Concordato preventivo, contratti pendenti, contratti bancari,
LA SORTE DEI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE
NEL NUOVO CONCORDATO PREVENTIVO
Relatore:
Prof.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Laureando: Xxxxxx Xxxxxxxxxx
Anno Accademico 2013/2014
LA SORTE DEI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE
NEL NUOVO CONCORDATO PREVENTIVO
Relatore:
Prof.ssa Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Laureando: Xxxxxx Xxxxxxxxxx
Concordato preventivo, contratti pendenti, contratti bancari,
scioglimento, sospensione.
Anno accademico 2013/2014
Ai miei genitori e alla mia famiglia intera, a cui va il riconoscimento di avermi spronato a raggiungere quest’obiettivo
e di avermi sopportato e sostenuto mentre
lo raggiungevo;
INDICE:
INTRODUZIONE 4
CAPITOLO I
Inquadramento del concordato preventivo: fonti ed evoluzione interpretativa
1. Evoluzione legislativa del concordato preventivo. Cenni 7
2. Finalità e disciplina dell’istituto. 8
2.1 Le origini del concordato preventivo in Italia. 8
2.2 Le finalità tradizionali dell’istituto: evoluzione interpretativa 9
2.3 Il d.l. 35/2005 e il successivo d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 10
2.4 Il decreto correttivo: d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169 13
2.5 Il c.d. “decreto sviluppo”: d.l. 22 giugno 2012, n. 83 15
2.6 Il c.d. “decreto del fare”: d.l. 21 giugno 2013, n. 69 16
2.6 La sentenza Xxxx. SS.UU. 1521/2013 18
CAPITOLO II
I contratti pendenti e il concordato preventivo precedente alla novella del 2012.
1. Introduzione: la conclusione del contratto (cenni) 21
2. I contratti pendenti nella legge fallimentare 23
3. Contratti pendenti nel concordato preventivo: un vuoto normativo. Orientamenti e soluzioni in dottrina e giurisprudenza 24
CAPITOLO III
Rapporti giuridici pendenti alla stipulazione del concordato preventivo oggi: L’art. 169 bis l.fall.
1. Il cd. decreto sviluppo (d.l. 22 giugno 2012, n. 83) 31
2. Il nuovo articolo 169 bis l.fall.: aspetti sostanziali 33
2.1. Requisiti applicativi: il concetto di contratto in xxxxx xx xxxxxxxxxx 00
0.0. Requisiti applicativi: le esenzioni previste dal quarto comma 38
2.3. Le scelte alternative del debitore e i criteri valutativi del giudice 41
2.4. La tutela del contraente in bonis 48
2.4.1. La tutela del contraente in bonis nell’ipotesi di prosecuzione del rapporto. 48
2.4.2. La tutela del contraente in bonis nell’ipotesi di scioglimento o sospensione del rapporto 51
2.5. Il rapporto tra la disciplina dell’art. 169 bis e alcuni tipi di clausole 55
3. Il nuovo articolo 169 bis l.fall.: aspetti processuali 56
3.1. Presentazione dell’istanza 56
3.2. La convocazione del contraente in bonis 58
4. Il concordato “in bianco” e l’applicabilità della disciplina dei rapporti
giuridici pendenti ad esso 60
4.1. Il concordato “in bianco”. Disciplina ed effetti (cenni) 60
4.2. Applicabilità dell’articolo 169 bis l.fall. al concordato “in bianco” 64
CAPITOLO IV
Analisi casistica di alcune tipologie contrattuali: i contratti bancari in particolare
1. Il contratto di mutuo 77
2. Il contratto di anticipazione bancaria 79
3. I contratti di anticipo fatture s.b.f. e di factoring 80
4. Il contratto di leasing 85
CAPITOLO V
I contratti pendenti nel concordato preventivo “con continuità aziendale”: l’art. 186 bis terzo comma l.fall.
1. Il concordato preventivo “con continuità aziendale”: l’art. 186 bis l.fall. 89
2. I rapporti giuridici pendenti nel concordato “con continuità aziendale” 91
2.1. Concordato “con continuità aziendale” e concordato “in bianco” 91
2.2. I contratti pubblici 93
CONCLUSIONE 99
BIBLIOGRAFIA 101
ELENCO DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI 109
INTRODUZIONE
La ricerca sviluppata nel seguente lavoro concerne l’analisi dell’art. 169 bis l.fall. introdotto con il c.d. “decreto sviluppo” (d.l. 83/2012, convertito con l. 134/2012) disciplinante, per la prima volta nel nostro sistema giuridico, la sorte dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo.
Verrà analizzato succintamente, nel corso del primo capitolo, l’istituto del concordato preventivo e le recenti (e frequenti) modifiche subite nel corso degli ultimi anni.
Nel secondo capitolo si provvederà a svolgere una rapida panoramica sulla situazione precedente all’introduzione della disposizione, caratterizzata da differenti posizioni dottrinali e giurisprudenziali sull’argomento, stante l’assenza di una disciplina legislativa.
Si passerà successivamente, nel xxxxx xxx xxxxx xxxxxxxx, xxxx xxxxxx xxxxx xxxxx recentemente introdotta, che prevede la possibilità per il debitore di richiedere al giudice lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione. Verranno individuati analiticamente i requisiti applicativi, le fattispecie di esenzione, i criteri valutativi che il giudice deve seguire, la tutela del contraente in bonis (non è previsto esplicitamente un diritto di convocazione), la natura e la consistenza dell’indennizzo da corrispondere in caso di accoglimento della domanda, la sorte di alcune clausole contrattuali particolarmente diffuse in caso di sospensione o scioglimento del contratto e il momento di presentazione della istanza. Il vero aspetto controverso, che sarà oggetto di approfondita trattazione, riguarderà la possibile applicazione della disciplina al nuovo concordato “in bianco”, disciplinato dall’art. 161 sesto
Introduzione
comma l.fall.. Si vedrà, infatti, come in giurisprudenza e in dottrina non vi sia una posizione condivisa.
L’indagine sarà condotta principalmente attraverso una lettura dei provvedimenti giurisprudenziali emessi dall’introduzione della norma sino ad oggi.
Allo scopo di dare un’impostazione pratica al lavoro mi soffermerò successivamente, nel capitolo quarto, ad analizzare l’incidenza della disciplina e le possibili problematiche applicative quando riferita ai contratti bancari principalmente diffusi nella prassi commerciale, come il mutuo, l’anticipo fatture s.b.f., l’anticipazione bancaria, il leasing e il factoring.
In conclusione verrà affrontato l’art. 186 bis l.fall., introdotto sempre nel 2012 e disciplinante il concordato “con continuità aziendale”. Saranno analizzate sinteticamente le caratteristiche, e saranno approfonditi i profili inerenti all’autorizzazione giudiziale allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, con particolare riguardo ai contratti pubblici.
CAPITOLO I
INQUADRAMENTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO: FONTI ED EVOLUZIONE INTERPRETATIVA.
1. Evoluzione legislativa del concordato preventivo. Cenni
Il concordato preventivo trae origine nel nostro sistema dall’istituto della moratoria, disciplinato nel codice di commercio italiano del 1882 dagli artt. 819 ss. Tale istituto svolgeva una duplice funzione: poteva servire a prevenire il fallimento dando luogo a un accordo stragiudiziale oppure poteva servire dopo la dichiarazione di fallimento, costituendo una sorta di concordato “amichevole”1.
Il concordato preventivo è stato introdotto nel nostro ordinamento con la legge 24 maggio 1903, n. 187 al fine di ovviare ai problemi sorti con la precedente disciplina. Si è introdotto il coinvolgimento dell’autorità giurisdizionale, prevedendo un controllo e omologazione da parte del tribunale, ed un obbligatorio rispetto della par condicio creditorum.
L’istituto è stato infine ricompreso nel titolo III del Regio Decreto 16 marzo 0000, x. 000 (x’ora in poi l.fall.), nella cui Relazione del Ministro Guardasigilli al Re viene specificato che la sua funzione “era quella di offrire al debitore onesto e sfortunato il mezzo per evitare la inesorabile distruzione della sua impresa, per sé stessa vitale, con danno della pubblica economia”2.
1 Si vedano a tal proposito Xxxxxxxx S. Censoni P.F, Manuale di diritto fallimentare, CEDAM, Milano 2009; Xxxxxxx A., Rapporti tra contratti bancari e concordato preventivo, CEDAM, Milano, 2004
2 Sul concordato preventivo, tra le altre opere, si vedano in particolare: Xxxxx X., Le crisi di impresa. Il Fallimento, Milano, Xxxxxxx, 2000; Xxxxxxxxx S., Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, CEDAM, 2008; Xxxxxxx X., Diritto fallimentare - un profilo organico, Bologna, Zanichelli, 2011; Xxxxxxxxxx Xxxxx E., Il concordato preventivo, Padova, CEDAM, 1990; Fauceglia X. Xxxxxxx L., Xxxxxxxxxx e altre procedure concorsuali, Torino, UTET, 2009;
Il quadro normativo attualmente in vigore per il concordato preventivo è il risultato di una serie di interventi riformatori che si sono susseguiti negli ultimi anni: prima col d.l. 14 marzo 2005 n. 35, convertito con modificazioni dalla l. 14 maggio 2005 n. 80; successivamente col d.lgs 12 settembre 0000, x. 000, (x.x. “xxxxxxx xxxxxxxxxx”); successivamente coi c.d. “decreti sviluppo”, ovvero il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (convertito con l. 7 agosto 2012, n. 134) e il
d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito con l. 17 dicembre 2012, n. 221); ed infine col d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n.983 (c.d. “decreto del fare”).
2. Finalità e disciplina dell’istituto
“Il concordato preventivo è un istituto diretto a risolvere la situazione di crisi d’impresa, prima che venga dichiarata fallita”4, in tal senso si può parlare di funzione preventiva e funzione alternativa al fallimento. Il tema della natura di questa procedura è stato ampiamente dibattuto in dottrina in questi anni, fra teorie privatistico-contrattuali e pubbliciste-processuali ed è tuttora aperto. Ad ulteriore complicazione del quadro evidenziato va ricordato che dopo la recente abrogazione dell’istituto dell’amministrazione controllata (effettuata col
d.l. 5/2006) esso ha ereditato anche l’ulteriore scopo e finalità di favorire il risanamento delle imprese in difficoltà.
2.1. Le origini del concordato preventivo in Italia.
Nella sua formulazione originale il concordato preventivo fu concepito per introdurre una procedura concorsuale meno grave del fallimento. Una procedura che potesse servire all’imprenditore “onesto ma sfortunato” sia a conservare l’impresa nel suo esclusivo interesse, sia ad evitare le pesanti conseguenze amministrative (aggiungerei quelle che possiamo definire “sociali”, ovvero riguardanti la reputazione e l’immagine sociale) del fallimento
Xxxxxxxx S., Censoni P. F., La riforma della disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova, CEDAM, 2006;
3 Tale ultima modifica legislativa è entrata in vigore il 22 giugno 2013.
4 Xxxxxxxx S., Censoni P.F., Lineamenti di diritto fallimentare, Padova, CEDAM, 2013
e la conseguente acquisizione della qualità di fallito.
Si osservò che “la situazione economica dell’azienda in crisi non sempre richiedeva la dichiarazione di fallimento, inteso come procedimento esecutivo di estrema intensità” e “si riconobbe che talvolta il fallimento aveva assunto il contenuto di un provvedimento estremamente grave e, soprattutto, inidoneo al perseguimento degli interessi pubblicistici ai quali era pur sempre ricollegabile l’apertura del procedimento”.5 Questo portò all’introduzione, come spiegato nella Relazione al Re della legge di riforma del 1942, di altri rimedi giurisdizionali differenti destinati a perseguire differenti finalità: il concordato preventivo, con lo scopo di “offrire al debitore onesto ma sfortunato, il mezzo per evitare l’inesorabile distruzione della sua impresa, per sé stessa vitale, con danno della pubblica economia”, e prevedendo contemporaneamente ad eliminare l’insolvenza e a soddisfare il ceto creditorio, seppur in percentuale; e l’amministrazione controllata, per i casi in cui “si determini una temporanea crisi che rende impossibile l’immediato e regolare soddisfacimento delle obbligazioni, senza che tuttavia si possa parlare di insolvenza, e soprattutto di incapacità obiettiva dell’impresa a riacquisire il suo normale equilibrio”.
2.2. Le finalità tradizionali dell’istituto: evoluzione interpretativa.
Il modello di concordato preventivo, come concepito nel R.D. del 1942, era considerato, uno strumento con finalità processual-pubblicistiche, nel quale il giudice vigilava su ogni fase della procedura per garantire il rispetto della par condicio dei creditori, per valutare la convenienza dell’operazione per gli stessi creditori, oltreché per giudicare se l’imprenditore era stato realmente “onesto ma sfortunato”. Il giudice, cioè, era chiamato ad esprimere anche un giudizio sulla meritevolezza del debitore stesso e, se ritenuto tale, idoneo ad accedere alla procedura di concordato preventivo intesa come beneficio concessogli.6
La successiva linea interpretativa7 ebbe evoluzione negli anni concependo il concordato preventivo non più solo come uno strumento meno grave del fallimento per il debitore “onesto ma sfortunato”, ma anche e soprattutto come
5 Lo Xxxxxx G., Il concordato preventivo, Milano, Xxxxxxx, 2008, Cit. p. 2
6 Xxxxxxxxx S., De Marchi P.G., Il nuovo concordato preventivo, Milano, Xxxxxxx, 2005
7 Questa corrente dottrinale e giurisprudenziale fu definita dell’”uso alternativo delle procedure concorsuali minori”. Si veda a tal proposito Xxxxxxx, sull’uso alternativo della procedura di amministrazione controllata, in Giur Comm., 1979, I, p. 237 e ss.
uno strumento per salvare l’impresa a vantaggio di altri soggetti (lavoratori, fornitori, altri imprenditori).
La giurisprudenza, soprattutto di Cassazione, cambiò indirizzo a partire dai primi anni ’90. La Suprema Corte affermò, infatti, che nel nostro sistema non emergono “né un dato normativo testuale, né una situazione di struttura procedimentale, che consentano di considerare la conservazione dell’impresa nel concordato come una finalità primaria perseguita dalla legge”8. In altre parole il fine cui doveva ispirarsi il concordato preventivo era la soddisfazione dei creditori stando la funzione “meramente liquidatoria” 9 del concordato mentre la conservazione della struttura produttiva era un fine secondario, pregevole se raggiunto, ma pur sempre secondario. In questo preciso momento storico, a cavallo del ventunesimo secolo, ci troviamo in una situazione contraddittoria: è emersa una funzione del concordato preventivo prettamente privatistica per quanto concerne gli interessi da considerare (ovvero la soddisfazione del ceto creditorio), ma è in vigore un sistema normativo e processuale di stampo pubblicistico, in cui il giudice ha ampi poteri e spesso è tenuto a giudizi di merito. Ad esempio può non omologare un accordo, anche se sono state raggiunte le prescritte maggioranze dei creditori, perché non reputa meritevole il debitore.
2.3. Il d.l. 35/2005 e il successivo d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5
Il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge dalla l. 14 maggio 2005 n. 80, ha modificato e ridisegnato le finalità e lo scopo del concordato preventivo. Le modifiche della riforma del 2005 hanno riguardato soltanto solo sei dei ventisette articoli (dall’art 160 l.fall. all’art 186 l.fall.) che compongono la disciplina del concordato preventivo. Le modifiche hanno riguardato: la fase di ammissione (artt. 160, 161, 163 l.fall.); la fase della votazione dei creditori (art 177 l.fall.); il giudizio di omologazione (art 180 l.fall.) ed infine la chiusura del procedimento (art. 181 l.fall).10
Gran parte della dottrina ha accolto con grande favore le modifiche
8 Cass., 12 Luglio 1991, n. 7790, in Fallimento, 1991, II, p. 1248.
9 Cass., 27 ottobre 0000, x. 00000, in Fallimento, 1996, p.529
10 Xxxxxxxx S., Censoni P.F., La riforma dell’azione revocatoria fallimentare, del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova, CEDAM, 2007
legislative sopraggiunte con il d.l. 35/2005: c’è chi la ha definita una “rivoluzione copernicana”11 , chi ha affermato che “dopo la novella in questione la procedura conserverebbe, rispetto a quella che l’ha preceduta, soltanto il nome”12, in quanto “si è trasformato da un’anticamera del fallimento, a una procedura volta al risanamento dell’impresa in crisi”13. Con il tale decreto si è dato inizio finalmente ad un processo graduale di “privatizzazione” del concordato preventivo, accentuandone il carattere contrattuale-privatistico rispetto a quello pubblicistico dominante invece nella disciplina del 1942.
Le influenze che hanno portato ad una così radicale “rivoluzione” negli scopi dell’istituto in esame derivano, con tutta probabilità, dall’esperienza comparatistica, in particolare con l’ordinamento americano e tedesco. Il diritto statunitense nel Chapter 11 del Bankruptcy code del 1978 disciplina un istituto analogo, ovvero un piano di riorganizzazione dell’impresa che deve essere in primis approvato dai creditori divisi in classi, per poi necessitare di una approvazione da parte dell’autorità giudiziaria. Nel diritto tedesco, all’interno dell’Insolvenzordnung (in vigore dal 1 gennaio 1999) è prevista una procedura in cui l’impresa in stato di crisi predispone un piano volto a liquidare l’attivo, o a conservare la struttura aziendale, che deve essere approvato da creditori divisi in classi omogenee. Il diritto tedesco richiede come ulteriore requisito di indicare i criteri di suddivisione e soddisfazione dei singoli gruppi. Sul profilo comparatistico mi soffermerò più approfonditamente nel seguito della trattazione.
Vediamo dunque quali sono state le principali modifiche legislative che hanno portato la dottrina dominante ad osservare tale cambio radicale di prospettiva:
• con la modifica dell’art 160 l.fall.14 è stato cambiato il presupposto oggettivo del concordato preventivo, sostituendo lo “stato di
11 Xxxxxxxxx S., De Marchi P.G., Il nuovo Concordato preventivo, Milano, Xxxxxxx, 2005
12 Pacchi S., Il nuovo concordato preventivo, Milano, ISPOA, 2005
13 Xxxxxxx F., Il nuovo concordato preventivo nella riforma fallimentare, Padova, CEDAM, 2006
14 Il nuovo art 160 l.fall recita: “L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso
insolvenza” con lo “stato di crisi”. Da qui si evince la volontà del legislatore di espandere le possibili situazioni di applicazione del concordato preventivo anche in situazioni in cui non si giunge fino al punto di non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni (art 5 l.fall., in cui viene definito lo stato d’insolvenza). Che lo stato di crisi sia meno grave dello stato d’insolvenza è specificato dallo stesso legislatore al terzo comma dell’art 160 in cui è affermato che “ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza”15. Questa modifica ha un duplice scopo: anticipare la soglia di accesso alla procedura già ai primi segni di declino dell’azienda, come già notato, e così facendo cercare di incentivare lo stesso imprenditore a richiedere l’accesso al concordato preventivo ai primi segnali di difficoltà. Ovvia la finalità di cercare il risanamento prima che la situazione raggiunga un livello di non ritorno;
• la domanda deve basarsi su un piano la cui fattibilità deve essere attestata da un professionista. Tale piano può derivare (e spesso nella pratica deriva) da accordi precedenti tra il debitore e i creditori stessi, o i più forti di essi;
• la finalizzazione del piano è la “ristrutturazione dei debiti” e la “soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma”. Il piano suddetto può dunque assumere le più varie connotazioni, non essendovi più la rigida suddivisione previgente tra concordato con garanzia e concordato con cessione dei beni;
• è stato eliminato il requisito della meritevolezza del debitore, che come visto era fonte di un eccessivo arbitrio per il giudice;
della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.”
15 Diviene conseguentemente importante verificare il confine tra le due nozioni. Sull’argomento la dottrina dominante afferma che il discrimine tra le due sta nella reversibilità o irreversibilità della situazione di dissesto economico. Reversibile appunto qualora l’imprenditore versi in uno stato di crisi, irreversibile al contrario se esso versi già in uno stato di insolvenza. A proposito di vedano: Xxxxxxxx S., Xxxxxxx P.F., Lineamenti di diritto Fallimentare, Padova, CEDAM, 2013
• è stata eliminata la percentuale minima di soddisfacimento dei crediti chirografari (prevista precedentemente nella misura del 40%);
• è stata introdotta la possibilità di suddividere i creditori per classi omogenee e di poter prevedere un trattamento differenziato per gli appartenenti alle diverse classi;
• sono state modificate le maggioranze richieste per l’approvazione del piano: è ora richiesto il voto favorevole della maggioranza delle classi e dei crediti ammessi al voto in ciascuna classe (art 177 l.fall.)16
La legge di conversione del decreto (l. 14 maggio 2005, n.80) conteneva all’art. 1 comma 5 una delega al governo per modifica della legge fallimentare, concordemente coi principi e criteri direttivi stabiliti nell’art. 6 della suddetta legge17. Questo portò l’anno successivo all’emanazione di un decreto legislativo (d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), contenente alcune modifiche marginali. Tra le principali segnalo la riscrittura dell’art. 167 l.fall. volto a rafforzare i poteri di ordinaria amministrazione in capo al debitore, e l’aggiunta all’art 169 l.fall, contenente le norme del fallimento applicabili al concordato preventivo, dell’art 45 l.fall (“formalità dopo la dichiarazione di fallimento”).18
2.4. Il decreto correttivo: D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169.
16 Il nuovo testo dell’art 177 l. fall. recita così: Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Xxx siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero delle classi.
I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto od in parte al diritto di prelazione. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono equiparati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.
17 All’indomani dell’approvazione della legge di conversione del decreto (l. 80/2005), rimanevano infatti numerosi problemi di coordinamento con la disciplina previgente del concordato preventivo e si rendeva necessaria una armonizzazione in tal senso. Sul punto si vedano tra gli altri: Xxxxxxx F., Il nuovo conocordato preventivo nella riforma fallimentare, Padova, CEDAM, 2006; Lo Xxxxxx G., Il concordato Preventivo, Milano, Xxxxxxx, 2011.
18 Altre modifiche hanno riguardato l’art 164 l.fall, eliminandone il secondo comma che prevedeva la non impugnabilità del provvedimento del tribunale che decideva sul reclamo avverso i provvedimento del giudice delegato; e l’art. 166. L.fall. che ha introdotto l’obbligo di invio della comunicazione all’ufficio del registro delle imprese per via telematica.
Nella medesima legge di conversione del d.l. 35/2005, ovvero la legge 80/2005, era contenuta all’art. 1 comma 5 bis, una disposizione che prevedeva che “entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo adottato nell'esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo può adottare disposizioni correttive e integrative (…)”.L’integrazione e la correzione legislativa erano quindi già state concepite ex ante dal legislatore per colmare eventuali lacune o eseguire migliorie che si sarebbero notate solo dopo un periodo applicativo della nuova disciplina. Tale possibilità venne esercitata dal governo tramite il decreto legislativo 169/2007, col quale ha introdotto delle disposizioni integrative alla riforma fallimentare.. Il d.lgs. 169/2007 è andato, tra gli altri, ad incidere sui seguenti punti:
• con la modifica del secondo comma dell’art 160 l.fall. è stato previsto che l’oggetto della proposta possa consentire un non integrale pagamento dei creditori muniti di titolo di prelazione19;
• è stato introdotto il requisito dell’iscrizione nel registro dei revisori contabili (tramite il rinvio all’art. 67, comma 3, lett. d) per i soggetti chiamati a redigere la relazione da allegare al piano di concordato;
• Sono stati introdotti quattro nuovi commi all’art 182 in materia di concordato con cessione dei beni, grazie ai quali la disciplina della liquidazione dei beni ai creditori risulta ora più completa e coerente.
Come si può notare dalle principali modifiche, il suddetto d.lgs. prosegue nell’opera di “privatizzazione” del concordato, facendolo sempre più portatore delle istanze creditorie piuttosto che di istanze riguardanti la pubblica economia.
Da segnalare poi l’introduzione, col d.lgs. 31 maggio 2010, n.78, dell’art. 182 quater l.fall. il quale ha introdotto la prededucibilità dei crediti sorti nel concordato preventivo. Al pari di ciò che avviene nella disciplina del fallimento
19 Il nuovo secondo comma dell’art 160 recita così: La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionsita in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
i crediti sorti nell’esercizio della procedura (soprattutto i finanziamenti erogati da banche o intermediari in esecuzione del piano di concordato stesso20), a determinate condizioni possono giovarsi della prededuzione, quindi con soddisfacimento preferenziale rispetto a tutti gli altri crediti. Come altro lato della medaglia i titolari del credito prededucibile non hanno il diritto di voto e non sono considerati ai fini del quorum deliberativo nelle maggioranze per l’approvazione del concordato.
2.5. Il c.d. “decreto sviluppo”: D.l. 22 giugno 2012, n. 83
Ritengo utile accennare già in questa sede alcune modifiche apportate dal “decreto sviluppo” alla disciplina del concordato preventivo, nonostante saranno oggetto di una trattazione più approfondita nel capitolo III. Questo allo scopo di far notare la continuità delle modifiche apportate con le riforme introdotte dal 2005, allo scopo presumibilmente di “progressivamente spostare il baricentro del diritto fallimentare verso misure di prevenzione e rimedio dell’insolvenza rispetto a quelle della liquidazione concorsuale”21. Le principali modifiche hanno riguardato:
• l’introduzione della regola del “silenzio-assenso” nel sistema di voto dei creditori (art 178 l. fall.);
• la possibilità di modificare il voto dei creditori qualora, a detta del commissario xxxxxxxxxx, siano mutate le condizioni di fattibilità del piano dopo il voto (art 179 l.fall.);
• l’introduzione del cd “concordato con riserva” o “concordato in bianco” o “concordato prenotativo”: una differente modalità di presentazione del concordato preventivo in cui è prevista la possibilità per il debitore di presentare in due momenti differenti il ricorso e la documentazione relativa (piano, proposta, attestazione). Sempre riguardante tale modalità esecutiva del concordato, è
20 Xxxxxxx usufruire di analogo privilegio anche i soci che abbiano effettuato conferimenti in esecuzione del piano e i professionisti attestatori della proposta di concordato per il loro compenso dell’attività svolta.
21 Fauda G., in Fallimento e altre procedure concorsuali (a cura di AA.VV.), Milano, ISPOA, 2013
prevista un’esenzione dall’azione revocatoria degli atti, pagamenti e garanzie legittimamente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato e sino al decreto di ammissione. (art 67 comma 3, lett. e) e, al nuovo comma 7 dell’art. 161, la disciplina degli atti che l’imprenditore può compiere dal deposito della domanda fino al decreto di ammissione22;
• l’introduzione dell’art. 186 bis l.fall. disciplinante il nuovo “concordato con continuità aziendale”;
• l’introduzione dell’art. 169 bis l.fall. riguardante la facoltà per il debitore di chiede al tribunale la sospensione o lo scioglimento dei rapporti giuridici pendenti.
Come affermato in precedenza, avrò occasione nel prosieguo della trattazione di soffermarmi approfonditamente su questi ultimi tre punti della riforma che sono i più innovativi.
2.6. Il c.d. “decreto del fare”: D.l. 21 giugno 2013, n. 69
Dopo neanche un anno dall’ultima modifica all’istituto del concordato preventivo, con il cosiddetto “decreto del fare” (d.l. 69/2013, convertito con l. 98/2013 ed in vigore dal 21 agosto 2013) il governo ha tentato di porre dei correttivi alle due problematiche principali relative al neo-introdotto concordato “in bianco”, ossia: i) l’elevato numero di domande pervenute e ii) il diffondersi di casi di abuso della procedura, realizzato principalmente tramite la proposizione di domande azzardate al solo scopo di giovarsi degli effetti protettivi della procedura.
