INDICE
INDICE
1. INTRODUZIONE
2. CAPITOLO 1 - LA TEORIA DEI CONTRATTI
3. CAPITOLO 2 - LA STRUTTURA DEI CONTRATTI
4. CAPITOLO 3 - I CONTRATTI NEL SETTORE CALCISTICO
5. CONCLUSIONI
6. BIBLIOGRAFIA
Introduzione
L’obiettivo del presente lavoro è esaminare la teoria dei contratti, dagli aspetti teorici agli aspetti pratici, analizzando la struttura dei contratti con una parte fissa e una parte variabile ed analizzare il settore calcistico in cui vengono stipulati. Se, in un mondo di informazione completa e di razionalità massimizzanti, le forme contrattuali sono molto semplici ed elementari, al contrario, in una realtà di incertezza, di informazione incompleta e/o assimetrica e di razionalità limitata degli agenti, la formazione di contratti diviene complessa e costosa e le forme contrattuali sono rilevanti nel determinare l'efficienza dell'attività economica. Questa osservazione ha dato luogo a un filone di ricerca detto teoria dei contratti. In particolare, lo studio delle relazioni contrattuali è stato applicato per spiegare le rigidità del mercato del lavoro e la disoccupazione involontaria che, secondo queste teorie, sarebbe dovuta alla presenza di contratti impliciti tra le imprese, che garantiscono un posto di lavoro sicuro anche in presenza di incertezza, e i lavoratori, che in cambio accettano un salario inferiore a quello che porterebbe il mercato del
lavoro in equilibrio. Nelle cronache recenti il problema è balzato sotto i riflettori con i compensi spropositati concessi a grandi banchieri e grandi managers; pagati cifre esorbitanti, malgrado le società gestite avessero patito perdite milionarie. Il problema, allora, sta nel come disegnare un pacchetto di remunerazione che allinei gli interessi del mandante (l'azionista, ma qui si potrebbero inserire anche gli altri ‘stakeholders' della società, dai dipendenti ai fornitori, dalla comunità locale allo Stato...) con quelli del manager. Questo allineamento' pone problemi complessi, ed è stato merito di Xxxxxxxxx di espandere queste analisi ad assetti più realistici di quelli esaminati nei modelli: si tratta di come distribuire la remunerazione nel tempo, della forma in cui darla (non solo monetaria, ma anche con opzioni sulle azioni o anche, per manager non apicali, con potenziali promozioni), si tratta di tener conto di possibili conflitti di interessi, di casi in cui il manager è caricato di più compiti, di casi in cui un manager può approfittarsi (free ride) del lavoro di altri, e infine di come stipulare non solo premi ma anche penalità.
“Capitolo 1 – La Teoria dei contratti”
Xxxxxx Xxxx, nato nel 1948 a Londra e docente ad Harvard, e Xxxxx Xxxxxxxxx, nato nel 1949 ad Helsinki e docente al MIT di Boston, sono i vincitori del premio Nobel 2016 per l’economia. I due studiosi sono stati premiati dall’Accademia svedese delle scienze “per i loro contributi alla teoria dei contratti”, quel campo della ricerca economica che studia le determinanti delle diverse forme contrattuali e i modi in cui la stipula di un contratto possa condurre a risultati più o meno ottimali, per le parti e per la collettività nel suo complesso. Un tipico problema analizzato dalla teoria dei contratti è quello che si pone quando il mandante di un determinato incarico non sia in grado di verificare con precisione se e in che misura il mandatario si impegni ad assolverlo. Ossia la prestazione dell’agente, come si dice in gergo, non è direttamente osservabile da chi lo abbia assunto. Questa circostanza si definisce “asimmetria informativa” ed è frequente in moltissimi rapporti contrattuali, come ad esempio quelli tra azionisti e manager di un’impresa. Considerato che l’attività del manager è difficilmente osservabile, in che modo gli
