essa è accessibile ai meccanici autorizzati». In precedenza, il par. 3.1.2 del regolamento n. 83 UNECE 2008 disponeva: «Al più tardi tre mesi dopo che il costruttore ha fornito a concessionari od officine di riparazione autorizzati le informazioni sulla riparazione, egli mette a disposizione tali informazioni (nonché le successive modifiche e integrazioni) dietro compenso adeguato e non discriminatorio, dandone comunicazione all’autorità di omologazione. Qualora tale disposizione non venga osservata, l’autorità di omologazione adotta le opportune misure, in conformità alla procedura prescritta per l’omologazione e il controllo, per assicurare la disponibilità delle informazioni relative alle riparazioni”.
206V. par. 2.19 del regolamento n. 83 UNECE 2008: “il costruttore non ha l'obbligo di fornire informazioni che sono coperte da diritti di proprietà intellettuale o costituiscono cognizioni specifiche di cui sono depositari il costruttore o i fornitori del costruttore del dispositivo di origine”.
207Gli operatori indipendenti possono accedere anche ai file ODX attraverso il sito Internet del costruttore, se utilizzati dalla rete.
All’allegato I, appendice 5, è previsto il rilascio di informazioni per la fabbricazione: a) di pezzi di ricambio per dispositivi di diagnosi ed attrezzatura di prove; b) degli strumenti di diagnosi. Anche le informazioni di cui al punto b) sono rilasciate tramite il sito Internet e comprendono la descrizione delle funzioni degli strumenti di diagnosi, di tutti i metodi di collegamenti alle informazioni per la riparazione; le istruzioni per l’individuazione e soluzione dei problemi, in particolare per quanto attiene ai protocolli di comunicazione ed i codici di guasto.
Nell’allegato XIV sono previste norme sulle informazioni tecniche in generale agli operatori indipendenti, sulla gestione dei siti (punto 2.8) ed i costi delle informazioni vendite e la durata. La base minima delle informazioni è quella oraria.
I software per la riprogrammarne dei sistemi devono essere conformi alla norma tecnica J2534 (usata principalmente negli USA).
Esistono poi riferimenti alle informazioni tecniche nella direttiva 46/2007/Ce relativa all’omologazione dei veicoli. All’art. 38209 sono previste nome per il rilascio di informazioni tecniche ai costruttori dei pezzi di ricambio: se le informazioni sono coperte da privative industriali è prevista la concessione di licenze onerose per la produzione (nella sostanza una licenza di trasferimento di tecnologia).
È stata proposta di recente una serie di emendamenti all’allegato XIV del regolamento n. 692/2008/Ce. Nell’ultima versione è previsto che i dati sui pezzi di ricambio, identificati dal costruttore con numerazioni proprie, e sui veicoli, identificati dai VIN, così come originariamente equipaggiati, sono resi disponibili in formato aperto e processabile elettronicamente. Sino a ché non sarà prevista una procedura uniforme, il costruttore può usare un proprio format per il rilascio di dette informazioni.
208Potrebbe essere problematica la cessione sul mercato di informazioni o di parti componenti realizzate da terzi. L’art. 4, lettera b), punto iv), del regolamento n. 3302010/Ue consente al fornitore del pezzo di vietare all’acquirente di rivenderlo a terzi che operano in concorrenza con esso fornitore. In tali casi il costruttore della vettura non può far altro che indicare il nome del fornitore del pezzo e le specifiche della commessa.
209Articolo 38 (Informazioni destinate ai costruttori di componenti o entità tecniche) “1. Il costruttore del veicolo mette a disposizione dei costruttori di componenti o entità tecniche tutte le indicazioni, compresi, se del caso, i disegni specificamente elencati nell’allegato o nell’appendice di un atto normativo, che sono necessarie per l’omologazione CE di componenti o entità tecniche o per l’ottenimento di un’autorizzazione a norma dell’articolo 31. Il costruttore del veicolo può imporre ai costruttori di componenti o entità tecniche obblighi destinati a proteggere la riservatezza di tutte le informazioni che non sono di dominio pubblico, anche per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale”.
I costruttori indipendenti ed i publisher richiedono questi dati (raw data210) per poter con maggior facilità "agganciare" il veicolo oggetto di riparazione al suo allestimento specifico, in tal modo l’applicazione dei ricambi avviene senza margine di errore. L’associazione dei costruttori ACEA è di diverso avviso ed ha evidenziato una serie di problemi quali: a) la mancanza di necessità di una iniziativa comunitaria in quest’area; b) l’allocazione del vantaggio in capo solo ai costruttori indipendenti di pezzi; c) un aumento dei rischi e dei costi per il costruttore della vettura; d) la difficoltà tecnica a elaborare formati standard.
9. Database sulla vita del veicolo
Va da ultimo affrontato il problema della ricostruzione storica delle vicende della vettura e, quindi, della possibilità di accertare tutti gli interventi che vengono eseguiti sulla vettura, attraverso un database aperto (fruibile direttamente dal consumatore o dal riparatore indipendente se da questi autorizzata), gestito dal costruttore della vettura, che registi gli interventi di riparazione, di mero controllo o tagliando, di riparazione per campagne di richiamo, ecc. Il primo interessato a questo servizio è il consumatore il quale, quando accede all’acquisto di una vettura usata, dovrebbe conoscere “la vita” (the history) del veicolo. Può avervi interesse anche il costruttore del veicolo, ove voglia tenere poi un registro storico dei suoi veicoli. Il primo problema è quello del soggetto che deve farsi carico dei costi della gestione di questo database del veicolo. Il secondo è quello della forma che deve avere questo documento. La forma cartacea sembra la meno opportuna, anche per i rischi di smarrimento; la soluzione migliore sembra quella di un data base elettronico. Appare allora utile che il primo acquirente della vettura sottoscriva con il costruttore della medesima una sorta di abbonamento a pagamento per la gestione dei suoi dati, ricevendo ogni notizia sulla riparazione anche dai riparatori indipendenti. I successivi proprietari potranno poi proseguire l’abbonamento. Questo data base potrebbe poi essere il contenitore da cui prelevare le informazioni individuali sul veicolo che i riparatori indipendenti possono richiedere circa l’allestimento del veicolo (c.d. raw data).