Per porre rimedio a tali evenienze, l’art. 82 del suddetto decreto ha previsto che:
22 Tra cui: gli atti di ordinaria amministrazione (che possono essere compiti liberamente) e gli atti di straordinaria amministrazione (che possono essere compiuti solo con l’autorizzazione del tribunale). Gli eventuali crediti di terzi che sorgono in esecuzione (se “legalmente compiuti”) di tali atti godono della prededuzione e dell’esenzione da revocatoria fallimentare.
• il ricorso per la domanda di concordato non debba essere comprensivo dei soli bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, ma anche delle elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti così da rendere immediatamente edotti i creditori della propria posizione (art. 161 quarto comma l.fall.);
• il giudice del Tribunale, fin dal momento in cui concede il termine per il deposito dell’integrazione della documentazione necessaria per la domanda di concordato preventivo, possa nominare il commissario giudiziale, con funzioni di controllo e verifica dell’attività svolta dal debitore. Il commissario giudiziale qualora dovesse accertare il compimento da parte del debitore di una delle condotte pregiudizievoli previste dall’art. 173 l.fall. 23 , dovrà immediatamente riferire al Tribunale che, verificata la sussistenza di tali condotte, potrà - con decreto - dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del PM, accertati i presupposti, dichiarare il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell’art. 18 l.fall. (art. 161 quarto comma l.fall.);
• il debitore possa compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, dopo il deposito del ricorso e fino al decreto ex art.
163 l.fall., solo previa autorizzazione del Tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni e deve acquisire il parere del commissario xxxxxxxxxx se nominato (art. 161 settimo comma l.fall.);
• il debitore sia sottoposto, nel periodo concesso per l’integrazione della documentazione, a “obblighi informativi con periodicità almeno mensile”. Egli ha quindi l’obbligo di depositare, ogni mese, una situazione finanziaria aggiornata dell’impresa, da pubblicare a cura del cancelliere del registro delle imprese, per consentire ai creditori di verificare che la prosecuzione dell’attività di impresa non stia avendo conseguenze pregiudizievoli sul patrimonio del debitore. E’ stato inoltre previsto che la violazione di tali obblighi comporti
23 Le attività previste dall’art. 174 l.fall. sono: l’occultamento o la dissimulazione di parte dell'attivo; l’omessa denuncia, con dolo, di uno o più crediti; l’aver esposto passivita' insussistenti o l’aver commesso altri atti di xxxxx.
l’inammissibilità della domanda e possa portare alla dichiarazione di fallimento (art. 161 ottavo comma l.fall.);
• il giudice possa sentire i creditori in ogni momento e possa abbreviare, anche d’ufficio, il termine per la presentazione della documentazione ove risulti che l’attività compiuta dal debitore sia “manifestamente inidonea alla presentazione della domanda e del piano” (art. 161 ottavo comma l.fall.).
Questo che è stato delineato nei paragrafi precedenti è il quadro delle modifiche apportate al concordato preventivo negli ultimi anni e, come si nota, gli interventi sono stato numerosi e finalizzati a risolvere le criticità emerse dall’applicazione delle norme precedentemente introdotte.
2.7. La sentenza Cass SS.UU. 1521/2013
A chiusura del dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ho in breve tracciato, si colloca una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 23 gennaio 2013, numero 1521. In questa sentenza la Suprema Corte analizza il ruolo del tribunale nella valutazione del concordato preventivo. Si esprime in chiari termini come il giudizio sulla convenienza economica del piano spetti esclusivamente ai creditori. Secondo le Sezioni Unite, infatti, “la proposta di concordato deve necessariamente avere ad oggetto la regolazione della crisi, la quale a sua volta può assumere concretezza soltanto attraverso le indicazioni delle modalità di soddisfacimento dei crediti (in esse comprese quindi le relative percentuali ed i tempi di adempimento), rispetto alla quale la relativa valutazione (sotto i diversi aspetti della verosimiglianza dell’esito e della sua convenienza) è rimessa al giudizio dei creditori, in quanto diretti interessati”. Nessun sindacato è rimesso al tribunale sull’aspetto pratico-economico della proposta, ossia “sulla correttezza dell’indicazione della misura di soddisfacimento percentuale offerta dal debitore ai creditori”, e neppure in ordine alla “prognosi di realizzabilità dell’attivo nei termini indicati dall’imprenditore”.
La Corte di Cassazione ribadisce con forza, dunque, che la valutazione del piano di concordato sotto il profilo della convenienza economica spetta soltanto ai creditori, non essendo ammesso un sindacato dell’attività giurisdizionale su di esso. Tale giudizio, nel prosieguo della motivazione, trova però dei
temperamenti. La Suprema Corte non ha mancato di rilevare, in premessa, che il legislatore delle riforme fallimentari, pur valorizzando l’elemento privatistico del concordato preventivo, non ne ha cancellato tutti gli aspetti di carattere pubblicistico24, “suggeriti dall’avvertita esigenza di tener conto anche degli interessi di soggetti ipoteticamente non aderenti alla proposta, ma comunque esposti agli effetti di una sua non condivisa approvazione, ed attuati mediante la fissazione di una serie di regole processuali inderogabili, finalizzate alla corretta formazione dell’accordo tra debitore e creditori, nonché con il potenziamento dei margini di intervento del giudice in chiave di garanzia”. E’ necessario ricordare, infatti, che la crisi di un’impresa è un evento che colpisce una serie più ampia di soggetti rispetto ai soli debitori. Si pensi agli effetti sull’indotto e sull’occupazione, solo per citarne alcuni. “Ciò significa che la crisi d’impresa è fenomeno che interessa una collettività di soggetti e non può ridursi al conflitto fra debitore e creditori. Di questo la Corte fornisce un’esemplare conferma quando, pur nel valorizzare l’importanza dell’assetto negoziale non dimentica che dalla crisi si dipanano riflessi pubblicistici di indubbio spessore”25. Coerentemente con quanto detto la Corte ha voluto escludere che al giudice sia affidato un mero controllo di legittimità sostanziale della proposta. Il controllo del giudice è caratterizzato da una maggior pregnanza, seppur nel rispetto dell’autonomia privata riguardante il profilo della soddisfazione economica.
L’elemento di novità, che si rinviene nella pronuncia e che sostanzia il sindacato giudiziale di fattibilità, è il riconoscimento del potere giudiziale di controllo sulla “causa in concreto” della proposta e del procedimento concordatari. Afferma infatti la Corte che: “il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando l’effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato”. Resta quindi da comprendere che cosa si intenda per causa concreta. Essa nella pronuncia è definita “come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”. Tale concetto è stato spesso utilizzato dalla Corte con riferimento ai contratti e agli atti di autonomia privata, identificandolo nella funzione economico-sociale che il negozio concretamente
24 Cass. SS.UU., 23 gennaio 2013, n. 1521, con nota di DE SANTIS F., in Fallimento, 2013, 3
25 Cass. SS.UU., 23 gennaio 2013, n. 1521, con nota di XXXXXXX X. in Fallimento, 2013, 2
consegue26, permettendo con ciò di superare il concetto di causa visto in senso astratto, come era dominante precedentemente27.
Il principale interrogativo riguardava, prima di detta sentenza, il tipo di controllo che doveva svolgere il giudice, ovvero fino a dove può spingersi il giudizio del tribunale nel valutare il piano di fattibilità della proposta di concordato. A tale interrogativo la dottrina ha dato risposte differenti: c’è chi sostiene, in linea con quanto verrà stabilito nella sentenza delle Sezioni Unite, che vi debba essere un mero controllo di fattibilità giuridica28, e chi invece ha sostenuto che esso dovrebbe “valutare l’idoneità della stessa non soltanto ad assicurare il soddisfacimento, sia pur modesto e parziale, dei creditori, ma perfino il superamento della situazione di crisi dell’imprenditore”29.
Con questa sentenza ritengo che la Corte abbia attuato un’intelligente soluzione di mediazione tra le differenti posizioni presenti nella dottrina e giurisprudenza italiana. Un’eccessiva deriva “pubblicistica”, consistente in un controllo più pregnante del giudice, avrebbe avuto la conseguenza di svuotare eccessivamente il voto dei creditori e di comprimere la loro autonomia negoziale nel ricercare la soluzione migliore per ottenere il soddisfacimento delle loro pretese. Al contrario una deriva eccessivamente “privatistica” avrebbe relegato nell’impossibilità per il giudice di farsi fautore delle istanze dei soggetti non debitori, e dunque non presenti nella procedura, ma ugualmente coinvolti nel caso di crisi della stessa.
Ritengo utile ora, alla luce dell’oggetto di trattazione di questo elaborato, vedere come fosse trattata la disciplina dei contratti in corso di esecuzione alla stipulazione del concordato preventivo nella vigenza del precedente testo normativo, onde poter evidenziare probabili futuri problematiche applicativi e interpretative.
26 Cass., 14 settembre 2012, n. 15449
27 Cass., 18 febbraio 1983, n. 1244
28 Cass. SS.UU., 23 gennaio 2013, n. 1521, con nota di XXXXXXX X. in Fallimento, 2013, 2
29 Cass. SS.UU., 23 gennaio 2013, n. 1521, con nota di XXXXXXX X. in Fallimento, 2013, 2
CAPITOLO II
I CONTRATTI PENDENTI E IL CONCORDATO PREVENTIVO PRECEDENTE ALLA NOVELLA DEL 2012
L’importanza pratica della disciplina dei contratti in corso di esecuzione è molto rilevante poiché l’imprenditore nell’esercizio dell’attività d’impresa si avvale di molteplici rapporti giuridici volti a garantirne le funzionalità nel corso della produzione. Si pensi, solo per fare alcuni esempi, ai vari contratti di somministrazione (gas, energia elettrica, telefono), a quelli concernenti la fornitura di materie prime o di macchinari, ai contratti bancari (conto corrente, sconti), ai contratti assicurativi, di leasing, e così via. Se a ciò si aggiunge che nell’ultimo periodo l’istituto del concordato preventivo ha avuto un’ampissima applicazione (sia per lo sfortunato momento di congiuntura economica, sia per le riforme che ne hanno reso più conveniente l’uso), si può ben comprendere l’importanza pratica che riveste tale argomento.
Alla luce di quanto affermato stupisce che fino al 2012 tale materia non ricevesse una disciplina espressa all’interno della legge fallimentare, a differenza di ciò che accadeva per la procedura fallimentare stessa1.
Mi soffermerò dunque in questo capitolo sulle soluzioni prospettate in materia da dottrina e giurisprudenza prima del “decreto sviluppo”, in assenza di una espressa disciplina legislativa.
1 Si veda a tal proposito la riflessione di Xxxxxxxx Xxxxxxx F., Sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2013 pag. 1, il cui si riflette sul fatto che l’assenza di una disciplina “creava problemi pratici evidenti con potenziale influenza negativa sul contenuto del piano e della proposta concordatari (…) in quanto la sorte dei contratti pendenti veniva gestita negozialmente, essendo possibile la risoluzione consensuale o un accordo transattivo sulla sorte del rapporto e sulle conseguenze dell’eventuale suo prematuro scioglimento. In alternativa, il debitore poteva essere indotto a provocarne la risoluzione per proprio inadempimento prima dell’accesso alla procedura” al fine di cristallizzarne i crediti e così facendo pagandoli con moneta concorsuale”.
1. Introduzione: la conclusione del contratto (cenni)
Sul concetto di contratto pendente avrò modo di soffermarmi in modo completo nel prossimo capitolo, poiché il requisito di “pendenza” del rapporto giuridico stesso sarà il primo requisito che il giudice dovrà verificare nel valutare l’accoglimento della domanda proposta ai sensi del nuovo art. 169 bis l.fall.
Preliminarmente, è però necessario quantomeno riportare una definizione del concetto di “rapporto giuridico pendente”. Nella materia concorsuale, secondo la definizione corrente in dottrina, ci si riferisce a “quei contratti giunti, al momento di apertura della procedura, al compiuto perfezionamento del loro iter formativo (l’integrazione di questa soglia che consente di parlare di preesistenza), ma non ancora completamente eseguiti da entrambe le parti contraenti (donde la loro condizione di pendenza)”2. Dalla definizione si può notare l’importanza del requisito del “perfezionamento dell’iter formativo”, in quanto solo da quel momento possiamo individuare giuridicamente un contratto che poi potrà eventualmente avere la caratteristica di “pendente” o “in corso di esecuzione”. Relativamente al perfezionamento di tale iter conclusivo, ovvero sul momento conclusivo del contratto, mi soffermerò rapidamente.
In linea generale un contratto può dirsi concluso 3 ex art 1326 c.c. nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. La proposta (analoga disciplina varrà per l’accettazione) deve integrare un’”offerta precisa e particolareggiata” 4 sia per distinguersi da una dichiarazione generica di disponibilità sia perché essa è finalizzata, tramite l’accettazione della controparte, a realizzare un accordo negoziale produttivo di effetti giuridici. Fino al momento conclusivo del contratto la proposta può essere modificata o revocata in qualsiasi modo, tranne che si tratti di un’offerta dichiarata irrevocabile ai sensi dell’art 1329 c.c.5. L’accettazione, deve essere
2 Xxxxxxx X., Patti A., I rapporti giuridici preesistenti nella procedure concorsuali minori, Milano, Xxxxxxx, 1999
3 Si veda in generale sull’argomento: Xxxxxxx X., Patti A., I rapporti giuridici preesistenti nella procedure concorsuali minori, Milano, Xxxxxxx, 1999
4 Cass. 5 agosto 1987, n. 6741, in Foro it., Rep, 1987
5 E’ utile in questo senso ricordare che affinché un’offerta possa definirsi irrevocabile necessita, per comune opinione di dottrina e giurisprudenza, della fissazione di un termine per
espressamente manifestata dall’altro contraente6 e deve essere conforme alla proposta (art. 1326 u.c. c.c.) Infine occorre ricordare che qualora siano previste forme particolari per l’accettazione, eventuali forme differenti non permettono una validità instaurazione del rapporto contrattuale (1326 comma 4 c.c.). Essendo fondamentale ai sensi del primo comma dell’art. 1326 c.c., come ricordato poc’anzi, la cognizione dell’accettazione dell’atto della controparte, è necessario ricordare il temperamento previsto all’art. 1335 c.c. E’ previsto infatti che la dichiarazione e la sua revoca si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, almeno che egli non provi di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia.
2. I contratti pendenti nella legge fallimentare
Come verrà approfondito in seguito, è necessario sin d’ora dire che l’argomento principale nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale pre-riforma era l’assenza di una disciplina legislativa riguardate la sorte dei rapporti giuridici pendenti all’interno della procedura del concordato preventivo. Nella legge fallimentare si trovavano, al contrario, disposizioni riguardanti tale argomento per la procedura fallimentare e per altre procedure concorsuali. Per quanto riguarda il fallimento, la legge del 1942 conteneva (e contiene tutt’ora) una disciplina generale (art. 72 l.fall.) e una serie di analitiche disposizioni per singole fattispecie contrattuali negli articoli successivi7. Ulteriori disposizioni erano contenute in leggi diverse dalla legge fallimentare, come il codice civile8. Per la liquidazione coatta amministrativa (artt. 194 – 215 l.fall.) l’art. 201 l.fall.
l’accettazione e soprattutto l’elemento psicologico consistente nella volontà di mantenerla ferma sino alla scadenza del termine stesso.
6 Sulla non sufficienza della sola sottoscrizione cd “per ricevuta” si veda Cass. 4 settembre 1990, n. 9130, in Foro It., 1991, I, pag. 2471
7 La normativa relativa al fallimento prevede in via generale che il contratto rimanga sospeso sino a quando il curatore dichiari o di sciogliersi dal contratto o di subentrare nel contratto previa autorizzazione del comitato dei creditori. Inoltre in virtù della disciplina specifica dettata dagli artt 72 ad 83 l. fall. è possibile suddividere i contratti pendenti in tre categorie: 1) Contratti che si sciolgono automaticamente ( i principali sono: conto corrente, mandato, commissione, agenzia, mediazione, appalto e trasporto); 2) contratti che proseguono automaticamente senza soluzione di continuità con a massa dei creditori ( locazione, affitto d’azienda, assicurazione, comodato e lavoro); 3) contratti che, seguendo la regola generale, subiscono una temporanea sospensione in attesa della scelta del curatore di subentro o scioglimento (i principali sono: compravendita, somministrazione, leasing, factoring, franchising, permuta). Sull’argomento si veda Mengoni M., Xxxxxxxxx G.G., La gestione dei contratti in corso di esecuzione, in Fallimento e altre procedure concorsuali di Xxxxxxx X. (a cura di), Milano, IPSOA, 2013
8 Era prevista, nella versione originaria del codice, che il fallimento avesse l’effetto di sciogliere il contratto di società (art. 2448 secondo comma c.c.)
richiamava (e richiama) espressamente la disciplina dei “rapporti giuridici preesistenti” contenuta nel titolo II, capo III, sezione IV, ovvero quella generale del fallimento appena analizzata. Nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, disciplinata dal d.lgs. 270/1999, è prevista la facoltà al della procedura di sciogliersi dal rapporto contrattuale, e fino a quando tale facoltà non è esercitata, il contratto continua ad avere regolare esecuzione.9.
Nelle procedure concorsuali cosiddette “minori”, tra cui rientra il concordato preventivo, non si trovava alcuna regolamentazione a tal riguardo e ciò ha portato a vivaci dibattiti in dottrina e giurisprudenza sul significato di questa carenza legislativa e su possibili soluzioni.
3. Contratti pendenti nel concordato preventivo: un vuoto normativo. Orientamenti e soluzioni in dottrina e giurisprudenza
Come anticipato, prima della riforma del 2012 la legge fallimentare non conteneva alcun riferimento al tema degli effetti della procedura di concordato preventivo sui contratti in corso di esecuzione. Sui motivi di quest’assenza autorevole dottrina ha affermato che: “il legislatore non ha inteso disciplinarli espressamente, consapevole che le possibili deroghe al principio generale della prosecuzione di tali rapporti richiedono la valutazione della fattispecie concreta”10. In pratica “in modo che dal silenzio si possa desumere che, rispetto ai contratti in corso, il concordato è tanquam non esset”11
All’interno della legge fallimentare, come detto, l’unica disciplina che era possibile rinvenire, prima della novella del 2012, sulla sorte dei rapporti giuridici pendenti era dettata in materia di fallimento, dagli artt. 72 e ss. L.fall.
Proprio a favore di un’applicazione analogica di detta disciplina al concordato preventivo si sono espressi una parte di autori 12 . Questo orientamento, risalente nel tempo, ebbe come primo esponente Xxxxxx
9 Facoltà sancita dall’art. 50 del d.lgs. 270/1999
10 Xxxxxxx F., in Contratti in esecuzione e fallimento. La disciplina dei rapporti pendenti nel nuovo diritto concorsuale ( a cura di Xx Xxxxxx X.), IPSOA, Milano, 2007.
11 Pacchi S, Il nuovo concordato preventivo, Milano, IPSOA, 2005
12 Sull’argomento si veda Xxxxxxxxxx Xxxxx E., Il concordato preventivo, Padova, CEDAM, 1990 e gli studi monografici risalenti sull’argomento in esame, soprattutto: Jorio A., i rapporti giuridici preesistenti nel concordato preventivo, Padova, 1973; Censoni P.F, gli effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, Milano, 1988.
Provinciali13 . Secondo l’autore non sarebbe da condividere l’interpretazione, considerata “semplicistica”, secondo la quale il mancato richiamo dell’art 167 l.fall. alla disciplina degli artt. 72 e ss. l.fall. farebbe supporre che i contratti in corso di esecuzione non siano toccati dall’ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo. L’autore Provinciali afferma che “essendo la legge fallimentare notoriamente lacunosa e difettosa, non per questo si può desumere da eventuali omissioni o lacune un criterio interpretativo di una singola norma o istituto, ma questo va ricercato sempre nei principi generali”14. L’argomento che la dottrina in oggetto portava a sostegno della propria conclusione era la “concezione dell’unitarietà dei procedimenti concorsuali”: essendo il sistema concorsuale diretto al fine comune della rimozione del dissesto delle imprese, i vari procedimenti disciplinati nella legge fallimentare dovevano avere un’analoga disciplina. In altre parole: “in relazione al fine identico, identici sono i mezzi e gli strumenti per rispondere alle comuni esigenze”.15 Per l’autore, dunque, il concordato preventivo non si discosterebbe dalla natura di procedimento concorsuale con funzioni liquidative, sia pure con caratteristiche del tutto peculiari. Tale opinione è stata condivisa in parte in tempi meno recenti anche dalla Corte di Cassazione16, nelle cui motivazioni si evince che il concordato preventivo influenza i rapporti preesistenti, nel senso che rimangono in vita soltanto quelli che rispondono ad esigenze primarie del concorso, mentre per gli altri è riconosciuto un potere di scelta del debitore concordatario.
Un secondo orientamento, consolidato in dottrina e giurisprudenza 17 , interpretava il silenzio normativo nel senso dell’inapplicabilità della disciplina del fallimento alle procedure concorsuali minori. L’ingresso dell’imprenditore nella procedura concordataria è un fatto completamente neutro per i rapporti giuridici pendenti ed essi continuano il proprio corso senza alcuna variazione rispetto alla disciplina ordinaria. Il primo argomento portato a sostegno di tale tesi riguardava innanzitutto il dato letterale, ovvero la mancanza di un esplicito
13 X. Xxxxxxxxxxx, Effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici pendenti e in tema di compensazione in “Diritto Fallimentare”, 1968, II, p. 933 e Provinciali R., Trattato di diritto fallimentare, Milano, Xxxxxxx, 1974.
14 Xxxxxxxxxx Xxxxx E., op. cit.
15 Xxxxxxxxxx Xxxxx E., op. cit.
16 Cass., 28 ottobre 1976, n. 3943, con nota di LO XXXXXX in Giur. Comm., 1977, II, p.141 e Cass., 6 gennaio 1979, n. 62, in Il fallimento, 1979, p.106
17 Tra i sostenitori si vedano: Lo Xxxxxx G., il concordato preventivo, Milano, Xxxxxxx, 2011;
Xxxxxxx X., Xxxxx X., I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure concorsuali minori, Milano, Xxxxxxx, 1999;
richiamo normativo. L’art 169 l.fall., infatti, nel richiamare alcuni articoli18 della seconda sezione del capo terzo (effetti del fallimento per i creditori), non faceva altrettanto con gli articoli della sezione quarta (effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti), ovvero gli art. 72 e ss. l.fall. Il secondo argomento a sostegno di tale impostazione si basava sulla differenza giuridico-pratica tra fallimento e concordato preventivo. Mentre nel primo caso, infatti, avviene uno spossessamento dei beni del fallito in favore degli organi della procedura, nel secondo caso l’imprenditore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, seppur sotto la vigilanza e la direzione degli organi stessi. In conseguenza di ciò appariva logico affermare che il debitore conservi anche la titolarità delle posizioni giuridiche pendenti19. Ad ulteriore conferma di tale conclusione alcuni autori hanno segnalato le diverse finalità di base che distinguono i due istituti: liquidatoria per il fallimento e di conservazione dell’impresa per il concordato, ragion per cui xxxxxxxx “favorita la conclusione dei rapporti piuttosto che la loro interruzione”20. Tale orientamento è stato seguito dalla Corte di Cassazione in alcune sentenze relative a contratti ad esecuzione periodica, come il contratto di assicurazione 21 e il contratto di somministrazione22.
18 Nello specifico nella formulazione originaria dell’articolo 169 l.fall venivano richiamati gli artt. 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63 l.fall. Successivamente col all’art. 144 del D. Lgs. 9 gennaio 2006 venne effettuato il richiamo anche all’art 45 l.fall.
19 Si vedano a sostegno di tale ipotesi: Satta S., Diritto Fallimentare, Padova, CEDAM, 1996; Pajardi P., Manuale di diritto fallimentare, Milano, Xxxxxxx, 1986
20 Lo Xxxxxx G., Il concordato preventivo, Milano, Xxxxxxx, 1976 e Xxxxxxxx C., Brevi Osservazioni in tema di concordato preventivo e rapporti giuridici pendenti, nota a Trib. Napoli, 209 gennaio 1982, in Dir. Fall, 1982, II, p.1241
21 Cass., 29 settembre 1993, n. 9758, in Fallimento, 1994, pag 257, secondo cui: “l’apertura del concordato preventivo a carico dell’assicurato non determina lo scioglimento del contratto di assicurazione contro i danni, a pari degli altri rapporti contrattuali in vigore alla relativa data, dato che le disposizioni degli artt 72 e ss. Del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in tema di effetti su detti rapporti della dichiarazione di fallimento, non sono richiamate per il concordato preventivo dal successivo art 169. L’instaurazione di tale procedura, pertanto, comporta che i premi inerenti a periodi assicurativi esauritisi prima dell’indicata data restano soggetti al pagamento nella percentuale prevista dal concordato, rientrando nell’ambito di applicazione dell’art 184 del citato regio decreto, mentre i premi attinenti a periodi assicurativi in corso, ancorchè dovuti anticipatamente, devono essere integralmente soddisfatti, sottraendosi agli effetti vincolanti di cui al suddetto art 184”
22 Cass., 30 gennaio 1997, n. 968, in Fallimento, 1997, pag 269, in cui si afferma che “Il credito del somministrante per il prezzo delle somministrazioni eseguite prima dell’ammissione del debitore somministrato al concordato preventivo è soggetto al concorso al norma dell’art 184 l.fall., al pari degli altri crediti anteriori al decredo di apertura della procedura, ed è, perciò, pagato nella percentuale concordataria, anche se il rapporto prosegua in costanza della procedura, non essendo estendibile al concordato il disposto del comma 2 dell’art 74 l.fall., dettato in ragione delle specifiche finalità del fallimento. Deve essere, invece soddisfatto per intero il credito relativo alle prestazioni di somministrazione eseguite dopo il decreto di ammissione al concordato”.
Altra parte della dottrina è giunta alla medesima conclusione (prosecuzione dei rapporti contrattuali in essere) svolgendo, però, un differente percorso interpretativo basato sul disposto dell’art 167 l.fall. 23. Per tali autori così come la stipulazione di un nuovo contratto configura un atto di straordinaria amministrazione (e quindi richiede l’autorizzazione del giudice delegato) anche l’atto di recesso, l’atto di mutuo dissenso o l’accordo transattivo sullo scioglimento di uno o più contratti rientrano in questa categoria. Di conseguenza la prosecuzione degli impegni contrattuali è un dovere per l’imprenditore, un atto dovuto che, in quanto tale, non richiede l’autorizzazione del giudice. Essendo richiesto al debitore di ottenere l’autorizzazione degli organi della procedura24, qualora questa non pervenga, egli sarebbe tenuto a non adempiere in quanto si verificherebbe un’impossibilità ad adempiere per causa non imputabile al debitore (con conseguente applicabilità della disciplina ex art. 1256 e ss. c.c.)25. Sintetizzando: l’ingresso in concordato non influenza il debitore e i rapporti giuridici proseguono ordinariamente stante l’inapplicabilità analogica della disciplina fallimentare, ma il debitore potrà richiedere al giudice delegato di essere autorizzato a compiere un atto di straordinaria amministrazione (recesso o simili) che potrà far si che il contratto si risolva.