azionisti possono indurlo a impegnarsi per massimizzare i loro profitti? Una soluzione contrattuale potrebbe consistere nel collegare la remunerazione del manager all’andamento dei prezzi delle azioni dell’impresa: se i prezzi salgono la paga sale, e viceversa. A Wall Street questo sistema è utilizzato spesso, ma presenta un serio inconveniente: dato che i prezzi azionari sono ampiamente influenzati da fattori indipendenti dal comportamento del manager, la sua paga finirà per dipendere dalla sua fortuna molto più che dalla sua abilità. Nel 1979 Xxxxxxxxx suggerì un possibile rimedio: per ridurre l’influenza del caso il manager potrebbe essere retribuito sulla base del rapporto tra i prezzi azionari dell’impresa che egli guida e i prezzi di imprese simili che non siano sotto il suo controllo. In seguito, assieme ad altri colleghi, l’economista finlandese ha proposto varianti sempre più complesse di questa soluzione. La realtà, tuttavia, sembra situarsi sempre un passo avanti rispetto alle architetture contrattuali suggerite dalla teoria. Basti pensare a una circostanza di cui molto si è discusso dopo la crisi finanziaria del 2008: quella in cui gli stessi manager intervengono sul mercato allo scopo di incrementare il valore delle azioni d’impresa così da accrescere il loro stipendio. In casi del genere il criterio di Xxxxxxxxx non aiuta: anzi, il rapporto tra il prezzo dell’impresa e i
prezzi di imprese simili costituisce una misura non tanto dell’impegno del manager quanto piuttosto del suo azzardo. Il problema dell’osservazione della performance della controparte non è tuttavia l’unico affrontato dalla teoria dei contratti. Una questione ancor più rilevante è quella che riguarda i cosiddetti “contratti incompleti”, vale a dire quelle situazioni in cui le parti non sono in grado di definire in dettaglio tutti i termini contrattuali. Xxxxxx Xxxx, in collaborazione con Xxxxxxxx e Xxxxx, ha sostenuto che un contratto, nonostante sia incompleto, dovrebbe chiarire almeno chi abbia il diritto di decidere nel caso in cui emerga una controversia tra le parti. L’assegnazione di tale diritto è fondamentale, poiché essa stabilirà quale delle parti abbia incentivo a impegnarsi e ad investire nell’attività e quale invece sia disincentivata. Un contributo di ricerca, in questo senso, è consistito nel definire un criterio efficiente di assegnazione dei diritti di proprietà del capitale lungo una determinata filiera produttiva. Si pensi ad esempio a un’attività innovativa che richieda l’uso di macchine e che debba poi avvalersi di un canale distributivo. Nelle mani di chi dovrà concentrarsi la proprietà di queste tre attività? La risposta è che l’intera proprietà andrebbe assegnata all’innovatore, ossia al soggetto che svolge il compito più difficile da inquadrare dettagliatamente
all’interno di un contratto. E’ a lui che occorre assegnare il reddito netto della filiera, perché solo in tal modo si può sperare che l’attività innovativa, pur in assenza di vincoli contrattuali, sia realizzata nel modo più efficiente. Seguendo questo ragionamento, dunque, in generale la proprietà dovrebbe essere assegnata a chi dispone di competenze difficilmente negoziabili. Da questa linea di pensiero è scaturito il cosiddetto “nuovo approccio ai diritti di proprietà”, un filone di ricerca che ha goduto di notevole seguito. Non tutti però hanno condiviso in pieno questa impostazione. E’ stato osservato, ad esempio, che soprattutto nel campo della proprietà intellettuale possono attivarsi dei processi cumulativi poco piacevoli: che si tratti di singole imprese o di interi paesi, i soggetti maggiormente dotati di diritti di proprietà intellettuale tenderanno a sviluppare ulteriori abilità nella produzione di diritti di proprietà intellettuale, mentre chi non dispone di tali diritti sarà anche disincentivato a produrne, con conseguenti divergenze tra ricchi e poveri persino più gravi rispetto a quelle causate dai divari nelle dotazioni di capitale fisico. In altre parole, l’assegnazione del diritto influisce sulla maggiore o minore crescita della capacità di innovare, rendendo il problema dell’allocazione ottimale della proprietà ancor più complesso di quanto la teoria prevalente induca a ritenere.
