RAFFORZATI I DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE SINDACALE
Aggiornamento Professionale
RAFFORZATI I DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE SINDACALE
a cura di Xxxxxxxxxx Xxxxx – Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Modena*
Il 22 marzo 2007 è entrato in vigore il decreto legislativo n. 25/2007 di attuazione della direttiva 2002/14/CE che rafforza i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dalla contrattazione collettiva, inserendo delle sanzioni amministrative.
Tale materia era fino ad oggi disciplinata dalla legge soltanto in maniera frammentaria e limitata ad alcune specifiche ipotesi, mentre altre ipotesi sono previste dalla contrattazione collettiva nella “parte obbligatoria”.
Il decreto legislativo n. 25 del 6 febbraio 2007
È immediatamente entrato in vigore, il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2007, il decreto legislativo
n. 25 del 6 febbraio 2007, che in attuazione della direttiva europea 2002/14/CE, rafforza i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dalla contrattazione collettiva, presidiandoli con apposite sanzioni amministrative.
La materia dell’informazione e consultazione sindacale, finora, era disciplinata dalla legge soltanto in maniera frammentaria e limitata ad alcune specifiche ipotesi, quali il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, procedure di mobilità, ferie collettive, trasferimento di azienda o di un ramo d’azienda, somministrazione di lavoro, al lavoro “a chiamata”, lavoro notturno.
Altre ipotesi sono previste dalla contrattazione collettiva, che nella “parte obbligatoria”, in diversi settori prevede una disciplina più organica ed estesa dell’informazione e consultazione sindacale, su argomenti di rilevante interesse per l’organizzazione aziendale e l’andamento occupazionale dell’impresa, come il ricorso al lavoro straordinario, ristrutturazioni, scorpori, esternalizzazioni e fusioni.
* Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’amministrazione pubblica di appartenenza
In caso di violazione, però, finora le uniche reazioni possibili erano la richiesta di annullamento dei provvedimenti adottati senza interessare il sindacato e l’eventuale condanna per condotta antisindacale ex articolo 28 della legge n. 300/1970.
La nuova normativa estende i diritti di informazione e consultazione sindacale, nelle aziende di maggiori dimensioni, a tutte le questioni aziendali di rilievo per l’occupazione e l’organizzazione del lavoro ed affida alle Direzioni Provinciali del Lavoro il compito di accertare e sanzionare eventuali violazioni.
I datori di lavoro obbligati
I nuovi obblighi di informazione e consultazione sindacale riguardano i datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, che esercitano un’attività economica organizzata in forma di impresa, privata o pubblica, anche non a fine di lucro, situata in Italia (articolo 2)
La decorrenza della nuova normativa, che trova applicazione soltanto nelle imprese di maggiori dimensioni, è dilazionata nel tempo (articoli 3 e 9):
• fino al 23 marzo 2007, soltanto per le imprese con almeno 150 dipendenti;
• dal 24 marzo 2007 al 23 marzo 2008, per le imprese con 100 dipendenti;
• dal 24 marzo 2008, per tutte le imprese che occupano almeno 50 dipendenti.
Il computo dell’organico va effettuata sul “numero medio ponderato mensile” dei lavoratori subordinati impiegati negli ultimi due anni (articolo 3), “alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”, come risulta anche dalla definizione di lavoratore espressamente fornita dall’articolo 2, con conseguente esclusione di tutti i collaboratori autonomi o parasubordinati, come soci, collaboratori familiari, professionisti esterni, collaborazioni coordinate e continuative e occasionali.
Nell’organico, inoltre, non devono essere considerati i dipendenti assunti con tipologie contrattuali escluse dal computo in virtù di specifiche norme di legge (articolo 3), come i contratti di apprendistato e di inserimento, esclusi a norma degli articoli 53 e 59 del decreto legislativo n. 276/2003.
Sono escluse anche le assunzioni a termine fino a nove mesi di durata (articolo 3), mentre le assunzioni a tempo parziale, anche di tipo verticale, devono ritenersi computabili in proporzione all’orario di lavoro svolto (articolo 6, decreto legislativo n. 61/2000).
Per le imprese che svolgono attività a carattere stagionale, il periodo di nove mesi di durata del contratto a tempo determinato, ai fini dell’esclusione dal computo, si calcola sulla base delle corrispondenti giornate lavorative, anche non continuative (articolo 3). In attesa di più autorevoli chiarimenti ministeriali, un riferimento normativo può essere rinvenuto nell’articolo 7, comma 2, della legge n. 388/2000, che a fini fiscali, equipara un’assunzione a tempo pieno ed indeterminato ad un impiego stagionale per almeno 230 giornate all’anno e pertanto, rapportando tale riferimento normativo a nove mesi su dodici, può ritenersi che il numero delle “corrispondenti giornate lavorative” sia pari a 172.
I diritti di informazione e consultazione riconosciuti ai lavoratori
I diritti di informazione e consultazione sono riconosciuti ai “rappresentanti dei lavoratori”, come definiti ai sensi della normativa vigente e della contrattazione collettiva, in particolare dagli accordi interconfederali 20 dicembre 1993 e 27 luglio 1994 (articolo 2), ai quali sono riconosciute, anche a questi fini, la stesse tutele e le stesse garanzie previste per i rappresentanti dei lavoratori dalla normativa vigente e dalla contrattazione collettiva (articolo 6).
Per “informazione”, si intende ogni forma di trasmissione di informazioni da parte del datore ai rappresentanti dei lavoratori (articolo 2).
