Contract
Il divieto di abuso di dipendenza economica
LEGGE 18 GIUGNO 1998, N. 192 - DISCIPLINA DELLA SUBFORNITURA NELLE
ATTIVITÀ PRODUTTIVE
ART. 1: DEFINIZIONE
Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all’impresa prodotti o servizi destinati a essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell’ambito dell’attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall’impresa committente
La subfornitura
LEGGE 18 GIUGNO 1998, N. 192 - DISCIPLINA DELLA SUBFORNITURA NELLE ATTIVITÀ PRODUTTIVE
ART. 9. ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA.
• 1. È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subìto l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.
• 2. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella imposizione di condizioni contrattuali
ingiustificatamente gravose o discriminatorie, nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.
• 3. Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo. Il giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni .
• 3-bis. Ferma restando l'eventuale applicazione dell'articolo 3 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può, qualora ravvisi che un abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato, anche su segnalazione di terzi ed a seguito dell'attivazione dei propri poteri di indagine ed esperimento dell'istruttoria, procedere alle diffide e sanzioni previste dall'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, nei confronti dell'impresa o delle imprese che abbiano commesso detto abuso.
In caso di violazione diffusa e reiterata della disciplina di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, posta in essere ai danni delle imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, l'abuso si configura a prescindere dall'accertamento della dipendenza economica.
L’abuso di dipendenza economica
• Che cos’è la dipendenza economica?
• Quando si realizza l’abuso di dipendenza economica?
• Quali sono le conseguenze?
• La norma può applicarsi anche a contratti diversi dalla subfornitura?
Questioni poste dalla disposizione
• Contratto di distribuzione di veicoli industriali tra la Società Alfa e la Società Beta
• Comportamenti di Beta solo in parte apparentemente consentiti dal contratto di concessione di vendita delle macchine, con obbligo di esclusiva abuso della posizione dominante indebolimento e crisi della Società Alfa (costretta a chiedere l’ammissione al concordato preventivo).
• La Alfa era stata costretta a investire in settori poco profittevoli, in quanto la Beta aveva:
• modificato i termini di pagamento previsti nel contratto;
• escluso la Alfa dal servizio fornito dalla Finanziaria Beta;
• Si era avvalsa della facoltà concessagli dal contratto per negare l'ingresso nella compagine
azionaria dell'ing. T. ;
• soprattutto aveva esercitato il recesso dal contratto, come pure pattiziamente previsto,
ma senza negoziare le condizioni in termini di parità
Caso 1
(CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - ORDINANZA 25 novembre 2011, n. 24906]
• Nel caso di specie, può applicarsi l'art. 9 della legge n. 192 del 1998, ancorché manchi un contratto di subfornitura?
• Questione sottesa: il divieto di abuso di dipendenza economica di cui all’ art. 9 della legge n. 192 del 1998 configura una fattispecie di applicazione generale, che può prescindere dall'esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura?
Le questioni
L'abuso di dipendenza economica di cui all'art. 9 della legge n. 192 del 1998 configura una fattispecie di applicazione generale, che può prescindere dall'esistenza di uno specifico rapporto di subfornitura, la quale presuppone, in primo luogo, la situazione di dipendenza economica di un'impresa cliente nei confronti di una sua fornitrice, in secondo luogo, l'abuso che di tale situazione venga fatto, determinandosi un significativo squilibrio di diritti e di obblighi, considerato anzitutto il dato letterale della norma, ove si parla di imprese clienti o tornitrici, con uso del termine cliente che non è presente altrove nel testo della L. n. 192 del 1998.
La soluzione della Cassazione
• Dato letterale della norma: l’art. 9 l. subfornitura parla di «imprese clienti» o
«fornitrici». Il termine «cliente» non è presente altrove nel testo della l. subfornitura la Cassazione sembra voler dire che se il legislatore avesse voluto riferirsi solo al contratto di subfornitura avrebbe parlato di impresa
«committente». Parlando di impresa «cliente» il legislatore avrebbe invece inteso riferirsi a qualsiasi contratto.
