Riflessioni a prima lettura sul nuovo codice dei contratti pubblici, con particolare riguardo alle novità in tema di sistemi di affidamento
Riflessioni a prima lettura sul nuovo codice dei contratti pubblici, con particolare riguardo alle novità in tema di sistemi di affidamento
PARTE QUARTA
a cura di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx – consulente FORMEZPA
1.1. La stipula del contratto e l’esecuzione anticipata
Divenuta efficace l’aggiudicazione è possibile procedere alla stipula del contratto di appalto, nel successivo termine di sessanta giorni1, salvo diverso termine previsto nell’atto indittivo della gara (art. 32, comma 8).
Alla stregua della prevalente interpretazione, il termine di sessanta giorni ha natura ordinatoria, con la conseguenza che il suo decorso non impedisce la stipula del contratto, tantomeno lo stesso potrebbe ritenersi inficiato ove “tardivo”2.
Il decorso del termine potrebbe, in ogni caso, consentire all’impresa aggiudicataria di sciogliersi dal vincolo negoziale (in ragione del fatto che, ai sensi del comma 2, dell’art. 32, l’offerta fino a tale momento è irrevocabile), mediante la notifica di apposito atto alla stazione appaltante; all’aggiudicatario che si avvalga di tale facoltà spetterà il solo rimborso delle spese contrattuali documentate, senza alcun diritto all’indennizzo o al risarcimento di presunti danni.
La locuzione scelta dal legislatore (conforme alla previsione di cui al precedente codice) evidenzia la posizione recessiva del concorrente, anche se il solo rimborso delle spese sembra eccessivamente pregiudizievole laddove il ritardo sia imputabile esclusivamente all’operato della stazione appaltante ovvero consegua ad un’aggiudicazione ormai perfezionatasi da tempo, rispetto alla quale sorge un
1 Sulla decorrenza del termine per la stipula del contratto, cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 6/09/2016, n. 1625.
2 T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 13/01/2016, n. 93, secondo cui: “Il termine di sessanta giorni, previsto per la stipulazione del contratto di appalto non ha carattere perentorio ed il suo inutile decorso ha il solo effetto di determinare, nell’aggiudicatario, la facoltà (rectius: il “diritto potestativo”) di sciogliersi dal vincolo obbligatorio (e cioè di recedere dall’impegno) nascente dalla sua offerta, salvo l’eventuale risarcimento del danno arrecatogli (a titolo di responsabilità precontrattuale)”.
affidamento concreto ed effettivo.
Allo stesso tempo, sarebbe impropriamente afflittiva la previsione del rimborso delle sole spese contrattuali3, limitate a quelle sostenute in vista della stipula del contratto (ad esempio, quelle necessarie per l’emissione della cauzione definitiva ex art. 103 del c.d.c.), senza tener conto di quelle sostenute per la partecipazione a gara, qualora il ritardo sia imputabile alla stazione appaltante e sia privo di idonea e documentata giustificazione.
La stipula del contratto costituisce il discrimen tra la fase procedimentale autoritativa e la fase contrattuale da cui origina un rapporto di natura paritetica tra contraenti, ricadendo nell’alveo della giurisdizione amministrativa le azioni a titolo di responsabilità precontrattuale proposte per condotte scorrette della P.A. nelle trattative. Xxxxxx, invero, i poteri esercitabili. Come autorevolmente avvertito, l’amministrazione non può agire in autotutela nel caso in cui il contratto sia già stato
stipulato, con preclusione dell’uso dello strumento della revoca dell’aggiudicazione4.
Il comma 8 dell’art. 32 si occupa anche della c.d. esecuzione anticipata, ovvero della possibilità di iniziare la prestazione negoziale (mediante l’inizio dei lavori, l’avvio del servizio o della fornitura) qualora sussistano ragioni di urgenza.
3 Come sottolineato di recente (T.A.R. Catanzaro, sez. II, n. 93/2016, cit.): “Nel caso di consegna dei lavori in via d’urgenza, l’assenza di quello che viene propriamente definito “vincolo contrattuale”, non esclude la sussistenza di un’obbligazione creditoria di natura indennitaria in capo alla impresa aggiudicataria”.
4 Cons. Stato, sez. V, 22/03/2016, n. 1174; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I ter, 19/02/2016, n. 2199, Cons. Stato, Ad. Pl., 20/06/2014, n. 14, secondo cui: “Le pubbliche amministrazioni se, dopo aver stipulato il contratto di appalto, rinvengono sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, non possono utilizzare lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione, ma devono esercitare il diritto potestativo disciplinato dall’art. 134 del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163”.
In proposito, va segnalata la novità recata dal nuovo codice, tesa a evitare un improprio e non giustificato ricorso a tale strumento.
Il precedente art. 11, comma 9, abilitava tale immediata esecuzione (anche, cioè, prima della stipula del contratto) qualora la stessa fosse stata tesa ad evitare un grave pregiudizio all’interesse pubblico (che avrebbe dovuto soddisfare), inclusa la perdita di finanziamenti comunitari; in ogni caso, l’urgenza idonea a giustificare, eccezionalmente, l’esecuzione anticipata andava intesa come urgenza qualificata e non generica, tale da consentire di prevedere che, verosimilmente, il rinvio dell’intervento per il tempo necessario a completare l’ordinaria procedura avrebbe compromesso, con grave pregiudizio dell’interesse pubblico, la tempestività o l’efficacia dell’intervento. Con formulazione rigorosa e limitativa, il comma 8 dell’art. 32, oltre a ribadire la precedente fattispecie, sottolinea che l’esecuzione anticipata è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali e cose, ovvero per interessi sensibili e primari (quali, l’igiene e la salute pubblica oltre che la tutela del patrimonio storico,
artistico e culturale).
L’utilizzo dei due avverbi comprova la natura eccezionale e derogatoria di tale modus operandi, rendendo giustiziabili comportamenti elusivi oltre che concreto il rischio, per l’amministrazione procedente, di restare senza gestore o fornitore nel caso in cui si sia in presenza della mera cessazione del precedente contratto (ipotesi, cioè, non imprevedibile) e, al contempo, non sia possibile il ricorso alla proroga tecnica.
Ne consegue che il ricorso all’esecuzione anticipata (nelle more della stipula del contratto) impone uno specifico onere motivazionale, in sede di determina di aggiudicazione, onde comprovare l’effettiva sussistenza delle condizioni previste e
prevenire comportamenti elusivi dello stand still.
In caso di esecuzione anticipata la ditta ha diritto al ristoro delle spese sostenute. Anche su tale profilo il riconoscimento dei soli costi (senza utile di impresa) appare fortemente limitativo, sia perché si sarebbe in presenza di un’immotivata lesione o addirittura di un provvedimento afflittivo (in assenza di responsabilità e inadempienze imputabili al concorrente), sia perché l’accettazione dell’esecuzione anticipata da parte dell’aggiudicataria implica pur sempre la conclusione di un vero e proprio accordo di matrice negoziale, la cui esecuzione si identifica con quella del rapporto (sia pure anticipata rispetto alla stipula del contratto d’appalto) e il cui inadempimento attrae comunque la controversia nella giurisdizione del giudice ordinario, in ragione del fatto che le reciproche situazioni soggettive assumono la consistenza del diritto soggettivo5. La propedeuticità della stipula del contratto è confermata dal comma 13, dell’art.
32, per il quale esso può eseguirsi solo dopo che è divenuto efficace, salvo l’esecuzione anticipata nei casi di urgenza6.
1.2. La forma del contratto
L’art. 32, comma ad finem, disciplina le modalità di stipula del contratto di appalto, imprescindibile per l’insorgenza del rapporto negoziale con la P.A..
Riproducendo la previsione dell’art. 11, ultimo comma, del precedente codice (nel testo più volte novellato) nonché l’art. 334, comma 2, del d.p.r. n. 207/20107, vengono
5 In termini, T.A.R. Toscana, sez. I, 11/04/2016, n. 610.
6 Con una formulazione identica a quella del comma 12, dell’art. 13, del precedente codice.
7 L’art. 334 del d.p.r. n. 207/2010 (Relativo ai contratti di cottimo fiduciario per appalti di servizi e forniture) stabilisce che il contratto di cottimo fiduciario è stipulato attraverso scrittura privata, che
previste, quali modalità di stipula, quella pubblica notarile informatica, quella in modalità elettronica, quella pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante della stazione appaltante.
Alla stregua di un consolidato indirizzo ermeneutico, nella materia in esame si impone la forma scritta ad substantiam, non potendosi attribuire al provvedimento di aggiudicazione il valore di conclusione del contratto medesimo; sicché, ove la stipulazione in forma scritta segua l’ultimazione dei lavori, è soltanto da quel momento (e non da quello, precedente, dell’ultimazione dei lavori) che sorge l’obbligazione della stazione appaltante al pagamento del corrispettivo dell’appalto8.
La necessità della forma scritta è stata desunta dall’art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923 (in materia di contabilità generale dello Stato), con la prescrizione che anche nel caso in cui sia ammessa la stipulazione per atti non contestuali, i contratti della P.A. esigono la forma scritta “ad substantiam” quale diretta modalità di esternazione della volontà di contrarre (proposta e accettazione), non essendo sufficiente che da atti scritti risultino comportamenti attuativi di un accordo solo verbale, essendo impossibile una contrattazione “per facta concludentia”9.
Sul medesimo crinale, si è più volte osservato10 che la pubblica amministrazione, per principio generale, non può assumere impegni o concludere contratti se non nelle forme stabilite dalla legge e dai regolamenti (vale a dire nella forma scritta), forme il cui mancato rispetto produce la nullità assoluta dell’atto, rilevabile anche d’ufficio.
può anche consistere in apposito scambio di lettere con cui la stazione appaltante dispone l’ordinazione dei beni e dei servizi, che riporta i medesimi contenuti previsti dalla lettera di invito.