L’assegnazione dei diritti di proprietà, per Xxxx, può rappresentare anche un criterio razionale per tracciare il confine economico tra pubblico e privato. L’intervento statale, a suo avviso, non è in grado di garantire una gestione efficiente proprio perché esso esclude una precisa assegnazione delle proprietà e dei connessi diritti di decisione. Per questo motivo, può esser conveniente estendere l’azione del privato ad ambiti tradizionalmente di competenza dello stato, come la gestione degli ospedali, delle scuole e persino delle prigioni. Per fortuna, anche per Xxxx l’estensione della mano privata ha un limite. Quando l’operatore privato sia incentivato a investire soprattutto nell’abbattimento dei costi anziché nell’incremento della qualità, è opportuno che lo Stato faccia un passo avanti e lo sostituisca. Un esempio increscioso, citato dall’Accademia svedese delle scienze, è offerto dalle carceri che negli Stati Uniti sono oggi possedute e gestite da privati. A causa tra l’altro di una sistematica tendenza a tagliare i costi, esse versano in un degrado tale che dovrebbe costituire un motivo di ripensamento anche per il più accanito dei liberisti. La strenua ricerca di meccanismi negoziali in grado di risolvere le asimmetrie di informazione o l’incompletezza dei contratti potrebbe essere interpretata, in fin dei conti, come un continuo esercizio intellettuale teso a
preservare la libertà dei privati di negoziare e ad evitare il ricorso all’intervento statale. In effetti non mancano casi in cui, in termini più o meno espliciti, i vincitori del Nobel 2016 per l’economia hanno rivelato simili orientamenti ideologici. Anche per loro, tuttavia, la grande crisi del 2008 ha rappresentato una sorta di spartiacque, che sembra avere fortemente ridimensionato la loro fiducia nell’efficienza relativa dei meccanismi negoziali tra privati. In una recente relazione per la Banca dei regolamenti internazionali, Xxxxxxxxx è giunto a diffidare di quelle soluzioni anti- crisi che si basino su mere invocazioni alla trasparenza del mercato. L’idea che i privati debbano conoscere con precisione le posizioni finanziarie delle controparti che abbiano emesso titoli, in alcuni casi potrebbe dar luogo a un aggravamento della crisi anziché a un recupero della fiducia. Nella medesima ottica Xxxxxxxxx ha invece elogiato la celebre frase di Xxxxx Xxxxxx: “faremo tutto ciò che è necessario per preservare l’euro e, credetemi, sarà sufficiente”, proprio per la sua estrema opacità. Per l’economista finlandese, l’indefinitezza di quella dichiarazione ha impedito che gli operatori privati facessero troppi calcoli sulla sostenibilità dell’impegno del banchiere centrale a difendere l’euro, e ha consentito di creare intorno alla moneta unica una convergenza di vedute fondata su una “simmetrica
ignoranza” tra tutte le parti. Nel difendere una chiave di lettura così spregiudicata Xxxxxxxxx non ha esitato a citare Xxxxxxxxxxx. In effetti, a ben guardare, questa sua è una concezione della politica monetaria molto poco convenzionale, e molto prossima alle visioni eterodosse del banchiere centrale come “market maker”, una sorta di moderno principe del mercato. Naturalmente, nessuno ritiene che la sola opacità del banchiere centrale consenta di salvaguardarci da nuove crisi. Entrambi i premi Nobel sostengono, al contrario, che per affrontare le future turbolenze c’è bisogno di interventi ben più ampi, e per certi versi eretici. E’ interessante citare, a questo riguardo, un recente contributo di Xxxx e Xxxxxxxx in tema di crisi bancarie. La tesi dei due autori è che presso le banche tendono a concentrarsi le attività finanziarie di quei soggetti che hanno maggiori esigenze di liquidità. Per questo motivo una crisi bancaria è diversa da ogni altra crisi, poiché sottrae liquidità proprio ai soggetti che ne hanno più bisogno, e quindi inevitabilmente determina una propagazione dei suoi effetti e un connesso crollo della domanda aggregata. Un intervento statale deve pertanto ritenersi inesorabile e urgente, per ricapitalizzare le banche in difficoltà, per salvaguardare i depositanti da eventuali perdite e per rilanciare la domanda. Questa soluzione viene oggi con un certo imbarazzo
sostenuta persino da coloro che qualche anno fa, in nome del libero mercato, plaudirono improvvidamente al fallimento di Xxxxxx Brothers. Si tratta però di una soluzione scomoda, che denuda la finanza privata rivelando il suo estremo bisogno, nei momenti di crisi, di ricorrere ai salvataggi statali. Ogni volta che si compie un passo lungo questa via politica, diventa sempre più difficile placare le voci di popolo contro l’andazzo “della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite”.