La tematica nasce nell’area della manutenzione del veicolo, ove è concesso ai riparatori indipendenti di effettuare operazioni di manutenzione anche nel
210V. Federazione danese delle piccole e medie industrie, opinione espressa alla Commissione in data 4 settembre 2009 in occasione della revisione del regolamento automobilistico, ove si legge: «In comparison to the situation of the authorized garage, the issue is normally not one of different data but a different form of availability which takes into account the need for processing and dissemination. Insofar it is essential that the data (which are also available to the authorized garages on a case-by-case basis) are provided in usable form (that is, in a manner that allows the data to be used for purposes such as a database for multiple makes). The assignment of individual replacement parts to the vehicles they fit is especially important in this regard. This means that the usability of the technical information for the publishers (and also for parts wholesalers and other independent aftermarket operators) requires that the relation between the individual vehicle (identified by its VIN) and the correct replacement parts (normally identified by the OE part number in the systems of the vehicle suppliers) is provided by the vehicle supplier. Without these “raw data”, the technical information would not be usable for many of the independent market operators identified in the current MVBER. L’opinione è consultabile alla pagina Internet: xxxx://xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx/0000_xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxx_xx.xxx.
Sul tema, esprimendo la posizione dei costruttori di veicoli, v. “ACEA, The Euro 5 Comitology amendments on vehicle informations: Myth Vs. Reality”, alla pagina Internet: xxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxxx/xxxxxxx/xxxxx/00000000_Xxxx_0_xxx_xxxxxxx_xxxxxx_xxxxxxxxxxx.xx f.
periodo di garanzia commerciale del veicolo, senza che la garanzia, emessa dal costruttore del veicolo, decada.
Il tema è attualmente affrontato in sede di modifica dell’allegato XIV del regolamento n. 692/2008/Ce.
10. Conclusioni.
Il nuovo quadro normativo del settore dell’automobile si presenta di notevole interesse e molto innovativo. La Commissione europea non ha rinunciato ad una autocritica ed ha abbandonato la struttura articolata del “regolamento Monti” che aveva il torto di regolare troppo la relazione tra concessionario e produttore, pur nella lodevole finalità di rendere maggiormente competitivo il mercato, rafforzando la posizione del concessionario.
Si abbandona una regolamentazione ad hoc per convergere sulla più duttile normativa sulle intese verticali: essa lascia le parti maggiormente libere di ritagliare il contratto sulle effettive necessità loro e del mercato, creando contratti diversi in situazioni diverse. Il contratto non ha più una durata minima cosicché vi può essere, all’interno della rete, una rapida sostituzione dei distributori inefficienti.
La perdita delle norme sull’equilibrio contrattuale potrebbe essere compensata da codici di condotta o da interventi delle associazioni di categoria.
Il settore maggiormente innovativo sarà quello dell’assistenza post-vendita (riparazione e fornitura di informazioni tecniche). In tale settore il produttore della vettura difficilmente potrà usare il “safe harbour” del regolamento di esenzione e dovrà confrontarsi con la restrittiva norma del par. 1 dell’art.101 TFUE: cioè dovrà creare un sistema che consenta ai riparatori indipendenti di operare in concorrenza effettiva con quelli della rete.
Allegati
REGOLAMENTO (UE) N. 461/2010 DELLA COMMISSIONE del 27 maggio
2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate, in particolare l’articolo 1,
dopo aver pubblicato il progetto del presente regolamento,
sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, considerando quanto segue:
(1) In virtù del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione ha il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate corrispondenti che rientrano nel campo di applicazione del paragrafo 1 di detto articolo. I regolamenti di esenzione per categoria si applicano ad accordi verticali che rispettano determinate condizioni e che possono avere portata generale oppure riguardare determinati settori specifici.
(2) La Commissione ha definito una categoria di accordi verticali che ritiene, di norma, conformi alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3 del trattato, e a questo scopo ha adottato il regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, che sostituisce il regolamento (CE) n. 2790/1999 della Commissione .
(3) Il settore automobilistico, che comprende sia le autovetture che i veicoli commerciali, è soggetto a regolamenti specifici di esenzione per categoria sin dal 1985. Il regolamento più recente di questo tipo è il regolamento (CE) n. 1400/2002 della Commissione, del 31 luglio 2002, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico. Il regolamento (CE) n. 2790/1999 non si applicava, come espressamente previsto dalle sue stesse disposizioni, agli accordi verticali oggetto di altri regolamenti di esenzione per categoria. Il settore automobilistico non rientrava pertanto nel campo di applicazione di tale regolamento.
(4) Il periodo di validità del regolamento (CE) n. 1400/2002 termina il 31 maggio 2010. È tuttavia opportuno che il settore automobilistico continui a beneficiare di un’esenzione per categoria, onde semplificare gli oneri amministrativi e ridurre i costi di adeguamento alla normativa gravanti sulle imprese interessate, garantendo nel contempo una sorveglianza efficace dei mercati in conformità all’articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del trattato.
(5) L’esperienza acquisita dal 2002 in poi in materia di distribuzione di autoveicoli nuovi, distribuzione di pezzi di ricambio e fornitura di servizi di riparazione e manutenzione per autoveicoli, permette di definire per il settore automobilistico categorie di accordi verticali che si possono ritenere di norma conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(6) Tale categoria comprende accordi verticali di acquisto, vendita o rivendita di autoveicoli nuovi, accordi verticali di acquisto, vendita o rivendita di pezzi di ricambio per autoveicoli e accordi verticali di fornitura di servizi di riparazione e manutenzione, qualora detti accordi siano stipulati tra imprese non concorrenti, tra determinati concorrenti, ovvero da determinate associazioni di rivenditori o riparatori. Essa include inoltre accordi verticali contenenti disposizioni accessorie relative alla cessione o all’utilizzo di diritti di proprietà intellettuale. La definizione del termine «accordi verticali» deve quindi comprendere sia tali accordi che le pratiche concordate corrispondenti.