8 Cass. civile, sez. I, 21/01/2015, n. 1053; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 17/01/2013, n. 368.
9 Cass. civile, sez. I, 17/03/2015, n. 5263.
10 Cass., sez. III, 28/09/2010, n. 20340.
La forma scritta ad substantiam è da considerarsi strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, sia nell’interesse del cittadino, costituendo remora ad arbitrii, sia nell’interesse della stessa pubblica amministrazione, rispondendo all’esigenza di identificare con precisione l’obbligazione assunta e il contenuto negoziale dell’atto e, specularmente, di rendere possibile l’espletamento della indispensabile funzione di controllo da parte dell’autorità tutoria.
In questo senso, il requisito in parola può considerarsi espressione dei principi di buon andamento ed imparzialità sanciti dalla Carta costituzionale (art. 97).
La posizione è condivisa anche dalla magistratura amministrativa.
Si è sostenuto che per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni pubbliche è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell’organo rappresentativo abilitato a concludere (in nome e per conto dell’ente pubblico) negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all’uopo, inidonee le deliberazioni degli organi collegiali, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna della volontà negoziale. Di talché un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell’ente pubblico, da quell’unico organo autorizzato a rappresentarlo11.
Ne consegue che la normativa speciale dettata in tema di contratti pubblici prevale sulla diversa disciplina dei rapporti tra privati, quale, ad esempio, quella dettata in tema di conferimento di incarichi professionali, in tema di stipula di locazioni e contratti agrari ultranovennali, in tema di rinnovo tacito del contratto di locazione,
11 Cons. Stato, sez. VI, 3/06/2010, n. 3507.
inconfigurabile se il locatore sia un ente pubblico12.
In conclusione, i contratti d’appalto pubblici si possono considerare formalmente conclusi solo quando siano state rispettate le formalità tipiche dei contratti, tra cui rientrano le relative sottoscrizioni al termine del procedimento stabilito dalla legge13.
In ordine alle modalità di stipula, la norma, accanto a modelli ordinari prevede forme semplificate per le procedure negoziate, sancendo che la stipula del contratto può avvenire mediante scrittura privata14 e lo scambio di corrispondenza (anche tramite pec) per gli affidamenti di importo non superiore ai 40.000 € (c.d. affidamenti diretti). In proposito, con apposito Comunicato presidenziale (del 4 novembre 2015) l’ANAC ha sottolineato la volontà del Legislatore, per i contratti d’appalto pubblico stipulati in forma pubblica amministrativa e (a far data dal 1° gennaio 2015) per quelli stipulati mediante scrittura privata, di comminare la sanzione della nullità a tutti i casi di mancato utilizzo della “modalità elettronica”, la quale deve ritenersi obbligatoria sia
per la forma pubblica amministrativa del contratto sia per la scrittura privata15.
12 Cass., sez. III, 26/06/2008, n. 17550; id., 8/01/2005, n. 258.
13 Cons. Stato, sez. IV, 20/04/2010, n. 2199.
14 Secondo Cons. Stato, sez. V, 25/11/2015, n. 5356, deve ritenersi che il contratto di appalto sia stato concluso nella forma della scrittura privata, nel caso in cui: a) la stazione appaltante abbia inviato alla ditta aggiudicataria una nota denominata lettera di aggiudicazione – recante, oltre che la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, tutta una serie di elementi concernenti il contenuto essenziale del contratto – restituita dall’impresa firmata per benestare e accettazione; b) l’impresa abbia posto in essere tutti gli adempimenti connessi alla stipulazione del contratto (fra cui la costituzione della polizza definitiva e della garanzia fideiussoria); c) i lavori siano stati consegnati, senza che dal verbale di consegna emerga che tale consegna sia avvenuta in via d’urgenza e in anticipo rispetto alla stipula del contratto. In tal caso, infatti, deve ritenersi che vi sia stato l’incontro del consenso delle parti nell’ambito di un contesto documentale scritto recante gli elementi essenziali del regolamento contrattuale.
15 In considerazione della sopravvenienza normativa di cui all’art. 6, comma 6, del d.l. 23/12/2013, n.145, c.d. “Destinazione Italia”, convertito nella l. 21 febbraio 2014, n. 9, ad integrazione e modifica del contenuto della Determinazione n. 1/2013.
Pertanto, anche la scrittura privata conclusa tramite scambio di lettere, dovrà essere redatta in modalità elettronica.
1.3. Il controllo sugli atti delle procedure di affidamento
Nel riprendere quanto previsto dall’art. 12 del precedente codice, l’art. 33 del d.lgs. n. 50/2016 disciplina il sistema dei controlli sugli atti di gara, con particolare riguardo alla proposta di aggiudicazione e al contratto.
Va subito avvertito che la portata applicativa della norma è connessa alla disciplina dei singoli ordinamenti, posto che l’organo deputato allo svolgimento del controllo e le modalità di espletamento degli stessi dipendono dalle previsioni degli ordinamenti settoriali. Va da sé che nel vigente sistema delle autonomie, caratterizzato da una drastica riduzione (ovvero assenza) di forme di controllo esterno, la norma in esame assume una portata ed una valenza residuale e marginale.
Al contempo, le preminenti esigenze di celerità e di semplificazione militano a favore di una sintesi delle fasi interne di gara, rendendo auspicabile l’adozione di determinazioni capaci di ricomprendere valutazioni e scelte strettamente connesse, ovvero, sull’opposto crinale, rendono ininfluenti carenze endoprocedimentali qualora assorbite (o assorbibili) in valutazioni successive16.
Cosicché, appare ultroneo un atto di approvazione dei verbali di gara funzionale solo ad esternare, in via definitiva, la volontà della stazione appaltante di contrarre o ad autorizzare il soggetto competente alla stipula del rogito, posto che l’aggiudicazione (doverosa e necessaria) sarebbe in grado di accorpare entrambe le citate valutazioni.
16 Cfr. E.F. XXXXXXXXX, I controlli, in De Nictolis, Xxxxxxxx, Sandulli (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, III, Milano, 2008, 973.
Residua, pertanto, la sola ipotesi in cui, in base alle norme organizzative interne, sia previsto un Organo deputato all’approvazione degli atti della fase selettiva, in via propedeutica all’aggiudica o alla stipula del contratto.
Sul piano ermeneutico, la nuova disciplina opera una significativa semplificazione redazionale e sostanziale; in particolare, prevede l’approvazione sia della proposta di aggiudicazione che del contratto, da parte dell’organo competente, secondo i singoli ordinamenti e nel termine ivi indicato; in mancanza il termine è fissato in trenta giorni.
Sempre in un’ottica di semplificazione, si contempla, da un lato, la possibilità di una sola interruzione del termine per richiesta di chiarimenti o documenti da parte dell’organo deputato all’approvazione, dall’altro, il silenzio assenso nel caso di inutile decorso del termine previsto.
Sulla scorta della disciplina in esame, la giurisprudenza si è occupata di tale fase intermedia (della verifica della proposta di aggiudicazione ovvero della sua approvazione, secondo che si faccia riferimento al lessico adoperato dall’art. 32, comma 5, o dall’art. 33, comma 1).
Ebbene, alla luce degli indirizzi ermeneutici espressi, deve escludersi che l’approvazione sia espressione di un’attività vincolata, considerato che all’amministrazione è concesso di svolgere nuove e proprie valutazioni rispetto alla proposta di aggiudicazione, esprimendo un autonomo apprezzamento in ordine alla regolarità dello svolgimento della procedura di gara e alla convenienza della stipulazione (come ampiamente osservato nel paragrafo relativo all’autotutela)17.
In ogni caso, a seguito della proposta di aggiudicazione sussiste l’obbligo
17 T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 13/01/2011, n. 10; Cons. Stato, sez. V, 22/06/2010, n. 3890.
dell’amministrazione appaltante di procedere all’adozione di un provvedimento espresso di aggiudicazione (salvo l’autotutela), che non può considerarsi sostituito dalla relativa approvazione, ancorché intervenuta per silentium18 (l’approvazione tacita, infatti, non trasforma la proposta in aggiudicazione)19.
Tanto risulta sottolineato in plurimi arresti giustiziali.
In breve, si è ritenuto che il decorso del termine di 30 giorni dall’aggiudicazione provvisoria (o dalla proposta di aggiudicazione) comporta non già l’aggiudicazione definitiva, ma soltanto l’approvazione della proposta di aggiudicazione; in altre parole, scaduto il termine di trenta giorni previsto dalla norma in commento, la proposta, in difetto di un provvedimento espresso, si ha per approvata tacitamente e l’aggiudicatario “provvisorio” può esigere, chiedendola formalmente, l’emissione del provvedimento di aggiudicazione, quale atto conclusivo della gara20.
In ogni caso, il riesame degli atti di gara può intervenire anche dopo l’inutile decorso del termine di 30 giorni dalla proposta di aggiudicazione.
1.4. La disciplina delle concessioni
Dal punto di vista oggettivo (ovvero in ordine all’ambito di applicazione), una delle principali novità del nuovo codice è costituita dalla previsione di una dettagliata
18 Cfr. I. XXXXXXXXXX, L’omessa previsione di un termine per l’aggiudicazione definitiva negli appalti pubblici, in Urb. e Appalti, 2011, 10, 1215 ss..
19 Risulta minoritario (e per molti versi non condivisibile) l’orientamento secondo cui l’approvazione tacita equivarrebbe ad un’aggiudicazione definitiva del contratto, espressa anch’essa per silentium (Cons. Stato, sez. IV, 4/05/2010, n. 2554).
20 In termini, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 20/11/2015, n. 13131. Si veda, anche T.A.R. Veneto, sez. I, 08/02/2013, n. 178.
disciplina delle concessioni.
Valga premettere che la concessione si distingue dall’appalto di servizi sotto plurimi e sostanziali profili; i criteri discretivi più sicuri ed affidabili devono essere identificati: nell’assunzione da parte del concessionario, del “fattore rischio”, determinato dalla traslazione al gestore dell’incertezza sull’utilità economica dell’erogazione del servizio, che caratterizza le concessioni e le distingue dagli appalti; nella somministrazione del servizio a favore della generalità degli utenti, e non solo alla pubblica amministrazione; nella esclusiva coincidenza del corrispettivo con il diritto di sfruttare economicamente il servizio, ovvero in tale diritto accompagnato da un prezzo; nonché, da ultimo, nella traslazione ad un soggetto privato della facoltà di esercizio del servizio, ferma restando la titolarità della funzione in capo alla P.A. concedente21.
