L’apprendistato nell’ultimo Accordo per l’industria metalmeccanica
Articolo pubblicato sul numero 33|2017 del 28/08/2017
L’apprendistato nell’ultimo Accordo per l’industria metalmeccanica
di Xxxxxxx Xxxxxxx
Il 19 luglio 2017 è stato siglato l’Accordo di rinnovo della disciplina delle tre forme di apprendistato applicabili ai dipendenti dalle industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti. Nella medesima occasione sono state richiamate le disposizioni in materia di regolamentazione delle elezioni di RSU e RLS.
Dopo sette mesi dalla sottoscrizione dell’ipotesi di Accordo al rinnovo del CCNL, in data il 19 luglio 2017, è stato siglato da Federmeccanica e Assistal e Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, il rinnovo della disciplina delle tre forme di apprendistato applicabili ai dipendenti dalle industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti.
Lavoro : Rapporto di lavoro : Apprendistato
Accordo metalmeccanici industria del 19 luglio 2017 Legge n. 183 del 10 dicembre 2014, art. 1, comma 7
X.Xxx. n. 81 del 2015, art. 43, comma 9
X.Xxx. n. 81 del 2015, art. 45
Nella medesima occasione sono state richiamate le disposizioni in materia di regolamentazione delle elezioni di RSU e RLS.
L’istituto dell’apprendistato è stato tra le soluzioni che il legislatore ha elaborato per arginare il fenomeno della inoccupazione giovanile e della disoccupazione in generale.
Invero, per effetto di interventi correttivi riguardanti il mondo del lavoro, si è registrato un debole incremento dell’occupazione dovuto, tra l’altro, anche agli effetti previsti dal D.Lgs. n. 23/2015 che, com’è noto, ha introdotto, nel nostro ordinamento giuridico, il contratto di lavoro a tutele crescenti.
La soluzione contrattuale proposta dal legislatore nel 2015 avrebbe dovuto intervenire non solo sulla situazione di crisi dell’occupazione, ma anche sulla messa a punto di un nuovo modello negoziale più allettante per le imprese, affidando gli esiti positivi della sua introduzione a due fattori: l’evidente depotenziamento dell’art. 18 Stat. lav. e gli incentivi triennali, in chiave di sgravi contributivi, di cui alla legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015). Tuttavia, la ventata di ossigeno legata alle prime applicazioni del Jobs Act (legge n. 183/2014) ha subito inesorabilmente una battuta di arresto per effetto di un ulteriore intervento normativo, avvenuto con legge n. 208/2015 (Legge di Stabilità 2016), che ha significativamente ridotto, sotto il profilo quantitativo ed in termini di durata, gli incentivi connessi alla stipula dei contratti a tutele crescenti.
Ciò posto, nell’ottica dell’incremento dell’occupazione, i termini del problema si sono spostate sul
versante dell’interesse datoriale. In altre parole, data la riduzione dei benefici connessi al lavoro subordinato a tempo indeterminato, benefici che, nella vigenza della Legge di Stabilità 2015 avevano dato luogo all’aumento dell’occupazione grazie alla stipula di contratti a tutele crescenti, ci si è chiesti dopo l’intervenuta modifica quale sia la tipologia contrattuale più conveniente ai fini dell’assunzione.
La risposta al quesito potrebbe rinvenirsi nel quadro legale previsto per l’apprendistato.
I principali benefici per le aziende che assumono con il contratto di apprendistato sono rinvenibili innanzitutto nel regime retributivo specifico che con le innovazioni introdotte nel D.Lgs. n. 81/2015 prevede un esonero retributivo totale per la formazione esterna ed una percentuale del 10% per la formazione interna, stabilito dalla contrattazione collettiva di riferimento.
Inoltre, un altro elemento caratterizzante è il trattamento contributivo agevolato fino all’anno successivo alla prosecuzione dell’apprendistato come ordinario rapporto subordinato a tempo indeterminato ed infine il fatto che l’apprendista non rileva per il raggiungimento dei limiti numerici di leggi e contratti per l’applicazione di specifiche normative o istituti.