(7) Alcuni tipi di accordi verticali possono incrementare l’efficienza economica nell’ambito di una catena produttiva o distributiva, permettendo un migliore coordinamento tra le imprese partecipanti. In particolare, essi possono contribuire a ridurre i costi delle transazioni commerciali ed i costi di distribuzione delle parti e possono altresì consentire un livello ottimale dei loro investimenti e delle loro vendite.
(8) La probabilità che tali incrementi di efficienza possano controbilanciare gli eventuali effetti anticoncorrenziali derivanti dalle restrizioni contenute negli accordi verticali dipende dal grado di potere di mercato delle parti dell’accordo e pertanto dalla misura in cui tali imprese sono esposte alla concorrenza di altri fornitori di beni o servizi che siano considerati intercambiabili o sostituibili dai loro clienti, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati. Xxxxx esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria gli accordi verticali contenenti limitazioni atte a produrre restrizioni della concorrenza e danni per i consumatori o che non sono indispensabili per il conseguimento di tali incrementi di efficienza.
(9) Per definire il campo di applicazione adeguato di un regolamento di esenzione per categoria, la Commissione deve prendere in considerazione le condizioni di concorrenza nel settore interessato. A tale riguardo, le conclusioni dell’approfondito monitoraggio del settore automobilistico di cui alla relazione di valutazione sul funzionamento del regolamento (CE) n. 1400/2002 della Commissione, del 28 maggio 2008 e alla comunicazione della Commissione «Il futuro quadro normativo in materia di concorrenza applicabile al settore automobilistico» del 22 luglio 2009 hanno dimostrato che è opportuno operare una distinzione tra gli accordi per la distribuzione di autoveicoli nuovi e gli accordi per la fornitura di servizi di riparazione e manutenzione e per la distribuzione di pezzi di ricambio.
(10) Per quanto riguarda la distribuzione di autoveicoli nuovi, non sembrano sussistere problemi significativi in termini di concorrenza che contraddistinguerebbero questo settore da altri settori economici e che potrebbero richiedere l’applicazione di regole diverse e più rigorose rispetto a quelle previste dal regolamento (UE) n. 330/2010. La soglia della quota di mercato, l’esclusione di taluni accordi verticali dall’esenzione prevista da tale regolamento e le altre condizioni ivi stabilite assicurano di norma che gli accordi verticali relativi alla distribuzione di autoveicoli nuovi rispettino le condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. Tali accordi devono pertanto beneficiare dell’esenzione concessa dal regolamento (UE) n. 330/2010, nel rispetto di tutte le condizioni ivi stabilite.
(11) Per quanto riguarda gli accordi per la distribuzione di pezzi di ricambio e per la fornitura di servizi di riparazione e manutenzione, occorre prendere in considerazione determinate caratteristiche specifiche del mercato dei servizi di assistenza post-vendita relativi agli autoveicoli. In particolare, l’esperienza acquisita dalla Commissione nell’applicazione del regolamento (CE) n. 1400/2002 indica che gli aumenti di prezzo delle singole riparazioni si traducono solo in parte in una maggiore affidabilità delle autovetture moderne e in un allungamento degli intervalli tra una manutenzione e l’altra. Tali tendenze sono connesse all’evoluzione tecnologica e alla crescente complessità ed affidabilità dei componenti automobilistici che i costruttori automobilistici acquistano da fornitori di equipaggiamenti originali. Detti fornitori vendono i loro prodotti come pezzi di ricambio sul mercato dei servizi di assistenza post- vendita sia attraverso le reti di riparatori autorizzati dei produttori di autoveicoli che attraverso canali indipendenti, rappresentando quindi un’importante forza concorrenziale sul mercato dei servizi di assistenza post-vendita. I costi che sostengono in media i consumatori UE per i servizi di riparazione e di manutenzione rappresentano una parte molto elevata della spesa complessiva sostenuta dai consumatori per gli autoveicoli.
(12) Le condizioni di concorrenza sul mercato dei servizi di assistenza post-vendita per gli autoveicoli hanno inoltre una rilevanza diretta sia in termine di sicurezza pubblica, dal momento che la guida di un autoveicolo riparato in modo scorretto può rivelarsi pericolosa, che di danni per la salute pubblica e l’ambiente, a causa delle maggiori emissioni di anidride carbonica e di altri inquinanti atmosferici se l’autoveicolo non è stato sottoposto a manutenzione regolare.
(13) Nella misura in cui è possibile definire un mercato distinto dei servizi di assistenza post-vendita, la concorrenza effettiva sui mercati per l’acquisto e la vendita di pezzi di ricambio e su quello per la fornitura di servizi di manutenzione e riparazione per gli autoveicoli dipende dal grado d’interazione concorrenziale tra i riparatori autorizzati, cioè quelli che operano all’interno di reti di riparatori costituite direttamente o indirettamente dai produttori di autoveicoli, nonché fra operatori autorizzati e indipendenti, compresi i fornitori indipendenti di pezzi di ricambio ed i riparatori indipendenti. La capacità concorrenziale di questi ultimi dipende da un accesso senza restrizioni a elementi essenziali quali i pezzi di ricambio e le informazioni tecniche.
(14) Tenuto conto di tali specificità, le norme previste dal regolamento (UE) n. 330/2010, e in particolare la soglia della quota di mercato del 30 %, sono necessarie ma non sufficienti per garantire che il beneficio dell’esenzione per categoria sia riservato esclusivamente agli accordi verticali per la distribuzione di pezzi di ricambio e per la fornitura di servizi di riparazione e di manutenzione per i
quali si può supporre con sufficiente certezza il rispetto delle condizioni dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(15) Gli accordi verticali per la distribuzione di pezzi di ricambio e per la fornitura di servizi di riparazione e di manutenzione devono pertanto beneficiare di un’esenzione per categoria soltanto se soddisfano, oltre alle condizioni per l’esenzione previste dal regolamento (UE) n. 330/2010, anche i requisiti più severi relativi a determinati tipi di restrizioni gravi della concorrenza che possono limitare la fornitura e l’uso di pezzi di ricambio nel mercato dei servizi di assistenza post-vendita per gli autoveicoli.