Per quanto concerne la giurisprudenza, essa conferma saldamente, sin da tempi risalenti, la tesi dell’impossibilità dell’applicazione analogica degli artt 72 e ss. L fall. al concordato preventivo. La prima pronuncia sull’argomento risale al 1968 (Cass, 3 dicembre 1968, n. 3868)26 in cui la Suprema Corte afferma che “l’art 78 legge fallim., secondo il quale il contratto di conto corrente si scioglie per effetto del fallimento, non è applicabile, in difetto di richiamo (art 169 legge fallim.), al concordato preventivo. I rapporti giuridici preesistenti conservano la loro piena efficacia
23 Esso disciplina gli atti che l’imprenditore, in costanza di concordato preventivo, può compiere con o senza l’autorizzazione del giudice delegato, prescrivendo che per gli atti di ordinaria amministrazione egli debba richiedere l’autorizzazione agli organi della procedura, necessaria invece per gli atti di straordinaria amministrazione. Nell’indicare gli atti di straordinaria amministrazione al secondo comma il legislatore opera un’elencazione esemplificativa e non esaustiva di alcuni contratti (I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni)
24 Jorio A., op. cit.
25 Xxxxxxxxxx Xxxxx E., op. cit.
26 X. Xxxxxxxxxxx, Effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici pendenti e in tema di compensazione in “Diritto Fallimentare”, 1968, II, p. 933. Si noti che il commento di Provinciali contesta l’applicazione della Cassazione, essendo egli un sostenitore della possibile applicazione analogica della disciplina del fallimento.
e debbono essere eseguiti dall’imprenditore, in quale, in caso di inadempimento, può essere convenuto in giudizio per risoluzione del contratto e risarcimento di danni”. Da questa prima pronuncia la linea della giurisprudenza di merito e di legittimità non si è discostata dalla posizione enunciata, anzi l’ha specificata in riferimento a situazioni particolari, come il caso della consecuzione del concordato preventivo in fallimento: “Nel concordato preventivo i rapporti giuridici preesistenti conservano piena efficacia nei confronti dell’imprenditore, onde è inapplicabile la disciplina dettata per il fallimento (art. 72 – 83 l. fall.), neppure in caso di consecuzione di detta procedura in fallimento in quanto la retrodatazione è ammissibile in quanto la normativa fallimentare risulti compatibile con quella del procedimento concorsuale minore e riguardi situazioni che non trovino espressa e chiara regolamentazione”.27
Tale orientamento è rimasto sostanzialmente invariato sino alla vigilia dell’entrata in vigore della riforma come si può osservare dal un passaggio di una sentenza precedente solo qualche mese la riforma del 2012: “dalla mancata previsione, nel concordato preventivo, della sospensione dei rapporti pendenti – prevista, invece, dall’articolo 72, X.X. x. 000/0000 (xxxxx fallimentare) – nonché dalla previsione che nel concordato il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, è possibile dedurre che gli atti di straordinaria amministrazione per i quali è necessaria l’autorizzazione del giudice delegato siano soltanto quelli nuovi, quelli cioè sorti nel corso della procedura, e non anche i contratti ed i rapporti giuridici pendenti. Sulla base delle considerazioni che precedono è inoltre possibile dedurre che la prosecuzione di un contratto pendente non possa considerarsi atto eccedente l’ordinaria amministrazione, trattandosi di comportamento dovuto per l’imprenditore, il quale è comunque tenuto ad onorare gli impegni presi. Per la prosecuzione del rapporto concernente un contratto perdente non è, pertanto, necessaria l’autorizzazione del giudice delegato.28
Riassumendo, dunque, prima della riforma intervenuta nel 2012, dottrina e giurisprudenza erano concordi sul punto che i rapporti giuridici preesistenti dovessero proseguire in pendenza del concordato preventivo. Questo per i seguenti motivi:
a) per la differente finalità delle procedure: liquidatoria-dissolutiva per il fallimento e satisfattiva-conservativa del concordato preventivo, che quindi ha
27 Trib Genova, 11 gennaio 1996, in Fallimento, 1996, X, con nota di Xxxxxxx. Ancora si vedano, concordemente Cass. 578/2007; App. Firenze 10 dicembre 1990, in Diritto fallimentare, 1991, II, 561;
28 Trib di Prato, 14 giugno 2012, su xxx.xxxxxx.xx , I, 7790
come obiettivo primario la continuazione dell’attività di impresa al fine di realizzare il piano approvato da creditori e autorità giudiziaria. Infatti “se il fine è (appunto) quello di risanare l’impresa in difficoltà lo svolgimento dell’attività economia deve continuare durante la crisi ed i contratti pendenti non possono che avere regolare esecuzione”29;
b) in secondo luogo nel concordato preventivo l’imprenditore, a differenza della procedura fallimentare, non è spossessato (nel senso tecnico giuridico) dei suoi beni, ma continua a esercitare l’attività d’impresa spiegando la propria potestà sul complesso aziendale.30
29 Trib. Milano 17 dicembre 1984, in Fallimento, 1985, 545 ss.
30 E' comunque indubbio che esso, pur conservando l'amministrazione dei beni, abbia limitato il potere di disposizione e gestione del proprio patrimonio, in quanto deve sottostare al controllo degli organi della procedura (commissario e giudice delegato). Tale limitazione nel potere di disposizione sul patrimonio aziendale ha fatto parlare parte della dottrina (con una definizione che rende bene il concetto) di spossessamento attenuato, avuto riguardo proprio per il vincolo al quale è sottoposta l'attività di amministrazione. Si veda in tal proposito R. Provinciali, in Fallimento, 1974, pag 2248 e Cass. 19/11/1998 n. 11662.
CAPITOLO III
RAPPORTI GIURIDICI PENDENTI E IL CONCORDATO PREVENTIVO OGGI: L’ART. 169
bis L. Fall.
1. Il c.d. “Decreto sviluppo” (d.l. 22 giugno 2012, n. 83).
Il decreto sviluppo, recante le “misure urgenti per la crescita del paese”(d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito con l. 7 agosto 2012 n. 134), all’art. 33, rubricato “revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale”, ha introdotto delle modifiche al X.X. 00 marzo 1942, n 267. Tale nuova disciplina si applica alle procedure iniziate dopo in trentesimo giorno dall’entrata in vigore della legge di conversione, ovvero dal giorno 11 settembre 2012.
La dottrina ha accolto positivamente gli interventi del legislatore, osservando che “gli interventi di modifica della legge fallimentare tendono, da un lato, a spingere l’imprenditore a denunciare tempestivamente la propria situazione di crisi e a tutelare lo svolgimento dell’attività anche in una fase negativa preservando il valore dell’azienda e, dall’altro, a migliorare gli strumenti di composizione delle crisi di impresa, i quali oggi – a dispetto del carattere liquidatorio originario – hanno un ruolo invece sempre più centrale nella risoluzione delle impasse”1.
Con questa riforma si è voluto tentare un cambio di rotta nel modo di agire imprenditoriale. Gli imprenditori, infatti, raramente si sono avvalsi delle procedure concorsuali cosiddette “minori” per tentare di arginare un momentaneo periodo di crisi e così facendo, hanno finito spesso col peggiorare la propria situazione economico-contabile con la conseguenza di essere poi sottoposti alla ben più drastica procedura fallimentare. Ciò è avvenuto (e avviene) per due principali motivi a mio avviso: in primis la volontà di non far trasparire all’esterno la propria situazione di crisi (con conseguenze
1 Busani X. Xxxxxxx P., Crisi d’impresa e risanamento, in “le guide del Sole 24 Ore”, n. 40, 13 Luglio 2012
sull’erogazione del credito, sui rapporti commerciali e sulla reputazione commerciale e personale), e, secondo, per la percezione errata di tali procedure concorsuali (tra cui essenzialmente il concordato preventivo) ritenute come una sorta di anticamera del fallimento stesso, anche se concepite dal legislatore come possibile strumento volto a superare la crisi d’impresa conservando l’organismo produttivo capace di produrre reddito.
Quanto detto lo si può osservare da alcuni dati statistici che hanno analizzato il trend dei fallimenti tra il 2006 e il 2011. Da questi dati emerge che tra le imprese sottoposte alla procedura fallimentare, l’80% di esse aveva già cessato l’attività all’apertura della procedura. Per le imprese in concordato preventivo il dato si assesta al 74%2. Si può quindi osservare che così come il fallimento sopraggiunge spesso quando l’impresa è a livelli così alti d’indebitamento da non poter più svolgere l’attività d’impresa, anche il concordato preventivo viene spesso richiesto quando il dissesto è così grave da non consentire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale. Le percentuali, infatti, non si discostano significativamente. Ciò significa che lo strumento concordatario non era utilizzato nella pratica per uno degli scopi per cui era stato predisposto dal legislatore, e la necessità di modifiche legislative utili a rilanciarne un diverso impiego si faceva sempre più urgente.
In questo contesto si è inserita l’azione del governo che con l’articolo 33 del cosiddetto “Decreto Sviluppo” (D.l. 33/2012, convertito con modificazioni con l. 134/2012) ha appunto modificato la disciplina del concordato preventivo con due obiettivi principali:
a) Rendere lo strumento più idoneo al salvataggio di imprese non ancora decotte, tramite modalità che consentano una rapida emersione della crisi d’impresa e che incentivino accordi tra impresa in difficoltà e creditori.
b) Offrire al debitore strumenti più flessibili ed efficienti per la risoluzione della propria crisi.
Relativamente al concordato preventivo sono quindi stati modificati gli artt. 161, 168, 178, 179, 180, 182 quater, 184 l.fall. e sono stati introdotti i nuovi artt. 169 bis “Contratti in corso di esecuzione”, 182 quinquies “Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, 182 sexies “Riduzione o perdita del
2 Fonte: ricerca Assonime, Ministero della Giustizia, 2012
capitale della società in crisi”, e 186 bis “Concordato con continuità aziendale”.3 Tra le varie novità introdotte con le novella del 2012 quella su cui mi soffermerò sarà la disciplina dei contratti pendenti, e avrò motivo di valutarne i rapporti con il nuovo concordato “in continuità aziendale” (art. 186 bis l.fall.) e con la previsione di una nuova modalità di presentazione del concordato, che verrà definito dalla dottrina “in bianco” o “prenotativo” o “con riserva”.
2. Il nuovo articolo 169 bis l.fall.: aspetti sostanziali
Art. 169-bis Contratti in corso di esecuzione
Il debitore nel ricorso di cui all’articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.
In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito e’ soddisfatto come credito anteriore al concordato.
Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonche’ ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72 ter e 80 primo comma.
Questo è il testo del novellato articolo 169 bis l.fall, in cui per la prima volta si disciplina in maniera espressa la sorte dei contratti in corso di esecuzione all’interno del concordato preventivo. Il risultato è un compromesso tra le soluzioni prospettate in precedenza, un compromesso che pare comunque azzeccato e destinato a un’ampia applicazione all’interno delle domande di concordato4. Si può notare che “il legislatore ha introdotto una disciplina di
3 Faida G., in “Fallimento e altre procedure concorsuali” di Xxxxxx Xxxxxxx (a cura di), Milano, ISPOA, 2013
4 Per una visione concorde con quanto affermato si veda in dottrina Xxxxxxx X., Nuovi incentivi per la regolazione concordata della crisi d’impresa, in Corriere Giuridico, 11/2012, pag.1274: “La
carattere generale, unitaria e completa ed applicabile a tutti i contratti ad eccezione di quelli espressamente esclusi dal quarto comma della disposizione”. 5 Questa scelta permette una differenziazione rispetto alla disciplina dettata per il fallimento in cui, al contrario, la regolamentazione di alcuni contratti contenuta nel codice civile (rapporto di lavoro e rapporto di società6) e per altre figure tipiche è prevista una disciplina ad hoc in singoli articoli. Introducendo questa disciplina, il legislatore ha positivizzato la regola di ordinaria prosecuzione dei rapporti pendenti nel concordato preventivo, com’era già costantemente affermato in via interpretativa da dottrina e giurisprudenza, ed ha introdotto la facoltà di chiederne all’organo giurisdizionale la risoluzione oppure la sospensione per un periodo non superiore ai sessanta giorni, prorogabili per una volta. La regola è quindi la prosecuzione dei rapporti giuridici in corso di esecuzione, il loro scioglimento o la loro sospensione ne è l’eccezione7 8.
E’ necessario ricordare che sono configurabili molteplici contenuti della proposta concordataria e, quindi, molteplici modalità esecutive: la liquidazione (totale o parziale) dei beni, la loro cessione in blocco a terzi, la continuità dell’attività d’impresa oppure una combinazione variabile. Qualunque sia il tipo di concordato concretamente posto in atto, la disciplina sui contratti pendenti non trova differenze, salvo per alcune peculiarità sul concordato in continuità aziendale previste dall’art. 186 bis l.fall., e che in seguito si analizzeranno.
Infine risulta palese l’ispirazione alla disciplina prevista all’art. 104 settimo comma l.fall., per il caso dell’esercizio provvisorio dell’impresa nel
disposizione è scritta in modo un po’ tortuoso ma esprime a mio avviso una soluzione ampiamente condivisibile e credo certamente utile ai fini della buona riuscita del concordato”.
5 Lo Xxxxxx G., Codice commentato del fallimento, Milano, IPSOA, 2013
6 Nel primo caso l’art 2119 al secondo comma afferma che “non costituisce giusta causa per la risoluzione del contratto il fallimento dell’imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell’azienda”; mentre l’articolo 2288 al primo comma afferma che “è escluso di diritto il socio che sia dichiarato fallito”
7 A tal riguardo Censoni P.F., in La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, su xxx.xxxxxx.xx, 11 marzo 2013, pag. 10: “Dunque, venendo incontro alla soluzione in precedenza largamente prevalente in dottrina e giurisprudenza sulla sorte dei contratti pendenti, il legislatore ne ha sì (indirettamente) disposto la continuazione; ma nel contempo, aderendo anche alle opinioni più selettive, ha concesso al debitore concordatario (…) il potere di provocare, sia pure con l’autorizzazione del tribunale o (dopo l’ammissione alla procedura) del giudice delegato, la sospensione della loro esecuzione per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta; o persino il loro scioglimento”.
8 nonostante tale regola non sia stata esplicitata a differenza dell’analogo 186 bis 3° co. L.fall.
fallimento9 ; mentre per quanto concerne il confronto con altri ordinamenti giuridici pare altrettanto palese l’ispirazione alla disciplina contenuta nel Chapter 11 del Bankrutpcy Act statunitense10.
2.1. Requisiti applicativi: il concetto di contratto in corso di esecuzione
Come visto la regola rimane la normale prosecuzione dei rapporti giuridici in corso di esecuzione al momento del ricorso per concordato. La possibile richiesta di sospensione o scioglimento dei detti rapporti è una facoltà che ora la legge attribuisce al debitore, e si rende necessario analizzare i requisiti che devono sussistere per fare in modo che tale richiesta possa essere validamente accolta dal giudice.
In via preliminare, per l’applicazione della disciplina è necessario che sussista un “contratto in corso di esecuzione” come richiesto dall’articolo stesso. Delimitare l’esatta portata della locuzione usata dal legislatore è di rilevante importanza, in quanto implica la possibilità o meno di richiedere l’istanza risolutiva (o sospensiva) al giudice. Ad accrescere la confusione, e conseguentemente a vivacizzare il dibattito dottrinale, vi è la diversità di termini con cui il legislatore ha definito la materia nelle altre fattispecie normative ricordate prima: “contratti in corso” nell’Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (nell’art. 50, d.lgs. n. 279/1999); “rapporti pendenti” o “rapporti giuridici preesistenti” (rispettivamente rubrica dell’art 72 l.fall. e titolo della sezione IV capo III titolo II l.fall.). Nella disciplina del fallimento o dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, la dottrina concordava sul significato di tali termini: contratti (a prestazioni corrispettive, anche se ad esecuzione continuata) ancora
9 L’art. 104 settimo comma l.fall. prevede che: “Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli.
10 Prima della riforma la dottrina si era già espressa, svolgendo un’analisi comparatistica, in favore dell’introduzione anche nel nostro sistema giuridico di un meccanismo sospensivo/risolutivo dei rapporti pendenti, seppur non prevedendo una regola generale unica di prosecuzione, ma una differenziazione in base ai singoli contratti sul modello degli art. 72 e ss. . Si veda in tal proposito Xxxxxxxxxx P., Gestione delle crisi di impresa in Italia e negli Stati Uniti: due sistemi fallimentari a contronto, in Il Fallimento, 2/2011, pag. 139: “come avviene per il Chapter 11 sarebbe probabilmente opportuno estendere al concordato preventivo l’applicazione degli art. 72 ss. L.fall. relativi alla sorte dei rapporti giuridici pendenti, consentendo in tal modo al debitore di sciogliere di diritto, previa autorizzazione del giudice delegato, quei contratti particolarmente onerosi e non strettamente necessari per la prosecuzione dell’atività d’impresa”.
non eseguiti interamente o parzialmente da entrambe le parti alla data di apertura del fallimento (o della procedura di amministrazione straordinaria)11. Alcuni autori hanno osservato che la definizione di “contratti in corso di esecuzione” parrebbe avere una portata più ampia di quelle precedentemente vigenti per le altre procedure, in quanto sembrerebbe comprendere anche determinati contratti “unilaterali” come, ad esempio, l’apertura di xxxxxxx00.
Tali posizioni, a mio avviso, non risultano condivisibili. Sia l’argomento letterale che logico-sistematico depongono in favore dell’assimilazione del concetto di “contratto in corso di esecuzione” con i concetti di “rapporto pendente” o “rapporto giuridico preesistente” già vigenti nella legge fallimentare. Conseguentemente i contratti, per poter essere ricompresi nell’ambito applicativo dell’art. 169 bis devono:
• essere stati stipulati prima dell’inizio della procedura concorsuale. Tale momento, per il disposto dell’art. 168 l.fall., coincide con la pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese;
• non residuare posizioni meramente passive (o meramente attive) in capo all’imprenditore. In tali casi, infatti, tali situazioni dovrebbero essere trattate come debiti dell’imprenditore, quindi pagabili con le medesime percentuali e modalità previste dal piano; o come crediti, da includere sempre nel piano per soddisfare meglio i creditori13;
• essere contratti a prestazioni corrispettive in cui la prestazione non sia
11 Nardecchia G.B., Sub art. 169 bis, in Codice Commentato del fallimento, diretto da Xx Xxxxxx X., Milano, IPSOA, 2013
12 Xxxxxxx X., Per una lettura costruttiva della disciplina del contratti pendenti nel concordato preventivo, in xxx.xxxxxx.xx , 11 marzo 2013, pag. 7: “proprio la formula più estesa di contratti in corso di esecuzione si presta, infatti, a ricomprendervi pure quei contratti nei quali, ormai, la prestazione è unilaterale ma pendente e non esaurita: un contratto di apertura di credito, ad esempio. Dal perimetro dell’art. 169 bis fuoriescono allora solo quei contratti il cui rapporto non prevede alcuna eseuzione che non sia il pagamento da parte del debitore concordatario di un debito scaduto”. Ancora di veda Inzitari B., I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l’art. 169 bis l.fall., “La formulazione dell’art. 169 bis risulta più ampia, in quanto fa riferimento a tutte le fattispecie di contratti in corso senza il riferimento restrittivo dell’art. 72 l.fall. ai contratti non ancora eseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti, con la conseguenza che non concordato sono suscettibili, come vedremo, di sospensione o scioglimento anche i contratti di durata in tutte le possibili forme”.
13 Ciò porta a escludere dalla disciplina del 169 bis l.fall. i contratti ad effetto reale se già
avvenuto il trasferimento del diritto. In tal caso difatti qualora uno dei soggetti sia stato ammesso al concordato, il contraente in bonis che abbia effettuato la propria prestazione senza ottenere il corrispettivo, si troverà soltanto con un credito che dovrà far valere secondo le regole ordinarie con l’eventuale possibilità di una falcidia come visto. Ovviamente per verificare se il momento traslativo della proprietà sia avvenuto prima o dopo il termine previsto si utilizzeranno le ordinarie norme civilistiche.
stata o completamente o parzialmente realizzata da entrambe le parti. In altre parole deve esservi una prestazione residua a carico di entrambe le parti. La dottrina sembra concordare, a mio avviso correttamente, sul fatto che la bilaterale inesecuzione rilevi unicamente per la prestazione principale, e non quelle accessorie14.
Xxxxx medesime posizioni si è espressa autorevole dottrina 15 , che ha osservato come “la soluzione più razionale sembra quella di ricorrere all’analoga nozione utilizzata dal legislatore nel primo comma dell’art. 72 l.fall. (…), nel senso che debba trattarsi comunque di contratti a prestazioni corrispettive ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti ad una certa data, che nel fallimento coincide con il deposito della sentenza dichiarativa, mentre nel concordato preventivo coincide con la semplice presentazione del xxxxxxx00”. Come conseguenza di ciò si può escludere che contratti come, a titolo esemplificativo, di anticipazione bancaria17 o di mutuo possano rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 169 bis l.fall.. Ciò in quanto in questi due casi non vi sono due reciproche prestazioni da sospendere ma una soltanto (ovvero la controprestazione di restituzione di quanto ricevuto a titolo di mutuo o di anticipazione bancaria), e ciò porta le fattispecie all’esterno dell’ambito applicativo del 169 bis. Sull’argomento, anche la giurisprudenza ha condiviso l’analisi del sinallagma residuo per individuare l’eventuale operatività del 169 bis l.fall.. In tal senso si è escluso, ancora una volta, il possibile scioglimento o sospensione del contratto di anticipazione bancaria18, mentre quello a di leasing risulta applicabile la detta disciplina, in
14 Nardecchia G.B., Sub art. 169 bis, in Codice Commentato del fallimento, diretto da Xx Xxxxxx X., Milano, IPSOA, 2013. La mancata possibilità per il giudice di concedere la sospensione o lo scioglimento del contratto per il semplice fatto che una delle parti abbia eseguito anche una sola delle prestazioni accessorie andrebbe probabilmente a limitare eccessivamente l’ambito di operatività di questa nuova disposizione.
15 Censoni P.F., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in xxx.xxxxxx.xx , 2013, pag. 2 e Xxxxxxx X., La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
16 Come già affermato prima, ritengo che il termine a cui far riferimento, più che la presentazione del ricorso, sia l’iscrizione dello stesso nel Registro delle Imprese alla luce del disposto dell’art. 168 l.fall.
17 in cui la prestazione fondamentale a carico della banca, consistente nella erogazione e messa a disposizione del denaro in favore del cliente, si sia già esaurita e non rimanfa altro che la controprestazione di restituzione a carico del cliente.
18 Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX : “ritenuto di dover escludere dalla applicazione della norma tutti i contratti di anticipazione bancaria, poiché in essi la prestazione fondamentale a carico della banca, della erogazione o messa a disposizione del denaro in favore del cliente, si è già esaurita, e non rimane altro che la controprestazione di restituzione (a mezzo mandato all’incasso in rem propriam, ed infatti ciò cui mira l’istanza è evitare l’effetto compensativo derivante dall’esecuzione del mandato all’incasso da parte della Banca), cosicché non vi sono due reciproche
quanto se viene sospeso il pagamento del canone, lo è anche l’uso del bene19. Analoga esclusione, in quanto mancante la reciprocità delle prestazioni residue, vale per il contratto di mutuo20. Tale argomento sarà oggetto di un’estesa analisi e trattazione nel xxxxx xxx xxxxxx xxxxxxxx.
Come si è potuto notare l’analisi del tipo contrattuale assume un’importanza primaria, in quanto il giudice per poter concedere l’istanza richiesta ai sensi dell’art. 169 bis l.fall. deve verificare che si tratti effettivamente di un contratto “pendente”. Solo se la risposta darà esito positivo verificherà gli ulteriori requisiti, ovvero il non rientrare nei casi di esenzione previsti dal quarto comma e la coerenza e necessarietà della richiesta col contenuto della domanda e del piano del concordato.
E’ infine necessario accennare che tale soluzione risulta coerente anche col dato comparatistico, in particolare con l’InsolvenzOrdung tedesco (§ 103) e col diritto statunitense ( U.S. Code, section 365).
2.2. Requisiti applicativi: le esenzioni previste dal quarto comma
Come accennato, il secondo controllo che il giudice deve svolgere in sede di valutazione dell’istanza, è verificare che il caso concreto non risulti in una delle esenzioni applicative previste dal quarto comma dell’art. 169 bis. Tale comma prevede che le disposizioni dell’articolo non si applichino a:
• rapporti di lavoro subordinato;
• contratti preliminari di vendita trascritti (soltanto se riferiti ad immobili ad uso abitativo destinati a costituire l’abitazione principale da parte dell’acquirente o di parenti o affini entro il terzo grado; oppure immobili non abitativi destinati a costituire la sede principale dell’impresa). (art. 72, Co. 8 l.fall.);
• contratti di finanziamento destinati ad uno specifico affare. (art. 72 ter
prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico funzionale, ma una sola, come nel mutuo, ciò che pone la fattispecie al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 169 bis”
19 Sempre Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di BENASSI.
20 Trib. Monza, 16 gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX, “Il contratto di mutuo stipulato ed adempiuto dalla mutuante prima del deposito della domanda di concordato preventivo non può qualificarsi come rapporto pendente, poiché l'obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario si configura come debito disciplinato dall'articolo 55, legge fall. in forza del richiamo contenuto nell'articolo 169, legge fall.”
l.fall.).
• contratti di locazione di immobili in caso di locatore in procedura (art 80 l. fall.).
Non essendo prevista la facoltà di chiederne la sospensione o lo scioglimento, questi contratti continueranno a mantenere la loro efficacia. La cosa che colpisce, leggendo la disposizione, è la varietà e l’eterogeneità delle ipotesi. Ciò porta a escludere l’esistenza di una ratio comune alle varie fattispecie descritte, per alcuni individuabile nella conservazione e valorizzazione dell’impresa21 22, e diviene necessario un approfondimento su ogni singola fattispecie in elenco, essendo differente per ognuna la ratio sottostante.
Per quanto concerne l’esclusione dei rapporti di lavoro subordinato, essa risulta coordinata e compatibile con le altre norme del nostro ordinamento giuridico sulla tutela del lavoro, all’interno del sistema dello stato sociale. Per le situazioni inerenti alle crisi aziendali esiste, infatti, un’articolata e specifica disciplina non derogata, per l’appunto, dal principio sancito al primo comma dell’art. 169 bis23.
La seconda fattispecie, grazie al richiamo all’art. 72 ottavo comma l.fall, si riferisce ai contratti preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale
21 Xxxxx X., Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, su Il Fallimento 3/2013, pag. 265
22 Troppo differenti sono tra loro i singoli contratti per sostenere la prima ipotesi (si pensi soltanto al confronto tra locazione di immobile e patrimoni destinati ad uno specifico affare), e non tutti inerenti all’attività di impresa per sostenerne la seconda.
23 I licenziamenti sia individuali che collettivi, infatti, dovranno essere sorretti da una motivazione, non essendo sufficiente l’apertura della procedura né l’omologazione del concordato. Potrà però consistere nella cessazione dell’attività produttiva. Anche in caso di crisi aziendale, e di concordato preventivo, inoltre, il datore di lavoro (o chi per esso) sarà tenuto a svolgere la procedura di cui all’art. 4 legge 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi. Infine, è previsto un meccanismo di “integrazione salariale” nel caso di ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni (art. 3 l.223/1991). Per un approfondimento sul tema si veda: Vallauri M.L., Il lavoro nella crisi di impresa – Garanzia dei diritti e salvaguardia dell’occupazione nel fallimento e nel concordato preventivo , Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxx, 0000.
dell’attività d’impresa dell’acquirente.24 E’ necessario innanzitutto ricordare come, mentre nel fallimento la regola implica la sospensione del contratto in attesa della decisione eventuale del curatore, nel concordato preventivo avviene l’esatto opposto: il contratto di regola continua regolarmente, ed è esclusa dalla norma la facoltà del debitore di richiederne la sospensione o lo scioglimento. Tale disciplina prosegue nella scia dell’ordinamento giuridico volta a rafforzare le tutele per l’acquirente di immobili da costruire o in corso di costruzione. La ratio di escludere tali contratti da una possibile risoluzione (o sospensione) prosegue quindi nel medesimo senso, ovvero di tutela del contraente debole25. Essa è stata formulata, come le analoghe discipline, in modo da impedirne l’applicabilità nei casi di acquisto a titolo speculativo o di investimento, imponendo che essa valga solo per il contratto trascritto per immobile ad uso abitativo destinato all’acquirente o persone a lui vicine, oppure destinato ad accogliere la sede principale dell’impresa dell’acquirente26.
