COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) QUADRI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) CONTE Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX FARINA Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) XXXXXXXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXXX
Nella seduta del 11/02/2014 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, un contratto di mutuo per euro 300.000,00, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%.
A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze.
Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato.
Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo.
L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a tutte le disposizioni ivi contenute”. “La clausola inserita in contratto ha in realtà contenuto specifico, poiché – sostiene la resistente – richiamando quanto stabilito nell’accordo sulle condizioni agevolate ai rapporti bancari dei dipendenti BCC consente l’applicazione per relationem di quanto ivi espressamente regolamentato, vale a dire «la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ordinari»”.
Con la comunicazione del 30 agosto 2013, l’intermediario resistente – in esecuzione dell’accordo – si è limitato a dare applicazione al tasso ordinario, quale pubblicizzato nel foglio informativo in quel momento vigente. Né in alcun modo conferente è il riferimento alle soglie anti-usura, in quanto il tasso applicato è in linea con le rilevazioni trimestrali.
Dopo avere controdedotto come sopra riassunto, l’intermediario ha chiesto all’Arbitro di rigettare il ricorso.
In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente si è limitato a ribadire che la disposizione contenuta nell’art. 4 dell’accordo sindacale non è stata riprodotta nel testo del contratto concluso per rogito notarile, e non può quindi trovare applicazione nel caso di specie. Ha poi fornito alcuni dettagli in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazione.
DIRITTO
La controversia riguarda i limiti dello ius variandi riservato all’intermediario, in ordine a un contratto di mutuo stipulato con il ricorrente, che - all’epoca della definizione del regolamento contrattuale - lavorava alle dipendenze dell’intermediario e, in questa veste, aveva potuto accedere a condizioni contrattuali di favore.
Occorre preliminarmente chiarire che nel caso di specie non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 118 t.u.b., come peraltro riconosciuto dal medesimo intermediario resistente.
La quaestio iuris dibattuta tra le parti riguarda, più specificamente, l’applicabilità delle previsioni dell’accordo sindacale, quale - presumibilmente - trasfuso nel regolamento contrattuale concluso inter partes.
L’art. 4 dell’accordo sindacale, dopo avere definito l’importo massimo erogabile e le condizioni di favore pratiche a beneficio dei dipendenti, disciplina, alla lettera g, l’ipotesi di decadenza dalle condizioni agevolate. Prevede tale lettera g: “Il licenziamento del lavoratore per giusta causa o per giustificato motivo nonché le dimissioni volontarie
dall’impiego che non comportino passaggio ad altra Bcc aderente alla Federazione, comporteranno la decadenza dalle condizioni agevolate previste dal presente regolamento. In tali casi la prosecuzione del rapporto avverrà alle condizioni del tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. Nel contratto di mutuo dovrà essere formalizzata la relativa clausola”.
L’art. 3 del contratto di mutuo prevede: “Il tasso di interesse su base annua viene inizialmente stabilito ed accettato nella misura del 1,000% (uno virgola zero zero zero per cento) pari al tasso BCE attualmente in vigore. Successivamente tale tasso potrà subire modifiche in relazione alla variazione, in aumento o in diminuzione del detto tasso con un tetto massimo pari al 6% (sei per cento) annuo, il tutto secondo quanto previsto dall’accordo sulle condizioni agevolate dei dipendenti BCC (accordo del 29/07/2008 aggiornamento del 7/04/2009)”.
Il suggerimento interpretativo che scaturisce dall’impostazione difensiva dell’intermediario è che il riferimento all’accordo sindacale contenuto all’art. 3 del contratto di mutuo sia sufficiente al fine di applicare, al caso di specie, anche le ipotesi di decadenza dalle condizioni contrattuali agevolate previste nel medesimo accordo sindacale.
Questa opzione interpretativa non persuade affatto. In realtà, non appare estensibile il richiamo, contenuto nell’art. 3 del contratto di mutuo, alle condizioni di tasso agevolate anche alle ipotesi di decadenza dalle stesse.
L’ostacolo a questa interpretazione estensiva è costituito, in effetti, dall’ultimo inciso della lettera g, dell’art. 4 dell’accordo sindacale, che subordina l’operatività della previsione sulle ipotesi di decadenza dal trattamento di favore, alla formalizzazione della relativa clausola nel contratto di mutuo (“Nel contratto di mutuo dovrà essere formalizzata la clausola relativa”).
In definitiva, l’operatività di questa previsione non è da considerare affatto automatica, ma è rimessa alla discrezionale valutazione dell’intermediario, che, sempre in accordo con la controparte, poteva recepirla e, quindi, “formalizzarla”, oppure poteva anche non richiamarla, consentendo al mutuatario una posizione di ulteriore favore.
Nel caso di specie, è quest’ultima opzione che risulta essere stata esercitata. In virtù del mancato recepimento delle ipotesi di decadenza nel contratto concluso inter partes, al ricorrente-mutuatario è stato, insomma, accordato un trattamento di favore che gli consente di conservare le condizioni contrattuali agevolate anche adesso che non è dipendente dell’intermediario resistente.
A soluzione diversa non è possibile pervenire assimilando le norme collettive a condizioni generali di contratto, applicabili al caso di specie anche a prescindere da un puntuale richiamo nel contratto di mutuo concluso tra le parti.
Questa conclusione non può essere accolta, perché la disciplina di cui all’art. 1341 c.c. è stata pensata con riguardo alle condizioni unilateralmente predisposte, non alle previsioni frutto della contrattazione collettiva. In aggiunta, il meccanismo di tutela concepito dal legislatore del 1942 nei confronti delle clausole cc.dd. vessatorie, la specifica approvazione per iscritto, preclude l’applicazione, nel caso di specie, di una previsione dell’accordo collettivo che non è stata resa valida ed efficace tramite la sottoscrizione dell’aderente.
Anche la giurisprudenza che si è formata in tema di validità ed efficacia di clausole predisposte unilateralmente e destinate a essere applicate ai contratti conclusi per atti pubblici, se è vero che non richiede la specifica approvazione per iscritto di cui al secondo comma dell’art. 1341 c.c., in considerazione della particolare forma contrattuale, è pur vero che pretende che tali clausole siano “inserite” nel contratto (cfr., ad esempio, Cass. n. 18917/2004).
In conclusione, la domanda del ricorrente appare fondata e, per conseguenza, questo Collegio accerta l’illegittimità della modifica del tasso operata dall’intermediario.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, il Collegio accerta l’illegittimità della modifica del tasso operata dall’intermediario.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1