In questo contesto va evidenziato che per ciascun anno il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasferisce alle Regioni e alle Province autonome le risorse finanziarie per le attività di formazione in apprendistato, che comunque resta oggetto di un rapporto annuale di monitoraggio a cura del Ministero del lavoro con il supporto di Isfol.
Disciplina
L’apprendistato, a seguito della riscrittura della relativa disciplina, operata con X.Xxx. n. 81/2015, è definito come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani (art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015).
Nel codice civile tale figura è conosciuta come tirocinio e viene compiutamente disciplinato con una specifica normativa separata per la prima volta con legge n. 25/1955, che lo inquadra come un rapporto di lavoro subordinato speciale, avente causa mista: la causa tipica del normale contratto di lavoro subordinato (scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione) che si arricchisce qui di un ulteriore obbligo, quello della formazione professionale, che il datore di lavoro è tenuto ad erogare al lavoratore. Più volte ritoccato ed integrato, l’istituto viene ampiamente riformato per effetto del D.Lgs. n. 276/2003 (cd. Xxxxx Xxxxx), che scompone la fattispecie in una triade di sotto modelli, concepita in relazione alla qualifica conseguibile dall’apprendista. Nonostante gli interventi correttivi posti in essere nel 2005 e nel 2008 la riforma dell’apprendistato ha stentato a decollare. Tra gli ostacoli all’avvio di tale fattispecie si possono annoverare l’inestricabile intreccio di competenze legislative riconducibili ai diversi aspetti del contratto, le limitate risorse pubbliche stanziate a sostegno della formazione, le persistenti difficoltà di dialogo tra sistema formativo ed imprese. Così, in forza della delega contenuta nella legge n. 247/2007, confermata dalla legge n. 183/2010, il Testo Unico dell’apprendistato (D.Lgs. n. 167/2011) ha provveduto al riordino della normativa in materia.
In tale normativa viene definita per la prima volta la fattispecie come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 81, recante disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’art. 1, comma 7, della L. 10 dicembre 2014, n. 183, sono intervenute diverse novità in materia di apprendistato.
La prima e forse più evidente è stata l’abrogazione del cd. Testo Unico n. 167/2011 e l’ampia novella della precedente disciplina viene interamente confluita al Capo V del D.Lgs. n. 81/2015.
Si conferma che tale tipologia contrattuale è da considerarsi quale contratto a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione e si disciplina l’articolazione interna delle tre tipologie di apprendistato.
In particolare, l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, l’apprendistato professionalizzante e, infine l’apprendistato di alta formazione e ricerca, istituti questi oggetto dell’Accordo del 19 luglio i quali sono di seguito esaminati.
Xxxx di apprendistato oggetto dell’Accordo del 19 luglio 2017
Uno tra gli accordi sottoscritti il 19 luglio u.s. riguarda l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma d’istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore.
Si tratta di una forma di apprendistato che coniuga l’istruzione e la formazione professionale svolta dalle istituzioni formative con la formazione effettuata in azienda.
Tale istituto offre ai giovani la possibilità di apprendere un mestiere e contemporaneamente di acquisire un titolo di studio, conseguire un diploma di qualifica triennale o quadriennale, conseguire il diploma d’istruzione secondaria superiore (maturità), conseguire il certificato di specializzazione tecnica superiore (IFTS).
Questa tipologia, pertanto, continua a far riferimento alla dimensione scolastica della sua vocazione, per previsione espressa e per aver legato, ad esempio, la durata della sola componente formativa alla qualifica ed al diploma che permette agli adolescenti di completare il ciclo di studi ed ai giovani maggiorenni, fino ai 25 anni, di conseguire un titolo di studio.