“Capitolo 2 – La Struttura dei contratti”
Prima di soffermarmi con più attenzione sulla retribuzione, con parte variabile e con parte fissa, all’interno del contratto, vorrei eseguire un analisi generale sulla
struttura contrattuale. Il contratto è la figura più importante di negozio giuridico. Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, modificare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Dal contratto derivano le obbligazioni delle parti. Il legislatore italiano disciplina i contratti nel libro quarto del codice civile e, in particolar modo, conia la definizione stessa di contratto nell'articolo 1321 del
codice civile. "Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale." (Art. 1321 c.c. Nozione di contratto) Il contratto è lo strumento giuridico più diffuso nella regolamentazione dei rapporti fra soggetti privati. E' composto dai seguenti elementi:
1. Accordo tra le parti
2. La causa
3. L’oggetto
4. La forma
L’accordo tra le parti L'accordo delle parti in un contratto ha luogo quando le volontà delle parti convergono in un unico oggetto. La manifestazione di volontà può essere espressa in vari modi, in base alle disposizioni previste dalla legge, purché sia riconoscibile da entrambe le parti.
In particolar modo possiamo distinguere due diverse forme di manifestazione della volontà:
1. Manifestazione di volontà espressa. Si realizza quando la manifestazione di
volontà è sancita da comportamenti inequivocabili. Ad esempio, la
sottoscrizione di un atto o il voto per alzata di mano.
2. Manifestazione di volontà tacita. Si realizza quando il comportamento e la condotta di un soggetto esprimono implicitamente una volontà.
L'accordo tra le parti si perfeziona quando una proposta, proveniente da una parte "proponente", trova l'accettazione dell'altra parte "accettante". In base alla legge, quindi, un contratto nasce sempre sotto forma di proposta e si perfeziona con 'accettazione dell'altra parte "accettante". In base alla legge, quindi, un contratto nasce sempre sotto forma di proposta e si perfeziona con l'accettazione dell'altra. La causa è un elemento essenziale del contratto ma anche in generale del negozio giuridico, la cui assenza o illiceità determina nullità dell'atto.
L’oggetto del contratto è anch’esso un requisito fondamentale, la cui mancanza provoca nullità. L’oggetto del contratto deve essere:
1. Possibile: inteso sia in senso materiale che in senso giuridico.
2. Lecito: l’oggetto è illecito quando è contrario al buon costume e all’ordine pubblico o a una norma imperativa
3. Determinato e determinabile: L'oggetto è determinato quando può calcolarsi la quantità e la qualità di esso; L’oggetto è invece determinabile quando la sua individuazione può essere fatta senza una nuova determinazione
negoziale, ma con riferimento a fatti, circostanze e persone sottratte alla disponibilità del dichiarante.