Per “consultazione”, invece, si intende ogni forma di dialogo, confronto, scambio di opinioni tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro (articolo 2). La consultazione deve essere necessariamente preceduta da un’adeguata informazione fornita dal datore di
lavoro con tempi e modalità appropriati e deve consentire ai rappresentanti dei lavoratori di formulare un parere, incontrare il datore di lavoro ed ottenere una risposta motivata al parere eventualmente espresso (articolo 4).
I diritti di informazione e consultazione, in particolare, riguardano le seguenti questioni attinenti alla attività d’impresa:
a) l'andamento recente e prevedibile dell’impresa e la sua situazione economica;
b) la situazione e l'andamento prevedibile dell'occupazione nell’impresa, gli eventuali rischi per i livelli occupazionali e le relative misure di contrasto;
c) decisioni suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro e dei contratti di lavoro (es. esternalizzazioni dell’attività).
Nel dettaglio, è rimessa alla contrattazione collettiva, anche preesistente, la disciplina delle sedi, dei tempi, dei soggetti, delle modalità e dei contenuti dei diritti di informazione e consultazione sindacale (articolo 4).
A questi fini, si fa espresso riferimento agli accordi collettivi “stipulati tra le organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”, senza escludere, a quanto pare, la contrattazione decentrata ed aziendale, nel rispetto degli accordi di livello superiore (articolo 2).
Notizie riservate
Ai rappresentanti dei lavoratori ed esperti che eventualmente li assistono, però, sono imposti precisi obblighi di riservatezza delle notizie ricevute in via riservata e “qualificate come tali dal datore di lavoro…nel legittimo interesse dell'impresa”, le quali non possono essere divulgate, né ai lavoratori né a terzi, fino al termine di un triennio dopo la scadenza del loro mandato (articolo 5).
Tale obbligo di riservatezza si aggiunge a quelli ordinariamente previsti dal Codice della Privacy a tutela della riservatezza delle persone fisiche e giuridiche, con particolare riguardo ai cosiddetti dati sensibili, come ad esempio, quelli giudiziari, sanitari o attinenti alla sfera sessuale (decreto legislativo n. 196/2003).
La contrattazione collettiva, può autorizzare i rappresentanti dei lavoratori ed i loro consulenti a trasmettere informazioni riservate a lavoratori o terzi, a loro volta tenuti a rispettare l’obbligo di riservatezza, individuandone le modalità.
Il datore di lavoro non è comunque obbligato a procedere a consultazioni o a comunicare informazioni che, per comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa o da arrecarle danno. Per la concreta individuazione di tali ipotesi e per la composizione di eventuali contestazioni in
merito alla natura riservata delle notizie fornite e qualificate come tali dal datore di lavoro, la norma demanda alla contrattazione collettiva la costituzione di un’apposita commissione di conciliazione e la disciplina della sua composizione e del suo funzionamento.
In caso di violazione dell’obbligo di riservatezza, oltre alla responsabilità civile, si applicano ai trasgressori i provvedimenti disciplinari stabiliti dagli stessi contratti collettivi, ma soltanto a carico degli esperti chiamati ad assistere i rappresentanti dei lavoratori sono previste precise sanzioni amministrative.
Sanzioni
L’eventuale violazione degli obblighi di informazione e consultazione, da parte del datore di lavoro, comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa da un minimo di 3.000,00 ad un massimo di 18.000,00 euro, per ciascuna violazione commessa.
La violazione dell’obbligo di riservatezza, invece, comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa da 1.033,00 a 6.198,00 euro, soltanto a carico degli esperti chiamati ad assistere i rappresentanti dei lavoratori.
L’ultimo comma dell’articolo 7 affida alla competenza della Direzione Provinciale del Lavoro l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle conseguenti sanzioni amministrative, richiamando richiama l’applicazione delle disposizioni della legge n. 689/1981 in materia di sanzioni amministrative e del decreto legislativo n. 124/2004, in materia di compiti di vigilanza e poteri del personale ispettivo del Ministero del Lavoro.
In particolare, l’articolo 13 del citato decreto prevede il potere del personale ispettivo, quando accerti la commissione di un illecito amministrativo, di diffidare il datore di lavoro a
regolarizzare le violazioni comunque sanabili – seppure in ritardo - ammettendolo al pagamento di una sanzione pari al minimo di legge.
La violazione dell’obbligo di riservatezza, tuttavia, non pare comunque sanabile, in quanto la divulgazione del segreto pregiudica in maniera irreparabile l’interesse sostanziale protetto dalla norma (cfr. Ministero del Lavoro, circolare n. 24/2004).
La violazione dell’obbligo di informazione e consultazione sindacale, invece, potrebbe essere sanabile, ma si ritiene, soltanto a condizione che le notizie vengano fornite, seppure in ritardo rispetto ai termini contrattuali, comunque in tempo utile per consentire l’esame congiunto della questione ed in ogni caso certamente non a posteriori, dopo l’avvenimento della vicenda che avrebbe dovuto essere oggetto di informazione e consultazione preventiva.
SANZIONI AMMINISTRATIVE | |
Violazione del diritto di informazione e consultazione: | Xxxxxxxx: |
per non avere informato e consultato i rappresentanti sindacali su questioni aziendali rilevanti per l’occupazione e l’organizzazione del lavoro nell’impresa. | da3.000,00 a 18.000,00 |
Violazione dell’obbligo di riservatezza: | Sanzione: |
per avere divulgato notizie ricevute dal datore di lavoro e in via riservata e da questi qualificate come riservate, nel legittimo interesse dell’impresa. | da1.033,00 a 6.198,00 |