La terza fattispecie prevista dalla norma, è quella dei finanziamenti destinati ad uno specifico affare grazie al rimando all’art. 72 ter l.fall. effettuato dalla norma. Anche in questo caso, essendo esclusa l’applicazione dei primi due commi dell’art 169 bis, il contratto continuerà in ogni caso in pendenza di concordato preventivo. La ratio dell’esenzione è stata individuata dalla dottrina nel “principio di tutela del valore di impresa”, e soprattutto nella “garanzia del mantenimento di un’autonomia propria all’operazione imprenditoriale finanziata dal terzo, con rimborso mediante i proventi dell’affare e loro conseguente segregazione patrimoniale a norma degli artt. 2447 bis primo comma lett. b) e 2447 decies” 27c.c.. La disciplina dei finanziamenti destinati ad uno specifico affare è caratterizzata da una tutela rafforzata per il terzo
24L’ultima parte dell’articolo (“ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente”) è stata aggiunta successivamente col d.l. 83/2012, convertito il legge con l. 134/2012.
25 Sulla tutela del contraente debole concorda anche Xxxxx X., op. cit.
26 Non risulta chiaro il rapporto tra la suddetta disciplina e la disciplina prevista dal d.lgs. 122/2005, il quale prevede all’art. 3 che “all'atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire (…) il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall'acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all'acquirente una fideiussione” . In particolare non risulta chiaro entro quali limiti sia ancora valido nella parte in cui prevede che “la presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo è considerata situazione di crisi idonea a far sorgere nel promissario acquirente la facoltà di escutere la fideiussione, a condizione che il competente organo della procedura concorsuale non abbia comunicato la volontà di subentrare nel contratto preliminare”. Per un approfondimento si veda Censoni P.F, op.cit.
27 Xxxxx X., op. cit.
finanziatore (come nel caso del fallimento, art. 72 ter l.fall28.), quindi risulta anche questa terza esenzione compatibile con l’organicità del nostro ordinamento giuridico, confermando la tutela “maggiorata” (in questo caso negando la possibilità al debitore di sciogliersi dal contratto o di sospenderlo) anche nel concordato preventivo.
Infine, l’ultima fattispecie esentata dall’applicazione dell’art. 169 bis riguarda la locazione di immobili nel caso di concordato del locatore. Nell’art. 80 primo comma l.fall., a cui la fattispecie si richiama, è previsto semplicemente che “il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili”. Tale norma non presenta profili di particolare interesse o complessità. La ratio è, a mio avviso, identificabile nuovamente nella tutela del contraente debole. Il conduttore si trova tutelato in caso di situazione di crisi dell’altro contraente, poiché il locatore non potrà chiedere la sospensione o la risoluzione del contratto in oggetto e il contratto, quindi, proseguirà normalmente tra le parti.
Una volta verificata la sussistenza di un contratto definibile “in corso di esecuzione” e verificata la non inclusione del caso di specie nelle esenzioni previste dal quarto comma, il giudice potrà correttamente valutare nel merito la domanda presentata ai sensi dell’art. 169 bis l.fall..
2.3. Le scelte alternative del debitore e i criteri valutativi del giudice nella decisione sull’istanza
Nella richiesta presentata ai sensi dell’art 169 bis l.fall., il debitore ha davanti a sé due ipotesi alternative da chiedere al giudice: lo scioglimento del contratto o la sospensione dello stesso per un tempo limitato. Dal tenore della norma la scelta sembra rimessa alla discrezionalità del debitore, che sceglierà la soluzione che più si adatta alla buona riuscita del piano concordatario. La
28 L’art 72 ter l.fall., dopo aver enunciato al primo comma che “il fallimento della società determina lo scioglimento del finanziamento di cui all’art. 2447 bis primo comma lett b) c.c. quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell’operazione”, ne affronta il caso contrario prevedendo che “il caso contrario il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, possa decidere di subentrare nel contratto in luogo della società”. Il terzo comma prevede la fattispecie rafforzata, in quanto “ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell’affare e può insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale credito residuo”.
durata della sospensione è prevista dalla legge stessa in 60 giorni, rinnovabile una sola volta. Questa predeterminazione del periodo di sospensione massimo sembra ispirata allo scopo di evitare abusi di tale strumento, consistenti, a titolo esemplificativo, nel lasciare il creditore in una situazione di incertezza relativamente al contratto in essere per periodi eccessivamente lunghi che non corrispondono effettivamente ai bisogni della società in crisi. Sul punto è necessario specificare, inoltre, che in giurisprudenza è stato sostenuto che “nella richiesta di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione può ritenersi implicitamente formulata, in via subordinata, quella di sospensione dei medesimi contratti”29. Ciò comporta che la sospensione possa essere concessa anche dove non espressamente richiesta, dato il suo carattere implicito rispetto alla domanda di scioglimento.
Una delle incertezze applicative maggiori riguardanti la disciplina del nuovo art. 169 bis l.fall. riguarda, nel silenzio del legislatore, i criteri che il tribunale (o il giudice delegato) debba adottare nella valutazione della richiesta di sospensione (o di scioglimento) del contratto pendente avanzata dal debitore. Un criterio generale a tal riguardo è, a detta di parte della dottrina, rinvenibile in altre sezioni della legge fallimentare, e destinabile ad applicazione anche nel caso dell’art. 169 bis per affinità della ratio ispiratrice. Mi riferisco alla “migliore soddisfazione” o “miglior soddisfacimento” dei creditori, indicato come criterio valutativo nel caso di concordato con continuità aziendale (art. 186 bis secondo comma lett. b) l.fall.) e nel caso di accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182 quinquies primo e quarto comma l.fall.). La necessità di valutare la prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti in ragione dell’interesse alla migliore soddisfazione dei creditori viene ritenuta da alcuni autori coerente con la generale disciplina del concordato, in quanto fa sì che la prosecuzione degli stessi non finisca per intaccare quanto spettante ai creditori del soggetto in concordato.
Essendo configurabili diverse modalità di esecuzione del concordato preventivo, ritengo che il tipo di criterio su cui il giudice debba parametrare la propria scelta vada ponderato o bilanciato con altri in ragione del tipo di concordato posto in essere. Conseguentemente, il criterio giudiziale da adottare concretamente sarà valutato e pesato differentemente nel caso di concordato che preveda la liquidazione dei beni, la loro cessione in blocco a terzi, la continuità dell’attività d’impresa oppure abbia un contenuto misto. A titolo
29 Trib. Piacenza, 5 Aprile 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX.
esemplificativo in caso di concordato che preveda la continuazione (in toto o solo di un ramo) dell’attività d’impresa, è naturale che ricopra un ruolo primario l’essenzialità o meno di un dato contratto per la stessa e che debba quindi essere valutata con grande attenzione la richiesta di sospensione e/o scioglimento30 (si pensi a certi contratti conferenti il diritto all’utilizzo di certe tecnologie, oppure ancora la locazione dell’immobile in cui è sita la produzione). Nel caso in cui il concordato preveda la continuazione dell’attività d’impresa, come nell’esempio attuale, il quadro normativo va integrato con quanto statuito nell’art. 186 bis secondo comma lett b). Dal combinato delle due norme si evince come vi sia un rapporto trilaterale: il concordato deve sempre tendere al miglior soddisfacimento dei creditori e la prosecuzione dell’attività d’impresa deve essere funzionale ad esso. In altre parole il fine è sempre il miglior soddisfacimento dei creditori, e il mezzo con cui realizzarlo è la continuità aziendale (ove prevista dal tipo di concordato) e si può parlare, tra i due, di rapporto “mezzo a fine”.
Analizzando la giurisprudenza finora espressasi su tale questione, si può notare come le posizioni siano diverse e difformi tra loro. Segnalo innanzitutto una prima peculiare pronuncia, rimasta isolata, del Tribunale di Salerno31 che rinveniva nella disciplina dell’art. 169 bis un “diritto potestativo del debitore”, che quindi può decidere in piena autonomia i contratti di cui chiedere lo scioglimento (o la sospensione) nell’ambito di un “proprio disegno imprenditoriale”. Essendo un suo diritto potestativo, il debitore potrebbe liberamente compiere tale scelta e il giudice non avrebbe strumenti per sindacare nel merito tale scelta. Questa posizione, come detto rimasta isolata nel panorama giurisprudenziale, presenta, a mio avviso, un certo livello di rischio
30 Censoni P.F., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, su xxx.xxxxxx.xx, 11 marzo 2013, pag. 15: “la comparazione dovrà essere tanto più necessaria se il concordato è con continuità aziendale, sia perché li la prosecuzione o lo scioglimento di qualsiasi contratto (ad esempio, contratti aventi ad oggetto la locazione dei locali dell’impresa oppure la fornitura di beni o servizi essenziali oppure contratti di leasing aventi ad oggetto apparecchiature o macchinari necessari allo svolgimento dell’attività) possono incidere in modo più o meno rilevante sulla stessa continuità aziendale, sia perché il piano di concordato, a sia volta, deve contenere tutte le indicazioni aggiuntive contenute nell’art 186 bis, secondo comma, lett. a) l.fall., fra le quali particolare peso possono assumere i costo della conservazione dei contratti e le relative modalità di copertura”.
31 Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX. Nello specifico nel decreto si osserva che: “Poiché l’articolo 169 bis, legge fallimentare, non indica un criterio in base al quale regolare l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, è possibile ritenere che ci si trovi in presenza di una mera presa d’atto di un diritto potestativo del debitore, il quale sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell’ambito di un proprio disegno imprenditoriale che, nel caso del concordato con riserva, non è obbligatorio comunicare al tribunale, chiamato, quest’ultimo, ad attendere il deposito del piano”.
riguardo la proposizione di richieste pretestuose e finalizzate all’interruzione di contratti “scomodi” per il debitore, senza che la domanda sia sorretta da motivazioni valide quali, ad esempio, la coerenza con il piano e la proposta concordataria o la non essenzialità per la prosecuzione dell’attività di impresa.
Su posizioni simili, seppur senza riferimenti ad un presunto “diritto potestativo”, troviamo una serie di pronunce giurisprudenziali il cui tratto comune è rappresentato dal considerare l’attività del giudice (o del Tribunale) un mero controllo di legittimità, finalizzato a verificare il rispetto dei requisiti richiesti e della coerenza (o meglio non contraddittorietà) della richiesta col piano o la proposta. Il giudice, quindi, non dovrebbe e non potrebbe mai entrare nel merito della questione, in altre parole ad esso “non compete nessun accertamento di merito, salvo quello relativo alla funzionalità dello scioglimento con il piano concordatario che, a ben vedere, si risolve nella mera verifica di non contraddizione del piano in generale con la parte relativa allo scioglimento dei contratti” 32 . In una recentissima pronuncia troviamo il medesimo concetto espresso in termini ancora più espliciti, prevendendo che “il giudice al quale venga richiesta l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti di cui all’articolo 169 bis
L.F. può rigettare l’istanza esclusivamente per ragioni connesse all’incongruenza con la
proposta concordataria, poiché ogni ulteriore diverso vaglio – ivi compreso quello della convenienza per gli stessi creditori- comporterebbe un giudizio sulla opportunità economica e meritevolezza della proposta stessa, che esula dal sindacato sulla causa concreta, la quale costituisce il limite di giudizio del tribunale”33. Stando dunque a quanto affermato nelle pronunce analizzate, al giudice spetterebbe meramente un ruolo di verifica della correttezza della domanda e di coerenza con il piano e la proposta. Non mi sento di condividere tale conclusione. Ritengo che nella valutazione il giudice non possa esimersi da un controllo nel merito della stessa, vista e considerata la delicatezza di tale argomento (con effetti
32 Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, su xxx.xxxxxx.xx; conforme a tale posizione si veda anche Trib. Terni, 27 dicembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “La prospettiva del nuovo strumento introdotto dal legislatore all'articolo 169 bis L.F., il quale consente lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione, non appartiene alla sfera della tutela del contraente in bonis dall’inadempimento del debitore in crisi, bensì a quella della sua funzionalità e strumentalità al modulo concordatario prescelto da quest’ultimo, tanto che in questo contesto non vi è alcuna traccia del criterio di funzionalità alla “migliore soddisfazione dei creditori” che, per il tramite di apposite attestazioni, è disseminato lungo l’intera trama concordataria (tanto da spingere autorevole dottrina a ravvisarvi una sorta di nuova clausola generale), ad ulteriore ed indiretta conferma che si tratta di istituto che prescinde dalla presenza del professionista attestatore e del suo ruolo di intermediazione tra la valutazione giudiziale e il profilo di convenienza della soluzione concordataria, per quanto la introdotta possibilità di nomina anticipata del commissario xxxxxxxxxx possa consentire al tribunale (come è stato nel caso di specie) di avvalersi anche di un parere tecnico super partes”.
33 Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, su xxx.xxxxxx.xx;
potenzialmente lesivi del mercato e della concorrenza, ad esempio). La garanzia di un doppio controllo (del giudice prima e dei creditori in sede di approvazione) appare logica e necessaria onde evitare domande pretestuose e non sorrette da un’utilità specifica. Tale affermazione ad un primo sguardo può sembrare stridente con quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza SS.UU. 1521/2013. In detta pronuncia, si ricorda, la Corte ha affermato che al giudice, in sede di approvazione del piano e della proposta concordataria, spetti unicamente un sindacato relativo alla “fattibilità giuridica” della stessa (ovvero la completezza e regolarità della documentazione allegata alla domanda), e non una valutazione relativa alla sua “fattibilità economica” (ovvero la valutazione sull’effettivo raggiungimento della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta) spettante, invece, solo ai creditori in sede di approvazione del concordato. Le differenze tra le due ipotesi sono molte e, di conseguenza, non appare privo di logica quanto affermato. Nell’ipotesi di approvazione del concordato i creditori hanno la possibilità di esprimere il proprio voto contrario al piano (e alla proposta) presentato dal debitore, con la conseguenza di non permetterne la riuscita. Nel caso d’istanza ex art. 169 bis, al contrario, non è pacifica in giurisprudenza, come si dirà, l’esistenza di un diritto di audizione del contraente in bonis. Sembra quindi eccessivo, nell’assenza di disciplina positiva e in una prassi non conforme dei giudici, autorizzare lo scioglimento di un contratto pendente senza aver previamente sentito la controparte contrattuale e prevedendo un mero controllo di fattibilità giuridica da parte del giudice. Il prevedere, al contrario, un controllo esteso al merito, permetterebbe una maggior ragionevolezza nell’analisi delle richieste di sospensione o scioglimento e la possibilità più ampia di non accogliere domande pretestuose o, comunque, non funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori.
Tale posizione è stata condivisa da una parte della giurisprudenza in cui i giudici hanno, appunto, affermato la necessità di un controllo giurisdizionale esteso anche al merito della domanda in esame. Ciò che non è definito inequivocabilmente, però, è il criterio sul quale si dovrebbe autorizzare o meno l’istanza ex art. 169 bis l.fall.. In una serie di pronunce (soprattutto relative a contratti bancari), seguendo quanto indicato in dottrina34, i giudici lo hanno identificato nella possibile lesione della par condicio creditorum35. Tale criterio,
34 Si veda a tal proposito Censoni P.F., op.cit., su xxx.xxxxxx.xx, 11 marzo 2013, pag. 14.
35 Si veda: Trib. Como, 5 novembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “A fronte di domanda di concordato preventivo con riserva, può essere autorizzato, su richiesta del debitore, lo
sicuramente valido ed efficace per i casi oggetto dei provvedimenti giurisprudenziali citati, non può, a mio avviso, assurgere a criterio generale interpretativo sulla materia, non essendo applicabile a tutte le fattispecie contrattuali. In altre parole, per alcune tipologie contrattuali è stato assunto a parametro valutativo in quanto concretamente alto il rischio che un creditore si soddisfacesse con precedenza in danno degli altri (il caso, ad esempio, del contratto di anticipo fatture con contestuale patto di compensazione). In altre tipologie contrattuali tale rischio è più basso, se non inesistente. Xxxxxxxx la domanda ex art. 169 bis in relazione alla suddetta violazione della par condicio creditorum non permetterebbe, quindi, di valutarne compiutamente l’istanza nella maggior parte delle fattispecie contrattuali e, proprio per questo, non è ipotizzabile il suo utilizzo come criterio valutativo se non in alcuni piccoli ambiti applicativi, come quello di alcuni contratti bancari36
Altre pronunce hanno individuato invece il requisito sul quale svolgere la valutazione, come da me argomentato prima, nella ponderazione tra vantaggio per la massa dei creditori e il pregiudizio che il contraente in bonis è destinato a subire37. Tale raffronto, se sbilanciato verso uno dei due “poli”, può avere come esito quello di impedire l’accoglimento della domanda. A titolo esemplificativo,
scioglimento dei contratti in corso di esecuzione con gli istituti di credito e ciò al fine di evitare il pregiudizio che dalla loro prosecuzione deriverebbe in capo ai creditori sociali qualora le somme incassate dalla banca successivamente alla data di pubblicazione del ricorso per concordato fossero dalla stessa definitivamente trattenute in violazione della par condicio creditorum”; Trib. Busto Arsizio 11 febbraio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: A fronte della presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva è possibile disporre la sospensione dei contratti bancari allo scopo di evitare che gli istituti di credito pongano in compensazione i propri crediti verso la ricorrente con le somme che affluiscono sui relativi conti correnti, con conseguente lesione della par condicio creditorum ed in contrasto con i principi stabiliti dagli articoli 168 e 169, legge fallimentare. Si veda anche Trib. Bergamo, 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx relativamente al contratto di factoring.
36 Come si avrà modi di approfondire nel corso del IV capitolo.
37 Trib. Novara, 5 aprile 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “è riservato al vaglio del tribunale il contemperamento tra il vantaggio che deriva alla massa dei creditori ed il danno che subisce il contraente per effetto dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione di cui all'articolo 169 bis L.F.; a tal fine il tribunale dovrà tener conto delle condizioni contrattuali vigenti ed il rischio che la scelta di sciogliere il rapporto negoziale riverbera sulla procedura anche in considerazione del contenzioso che ne potrebbe scaturir Xxxx. Novara, 27 marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: Il sacrificio che per effetto dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione viene imposto al contraente (…) e si giustifica solo nel caso in cui la prosecuzione dei contratti pendenti risulti di ostacolo all'impresa che propone il concordato, in rapporto alle finalità perseguite dalla soluzione concordataria, alla migliore valorizzazione, a vantaggio di tutto il ceto creditorio, dei beni e dei rapporti aziendali, la quale si realizza anche attraverso il contenimento della onerosità che comporta il mantenimento in essere dei rapporti negoziali divenuti superflui o, comunque, non più rispondenti alle necessità del nuovo piano industriale o della liquidazione”; Ancora si veda Trib. Piacenza, 5 Aprile 2013 su xxx.xxxxxx.xx e Trib. Pavia, 4 Marzo 2014: “l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nell'ambito del concordato preventivo deve contemperare l'interesse del debitore con quello della controparte contrattuale”
un vantaggio esiguo per i creditori cui corrisponda un grave pregiudizio per il contraente in bonis38 può portare a tale esito. Seguendo il medesimo filone interpretativo, da alcuni è stato affermato che anche la previsione di un indennizzo inadeguato possa portare a tale esito, essendo esso concepito come ristoro a fronte del potere di scioglimento unilaterale del contratto39. Mi sento di condividere quanto affermato in quest’ultima parte. Il necessario bilanciamento tra interessi divergenti per ottenere una soluzione che possa arrecare un pregiudizio minore a tutti i soggetti implicati è insito e diffuso in altre parti del diritto fallimentare e ricalca il carattere stesso di procedura concorsuale. Assunto quindi che il giudice debba effettuare questo bilanciamento, vale senz’altro la pena sottolineare che, a differenza di altre fasi della procedura, qui il giudice è chiamato a decidere senza l’ausilio dell’attestazione di un professionista che possa fornire un’analisi tecnico-economica sul contratto in esame (ad esempio il carattere di necessarietà per la continuazione dell’attività di impresa), coi conseguenti rischi di far compiere una valutazione così complessa al giudice. Questa possibile obiezione può essere superata ricordando che l’istanza ex art. 169 bis, ove presentata, costituisce parte integrante della proposta e del piano. Conseguentemente al loro interno andranno approfondite e analizzate da uno specialista le ragioni alla base della suddetta richiesta. Questo significa che, qualora la fattispecie contrattuale di cui è richiesta la sospensione o lo scioglimento richieda un’analisi economica complessa per stabilirne la necessarietà per la prosecuzione dell’impresa e la funzionalità al miglior soddisfacimento dei creditori, essa non debba essere autorizzata dal giudice sino a che non sia depositata la relazione del professionista ex art. 161 terzo comma. Soltanto al deposito della detta relazione del professionista, la quale permetterà al giudice di non addentrarsi in campi tecnici di cui non è esperto, egli potrà pronunciarsi sulla domanda presentata ex art. 169 bis l.fall..
Infine, è necessario analizzare il caso estremo in cui la domanda non sia stata affatto motivata. Senza dubbio pare condivisibile la posizione della giurisprudenza che vede inammissibile la richiesta ove essa non sia adeguatamente motivata40. Allo stesso modo, come si vedrà in seguito trattando del concordato “con riserva”, mi sento di condividere la tesi che vede la
38 Si pensi al caso di un soggetto che abbia come voce importante del suo volume di affari l’imprenditore in concordato, oppure esso sia il suo unico cliente, o quasi.
39 Scognamiglio X., Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, su xxx.xxxxxxxx.xx
40 Trib. Biella, 13 novembre 2012, in xxx.xxxxxx.xx, I, 8359
necessaria indicazione dei caratteri principali del concordato preventivo che si intende proporre successivamente41.
2.4. La tutela del contraente in bonis
La disciplina della tutela del contraente in bonis in caso di sospensione o scioglimento del rapporto giuridico pendente riveste un’importanza primaria. Questo perché l’accettazione di tale domanda da parte del tribunale (o del giudice delegato) porta inevitabilmente un pregiudizio a tale contraente, in quanto si trova con un rapporto contrattuale non più in essere (o sospeso) per un’iniziativa unilaterale del debitore. Inoltre, come approfondito nel paragrafo precedente, l’eccessivo pregiudizio subito dal terzo non bilanciato da un effettivo aumento dell’utilità attesa per i creditori, può essere motivo per il giudice per rigettare la domanda. Nonostante l’elevata importanza pratica, la disciplina positiva in questo ambito appare carente e scarna, tanto che in un passaggio di un decreto, il giudice ha osservato che “nell’ambito della vigente interpretazione dell’istituto poco si comprende la ragione del silenzio del legislatore sui modi e sui contenuti della tutela del contraente in bonis, che non a caso finiscono per apparire marginalizzati tanto da rendere l’applicazione dell’art. 169 bis un emblematico passaggio da un periodo caratterizzato da un eccesso di tutela ad un altro che si connota quale deficit di tutela, nella comparazione con la restante parte del ceto creditorio”42
L’analisi di questo aspetto verterà su un triplice aspetto. Due di diritto sostanziale che analizzerò subito e riguardanti: a) la tutela del contraente in caso di prosecuzione del rapporto; b) la tutela del contraente in caso di interruzione (o sospensione) di esso (ovvero la previsione di un indennizzo a suo favore). Il terzo elemento, di carattere squisitamente processuale, e riguardante l’esistenza o meno di un obbligo di convocazione del contraente in bonis per il giudice, verrà trattato successivamente.
2.4.1. La tutela del contraente in bonis nell’ipotesi di prosecuzione del rapporto
Se l’istanza ex art. 169 bis l.fall. non viene presentata, il contratto prosegue
41 Il debitore dovrà indicare, dunque, quantomeno il tipo di concordato che intende proporre (ad esempio, la cessione dei beni), e compiere una comparazione approssimativa degli oneri che deriverebbero dalla prosecuzione del rapporto (in prededuzione) con quelli che deriverebbero dallo scioglimento anticipato.
42 Trib. Pistoia, 9 luglio 2013 su xxx.xxxxxx.xx. Cit pag. 7
secondo il programma originario delle parti e ad esso si applica la disciplina ordinaria dei contratti a prestazioni corrispettive e i mezzi di tutela (o autotutela) che il contraente in bonis potrà utilizzare sono gli strumenti previsti dal diritto comune. La ratio sta nel fatto che qui la “tutela del contraente non insolvente prevale su quella dell’insolvente”43 mancando la giustificazione sia della sovraordinazione degli interessi della massa dei creditori (come nel fallimento) sia dell’interesse “a risolvere, grazie ad un accordo tra imprenditore e creditori, la situazione di crisi di impresa, prima che venga dichiarata fallita”44 (come nel concordato preventivo). I mezzi di autotutela in applicazione dei detti principi di diritto comune sono nello specifico l’eccezione di inadempimento e la facoltà di sospensione della propria prestazione.
L’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.45) rappresenta un legittimo rifiuto di eseguire la propria prestazione da parte di uno dei contraenti di fronte ad un mancato adempimento della controparte. Essa si fonda sul presupposto della reciprocità delle prestazioni e ha come requisiti l’inadempimento della controparte (o la mancata offerta della prestazione), la contemporaneità delle prestazioni e la buona fede dell’eccipiente 46 . Non è richiesta l’imputabilità dell’inadempimento al soggetto. In presenza di tali requisiti il contraente in bonis potrà dunque legittimamente rifiutare di eseguire il proprio adempimento.
Riguardo tale eccezione è necessario distinguere tra contratti ad esecuzione istantanea e di durata47. Nei primi non si applica il principio di scindibilità delle prestazioni anteriori da quelle successive al concordato e,
43 Xxxxx X., Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scoglimento, in
Fallimento, XXXV, n. 3/2013, pag. 266.
44 Xxxxxxxx S., Censoni P.F., Lineamenti di diritto fallimentare, Padova, CEDAM, 2013
45 L’art. 1460 c.c. recita così: Xxx contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto. Tuttavia non può rifiutarsi la esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede
46 Per un approfondimento si segnala: Xxxxxxxxx Xxxx L., Commentario del codice civile. Risoluzione per inadempimento. Vol: 2. Artt. 1460-1462 x.x., Xxxxxxx, Xxxxxxxxxx, 0000 x Xxxxxxx X. Xxxxx A., I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure concorsuali minori, Milano, Xxxxxxx, 1999 pag 89 e ss.
47 Il discrimine tra le due tipologie di contratti viene individuato nella differente funzione che è svolta dal fattore temporale: indifferente rispetto alla prestazione dedotta in obbligazione nei contratti ad esecuzione istantanea (in cui l’eventuale esecuzione differita non rileva come fattore temporale, in quanto la prestazione è comunque unica ma soltanto frazionata nel tempo, es. vendita a consegne ripartite); mentre nei contratti di durata il fattore temporale individua il momento di estinzione dell’obbligazione. In essi, infatti, essendo “unico il sinallagma genetico ma plurimi i sinallagma funzionali”, il decorso dei tempo individua la separazione in singoli periodi di esecuzione della prestazione e conseguenti singole rate del corrispettivo.
quindi, in caso di rifiuto del contraente in procedura del pagamento delle prestazioni anteriori, il contraente in bonis potrà legittimamente opporre la detta eccezione. Nei contratti di durata ciò non è possibile vigendo il principio di scindibilità delle prestazioni, e il contraente in procedura potrà agire nei confronti della controparte (che rifiuta la prestazione ai sensi dell’art 1460 c.c.) per l’adempimento o la risoluzione del contratto. Viene, infatti, presunta l’assenza di buona fede poiché, essendo scindibili le varie prestazioni, vi è il conseguente contrasto col principio di concorsualità e l’articolo 168 l.fall. che vieta, in costanza di procedura, “di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore”.