Argomenti addotti dalla Cassazione a
sostegno della propria decisione
• Contratto somministrazione di carburanti misto a comodato di attrezzature – gestore/compagnia petrolifera
• Il contratto contiene una clausola che prevede l’esclusiva della fornitura: il gestore non può rifornirsi da altre compagnie petrolifere.
• Il contratto contiene una clausola che consente alla società somministrante di determinare in maniera unilaterale e senza alcuna limitazione il prezzo del carburante alla pompa.
• La società somministrante effettua differenziazioni sui prezzi di cessione dei
carburanti ai vari gestori dei distributori appartenenti al proprio marchio
• Il prezzo praticato al gestore ricorrente è molto più alto di quello praticato agli altri
gestori
Caso 2: Trib. Xxxxx Xxxxxxx, 00 marzo 2014 – ordinanza su ricorso presentato in via cautelare
• È applicabile l’art. 9?
• In caso di risposta affermativa, l’intero contratto è nullo?
• Si può configurare invece una ipotesi di nullità parziale?
• In questo caso, il conseguente rilievo della nullità (nella specie, delle clausole
determinative del prezzo), può comportare la modifica giudiziale di un elemento contrattuale, in funzione sostitutiva dell’autonomia negoziale?
Le questioni
L’art. 9. L. 192/98, è applicabile al rapporto gestore - compagnia petrolifera, in virtù dell’art. 17, comma 3, d.l. n. 1 del 2012, legge n. 27 del 2012:
«I comportamenti posti in essere dai titolari degli impianti ovvero dai fornitori allo scopo di ostacolare, impedire o limitare, in via di fatto o tramite previsioni contrattuali, le facoltà attribuite dal presente articolo al gestore integrano abuso di dipendenza economica, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 9 della legge 18 giugno 1998, n. 192».
Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto che ricorresse un abuso di dipendenza
economica, in ragione della presenza delle anzidette clausole
Il Tribunale ha dichiarato quindi la nullità parziale della clausola relativa al prezzo, ed ha affermato che il giudice può rideterminare il prezzo con riferimento a quello praticato dal somministrante ad altro gestore affiliato alla propria rete commerciale e operante nel medesimo mercato.
La soluzione del Tribunale di Massa: nullità con inserzione automatica di clausole
• Si poteva applicare l’art. 1339 c.c.? La risposta dovrebbe essere negativa: la norma richiede che si tratti di clausole, prezzi
di beni o di servizi imposti dalla legge. In questo caso però non vi sono clausole o prezzi imposti dalla legge.
• Tuttavia, il giudice ha ritenuto possibile procedere a una sostituzione della clausola pattizia con una previsione diversa
• Segnatamente, il giudice ha imposto al somministrante di praticare il medesimo prezzo praticato agli altri gestori
• Sulla base di quali argomenti?
• Il giudice ha così ragionato:
• La questione deve essere esaminata nell’ottica della tutela del contraente debole e della dissuasione di condotte discriminatorie
• L’intervento integrativo giudiziale sarebbe consentito nei casi come quello di specie, perché diversamente la parte debole non avrebbe tutela. Se infatti fosse dichiarato nullo l’intero contratto, il gestore sarebbe costretto a trovare un nuovo somministrante, e questo piuttosto che tutelarlo lo danneggerebbe ulteriormente.
• Il divieto di discriminazione consentirebbe di individuare la regola del caso concreto per relationem e cioè con riferimento al regolamento contrattuale previsto nelle situazioni analoghe, che fungono da termine comparativo, per cui l’intervento del giudice non sarebbe in questi casi «creativo»
• L’autonomia negoziale del somministrante non sarebbe (ad avviso del Tribunale) meritevole di essere tutelata
In definitiva, sembra che il giudice abbia giustificato la sua decisione sulla base del «divieto di pratiche discriminatorie»
Gli argomenti a sostegno della
decisione
• Contratto di concessione di vendita tra una impresa produttrice di trattori e una società concessionaria
• Recesso della casa madre, preceduto, conformemente alle previsioni contrattuali, da un avviso di tre mesi.
• La concessionaria lamenta un abuso di dipendenza economica e chiede l’applicazione dell’art. 9 l. 18 giugno 1998, n. 192
• La concessionaria lamenta, inoltre, l’imposizione, ad opera della controparte, di una serie di clausole vessatorie.