La forma è il modo in cui si manifesta esternamente le volontà delle parti. Può essere di due tipologie:
1. Ad substantiam: forma scritta richiesta pena la nullità
2. Ad probationem: forma scritta richiesta ai fini della prova
Esistono diverse classificazioni di contratto. Le più importanti sono le seguenti:
1. Contratti tipici o atipici
2. Contratti consensuali o reali
3. Contratti obbligatori o traslativi
4. Contratti bilaterali o plurilaterali
5. Contratti a titolo oneroso o gratuiti
I contratti atipici, sono quei contratti non espressamente disciplinati dal diritto civile e creati ad hoc dalle parti, in base alle loro specifiche esigenze di negoziazione. In questo tipo di contratti le parti possono agire liberamente, scegliendo i termini senza restrizioni. Essi possono essere costituiti da elementi tipizzati di diversi contratti tipici, e in questo caso sono detti contratti misti, oppure possono essere indipendenti
da altri modelli contrattuali preesistenti. Per contratti tipici, invece, si intende quella tipologia che fa riferimento ad uno schema contrattuale previsto espressamente dall’ordinamento giuridico, la cui disciplina è dedotta dal codice civile o da una legge speciale. I contratti consensuali sono quei contratti che si perfezionano con il consenso delle parti (tizio vende una bicicletta a Caio. Il contratto di compravendita si perfeziona nel momento in cui Xxxxx e Xxxx si accordano in ordine al prezzo e all’oggetto del contratto – tipo di bici ad esempio. La consegna della bici e il pagamento del prezzo sono obbligazioni sorte nel momento in cui il contratto si è perfezionato, cioè nel momento in cui le parti hanno raggiunto l’accordo). I contratti reali (da “res“ che in latino significa cosa; consegna della cosa) sono quelli che si perfezionano con la consegna del bene oggetto del contratto. Il contratto traslativo è una forma contrattuale da cui scaturisce, il trasferimento della proprietà di un bene determinato o la costituzione o il trasferimento di un diritto reale su un bene determinato o il trasferimento di altro diritto. Esempio classico è la compravendita. Il contratto obbligatorio è quella forma contrattuale che parla degli effetti obbligatori del contratto quando si fa riferimento alle obbligazioni che derivano dal contratto stesso. E' contratto bilaterale il contratto con due sole parti,
è contratto plurilaterale il contratto con più di due parti. Generalmente il contratto plurilaterale ha comunione di scopo, nel senso che le prestazioni delle parti sono dirette al conseguimento di uno scopo comune. Nel contratto bilaterale, invece, generalmente le parti perseguono interessi diversi tra loro. Il contratto a titolo gratuito è quel contratto nel quale una parte, a fronte della propria prestazione, non ottiene dall'altra parte un vantaggio economico, finanziario o patrimoniale significativo. Si contrappone al contratto a titolo oneroso, che è un accordo nel quale al sacrificio patrimoniale che una parte compie eseguendo la prestazione, corrisponde un vantaggio patrimoniale che la stessa parte consegue ricevendo la prestazione della controparte.
1. Definito il contratto, con i vari requisiti essenziali e le varie forme che può assumere, è arrivato il momento di esaminare la retribuzione. Il prospetto che indica la retribuzione che il lavoratore percepisce è chiamato Busta Paga. In questa prima parte analizzeremo nel dettaglio cosa è la busta paga e gli elementi che la compongono. La Busta paga è il prospetto che indica la somma che il lavoratore percepisce come compenso per l'attività svolta per un determinato periodo di lavoro. Essa esprime, in termini monetari,
l'insieme dei rapporti del lavoratore con il datore di lavoro, con lo Stato (attraverso le imposte) e con gli enti previdenziali (attraverso le trattenute previdenziali ed assistenziali). Il datore di lavoro ha l'obbligo di consegnare, insieme alla retribuzione, anche un prospetto paga in cui devono essere indicati, oltre al periodo di lavoro in questione, tutti gli elementi che occorrono per determinare la retribuzione lorda e le detrazioni che portano alla paga netta. Le voci economiche di cui si compone la busta paga, derivanti dalla contrattazione collettiva, possono essere suddivise in quattro gruppi:
• Elementi fissi della retribuzione
• Elementi variabili
• Trattenute fiscali
• Trattenute previdenziali
Sono elementi fissi della retribuzione quelli che fanno parte della retribuzione di qualsiasi lavoratore dipendente, vale a dire:
- la paga base o minimo tabellare: viene determinata dalla contrattazione collettiva e il suo importo varia a seconda del settore economico di appartenenza e della
qualifica del lavoratore. In genere viene stabilita in misura fissa mensile ed è l'elemento più importante della retribuzione in quanto in base ad essa sono calcolati tutti gli altri elementi.
- gli scatti di anzianità: costituiscono una voce della retribuzione determinata dalla contrattazione collettiva ed erogata al compimento di una determinata anzianità di servizio del lavoratore presso una medesima azienda. Gli importi variano in base alla qualifica e vengono incrementati periodicamente a scadenza diverse a seconda del contratto collettivo applicabile.