In ordine al rapporto tra concedente e concessionari, la Suprema Corte22 ha avuto modo di precisare che, allorché la pubblica amministrazione affidi ad un privato la realizzazione di opere programmate nell’interesse pubblico, il rapporto non può definirsi di delegazione amministrativa, che è istituto peculiare del diritto pubblico e non può configurarsi che tra enti pubblici diversi (delegazioni intersoggettive) o tra organi diversi dello stesso ente pubblico (delegazione interorganica), ricorrendo, invece, o la figura dell’appalto, ove l’affidamento sia strettamente limitato all’esecuzione del lavoro, ovvero quella della concessione, caratterizzata dal trasferimento, in tutto o in parte, al concessionario dell’esercizio delle funzioni
21 Cfr. Cons. Stato, Ad. Pl., 27/07/2016, n. 22; Cons. Stato, sez. VI, 16/07/2015, n. 3571; Xxxxx xx Xxxxxxxxx XX, 00 ottobre 2005, C-458-03.
22 Corte Cass., sez. I civile, 27/10/2016 n. 21746.
oggettivamente pubbliche (progettazione di massima ed esecutiva, direzione dei lavori, e perfino – laddove si versi in ipotesi di concessione traslativa – acquisizione delle aree mediante provvedimenti ablatori, ecc.) necessarie per la realizzazione delle opere.
Ciò premesso, a differenza della previgente disciplina codicistica che si occupava delle concessioni solo nell’art. 30 (in virtù del quale a tale tipologia di rapporto si applicavano unicamente i principi generali della contrattualistica pubblica, salvo minime disposizioni di settore ivi indicate) ed in recepimento di un’apposita direttiva comunitaria, il d.lgs. n. 50/2016 prevede un paradigma articolato, dedicando alle concessioni l’intera parte III del codice (artt. da 164 a 178).
Dall’analisi di tale paradigma emerge una tendenziale osmosi con la disciplina dettata per l’affidamento degli appalti di servizi e lavori, posto che alle procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione di lavori e servizi si applicano le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II del codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione (art. 164).
Trattasi, come è evidente, di un richiamo quasi integrale della disciplina generale, con la conseguenza che (diversamente da quanto avveniva in passato) le deroghe costituiscono un’eccezione.
Restano esclusi i servizi non economici di interesse generale nonché i provvedimenti, comunque denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a
richiesta di un operatore economico, autorizzano, stabilendone le modalità e le condizioni, l’esercizio di un’attività economica che può svolgersi anche mediante l’utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici (si pensi alle concessioni di beni demaniali per la gestione di uno stabilimento balneare).
Del resto, il processo di tendenziale osmosi tra la disciplina degli appalti e delle concessioni era stato già evidenziato dalla giuspubblicistica, al punto che più volte la giurisprudenza aveva esteso alla concessione sia istituti di diritto sostanziale che processuale previsti per i primi23.
L’art. 165 positivizza i “caratteri distintivi” della concessione, evidenziando che la maggior parte dei ricavi per il concessionario deve derivare dalla vendita dei servizi resi al mercato, ponendosi in capo al concessionario il “rischio operativo”; tuttavia, si impone la persistenza di un equilibrio economico-finanziario, anche attraverso un contributo pubblico ovvero la cessione di beni immobili (da prevedersi nel bando), in misura non superiore al trenta per cento dell’investimento complessivo.
Nell’ottica di una garanzia dell’affidabilità della gestione, si prevede che la sottoscrizione del contratto di concessione possa aver luogo solo dopo la presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell’opera e che il contratto di concessione si risolva di diritto ove il contratto di finanziamento non sia perfezionato entro dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto di concessione (art. 165, comma 3). La ratio che si rinviene nella nuova normativa di settore è quella di attuare il regime delle concessioni nell’ambito di una disciplina dettagliata e vincolata quale
23 Da ultimo, anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 22 del 27/07/2016, relativamente all’applicazione del termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 120, comma 5, c.p.a, al fine di impugnare l’aggiudicazione, ha chiarito che: “Gli artt. 119 e 120 del c.p.a. sono applicabili alle procedure di affidamento di servizi in concessione”.
quella prevista per gli appalti di lavori, in special modo imponendo la predeterminazione del valore della concessione (quale importo a base d’asta) attraverso un criterio molto rigoroso e disancorato da mere valutazioni politiche e di indirizzo.
In particolare, ai sensi dell’art. 167, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, calcolato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione. Il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione.
Una concessione non può essere frazionata al fine di escluderla dall’osservanza del codice, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino, valutate al momento della predisposizione del bando.
Nell’evidenziare l’indispensabilità della preventiva determinazione del fatturato si è sancito che: “È illegittimo il bando di gara indetto da una ASL per l’affidamento dell’appalto del servizio di ristoro mediante distributori automatici, ove nella lex specialis sia stata omessa l’esatta indicazione del fatturato stimato della concessione immessa nel mercato; tale omissione, infatti, rende soltanto apparente la possibilità per gli operatori interessati di formulare un’offerta consapevole, con il risultato di restringere se non impedire ingiustificatamente la partecipazione alla gara”24.
L’art. 168 del nuovo codice, inoltre, impone una durata limitata, non essendo ammissibile una concessione di servizi sine die, con la conseguenza che il valore
24 Cfr., Cons. Stato, sez. III, 18.10.2016, n. 4343; TAR Umbria, sez. I, 19/10/2016, n. 653.
stimato della concessione risulterà condizionato dall’entità della durata prevista.
Ivi si legge: “La durata delle concessioni è limitata ed è determinata nel bando di gara dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario. La stessa è commisurata al valore della concessione, nonché alla complessità organizzativa dell’oggetto della stessa.
La durata massima della concessione non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono quelli effettivamente sostenuti dal concessionario, sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione”.
L’art. 174 si occupa della fase esecutiva, imponendo, all’operatore economico, in caso di subappalto, di dichiarare in sede di offerta le parti della concessione che intende subaffidare a terzi; gli art. 175 e ss. regolamentano, infine, la disciplina delle varianti durante il periodo di efficacia del contratto, stabilendo le condizioni in base alle quali possono essere apportate modifiche alla concessione in corso di esecuzione e le ipotesi in cui il contratto può essere oggetto di revisione o cessazione.
1.5. La modifica (oggettiva e soggettiva) del contratto
Una volta instaurato, il rapporto negoziale è, tendenzialmente, immodificabile.
Possono tuttavia verificarsi circostanze soggettive o oggettive, oltre che imprevedibili, che ne impongano una novazione sia della parte contraente che della
prestazione (dell’entità o della tipologia della stessa).
Ovviamente, al fine di evitare che la modifica comporti per l’aggiudicatario maggiori vantaggi di quelli conseguenti allo svolgimento della procedura selettiva nonché al fine di non abilitare ad impropri raggiri dei principi sottesi alla disciplina di settore, occorre che le modifiche soddisfino gli stringenti limiti legislativi, ora dettati dall’art. 106 del codice dei contratti.
A tal uopo, il suindicato articolo del Codice, rubricato “Modifica dei contratti durante il periodo di efficacia”, delinea i casi in cui i contratti (sia dei settori ordinari che speciali) possono essere modificati senza necessità di indire una nuova gara.
Nel specifico, è possibile modificare il contratto (novazione oggettiva) quando:
a) le modifiche, a prescindere del loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise ed inequivocabili25;
b) si sono resi necessari lavori, servizi o forniture supplementari (che non erano inclusi nell’appalto) da parte del contraente originario, qualora un cambio di contraente produca entrambi i seguenti effetti:
- risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell’ambito dell’appalto iniziale;
- comporti per la stazione appaltante notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi.
In tali casi, si deve tener conto che per i settori ordinari il contratto può essere
25 La norma precisa che, per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutati solo per l’eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà; per i contratti relativi a servizi e forniture stipulati dai soggetti aggregatori, restano ferme le disposizioni di cui all’art. 511, comma 1, L. n. 208/2015.
modificato solo se l’eventuale aumento del prezzo non eccede il 50% del valore del contratto iniziale (comma 7); in caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica a ciascuna modifica;
c) sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l’amministrazione aggiudicatrice o per l’ente aggiudicatore26;
- la modifica non altera la natura generale del contratto;
d) è necessario sostituire il contraente originario con un nuovo contraente, per il verificarsi delle seguenti circostanze (novazione soggettiva):
- una clausola di revisione inequivocabile in conformità a quanto previsto dalla lett. a);
- all’aggiudicatario iniziale succede, per causa di morte o per contratto (anche a seguito di ristrutturazioni societarie, compreso fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza) un altro operatore economico (che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente);
- la stazione appaltante si assume gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori;
e) se le modifiche non sono sostanziali.
In tal caso, è previsto che le stazioni appaltanti possono stabilire nei documenti di gara le soglie di importi per consentire le modifiche.
26 In tali casi le modifiche all’oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d’opera. Tra le predette circostanze rientrano la sopravvenienza di disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti.
Ad ogni modo, una modifica è sostanziale (con consequenziale necessità di indire una nuova procedura di gara) quando “… altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti” (comma 4).
Ciò accade quando:
1) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d’appalto iniziale, avrebbero consentito l’ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l’accettazione di un’offerta diversa, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione;
2) la modifica cambia l’equilibrio economico del contratto o dell’accordo quadro a favore dell’aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale;
3) la modifica estende notevolmente l’ambito di applicazione del contratto;
4) un nuovo contraente sostituisce quello cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore aveva inizialmente aggiudicato l’appalto in casi diversi da quelli previsti al comma 1, lettera d).
Alle ipotesi di modifica (soggettiva ed oggettiva) del contratto appena indicate, si aggiungono le modifiche del contratto resesi necessarie a causa di errori o omissioni nel progetto esecutivo27 che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera o la sua utilizzazione (ex art. 106, comma 2, del Codice).