L’altro strumento di autotutela applicabile nel caso di specie è la sospensione della propria prestazione ai sensi dell’art. 1461 c.c.48. Essa consente una sospensione della propria prestazione come reazione ad una mutazione in pejus della situazione patrimoniale dell’altro contraente. Rappresenta in pratica una reazione legittima ad una situazione di percepito pericolo per l’attuazione del rapporto obbligatorio. Essa può essere legittimamente invocata dal contraente in bonis qualora dovesse avere notizia dell’apertura della procedura concordataria, e il debitore, per evitarla, potrà anticipare la propria prestazione, o offrire idonee garanzie.
Il contraente in bonis potrà inoltre invocare la clausola risolutiva espressa eventualmente inserita nel contratto, oppure citare in giudizio il debitore al fine di ottenere la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento del danno.
Va ricordato che ai sensi dell’art. 168 l.fall. non potranno essere promosse o continuate azioni cautelari o esecutive sul patrimonio dell’imprenditore in concordato a partire dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al decreto di omologazione del concordato. Conseguentemente in pendenza di concordato gli strumenti di cui può avvalersi l’altro contraente saranno “azzoppati” da tali preclusioni.
Va infine svolta un’analisi del tipo di credito che il contraente in bonis può insinuare, il quale dipende dal momento in cui è sorto il credito. La disciplina, simile a quanto previsto nel fallimento in caso di esercizio provvisorio dell’impresa (art. 104 l.fall.), prevede sostanzialmente che:
48L’art. 1461 c.c. recita così: Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea
a) i crediti maturati per prestazioni eseguite dopo la pubblicazione nel registro delle imprese sono pagati in regime di prededuzione. Non sono, quindi, soggetti alla falcidia concordataria e gravano sulla massa;
b) i crediti sorti a fronte di prestazioni eseguite antecedentemente rispetto alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 l.fall nel registro delle imprese saranno soddisfatti secondo criteri e percentuali previsti nella proposta e nel piano che accompagna il concordato.
Una deroga alla disciplina ordinaria è prevista per il concordato in continuità aziendale dall’art. 182 quinquies comma quarto l.fall., in cui è previsto che il tribunale (eventualmente assumendo “sommarie informazioni”) può autorizzare il pagamento in prededuzione dei crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi che un professionista (coi requisiti ex art. 67 comma 3 lett. d) l.fall.) abbia attestato essere essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa o comunque funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. Questo è, appunto, l’unico caso in cui è prevista una deroga alla disciplina generale del concorso dei crediti anteriori, previa autorizzazione del tribunale49.
Infine è necessario accennare in questa sede alla disciplina dell’art. 160 l.fall. relativamente ai creditori privilegiati. E’ previsto dalla norma, in deroga delle ordinarie regole di diritto fallimentare, che la proposta possa prevedere che i creditori muniti di diritto di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d. E’ quindi esplicitamente previsto dal legislatore, a certe condizioni, una non soddisfazione integrale dei creditori privilegiati all’interno del concordato preventivo.
2.4.2. La tutela del contraente in bonis nell’ipotesi di scioglimento o sospensione del rapporto
Con l’art. 169 bis secondo comma l.fall. è stato introdotto l’obbligo per il
49 Per un approfondimento si veda Abete L., Il pagamento dei debiti anteriori nel concordato preventivo, in Fallimento, 9/2013
debitore di corrispondere un indennizzo all’altro contraente qualora sia accettata l’istanza di scioglimento o sospensione. Si prevede infatti che in tali casi (scioglimento o sospensione) il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Essendo previsto tale meccanismo è esclusa, ovviamente, la possibilità per i creditori di agire per il risarcimento del danno subito a causa della anticipata interruzione del rapporto. L’apertura della procedura non è prevista dal legislatore, infatti, come un evento produttivo di risarcimento, ma solo dell’indennizzo, anche se dal punto di vista pratico ciò non fa differenza in quanto esso deve essere equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Questa disciplina, a detta della dottrina dominante, è da interpretare come un incentivo a intraprendere la procedura concordataria rispetto a quella fallimentare, dove al contrario non è previsto alcun indennizzo o risarcimento (addirittura è escluso esplicitamente50).
La parte successiva del secondo comma dell’art. 169 bis l.fall. specifica che tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato. In conseguenza di ciò esso dovrà essere estinto con moneta concordataria, secondo le previsioni e le condizioni emerse dalla proposta approvata dai creditori e omologata dal tribunale.
Rileggendo la norma in esame ci si chiede come mai esplicitamente il legislatore abbia escluso dal rango di prededucibilità tale credito, che conseguenze tale scelta possa avere e come possa conciliarsi con altre disposizioni codicistiche. Innanzitutto si ricorderà che l’art 111 secondo comma l.fall., nel classificare i crediti prededucibili, prevede che essi siano, tra gli altri, “quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”51. Pur avendo tali requisiti, il credito derivante dall’indennizzo è escluso ex lege dalla prededuzione in quanto, come visto, trattato come credito anteriore al concordato. Pur sussistendo in dottrina posizioni che non trovano tale soluzione giustificata 52 , altri la spiegano come “necessaria a pena
50 L’art. 72 quarto comma l.fall. in materia di rapporti pendenti nel fallimento (così modificato dal d.lgs. 169/2007) recita che: “in caso di scioglimento il contraente ha diritto a far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno”.
51 Il ragno di prededuzione è di primaria importanza per il creditore, in quanto conferisce il diritto ad essere soddisfatto per primo nella ripartizione delle somme, anche prima dei creditori privilegiati.
52 Penta A., il Concordato preventivo con continuità aziendale: luci ed ombre, in Diritto fallimentare e delle società commerciali, 6/2012, pag. 685.
dell’inefficienza della soluzione”53. L’estensione della prededucibilità anche al credito in esame avrebbe portato un elevato rischio di erosione del patrimonio della società, incompatibile con le finalità stesse del concordato riformato (ovvero di favorire la continuazione dell’attività di impresa e di consentirle di superare momentanei periodi di crisi). In questo modo, infatti, “l’onere che si accompagna allo scioglimento del contratto viene assai contenuto ed inserito nel coacervo dei vari debiti concordatari che vanno pagati nei tempi, nella misura e nelle modalità previste dal concordato, inserendo quindi anche lo scioglimento del contratto nella più generale liquidazione dei beni e dei rapporti”.54 Per rendere concorsuale il credito derivante dall’indennizzo era necessario “anticipare al momento del deposito del ricorso la manifestazione di volontà del debitore di chiedere di essere di essere autorizzato a sciogliersi dal (o a sospendere il ) contratto”. 55 L’evento genetico non è dunque il provvedimento col quale il tribunale (o il giudice delegato) autorizza la richiesta del debitore, ma è la volontà del debitore stesso, espressa nel deposito del ricorso di cui all’articolo 161 l.fall56 57.
Per quanto concerne la natura del credito in esame, esclusa la prededuzione, si ritiene che esso goda di natura autonoma (e presenti causa indennitaria). Per questo motivo tale credito non seguirà il rango del credito principale, ma sarà sempre collocato al chirografo58.
In assenza di una posizione della giurisprudenza, parte della dottrina59 ha ipotizzato l’operatività della compensazione tra il credito da indennizzo e un eventuale controcredito del debitore (purché sorto anch’esso anteriormente al deposito della domanda). Essa potrebbe trovare applicazione anche qualora i crediti non siano ancora divenuti esigibili alla data di deposito della domanda,
53 Xxxxxxx X., Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratto pendenti ne concordato preventivo, su xxx.xxxxxx.xx , 11 marzo 2013. Cit. pag. 4
54 Inzitari B., I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l’art 169 bis l.fall., su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, cit. pag. 3
55 Xxxxxxx X., op. cit. pag. 4
56 Xxxxxxx X., op cit.
57 In parziale contrasto si esprime invece Xxxxxxxxxx G.B, sub. Art. 169 bis in Codice Commentato del fallimento, diretto da Xx Xxxxxx X., Milano, IPSOA, 2013 il quale afferma che: “l’obbligazione (…) trova il suo fatto genetico nel venir meno, a seguito dell’autorizzazione del tribunale, della giustificazione contrattuale dell’attribuzione patrimoniale fin dal momento della sua esecuzione”.
58 Xxxxxxx X., La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del tribunale, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx del 26/11/2012, pagg. 9- 10
59 Si veda su tale argomento Nardecchia G.B., op. cit.
questo in virtù del richiamo effettuato dall’art. 169 l.fall. all’art 56 l.fall. L’unico requisito è, appunto, che il fatto genetico sia anteriore rispetto al deposito della domanda di concordato. La ratio di tale interpretazione è di natura “equitativa”, nel senso che vuole “ovviare all’iniquità del pagamento in moneta concordataria dell’indennizzo al contraente in bonis che sia poi costretto ad adempiere la propria obbligazione per l’intero, pur in presenza di tale controcredito”.60
L’ultimo aspetto da analizzare sull’argomento è a chi spetti determinare l’importo dell’indennizzo e che poteri abbia il tribunale (o il giudice delegato) sulla determinazione di tale cifra. La norma sembra chiara nel dare al debitore stesso la facoltà di determinare la cifra a titolo di indennizzo che egli ritiene congrua e di inserirla nella predisposizione del piano 61 . Come visto precedentemente, al giudice spetterà comunque una valutazione dell’importo programmato dal debitore, valutazione che potrebbe portare - secondo un’interpretazione - a rigettare la domanda se l’indennizzo dovesse risultare eccessivamente basso o comunque non bilanciato col sacrificio richiesto al terzo62. In caso di approvazione, se il contraente in bonis non dovesse essere soddisfatto di quanto a lui proposto potrà esperire i rimedi giurisdizionali, ovvero adire il giudice ordinario competente per instaurare un giudizio ordinario di cognizione a riguardo. Il giudice delegato può, nel corso della procedura, soltanto quantificare provvisoriamente il quantum al fine dell’esercizio del diritto di voto e se dovessero sorgere contestazioni anche a tal riguardo, il terzo potrà ricorrere in sede di reclamo o in sede di opposizione all’omologa.63 L’autorità giurisdizionale dunque, se non in caso di disaccordo tra le parti e nel corso di un giudizio ordinario di cognizione, non pare avere alcun potere di determinazione del quantum indennizzabile (salvo l’eccezione
60Nardecchia G.B., op cit., cit. pag 2007.
61 Sul punto si veda Trib. Padova, 26 marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “La determinazione dell’indennizzo dovuto al terzo contraente ai sensi dell’articolo 169 bis L.F. deve essere effettuata dal debitore, il quale dovrà anche inserire nel piano la relativa previsione”; e Trib. Novara, 3 Aprile 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “La richiesta di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione di cui all'articolo 169 bis L.F. deve essere accompagnata dalla comparazione tra gli oneri conseguenti alla prosecuzione dei contratti e quelli che conseguirebbero allo scioglimento o alla sospensione dei medesimi quali l'indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento e da soddisfarsi come credito anteriore al concordato”. Dello stesso avviso si veda ancora Trib. Novara, 27 Marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx
62 Si veda a tal proposito Trib. Novara, 3 Aprile 2013 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “È riservato al vaglio del tribunale il contemperamento tra il vantaggio che deriva alla massa dei creditori ed il danno che subisce il contraente per effetto dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione di cui all'articolo 169 bis L.F.”
63 Xxxxxxx X, op. cit. pag. 10
della determinazione provvisoria ai fini del voto ex art. 176 l.fall.). Tale interpretazione, anticipata come visto dalla dottrina, è stata accolta anche in giurisprudenza, dove è stato affermato che “la controversia sulla quantificazione dell'indennizzo spettante al contraente in bonis ai sensi dell'articolo 169 bis L.F. deve essere risolta nell'ambito di un giudizio ordinario di cognizione, potendo il giudice delegato intervenire in via provvisoria soltanto nei limiti e per gli effetti di cui all'articolo 176, comma 1, L.F. ammettendo in tutto o in parte il credito contestato ai soli fini del voto per il calcolo delle maggioranze, senza che ciò pregiudichi la pronuncia definitiva sulla sussistenza del credito stesso”64
2.5. Il rapporto tra la disciplina dell’art. 169 bis e alcuni tipi di clausole
In conclusione dell’analisi degli aspetti sostanziali dell’art. 169 bis, merita un cenno l’analisi della sorte di alcune clausole, particolarmente diffuse nella prassi commerciale, che possono inferire con lo scioglimento del contratto. Innanzitutto il quarto comma dell’articolo dispone un’esenzione esplicita affermando che lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta (art. 169 bis quarto comma l.fall.). La conseguenza sarà che la procedura arbitrale potrà essere instaurata o proseguita nonostante l’autorizzazione allo scioglimento del contratto in cui essa era inserita ed il responso del lodo arbitrale sarà efficace ed opponibile al debitore stesso.
Per quanto concerne le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dall’eventuale ammissione alla procedura concordataria – come la clausola risolutiva espressa, la clausola penale o la condizione risolutiva laddove l’evento dedotto sia costituito dall’ammissione al concordato preventivo della controparte – esse conservano la loro efficacia65, mancando una norma analoga a quella contenuta nell’art. 72 l.fall.66.
64 Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX. Dello stesso avviso si veda anche Trib. Padova, 26 Marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: ; “l’accertamento in questione (sulla quantificazione e determinazione dell’indennizzo) non deve, infatti, essere effettuato dal giudice della procedura di concordato, il quale non può essere chiamato ad accertare l’esistenza del credito se non ai limitati fini dell’ammissione del voto”.
65 Nardecchia G.B., op cit., pag. 2007
66 L’art 72 l.f. al sesto comma recita infatti, a proposito delle procedura fallimentare, che: Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
3. Il nuovo art. 169 bis l.fall.: profili processuali
Dal punto di vista operativo, il nuovo regime stabilito per i contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo suscita più di qualche dubbio dal punto di vista processuale. E’ mia intenzione, in questo paragrafo, analizzare innanzitutto la disciplina processuale prevista dalla norma, per poi osservarne le criticità e provare a trovare una soluzione anche e soprattutto tramite l’opinione della giurisprudenza pervenuta edita sino ad ora.
3.1. Presentazione dell’istanza
Il primo problema che è emerso nell’applicazione del nuovo articolo è l’individuazione del momento fino a cui risulta possibile proporre l’istanza di sospensione (o scioglimento) dei contratti pendenti.
La norma indica che è il ricorso di cui all’articolo 161 lo strumento che il debitore deve utilizzare per la proposta. Dal punto di vista letterale, quindi, la norma non parrebbe dare adito ad alcun dubbio nel prevedere il deposito del ricorso il momento ultimo per poterla richiedere. Nella seconda proposizione del primo comma dell’art 169 bis f. fall. è però indicato il giudice delegato, oltre che il tribunale, come possibile soggetto a cui proporre tale richiesta. Essendo il giudice delegato nominato soltanto col decreto di ammissione, parte della dottrina ha interpretato tale riferimento come una possibilità per il debitore di proporre un’autonoma istanza di sospensione o scioglimento in un momento successivo al deposito del ricorso67. I sostenitori di questa teoria portano come argomenti a favore, oltre al dato letterale, il “presupposto che il debitore debba prima fare (sia pur sommaria) disclosure delle proprie intenzioni sulla proposta concordataria” 68 . Tale disclosure spesso può presentare delle difficoltà,
67 Tra i sostenitori segnalo Censoni F.P., La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in xxx.xxxxxx.xx, 11 marzo 2013, 17, in cui afferma che: “Ragionevolmente appare preferibile ritenere che l’istanza possa essere proposta anche successivamente al ricorso introduttivo, soprattutto se si parte dal presupposto che il debitore debba prima fare (sia pur sommaria) disclosure delle proprie intenzioni sulla proposta concordataria; ma è evidente che ciò debba avvenire comunque in tempi molto rapidi e possibilmente prima della scadenza delle reciproche obbligazioni, perché nel frattempo il contratto continua e l’esecuzione da parte del contraente in bonis della prestazione da lui dovuta finirebbe per gravare della controprestazione il patrimonio del debitore concordatario, già assoggettato ad un vincolo di natura coattiva”. Sempre in favore di tale soluzione si esprime Nardecchia G.B., Sub art. 169 bis, in Codice Commentato del fallimento, diretto da Lo Xxxxxx X., Xxxxxx 0000, il quale afferma che “il riferimento al giudice delegato quale legittimato, in alternativa al tribunale, all’emissione dell’autorizzazione, fa ritenere che tale facoltà possa essere esercitata anche dopo l’ammissione”.
68 Censoni F.P., op. cit., pag. 17
soprattutto per strutture sociali complesse, e necessitare di un tempo maggiore per arrivare ad una esaustiva ponderazione delle posizioni giuridiche dell’imprenditore. Sarebbe quindi sensato ed opportuno assegnare un tempo maggiore al debitore per scegliere se e di quali contratti richiederne lo scioglimento o la sospensione. Ovviamente tale scelta deve “avvenire comunque in tempi molto rapidi e possibilmente prima della scadenza delle reciproche obbligazioni” 69 in quanto la naturale prosecuzione del rapporto contrattuale potrebbe andare ad erodere eccessivamente il patrimonio del debitore concordatario. Da altri 70 viene invece portato come elemento a sostegno di tale ipotesi la previsione dell’art. 175 l.fall., secondo xxxxx, secondo cui la proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto. In altre parole, avendo il debitore la facoltà di modificare la propria proposta sino al momento indicato in tale articolo, non si vede il motivo di non comprendere l’inclusione successiva dell’istanza di sospensione o scioglimento tra le modifiche possibili alla proposta di concordato71. E’ logico che, in ogni caso, vi debba essere un limite temporale per proporla (individuabile per l’appunto nell’inizio delle operazioni di voto), in quanto il giudice investito dell’istanza deve avere gli strumenti per valutare la coerenza dell’istanza coi contenuti della proposta e del piano. Appare quindi difficilmente sostenibile che l’autorizzazione di cui all’art. 169 bis possa essere richiesta nel corso del procedimento, in qualunque momento o circostanza72.
Altra parte della dottrina, al contrario, esclude tale ipotesi e identifica il ricorso ex art 161 l.fall. l’unico momento per poter proporre l’istanza di scioglimento o sospensione del contratto pendente73. L’indicazione del giudice delegato nella seconda proposizione del primo comma dell’art. 169 bis l.fall. non va intesa nel senso del soggetto a cui rivolgere la richiesta ma, al contrario, dell’ ”organo che può dare l’autorizzazione una volta nominato, qualora non
69 Censoni F.P., op. cit., 17.
70 Nardecchia G.B., op. cit., pag 2002
71 Nardecchia G.B., op. cit., pag 2002, afferma infatti che il fatto che la facoltà (di richiedere la sospensione o lo scioglimento) “è un logico precipitato della possibilità di modificare la proposta sino all’inizio delle operazioni di voto. La facoltà di modifica concessa al debitore dall’art 175 l.fall riguarda evidentemente anche la sorte dei rapporti giuridici pendenti, potendo il debitore decidere in un secondo momento di sciogliersi dal rapporto”.
72 In senso concorde Scognamiglio X., Concordato preventivo e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, su xxx.xxxxxxxx.xx
73 Si tratta di Bozza G., Xxxxxxxxx in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Il Fallimento, 9/2013, 1125.
abbia già provveduto il tribunale al momento della decisione sul ricorso”74.
Personalmente, permanendo alla data odierna un’assenza di decisioni giurisprudenziali, ritengo di accogliere la prima interpretazione dottrinale analizzata. Mi sento di condividerne le motivazioni, soprattutto l’assunto dell’art. 175 secondo comma, che mi pare sufficientemente risolutivo in questo caso. Così come il debitore può modificare il piano, è logico che egli possa proporre ex novo un’istanza ex 169 bis non posta precedentemente, fermo restando il limite temporale previsto dal medesimo articolo, ossia l’inizio delle operazioni di voto.
3.2. La convocazione del contraente in bonis
Tra i primi interrogativi sorti in seguito all’introduzione della disciplina dell’art. 169 bis l.fall., uno di particolare rilievo è quello riguardante l’eventuale obbligo, per il giudice chiamato a pronunciarsi sulla richiesta, di convocare la controparte contrattuale, ovvero il terzo contraente. Nel silenzio del legislatore la gran parte della giurisprudenza 75 si è espressa favorevolmente riguardo l’esistenza di tale obbligo tranne, come si dirà, in casi eccezionali. I giudici notano infatti che “la valutazione in ordine all’opportunità, prevista dall’articolo 169 bis L.F., di autorizzare lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione non può prescindere dalla instaurazione del contraddittorio con le controparti contrattuali, alle quali deve essere dato modo di esprimere le proprie considerazioni in relazione alla determinazione dell’indennizzo previsto dalla citata norma”76.
74 Bozza G., op. cit., 1125. Nel prosieguo della trattazione l’autore “traduce” dunque la norma oggetto di interpretazione discordante, la quale andrebbe letta nel senso che “il debitore può chiedere al tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi da tali contratti, precisando, altresì, che tale richiesta deve essere contenuta nel ricorso di cui all’art 161 l.fall.”
75 Su posizioni difformi Trib. Ravenna, 28 gennaio 2014, secondo cui: "il contraddittorio con il terzo contraente dei rapporti in corso di esecuzione dei quali viene autorizzato lo scioglimento ai sensi dell'articolo 169 bis L.F. è assicurato dall'udienza di adunanza dei creditori di cui all'articolo 174 L.F”.
76 Posizione ampiamente diffusa in giurisprudenza. A titolo esemplificativo si vedano: Trib. Monza, 21 Gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “la valutazione in ordine all'opportunità di autorizzare lo scioglimento del contratto in corso di esecuzione al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo non può prescindere dall'instaurazione del contraddittorio con la controparte contrattuale affinché questa possa esprimere le proprie considerazioni e le eventuali ragioni di opposizione”. Ancora si veda: Trib. Novara, 27 marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di BENASSI; Trib. Piacenza, 5 aprile 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nell'ambito del concordato preventivo deve contemperare l'interesse del debitore con quello della controparte contrattuale, alla quale deve essere riconosciuto un indennizzo commisurato al risarcimento del danno
Tale convocazione del terzo, ispirata a principi generali di diritto e soprattutto ad un’”interpretazione costituzionalmente orientata del diritto fallimentare”77, potrà però essere omessa qualora sia incompatibile con l’urgenza della “decisione da assumere”78.
Tale posizione giurisprudenziale ha recentemente ottenuto la conferma da parte di due differenti Corti di Appello79 e, in una delle dette decisioni, il giudice ha osservato che: “la necessità dell’audizione della controparte contrattuale appare incontestabile avuto riguardo, da un lato, all’incidenza che il provvedimento in parola - i cui effetti per quanto riguarda lo scioglimento assumono carattere definitivo ed irreversibile - è idonea ad esplicare sulla posizione del contraente in bonis, dall’altro, al fatto che uno dei principi ispiratori delle recenti riforme della materia fallimentare è quello di garantire sempre il rispetto del principio costituzionale del contraddittorio80”. Mi sento di condividere tale posizione. Considerato il pregiudizio che può subire in seguito all’accoglimento della domanda proposta ai sensi dell’art. 169 bis, è necessario quantomeno consentire che il terzo contraente possa esprimere le proprie posizioni ed eventuali ragioni di opposizione in sede di contraddittorio col debitore. Questo, appunto, sia per ragioni di equità che di coerenza con l’ordinamento giuridico nonché di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme fallimentari. Ritengo, però, necessario precisare, per completezza della trattazione, quanto già detto in precedenza trattando dell’indennizzo da corrispondere alla controparte contrattuale in caso di accoglimento della domanda di scioglimento (o sospensione), ovvero che è fatta salva la facoltà per il contraente in bonis di instaurare una causa ordinaria relativamente al quantum dell’indennizzo.
derivante dal mancato adempimento nonché il diritto di esporre in contraddittorio le proprie eventuali ragioni di opposizione all'accoglimento della richiesta”.
77 Trib, Bologna, 26 Aprile 2013.
78 Trib. Udine, 25 settembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “l'articolo 169 bis L.F., in tema di sospensione dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, non prescrive che il giudice debba necessariamente sentire il contraente in bonis, la cui convocazione potrebbe rivelarsi incompatibile con l'urgenza della decisione da assumere”.
79 App. Venezia, 20 Novembre 2013 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: Nell'ambito del procedimento per la sospensione o lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo di cui all'articolo 169 bis L.F., a è necessaria la convocazione in contraddittorio del terzo contraente, la cui partecipazione non può essere rimandata alla eventuale fase di gravame avverso il provvedimento autorizzatorio”. E Appello Milano, 8 agosto 2013, su Giur. Comm. 1/2014, con nota di DE PRA’:
80 Appello Milano, 8 agosto 2013;
4. Il concordato “in bianco” e l’applicabilità della disciplina dei rapporti giuridici pendenti ad esso
Una delle più importanti novità del d.l. 83/2012 e della relativa legge di conversione 134/2012 è l’inserimento del sesto comma dell’art. 161 l.fall. con cui è stato introdotto nel nostro ordinamento il cosiddetto “concordato in bianco” o “concordato con riserva” o “concordato prenotativo”. Al di là dei nomi differenti assegnati a tale istituto da dottrina e giurisprudenza, ciò che importa è il contenuto di tale disposizione, ovvero la possibilità per l’imprenditore di presentare domanda di concordato preventivo riservandosi di depositare il piano, la proposta e la documentazione in un momento successivo, ovvero nel termine stabilito dal giudice. In pratica con questo nuovo istituto viene attuata una distinzione tra l’elemento processuale (la domanda), l’elemento negoziale (la proposta) e la realizzazione della proposta stessa (il piano)81.
La ratio di tale norma sta nell’evitare aggressioni patrimoniali al debitore nel lasso di tempo82 (spesso non breve) in cui viene predisposto il piano e la proposta di concordato 83 , e per evitarlo viene posticipato il momento di deposito di tali documenti ad un momento successivo rispetto al deposito del ricorso in cancelleria84. In questa novità è palese l’ispirazione al Chapter 11 del diritto statunitense, la cui esperienza positiva è dimostrata dalla risoluzione in tempi brevi di crisi gravi.
4.1. Il concordato in bianco. Disciplina ed effetti (cenni)
81 Xxxxxxx X., Vademecum per la domanda “prenotativa” di concordato preventivo, su xxx.xxxxxx.xx, 25 settembre 2012. Pag. 2
82 Lasso di tempo che può richiedere tempi non brevi anche e soprattutto per la richiesta dell’attestazione da parte di un professionista indipendente ex art. 67 terzo comma lett. d) l.fall. 83Della stessa opinione segnalo Panzani L. in Speciale decreto sviluppo: il concordato in bianco, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx del 14 settembre 2012 osserva che: “da molti era stata segnalata la difficoltà per il debitore di predisporre il piano senza beneficiare nelle more di protezione nei confronti delle azioni esecutive dei creditori, oltre che dei sequestri e delle ipoteche giudiziali, iniziative tutte idonee a compromettere il buon risultato del piano. Lo spatium deliberandi concesso al debitore può così essere utilizzato sia per predisporre il piano e consentire all’esperto attestatore di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano stesso, sia per raggiungere acvcordi con i creditori diretti a facilitarne il buon esito”.
84 Per questo motivo per Xxxxxxx X. op.cit. pag. 2 non si tratta di una posticipazione, ma “di una anticipazione (di tutela) dal momento che la domanda può essere presentata priva dei suoi connotati fondanti”.
Prima di soffermarsi sulla compatibilità della disciplina della sorte dei rapporti giuridici pendenti col concordato con riserva, ritengo utile delinearne per sommi capi la disciplina legislativa.
- Forma e competenza: Essendo tale disciplina non derogata dal sesto comma, vale l’ordinaria regola vigente per il concordato preventivo, ovvero che la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale85 (art. 161 primo comma l.fall.).
- Allegati al ricorso: E’ questo l’aspetto in cui sono previste le maggiori deroghe rispetto al sistema ordinario, data la suddivisione in due momenti temporalmente distinti del deposito del ricorso e della proposta con il piano. In un primo momento il debitore in stato di crisi dovrà depositare:
a) il ricorso contenente la domanda di concordato b) i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi86 c) l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti87. (art. 161 sesto comma l.fall.). Si prevede espressamente, invece, che la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo88 possa essere depositata successivamente89.