(16) In particolare, è opportuno che l’esenzione per categoria non vada a beneficio di accordi in forza dei quali i membri di un sistema di distribuzione selettiva di un produttore di autoveicoli limitano la vendita dei pezzi di ricambio ai riparatori indipendenti che li utilizzano per fornire servizi di riparazione o manutenzione. Senza l’accesso a tali pezzi di ricambio, i riparatori indipendenti non sarebbero in grado di competere in maniera efficace con i riparatori autorizzati, in quanto non potrebbero offrire ai consumatori servizi di buona qualità che contribuiscano al funzionamento sicuro ed affidabile degli autoveicoli.
(17) Inoltre, onde garantire una concorrenza efficace sui mercati dei servizi di riparazione e di manutenzione e consentire ai riparatori di offrire agli utilizzatori finali pezzi di ricambio a condizioni concorrenziali, è opportuno che l’esenzione per categoria non si applichi agli accordi verticali che, pur rispettando le disposizioni del regolamento (UE) n. 330/2010, limitano tuttavia la facoltà del produttore di pezzi di ricambio di vendere tali componenti ai riparatori autorizzati che fanno parte del sistema di distribuzione del produttore di veicoli, a distributori indipendenti di pezzi di ricambio, a riparatori indipendenti o a utilizzatori finali. Ciò non ha ripercussioni sulla responsabilità civile dei produttori dei pezzi di ricambio o sulla facoltà dei produttori dei autoveicoli di esigere dai riparatori autorizzati facenti parte del loro sistema di distribuzione di utilizzare soltanto i pezzi di ricambio di qualità equivalente a quella dei componenti utilizzati per l’assemblaggio di un determinato autoveicolo. Inoltre, stante il coinvolgimento contrattuale diretto del produttore dei veicoli nelle riparazioni coperte da garanzia, nel servizio assistenza gratuito, nonché nelle operazioni di revisione di autoveicoli difettosi, l’esenzione va applicata agli accordi che prevedono l’obbligo per il riparatore autorizzato di usare per tali riparazioni pezzi di ricambio forniti dal produttore degli autoveicoli.
(18) Infine, onde permettere ai riparatori autorizzati e indipendenti, nonché agli utilizzatori finali, di individuare il produttore dei componenti degli autoveicoli o dei pezzi di ricambio e dare loro la possibilità di scelta tra pezzi di ricambio alternativi, l’esenzione per categoria non va applicata agli accordi con i quali il produttore di autoveicoli limita la facoltà, del produttore di componenti o di pezzi di ricambio originali, di apporre in maniera efficace e chiaramente visibile il proprio marchio o logo su detti pezzi originali.
(19) Onde concedere a tutti gli operatori il tempo necessario per adeguarsi al presente regolamento, è opportuno prorogare fino al 31 maggio 2013 il periodo di applicazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 1400/2002 riguardanti accordi verticali per l’acquisto, la vendita e la rivendita di autoveicoli nuovi. Per quanto riguarda gli accordi verticali per la distribuzione di pezzi di ricambio e per la fornitura di servizi di riparazione e di manutenzione, è opportuno che il presente regolamento si applichi a partire dal 1 o giugno 2010, in modo da continuare a garantire un’adeguata tutela della concorrenza sui mercati dei servizi di assistenza post-vendita per autoveicoli.
(20) La Commissione controllerà regolarmente l’evoluzione del settore automobilistico e prenderà adeguate misure correttive qualora emergano problemi di concorrenza tali da nuocere ai consumatori o sul mercato della distribuzione di autoveicoli nuovi o su quello della fornitura di pezzi di ricambio o su quello dei servizi di assistenza post-vendita per autoveicoli.
(21) La Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento, conformemente all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato, qualora ritenga che in un caso particolare un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento provochi nondimeno effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(22) A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento nel suo territorio o in una parte di esso, quando ritenga che in un caso particolare un accordo al quale si applica l’esenzione di cui al presente regolamento provochi nondimeno effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di tale Stato membro o in una parte di esso, qualora tale territorio abbia tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto.
(23) Per determinare se sia necessario ritirare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, occorre in particolare tener conto degli effetti anticoncorrenziali che possono verificarsi in seguito all’esistenza di reti parallele di accordi verticali con
effetti simili che limitano significativamente l’accesso ad un mercato rilevante o la concorrenza all’interno di tale mercato. Un tale effetto cumulativo può, ad esempio, verificarsi in caso di distribuzione selettiva o di obblighi di non concorrenza.
(24) Al fine di rafforzare la vigilanza sulle reti parallele di accordi verticali aventi effetti anticoncorrenziali simili e che coprano più del 50 % di un dato mercato, la Commissione può, mediante regolamento, dichiarare il presente regolamento inapplicabile ad accordi verticali che contengano specifiche restrizioni praticate sul mercato di cui trattasi, ripristinando così nei confronti di tali accordi la piena applicazione dell’articolo 101 del trattato.
(25) Per valutare gli effetti del presente regolamento sulla concorrenza nel settore della distribuzione al dettaglio degli autoveicoli, della fornitura di pezzi di ricambio e nei servizi di assistenza post-vendita per gli autoveicoli sul mercato interno, è opportuno che la Commissione stili una relazione di valutazione sul funzionamento del presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DISPOSIZIONI COMUNI
Articolo 1 Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) per «accordi verticali» si intendono gli accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi;
b) per «restrizioni verticali» si intendono le restrizioni della concorrenza in un accordo verticale rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;
c) per «riparatore autorizzato» si intende un fornitore di servizi di riparazione e manutenzione di autoveicoli che opera nell’ambito del sistema di distribuzione predisposto da un fornitore di autoveicoli;
d) per «distributore autorizzato» si intende un distributore di pezzi di ricambio per autoveicoli che opera nell’ambito del sistema di distribuzione predisposto da un fornitore di autoveicoli;
e) per «riparatore indipendente» si intende:
i) un fornitore di servizi di riparazione e manutenzione di autoveicoli che non opera nell’ambito del sistema di distribuzione predisposto da un fornitore degli autoveicoli per il quale fornisce servizi di riparazione e manutenzione;
ii) un riparatore autorizzato, facente parte del sistema di distribuzione di un dato fornitore, nella misura in cui fornisca servizi di riparazione o di manutenzione per determinati autoveicoli pur non essendo membro del sistema di distribuzione del relativo fornitore;
f) per «distributore indipendente» si intende:
i) un distributore di pezzi di ricambio per autoveicoli che non opera nell’ambito del sistema di distribuzione predisposto da un fornitore degli autoveicoli per il quale fornisce pezzi di ricambio;
ii) un distributore autorizzato, facente parte del sistema di distribuzione di un dato fornitore, nella misura in cui fornisca pezzi di ricambio per determinati autoveicoli pur non essendo membro del sistema di distribuzione del relativo fornitore;
g) per «autoveicolo» si intende un veicolo destinato a circolare su strada mosso dal proprio motore, munito di tre o più ruote;
h) per «pezzi di ricambio» si intendono i beni che vengono incorporati o montati in o su un autoveicolo per sostituirne delle parti componenti, compresi beni, quali i lubrificanti, necessari all’utilizzo di un autoveicolo, ad eccezione del carburante;
i) per «sistema di distribuzione selettiva» si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio in cui il fornitore ha deciso di applicare tale sistema.