È necessario, tuttavia, che il valore della modifica non superi i seguenti valori:
a) le soglie fissate all’articolo 35;
27 Il comma 10 dell’art. 106 definisce l’errore o omissione nella progettazione come l’inadeguata valutazione dello stato di fatto, la mancata o erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione, il mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultati da prova scritta, la violazione del dovere di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.
b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizio e fornitura sia nei settori ordinari che speciali ovvero il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori sia nei settori ordinari che speciali.
In tali casi, alla stregua del comma 9, i titolari di incarichi di progettazione sono responsabili per i danni subiti dalle stazioni appaltanti per gli errori di progettazione.
Inoltre, per gli appalti aventi ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori, l’appaltatore risponde dei ritardi e degli oneri conseguenti alla necessità di introdurre varianti in corso d’opera a causa delle carenze del progetto esecutivo.
Sulla possibilità di modificare la durata del contratto, il comma 11 dell’art. 106 sancisce che tanto è ammissibile solo nel caso in cui il bando e i documenti di gara contemplino un’opzione di proroga.
La proroga, peraltro, è limitata esclusivamente al tempo necessario alla conclusione delle procedure attivate per individuare il nuovo contraente.
In tal caso, il contraente (prorogato) è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto allo stesso prezzo, patti e condizioni (o, al limite, più favorevoli per la stazione appaltante).
Se, invece, in corso di esecuzione si rende necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni, la stazione appaltante può imporre all’appaltatore l’esecuzione del contratto alle stesse condizioni previste nel contratto originario fino a concorrenza del quinto del suo importo (c.d. “quinto d’obbligo”).
Entro tale soglia, infatti, l’appaltatore non ha diritto alla risoluzione (restando obbligato a quanto impostogli, nei limiti della predetta soglia).
Infine, particolari adempimenti sono prescritti, in capo alla stazione appaltante, nel caso di modifiche avvenute ai sensi dell’art. 106, comma 1, lett. b) e comma 2.
L’amministrazione aggiudicatrice, infatti, è tenuta a comunicare all’ANAC le modificazioni del contratto entro 30 giorni (comma 8).
In mancanza, è prevista l’irrogazione di una sanzione (a carico della stazione appaltante) di importo compreso tra 50 e 200 euro per ogni giorno di ritardo. Una volta fornita tale comunicazione, l’Autorità procederà alla relativa pubblicazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito.
1.6. Risoluzione e recesso dal contratto d’appalto
Nello svolgimento del rapporto negoziale possono emergere o verificarsi circostanze “patologiche” che ne impongono (o ne giustificano) la cessazione anticipata.
In tal caso, fermo restando il rinvio alle previsioni del codice civile, come operato dall’art. 32, ultimo comma, il codice detta disposizioni particolari e specifiche per la contrattualistica pubblica.
In primo luogo, l’art. 108 disciplina la risoluzione del contratto.
La norma distingue i casi in cui lo scioglimento del vincolo negoziale rappresenti una facoltà dell’Amministrazione, dai casi in cui la risoluzione risulti obbligatoria.
Alla stregua del primo comma, è possibile la risoluzione facoltativa quando:
a. il contratto subisca una modifica sostanziale che richieda una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 106;
b. con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lettere
b) e c), vengano superate le soglie di cui al comma 7 del predetto articolo; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 1, lett. e), vengano superate eventuali soglie stabilite dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti
aggiudicatori; con riferimento alle modificazioni di cui all’articolo 106, comma 2, vengano superate le soglie di cui al medesimo comma 2, lett. a) e b);
c. l’aggiudicatario si trovava, al momento dell’aggiudicazione, in una delle situazioni di cui all’articolo 80, comma 128, per quanto riguarda i settori ordinari ovvero di cui all’articolo 170, comma 329, per quanto riguarda le concessioni e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura, ovvero ancora per quanto riguarda i settori speciali avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 13630;
d. l’appalto non sarebbe dovuto essere aggiudicato a causa di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati, o di una sentenza passata in giudicato per violazione del Codice.
Va subito osservato che per tali ultime fattispecie il richiamo all’istituto della risoluzione non sembra immune da critiche posto che il rapporto negoziale viene fatto cessare per violazione o irregolarità (vizianti) verificatesi nella fase pubblicistica e che, se rilevate tempestivamente, avrebbero determinato l’esclusione del candidato.
Il successivo comma 2, invece, individua le ipotesi in cui la stazione appaltante ha l’obbligo di risolvere il contratto. Tanto si impone quando:
a) nei confronti dell’appaltatore sia intervenuta la decadenza dell’attestazione di
28 Recante la disciplina dei motivi di esclusione dalla gara, che consegue alla condanna con sentenza definitiva (o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 del codice di procedura penale, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6) per uno dei reati ivi indicati.
29 In base al quale: “Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori non possono escludere un’offerta sulla base della giustificazione secondo cui i lavori e i servizi offerti non sono conformi ai requisiti tecnici e funzionali richiesti nei documenti di gara, se l’offerente prova, con qualsiasi mezzo idoneo, che le soluzioni da lui proposte con la propria offerta soddisfano in maniera equivalente i requisiti tecnici e funzionali”.
30 Recante l’applicabilità, ai settori speciali, dei motivi di esclusione e dei criteri di selezione dei settori ordinari.
qualificazione per aver prodotto falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;
b) nei confronti dell’appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l’applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al Codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all’articolo 8031.
Ai casi di risoluzione facoltativa e obbligatoria, si aggiungono le ipotesi di risoluzione per grave ritardo e per grave inadempimento dell’appaltatore.
La risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore è disciplinata dal comma 3 della norma in esame. In tal caso, il direttore dei lavori (o il Responsabile dell’esecuzione del contratto, ove nominato), accertato un grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, invia al RUP una relazione particolareggiata ove è indicata la stima dei lavori eseguiti regolarmente, il cui importo può essere riconosciuto all’appaltatore. Al contempo, egli contesta gli addebiti, assegnando all’appaltatore un termine non inferiore a 15 giorni per presentare al RUP le proprie controdeduzioni.
Acquisite e valutate negativamente queste ultime, ovvero decorso inutilmente tale termine, la stazione appaltante, su proposta del RUP, dichiara risolto il contratto.
Rispetto alla disciplina previgente, risulta rafforzato il ruolo della Direzione lavori in fase di contestazione degli addebiti, in quanto non viene riproposta la necessaria indicazione del RUP.
Il comma 4, invece, disciplina l’ipotesi della risoluzione per grave ritardo.
31 Trattasi dei reati indicati espressamente nel relativo comma 1, ai quali si aggiungono le cause di decadenza, di sospensione o di divieto previste dall’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (c.d. “codice antimafia”) o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, del medesimo decreto.
In particolare, nel caso di ritardo nell’esecuzione delle prestazioni dovuto alla negligenza dell’appaltatore, il direttore dei lavori (o il Responsabile unico dell’esecuzione del contratto, se nominato) assegna un termine non inferiore a dieci giorni (salvo i casi di urgenza) entro i quali l’appaltatore deve eseguire le prestazioni. Elasso infruttuosamente tale termine, se l’inadempimento permane, redatto processo verbale in contraddittorio con l’appaltatore, la stazione appaltante dichiara la
risoluzione del contratto, fermo restando il pagamento delle eventuali penali.
Una volta risolto il contratto, il RUP dispone che il direttore dei lavori curi la redazione dello stato di consistenza, l’inventario dei materiali, macchine e mezzi d’opera e la relativa presa in consegna (comma 6).
Alla stregua del comma 7, qualora sia già stato nominato, l’organo di collaudo (acquisito lo stato di consistenza) redige un verbale di accertamento tecnico e contabile in cui viene accertata la corrispondenza tra quanto eseguito (fino alla risoluzione) e quanto previsto nel progetto approvato, nonché nelle eventuali perizie di variante.
Nel verbale si accerta altresì la presenza di eventuali opere riportate nello stato di consistenza ma non previste nel progetto approvato e nelle eventuali perizie di variante.
In ogni caso, l’appaltatore ha l’obbligo del ripiegamento dei cantieri già allestiti e dello sgombero delle aree di lavoro, nel termine assegnato dalla stazione appaltante.
In caso di mancato rispetto di tale termine, la stazione appaltante procede d’ufficio, addebitando al contraente privato i relativi oneri e spese.
È espressamente riconosciuta alla stazione appaltante, nel caso in cui venga emesso un provvedimento giurisdizionale (cautelare, possessorio o d’urgenza) che inibisca o ritardi il ripiegamento dei cantieri e lo sgombero delle aree, in alternativa alla loro esecuzione, la facoltà di depositare una cauzione in conto vincolato a favore
dell’appaltatore o prestare una fideiussione bancaria o polizza assicurativa ai sensi dell’art. 93 dei Codice, pari all’1% del valore del contratto.
Resta impregiudicato il diritto della P.A. di richiedere il risarcimento dei danni.
L’appaltatore, dal canto suo, matura il diritto al pagamento delle prestazioni regolarmente eseguite, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto (comma 5).
Per i casi di risoluzione obbligatoria del contratto e di risoluzione per grave inadempimento dell’appaltatore, tuttavia, sono poste a carico di quest’ultimo anche le maggiori spese sostenute per affidare ad altra impresa i lavori (a meno che la stazione appaltante non interpelli i soggetti che hanno partecipato all’originaria procedura di gara, attingendo dalla relativa graduatoria, secondo quanto previsto dall’art. 110).
Come già in precedenza accennato, a seguito della stipula del contratto, l’Amministrazione contraente può recedere dal contratto, alla stregua del paradigma ora dettato dall’art. 109 del codice.
Trattasi di un diritto di ampia portata, che non presuppone circostanze tipizzate e vincolanti, ma che è rimesso ad una valutazione ampiamente discrezionale della P.A.