I soggetti destinatari di tale tipologia contrattuale sono i giovani di età compresa tra i 15 anni e i 25 anni, mentre il periodo del contratto è determinato in ragione della qualifica o del diploma da conseguire, ma comunque non può superare i tre anni o a quattro anni nel caso di diploma professionale quadriennale; periodi prorogabili fino ad un anno pei giovani qualificati e diplomati, che hanno concluso positivamente i percorsi formativi
L’apprendimento è in forma duale, nel senso che una parte della formazione avviene sul posto di lavoro sotto la diretta responsabilità dell’azienda mentre un’altra parte viene svolta sotto la responsabilità di un centro di formazione professionale o di un istituto scolastico, e di norma viene svolta presso la struttura formativa.
La durata della formazione svolta sotto l’egida delle strutture formative è in relazione al percorso di studi scelto (una media di circa 400 ore all’anno).
Al termine della formazione l’apprendista deve sostenere l’esame relativo al percorso di studio scelto.
L’azienda ovviamente deve possedere capacità strutturali (spazi), tecniche (dotazioni strumentali) e formative (tutor aziendali).
Per le ore di formazione svolte presso l’istituzione formativa il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo, diversamente per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione.
Nel contratto in premessa, siglato il 19 luglio, nel premettere la valorizzazione di tale tipologia di apprendistato, si specifica che visto il doppio status di studente e lavoratore dell’apprendista, la disciplina prevista nell’Accordo, è da riferirsi esclusivamente all’attività, compresa quella formativa, svolta in azienda.
La proroga del contratto per i datori di lavoro viene ammessa esplicitamente fino ad un anno per i giovani che si trovano in una delle due condizioni: che abbiano hanno concluso positivamente i percorsi per il conseguimento della qualifica, del diploma professionale, per il consolidamento e l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, utili anche ai fini dell’acquisizione del certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo di cui all’art. 15, comma 6, del D.Lgs. n. 226 del 2005, ovvero che al termine dei suddetti percorsi, non abbiano conseguito la qualifica, il diploma, il certificato di specializzazione tecnica superiore o il diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.
In linea col dettato legislativo, si dispone che per il periodo di prova dell’apprendista è richiesto l’atto scritto, la cui durata è pari 160 ore di presenza in azienda.
Nell’Accordo viene esplicitato, inoltre, che il contratto di apprendistato di primo livello può essere trasformato in contratto di apprendistato professionalizzante ma solo successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale ai sensi del D.Lgs. n. 226 del 2005, nonché del diploma di istruzione secondaria superiore o del certificato di specializzazione tecnica superiore. In caso di trasformazione non sarà ammesso il periodo di prova.
L’apprendistato professionalizzante
L’altro Accordo sottoscritto il 19 luglio riguarda l’apprendistato professionalizzante.
Tale istituto è stato istituito con il X.Xxx. n. 276/2003 (Riforma Biagi) per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale.
Il nome di tale tipologia di apprendistato caratterizza già la sua funzione: si tratta di un contratto di mestiere, che calibra meglio il riferimento improprio della rubrica alla qualifica, con analoga dicitura a quella inserita nel primo tipo. Non si tratta di una qualifica professionale intesa come titolo di studio, quanto piuttosto di una qualificazione, come si legge nel corpo nell’art. 43, comma 9, del D.Lgs. 81/2015, ossia di una qualifica professionale ai fini contrattuali, cui tradizionalmente è sempre stato volto questo contratto.
Si tratta ancora di un rapporto di lavoro in cui la formazione è improntata alla professionalizzazione
del giovane d’età compresa tra i diciotto ed i ventinove anni, ma che una volta di più ha obiettivi occupazionali. Ne è riprova anche il limite alla durata formativa, rimesso nel dettaglio alla contrattazione collettiva e fissato qui in tre anni come termine massimo (cinque per il settore artigiano). Nel complesso dei tre anni si riservano centoventi ore di formazione dedicata alle competenze di base e trasversali, mentre nulla si dice del tempo impiegato in attività di addestramento prativo.
