Contract
Il contratto di somministrazione e il lavoro intermittente
Il titolo XIII (artt. 55-56) del Ccnl degli studi professionali è dedicato alla disciplina del lavoro somministrato e del lavoro intermittente (job on call), strumenti contrattuali volti a soddisfare e a governare le crescenti esigenze di flessibilità del settore.
Lavoro somministrato
Il contratto di somministrazione a tempo determinato e indeterminato è incluso nel Ccnl degli studi professionali con l’intento di ampliare il ventaglio di soluzioni a disposizione del professionista per fare fronte alle più svariate necessità. La fattispecie può in effetti rivelarsi utile sia in piccoli studi durante periodi di lavoro particolarmente intenso, sia in contesti più ampi caratterizzati da grandi livelli di interdisciplinarietà e specializzazione. In entrambe le circostanze, infatti, le agenzie di somministrazione incaricate possono offrire un servizio qualificato, utilizzando le proprie competenze in materia al fine di selezionare e inviare un soggetto già formato, immediatamente idoneo e pronto a fornire il proprio contributo alle attività dello studio, concordemente alle richieste del professionista.
Tuttavia, l’art. 55 del Ccnl non regolamenta direttamente l’istituto, ma si limita a rinviare alle norme di cui agli artt. 20-28 del d.lgs. n. 276/2003, ora trasposte con modifiche negli artt. 30-40 del d.lgs. n. 81/2015.
Con l’espressione somministrazione di lavoro si fa riferimento ad un rapporto trilaterale nel quale un prestatore, legato a un’agenzia per il lavoro debitamente autorizzata ad esercitare l’attività di somministrazione da un ordinario contratto di lavoro subordinato, è inviato in missione a tempo determinato o indeterminato (c.d. staff leasing) presso una impresa utilizzatrice, mediante un contratto di fornitura di natura commerciale stipulato tra impresa e agenzia, a svolgere un’attività lavorativa sotto la direzione e il controllo dello stesso utilizzatore. Il potere disciplinare resta invece in capo al somministratore, salvo l’onere da parte dell’utilizzatore di comunicare gli elementi che possono essere oggetto di contestazione. Il somministratore è inoltre responsabile del trattamento retributivo del lavoratore, mentre l’utilizzatore ha l’obbligo di rimborsare all’agenzia gli oneri retributivi e previdenziali effettivamente sostenuti.
Ai fini della stipula di un contratto di staff leasing non è necessaria la sussistenza di alcuna causale specifica1. A norma dell’art. 31, comma 1 del d.lgs. n. 81/2015, il numero dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato non può però eccedere il 20% del numero dei dipendenti a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o
1 Si noti che possono però essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato.
superiore a 0,52. In caso di inosservanza dei limiti così definiti, il lavoratore può chiedere nei confronti dell’utilizzatore la costituzione di un rapporto alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dalla data di inizio della somministrazione.
La somministrazione di lavoro a tempo determinato è invece sempre ammessa senza limiti quantitativi, di durata e di proroga.
L’accordo contrattuale deve rispettare la forma scritta e deve contenere:
• gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;
• il numero dei lavoratori da somministrare;
• l’indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure di prevenzione adottate;
• la data di inizio e la durata prevista;
• le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori r l’inquadramento dei medesimi;
• il luogo, l’orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori.
In assenza di forma scritta, il contratto di somministrazione è nullo e il lavoratore si considera alle dipendenze dell’utilizzatore dalla data di inizio della missione.
I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto a un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello dei dipendenti di eguale livello assunti dall’utilizzatore, a parità di mansioni svolte, pena una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a
1.250 euro per ogni lavoratore, ex artt. 35 e 40 del d.lgs. n. 81/2015.
Il lavoratore somministrato non si computa nell’organico dello studio utilizzatore ai fini dell’applicazione dei vari istituti legali o contrattuali, salvo quelli relativi alla tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
Si rileva infine che, ogni 12 mesi, l’utilizzatore, anche per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale aderisce o conferisce mandato, deve comunicare alle rsa o alle rsu, ovvero, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, il numero e la durata dei contratti di somministrazione di
2 In caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.
3 Nello specifico, a norma dell’art. 32 del d.lgs. n. 81/2015, la somministrazione di lavoro è vietata: “a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi; c) presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato; d) da parte di datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in applicazione della normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.
lavoro conclusi, nonché la qualifica dei lavoratori interessati, secondo quanto stabilito dall’art. 36, comma 3, d.lgs. n. 81/2015.
Lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente è una tipologia contrattuale a tempo determinato o indeterminato mediante la quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che decide liberamente se e quando utilizzarne la prestazione mediante chiamata, senza che sia necessaria la predeterminazione della quantità della prestazione lavorativa. A questa fattispecie si applicano, come asserisce il primo comma dell’art. 56 Ccnl, gli artt. 33-40 del d.lgs. n. 276/2003, ora trasposti con modifiche negli artt. 13-18 del d.lgs. n. 81/2015.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Dando attuazione al precetto del decreto, l’art. 56, comma 2 del Ccnl degli studi professionali precisa che la fattispecie contrattuale è stipulabile in periodi di particolare intensità lavorativa quali:
• dichiarazioni annuali nell’area professionale economica – amministrativa e nelle altre attività professionali;
• archiviazione documenti;
• Informatizzazione del sistema o di documenti per tutte le aree professionali.
L’elencazione ha carattere puramente esemplificativo. Il professionista può dunque ricorrere al lavoro intermittente per ogni necessità connessa a periodi di particolare intensità lavorativa. Inoltre, in accordo all’art. 13, comma 2, del d.lgs. n. 81/2015, il contratto di lavoro intermittente può, in ogni caso, essere stipulato con soggetti di età inferiore ai 24 anni (fermo restando che in tal caso le prestazioni lavorative devono essere svolte entro il 24° anno di età) e di età superiore ai 55.
Il d.l. n. 76/2013 (c.d. pacchetto lavoro), convertito nella l. n. 99/2013, inserendo all’art. 34 del d.lgs. n. 276/2013 il comma 2-bis (oggi art. 13, comma 3, d.lgs. n. 81/2015), ha posto un limite temporale all’utilizzo dell’istituto, specificando che il contratto di lavoro intermittente “è ammesso, per ciascun lavoratore (con il medesimo datore di lavoro), per un periodo complessivamente non superiore alle quattrocento giornate di lavoro effettivo nell’arco di tre anni solari”. Ai fini del raggiungimento del tetto massimo, si computano esclusivamente le giornate prestate successivamente all’entrata in vigore del provvedimento (28 giugno 2013). La
violazione della prescrizione è punita con la trasformazione a tempo pieno e indeterminato del rapporto di lavoro.
L’art. 56 del Ccnl statuisce al terzo comma, in piena conformità al dettato dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015, che il contratto di lavoro intermittente deve essere stipulato in forma scritta a fini di prova e includere:
• l’indicazione della durata e delle ipotesi, oggettive o soggettive, previste dall’art. 13 del d.lgs. n. 81/2015 e dall’art. 56, comma 2, Ccnl, che permettono la conclusione del contratto;
• il luogo e modalità della disponibilità, garantita dal lavoratore che si è obbligato a rispondere alla chiamata, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che, in ogni caso, non può essere inferiore ad un giorno lavorativo;
• il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore e la relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
• l’indicazione delle forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro;
• i tempi e le modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;
• le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.
Come detto, la forma scritta non è richiesta ad substantiam, ma ai soli fini di prova. La sua eventuale mancanza rileva dunque in sede di giudizio - ove dell’atto compiuto senza il requisito formale non si può dar la prova, se non mediante confessione ovvero giuramento decisorio - ma non pregiudica l’efficacia giuridica del contratto.
4 L’art. 25 del Ccnl dispone che l’assunzione debba risultare da atto scritto contenente: a) l’identità delle parti; b) il luogo di lavoro o, in mancanza di un luogo fisso o predeterminato, l’indicazione che l’occupazione avviene in luoghi diversi; la sede o il domicilio del datore di lavoro; c) la data di inizio del rapporto; d) la durata del rapporto con la precisazione se è a tempo determinato o indeterminato; e) la durata del periodo di prova; f) l’inquadramento, il livello e la qualifica, oppure le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro; g) l’importo iniziale della retribuzione e i relativi elementi costitutivi; il periodo di pagamento; h) la durata delle ferie retribuite o la modalità di determinazione e di fruizione delle ferie; i) l’orario di lavoro; j) i termini di preavviso in caso di recesso; k) informativa per la bilateralità. L’informazione relativa alla durata della prova, alla retribuzione, alla durata delle ferie, all’orario di lavoro e al termine di preavviso può essere sostituita mediante il rinvio al presente contratto collettivo.
5 Il decreto introduce il modello di comunicazione UNI-intermittente come strumento per l’adempimento della comunicazione. Il modello deve contenere i dati identificativi del lavoratore e del datore di lavoro e la data di inizio e fine cui la chiamata si riferisce. Il modulo deve essere trasmesso esclusivamente secondo una delle seguenti modalità:
sanzione amministrativa, da 400 a 2.400 euro per ciascun lavoratore per il quale è stata omessa la comunicazione, punisce la violazione delle prescrizioni di cui all’art. 15, comma 3, d.lgs. n. 81/2015, senza possibilità di applicazione della procedura di diffida.