2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa», «fornitore», «produttore» e «acquirente» includono le imprese a questi rispettivamente collegate.
Per «imprese collegate» si intendono:
a) le imprese nelle quali una parte dell’accordo detiene, direttamente o indirettamente:
i) il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o
ii) il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o
iii) il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b) le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo i diritti o i poteri elencati alla lettera a);
c) le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b), detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o i poteri elencati alla lettera a);
d) le imprese nelle quali una parte dell’accordo insieme con una o più imprese di cui alle lettere a), b) e c), o nelle quali due o più imprese di cui alle lettere a), b) e c), detengono congiuntamente i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
e) le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i) dalle parti dell’accordo o dalle rispettive imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o
ii) da una o più parti dell’accordo, ovvero da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da
a) a d) e da una o più imprese terze.
CAPO II
ACCORDI VERTICALI CONCERNENTI L’ACQUISTO, LA VENDITA O LA RIVENDITA DI AUTOVEICOLI NUOVI
Articolo 2
Applicazione del regolamento (CE) n. 1400/2002
A norma dell’articolo 101, paragrafo 3 del trattato, nel periodo compreso tra il 1 o giugno 2010 e il 31 maggio 2013, l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi verticali che riguardano le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere autoveicoli nuovi, che soddisfano i requisiti per l’esenzione previsti dal regolamento (CE) n. 1400/2002 che si riferiscono specificamente agli accordi verticali per l’acquisto, la vendita o la rivendita di autoveicoli nuovi.
Articolo 3
Applicazione del regolamento (UE) n. 333/2010
A datare dal 1 o giugno 2013 il regolamento (UE) n. 333/2010 si applica agli accordi verticali relativi all’acquisto, la vendita o la rivendita di autoveicoli nuovi.
CAPO III
ACCORDI VERTICALI RELATIVI AL MERCATO DEI SERVIZI DI ASSISTENZA POST- VENDITA DI AUTOVEICOLI
Articolo 4 Esenzione
Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, il paragrafo 1 di detto articolo è inapplicabile agli accordi verticali che riguardano le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere pezzi di ricambio per autoveicoli o fornire servizi di riparazione e manutenzione per autoveicoli, che soddisfano i requisiti per l’esenzione previsti dal regolamento (UE) n. 330/2010 e non contengono nessuna delle restrizioni fondamentali elencate all’articolo 5 del presente regolamento.
La presente esenzione si applica nella misura in cui tali accordi contengano restrizioni verticali.
Articolo 5
Restrizioni che eliminano il beneficio dell’esenzione per categoria- restrizioni fondamentali L’esenzione di cui all’articolo 4 non si applica agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue:
a) la restrizione delle vendite di pezzi di ricambio per autoveicoli da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a riparatori indipendenti che utilizzano tali pezzi per la riparazione e la manutenzione di un autoveicolo;
b) la restrizione, concordata tra un fornitore di pezzi di ricambio, di attrezzature di riparazione o diagnostica o altre apparecchiature ed un produttore di autoveicoli, della facoltà del fornitore di vendere tali beni a distributori o riparatori autorizzati o indipendenti o ad utilizzatori finali;
c) la restrizione, concordata tra un costruttore di autoveicoli che utilizza componenti per l’assemblaggio iniziale di autoveicoli ed il fornitore di detti componenti, della facoltà del fornitore di apporre in maniera efficace e chiaramente visibile il proprio marchio o logo sui componenti forniti o sui pezzi di ricambio.
CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 6
Non applicazione del presente regolamento
Conformemente all’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che, nei casi in cui reti parallele di restrizioni verticali simili coprano più del 50
% di un mercato rilevante, il presente regolamento non si applica agli accordi verticali contenenti specifiche restrizioni relative a tale mercato.
Articolo 7
Controllo e valutazione
La Commissione controlla il funzionamento del presente regolamento e redige una relazione in merito al più tardi entro il 31 maggio 2021, tenendo conto in particolare delle condizioni previste all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
Articolo 8
Periodo di validità
Il presente regolamento entra in vigore il 1 o giugno 2010. Il presente regolamento scade il 31 maggio 2023.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 27 maggio 2010.
Per la Commissione Il presidente
Xxxx Xxxxxx XXXXXXX
REGOLAMENTO (UE) N. 330/2010 DELLA COMMISSIONE DEL 20
APRILE 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi e pratiche concordate [1], in particolare l’articolo 1,
dopo aver pubblicato il progetto del presente regolamento,
sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, considerando quando segue:
(1) In virtù del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione ha il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea [**] a categorie di accordi verticali e pratiche concordate corrispondenti che rientrano nel campo di applicazione del paragrafo 1 di detto articolo.
(2) Il regolamento (CE) n. 2790/1999 della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativo all'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate [3] definisce una categoria di accordi verticali che la Commissione ha considerato come corrispondenti, di norma, alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva fatta con l’applicazione di detto regolamento, che scade il 31 maggio 2010, e dell’ulteriore esperienza avuta dalla sua adozione, è opportuno adottare un nuovo regolamento d’esenzione per categoria.