Alle parti sociali è demandato il compito di dettagliare la parte formativa, nella sua durata e nelle modalità di erogazione, al settore di riferimento in ragione di due criteri: l’età dell’apprendista – considerando anche che possa essere già un lavoratore formato o in possesso di competenze di base o specifiche – ed il tipo di qualificazione contrattuale da conseguire. Sulla formazione di competenze più tecniche e professionalizzanti, il percorso individuato deve essere coerente con i profili stabiliti dai sistemi di classificazione ed inquadramento contrattuali.
Centro della disciplina torna ad essere la libertà contrattuale, pur nei vincoli generali fissati dalla legge, che si sviluppa con accordi interconfederali o contratti collettivi. Ciò potrebbe aprire la strada a livelli inferiori, mettendo così in forse quella ricerca di uniformità che ha fatto da spinta alla ricomposizione della normativa sull’apprendistato in un unico testo legislativo.
Nell’Accordo in argomento si specifica che la durata minima del contratto di apprendistato professionalizzante va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 36. Periodo ridotto a 6 mesi per i lavoratori in possesso di titolo di studio (diploma di istruzione secondaria superiore o terziaria) inerente alla professionalità da conseguire.
Nel testo contrattuale si evidenziano inoltre i periodi di apprendistato professionalizzante svolti, per una durata pari almeno a 12 mesi, presso più datori di lavoro, ma solo se non separati da interruzioni superiori ad un anno e purché si riferiscano alle stesse attività.
Viene inoltre sottolineato il valore della formazione professionalizzante che si caratterizza per essere un percorso, integrato nell’attività lavorativa, personalizzato sulla base delle conoscenze di partenza dell’apprendista e delle competenze tecnico-professionali e specialistiche da conseguire (standard professionali di riferimento).
È altresì specificata, per l’attivazione del contratto di apprendistato, la necessità della presenza di un tutor/referente aziendale, che può essere lo stesso imprenditore, nominativamente indicato nel PFI, in possesso di adeguata professionalità ed esperienza, il quale si occupa dell’apprendista gestendone l’accoglienza nel contesto lavorativo e favorendone l’inserimento e l’integrazione in azienda Inoltre, il tutor ha il compito di contribuire alla definizione del Piano Formativo Individuale, alla verifica la progressione dell’apprendimento, attestando il percorso formativo e compilando la scheda di rilevazione dell’attività formativa
L’alta formazione e la ricerca in apprendistato
L’atro istituto oggetto del contratto ha riguardato l’apprendistato di cui all’art. 45 del D.Lgs. n. 81/2015.
Questo si indirizza ai giovani della stessa fascia anagrafica del precedente, ma il contratto si
inserisce, come la prima tipologia, all’interno del percorso di studi, ma ai più alti livelli: attraverso un contratto di lavoro, infatti, è possibile condurre un’attività di ricerca, conseguire un diploma di istruzione secondaria superiore, un titolo di studio universitario e di alta formazione, nonché conseguire un dottorato di ricerca e compiere il periodo di praticantato richiesto per accedere alle professioni ordinistiche.
La continuità con la precedente tipologia è evidente, confermando anche in questa occasione lo stretto rapporto che in questi anni si è voluto creare tra mondo produttivo e realtà scolastica, con il coinvolgimento del ruolo delle Università.
Il legislatore ha voluto estendere le potenzialità formative dell’apprendistato, aperto ora anche ad una delicata figura di giovane professionista, come il praticante, rispetto al quale i tratti del contratto di lavoro subordinato si dovranno fare più fluidi per adattarsi alle caratteristiche di un rapporto di tirocinio particolarmente specifico. Viene inoltre previsto che si possa ricorrere all’apprendistato per indeterminate esperienze professionali ed i soggetti che potranno definirne la disciplina.
La competenza ad introdurre una regolamentazione di dettaglio, anche in ordine alla durata, è delle Regioni sentite le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le università, gli istituti tecnici superiori e le altre istituzioni formative o di ricerca.