- l’indennità di contingenza: ha il compito di adeguare la retribuzione alla variazione del costo della vita. Essa, in molti contratti collettivi, è ormai conglobata nel minimo contrattuale
- l'elemento distinto della retribuzione EDR: è un importo fisso mensile che viene erogato con la retribuzione mensile e la tredicesima a tutti i lavoratori del settore privato, per compensare l'abolizione dell'indennità di contingenza.
- terzo elemento: si tratta di un importo stabilito in cifra fissa per tutti i lavoratori dipendenti che varia da provincia a provincia.
Gli elementi variabili della retribuzione, invece, sono quelli che variano nei diversi mesi dell'anno come ad esempio: gli straordinari, le indennità, le ferie, la tredicesima mensilità, le festività, i permessi, il congedo matrimoniale, la malattia, la maternità, l'infortunio, gli assegni per il nucleo familiare, i fringe benefit (riconoscimenti individuali volti a premiare il singolo lavoratore).Tra gli elementi della retribuzione che devono risultare nella busta paga vi sono anche gli assegni familiari. Il godimento dell'assegno viene riconosciuto ed erogato a tutti i lavoratori dipendenti in relazione al reddito familiare. Per ottenere il riconoscimento dell'assegno il lavoratore deve compilare, entro il mese di giugno di ogni anno, una dichiarazione relativa al reddito percepito nell'anno precedente assoggettabile ad imposta e consegnarla al datore di lavoro. Nell'analizzare le buste paga, oltre agli elementi fissi e agli elementi variabili che la compongono, bisogna considerare anche le trattenute fiscali e previdenziali che ci permetteranno di giungere alla determinazione della paga netta. Il datore di lavoro viene definito "sostituto d'imposta" poiché si sostituisce all'Amministrazione finanziaria nel prelievo fiscale. Infatti egli alla fine di ogni periodo di paga è tenuto a quantificare e trattenere l'imposta che incide sulle retribuzioni corrisposte al dipendente. L'IRPEF
rappresenta la trattenuta fiscale sul reddito delle persone fisiche che viene applicata dal datore di lavoro sulla retribuzione del lavoratore dipendente. Essa viene calcolata sulla retribuzione imponibile, vale a dire quella al netto delle ritenute previdenziali ed assistenziali e degli assegni familiari. Le trattenute sulla retribuzione mensile imponibile vengono effettuate sulla base degli scaglioni di reddito e delle relative aliquote, determinando così l'imposta lorda alla quale poi verranno applicate le detrazioni di imposta. L'imposta netta dovuta mensilmente dal lavoratore si ottiene pertanto sottraendo le detrazioni dall'imposta lorda, ad eccezione delle mensilità aggiuntive sulle quali non vanno operate le detrazioni. Altro elemento della busta paga è quello relativo alle trattenute ai fini della pensione. I soggetti erogatori delle prestazioni previdenziali sono l'Inps (per i lavoratori dipendenti del settore privato), l'Inail (che assicura i lavoratori dal rischio infortuni sul lavoro), l'Inpdap (per i lavoratori dipendenti del settore pubblico). In particolar modo, i contributi costituiscono ad oggi la principale forma di finanziamento del sistema previdenziale ed in genere sono commisurati alla retribuzione attraverso l'applicazione di un'aliquota stabilita dalla legge. La determinazione della retribuzione imponibile ai fini previdenziali consiste
nell'individuare quali compensi erogati al lavoratore compongono la base su cui applicare le aliquote per pervenire all'importo dovuto all'ente previdenziale. Infine vi è il netto busta paga, che è la somma che percepirà il lavoratore dipendente e si ottiene sottraendo dal totale lordo tutte le trattenute operate (contributi previdenziali e assistenziali e trattenute fiscali).