(3) La categoria di accordi per i quali le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato possono essere di norma considerate soddisfatte include accordi verticali riguardanti l’acquisto o la vendita di beni o servizi, qualora tali accordi siano conclusi tra imprese non concorrenti, fra talune imprese concorrenti o da talune associazioni di dettaglianti di beni. Essa include inoltre accordi verticali contenenti disposizioni accessorie relative alla cessione o all’uso di diritti di proprietà intellettuale. È necessario che il termine accordi verticali comprenda le pratiche concordate corrispondenti.
(4) Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi verticali che possono rientrare nel campo di applicazione del paragrafo 1 di detto articolo. La valutazione individuale di accordi ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato esige che diversi fattori siano presi in considerazione, in particolare la struttura del mercato sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda.
(5) Il beneficio dell’esenzione per categoria di cui al presente regolamento deve essere limitato agli accordi verticali per i quali si può presupporre con sufficiente certezza la conformità alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(6) Alcuni tipi di accordi verticali possono incrementare l’efficienza economica nell’ambito di una catena produttiva o distributiva permettendo un migliore coordinamento tra le imprese partecipanti. In particolare, essi possono contribuire a ridurre i costi delle transazioni commerciali ed i costi di distribuzione delle parti e possono altresì consentire un livello ottimale dei loro investimenti e delle loro vendite.
(7) La probabilità che tali incrementi di efficienza possano controbilanciare gli eventuali effetti anticoncorrenziali derivanti dalle restrizioni contenute negli accordi verticali dipende dal grado di potere di mercato delle parti dell’accordo e pertanto dalla misura in cui tali imprese sono esposte alla concorrenza di altri fornitori di beni o servizi che siano considerati intercambiabili o sostituibili dai loro clienti, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati.
(8) Qualora la quota del mercato rilevante detenuta da ciascuna delle imprese parti contraenti dell'accordo non superi il 30%, si può presumere che gli accordi verticali che non contengono alcuni tipi di gravi restrizioni della concorrenza siano in genere atti a determinare un miglioramento nella produzione e nella distribuzione e a riservare agli utenti una congrua parte dell’utile che ne deriva.
(9) Qualora la quota di mercato superi la soglia del 30%, non è possibile presumere che gli accordi verticali che ricadono nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato implichino generalmente vantaggi oggettivi di natura ed ampiezza tali da compensare gli svantaggi che determinano sotto il profilo della concorrenza. Al tempo stesso, non è possibile nemmeno presumere che tali accordi verticali rientrino nel campo di applicazione dell'articolo
101, paragrafo 1, del trattato o che non soddisfino le condizioni di cui al paragrafo 3 di detto articolo.
(10) Il presente regolamento non deve esentare gli accordi verticali che contengono restrizioni dalle quali è probabile che derivi una restrizione della concorrenza e un danno per i consumatori o che non sono indispensabili per il conseguimento degli incrementi di efficienza. In particolare, accordi verticali che contengano determinati tipi di gravi restrizioni della concorrenza, come l’imposizione di un prezzo di rivendita minimo o fisso e talune forme di protezione territoriale, devono essere esclusi dal beneficio dell’esenzione per categoria di cui al presente regolamento indipendentemente dalla quota di mercato delle imprese interessate.
(11) Al fine di assicurare l’accesso al mercato rilevante o di impedire la collusione all’interno di questo, l’esenzione per categoria deve essere subordinata a determinate condizioni. A tal fine l’esenzione degli obblighi di non concorrenza deve essere limitata agli obblighi che non eccedono una certa durata. Per le medesime ragioni, deve essere escluso dal beneficio del presente regolamento qualsiasi obbligo che, direttamente o indirettamente, impedisca ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di vendere marche di determinati fornitori concorrenti.
(12) La limitazione basata sulla quota di mercato, l’esclusione di taluni accordi verticali dall’esenzione prevista dal presente regolamento e le condizioni ivi stabilite assicurano generalmente che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentono alle imprese partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte sostanziale dei prodotti in questione.
(13) La Commissione può revocare il beneficio dell’applicazione del presente regolamento, conformemente all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato [4], qualora ritenga che in un caso particolare un accordo al quale si applica l'esenzione di cui al presente regolamento provochi nondimeno effetti incompatibili con l'articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(14) A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza di uno Stato membro può revocare il beneficio dell'applicazione del presente regolamento nel suo territorio o in una parte di esso quando ritenga che in un caso particolare un accordo al quale si applica l'esenzione di cui al presente regolamento provochi nondimeno effetti incompatibili con l'articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio di tale Stato membro o in una parte di esso, qualora tale territorio abbia tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto.
(15) Per determinare se sia necessario ritirare il beneficio dell'applicazione del presente regolamento a norma dell'articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, occorre in particolare tener conto degli effetti anticoncorrenziali che possono verificarsi in seguito all'esistenza di reti parallele di accordi verticali con effetti simili che limitano significativamente l’accesso ad un mercato rilevante o la concorrenza all’interno di tale mercato. Un tale effetto cumulativo può, ad esempio, verificarsi in caso di distribuzione selettiva o di obblighi di non concorrenza.