85 Nel secondo periodo del primo comma dell’art. 161 l.fall. è previsto inoltre che il trasferimento della stessa (della sede principale) intervenuto nel’anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza. Questa specificazione, contenuta anche in altre parti della legge fallimentare è stata introdotta allo scopo di vanificare eventiuali trasferimenti fraudolenti della sede sociale effettuati in un periodo in cui si presume già esistente e conosciuto lo stato di crisi dell’impresa.
86 Nell’affermare che debbano essere allegati i bilanci degli ultimi tre esercizi il legislatore non ha specificato due elementi importanti, ovvero: a)se tale obbligo riguardi soltanto le imprese tenute alla redazione per legge (costituite in forma societaria) oppure anche gli imprenditori individuali; b) se il bilancio debba essere stato regolarmente approvato e depositato oppure anche in difetto di tali requisiti, purchè sia utile a fornire indicazioni sulla reale situazione patrimoniale. La dottrina espressasi finora, in difetto di pronunce giurisprudenziali concorda sul fatto che a) bilancio sia da intendere in senso tecnico, con la conseguenza che qualora l’impresa non sia tenuta alla redazione debba allegare un’equivalente documentazione. b) Il bilancio non debba per forza essere stato regolarmente approvato e depositato, in quanto “l’ammissione al concordato preventivo non si fonda su una valutazione di meritevolezza, ma sulla leale collaborazione dell’imprenditore nel disvelare al giudice ed ai creditori l’effettiva situazione dell’impresa.” Panzani L., Speciale decreto sviluppo. Il concordato in bianco. In xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 14/09/2012, pag. 3. Sull’argomento si veda, sempre concorde sulle soluzioni sopra esposte: Xxxxxxx M., op. cit.;
87 Quest’ultimo sub-requisito è stato introdotto col successivo d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
88 Il comma 2 prevede che nel ricorso si debba inserire: A) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economia e finanziaria dell’impresa. B) Uno stato analitico ed estimativo delle attività e
- Contenuto del ricorso: Xxxx si ricava confrontando la disciplina prevista nel primo, secondo e terzo comma, con quella del sesto comma e di conseguenza il contenuto minimo del ricorso, in questa nuova modalità di concordato, si riduce a poca cosa. L’unico requisito esplicitamente sancito è, infatti, la sottoscrizione del debitore. Pare logico90, e desumibile dalla globale disciplina del diritto fallimentare, richiedere la dimostrazione nel ricorso introduttivo del possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’ammissione alla procedura: requisito oggettivo costituito dall’effettiva esistenza di uno stato d’insolvenza, o comunque di una situazione di crisi e requisito soggettivo rappresentato dalla qualifica d’imprenditore commerciale sopra-soglia. Per parte della dottrina 91 , a mio avviso condivisibilmente, è necessaria anche l’indicazione della sede legale o effettiva, per individuare il giudice territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso. Ciò può essere dimostrato, a titolo esemplificativo, con l’attestazione dell’iscrizione al registro delle imprese.
- Termini: Il debitore col deposito del ricorso (con gli allegati già analizzati) si riserva di presentare piano proposta e documenti ulteriori in un termine fissato dal giudice e compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni (art. 161 sesto comma l.fall.). Tale termine, come emerge chiaramente, è deciso dal giudice dopo aver analizzato il ricorso. Risulta quindi fondamentale, qualora il debitore chiedesse la concessione di un termine superiore al minimo, un’adeguata motivazione della stessa in cui indicare i motivi per cui viene richiesto un
l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione. C) L’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore. D) il valore dei beni e dei creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. E) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta. Il comma 3 prevede invece che tale documentazione e il piano di concordato, debbano essere accompagnati da una relazione di un professionista designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.
89 La novella del 2012 ha permesso di delineare meglio il confine e il significato del “piano” e della “proposta”, nel senso che il “piano” non è altro che il programma di adempimento della proposta. Esso rappresenta, in altre parole, una road map dei tempi e dei modi in cui ottenere gli obbiettivi fissati invece nella “proposta” formulata ai debitori.
90 A tal proposito concordano Panzani L., Speciale decreto sviluppo, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx del 14 settembre 2012 e Xxxxxxx X., Nuovi incentivi per la regolazione concordata della crisi d’impresa, in Corriere Giuridico 11/2012, pag. 1265 e ss.
91 Xxxxxxx X., op. cit. e Xxxxxxx X., op. cit.
termine superiore a quello minimo di sessanta giorni92. Il giudice valuterà tale richiesta e, se ritenuta valida concederà un termine superiore ai sessanta giorni; in caso contrario concederà il termine minimo. I giustificati motivi assumomo un ruolo importante anche nel caso di proroga del termine, consentita per una sola volta e in un termine massimo di sessanta giorni. E’ necessario, infine, ricordare che quando pende un procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. (art. 161 decimo comma l.fall.). La necessità di una maggiore celerità in costanza di una procedura fallimentare è quindi realizzata mediante una contrazione dei termini concedibili dal giudice (sessanta giorni e non più tra sessanta e centoventi come nel sesto comma).
- La relazione del professionista: Il terzo comma dell’art. 161 l.fall.93 è stato oggetto di numerose modificazioni in questi ultimi anni, andando quindi ad accrescere l’importanza della relazione del professionista necessaria al fine di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo94. Tale professionista è previsto che debba essere designato dal debitore95 e possedere i requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d)96. Infine, sempre col “decreto sviluppo” è stato previsto l’obbligo di presentare analoga relazione nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano97.
- Domanda di concordato per la società. E’ previsto dal quarto comma dell’art. 161 l.fall un rimando all’art. 152 l.fall. per il caso in cui la domanda di concordato provenga da una società. Ciò, ovviamente, è
92 Riporto le parole espresse da Xxxxxxx X., in op. cit., in cui fa notare come “nel far ciò (fornire un’adeguata motivazione), forse, la domanda da bianca può sfumare in grigia e un risultato di maggior chiarezza lo si può conseguire”.
93 Comma modificato col D.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge con modificazioni dalla l. 14 maggio 2005 n.80. Precedentemente questo comma prevedeva l’elencazione del materiale da allegare al ricorso.
94 Art. 161 terzo comma l.fall.
95 La designazione da parte del debitore stesso è stata oggetto di una successiva introduzione avvenuta col D.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134.
96 ovvero: “da un professionista iscritto nei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'art. 28, lettere a) e b) ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;” A sua volta l’art. 28 alle lettere a) e b) prevede che “possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore: a)avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;b)studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a).”
97 Art. 161 terzo comma l.fall.
applicabile anche al concordato in bianco. Si prevede che: a) essa sia sottoscritta da coloro che abbiano la rappresentanza sociale; b) sia approvata dai soci rappresentati la maggioranza assoluta del capitale sociale per le società di persone e dagli amministratori per quanto riguarda società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita per azioni e società cooperative; c) essa debba risultare da verbale redatto da un notaio e debba essere depositata nel registro delle imprese.
4.2. Applicabilità dell’articolo 169 bis l.fall. al concordato “in bianco”.
Il tema dell’applicabilità della disciplina dei contratti pendenti al concordato “in bianco” o “con riserva” è uno dei temi su cui maggiormente si è sviluppato ad un acceso confronto, sia in dottrina che in giurisprudenza, dopo la riforma del 2012. Difatti nel silenzio del dato normativo, il quale parla semplicemente di ricorso di cui all’articolo 161 l.fall., autori e giudici si sono dovuti interrogare se il riferimento implicitamente riguardasse anche il sesto comma dell’articolo oppure no.
Certo è che l’argomento necessiterebbe di una soluzione condivisa e certa, persistendo nell’incertezza applicativa il rischio di un’applicazione fraudolenta e “di comodo” dello scioglimento dei contratti pendenti. Un imprenditore in grado di presentare bilanci che evidenziano uno stato di crisi, seppur latente, potrebbe infatti presentare una domanda di preconcordato e chiedere la concessione del termine minimo indicando i contratti che ostacolano la propria ripresa dai quali, quindi, intende sciogliersi offrendo un indennizzo e, ottenuta l’autorizzazione, alla scadenza del termine rimanere inerte. A quel punto, escluso il fallimento vista la mancanza dello stato di insolvenza, il soggetto si troverà a continuare l’attività di impresa sollevato da alcuni impegni contrattuali (tramutati in un quantum indennizzabile da stabilire con giudizio ordinario) con l’unico limite di non poter presentare per un altro biennio un’altra domanda di concordato.
Da questo esempio si può capire la delicatezza dell’argomento in questione e la conseguente importanza di analizzare le motivazioni alla base delle singole posizioni in dottrina e giurisprudenza.
Preliminarmente è necessario identificare le varie posizioni, che permettono di distinguere tra chi sostiene l’applicabilità dell’art. 169 bis l.fall. al “concordato in bianco” (seppur con dei distinguo), chi la esclude, e una posizione intermedia che afferma come sia possibile, in assenza del piano e della proposta, soltanto una sospensione dei rapporti contrattuali, per poter poi provvedere a uno scioglimento soltanto col piano e i documenti definitivi.
Tra chi esclude la possibile applicazione dell’art. 169 bis l.fall al concordato “con riserva”98 si osservano vari ordini di motivazioni.
a) La prima è basata sul dato letterale, ovvero la mancanza di richiamo diretto o indiretto alla figura del concordato con riserva99. Osservando altri articoli introdotti nel 2012 come il 182 quinquies o 182 sexies si osserva infatti che l’applicabilità anche al concordato in bianco è in essi esplicitata: “il debitore che presenta, anche ai sensi dell’articolo 161 sesto comma, una domanda di ammissione al concordato preventivo (…) può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111” (182 quinquies); “dalla data del deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo, anche a norma dell’articolo 161, sesto comma, (…) e sino all’omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile” (182 sexies). Alla possibile obiezione dell’assenza di richiamo anche negli articoli 168 e 169 l.fall. (pur pacificamente applicabili anche all’istituto in esame) si replica che queste norme non sono state introdotte dalla riforma del 2012 e che quindi “il silenzio solo in questa unica norma, tra quelle nuove introdotte con la riforma del 2012, non può essere considerato frutto soltanto di una dimenticanza o di una superflua precisazione”100. A ulteriore conferma di ciò il successivo D.l. 69/2013 (convertito con modificazioni dalla l. 9 Agosto 2013, n. 198), pur occupandosi dell’istituto del concordato con riserva, non è intervenuto sulla
98 A tal riguardo si vedano: Bozza G., I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Fallimento 9/2013; Xxxxxxxxx C., Concordato preventivo “in continuità” e autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti: un binomio spesso inscindibile, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 23 gennaio 2013; Trib. Verona 31/10/2012 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Salerno 25/10/2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Appello Brescia, 7/6/2013 su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX;
99 Cavallini C., op. cit.: “La non compatibilità tra l’art. 161 comma 6, l.fall. e l’art. 169 bis l.fall., a parte ogni rilievo di natura testuale di per se già sufficiente a motivarne la soluzione negativa (…)”
100 Bozza G., op. cit., pag. 1131.
questione e ciò pare confermare il valore di silenzio-rigetto della possibile applicabilità. In altre parole, l’art. 169 bis non sarebbe applicabile al concordato con riserva proprio perché volutamente non richiamato dal legislatore nella redazione della norma.
b) La seconda argomentazione investe invece il momento di formulazione dell’istanza ex art. 169 bis. Condividendo la tesi che essa possa essere collocata unicamente nel ricorso introduttivo, ciò porterebbe a una vanificazione della funzione stessa del concordato ex art. 161 sesto comma in quanto il debitore dovrebbe fare la scelta dei contratti da proseguire o da interrompere in un momento in cui egli non ha ancora redatto il piano e la proposta dettagliata101. Soprattutto, si fa notare in dottrina come il “piano deve essere attestato dal professionista, e dunque valutato nella sua interezza prima dall’attestatore e poi dal Tribunale adito per l’autorizzazione”102. Tale obiezione risulta, a mio avviso, superabile prevedendo che il debitore nel richiedere il provvedimento di cui all’art. 169 bis alleghi o enunci anche solo brevemente le ragioni di fatto o di diritto su cui si basa la sua richiesta. Una richiesta immotivata sarebbe, infatti, inammissibile, ma una motivazione sommaria avrebbe il pregio di evitare la proposizione di domande pretestuose o palesemente non infondate.
c) Uno tra i motivi più convincenti parte dal presupposto della natura dello scioglimento dei contratti ex art. 169 bis. Esso ha “valore sostanziale, assoluto e definitivo”103, nel senso che una volta ammessa l’istanza esso ha l’efficacia di sciogliere il rapporto contrattuale (e conseguentemente dare diritto all’indennizzo) a prescindere dalla prosecuzione della procedura. Il contraente in bonis viene definitivamente liberato dal vincolo contrattuale in essere e tale processo è irreversibile in quanto il contratto non potrà più rivivere.
101 Bozza G., op. cit., : “posto che la domanda di scioglimento deve essere formulata, per i motivi in precedenza esposti, nel ricorso, deve anche dedursi che, nel concordato con riserva, è nel ricorso introduttivo di cui al sesto comma dell’art. 161 che la richiesta di scioglimento dovrebbe essere contenuta (…) e ciò comporta conseguenze inaccettabili ove si faccia riferimento al ricorso ex art. 161 comma sesto”. Egli nel proseguo della trattazione si spingerà fino a dire che : “in occasione della domanda di concordato pieno, il tribunale non potrebbe decidere su una proposta di scioglimento, ove non inserita nel ricorso per concordato con riserva che lo ha preceduto”.
102 Cavallini C., op. cit.
103 Bozza G., op. cit., pag. 1134
Viene quindi da chiedersi se tale effetto sia compatibile con la provvisorietà del concordato con riserva, soprattutto nel caso in cui non avvenga il deposito del materiale alla scadenza del termine previsto dal giudice. In tale caso la disciplina del sesto comma dell’art. 161 stabilisce che si applichino gli artt. 162 commi secondo e terzo, per cui la domanda di preconcordato, previa convocazione dell’interessato, va dichiarata inammissibile. La declaratoria d’inammissibilità chiude l’iter processuale iniziato con la domanda di preconcordato e gli effetti di tale atto, mancando il provvedimento del giudice che li cristallizzi, perdono efficacia ex tunc. Ciò non avviene, però, per lo scioglimento dei contratti, appunto per le viste caratteristiche di autonomia e assolutezza del provvedimento risolutorio. Da questo punto di vista, a mio avviso, la tesi dell’incompatibilità del 169 bis rispetto al concordato in bianco risulta più sensata. Facile risulterebbe, come già accennato, l’applicazione fraudolenta della disciplina: utilizzare il rimedio giuridico del concordato con riserva per risolvere dei contratti di cui l’imprenditore vuole liberarsi per poi non dare seguito né alla procedura concordataria (mancando il deposito tempestivo degli atti), né alla procedura fallimentare (deficitando il requisito dell’insolvenza). Tale inconveniente sarebbe risolvibile, a mio avviso, mediante l’impostazione data da parte di dottrina e giurisprudenza - che in seguito analizzerò - ovvero nel consentire, nella vigenza del preconcordato, la sola sospensione dei contratti, mentre per la risoluzione occorre sempre il deposito del piano e della proposta concordataria104.
d) Un’ultima motivazione per sostenere l’inapplicabilità dell’art. 169 bis al concordato con riserva riguarda la possibilità per il debitore di depositare una domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182 bis) nello stesso termine indicato dal giudice all’atto di deposito del preconcordato. Tale facoltà, prevista dallo stesso art. 161 sesto comma, stabilisce esplicitamente che gli effetti del
104 A tal proposito si vedano: Xxxxxxx X., Contratti pendenti: sospensione e scioglimento nel concordato con continuità e nel concordato il bianco, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 14 maggio 2013; Trib. Mantova, 27 settembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx; Trib. Modena, 30 novembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di BENASSI; Trib. Vicenza, 25 giugno 2013 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Bergamo, 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX;
ricorso si conservino provvisoriamente fino al giudizio di omologazione. Ciò darebbe origine ad una situazione di incompatibilità tra le discipline dello scioglimento dei contratti e gli accordi di ristrutturazione dei debiti: in primis poiché il 169 bis è applicabile unicamente al concordato preventivo ed in secondo luogo perché la definitività di tale scelta risulta incompatibile con la disciplina degli accordi stessi, dove la decisione sulle sorti dei rapporti contrattuali è regolata dalle parti. Parrebbe dunque esserci un’incompatibilità tra le due possibilità: o si concede all’imprenditore di sciogliere definitivamente certi rapporti contrattuali o si dà la possibilità di proporre domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti 105 . Per ovviare a questa situazione si è proposto in dottrina di precludere la proposizione di tale richiesta di omologa per chi abbia chiesto ed ottenuto lo scioglimento di uno o più rapporti contrattuali106, soluzione che non pare convincere in quanto “questa limitazione contraddice lo spirito del concordato con riserva, che è quello di consentire al debitore in crisi di presentare una domanda di concessione di un termine per mettere a punto una soluzione concordata della crisi in ambiente protetto dalle aggressioni dei creditori più agguerriti (…) con conseguente libertà di mutare la stessa linea di comportamento fino alla scadenza del termine, chiedendo l’omologa di un piano di ristrutturazione o anche rimanendo inerte e facendo cessare la procedura”107. Personalmente ritengo di condividere quest’ultima riflessione e quindi di negare la preclusione al ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti per chi avesse chiesto ed ottenuto lo scioglimento dai contratti pendenti. La trovo incompatibile con la ratio globale della disciplina del concordato preventivo, quello con riserva in particolare, che al contrario si sta indirizzando negli ultimi anni verso una sempre maggior
105 Bozza G., op. cit.
106 Nardecchia G.B., art. 169 bis, in Codice commentato del fallimento (a cura di Xx Xxxxxx X.), milano, IPSOA, 2013 afferma che: “La produzione degli effetti previsti dall’art. 169 bis l.fall. discende dall’apertura di una procedura di concordato preventivo. Procedura di concordato preventivo che viene ad esistere soltanto con il deposito del decreto di apertura e art. 163 bis lfall., il che esclude il verificarsi degli effetti previsti dall’art. 169 bis ove il debitore abbia richiesto l’autorizzazione a sciogliersi dai contratti pendenti depositando il solo ricorso ai sensi del sesto comma dell’art 161 l.fall. e poi, nel termine concesso dal tribunale, abbia optato per il deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti. La disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti non prevede infatti alcuna modifica dei contratti giuridici pendenti i quali proseguono il loro naturale corso durante tale procedimento”.
107 Bozza G., op. cit., cit. pag. 1136.
responsabilizzazione e libertà (di scelte) del debitore. Per quanto concerne la possibile incompatibilità dell’art. 169 bis rispetto al concordato con riserva per le ragioni appena indicate, ritengo che anche queste siano facilmente superabili con l’orientamento dottrinale- giurisprudenziale precedentemente esposto, che prevede in pendenza del preconcordato la sola proposizione dell’istanza sospensiva dei contratti, e mai quella risolutiva.
Queste sono dunque le principali motivazioni a proprio favore portate dai sostenitori dell’inapplicabilità della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo al concordato “con riserva” o “in bianco”. Come si è potuto osservare alcune sono più che sensate e pongono dei dubbi profondi sull’effettiva incompatibilità tra i due istituti. Tale posizione ha trovato dei riscontri in giurisprudenza, benché sia necessario dire fin d’ora come sia una posizione molto minoritaria. Il primo provvedimento giurisdizionale che afferma tale incompatibilità è del Tribunale di Verona108, in cui i giudici della sezione fallimentare hanno affermato che “tale disciplina (art 169 bis l.f.) è ovviamente incompatibile con la struttura della domanda di concordato ex art. 161 VI° co l.fall. seguito della quale non è neppure necessario che si apra un concordato”109. Ad esso ha fatto seguito un decreto della Corte di Appello di Brescia in cui la Corte ha appoggiato esplicitamente alcune delle argomentazioni che abbiamo appena analizzato, nello specifico l’assenza del richiamo letterale dell’art. 169 bis e la contraddittorietà tra gli effetti provvisori del concordato con riserva e la assolutezza e definitività del giudizio di scioglimento110.
Su una posizione diametralmente opposta si colloca la maggioranza della dottrina e giurisprudenza espresse finora sulla questione. Esse, con altrettanto valide argomentazioni, sostengono la piena applicabilità della disciplina
108 Trib. Verona, 31 ottobre 2012 su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX;
109 Come premessa i giudici hanno osservato che: “il disposto dell’art 169 bis l.f. risulta applicabile solo in relazione alla domanda di ammissione al concordato preventivo previsto dall’art. 161 I° co l.f. come desumibile dalla circostanza che il contraente sciolto ha titolo per una indennità da soddisfarsi come credito anteriore al concordato”.
110 Appello Brescia, 19 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX : “osserva la Corte che conformemente alle osservazioni critiche espresse dopo l’introduzione della norma di cui all’art 169 bis
L.F. (art. 33 DL 83/2012, conv. In L. 134/2012), sussistono dubbi circa l’applicazione della norma ai concordato con riserva fino alla loro ammissione, per vari motivi. In primo luogo, il testo dell’art. 169 bis, non fa alcun riferimento alle domande presentate ai sensi del sesto comma dell’art. 161, come invece viene fatto nelle altre norme quando queste vanno applicate anche alle fattispecie del preconcordato (v. art 182 quinquies, comma quarto). Inoltre vi è una certa contradditorietà tra gli effetti provvisori impliciti in una domanda di concordato con riserva – tesa a creare gli effetti protettivi per il patrimonio del debitore in attesa di formulare una adeguata proposta e un piano ai creditori – con la stabilità e definitività che determina una decisione sulla sorte dei contratti pendenti”.
dell’art. 169 bis l.fall. al concordato in bianco. Elemento comune a molti autori e giudici è, però, l’affermare come il ricorso debba contenere quantomeno alcuni criteri di massima del concordato futuro. Questo per far sì che non sia utilizzabile questo istituto per autorizzazioni cosiddette “al buio”, ovvero senza che il debitore abbia un “sufficientemente chiaro possibile percorso concordatario”111 . Questa prudenza è necessaria perché, come ricordato, lo scioglimento potrebbe produrre effetti irreversibili nel caso di una successiva proposta di diverso contenuto rispetto a ciò che si era ipotizzato inizialmente; inoltre va considerata l’ipotesi di un possibile transito verso gli accordi di ristrutturazione dei debiti o del fallimento 112 . Nell’esame della dottrina si possono individuare quattro posizioni che pur tutte affermando la possibile applicazione del 169 bis al concordato ex art. 161 sesto comma, vi arrivano seguendo differenti processi interpretativi e postulando differenti requisiti sostanziali.
a) E’ stata prospettata da un autore una teoria che si può definire come “principio di unità dei concordati”, ovvero “la domanda di concordato è, in sostanza, una sola e si può presentare completa di tutto quanto previsto dall’art. 161 oppure, in base al comma sesto, riservandosi di presentare proposta, piano e documentazione in un secondo momento, nel termine concesso dal tribunale”113. Conseguentemente il problema in esame neanche si dovrebbe porre, in quanto essendovi un solo tipo di concordato preventivo ma esplicabile con modalità differenti, è innegabile sostenere come il 169 bis sia applicabile nell’unico caso in esame114. Tale conclusione è stata autorevolmente sostenuta da una
111 Xxxxx X., op. cit., pag. 272
112 Xxxxxxx X., Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, su xxx.xxxxxx.xx
113 Benassi F., Xxxxxxxxxx preventivo e contratti pendenti: applicabilità dell’art. 169 bis l.f. al concordato con riserva e convocazione del terzo contraente, su, xxx.xxxxxx.xx, 1 gennaio 2014
114 Xxxxx medesima posizione si veda il Trib. Terni, 27 dicembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “La disciplina contenuta nell'articolo 169 bis L.F. è applicabile anche al concordato con riserva, dovendosi ritenere che il riferimento al "ricorso di cui all'art. 161" contenuto dell'articolo 169 bis
L.F. possa riguardare non solo il primo, ma anche il sesto comma del citato articolo 161, ed altresì in ragione del fatto che la ratio sottesa alla disciplina in esame appare comune agli istituti delle autorizzazioni al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione ex art. 161 co. 7 L.F., ovvero ai finanziamenti di cui all’art. 182-quinquies, comma 1, L.F. e, nel concordato con continuità aziendale, ai pagamenti di crediti anteriori di cui al successivo comma 4, ratio, la quale consiste nel favor per l’accesso al concordato e nella protezione della fase preparatoria del piano, anche con sacrifico degli interessi dei singoli creditori (si vedano le preclusioni e addirittura l’inefficacia retroattiva delle ipoteche giudiziali di cui all’ultima parte dell’art. 168 L.F.), in una visione olistica della soluzione concordataria
recente pronuncia della Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxxx000. Dal punto di vista logico tale affermazione può risultare coerente col dettato normativo e condivisibile. Essa però dal punto di vista pratico, a mio avviso, ha il difetto di non porre rimedio ai possibili esiti fraudolenti (o comunque contrari a buona fede) della disciplina. Accettare semplicemente in toto l’estensione della disciplina al concordato in bianco può portare al “cortocircuito” la disciplina, soprattutto nel caso in cui un soggetto per pura inerzia personale non presenti alcun piano alla scadenza del termine fissato dal giudice. Egli si troverebbe con il vantaggio di vedersi svincolato dai rapporti contrattuali sgraditi pur senza averne, ex post, titolo. In conclusione tale posizione risulta logicamente pienamente condivisibile, ma nella applicazione pratica scarsamente persuasiva.
b) Da segnalare un’interpretazione singolare, seppur isolata, espressa in un provvedimento del Tribunale di Salerno. In esso i giudici sostengono che l’autorizzazione sia un “diritto potestativo del debitore, il quale sceglie di sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell’ambito di un proprio disegno imprenditoriale che, nel concordato con riserva, non è obbligatorio comunicare al tribunale, chiamato, quest’ultimo, ad attendere il deposito del piano”116. Detto in altre parole la richiesta di autorizzazione è un diritto dell’imprenditore stesso derivante dalla strategia che egli decide di intraprendere per il superamento per la crisi di impresa e tale decisione, quindi, non è obbligatorio comunicarla al tribunale in caso di concordato con riserva. Il tribunale potrà pronunciarsi soltanto una volta scaduto il termine fissato per il deposito del piano stesso. Scontata è quindi la possibile applicazione del 169 bis al concordato con riserva. Tale interpretazione è, a mio avviso, erronea e facilmente utilizzabile per applicazioni fraudolente della disciplina. Non si può considerare l’autorizzazione ex art. 169 bis come un mero diritto potestativo ma va sempre e comunque considerato alla luce della finalità ultima della procedura, ovvero il fine del migliore soddisfacimento dei creditori117. Tale fine, pur non esplicitato, non si
che coinvolge gli interessi non solo del ceto creditorio, ma anche degli altri stakeholders, tanto interni quanto esterni all’impresa in crisi”.