“Capitolo 3 – I contratti nel settore calcistico”
Il contratto calcistico è tipico, consensuale, a titolo oneroso, formale, bilaterale, a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori. La tipicità di tale contratto deriva dal fatto che il legislatore ha previsto e disciplinato in ogni singola clausola tale negozio giuridico. La prestazione dell’atleta è a titolo oneroso, dato che solo la caratteristica dell’onerosità fa si che i principi del diritto civile in materia di lavoro possano applicarsi al mondo sportivo. Il contratto è consensuale dal momento che si perfeziona solo con il semplice consenso delle parti; per essere efficace però
deve necessariamente possedere la forma scritta a pena di nullità, peculiarità che da il carattere formale a questo tipo di contratto. Il contratto è a prestazioni corrispettive ad effetti obbligatori perché derivano obbligazioni reciproche per entrambe le parti: prestazione calcistica da una parte ed elargizione di un compenso monetario da parte del sodalizio sportivo, dall’altra. È al tempo stesso bilaterale perché, come si intuisce facilmente, viene stipulato da due parti, il datore di lavoro, rappresentato dalla società calcistica ed il lavoratore subordinato, nella veste del calciatore professionista o dell’allenatore. Il rapporto di lavoro calcistico, come ogni altro rapporto subordinato, è caratterizzato dall’etero determinazione dell’attività lavorativa, ovvero dall’ obbligo a carico del prestatore di lavoro di osservare le direttive impartite dal datore di lavoro o dai suoi superiori, applicando la diligenza richiesta dalla natura della prestazione lavorativa dovuta. L’art. 2104 del c.c. infatti ha xxxxxxx che il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’ interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’ imprenditore e dai suoi collaboratori da cui dipende. La società sportiva che stipula un contratto di
prestazione sportiva calcistica con un atleta professionista si impegna ad assumere numerosi obblighi e doveri nei confronti di questi, il principale dei quali è proprio quello di corrispondere una retribuzione pari a quella pattuita nel contratto. Si definisce la retribuzione, come il compenso pattuito tra la società sportiva ed il calciatore che deve essere indicato nel contratto, a pena di nullità. La retribuzione del calciatore professionista è costituita da due parti: - una quota fissa, statuita al momento della stipulazione del contratto che non può mai scendere sotto la quota delle retribuzioni minime previste ogni anno per ciascuna categoria professionistica e che si stabilisce di volta in volta in base al campionato cui la società prende parte. - Una quota variabile, che non può mai superare il 50% della parte fissa e che è legata al raggiungimento degli obiettivi posti dalla società ad inizio stagione (conquista di titoli, coppe, diritto di accesso a Coppe Europee) o al conseguimento di risultati individuali (numero di assist effettuati, numero di goal segnati, bonus presenze raggiunte). L’ art.5 svolge, invece, il compito di disciplinare le modalità attraverso le quali la retribuzione deve essere corrisposta al calciatore, senza possibilità di sospensioni o riduzioni: la parte fissa deve essere saldata in 12 rate mensili di uguale importo mentre la parte variabile deve essere
pagata secondo le specifiche modalità previste nel singolo contratto. Il pagamento deve essere effettuato per mezzo di assegni circolari presso la sede della società o mediante bonifico bancario. Nel caso in cui la società non provveda al pagamento della retribuzione per di un mese, il calciatore avrà diritto alla rivalutazione monetaria in base all’ indice dei prezzi calcolato dall’ ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell’industria e agli interessi legali che si devono calcolare sull’ importo lordo che decorre dal primo giorno successivo a quello in cui il pagamento doveva effettuarsi per essere puntuale. I calciatori poi hanno diritto ad un’ulteriore retribuzione, quella derivante dallo sfruttamento dei propri diritti d’ immagine e quella derivante dal ruolo pubblicitario o di testimonial. Di fondamentale importanza nelle trattative contrattuali è l’agente dell’atleta professionista , L’agente dei calciatori, anche conosciuto come procuratore sportivo è il soggetto giuridico che svolge la funzione principale di curare gli interessi dell’atleta rappresentato nel corso del rapporto di lavoro sportivo stipulato con le società calcistiche. Tale attività è pero subordinata al conferimento da parte dell’ atleta professionista di un regolare e valido mandato di rappresentanza che autorizza e legittima il procuratore a farne le veci, con maggiori competenze giuridiche ed