Come per l’apprendistato volto all’acquisizione di una qualifica e di diploma professionale, anche in questo casi si prevede che un decreto dei due Ministeri coinvolti per competenza, quello del Lavoro e quello dell’Istruzione, previa intesa con le Regioni, fissi gli standard formativi per la verifica dei percorsi effettuati, in coerenza con la finalità e la disciplina della tipologia contrattuale. Tuttavia, la norma di legge menziona a questi fini solo l’apprendistato di alta formazione, mentre, ai fini della verifica dei percorsi formativi dell’apprendistato di ricerca, la definizione degli standard professionali di riferimento si demanda la definizione alla contrattazione collettiva di categoria, ovvero, in mancanza, da intese specifiche a livello nazionale o interconfederale da adottare in vigenza contrattuale.
L’Accordo del 19 luglio ha specificato che possono essere assunti con contratto di apprendistato i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo. Tale istituto è diretto al conseguimento di titoli di studio universitari e di alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all’art. 7 del D.P.C.M. 25 gennaio 2008, per attività di ricerca.
Anche in tale ipotesi viene sottolineata, in considerazione del doppio status di studente e lavoratore dell’apprendista, l’applicazione della disciplina da riferirsi esclusivamente all’attività, compresa quella formativa, svolta in azienda, mentre la frequenza della formazione esterna si svolge sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica e formativa.
Si specificano, altresì, le articolazioni dei periodi di formazione, necessari ai fini del raggiungimento
dei risultati di apprendimento dei percorsi ordinamentali, che sono sia interni che esterni all’azienda e sono concordati dall’istituzione formativa o ente di ricerca e dal datore di lavoro e attuati sulla base del protocollo da essi stipulato.
Essi sono articolati tenendo conto delle esigenze formative e professionali dell’impresa e delle competenze tecniche e professionali correlate agli apprendimenti ordinamentali che possono essere acquisiti in impresa
Viene rimarcato, inoltre, che il contenuto e la durata della formazione dei percorsi in apprendistato è stabilito dal piano formativo individuale redatto dall’istituzione formativa con il coinvolgimento del datore di lavoro secondo il modello definito dal Decreto Interministeriale sugli standard formativi del 12 ottobre 2015.
Accordo per la costituzione delle RSU e per l’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS)
Contestualmente alla sottoscrizione dei tre accordi soprarichiamati è stato siglato altresì l’Accordo per la costituzione delle RSU e per l’elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Riguardo il primo viene sottolineata l’unicità della RSU per tutto il personale di ciascuna unità produttiva, che si compone da impiegati, quadri e operai eletti in rappresentanza delle categorie di appartenenza.
Il numero dei componenti sono fissati in tre unità fino a duecento dipendenti, in tre ogni trecento o frazioni di trecento nelle unità produttiva fino a tremila dipendenti e infine in tre ogni cinquecento o frazioni di essi nelle unità produttive di maggiori dimensioni.
La durata della RSU è triennale così come l’elezione salva l’ipotesi di dimissioni di un numero di componenti superiori al 50% nel qual caso l’organismo decade e si procede alla nuova elezione della RSU.
Anche i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) durano in carica tre anni ma esercitano le loro funzioni fino a nuova elezione anche in caso di decadenza della RSU.
Il numero dei componenti RLS – le cui elezioni si svolgono nello stesso periodo di quelle della RSU – è fissato in una unità per le unità produttive fino a 15 dipendenti e in quelle di oltre 15 dipendenti di una unità da sedici a duecento addetti, in tre componenti da duecentouno a mille addetti e infine in sei componenti in unità produttive superiori a mille addetti.
Viene specificato comunque che nelle unità produttive comprese tra duecentouno e trecento dipendenti, qualora la RSU sia di tre componenti, almeno due RLS sono scelti tra i componenti RSU e uno eletto anche tra i dipendenti non RSU, mentre nel caso di unità produttive di maggiori dimensioni gli RSL sono da individuarsi tra i componenti RSU.