COLLEGIO DI ROMA – DEC. N.11453/2022 – PRES. SIRENA – REL. BONACCORSI DI PATTI
COLLEGIO DI ROMA – DEC. N.11453/2022 – PRES. SIRENA – REL. XXXXXXXXXX DI XXXXX
Xxxxxxxxx bancario in genere - Cessione del credito – credito di imposta – sopravvenienza normativa – asserito inadempimento dell’intermediario – infondatezza (d.l. n. 34/2020, art. 121; d.l. n. 157/2021).
In tema di bonus per le ristrutturazioni edilizie, la disciplina applicabile alla cessione del credito di imposta è quella vigente al momento dell’accordo tra cedente e cessionario che rappresenta a sua volta il presupposto legale della cessione medesima. (MDC)
FATTO
Parte ricorrente fa presente che in data 03/08/2021 si è rivolta all’intermediario, odierno convenuto, per stipulare un contratto di cessione del credito d’imposta derivante da una ristrutturazione edilizia in atto “con interventi rientranti esclusivamente nella detrazione del 50% ,65% e 90%”, trasmettendo tutta la documentazione necessaria. La medesima parte ricorrente riferisce che in data 25/08/2021 ha stipulato con l’intermediario apposito contratto per la cessione del credito d’imposta a SAL, che prevede testualmente: “(…) di acquistare pro soluto (…) ad ogni SAL, ove previsti, e/o a fine lavori (…) il credito d’imposta da Voi vantato nei confronti dell’Erario, alle regole disciplinate nel Regolamento contenuto nel presente Contratto”. Parte ricorrente rappresenta, inoltre, che dopo il pagamento della cessione dei crediti maturati al primo Stato Avanzamento Lavori in data 10/10/2021, il 21/10/2021 ha inviato all’intermediario tutta la documentazione necessaria per l’erogazione dei crediti al 2° SAL, ricevendo conferma della correttezza di quanto trasmesso. In data 26/11/2021, dopo vari solleciti, l’intermediario comunicava a parte ricorrente che la documentazione era stata sottoposta, attraverso una società esterna, al controllo previsto dal nuovo decreto legge “Antifrode” n. 157/2021, entrato in vigore il 12/11/2021. Parte ricorrente fa presente che nonostante la richiesta di erogazione del 2° SAL fosse anteriore all’emanazione del decreto sopracitato, l’istituto ha richiesto una nuova stipula del contratto di cessione, che, recependo le nuove norme, prevedesse l’asseverazione della congruità dei prezzi applicati e il visto di conformità, con aggravio di spese di circa € 2.500,00 a carico del cedente. In questa prospettiva, parte ricorrente si duole della condotta dell’intermediario, rilevando che la stessa Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 84 del 05/12/2018 aveva precisato che “Ai fini in esame, non assume, dunque, rilevanza la forma che viene utilizzata per procedere alla cessione del credito; la normativa in esame non detta, infatti, regole particolari da seguire per il perfezionamento della cessione del credito né contiene prescrizioni in ordine alla forma con la quale la cessione deve essere effettuata”. Da qui la ritenuta illegittimità, alla luce dei chiarimenti forniti dall’ADE, della richiesta dei visti e la stipula di un nuovo contratto, perché sia il contratto, sia la documentazione (fatture e bonifici) relativi al secondo SAL sono antecedenti al 12/11/2021 e dunque all’entrata in vigore del nuovo decreto. Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorrente chiede il risarcimento del
danno subito per l’inadempimento contrattuale, quantificato in € 12.500,00, corrispondente alla perdita del credito fiscale pari al 30% del netto ricavato dalla cessione della detrazione all’istituto di credito. In via pregiudiziale, la banca resistente eccepisce l’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per i seguenti motivi: i) mancato rispetto del termine di 60 giorni dalla proposizione preventivo reclamo; il ricorso è stato presentalo in data 06/01/2022 (la data è errata, poiché il ricorso è stato presentato il 04/02/2022, n.d.r.) laddove il termine per inviare il riscontro al reclamo, ricevuto dalla banca in data 03/12/2021 a mezzo PEC, sarebbe scaduto il 03/02/2022; ii) incompetenza dell’ABF in materia di interpretazione della normativa fiscale applicabile alla complessa fattispecie rappresentata. Nel merito, l’intermediario deduce che: i) quanto al contratto di cessione pro soluto dei crediti d'imposta per l’importo massimo di € 26.594,00 stipulato il 25/08/2021, si tratta di un solo contratto relativo ad una sola cessione di credito d’imposta tra l’intermediario e il cliente, e ha avuto regolare esecuzione; ii) ha erogato al cliente la somma contrattualmente prevista (80% di 26.594.00 euro) mediante due distinti bonifici degli importi di 15.516.00 euro e 5.759,20 euro, afferente a due lavori che sono stati così distinti al solo fine di consentire alla Agenzia delle Entrale di verificarne l'assoggettamento alla normativa fiscale prevista in materia di c.d. “bonus” ex D.L. 34/2020. Parte resistente rileva che il ricorrente offre un'interpretazione della normativa fiscale strumentalmente orientata a escludere l’applicazione delle disposizioni del decreto legge n. 157/2021, avendo egli omesso di ottenere e presentare le asseverazioni e i visti di conformità previsti dalla norma. L’intermediario infine rappresenta che la pretesa risarcitoria avanzata da controparte per la somma di 12.500,00 euro non è suffragata dall’assolvimento dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c. e chiedendo il rigetto del ricorso.