Ovviamente, trattandosi di un potere che infirma la posizione giuridica dell’altro contraente, senza che a questi sia addebitabile alcuna responsabilità o mancanza, viene previsto, oltre al pagamento dei lavori eseguiti o delle prestazioni relative ai servizi e alle forniture eseguiti e dei materiali utili esistenti in cantiere (nel caso di lavoro) o in magazzino (nel caso di servizi o forniture), anche il riconoscimento (doveroso) di un indennizzo, in misura forfettariamente stabilita dal legislatore, pari al decimo dell’importo delle opere, dei servizi o delle forniture non eseguite; tale importo é calcolato sulla differenza tra l’importo dei quattro quinti del prezzo posto a base di
gara, depurato del ribasso d’asta e l’ammontare netto dei lavori, servizi o forniture eseguiti.
Evidentemente, la quantificazione dell’indennizzo va effettuata preventivamente onde meglio ponderare l’esercizio del potere in esame, risultando giustificabile in presenza di preminenti ragioni di pubblico interesse o di maggior risparmio.
L’ampia portata del diritto di recesso è confermata dal fatto che è esercitabile in qualunque tempo, risultando doverosa, sul piano procedimentale, un formale preavviso, non inferiore a venti giorni, all’appaltatore, decorsi i quali la stazione appaltante prende in consegna i lavori, servizi o forniture ed effettua il collaudo definitivo e verifica la regolarità dei servizi e delle fornitura.
Resta da ricordare che, alla luce della recente elaborazione giurisprudenziale, a seguito della stipula del contratto, alla P.A. residua unicamente l’esercizio del diritto ora in esame, restando precluso il ricorso all’ordinario potere di revoca.
1.7. La disciplina dell’accesso
L’accesso ai documenti di gara è disciplinato dall’art. 53 del codice (rubricato “accesso agli atti e riservatezza”) che rinvia, preliminarmente, agli artt. 22 e ss. della legge sul procedimento amministrativo32, per poi dettare specifiche disposizioni relative al potere di differimento e di esclusione del diritto di accesso agli atti di gara
32 Id est: l. n. 241 del 1990, come novellata sul punto, anche sostanzialmente, dalla l. n. 15/2005. Con il d.p.r. 12 aprile 2006, n. 184, è stato emanato il regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi con il quale, nel dare attuazione alle novità introdotte dalla l. n. 15/2005, è stata abrogata la precedente disciplina regolamentare dettata dal d.p.r. 27 giugno 1992, n.
352. Per approfondimenti su tale disciplina regolamentare, BOTTINO G., Il nuovo regolamento statale in materia di accesso ai documenti amministrativi (d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184): l’applicazione nei confronti delle regioni e degli enti locali (nota a Cons. Stato, sez. cons. atti normativi, 13 febbraio 2006, 3586/05).
(riprendendo, in parte, quanto previsto dall’art. 13 del d.lgs. n. 163/2006)33.
Come autorevolmente precisato, il modello ostensivo ora in esame costituisce oggetto di una disciplina speciale nella quale è possibile individuare un duplice oggetto: a) la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici; b) l’introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, assistiti da apposite sanzioni di carattere penale34.
Sul piano “oggettivo” viene precisato, dal comma 1, che l’accesso può riguardare tutti gli atti dell’attività negoziale, sia della fase pubblicistica (procedure di affidamento), che privatistica (esecuzione), inclusi quelli provenienti dai concorrenti, quali le candidature e le offerte.
Nel medesimo comma si precisano anche le modalità di accesso alle procedure di asta elettronica35, realizzabile tramite l’interrogazione delle registrazioni del sistema informatico che contengono la documentazione in formato elettronico ovvero attraverso il rilascio di copia autentica degli atti, da spedirsi o da rilasciarsi al richiedente.
La norma in commento prosegue dettando quattro ipotesi di differimento ope legis: nelle procedure aperte, deve essere differito, alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, l’accesso all’elenco dei partecipanti; nelle altre procedure, il differimento (fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte)
33 Le due discipline si pongono in rapporto di complementarietà: così Cons. Stato, sez. VI, 30/07/2010, n. 5062; id., sez. V, 24/03/2014, n. 1446.
34 T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 25/01/2010, n. 25.
35 Riproponendo la prima parte dell’abrogato art. 294 del d.p.r. n. 207/2010.
riguarda l’elenco dei soggetti che sono stati invitati o che hanno fatto richiesta di invito, eccetto per l’ipotesi in cui l’accedente sia un operatore la cui candidatura sia stata respinta, posto che, in tal caso, al fine di consentire una tutela immediata (con la reintegra alla procedura di gara), l’accesso all’elenco dei concorrenti è consentito dopo la comunicazione ufficiale, da parte della stazione appaltante, dei nominativi degli invitati.
Per quel che concerne l’accesso agli atti della gara, con particolare riguardo alle offerte e al contenuto delle giustificazioni, la disposizione in esame prevede (per entrambi i casi) il differimento all’esito dell’aggiudicazione36, in tal modo superando le incertezze interpretative derivanti dall’applicazione della precedente disciplina di settore (art. 13, cit.) che richiamava l’approvazione dell’aggiudicazione e l’aggiudicazione, senza distinguere tra quella provvisoria e quella definitiva37.
La rilevanza del potere/dovere di differimento emerge dalla previsione del comma 3, in virtù della quale l’esternazione dei dati suindicati rileva, per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi, ai fini della fattispecie delittuosa di cui all’art. 326 del codice penale (“rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio”).
Come detto, la stessa disposizione normativa (al comma 5) contempla le ipotesi di esclusione dal diritto di accesso, per i documenti ivi espressamente elencati (pareri legali concernenti profili contenziosi38; relazioni riservate del direttore dei lavori e del
36 Che in base all’art. 32 del Codice è solo quella definitiva.
37 Per le problematiche applicative derivanti dalla precedente disciplina di settore, cfr. T.A.R. Liguria, 22/10/2015, n. 834; Cons. Stato, sez. V, 27/10/2014, n. 5280.
38 Tale precisazione recepisce il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale sono sottratti all’accesso gli atti dei legali in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’amministrazione (trattandosi di un tipo di segreto che gode di una tutela qualificata, ai sensi dell’art. 622 c.p. e dell’art. 200 c.p.p.), mentre laddove il parere rivesta natura e funzione diversa (ad esempio, venga utilizzato
collaudatore39, redatte sulle riserve del soggetto esecutore del contratto); l’accesso è escluso altresì in riferimento alle informazioni, fornite anche in sede di giustificazioni, relative alle offerte e che costituiscano segreti tecnici o commerciali, salvo che i predetti documenti non siano necessari per l’esercizio del diritto di difesa in giudizio da parte di un concorrente.
Con la precisazione (resa dal comma 6) che le citate ipotesi di esclusione devono interpretarsi in modo restrittivo, trattandosi di norma eccezionale, derogatoria rispetto alle ordinarie regole in materia di accesso40; la disciplina in esame, infatti, è volta alla “massimizzazione della circolazione informativa”, con consequenziale prevalenza del principio di pubblicità rispetto a quello di tutela della riservatezza, sempre che l’istanza ostensiva sia sorretta dalla necessità di difendere i propri interessi e nel rispetto del limite modale41.
In altre parole, in tali procedure l’accesso difensivo è prevalente sulle ragioni di riservatezza o di segretezza commerciale, qualora il richiedente dichiari che
nell’ambito di un procedimento amministrativo, assumendo, in tale ipotesi, la natura di atto endoprocedimentale), da quello in cui riguardi strategie processuali o procedimenti giudiziari in corso. Alla stregua di quanto precisato dalla magistratura amministrativa, solo in tale ultima eventualità la consulenza resta sottratta all’accesso, anche al fine di tutelare la stessa amministrazione in sede giudiziaria, mentre nel primo caso il parere legale, pur traendo origine da un rapporto normalmente caratterizzato dalla riservatezza, è soggetto all’accesso perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo. Sul punto cfr. Cons. Stato, sez. V, 23/06/2011, n. 3812; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 11/10/2016, n. 1193.
39 In proposito si veda quanto precisato da Cons. Stato, sez. IV, 28/01/2016, n. 326, che ribadisce l’inaccessibilità alla relazione del direttore dei lavori e del collaudatore, ritenendo ostensibili i registri recanti le riserve formulate dall’appaltatore.
40 È quanto sostenuto dal Cons. Stato, sez. V, 23/06/2011, n. 3812, che ha ritenuto illegittimo il diniego di accesso ad un’istanza ostensiva tendente ad ottenere copia di un parere legale, nel caso in cui non sia stato dimostrato che detto parere sia stato acquisito in relazione ad una lite già in atto, bensì relativamente ad una mera fase endo-procedimentale amministrativa.
41 Si veda, anche, Cons. Stato, sez. VI, 30/07/2010, n. 5062.
l’acquisizione della documentazione sia necessaria ai fini della difesa dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta42.
Del resto, un’applicazione generalizzata dell’esclusione dall’accesso prevista dal comma 5, a tutela del segreto d’impresa, nel senso di riferirla (non solo ai terzi non concorrenti ma) anche agli altri concorrenti, comporterebbe un’intollerabile compromissione delle possibilità di tutela giurisdizionale di chi intenda contestare l’esito della gara43.
Il nuovo codice non riproduce la previsione di un termine ridotto per l’accesso in subiecta materia (ovvero quanto previsto dall’art. 79, comma 5 quater, del codice abrogato, che fissava in dieci giorni il termine per l’esercizio del diritto di accesso), così ponendo fine al dibattito alimentato da una previsione poco chiara e confusa44.
Per quel che concerne i presupposti abilitanti l’esercizio del diritto di accesso, occorre far riferimento alla richiamata disciplina generale, ovvero alla lett. b), dell’art. 22, comma 1, della legge sul procedimento amministrativo.