La retribuzione dei lavoratori intermittenti è composta dagli emolumenti, corrisposti per i periodi di lavoro effettivamente svolti, e dalla indennità di disponibilità, ricevuta nei lassi di tempo in cui il prestatore che si è obbligato a rispondere alla chiamata rimane a disposizione del datore di lavoro in attesa di una eventuale prestazione lavorativa. Il quarto comma dell’art. 56 del Ccnl dispone che la retribuzione erogata al lavoratore intermittente per la prestazione effettuata sia calcolata su base oraria, dividendo per 170 la retribuzione normale (minimo tabellare conglobato, scatti di anzianità, eventuali superminimi o assegni ad personam, nonché tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo) di cui al titolo XXVIII del Ccnl degli studi professionali. Alla retribuzione oraria sono aggiunti e pagati direttamente nel mese di effettuazione della prestazione lavorativa, in proporzione, i ratei delle mensilità aggiuntive, le ferie e i permessi retribuiti, mentre, per quanto riguarda il TFR, si applicano le norme ordinarie di cui agli artt. 131-133 del Ccnl.
Opera anche nei confronti dei lavoratori intermittenti, il principio di non discriminazione e di parità di trattamento, secondo il quale non possono ricevere un trattamento economico e normativo inferiore rispetto ai lavoratori di pari livello e qualifica. Questo non risulta violato dal principio del riproporzionamento del trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente, in ragione della prestazione effettivamente eseguita, che è anzi un necessario corollario alla regola.
Indennità di disponibilità
Tanto nei contratti di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata, quanto nei rapporti a tempo indeterminato tra prestatore di lavoro e agenzia di somministrazione, per i periodi nei quali garantisce la propria disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione, il lavoratore ha diritto a percepire una indennità mensile di disponibilità divisibile in quote orarie. Il valore minimo di detta indennità, che è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo, è fissato dall’ultimo comma dell’art. 56 Ccnl degli studi professionali nella misura del 30% della retribuzione. La base di calcolo è costituita dalla normale retribuzione di cui all’art. 118 Ccnl6 e dai ratei delle mensilità aggiuntive. L’indennità di disponibilità è assoggettata a
via email all’indirizzo di posta elettronica certificata, attraverso il servizio informatico reso disponibile sul portale Cliclavoro. La modalità SMS è ammessa esclusivamente in caso di prestazione da rendersi non oltre le 12 ore dalla comunicazione. L’SMS deve contenere almeno il codice fiscale del lavoratore.
È possibile utilizzare il fax, ma solo in caso di malfunzionamento dei sistemi sopracitati. In questo caso il datore di lavoro può inviare un fax alla Direzione territoriale del lavoro competente. Costituisce prova dell’adempimento dell’obbligo la comunicazione del malfunzionamento del sistema unitamente alla ricevuta di trasmissione del fax.
6 Minimo tabellare conglobato, scatti di anzianità, eventuali superminimi o assegni ad personam, nonché tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo.
contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale contributivo, che prevede che la base retributiva su cui calcolare i contributi non possa essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d'importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.
Come disposto dall’art. 16, comma 4 del d.lgs. n. 81/2015, in caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore, intermittente o somministrato, è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell’impedimento. Salva diversa previsione del contratto individuale, ove il lavoratore non provveda a tale adempimento perde il diritto all’indennità di disponibilità per un periodo di 15 giorni. Ad ogni modo nel periodo di temporanea indisponibilità l’indennità non è dovuta, fermo restando il diritto del lavoratore all’indennità di malattia erogata dall’Inps, quantificata in percentuale all’indennità di disponibilità.
Con riguardo esclusivo al contratto di lavoro intermittente, dalla disciplina sancita dall’art. 13, comma 4 del d.lgs. n. 81/2015, emergono due diversi modelli che lasciano aperte due differenti strade al libero professionista. In una prima ipotesi, il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere all’eventuale chiamata del datore di lavoro e acquisisce per questo stesso motivo il diritto all’indennità di disponibilità, in piena analogia con quanto accade nei casi di somministrazione di lavoro. In tali tipi di accordi, il rifiuto non giustificato di rispondere alla chiamata può comportare:
• la risoluzione del contratto;
• la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto.
In un secondo caso, è tuttavia possibile che il lavoratore non sia contrattualmente obbligato a rispondere alla chiamata e che, coerentemente, il datore di lavoro non sia tenuto al pagamento di alcuna indennità. In quest’ultima ipotesi, il rapporto si definisce a prestazioni eventuali, posto che l’obbligazione retributiva in capo al professionista sorge solamente al momento dell’effettuazione della prestazione lavorativa, che il datore di lavoro ha facoltà di richiedere, ma che il lavoratore non è tenuto a garantire.