economiche, sia nella fase che precede la stipulazione del contratto consistente nella ricerca di una società disposta ad ingaggiare il giocatore, sia nella fase di conclusione del rapporto contrattuale e anche in quella successiva costituita dall’ attuazione e dallo svolgimento del rapporto di lavoro. In un primo momento l’ordinamento giuridico sportivo faceva una distinzione tra procuratore sportivo / agente dei calciatori e agente F.I.F.A., il primo legittimato a curare gli interessi del calciatore in ambito esclusivamente nazionale, il secondo autorizzato a svolgere tale compito anche in ambito internazionale. Al giorno d’ oggi, invece, le modifiche introdotte con l’emanazione del nuovo Regolamento Nazionale Agenti
F.I.G.C. hanno fatto confluire i due soggetti giuridici in un’unica figura unitaria, quella dell’Agente dei Calciatori. Essi sono caratterizzati da una cosiddetta soggettività riflessa dato che la loro soggezione alle norme proprie dell’ordinamento sportivo nazionale è data dalla sottoscrizione della già citata clausola compromissoria e non dal tesseramento, come avviene per gli altri soggetti di diritto caratterizzanti l’ordinamento sportivo quali calciatori, allenatori o dirigenti. Gli agenti, d’altronde, non sono parte dell’ordinamento sportivo ma sono vincolati a seguirne i principi e le regole nel momento in cui essi sottoscrivono la
clausola compromissoria e si assumono la responsabilità di tutelare gli interessi economici dei calciatori che rappresentano. La principale funzione svolta dagli agenti, come già accennato, infatti, è proprio quella di curare e promuovere i rapporti intercorrenti tra i calciatori e le società professionistiche sportive oppure quella di promuovere i rapporti tra due diverse società finalizzati alla stipula di un contratto di cessione o di trasferimento di un calciatore. La loro retribuzione è stata oggetto di dibattiti durante gli anni, in quanto i loro guadagni derivano dalle intermediazioni per le compravendite, e solo in minima parte dai servizi resi agli atleti in fase di sottoscrizione o rinnovo di un contratto. La regola imporrebbe che quest’ultimo gli riconosca al massimo il 3% del suo stipendio lordo o del prezzo del trasferimento, ma questo tetto il più delle volte è ignorato e le percentuali sono ben più alte. Più che limitarsi a curare gli interessi dello sportivo, da alcuni anni il ruolo di questi professionisti è diventato molto più cruciale. Il procuratore, infatti, non si limita ad assistere le operazioni di compravendita, ma ne tesse le trame dall’inizio fino alla fine imponendosi come figura centrale di tutto il meccanismo.
Conclusioni
Questo studio ha cercato di esaminare e di definire la teoria dei contratti, soffermandomi soprattutto sulla struttura contrattuale e la stipulazione di quest’ultimi nel mondo del calcio. Una domanda che mi sono posto nel primo capitolo di questa relazione finale, parlando dei manager in maniera generale è stata: “in che modo gli azionisti possono indurre i manager a massimizzare i loro profitti?”. Analizzando il settore calcistico nel terzo capitolo di questo studio, la domanda potrebbe essere un’altra, ma con lo stesso significato: “come possono le società calcistiche massimizzare le prestazioni dei calciatori militanti nella loro squadra?”. La mia personale risposta, fermo restando che si tratta due mansioni completamente diverse, in quanto un soggetto deve guidare l’impresa e un altro soggetto deve guidare alla vittoria una squadra di calcio, è i bonus. Bonus nelle vendite o nella perfetta gestione della fase di comunicazione, come bonus su assist e goal; diversi scenari, diversi obiettivi, ma una stessa soluzione. Una raccomandazione per ulteriori ricerche future potrebbe essere quella di realizzare uno studio simile per determinare le differenze con altri settori specifici.
Bibliografia
Xxxxxx U., M.A. Xxxxx (2004). Incomplete Contracts, Intellectual Property and Institutional Complementarities, European Journal of Law and Economics
Xxxxxxxxx B. (1979). Moral Hazard and Observability, Bell Journal of Economics
Xxxx, X., X. Xxxxxxxx, and X. Xxxxxx (1997): The Proper Scope of Government: Theory and an Application to Prisons, Quarterly Journal of Economics
Sitografia