Tale disposizione, nel riconoscere il diritto di accesso a chiunque abbia un interesse diretto, concreto ed attuale per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, da un lato, non impone una situazione giuridica soggettiva che configuri la sussistenza, in capo all’istante, di un interesse legittimo né di un diritto soggettivo, dall’altro, non
42 Sulla prevalenza dell’accesso difensivo, Cons. Stato, sez. VI, 10/05/2010, n. 2814.
43 T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 3 settembre 2010, n. 17286.
44 Cfr, SATTA F. – ROMANO A., Forma e contenuto, termini e destinatari della comunicazione dell’aggiudica definitiva, in Atti del convegno ‘‘Il recepimento della direttiva ricorsi in materia (2007/66/Ce) in materia di appalti pubblici e le ulteriori modifiche al Codice dei contratti’’, Roma 15-16 aprile 2010; XXXXX D., Il recepimento della direttiva ricorsi tra nuovi e vecchi problemi – decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 (il commento), in Giornale dir. amm., 2010, 9, pp. 893 ss..
garantisce al privato un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso il diritto all’acquisizione conoscitiva di atti o documenti, al fine di stabilire se l’esercizio dell’attività amministrativa possa ritenersi svolto secondo i canoni di trasparenza.
Non si tratta di un’azione popolare, tant’è che si ribadisce l’esigenza di tutela di situazioni giuridicamente rilevanti: pertanto anche se il diritto di accesso è volto ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale, rimane fermo che l’accesso è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti direttamente o indirettamente si rivolgono e che se ne possono avvalere per la tutela di una posizione soggettiva, la quale non può identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività-amministrativa45.
Tale limite è dato dalla necessità di evitare che l’accesso si trasformi in uno strumento di “ispezione popolare”, “esplorativo” e “di vigilanza”, utilizzabile al solo scopo di sottoporre a verifica generalizzata l’operato dell’amministrazione.
Tuttavia, il diritto di accesso non è meramente strumentale alla proposizione di una azione giudiziale, ma assume un carattere autonomo rispetto ad essa; ne consegue che esso può esercitarsi anche se l’interessato non possa più agire, o non possa ancora agire, in sede giurisdizionale, in quanto l’autonomia della domanda di accesso comporta che il giudice deve verificare solo i presupposti legittimanti la richiesta di accesso e non anche la possibilità di utilizzare gli atti richiesti in un giudizio46.
45 In proposito, si veda Cons. Stato, sez. IV, 29/04/2002, n. 2283.
46 Cons. Stato, sez. IV, 28/01/2016 n. 326; id., sez. V, 14/02/2011, n. 942. Per tale ragione si è ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale è stato negato il rilascio di copia degli atti relativi ad una gara di appalto richiesto da una ditta che aveva partecipato alla gara stessa, motivato con riferimento al fatto che la ditta in questione aveva proposto un ricorso nel frattempo dichiarato improcedibile, atteso che è da ritenere del tutto irrilevante quale sia stata la sorte del giudizio, avente ad oggetto la gara, da cui è derivata la richiesta di accesso.
Ad esempio, nell’ipotesi di procedura di gara, non è consentito l’accesso al quisque de populo; un’impresa, cioè, non può esaminare gli atti di una gara di appalto per la quale non abbia presentato alcuna offerta47; così come un’impresa esclusa dalla gara non può accedere alle offerte tecniche degli altri concorrenti48. Diversamente, qualora la stazione appaltante abbia affidato i lavori mediante procedura negoziata, una ditta operante nel settore (non invitata alla propedeutica gara informale) può richiedere di visionare gli atti, onde riscontrare (nel caso concreto) la sussistenza (o meno) delle condizioni per applicare tale procedura “derogatoria”.
Resta salvo il diritto in capo ai consiglieri (comunali e provinciali) di accedere a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento del loro mandato49, senza alcuna limitazione50. Tant’è che il consigliere che esercita il diritto di accesso non è tenuto a specificare i motivi della richiesta, né gli organi burocratici dell’ente hanno
47 È stato ritenuto legittimo il rigetto di un’istanza tendente ad ottenere copia degli atti di gara, avanzata da una ditta che non aveva partecipato alla gara; ciò in quanto, il comma 6 dell’art. 13, del
d. lgs. n. 163/2006, collega l’interesse all’accesso alla posizione giuridica non di chiunque vi abbia interesse, ma del solo concorrente che abbia partecipato alla gara e che abbia intrapreso (o intenda intraprendere) un giudizio avente ad oggetto la procedura di gara in cui l’istanza è formulata (T.A.R. Lazio, sez. III ter, 10.05.2011, n. 4081).
48 T.A.R. Sardegna, sez. I, 02/02/2016, n. 88. Si veda, anche, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 05/02/2016, n. 261 e Cons. Stato, sez. V, 17/06/2014, n. 3079.
49 Si è ritenuto legittimo il diniego opposto al consigliere comunale di rilascio di copia delle proposte all’ordine del giorno della seduta del consiglio visto che, da un lato, la conoscenza di tali proposte è disciplinata da distinte norme del TUEL e del regolamento del consiglio e, dall’altro, che la garanzia di visione di tali proposte soddisfa le esigenze del consigliere ed evita di appesantire oltremodo l’azione amministrativa, mediante il rilascio di copie di atti non ancora definitivi (T.A.R. Basilicata, 02/08/2011, n. 431).
50 In termini, Cons. Stato, sez. V, 04/05/2004, n. 2716, che ha ritenuto illegittimo il diniego opposto alla richiesta di ostensione avanzata da un consigliere comunale, motivato dalla necessità di salvaguardare la riservatezza dei terzi; tale necessità, è salvaguardata dal medesimo art. 43, comma 2, laddove statuisce che: “Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
titolo a richiederlo, perché, in caso contrario, questi ultimi sarebbero arbitri di stabilire l’estensione del controllo sul loro operato51.
Sul piano “oggettivo”, una richiesta di accesso non è ammissibile ove riguardi l’esibizione di documenti di cui non sia certa l’esistenza; né può essere accolta la richiesta di copia di un documento che la pubblica amministrazione non è tenuta, istituzionalmente, a predisporre, in quanto, altrimenti, l’esercizio del diritto de quo imporrebbe, impropriamente, un facere.
In relazione alle procedure di gara, gli atti provenienti da soggetti privati (ovvero le imprese partecipanti ad una procedura di gara) sono da equiparare agli atti amministrativi ai fini dell’esercizio del diritto di accesso e, pertanto, sono suscettibili di ostensione solo se, ed in quanto, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa, ovverosia allorché, indipendentemente dalla loro caratterizzazione soggettiva, abbiano avuto un’incidenza sulle determinazioni amministrative (si pensi alle offerte52).
Questione affine è quella concernente l’accessibilità degli atti emanati dall’amministrazione iure privatorum (si pensi ai contratti). In ordine a tale problematica, nel recepire un costante orientamento giurisprudenziale, la normativa di settore li ricomprende espressamente53.
Sul medesimo crinale, si è osservato che il diritto di accesso ai documenti non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli
51 Cons. Stato, sez. V, 13/11/2002, n. 6293; id., 09/12/2004, n. 7900.
52 T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 11/09/2015, n. 1467.
53 Laddove si prevede che l’accesso ai documenti prescinde dalla natura pubblicistica o privatistica del loro diritto sostanziale (art. 22, comma 1, lett. d). Sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 28/01/2016,
n. 326; TAR Puglia, Bari, sez. III, 24/01/2014, n. 83; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 22/10/2014, n. 2531.
stessi documenti potrebbero essere stati richiesti54; analogamente, si è osservato55 che: “… la circostanza che gli atti oggetto della domanda di accesso … siano relativi ad un giudizio penale non è di per sé sufficiente a renderne legittimo il diniego, non essendo, la sola pendenza di tale giudizio, una circostanza idonea a ingenerare in capo all’amministrazione uno specifico obbligo di segretezza e, di riflesso, ad escludere o limitare la facoltà per il soggetto interessato di averli in visione”.
La mera afferenza di un atto ad un processo penale, quindi, ove non sia intervenuto un provvedimento di sequestro, ma semplicemente una mera acquisizione dello stesso da parte del p.m. o della polizia giudiziaria delegata, non giustifica rifiuti o differimenti di accesso.
L’orientamento conferma quanto statuito da alcuni Giudici di prime cure56, secondo cui “… la trasmissione all’autorità giudiziaria di documenti, in assenza di secretazione o sequestro, non ne comporta la sottrazione al diritto di accesso, conservando gli atti, indipendentemente dalla temporanea dislocazione presso gli uffici giudiziari, la natura e la qualità di atti amministrativi, seppure raccolti dalla polizia amministrativa, e non di atti giudiziari …”.
Il medesimo Giudicante57 ha poi ribadito che “… il segreto istruttorio di cui
54 Cons. Stato, sez. IV, 05/09/2007, n. 4645 e, ancora più recentemente, Cons. Stato, sez. IV, 03/08/2010, n. 5173, per il quale la nozione di “situazione giuridicamente rilevante”, per la cui tutela è attribuito il diritto di accesso, è nozione diversa e più ampia rispetto all’interesse all’impugnativa e non presuppone necessariamente una posizione soggettiva qualificabile in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
55 Sez. VI, 26/04/2005, n. 1896. Con tale decisione - vale evidenziarlo - è stata disapplicata la norma regolamentare con la quale l’amministrazione aveva ex professo previsto, in pendenza di procedimento penale, il differimento dell’accesso alla definizione del processo penale.
56 Inter alia, T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 17/04/2003, n. 1725.
57 T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 18/02/2011, n. 287.
all’art. 329 c.p.p. (a tenore del quale “gli atti di indagine compiuti dal p.m. e dalla polizia giudiziaria sono coperti da segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari”) non costituisce un motivo legittimo di xxxxxxx all’accesso dei documenti fintantoché gli stessi siano nella disponibilità dell’amministrazione e il giudice che conduce l’indagine penale non li abbia acquisiti con uno specifico provvedimento di sequestro”58.
Corollario di tale assunto è che non ogni denuncia di reato presentata dalla pubblica amministrazione costituisce atto coperto da segreto istruttorio (come tale sottratto alla disciplina in materia di accesso agli atti), ma solo quella denuncia che sia stata effettuata “nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria specificamente attribuite dall’ordinamento”, che costituiscono atti di indagine di polizia giudiziaria, come tali rientranti nell’ambito dell’art. 329 c.p.p..