DIRITTO
In via preliminare il Collegio è chiamato a pronunciarsi circa le eccezioni avanzate da parte resistente ovvero sull’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per il mancato rispetto del termine di 60 giorni dalla proposizione preventivo reclamo e sull’incompetenza dell’ABF in materia di interpretazione della normativa fiscale applicabile alla fattispecie rappresentata. L’eccezione sull’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per il mancato rispetto del termine di 60 giorni dalla proposizione preventivo reclamo è infondata. Come si evince dagli atti di causa il reclamo è stato esperito da parte ricorrente in data 3 dicembre 2021, mentre il ricorso risulta depositato in data 4 febbraio 2022, pertanto il termine dei 60 giorni risulta rispettato essendo decorsi ben 63 giorni.
La banca resistente eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso perché esorbitante rispetto alla competenza per materia dell’Arbitro. A detta della resistente, «il ricorso attiene all'interpretazione della normativa fiscale al fine dell'individuazione del regime fiscale applicabile al caso in esame».
Com’è noto, all’Arbitro «possono essere sottoposte dai clienti controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari […] aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono». Parte ricorrente, tuttavia, ha sottoposto alla cognizione del Collegio la condotta dell’intermediario in relazione ad un contratto di cessione di crediti di imposta stipulato con la resistente, di cui contesta l’inadempimento sotto i seguenti profili: i) il ritardo con cui l’intermediario ha esaminato la richiesta di liquidazione della cessione dei crediti relativi al secondo SAL; ii) l’interpretazione del contratto fornita dall’intermediario secondo cui le cessioni dei crediti derivanti dalle fatture pagate in esecuzione dei SAL successivi al primo necessiterebbero della stipula di un nuovo contratto; iii) l’illegittima applicazione al caso di specie degli ulteriori
requisiti per la cessione previsti dal nuovo articolo 121, comma 1-ter, D.L. 19 maggio 2020,
n. 34 (introdotto dal D.L. 11 novembre 2021, n. 157) in difformità dall’interpretazione fornita dalle FAQ dell’Agenzia delle Entrate. Dal canto suo, l’intermediario eccepisce l’avvenuto adempimento del contratto di cessione stipulato tra le parti e afferma che ogni ulteriore cessione di crediti deve formare oggetto di nuova pattuizione.
Sulla competenza dell’ABF in materia di cessione dei crediti d’imposta si è pronunciato di recente il Collegio di Coordinamento (cfr. decisione n. 9642/22 del 22/06/2022) il quale ha sancito che: “La circostanza che un contratto di cessione del credito abbia ad oggetto crediti di imposta, non esclude di per sé la competenza dell’ABF. Resta ferma l’incompetenza ratione materiae dell’Arbitro se la domanda implichi o presupponga l’interpretazione o l’applicazione di norme tributarie, come, ad esempio, ove si disputi in merito a procedure e/o presupposti relativi allo stesso riconoscimento del credito d’imposta”; pertanto nel caso di specie anche detta eccezione preliminare risulta infondata.
Passando al merito dall’acquisto di crediti per l’importo corrispondente al massimale sembrano potersi ritenere estinte le obbligazioni derivanti dal primo contratto, con necessità di stipulare una nuova cessione per i crediti ulteriori.
Dall’esame dell’interlocuzione tra le parti, l’intermediario risulta avere manifestato la propria disponibilità a stipulare una nuova cessione dei crediti del secondo SAL, nel rispetto tuttavia dei requisiti antifrode introdotti nelle more dell’interlocuzione.
Il ricorrente, invece, presupponendo che la cessione dei crediti del 2° SAL sia dovuta in esecuzione del contratto del 25/08/2021, assume che la richiesta non sia assoggettata ai requisiti introdotti dal decreto legge n. 157/2021 (visto di conformità e asseverazione delle spese).
Secondo l’istante, la seconda domanda di cessione dei crediti non sarebbe soggetta alla nuova disciplina in quanto ricorrerebbero le condizioni individuate nelle FAQ dall’Agenzia delle Entrate, consistenti nell’avere, anteriormente alla data di entrata in vigore del provvedimento: i) ricevuto le fatture; ii) assolto ai pagamenti; iii) esercitato l’opzione della cessione con la stipula dell’accordo tra cedente e cessionario. L’intermediario oppone l’insussistenza del presupposto della stipula di un accordo tra cedente e cessionario, ribadendo che le obbligazioni derivanti dalla prima cessione sono state interamente adempiute. Tale rilievo appare fondato.
Ne consegue che in difetto degli adempimenti previsti dal decreto legge n. 157/2021 non
sarà possibile dare seguito all’erogazione del credito, come rilevato da parte resistente.
Conseguentemente, il ricorso non può essere accolto.
Per completezza, si deve, altresì, osservare che il danno lamentato dal ricorrente consisterebbe nella perdita del credito fiscale, pari al 30% del netto ricavato dalla cessione della detrazione all’istituto di credito, in quanto il ricorrente stesso non avrebbe credito
IRPEF sufficiente per poter portare le somme in detrazione nell’anno 2021 e per gli anni seguenti. Al riguardo parte ricorrente, tuttavia, non produce in atti documentazione sufficiente a riprova del danno subito,
In conclusione, il ricorso deve essere respinto.