(16) Al fine di rafforzare la vigilanza sulle reti parallele di accordi verticali aventi effetti anticoncorrenziali simili e che coprano più del 50% di un dato mercato, la Commissione può, mediante regolamento, dichiarare il presente regolamento inapplicabile ad accordi verticali che contengano specifiche restrizioni praticate sul mercato di cui trattasi, ripristinando così nei confronti di tali accordi la piena applicazione dell’articolo 101 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1 Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) per "accordi verticali" si intendono gli accordi o le pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi;
b) per "restrizioni verticali" si intendono le restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato;
c) per "impresa concorrente" si intende un concorrente effettivo o potenziale; per "concorrente effettivo" si intende un'impresa operante sullo stesso mercato rilevante; per "concorrente potenziale" si intende un'impresa che, in assenza di accordo verticale, in base a considerazioni realistiche e non come possibilità meramente teorica, nell'ipotesi di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, sarebbe in grado, in breve tempo, di effettuare gli investimenti
supplementari necessari o di sostenere gli ulteriori costi di conversione per penetrare nel mercato rilevante;
d) per "obbligo di non concorrenza" si intende qualsiasi obbligo, diretto o indiretto, che impone all’acquirente di non produrre, acquistare, vendere o rivendere beni o servizi in concorrenza con i beni o servizi oggetto del contratto, ovvero qualsiasi obbligo, diretto o indiretto, che impone all’acquirente di acquistare dal fornitore o da un’altra impresa da questo indicata più dell’80% degli acquisti annui complessivi dei beni o servizi contrattuali e dei loro succedanei effettuati dall’acquirente stesso sul mercato rilevante, calcolati sulla base del valore o, se è normale prassi del settore, del volume dei suoi acquisti relativi all’anno civile precedente;
e) per "sistema di distribuzione selettiva" si intende un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema;
f) l’espressione "diritti di proprietà intellettuale" include i diritti di proprietà industriale, il know- how, i diritti d’autore e i diritti affini;
g) per "know-how" si intende un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze e da prove eseguite dal fornitore, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato; in tale contesto, per "segreto" si intende che il "know-how" non è generalmente noto, né facilmente accessibile; per "sostanziale" si intende che il know-how comprende conoscenze significative e utili all’acquirente per l’uso, la vendita o la rivendita dei beni o dei servizi contrattuali; per "individuato" si intende che il know-how è descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità;
h) il termine "acquirente" include un’impresa che, sulla base di un accordo a cui si applica l’articolo 101, paragrafo 1, del trattato, vende beni o servizi per conto di un’altra impresa;
i) per "cliente dell’acquirente" si intende un’impresa che non è parte contraente dell’accordo che acquista i beni o servizi oggetto del contratto da un acquirente che è parte contraente dell’accordo.
2. Ai fini del presente regolamento i termini "impresa", "fornitore" e "acquirente" includono le imprese a questi rispettivamente collegate.
Per "imprese collegate" si intendono:
a) le imprese nelle quali una parte dell’accordo detiene, direttamente o indirettamente:
i) il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto, o
ii) il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa, o
iii) il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b) le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo i diritti o i poteri elencati alla lettera a);
c) le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o i poteri elencati alla lettera a);
d) le imprese nelle quali una parte dell’accordo insieme con una o più imprese di cui alle lettere a),
b) e c) o nelle quali due o più imprese di cui alle lettere a), b) e c) detengono congiuntamente i diritti o i poteri di cui alla lettera a);
e) le imprese nelle quali i diritti o i poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i) dalle parti dell’accordo o dalle rispettive imprese collegate ai sensi delle lettere da a) a d), o
ii) da una o più parti dell’accordo, ovvero da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d) e da una o più imprese terze.
Articolo 2 Esenzione
1. Conformemente all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, e salvo il disposto del presente regolamento, l'articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi verticali.
La presente esenzione si applica nella misura in cui tali accordi contengano restrizioni verticali.
2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi verticali conclusi tra un’associazione di imprese ed i suoi membri o tra una tale associazione ed i suoi fornitori, a condizione che tutti i membri siano distributori al dettaglio di beni e che nessuno dei singoli membri dell’associazione, insieme alle imprese ad esso collegate, realizzi un fatturato annuo complessivo superiore a 50 milioni di EUR. L’inclusione degli accordi verticali conclusi da tali associazioni nell’ambito di applicazione del presente regolamento fa salva l’applicazione dell’articolo 101 del trattato agli accordi orizzontali conclusi tra i membri dell’associazione o alle decisioni adottate dall’associazione stessa.
3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi verticali contenenti disposizioni relative alla cessione all’acquirente o all’uso da parte dell’acquirente di diritti di proprietà intellettuale, a condizione che tali disposizioni non costituiscano l’oggetto primario degli accordi e che esse siano direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. L’esenzione si applica inoltre a condizione che, in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, queste disposizioni non contengano restrizioni della concorrenza aventi lo stesso oggetto di restrizioni verticali non esentate in virtù del presente regolamento.
4. L’esenzione di cui al paragrafo 1 non si applica agli accordi verticali conclusi tra imprese concorrenti. Essa si applica tuttavia qualora imprese concorrenti concludano tra loro un accordo verticale non reciproco e in presenza di una delle seguenti condizioni:
a) il fornitore è un produttore e un distributore di beni, mentre l’acquirente è un distributore e non un’impresa concorrente a livello della produzione; oppure
b) il fornitore è un prestatore di servizi a differenti livelli della catena commerciale, mentre l’acquirente fornisce i propri beni o servizi al livello del dettaglio e non è un'impresa concorrente al livello della catena commerciale in cui acquista i servizi oggetto del contratto.
5. Il presente regolamento non si applica agli accordi verticali oggetto di altri regolamenti di esenzione per categoria, salvo che in essi sia diversamente disposto.
Articolo 3
Soglia della quota di mercato
1. L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta dal fornitore non superi il 30% del mercato rilevante sul quale vende i beni o servizi oggetto del contratto e la quota di mercato detenuta dall'acquirente non superi il 30% del mercato rilevante sul quale acquista i beni o servizi oggetto del contratto.
2. Ai fini del paragrafo 1, qualora in un accordo multilaterale un'impresa acquisti i beni o servizi oggetto del contratto da un'impresa parte contraente dell’accordo e venda i beni o servizi oggetto del contratto a un'altra impresa parte contraente dell'accordo, l’esenzione di cui all’articolo 2 si applica se la quota di mercato della prima impresa non supera la soglia di quota di mercato di cui a detto paragrafo sia come acquirente sia come fornitore.