Caso 3: Trib. Bergamo 4 gennaio
2017 – ordinanza
• Accertata la propria competenza , il Tribunale si è dapprima soffermato sulla portata del citato art. 9 , riferendolo a tutti i rapporti contrattuali tra imprese . Ha focalizzato, poi, la dipendenza economica , analizzando il criterio dell’impossibilità di reperire alternative . Esaminando la fattispecie concreta, il giudice non ha riscontrato una situazione siffatta.
• Il giudice ha ritenuto di dover escludere, nel caso di specie, la dipendenza economica, in virtù di due rilievi:
• l’assenza di investimenti specifici;
• l’omessa prova in ordine all’impossibilità di reperire alternative soddisfacenti sul mercato.
• Quanto agli investimenti, la concessionaria si era limitata a concludere un contratto di locazione. Tale investimento difettava, oltretutto, del requisito della specificità: nella nuova sede la società commercializzava non soltanto trattori provenienti dall’impresa recedente, ma anche escavatori riferibili ad altre aziende. L’unico investimento specifico che avrebbe dovuto essere fatto, in esecuzione del contratto, consisteva
nell’allestimento di un’officina interna; la quale non era stata, però, mai realizzata. Rispetto all’impossibilità di reperire alternative, ad avviso del Tribunale, il concessionario avrebbe dovuto provare di aver tentato d’intraprendere, senza successo, una trattativa con un’altra impresa; la quale si poneva agli stessi livelli di mercato della recedente e si trovava ad operare, proprio in quel periodo, sul medesimo territorio.
• Ciononostante, il Tribunale ha accolto il ricorso presentato in via cautelare, seguendo il seguente ragionamento:
• In presenza di un partner forte, il comportamento della casa madre assume rilievo «alla luce della teorica della buona fede e dell’abuso del diritto in generale»
• La giurisprudenza di legittimità afferma la possibilità di un sindacato giudiziario dell’atto di autonomia privata, nell’ottica di pervenire a un bilanciamento o equilibrio dei contrapposti interessi
• Con peculiare riferimento all’ipotesi del recesso, si evidenzia la necessità di una “procedimentalizzazione” dell’atto, che si sostanzia nella previsione di trattative, nel riconoscimento di indennità, etc
• Non è in discussione la libertà del concedente di svincolarsi dal contratto, per ridisegnare la propria rete di vendita, optando per un altro
concessionario, ma si tratta anche di garantire la controparte, consentendole a sua volta di riorganizzarsi, entro un congruo periodo di tempo.
• Da questo punto di vista il recesso intimato entro il termine di soli tre mesi, pur in conformità alle previsioni contrattuali e a fronte di un rapporto di lunga durata, presenta sicuramente dei profili di “abusività”.
• Equo e pertinente alla fattispecie concreta pare piuttosto il termine di un anno a far tempo dalla comunicazione del recesso.
La decisione
• Il ragionamento seguito dal decidente non convince:
• Non viene esplicitato il fondamento del sindacato del giudice sull’atto di autonomia
• Non viene giustificata l’affermazione relativa alla procedimentalizzazione del recesso
probabilmente, il giudice si è implicitamente richiamato alla funzione integrativa della buona fede
• Il passaggio dall’ultima premessa alla conclusione non è scontato, anzi, sembra esserci un salto nel ragionamento del giudice, perché una cosa è dire che il recesso deve essere in concreto esercitato in modo da non ledere l’interesse della controparte, altra cosa è sindacare le modalità di recesso
(preavviso di tre mesi) pattuite dalle parti. In definitiva, il giudice sembra confondere l’esercizio
abusivo del diritto di recesso con l’abuso di potere contrattuale, consistente nell’imposizione di una
clausola che potrebbe essere considerata vessatoria.
• Al riguardo giova precisare che, pur ammettendo la configurabilità di un abuso di potere contrattuale, tale abuso non potrebbe comportare la invalidità del contratto, ma soltanto una responsabilità precontrattuale, derivante da una condotta contraria all’obbligo di comportarsi secondo correttezza nelle trattative
Profili critici