In tale contesto va trattata anche la problematica concernente l’accessibilità alle informative antimafia, in ordine alla quale è stata ritenuta ostensibile la formula rituale con la quale il Prefetto, sulla base delle risultanze in suo possesso (di regola non esposte al soggetto appaltante), afferma la sussistenza di elementi interdittivi a carico dell’impresa; non sono state, invece, ritenute ostensibili le risultanze istruttorie “a monte”, a cui ha attinto l’Autorità prefettizia per pervenire al giudizio sfavorevole formulato a carico dell’impresa medesima, ove si tratti di documentazione in possesso dell’Amministrazione coperta da segreto istruttorio (ai sensi del codice di procedura penale), in quanto afferente a indagini preliminari o procedimenti penali in corso,
58 Secondo il T.A.R. Veneto, sez. I, 04/04/2005, n. 1267, il diritto di accesso viene meno quando gli atti stessi siano soggetti al segreto istruttorio in sede penale.
oppure se e nella misura in cui coinvolga, a qualunque titolo, terzi soggetti interessati dalle informative di polizia di sicurezza, ovvero, ancora, ove possano essere addotti specifici motivi ostativi riconducibili ad imprescindibili esigenze di tutela di accertamenti - in corso di svolgimento - di polizia di sicurezza e di contrasto alla delinquenza organizzata59.
Una possibile limitazione all’esercizio del diritto di accesso potrebbe ricondursi all’esigenza di tutela del “diritto d’autore”, in riferimento agli atti progettuali.
Tuttavia gli arresti giurisprudenziali più recenti hanno sostenuto orientamenti diversi. È stato ritenuto illegittimo il diniego di rilascio di elaborati progettuali afferenti la realizzazione di una strada comunale, motivato con riferimento alla ritenuta preclusione all’accesso derivante dalla natura di opera dell’ingegno degli elaborati medesimi e dalla mancanza di autorizzazione da parte del progettista, atteso che l’accesso agli atti della pubblica amministrazione non confligge con la tutela che, in sede civile e penale, l’ordinamento appresta al diritto di autore60.
1.8. Gli obblighi di comunicazione
La nuova disciplina generale delle comunicazioni è ora racchiusa nell’art. 76 del Codice, che si colloca all’interno della parte II, relativa alle modalità di scelta del contraente nell’ambito dei settori ordinari.
La disposizione divisata definisce le informazioni che le Stazioni appaltanti devono (su richiesta o d’ufficio) comunicare ai concorrenti (recte: offerenti), individuandone termini e modalità.
59 In termini, T.A.R. Toscana, sez. II, 23/12/2014, n. 2122.
60 Cons. Stato, sez. V, 10/01/2005, n. 34.
Il comma 1 prevede l’obbligo di informare tempestivamente (ciascun candidato e ciascun offerente) delle decisioni adottate riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione (ivi compresi i motivi dell’eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione).
Il tutto nel rispetto delle modalità di pubblicazione61 stabilite dal codice.
Il 2 comma, a sua volta, si occupa delle informazione che la Stazione appaltante (su richiesta dell’offerente) deve comunicare, entro il prescritto termine di quindici giorni. Ivi si legge:
“Su richiesta scritta dell’offerente interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta:
a) ad ogni offerente escluso, i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 7 e 8, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali;
b) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o delle parti dell’accordo quadro;
c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l’andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti”.
Disciplina diversa e innovativa è prevista per la comunicazione del
61 Disciplinate dagli art. 29, 72 e 73 del d. lgs. n. 50/2016.
provvedimento di esclusione e del provvedimento di ammissione alla successiva fase di gara, che deve avvenire, ai sensi dell’art. 29, entro i due giorni successivi all’adozione62, senza necessità di una formale richiesta da parte dell’offerente; tanto al fine di far decorrere i termini per l’eventuale impugnazione da parte degli interessati.
Come già ricordato supra, alla stregua del combinato disposto dell’art. 29 del codice dei contratti e dell’art. 120 del c.p.a., l’omessa impugnazione del provvedimento di ammissione pregiudica il ricorso avverso l’atto di aggiudicazione.
Il comma 5, dell’art. 76, indica le informazioni da comunicare, d’ufficio, entro il termine perentorio di 5 giorni.
Trattasi, in particolare, dei provvedimenti di esclusione (ai soggetti esclusi), della decisione di non aggiudicare l’appalto o di non concludere l’accordo quadro (a tutti i concorrenti), dell’aggiudicazione e del contratto (all’aggiudicatario, al secondo graduato, a tutti i candidati che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l’esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva).
Va precisato che la Stazione appaltante, nel caso di comunicazione del provvedimento di aggiudicazione o esclusione, dovrà indicare anche la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto (comma 6).
62 Comma 3: “Fermo quanto previsto nell’articolo 29, comma 1, secondo e terzo periodo, contestualmente alla pubblicazione ivi prevista è dato avviso ai concorrenti, mediante PEC o strumento analogo negli altri Stati membri, del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali, indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti”.
Il comma 4, prevede il divieto di divulgazione di alcune specifiche informazioni relative ai concorrenti, laddove la loro diffusione possa ostacolare l’applicazione della legge o risulti contraria all’interesse pubblico, o pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati o dell’operatore selezionato.
In proposito, si è ritenuto legittimo un diniego di accesso in quanto oggetto dell’istanza erano documenti relativi alle procedure di gestione e di organizzazione del magazzino/deposito di medicinali di una società farmaceutica63.
1.9. Gli obblighi di trasparenza (accesso civico e F.O.I.A.)
Sempre in tema di trasparenza ed accessibilità agli atti di gara, occorre far riferimento a recenti novità normative che, in attuazione dei principi recati dalla normativa sull’anticorruzione (d. lgs. n. 190/2012) hanno introdotto istituti di ampia latitudine applicativa, disancorando la visione e la conoscenza degli atti (anche di gara) dalla sussistenza dei presupposti (quali un interesse concreto e personale, oltre che una situazione giuridica da tutelare) abilitanti il tradizionale accesso documentale.
Dopo una prima riforma recante il c.d. accesso civico, la materia è stata interessata, di recente, da un’ulteriore e profonda innovazione.
Procediamo con ordine.
Con il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (sul “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche Amministrazioni”), al tradizionale diritto di accesso (ex artt. 22 e ss. l. n.
63 “Si tratta di atti riguardanti l’attività d’impresa, che possiedono accentuate caratteristiche di specificità, secondo la dichiarazione della società stessa, non smentita sul punto dalle valutazioni dell’ASL, in quanto contengono il «flow chart di processo per i flussi dei medicinali all’interno del proprio magazzino o perché indicate le specifiche modalità organizzative affinché Farmavox possa essere posta in grado di assicurare prontamente il ritiro dal commercio di lotti di medicinali” (Cons.
241/1990, necessariamente collegato alle specifiche esigenze del richiedente - need to know), si è aggiunto il cd. accesso civico – mutuato dagli ordinamenti anglosassoni (si veda il Freedom of Information Act, cd. FOIA statunitense) e da specifici settori dell’ordinamento (ad esempio, quello ambientale, di cui alla legge n. 195/2005) – che garantisce all’intera collettività il diritto di conoscere gli atti adottati dalla pubblica amministrazione, in funzione di controllo generalizzato da parte dell’opinione pubblica e di piena realizzazione del principio di trasparenza (right to know).
In riferimento all’ambito di applicazione, tutte le disposizioni sul c.d. “diritto di accesso civico” contenute nel suindicato decreto, sono direttamente applicabili alle Regioni e agli Enti locali, in quanto gli obblighi ivi contemplati vengono intesi quali
«livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione» (art. 1 co. 3, del citato decreto)64.
Dall’analisi dell’impianto normativo, si evince che l’accesso civico consiste in una specifica tutela che la legge intende apprestare ai cittadini, contro le amministrazioni reticenti alla trasparenza, così da rendere effettiva la possibilità per chiunque di ottenere le informazioni sull’attività amministrativa.
Tale disciplina non è sostitutiva di quella in tema di accesso ai documenti, cosicché la circostanza che un soggetto possa essere titolare di una posizione
64 Sull’applicabilità di tale disciplina anche alle gare indette precedentemente alla sua entrata in
differenziata, tale da essere tutelata con l’accesso tradizionale di cui alla l. n. 241/1990 (richiamata dall’art. 53 del codice), non impedisce al medesimo di avvalersi dell’accesso civico, qualora ne ricorrano i presupposti.
In sostanza, l’accesso civico consente a chiunque di accedere ai siti delle PP.AA., sezione “Amministrazione trasparente”, al fine di visionare ed acquisire tutti i documenti, dati ed informazioni soggetti a pubblicazione obbligatoria (su cui vedi infra), nonché di richiederne la loro pubblicazione e di proporre, in caso di ulteriore reticenza, i rimedi giustiziali di cui all’art. 116 del d.lgs. n. 104/2010.
La peculiarità di tale istituto consiste nel fatto che il suo esercizio non è soggetto ad alcun filtro in ordine alla legittimazione del richiedente, né la relativa richiesta deve essere supportata da alcuna motivazione
Ne consegue che per gli atti compresi negli obblighi di pubblicazione di cui al d.lgs. 33/2013, potranno operare cumulativamente tanto il diritto di accesso “classico” ex l.n. 241/1990 quanto il diritto di accesso civico ex d.lgs. 33/2013, mentre, per gli atti non rientranti in tali obblighi di pubblicazione, opererà, evidentemente, il solo diritto di accesso procedimentale “classico”.
Sulla scorta di tali premesse, si è ritenuto sussistente il diritto di “accesso civico” di una ditta che aveva richiesto l’ostensione degli atti di assegnazione dei fondi del POR – FESR regionali, non potendosi ritenere sufficiente, a tal fine, la pubblicazione nel sito internet esclusivamente dei beneficiari dei finanziamenti, del progetto e dell’importo finanziato, essendo la Regione stessa tenuta a pubblicare tutti i documenti di cui agli artt. 26 e 27 d.lgs. 33/201365.
65 Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 05/11/2014, n. 5671, che ha sanzionato la mancata pubblicazione dei documenti di cui ai punti d), e) ed f) dell’art. 27 d.lgs. 33/2013 e precisamente: d) l’ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la
Di recente, la tematica in argomento ha registrato un’ulteriore profonda innovazione, a seguito dell’emanazione del d. lgs. n. 97 del 25 maggio 2016, recante il
c.d. F.O.I.A. (Freedom of information act).