115 Appello Venezia, 20 novembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX;
116 Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, in Fallimento, 1/2013, pag. 75
117 Tale posizione risulta concorde con quanto affermato nella sentenza Xxxx. SS.UU. 1521/2013
può che considerarlo implicito alla luce della disciplina globale dell’istituto118.
c) Un altro autore ha cercato di porre rimedio al problema evidenziato prevedendo un obbligo di disclosure anticipata per poter proporre l’istanza di sospensione o scioglimento. In primo luogo egli ha replicato all’obiezione del mancato richiamo letterale del sesto comma dell’art. 161 nell’art. 169 bis osservando che dall’indicazione del “ricorso di cui all’art. 161 l.fall.” non si possa escludere il sesto comma. Questo perché più che una volontaria esclusione sembra trattarsi “piuttosto di scarsa organicità e coerenza, anche lessicale, di un legislatore alluvionale”119. Inoltre, analizzando la ratio legis volta a favorire una più ampia applicazione dello strumento concordatario, ciò sembra deporre a favore di tale estensione applicativa, seppur mediata dalla pretesa di fornire “un’adeguata indicazione del piano e della proposta, sia pure non definitivi e suscettibili di modifiche”,120 al momento della richiesta dell’autorizzazione allo scioglimento o sospensione. Tale posizione risulta maggiormente condivisibile e, infatti, ha avuto un ampio seguito in giurisprudenza. La previsione di una sorta di disclosure anticipata, seppur provvisoria, ha il grosso pregio di far si che istanze palesemente pretestuose o non sorrette da un’utilità per i creditori possano essere facilmente disattese dal giudice. Come accennato, questa posizione è quella che è stata più seguita dai giudici 121 in questo periodo di vigenza della nuova legislazione. I
118 Si veda a sostegno di tale posizione il Trib. La Spezia, 25 ottobre 2012, in Fallimento 1/2013, pag. 75: “La richiamata norma viceversa, è volta unicamente a migliorare la possibilità di riuscita della procedura concordataria a favore della massa dei creditori, la cui proponibilità tuttavia prescinde dallo scioglimento o meno dei contratti in essere; diversamente opinando e soprattutto nell’ipotesi quale quella di specie, di ricorso ex art. 161, sesto comma, l.fall., si arriverebbe a consentire un uso strumentale della fattispecie, laddove l’imprenditore, al solo scopo di “sciogliersi” da contratti regolarmente stipulati, ma non più ritenuti convenienti, depositasse ricorso per l’ammissione al “preconcordato”, ottenesse lo scioglimento dei medesimi e non facesse seguito al deposito di domanda di concordato, con evidente nocumento per le controparti contrattuali”.
119 Xxxxx X., op. cit.
120 Patti. A., op. cit.
121 Trib. Mantova, 27 settembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012, ivi, con nota di BENASSI: “Lo scioglimento dei contratti pendenti di cui all'articolo 169 bis, legge fallimentare, non può essere disposto a fronte di una domanda di concordato preventivo con riserva che non offra elementi di conoscenza in ordine alle linee essenziali del piano, all'attivo, al passivo ed alla possibilità di soddisfacimento del ceto creditorio e che non offra, quindi, la possibilità di verificare che gli effetti irreversibili prodotti dallo scioglimento dei contratti siano conformi alla migliore realizzazione del piano e finalizzati al miglior soddisfacimento dei creditori”; Trib. Monza, 16 Gennaio
giudici, nella redazione dei decreti di ammissione hanno spesso calato la disciplina normativa nella concretezza della fattispecie contrattuale di volta in volta ricorrente, come il contratto di leasing: “Non può trovare accoglimento la richiesta del proponente il concordato preventivo formulata ai sensi dell’art. 169 bis l.f., in seno ad un ricorso ex art. 161 VI co. L.f., di essere autorizzato alla sospensione di contratti di leasing pendenti se non viene delineato il tipo di concordato che sarà proposto, e non viene rappresentata l’incidenza dei canoni di leasing in essere nella gestione ordinaria della società122”; o come certi tipi di contratti bancari123; o come il contratto di factoring124. La trattazione analitica e specifica di queste decisioni sarà approfondita nel xxxxx xxx xxxxxx xxxxxxxx. E’ necessario infine segnalare una, seppur isolata, pronuncia giurisprudenziale125 in cui si è affermato che il provvedimento ex art. 169 bis nel concordato “in bianco” possa rappresentare solamente un’eccezione all’iter ordinario, e come tale applicabile soltanto in situazioni particolari e previa una
2013, su xxx.xxxxxx.xx , con nota di XXXXXXX: “La richiesta di scioglimento o sospensione dei contratti in corso di esecuzione contenuta nella domanda di concordato in “bianco” deve essere accompagnata da una disclosure circa il tipo di concordato proposto (se il liquidatorio o in continuità), al fine di consentire al tribunale il vaglio della sussistenza dei presupposti per lo scioglimento o la sospensione, i quali comportano benefici per il debitore e sacrifici per la controparte contrattuale. In considerazione di ciò, il tribunale dovrà operare una attenta valutazione della effettiva opportunità per la procedura di evitare la prosecuzione dei contratti, valutazione che non può essere effettuata in assenza di elementi quali la tipologia di concordato che il debitore intende perseguire, l'esposizione della situazione economica aggiornata, l'incidenza della prosecuzione dei contratti sul passivo concordatario, l'inutilità dei beni e servizi oggetto di tali contratti per l'eventuale prosecuzione dell'attività di impresa in caso di presentazione di domanda di concordato in continuità”. Ancora si vedano: Trib. Monza, 21 gennaio 2013 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Roma, 20 febbraio 2013 su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Piacenza, 5 aprile 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di BENASSI; Trib Genova, 4 novembre 2013, in xxx.xxxxxx.xx con nota di CAPECCHI; Trib. Pavia, 4 Marzo 2014. Su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX ; infine Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “L'eventuale accoglimento dell'istanza di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione ai sensi dell'articolo 169 bis L.F. proposta nella fase del concordato con riserva presuppone la necessaria sintetica disclosure sulle finalità della procedura, al fine di consentire un vaglio consapevole da parte del tribunale anche alla luce del problema della natura permanente degli effetti nell'ipotesi in cui la procedura concordataria non giunga conclusione”.
122 Trib. Mantova, 27 settembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx , con nota di DE XXXXXX
123 Trib. Monza, 16 gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX a proposito dei contratti di anticipazione bancaria e swap; Trib. Genova, 4 novembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXXX, con riferimento ai contratti di anticipo fatture.
124 Trib. Bergamo, 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX
125 Trib. Vercelli, 20 settembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: Nell'ambito del concordato preventivo con riserva di cui all'articolo 161, comma 6, L.F., lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione previsto dall'articolo 169 bis deve ritenersi ammissibile esclusivamente in situazioni particolari e a fronte di una disclosure pressoché totale in ordine al tipo di concordato che verrà presentato, dovendosi ritenere che gli effetti provvisori di una domanda di concordato con riserva siano in contrasto con la stabilità e definitività di una decisione di scioglimento dei contratti in questione”.
“disclosure pressochè totale”. Questo proprio perché si ravvisa un potenziale “cortocircuito” tra la definitività della decisione del giudice sui contratti e il carattere di provvisorietà del concordato con riserva.
d) Alla medesima conclusione, ma con differenti sfumature, è giunto un altro autore126 facendo proprie le posizioni espresse dal tribunale di Roma 127 . Lo scioglimento dei rapporti giuridici pendenti sarebbe possibile anche nel concordato con riserva ad una duplice condizione: che l’istanza contenga una concreta anticipazione dei contenuti di piano e proposta; e che vi sia una “prima relazione del professionista128 funzionale ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità di quanti prospettato”. Ovviamente si tratta di una relazione ad hoc distinta da quella finale e finalizzata a fornire al giudice un’indicazione più chiara e imparziale dello stato dell’impresa 129 . Tale posizione, seppur originale e valida per evitare usi fraudolenti della disciplina (problema che come abbiamo visto rimane uno dei principali nodi interpretativi), ha a mio avviso lo svantaggio di creare un iter eccessivamente lungo e macchinoso per un procedimento che, al contrario, richiede speditezza per evitare un protrarsi di effetti negativi dei contratti vigenti sul complesso aziendale.
Nell’analisi della produzione dottrinale 130 e del repertorio giurisprudenziale si può individuare un’ulteriore posizione (una sorta di “tertium genus”) sul tema in esame. Una tesi volta a sostenere un’applicabilità limitata del 169 bis l.fall al concordato con riserva, nel senso che sia possibile la
126 Xxxxxxxx X., Scioglimento e sospensione dei contratti pendenti nel concordato con riserva, 13 maggio 2013, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
127 Trib. Roma 20 febbraio 2013, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
128 Professionista individuato sempre ai sensi dell’art. 67 lett. d) l.fall.
129 Su una posizione analoga, ma differente per quanto riguarda l’organo competente ad emettere il parere positivo allo scioglimento segnalo il Tribunale di La Spezia, 24 ottobre 2012, su Il Fallimento 1 /2013, pag. 77: “In caso di domanda di concordato preventivo con riserva ex art. 161, sesto comma, l.fall., l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti, ai sensi dell’art. 169 bis, l.fall., può essere autorizzato, anche prima del deposito della proposta, del piano e della documentazione prescritta dall’art. 161, commi 2 e 3, l.fall., allorquando possa valutarsi in via prognostica - anche alla luce del parere espresso dagli ausiliari nominati con il decreto di fissazione del termine - la non convenienza della prosecuzione dell’attività contrattuale ai fini del concordato, sia per la mancanza di risorse da parte dell’imprenditore, sia per l’assenza di manifestazioni di interesse al subentro nel contratto”.
130 A tal proposito di veda Xxxxxxx X., Contratti pendenti: sospensione e scioglimento nel concordato in continuità e nel concordato in bianco. I contratti bancari in particolare, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 14 maggio 2013
sola sospensione del contratto in attesa dell’eventuale scioglimento. Lo scioglimento sopraggiungerebbe, infatti, solamente al deposito del piano definitivo, fermo restando il rispetto dei requisiti previsti ex lege. Tale soluzione, a mio avviso, ha il pregio di mediare tra l’esigenza pratica di evitare la prosecuzione di rapporti contrattuali “sconvenienti” – nel senso di non strumentalità al miglior soddisfacimento dei creditori - al debitore e di essere più idonea a scongiurare applicazioni fraudolente di tale strumento.
A soluzioni analoghe è giunta la giurisprudenza in una serie di pronunce131. In una delle prime132 i giudici hanno affermato che: “Nel caso di domanda di concordato “in bianco”, la sospensione dei contratti in corso di esecuzione prevista dall’articolo 169 bis, legge fallimentare costituisce un valido contemperamento degli interessi della debitrice e della controparte contrattuale, per cui appare opportuno disporre lo scioglimento di detti contratti solo dopo che sia stata depositata la domanda di concordato completa e accompagnata dalla dettagliata situazione di ciascun contratto”. E’ da condividere, infine, l’ulteriore requisito della necessaria allegazione di elementi di fatto e di diritto idonei a giustificare il successivo provvedimento del giudice133. Ritengo che tali allegazioni, come onere della parte richiedente, sia un requisito obbligatorio e fondamentale.
Da un’approfondita analisi casistica dei provvedimenti citati, si può notare come tale soluzione sia stata privilegiata soprattutto nei contratti bancari o finanziari, quando una prosecuzione degli stessi possa recare pregiudizio ai creditori (e al debitore di conseguenza) a causa di una maturazione di interessi e più in generale una maturazione di crediti da opporre successivamente in
131 Trib. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Trib. Udine, 25 settembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di BENASSI; Trib. Bergamo 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX; Nel decreto del Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di LIMITONE, la presa di posizione appare più netta: “La norma di cui all’art. 169bis l.f. si applica al preconcordato solo per la parte in cui prevede la sospensione dei contratti pendenti, che non ha effetti definitivi”. Una nota a parte richiede il provvedimento del Trib. Udine,
25 settembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx, in cui i giudici, dovendo giudicare in merito ad una richiesta di mera sospensione, ne affermano la compatibilità col concordato in bianco solo se la richiesta è sufficientemente motivata. Non si esprimono se tale ragionamento sia compatibile anche con una richiesta di scioglimento, ma dal tenore dell’argomentazione ritengo sia da preferibile il no.
132 Trib. Monza, 16 gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX.
133 Trib. Udine, 25 settembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “Non è incompatibile con la domanda di concordato preventivo con riserva la sospensione dei contratti in corso di esecuzione di cui all'articolo 169 bis L.F. qualora la richiesta contenga elementi di fatto e di diritto sufficienti a consentire al tribunale di apprezzare l'utilità della sospensione dei contratti rispetto al contenuto della proposta e del piano in corso di definizione”.
compensazione 134 . In tale ambito sicuramente tale soluzione risulta condivisibile e rispettosa di entrambe le parti contrattuali.
Più in generale, quindi, non solo per i contratti bancari o finanziari, ritengo che questa impostazione sia da preferire rispetto alle altre analizzate in precedenza. Essa ha infatti il grosso pregio, da un lato, di evitare una fraudolenta richiesta di scioglimento di certi rapporti contrattuali (addirittura nel caso già affrontato di una successiva inerzia del richiedente di fronte all’ottenimento del provvedimento del giudice) e, dall’altro, di evitare una macchinosa e lunga allegazione di relazioni sull’andamento economico dell’impresa per poter richiedere il provvedimento ex art. 169 bis. In conclusione ritengo che quindi sia possibile proporre nel provvedimento col quale si richiede il concordato preventivo “con riserva” ex art. 161 sesto comma l.fall. la sola sospensione dei contratti ex art. 169 bis l.fall., convertibile eventualmente nell’istanza di pieno scioglimento dal rapporto contrattuale solamente in un momento successivo, coincidente col deposito del piano e della proposta definitivi.
134 In tal senso sui contratti bancari in generale Xxxx. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “A fronte della presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva è possibile disporre la sospensione dei contratti bancari allo scopo di evitare che gli istituti di credito pongano in compensazione i propri crediti verso la ricorrente con le somme che affluiscono sui relativi conti correnti, con conseguente lesione della par condicio creditorum ed in contrasto con i principi stabiliti dagli articoli 168 e 169, legge fallimentare”; Trib. Monza, 16 gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx sui contratti di swap e di anticipazione bancaria: “ualora venga proposta domanda di concordato "in bianco", il tribunale, ove richiesto ai sensi dell'articolo 169 bis, legge fallimentare, può disporre la sospensione dei contratti di swap stipulati con istituti bancari nonché dei contratti di anticipazione bancaria, questi ultimi allo scopo di evitare che gli istituti di credito possono opporre in compensazione i crediti maturati”; e Trib. Bergamo, 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx, sul contratto di factoring: “Durante la fase di pre-concordato è possibile disporre, ai sensi dell'articolo 169 bis L.F., la sospensione di contratti di factoring qualora per la massa dei creditori appaia evidente la convenienza di tale scelta in ragione della non opponibilità in compensazione dei crediti maturati dalla società di factoring.”
CAPITOLO IV
ANALISI CASISTICA DI ALCUNE TIPOLOGIE CONTRATTUALI:
I CONTRATTI BANCARI IN PARTICOLARE
A questo punto della trattazione ritengo utile svolgere un’analisi pratico- casistica relativa ad alcuni tra i più diffusi contratti nella pratica commerciale che possono presentare dei problemi applicativi in relazione alla disciplina appena analizzata. In particolare mi soffermerò su alcuni contratti bancari1, ciò sia per la loro presenza capillare, sia per l’elevata possibilità che essi finiscano oggetto di un giudizio in quanto tra i potenzialmente più lesivi della par condicio creditorum.
I contratti su cui in particolare si è concentrata l’attenzione della dottrina e della giurisprudenza sono il contratto di mutuo, il contratto di anticipazione bancaria e il contratto di anticipo fatture, infine il contratto di leasing. Per ognuno di questi effettuerò quindi una rapida rassegna delle principali posizioni in giurisprudenza riguardante l’applicabilità o meno dell’art. 169 bis e, in caso affermativo, i principali profili che potrebbero portare all’accoglimento della domanda stessa.
1. Il contratto di mutuo.
Il mutuo (altrimenti detto “prestito di consumo”) è il contratto con il quale una parte, detta mutuante, consegna una determinata quantità di denaro, o
1 Argomento per altro già oggetto di studio in dottrina prima e dopo la riforma del 2012. Tra gli altri si vedano: Di Sabato C., Il conto corrente bancario nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata, Milano, Xxxxxxx, 1982, pag. 63 e ss.; Censoni P.F., Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, Milano, Xxxxxxx, 1988, pag. 157 e ss.; Xxxxxx X., Gli effetti del concordato preventivo e dell’amministrazione controllata sui rapporti bancari in I difficili rapporti tra banche e procedure concorsuali (a cura di Censoni P.F.), Milano, Xxxxxxx, 1997, pag. 111 e ss.; Xxxxxxx X., Xxxxxxxxx pendenti: sospensione e scioglimento nel concordato in continuità e nel concordato in bianco: i contratti bancari in particolare, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 15 maggio 2013.
altre cose fungibili ad un altro soggetto, detto mutuatario, il quale si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (tantundem eiusdem generis). Esso è disciplinato dagli artt. 1813 e ss. del c.c. ed è un contratto in cui è prevista una presunzione di onerosità, ovvero salva diverta pattuizione delle parti il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante e, se non previsti, sono calcolati al tasso legale. Il contratto di mutuo rientra nella categoria dei cosiddetti contratti reali e quindi necessita per il suo perfezionamento, oltre che del consenso delle parti, anche della consegna del bene.
Proprio per la sua caratteristica di contratto reale quindi, l’esecuzione della prestazione del mutuante avviene nel momento stesso della consegna della somma di denaro (o di cose fungibili), mentre residua nel tempo successivo la sola obbligazione del mutuatario di restituzione della stessa quantità di denaro (o di cose fungibili) aumentata degli interessi, se non esclusi dalle parti. Proprio l’assenza di sinallagmaticità delle prestazioni ha portato parte della giurisprudenza2 ad escludere che il contratto di mutuo possa essere risolto (o sospeso) in pendenza di concordato preventivo ai sensi dell’art. 169 bis l.fall 3 .. Il ragionamento, come detto, parte dal presupposto che per potersi applicare la detta disciplina si debba essere in presenza di un contratto cosiddetto pendente, ovvero in cui residuino delle prestazioni per entrambi i contraenti. Dal punto di vista logico l’osservazione non presenta particolari criticità, se non quelle rappresentate dal rischio di un’eccessiva (e forse forzata) aderenza al dato letterale della norma. Lo scopo dell’interprete dovrebbe essere quello di calare la norma nella fattispecie pratica e cercare di coglierne la ratio per la quale è stata concepita. Se la finalità dell’introduzione di questa nuova norma, e più in generale dell’istituto del nuovo concordato preventivo, confermato anche dalla Cass. SS.UU. 1521/2013, è quella di favorire una
2 In senso contrario, ovvero nel senso di considerare possibile l’applicabilità del 169 bis al contratto di mutuo, si veda Trib. Marsala, 5 febbraio 2014 su xxx.xxxxxx.xx con nota di RUSSOLILLO: “E’ coerente con la disciplina del concordato in continuità la prosecuzione dei contratti di mutuo ipotecario, con conseguente assoggettamento alla proposta di concordato delle sole rate già scadute e insolute alla data del deposito della proposta, salvo il regolare adempimento delle rate a scadere secondo i tempi dell’originario piano di ammortamento”.
3 In questo senso: Trib. Monza, 16 gennaio 2013 su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “Il contratto di mutuo stipulato ed adempiuto dalla mutuante prima del deposito della domanda di concordato preventivo non può qualificarsi come rapporto pendente, poiché l'obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario si configura come debito disciplinato dall'articolo 55, legge fall. in forza del richiamo contenuto nell'articolo 169, legge fall.” e Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, con nota di LIMITONE: “a norma è inapplicabile ai contratti di mutuo e anticipazione bancaria, mancando la reciprocità sinallagmatica delle prestazioni ineseguite”.
soluzione negoziale della crisi d’impresa tra creditori e debitore, non vedo il motivo per escludere aprioristicamente e per uno smisurato e formalistico rispetto del dato letterale la possibilità di sciogliere o sospendere il contratto di mutuo e non, al contrario, lasciare che anch’esso possa essere oggetto del piano e della proposta in ogni sua possibile articolazione – compresa quindi l’eventuale istanza ex art. 169 bis.
2. Il contratto di anticipazione bancaria
Nella prassi (sia dottrinale che giurisprudenziale) il contratto di anticipazione bancaria è spesso confuso con il diverso istituto dell’anticipo fatture. Questa precisazione si rende qui necessaria in quanto tratterò in due punti differenti le diverse fattispecie contrattuali e, onde evitare fraintendimenti, è necessario aver ben chiara la differenza tra i due istituti.
Il contratto di anticipazione bancaria prevede la concessione da parte di un istituto di credito di un prestito monetario a breve termine ad un’impresa a fronte di una garanzia costituita da un pegno su crediti, valori mobiliari o merci e/o documenti rappresentativi di merci. L’anticipazione può essere a scadenza fissa o utilizzata in conto corrente: i) nel primo caso il rimborso del capitale, così come la sua anticipazione, deve avvenire nei tempi e nei modi previsti dal contratto; ii) nel secondo caso, generalmente preferito dalle aziende, la banca non anticipa in un’unica soluzione il capitale, ma mette a disposizione questa somma sul conto corrente. Nonostante l’onerosità - essendo previsto un tasso di interessi solitamente maggiore ma calcolato sulla somma effettivamente utilizzata - la maggiore flessibilità che consente di adattare il finanziamento in funzione della dinamica del fabbisogno finanziario dell’azienda rende più appetibile la seconda forma di anticipazione.
Ai fini di questa trattazione interessa la possibilità di risolvere (o sospendere) questo tipo contrattuale in caso di concordato preventivo e, in caso di risposta positiva, gli eventuali profili problematici a tal riguardo. Sono state osservate in giurisprudenza, relativamente a questo tipo contrattuale, le medesime considerazioni analizzate relativamente al contratto di mutuo. E’ stato infatti sostenuto che al contratto di anticipazione bancaria non sarebbe applicabile la disciplina dell’art. 169 bis “mancando la reciprocità sinallagmatica
delle prestazioni ineseguite”4. Questo ragionamento, a mio avviso, sarebbe valido solo in parte, ovvero nel caso di anticipazione bancaria a scadenza fissa, seppur con le dovute precisazioni. Se si dovessero considerare le prestazioni della banca, consistenti nel concedere prima una somma di denaro come corrispettivo della costituzione del pegno e in seguito liberare l’oggetto dal pegno stesso in seguito alla restituzione della somma, l’affermazione dei giudici sarebbe corretta: non saremmo tecnicamente in presenza di un contratto pendente, ma di due rapporti contrattuali distinti seppur aventi le rispettive cause collegate. Con questa precisazione la conclusione, a mio avviso, risulta coerente con quanto affermato nel paragrafo precedente relativamente al mutuo: non siamo in presenza di un rapporto giuridico pendente e il contratto non potrà essere oggetto di domanda ex art. 169 bis. In ragione di ciò appaiono ugualmente opponibili le contro-osservazioni da me sostenute a tal proposito, ovvero la necessità di non fermarsi ad un’estremizzazione del dato letterale in favore di una maggior considerazione della ratio della norma. Coerentemente con ciò, dunque, consentire che anche il contratto di anticipazione bancaria possa essere oggetto del piano e della proposta in ogni sua possibile articolazione, compresa quindi l’eventuale istanza ex art. 169 bis.
Qualora, al contrario, si considerasse la modalità esecutiva alternativa, ovvero l’anticipazione bancaria in conto corrente, la situazione si presenterebbe diametralmente opposta. Qui la costanza del rapporto non può essere esclusa in quanto la prestazione dell’istituto di credito (la messa a disposizione in conto corrente di una somma di denaro) si protrae per tutta la durata del contratto, ovvero sino alla liberazione della garanzia sui beni oggetto di pegno. In questo senso è pacifica l’esistenza di un rapporto giuridico pendente ed altrettanto pacifica l’applicabilità del disposto dell’art. 169 bis.
3. I contratti di anticipo fatture s.b.f. e di factoring
Come già ricordato, il contratto di anticipo fatture è spesso oggetto di fraintendimento col differente contratto di anticipazione bancaria. In questa seconda tipologia contrattuale la banca anticipa all’imprenditore una somma di denaro sulla base della presentazione di documenti da parte del cliente: fatture
4 Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di LIMITONE
nella maggior parte dei casi, ma anche ricevute bancarie o cambiali (da cui deriveranno le differenti dizioni di anticipi Xx.Xx. o anticipo cambiali). Diverse sono le forme concretamente attuate per eseguire il suddetto schema negoziale, tra le più praticate ricorrono: i) cessione di credito “scontato” alla banca, la quale diverrà titolare del diritto di credito verso il debitore del cliente cui è stata concessa l’anticipazione 5 ; ii) mandato irrevocabile all’incasso del credito conferito dal cliente alla banca accompagnato spesso – ma non sempre – da un patto di compensazione che legittima la banca a trattenere parte dei crediti riscossi a compensazione dei propri crediti. A prescindere dalla forma contrattuale in concreto utilizzata l’istituto si caratterizza per una condizione definibile come pro solvendo (cosiddetta “salvo buon fine”, abbreviata in “s.b.f.”) ovvero, in caso di mancato pagamento del debitore, alla scadenza la banca può rivolgersi anche a colui a cui favore ha concesso lo sconto (o da cui ha ricevuto il mandato irrevocabile all’incasso) per farsi restituire la somma versata.
Nella vigenza della nuova disciplina dei rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, il contratto di anticipo fatture è stato spesso oggetto di pronunce giurisprudenziali. Questo, a mio avviso, per una serie di motivi: in primo luogo per la sua estrema diffusione nella prassi commerciale6; in secondo luogo il suo carattere potenzialmente lesivo della par condicio creditorum in quanto la banca, in virtù del patto di compensazione, è legittimata a trattenere le somme che percepisce in forza di un mandato in rem propriam, ma che in realtà si tratta di denaro che sarebbe destinato all’imprenditore in concordato. Somme che in virtù del detto patto di compensazione la banca è autorizzata a trattenere fino a concorrenza del credito vantato e ciò, per l’appunto, con evidente danno degli altri creditori concordatari o concorsuali.
Nel breve arco di tempo dall’introduzione della riforma, la giurisprudenza
5 Il contratto di sconto è così definito all’art. 1858 c.c.: “Lo sconto è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso”.
6 Elevata diffusione nella prassi commerciale testimoniata anche da una pronuncia di un giudice in cui egli ha classificato i contratti di anticipo fatture s.b.f. come atti di ordinaria amministrazione, tra gli altri motivi, anche per la loro elevata diffusione. Così Trib. Terni, 12 ottobre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di Xxxxxxx: “alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, allo scopo di distinguere gli atti di ordinaria da quelli di straordinaria amministrazione, e tenendo presente che nell'ambito del concordato preventivo l'articolo 169 bis enuncia la regola della continuazione dei contratti in corso di esecuzione, è possibile affermare che le operazioni di anticipo o sconto di fatture effettuate presso istituti bancari o di factoring, con sottostante cessione dei crediti anticipati, che siano in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso per concordato, siano da ritenersi atti di ordinaria amministrazione e ciò non solo per l'uso pregresso che ne abbia eventualmente fatto l'impresa, ma anche perché si tratta del tipo di operazioni più diffuso nella prassi commerciale e che consentono lo smobilizzo dei crediti d'impresa in funzione cd. “autoliquidante”.
non ha assunto posizioni uniformi a riguardo. Una parte ha negato l’applicabilità dell’art. 169 bis al contratto di anticipo fatture in quanto mancherebbe il presupposto della sinallagmaticità della prestazioni 7 . Di conseguenza, analogamente a quanto sostenuto per il mutuo e l’anticipazione bancaria, questo contratto sarebbe estraneo all’ambito di applicazione della norma. In un’altra pronuncia un tribunale, pur non esprimendosi in generale sul contratto di anticipo fatture, ha affrontato invece la questione della sorte della clausola di compensazione8: nel caso di specie sono stati salvati gli effetti della stessa nel caso di una compensazione relativa a somme anticipate al cliente prima dell’ammissione alla procedura concorsuale, anche se la riscossione era avvenuta posteriormente. Un altro e più corposo filone giurisprudenziale ha ritenuto il contratto di anticipo fatture passibile di istanza di scioglimento (o sospensione) ai sensi dell’art. 169 bis e analizzando le motivazioni di accoglimento delle singole domande si possono identificare delle comuni linee interpretative. Per una prima serie di pronunce la motivazione alla base dell’accoglimento era costituita dal concreto pericolo di lesione della par condicio creditorum in quanto, soprattutto nel caso fosse presente la clausola di compensazione, vi era il rischio concreto di una soddisfazione preferenziale dell’istituto di credito sulle somme che era stato incaricato a riscuotere, in danno al resto dei creditori dell’imprenditore ammesso al concordato 9 . In un’altra pronuncia il giudice ha motivato
7 In questo senso Trib. Vicenza, 25 giugno 2013 su xxx.xxxxxx.xx in cui si afferma che “non vi sono due reciproche prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico funzionale, ma una sola, come nel mutuo” qualificando inoltre l’anticipo fatture (nel caso di specie era un mandato all’incasso in rem propriam) come un “contratto bilaterale a livello genetico, ma sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca (di rendiconto, di diligenze, ecc.) non incidono sulla struttura fondamentale del rapporto”; Nello stesso senso si veda Trib. Milano, 13 marzo 2013, in Riv. Dott. Comm., 2013, pag. 679 e ss con nota di XXXXXXXX: Scioglimento e sospensione dei contratti bancari in corso di esecuzione ai sensi dell’art. 169-bis l.fall; Trib. Verona, 30 gennaio 2013, in Fallimento, 2013, pag. 624 e ss.