Articolo 4
Restrizioni che eliminano il beneficio dell'esenzione per categoria — restrizioni fondamentali L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi verticali che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori sotto il controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue:
a) la restrizione della facoltà dell’acquirente di determinare il proprio prezzo di vendita, fatta salva la possibilità per il fornitore di imporre un prezzo massimo di vendita o di raccomandare un prezzo di vendita, a condizione che questi non equivalgano ad un prezzo fisso o ad un prezzo minimo di vendita per effetto di pressioni esercitate o incentivi offerti da una delle parti;
b) la restrizione relativa al territorio in cui, o ai clienti ai quali, l’acquirente che è parte contraente dell’accordo, fatta salva una restrizione relativa al suo luogo di stabilimento, può vendere i beni o i servizi oggetto del contratto, eccettuate le seguenti:
i) la restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad un altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell’acquirente,
ii) la restrizione delle vendite agli utenti finali da parte di un acquirente operante al livello del commercio all’ingrosso,
iii) la restrizione delle vendite da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva a distributori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema, e
iv) la restrizione della facoltà dell’acquirente di vendere componenti, forniti ai fini dell’incorporazione, a clienti che userebbero tali componenti per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore;
c) la restrizione delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato;
d) la restrizione delle forniture incrociate tra distributori all’interno di un sistema di distribuzione selettiva, ivi inclusi i distributori operanti a differenti livelli commerciali;
e) la restrizione, pattuita tra un fornitore di componenti e un acquirente che incorpora tali componenti, della facoltà del fornitore di vendere tali componenti come pezzi di ricambio a utenti
finali, a riparatori o ad altri prestatori di servizi non incaricati dall’acquirente della riparazione o della manutenzione dei propri prodotti.
Articolo 5 Restrizioni escluse
1. L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica alle seguenti obbligazioni contenute in accordi verticali:
a) un obbligo di non concorrenza, diretto o indiretto, la cui durata sia indeterminata o superiore a cinque anni;
b) un obbligo diretto o indiretto che imponga all’acquirente, una volta giunto a scadenza l’accordo, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi;
c) un obbligo diretto o indiretto che imponga ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di non vendere marche di particolari fornitori concorrenti.
Ai fini del primo comma, lettera a), un obbligo di non concorrenza tacitamente rinnovabile oltre i cinque anni si considera concluso per una durata indeterminata.
2. In deroga al paragrafo 1, lettera a), il limite di cinque anni non si applica se i beni o servizi oggetto del contratto sono venduti dall’acquirente in locali e terreni di proprietà del fornitore o da questi affittati presso terzi non collegati all’acquirente, purché la durata dell’obbligo di non concorrenza non sia superiore al periodo di occupazione dei locali e terreni da parte dell’acquirente.
3. In deroga al paragrafo 1, lettera b), l’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica a un obbligo diretto o indiretto che imponga all’acquirente, una volta giunto a scadenza l’accordo, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi, qualora:
a) tale obbligo si riferisca a beni o servizi in concorrenza con i beni o servizi contrattuali;
b) sia limitato ai locali e terreni da cui l’acquirente ha operato durante il periodo contrattuale;
c) sia indispensabile per proteggere il "know-how" trasferito dal fornitore all’acquirente;
d) la durata di quest’obbligo di non-concorrenza sia limitata ad un periodo di un anno a decorrere dalla scadenza dell’accordo.
Il paragrafo 1, lettera b), lascia impregiudicata la possibilità di imporre una restrizione non limitata nel tempo in relazione all’utilizzazione ed alla diffusione del "know-how" che non sia divenuto di pubblico dominio.
Articolo 6
Non applicazione del presente regolamento
Conformemente all’articolo 1 bis del regolamento n. 19/65/CEE, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che, nei casi in cui reti parallele di restrizioni verticali simili coprano più del 50% di un mercato rilevante, il presente regolamento non si applica agli accordi verticali contenenti specifiche restrizioni relative a tale mercato.
Articolo 7
Applicazione della soglia di quota di mercato
Ai fini dell’applicazione delle soglie di quota di mercato di cui all’articolo 3 si applica quanto segue:
a) la quota di mercato del fornitore viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore delle vendite sul mercato e la quota di mercato dell'acquirente viene calcolata sulla base dei dati relativi al valore degli acquisti sul mercato. Qualora non siano disponibili dati relativi al valore delle vendite o al valore degli acquisti sul mercato, la quota di mercato dell’impresa interessata può essere stabilita usando stime basate su altre affidabili informazioni di mercato, ivi compresi i volumi delle vendite e degli acquisti sul mercato;
b) le quote di mercato vengono calcolate sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente;
c) la quota di mercato del fornitore include i beni o i servizi forniti a distributori integrati a livello verticale ai fini della vendita;
d) se una quota di mercato non supera inizialmente il 30 %, ma successivamente supera tale livello senza tuttavia eccedere il 35 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per un periodo di due anni civili consecutivi a decorrere dall’anno in cui la soglia del 30 % è stata superata per la prima volta;
e) se una quota di mercato non supera inizialmente il 30 %, ma supera in seguito il 35 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per un periodo di un anno civile a decorrere dall’anno in cui la soglia del 35 % è stata superata per la prima volta;
f) i benefici previsti alle lettere d) ed e) non possono essere cumulati in modo da eccedere un periodo di due anni civili;
g) la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo xxxxx, lettera e), viene ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che detengono i diritti o i poteri elencati all’articolo 1, paragrafo 2, secondo xxxxx, lettera a).
Articolo 8
Applicazione della soglia di fatturato
1. Ai fini del calcolo del fatturato annuo complessivo di cui all’articolo 2, paragrafo 2, vanno addizionati i fatturati, al netto di imposte e tasse, realizzati per tutti i beni e servizi durante il precedente esercizio dalla parte contraente dell’accordo verticale interessata e dalle imprese ad essa collegate. A tal fine non si tiene conto delle transazioni commerciali intervenute fra la parte contraente dell’accordo verticale interessata e le imprese ad essa collegate, né di quelle intervenute fra queste ultime.
2. L’esenzione di cui all’articolo 2 resta di applicazione se la soglia di fatturato annuo complessivo viene superata nel corso di due esercizi consecutivi, di non oltre il 10 %.
Articolo 9
Periodo transitorio
Il divieto di cui all'articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica fra il 1o giugno 2010 e il 31 maggio 2011 agli accordi già in vigore al 31 maggio 2010 che non soddisfano le condizioni di esenzione previste nel presente regolamento ma che, al 31 maggio 2010, rispettano le condizioni di esenzione stabilite dal regolamento (CE) n. 2790/1999.
Articolo 10 Periodo di validità
Il presente regolamento entra in vigore il 1o giugno 2010. Esso scade il 31 maggio 2022.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 20 aprile 2010.
Per la Commissione Il presidente
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