In particolare, al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo di risorse pubbliche, oltre che per promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, viene riconosciuto, al quivis de populo (quindi indipendentemente da una specifica legittimazione e senza necessità di motivare la relativa istanza), il diritto di accedere anche a quei dati e a documenti detenuti dalla
P.A. che non siano oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Sul piano modale, viene favorito l’utilizzo di mezzi telematici per la presentazione delle istanze e per il rilascio dei documenti chiesti in ostensione; sul piano procedimentale, prima del provvedimento conclusivo (che deve essere espresso e motivato) si impone l’informativa ai controinteressati (ove sussistenti), al fine di acquisire un’eventuale e motivata opposizione.
In altri termini, si configura il diritto di accesso relativo ad atti, dati ed informazioni non strettamente attinenti alla sfera di interesse del richiedente, ma connessi al bene generale della garanzia della trasparenza.
Sul piano oggettivo, il F.O.I.A. concerne i dati detenuti dalle PP.AA. ulteriori rispetto a quelli che, ai sensi del medesimo decreto, devono essere oggetto di pubblicazione.
Specularmente, mutano gli obblighi in capo all’amministrazione destinataria: nel caso di accesso civico, la stessa è tenuta ad ottemperare all’obbligo di pubblicazione,
modalità seguita per l’individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato e al curriculum del soggetto incaricato.
notiziandone il richiedente; nel caso di F.O.I.A. essa è tenuta a trasmettere il dato o il documento richiesto, previo contraddittorio endoprocedimentale.
Il novellato comma 2, dell’articolo 5, del d.lgs. n. 33/2013 impone il rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, secondo quanto previsto dal successivo art. 5 bis.
Inter alia, solo preminenti interessi pubblici, come ad esempio il segreto di Stato o la riservatezza riconnessa a segreti industriali, possono ostacolare l’accesso civico.
Resta da precisare, per quanto propriamente interessa nella presente sede, che l’art. 37 del d.lgs. n. 33/2013 (anch’esso novellato dal d.lgs. 97/2016), specifica i documenti, concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che sono oggetto di pubblicazione obbligatoria.
Rispetto alla precedente disciplina, non vengono dettagliati gli atti da pubblicare, ma vi è un rinvio dinamico a quanto previsto, in materia, dall’art. 1, comma 32, l.n. 190/2012 e dal d.lgs. 50/201666.
In via esemplificativa può ricordarsi che la legge 190/2012 impone di rendere noti la struttura proponente, l’oggetto del bando, l’elenco degli operatori invitati, i dati dell’aggiudicatario e l’importo dell’aggiudicazione, i tempi di esecuzione della prestazione e l’importo finale corrisposto.
Dal canto suo, il codice dei contratti impone la pubblicazione degli atti di programmazione, degli incarichi conferiti, delle indagini di mercato, della determina a contrarre, degli atti indittivi della gara, dei verbali di gara, degli esiti dell’eventuale
66 In un’ottica di semplificazione, il comma 2 del novellato art. 37, consente di assolvere agli obblighi di pubblicazione inviando i dati e le informazioni alla banca dati delle pubbliche amministrazioni prevista dal d.lgs. 229/2011, seppur limitatamente agli appalti di lavori.
giudizio di anomalia, del provvedimento di aggiudicazione o di quello recante la decisione di non aggiudicare, degli eventuali atti di autotutela, degli ordini di esecuzione anticipata del contratto, degli avvisi di post-informazione, di eventuali varianti o accordi transattivi, del resoconto della gestione finanziaria.
Accanto a tali documenti vanno pubblicati, secondo i termini e le modalità stabiliti dall’art. 29 del codice, l’elenco delle ditte ammesse e di quelle escluse, oltre che i provvedimenti di nomina della commissione e i curricula dei relativi componenti.
1.10. Adempimenti successivi all’aggiudicazione.
Il legislatore estende l’obbligo del rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza anche alla fase successiva all’aggiudicazione, definendo i termini e le modalità di pubblicazione degli avvisi relativi agli appalti aggiudicati. Tali adempimenti sono previsti e disciplinati dagli artt. 98 e 99 del d.lgs. n. 50/2016.
In particolare, il comma 1 dell’art. 98 (rubricato “avvisi relativi agli appalti aggiudicati”) prevede in capo alle stazioni appaltanti (che hanno aggiudicato un contratto pubblico o concluso un accordo quadro) l’obbligo di inviare un avviso67 relativo ai risultati della procedura di aggiudicazione, entro trenta giorni dall’aggiudicazione dell’appalto o dalla conclusione dell’accordo quadro.
Nel caso in cui la gara viene indetta mediante un avviso di preinformazione e l’amministrazione aggiudicatrice decide di non aggiudicare ulteriori appalti nel periodo coperto dall’avviso di preinformazione, l’avviso di aggiudicazione dovrà contenere un’indicazione specifica al riguardo (comma 2).
Di converso, le stazioni appaltanti, nel caso di accordi quadro, sono esentate
67 Secondo le modalità di pubblicazione ex art. 72, conformi all’allegato XIV, Parte I, lett. D.
dall’obbligo di inviare un avviso sui risultati della procedura di aggiudicazione di ciascun appalto basato su tale accordo (comma 3, primo periodo).
In tal caso, dovranno raggruppare gli avvisi sui risultati della procedura d’appalto per gli appalti fondati sull’accordo quadro su base trimestrale ed inviare gli avvisi raggruppati entro trenta giorni dalla fine di ogni trimestre (comma 3 secondo periodo). Sotto il profilo della pubblicazione, il comma 4 prevede che le stazioni appaltanti inviano all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, conformemente a quanto previsto dall’articolo 72, un avviso di aggiudicazione di appalto entro trenta giorni
dall’aggiudicazione di ogni appalto basata su un sistema dinamico di acquisizione.
Esse possono tuttavia raggruppare gli avvisi su base trimestrale. In tal caso, inviano gli avvisi raggruppati non oltre trenta giorni dalla fine di ogni trimestre.
Infine, l’ultimo comma prevede i casi in cui le stazioni appaltanti non sono tenute al predetto obbligo di comunicazione. Ivi si legge: “Fermo restando quanto disposto dall’articolo 53, talune informazioni relative all’aggiudicazione dell’appalto o alla conclusione dell’accordo quadro possono non essere pubblicate qualora la loro divulgazione ostacoli l’applicazione della legge, sia contraria all’interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di un particolare operatore economico, pubblico o privato, oppure possa arrecare pregiudizio alla concorrenza leale tra operatori economici”.
L’art. 99 del Codice, dal canto suo, disciplina le relazioni uniche da redigere ad opera della Stazione appaltante.
In particolare, nel caso di appalti sopra la soglia comunitaria e per quelli aggiudicati con il sistema dinamico di acquisizione, la stazione appaltante redige una
relazione contenente le informazioni di cui al comma 168.
Suddetta relazione non è richiesta per gli appalti basati su accordi quadro conclusi con un solo operatore economico e aggiudicati entro i limiti delle condizioni fissate nell’accordo quadro, ovvero se l’accordo quadro contiene tutti i termini che disciplinano la prestazione dei lavori, dei servizi e delle forniture in questione nonché le condizioni oggettive per determinare quale degli operatori economici, parti dell’accordo quadro, effettuerà tale prestazione.
Ed ancora, a norma del comma 3 dell’art. 99, se l’avviso di aggiudicazione contiene già tali informazioni, è sufficiente che si faccia riferimento all’avviso.
In linea generale, le stazioni appaltanti sono tenute a documentare lo svolgimento di tutte le procedure di aggiudicazione, indipendentemente dal fatto che esse siano condotte con mezzi elettronici o meno, oltre che a conservare una documentazione
68 Nel dettaglio, occorre indicare:
a) il nome e l’indirizzo della stazione appaltante, l’oggetto e il valore dell’appalto, dell’accordo quadro o del sistema dinamico di acquisizione;
b) se del caso, i risultati della selezione qualitativa e/o della riduzione dei numeri a norma degli articoli 91 e 92, ossia: 1) i nomi dei candidati o degli offerenti selezionati e i motivi della selezione; 2) i nomi dei candidati o degli offerenti esclusi e i motivi dell’esclusione;
c) i motivi del rigetto delle offerte giudicate anormalmente basse;
d) il nome dell’aggiudicatario e le ragioni della scelta della sua offerta, nonché, se è nota, la parte dell’appalto o dell’accordo quadro che l’aggiudicatario intende subappaltare a terzi; e, se noti al momento della redazione, i nomi degli eventuali subappaltatori del contraente principale;
e) per le procedure competitive con negoziazione e i dialoghi competitivi, le circostanze di cui all’articolo 59 che giustificano l’utilizzazione di tali procedure;
f) per quanto riguarda le procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara, le circostanze di cui all’articolo 63 che giustificano l’utilizzazione di tali procedure;
g) eventualmente, le ragioni per le quali l’amministrazione aggiudicatrice ha deciso di non aggiudicare un appalto, concludere un accordo quadro o istituire un sistema dinamico di acquisizione;
h) eventualmente, le ragioni per le quali per la presentazione delle offerte sono stati usati mezzi di comunicazione diversi dai mezzi elettronici;
i) eventualmente, i conflitti di interesse individuati e le misure successivamente adottate.
sufficiente a giustificare le decisioni adottate in tutte le fasi della procedura di appalto, quali la documentazione relativa alle comunicazioni con gli operatori economici e le deliberazioni interne, la preparazione dei documenti di gara, il dialogo o la negoziazione (se previsti), la selezione e l’aggiudicazione dell’appalto. La documentazione deve essere conservata per almeno cinque anni a partire dalla data di aggiudicazione, ovvero, in caso di controversia, fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza.
La relazione è comunicata alla Cabina di regia (di cui all’art. 212 del codice) per la successiva comunicazione alla Commissione europea o, quando ne facciano richiesta, alle Autorità competenti.