8 App. Brescia, 19 giugno 2013 su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “deve considerarsi legittima la compensazione effettuata dalla banca dei pagamenti ricevuti da terzi in relazione al portafoglio presentatole dalla debitrice ed oggetto di anticipazione qualora il credito anticipato al cliente sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale e la riscossione del relativo credito sia invece posteriore”.
9 In questo senso: Trib. Monza, 16 gennaio 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “qualora venga proposta domanda di concordato "in bianco", il tribunale, ove richiesto ai sensi dell'articolo 169 bis, legge fallimentare, può disporre la sospensione dei contratti di swap stipulati con istituti bancari nonché dei contratti di anticipazione bancaria, questi ultimi allo scopo di evitare che gli istituti di credito possono opporre in compensazione i crediti maturati”; Trib. Piacenza, 1 marzo 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXX: “in seguito alla presentazione di ricorso per concordato preventivo con riserva finalizzato al perfezionamento di un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis, L.F., può essere disposta la sospensione dei contratti di anticipazione di crediti su fatture e Xx.Xx. ed è altresì possibile ordinare agli istituti di credito di mettere a disposizione della ricorrente tutte le somme versate dai clienti in pagamento degli importi anticipati. Detto provvedimento consente, infatti, di evitare il
l’accoglimento della domanda, concordemente con l’indirizzo espresso dalla Corte di Cassazione nella celeberrima sentenza Xxxx. SS.UU. 1521/2013, in relazione al miglior soddisfacimento dei creditori. Nel caso in esame la riduzione dell’attivo concorsuale, derivante dalla mancata escussione dei crediti ceduti alle banche (seppur accompagnata dalla riduzione anche del passivo concorsuale in seguito alla compensazione attuata dalla banca), è stata ritenuta più penalizzante per il raggiungimento del suddetto scopo rispetto al caso opposto in cui il credito fosse mantenuto all’interno del patrimonio dell’impresa (e sia corrisposto un equo indennizzo all’istituto di credito)10. In altre pronunce i giudici non hanno accompagnato con una motivazione specifica l’eventuale accoglimento della domanda ex art. 169 bis, limitandosi ad indicare un generica possibilità in tal senso11.
Alla luce di quanto detto, ritengo sia innegabile consentire lo scioglimento (o la sospensione) del contratto di anticipo fatture s.b.f. ai sensi dell’art. 169 bis l.fall.. Chi non considera detto contratto come “pendente” omette di considerare compiutamente la struttura giuridica del rapporto. La banca, dopo l’anticipazione della somma di denaro, a seconda della forma contrattuale: i)
pregiudizio che deriverebbe alla collettività dei creditori dal compimento di atti che potrebbero essere resi inefficaci da azioni esercitabili nell'ambito di una futura eventuale procedura di fallimento; Trib. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “a fronte della presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva è possibile disporre la sospensione dei contratti bancari allo scopo di evitare che gli istituti di credito pongano in compensazione i propri crediti verso la ricorrente con le somme che affluiscono sui relativi conti correnti, con conseguente lesione della par condicio creditorum ed in contrasto con i principi stabiliti dagli articoli 168 e 169, legge fallimentare”; Trib. Como, 5 novembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “a fronte di domanda di concordato preventivo con riserva, può essere autorizzato, su richiesta del debitore, lo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione con gli istituti di credito e ciò al fine di evitare il pregiudizio che dalla loro prosecuzione deriverebbe in capo ai creditori sociali qualora le somme incassate dalla banca successivamente alla data di pubblicazione del ricorso per concordato fossero dalla stessa definitivamente trattenute in violazione della par condicio creditorum; Ancora in questo senso Trib. Monza, 8 agosto 2013; Trib. Bologna, 26 aprile 2013 su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx : “la sospensione autorizzata dagli organi fallimentari secondo quanto previsto dall’art. 169 bis l.fall. comporta la sospensione degli effetti di ogni clausola del contratto, compresa la clausola di compensazione, con conseguente devoluzione di ogni incasso effettuato dalla banca al debitore concordatario”.
10 Trib. Cuneo, 14 novembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di DE XXXXXX: “lo scioglimento ex art. 169 bis l.f. di contratti di anticipazione di fatture è funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori, posto che la riduzione, nel piano concordatario, dell’attivo per la parte relativa alle fatture oggetto di anticipazione, pur accompagnata da contestuale riduzione del passivo concorsuale, è più penalizzante, in termini di percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari, rispetto all’ipotesi di un mantenimento di tali crediti, con appostazione dell’intero debito, comprensivo dell’equo indennizzo”. 11 Trib. Genova, 4 novembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx, con nota di XXXXXXXX: “lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo può essere autorizzato anche con riferimento a contratti di anticipo fatture nei quali la banca abbia già eseguito pressochè interamente la propria prestazione”; concetto ripreso e condiviso anche dalla Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxx, 00 febbraio 2014, su xxx.xxxxxx.xx con nota di CAPECCHI
incassa per conto proprio i crediti oggetto di cessione quindi, in forza di questi, potrà far valere la clausola di compensazione; ii) nel caso di “sconto” o di mandato all’incasso senza clausola di compensazione dovrà attendere l’esecuzione della prestazione da parte del terzo (debitore) per poter poi liberare l’imprenditore, in quanto in caso di inadempimento potrà rivolgersi verso di lui. Il contratto, alla luce di quanto esposto, non può non ritenersi compiutamente in corso di esecuzione durante tutta la vigenza del rapporto12 e quindi suscettibile di scioglimento o sospensione qualora oggetto di domanda del debitore in procedura e ricorrano i motivi giuridici per concedere la detta autorizzazione.
In conclusione occorre sottolineare che quanto detto finora a proposito del contratto di anticipo fatture è applicabile anche al contratto di factoring13. Esso è una figura contrattuale d’importazione anglosassone in cui un imprenditore specializzato (factor), a fronte del pagamento di una commissione variabile a seconda dell’entità degli obblighi assunti, si impegna a fornire all’impresa cliente una vasta gamma di servizi relativi alla gestione dei crediti della stessa impresa cliente vantati nei confronti della propria clientela (a titolo esemplificativo tali attività possono consistere in: contabilizzazione, amministrazione, sollecito, incasso, recupero dei crediti)14. L’istituto specifico per attuare la prima funzione consiste nella maggior parte dei casi in una cessione di credito (cessione che sarà pro solvendo nella normalità dei casi e pro soluto nel caso in cui il factor si sia assunto il rischio del mancato adempimento del debitore del cliente). Essendo dunque analoga la costruzione giuridica sottostante, e considerando che spesso l’attività di factoring è svolta dalle banche stesse, le considerazioni sopra esposte in relazione al contratto di anticipo fatture varranno anche per questo schema negoziale15.
12 Segnalo, concordemente con quanto esposto: Appello Milano, 8 agosto 2013, su Giur. Comm. 1/2014, con nota di DE PRÀ, pag. 56/II e Xxxxxxxxx, Contratti bancari e preconcordato, su xxx.xxxxxxxx.xx, pag 5
13 La disciplina sul factoring è contenuta nella legge 21 febbraio 1991, n. 52 che ha apportato delle deroghe alla disciplina generale dettata dagli artt. 1260 e ss. c.c.. Tali deroghe si applicano soltando qualora: a) il cedente sia un’imprenditore; b) i crediti ceduti siano pecuniari e sorgano da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa; c) il cessionario sia una banca o un intermediario finanziario, il cui oggetto sociale preveda l’esercizio dell’attività di acquisto di crediti d’impresa.
14 Nella prassi il factor presta anche la cosiddetta “funzione di finanziamento”, consistente in un’anticipazione finanziaria del valore dei crediti ceduti rispetto alla loro scadenza e, più raramente, può accollarsi anche il rischio dell’insolvenza di uno o più debitori dell’impresa stessa (“funzione assicurativa”).
15 Ad ulteriore conferma di ciò in alcune pronunce giurisprudenziali le fattispecie di factoring e anticipo fatture sono assimilate. A tal proposito si veda Trib. Terni, 12 ottobre 2012, su
4. Il contratto di leasing
Il leasing, o locazione finanziaria, è uno schema contrattuale d’importazione anglosassone largamente diffuso nella prassi commerciale. Nonostante l’elevata diffusione tale contratto non ha mai ricevuto una apposita disciplina legislativa che lo abbia “tipizzato”16. In questo schema contrattuale un soggetto, chiamato utilizzatore, il quale necessita di un bene (prevalentemente macchinari industriali o automobili, talvolta anche immobili), anziché chiedere in prestito il denaro necessario per l’acquisto si rivolge ad un intermediario specializzato, chiamato concedente, chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore, o di farlo costruire dal produttore, per poi darlo in godimento temporaneo allo stesso utilizzatore contro pagamento di un canone periodico. L’utilizzatore si obbliga quindi a pagare al concedente il canone per tutto il tempo concordato, assumendosi il rischio di perimento o cattivo funzionamento del bene, ed è prevista la possibilità di riscattare il bene al termine del contratto o, in alternativa, di restituire la res oggetto del contratto facendosene consegnare un’altra e continuando a pagare il canone concordato17.
Pacifica risulta l’applicabilità al contratto di leasing del disposto dell’art. 169 bis in quanto la prestazione risulta in corso di esecuzione per entrambi i soggetti (la messa a disposizione del bene e, dall’altra parte il pagamento del canone). I quesiti applicativi a cui dare risposta sul tema sono essenzialmente due: le conseguenze dell’esistenza di canoni non pagati e gli effetti dell’eventuale scioglimento.
xxx.xxxxxx.xx: “ (…) è possibile affermare che le operazioni di anticipo o sconto di fatture effettuate presso istituti bancari o di factoring, con sottostante cessione dei crediti anticipati (…). Ancora più significativa la seguente pronuncia in cui il giudice autorizza lo scioglimento di un contratto di factoring in quanto potenzialmente lesivo della possibile lesione della par condicio creditorum, con una linea interpretativa equivalente a quanto affermato in precedenza sul contratto di anticipo fatture: Trib. Bergamo, 7 giugno 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “durante la fase di pre-concordato è possibile disporre, ai sensi dell'articolo 169 bis L.F., la sospensione di contratti di factoring qualora per la massa dei creditori appaia evidente la convenienza di tale scelta in ragione della non opponibilità in compensazione dei crediti maturati dalla società di factoring”.
16 Tanto che parte della dottrina lo ha definito un contratto “socialmente tipico”. Si veda Torrente X. Xxxxxxxxxxxx P., Manuale di diritto privato, Milano, Xxxxxxx, 2007
17 Il leasing viene poi diviso in “operativo” (se il concedente è il produttore del bene) o “finanziario” (se il concedente lo acquista per conto dell’utilizzatore) e “di godimento” (se l’interesse dell’utilizzatore verso il bene si esaurisce con il consumarsi del periodo contrattuale stabilito per il godimento) e “traslativo” (se il bene oggetto del contratto conserva una sua rilevante utilità anche successivamente alla cessazione del rapporto.
Per quanto riguarda l’esistenza di pagamenti scaduti e non effettuati da parte dell’utilizzatore, saranno ben esperibili i normali mezzi di autotutela per il concedente. Nello specifico sarà lecita la sua pretesa di sospendere l’esecuzione del contratto riprendendo possesso del bene anche al fine d’impedirne al debitore l’ulteriore utilizzo o, più verosimilmente, richiedere la risoluzione del contratto avvalendosi dell’apposita clausola contrattuale o facendo apposita istanza al xxxxxxx00. In una situazione del genere la richiesta di scioglimento o sospensione da parte del debitore non potrà avvenire poiché il meccanismo risolutorio retroagisce a partire dalle prestazioni ineseguite19. In altre parole, se la richiesta di risoluzione provenga dal concedente, non trova applicazione il disposto dell’art. 169 bis l.fall.
Qualora detta richiesta non provenga dal creditore, per il debitore sarà ovviamente possibile richiederne la sospensione o lo scioglimento all’interno del ricorso stesso qualora la sua prosecuzione comporterebbe un aggravio di costi e conseguentemente una minor soddisfazione dei creditori20 all’esito della procedura. In base a quanto previsto dal secondo comma dell’art. 169 bis, il contrente in bonis avrà diritto ad un “indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento”. Nel caso in cui il ricorso sia proposto all’interno di un concordato in bianco per parte della dottrina21, con cui mi sento di concordare, il debitore avrebbe diritto, oltre che alla restituzione del bene, anche al pagamento immediato ed integrale dei canoni maturati dopo la produzione degli effetti del ricorso22 . Ad ulteriore specificazione di quanto
18 In entrambi i casi con effetto preclusivo di un tardivo adempimento del debitore ai sensi dell’art. 1453 terzo comma c.c.: “dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione”.
19 1458 c.c.: “La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”
20 Trib. Ravenna, 28 gennaio 2014, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX: “nell'ambito di un concordato preventivo di natura liquidatoria, il quale prevede la monetizzazione e la alienazione a terzi di ogni cespite immobiliare e diritto o altra utilità patrimoniale, può essere autorizzato, ai sensi dell'articolo 169 bis L.F., lo scioglimento dei contratti di leasing immobiliare la cui prosecuzione comporterebbe un aggravio di costi a fronte della difficoltà di individuare potenziali acquirenti degli immobili”.
21 Xxxxxxxxx V., contratti bancari e preconcordato, su xxx.xxxxxxxx.xx
22 A tal proposito segnalo Trib. Terni, 27 dicembre 2013, su xxx.xxxxxx.xx con nota di XXXXXXX, in cui pur confermando il dovere di corrispondere l’importo al concedente ne identifica una natura di credito da soddisfare in prededuzione: “L'eventuale scioglimento dei contratti in corso di esecuzione disposto ai sensi dell'articolo 169 bis L.F. non retroagisce né alla data di presentazione della domanda di concordato con riserva, né alla sua pubblicazione nel registro delle imprese, bensì alla data della richiesta di autorizzazione, sì che i diritti maturati nel frattempo avranno natura prededotta, in quanto crediti sorti per effetto di atti di ordinaria amministrazione legalmente compiuti dal debitore ai sensi dell'articolo 161, comma 7, L.F. (fattispecie in tema di sospensione di contratto di leasing di impianto fotovoltaico)”.
detto relativamente allo scioglimento (o sospensione) del contratto di leasing nel concordato in bianco, la giurisprudenza ha, a mio avviso correttamente 23 , affermato inoltre che debba quanto meno essere identificato quantomeno il tipo di concordato che sarà proposto e “l'incidenza dei canoni di leasing in essere nella gestione ordinaria della società”24.
23 Concordemente con quanto approfondito nel corso del Capitolo III, paragrafo 4.2 riguardante in generale l’applicabilità della disciplina dell’art. 169 bis al concordato in bianco.
24 Trib. Mantova, 27 settembre 2012, su xxx.xxxxxx.xx con nota di DE XXXXXX: Non può trovare accoglimento la richiesta del proponente il concordato preventivo formulata ai sensi dell'art. 169 bis l.f., in seno ad un ricorso ex art. 161 VI co. l.f., di essere autorizzato alla sospensione di contratti di leasing pendenti se non viene delineato il tipo di concordato che sarà proposto, e non viene rappresentata l'incidenza dei canoni di leasing in essere nella gestione ordinaria della società.
CAPITOLO V
I CONTRATTI PENDENTI NEL CONCORDATO PREVENTIVO “CON CONTINUITA’ AZIENDALE”: L’ART. 186 Bis III° Co. L.Fall.
1. Il Concordato preventivo “con continuità aziendale”: l’art. 186 bis
Con la novella del 2012 il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento due nuovi articoli (l’art. 186 bis e 182 quinquies l.fall.) allo scopo di inserire degli ulteriori accorgimenti all’istituto del concordato preventivo qualora la modalità attuativa dello stesso contempli la continuazione dell’attività aziendale1. Sul fatto che il legislatore non abbia voluto creare una “nuova figura di concordato”2, ma si sia limitato “ad introdurre adattamenti” parrebbe sostenuto dal tenore letterale stesso della norma, in cui si dispone che “quando il piano di concordato di cui all’art. 161, secondo comma, lett. e) prevede la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costruzione, si applicano le disposizioni del presente articolo” (art 186 bis l.fall.)3. In altre parole la procedura concordataria rimane la medesima, così come medesima rimane la disciplina positiva, ma qualora il piano (che il debitore deve presentare obbligatoriamente ai sensi della lettera e) del secondo comma
1 Alcuni commentatori hanno fatto notare la non felice formulazione della norma effettuata dal legislatore. Si veda, ad esempio, Lo Xxxxxx G., Crisi delle imprese, attualità normative e tramonto della tutela concorsuale, in Il fallimento, 1/2013, pag.13: “si tratta di una disciplina enunciata in modo confuso ed incerto”
2 Stanghellini X., il concordato con continuità aziendale, su Il fallimento, 10/2013, cit. pag. 1225
3 Xxxxxxxxxxxx X., in op. cit. osserva infatti che: “ la tecnica normativa (“quando… si applicano”) è cristallina nel senso che l’applicazione della norma non dipende da un’opzione del debitore, ma è la conseguenza del fatto che la continuità aziendale, in una delle tre forme descritte (prosecuzione, cessione, conferimento), è parte della complessiva operazione concordataria che egli si propone di xxxxxxx. Il debitore può dunque scegliere se mettere o meno in atto la fattispecie-continuità aziendale, ma se la scelta è nel senso della continuità la disciplina applicabile è quella dell’art. 186 bis”.
dell’art. 161 l.fall.4) preveda una continuazione dell’attività di impresa, sarà necessario rispettare gli ulteriori requisiti indicati dall’art. 186 bis l.fall.
Mi soffermerò rapidamente ad analizzare questi requisiti ulteriori, prima di affrontare la disciplina dei contratti pendenti disciplinata nel terzo comma dell’articolo. A titolo preliminare è previsto nell’ultimo periodo del primo comma che il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all’esercizio dell’impresa. Specificazione, forse non indispensabile a mio parere, creata allo scopo di escludere che possa essere negata la caratteristica di “continuità aziendale” in caso di liquidazione di certi cespiti non essenziali al raggiungimento dell’oggetto sociale dell’impresa. Si è voluto in pratica anticipare possibili obiezioni o erronee applicazioni della norma qualora oggetto di “dismissione” e vendita siano, appunto, beni non funzionali all’attività economica del caso di specie.
Dopo questa necessaria precisazione, passo all’analisi della fattispecie concreta. L’art. 186 bis al secondo comma prevede che nei casi di concordati in continuità aziendale:
a) Il piano debba contenere “anche un’analitica5 indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura”. (art. 186 bis secondo comma lett. a)6;
b) Il piano deve essere accompagnato da una “relazione del professionista di cui all’art. 161, terzo comma”, attestante “che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori7” (art. 186 bis secondo comma lett. b).
4 Per facilità riporto il previsto della disposizione. “il debitore deve presentare con il ricorso (…) e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”.
5 Analiticità da intendersi, per la dottrina, sia a livello di “granularità” (ovvero la capacità di consentire all’attestatore di verificare la coerenza delle stime prognostiche), sia a livello temporale mediante la previsioni di dettagli annuali o infrannuali tali da consentire di verificare il rispetto dell’evoluzione del piano.
6 A tal proposito Xxxxxxxxxx G.B. e Xxxxxxx R., sub art. 186 bis in Codice Commentato del Fallimento, a cura di Lo Xxxxxx G., Milano, IPSOA, 2013 pag. 2286 osservano che: “ il concetto di piano di cui all’art . 186 bis l.fall. è necessariamente molto più vicino, anche a livello di forma ma salvi i necessari distinguo derivanti dall’impostazione, in via diretta o indiretta, della continuità, al business plan di matrice aziendalistica che non ad una esposizione, quasi esclusivamente descrittiva, delle azioni attraverso le quali il debitore si propone di attuare la proposta concordataria”.
7 Si noti la differenza rispetto alla “soddisfazione dei creditori” prevista all’art. 160 l.fall. Per la dottrina essa rappresenta la legittimazione di ogni soluzione in cui “il debitore non offra di
c) Si possa prevedere nel piano, “salvo quanto disposto dall’art. 160 l.fall., una moratoria sino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione non hanno diritto di voto.
2. I rapporti giuridici pendenti nel concordato “con continuità aziendale”
Il terzo comma dell’art. 186 bis l.fall. disciplina la sorte dei contratti pendenti nel caso di proposta di concordato in continuità aziendale.
La regola generale sull’argomento, implicita nel disposto dell’art. 169 bis che abbiamo analizzato nei capitoli precedenti, è qui esplicitata: “(…) i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura”. I contratti, dunque, rimangono in vigore nonostante la pendenza del concordato, con la precisazione che rimane “fermo quanto stabilito nell’art. 169 bis ”. Tutto questo, in altre parole, per rimarcare il concetto dell’ordinaria continuazione dei rapporti giuridici pendenti, salva la possibilità di farsi autorizzare dal giudice delegato, o dal tribunale, a scioglierli (o a sospenderli) ricorrendo i requisiti visti a tal proposito nei capitoli precedenti. In assenza di posizioni della giurisprudenza a riguardo, la dottrina dominante non ha ravvisato, analizzando il testo legislativo, motivi per escludere ciò anche in forme indirette di concordato in continuità aziendale (come in caso di conferimento dell’azienda o di un ramo di essa, o cessione della società ad un altro soggetto)8.
A tal riguardo, la norma esplicitamente esclude la validità di eventuali
patti contrari.
2.1. Concordato “con continuità aziendale” e “concordato in bianco”
soddisfare i crediti in misura maggiore di quella che deriverebbe dalla liquidazione del patrimonio, ma prometta una qualche utilità al creditore quale, ad esempio, la stipulazione di un contratto che consenta al fornitore di proseguire i rapporti commerciali con il debitore o con il terzo cessionario ovvero la possibilità di evitare, con il concordato, il possibile esperimento di azione revocatorie fallimentari”. Così Xxxxxxxxxx G.B. e Xxxxxxx R., op.cit.
8 Xxxxxxxxxx G.B. e Xxxxxxx R., op.cit.
Il principale aspetto interpretativo controverso sulla norma in esame riguarda la compatibilità tra il concordato in bianco e il concordato in continuità aziendale. Ai fini della mia trattazione, ciò servirà ad evidenziale le possibili conseguenze sui rapporti giuridici pendenti.
Il dubbio sull’eventuale compatibilità tra i due istituti è posto dalla formulazione dell’art. 182 quinquies l.fall. – riguardante le disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti - dove al quarto comma statuisce che “il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato con continuità aziendale, anche ai sensi dell’articolo 161 sesto comma può chiedere al tribunale di essere autorizzato (…) a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi (…)”. Per parte della dottrina9 risulta innegabile il dato normativo e conseguentemente sarebbe ben configurabile un concordato con riserva che preveda la continuazione dell’attività aziendale, se opportunamente delineato nel ricorso introduttivo. Per quanto riguarda la sorte dei rapporti giuridici pendenti, rileverà a questo punto il dibattito analizzato nel terzo capitolo riguardante la possibile applicabilità o meno della disciplina dell’art. 169 bis al concordato con riserva (o la tesi mediana consistente nell’ammettere la sola sospensione nell’attesa del piano definitivo). Se, quindi, si condivide la tesi positiva, sarà fatta salva la possibilità per l’imprenditore di chiedere la sospensione o lo scioglimento dei contratti già in sede di deposito del ricorso anche nel caso di concordato con continuità aziendale10.
Per altra parte della dottrina11, al contrario, la disciplina dell’art. 186 bis l.fall. non è applicabile nel caso il ricorso contenga una domanda di concordato con riserva. Alla base di ciò vi è l’assunto che il concordato in continuità aziendale sia tale soltanto in presenta di tutte le sue specifiche condizioni, ovvero:
a) Il piano di concordato prevedente la prosecuzione dell’attività di impresa, sia in modo diretto che indiretto;
9 Stanghellini X., op. cit.
10 Xxx Xxxxxxxxxxxx L., op. cit. al contrario, non rileverebbe la posizione riguardante l’estensione del 169 bis al concordato in bianco in quanto “è da ritenere implicito un principio, assimilabile a quello dettato dall’art. 104 settimo comma, secondo cui in caso di esercizio dell’impresa dopo la domanda di concordato con riserva i contratti proseguono ai sensi dell’art. 186 bis, comma 3, ferma restando la possibilità che, nei termini di legge, sia presentato un piano di concordato con continuità aziendale corredato dalle informazioni e dall’attestazione di cui all’art. 186 bis”.
11 Xxxxxxx X., La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del tribunale, su xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 27 novembre 2012
b) L’indicazione dei costi e dei ricavi attesi, le risorse finanziarie necessarie e le modalità di copertura;
c) La relazione del professionista attestante il miglior soddisfacimento dei creditori.
Potremmo definirla “concezione unitaria del concordato in continuità”, in quanto richiede, come detto, la contemporanea e contestuale presenza di tutti i suddetti requisiti. Proseguendo nel ragionamento, dunque, nel caso di concordato “in bianco” non è ontologicamente possibile la loro presenza congiunta 12 , e conseguentemente non saranno applicabili le specifiche disposizioni di legge relative al concordato in continuità come, ad esempio, l’autorizzazione al pagamento dei crediti anteriori per prestazioni essenziali (182 quinquies l.fall.) contrariamente a quanto statuito nella norma stessa. Ciò, ovviamente, non esclude che un imprenditore possa comunque continuare di fatto l’attività d’impresa dopo aver depositato il ricorso. Potrà compiere, come previsto, tutti gli atti di ordinaria amministrazione e quelli di straordinaria amministrazione se urgenti e se autorizzato dal tribunale, ma non potrà godere della tutela rafforzata dettata per il caso del concordato in continuità aziendale. In conclusione, dunque, per parte della dottrina “la descritta aporia normativa tra l’art. 182 quinquies, da una parte, e gli artt. 161 comma 6, e 186 bis, dall’altra, è dunque incomponibile, rendendo di fatto inapplicabile la prima norma in parte de qua13”, con la conseguente incompatibilità tra il concordato “in bianco” e il concordato in continuità aziendale.
2.2. I contratti pubblici
Nell’art. 186 bis l.fall è prevista una disciplina differente e aggravata qualora il contratto in oggetto sia un contratto pubblico. Innanzitutto nella
12 Anzi, nessuno dei tre è presente nel caso di concordato in bianco, così ad esempio Xxxxxxx F., op. cit.: “non esiste dunque un concordato che possa definirsi con continuità aziendale in mancanza di una o più di tali condizioni, le quali però mancano tutte in caso di pre-concordato, poiché quest’ultimo, come tale, presuppone in re ipsa che non venga depositato un piano, e quindi a maggiore ragione non è possibile che sussista la previsione, formalizzata nel piano, della prosecuzione dell’attività di impresa, né un’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi inserita in detto piano, né, infine, un’attestazione basata proprio sul piano, che certifichi che la prosecuzione dell’attività di impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”.
13 Xxxxxxx X., op. cit.