TRIBUNALE ORDINARIO di VENEZIA
TRIBUNALE ORDINARIO di VENEZIA
SECONDA SEZIONE CIVILE
R.G. /17
Il Giudice, sciogliendo la riserva; letto il ricorso ex art.700 cpc presentato nell’interesse della società RICORRENTE, che lamenta il danno grave ed irreparabile che le deriva dal perdurante inadempimento da parte di RESISTENTE del contratto stipulato in data 23.04.2014 di affitto dell’azienda commerciale, avente ad oggetto l’attività di somministrazione di alimenti e bevande sotto l’insegna della ditta individuale XXX
, posta in Comune di YYY; rilevato, in particolare, che il ricorrente assume di aver instaurato un primo procedimento ex art. 700 c.p.c., in cui lamentava il mancato pagamento dei canoni di affitto per un totale di euro 11.520,00 e che, nell’imminenza dell’udienza, era stato effettuato un pagamento di € 4.000; con ordinanza di data 28.4.2017 il ricorso era rigettato in difetto di periculum in mora, mentre era riconosciuta l’esistenza del fumus boni iuris; da allora, non era stato effettuato alcun pagamento da parte della resistente, che continuava a detenere l’azienda pure a fronte dell’avvenuta risoluzione di diritto del contratto in data 23.1.2017, essendosi il concedente avvalso della clausola risolutiva espressa; esponeva, inoltre, che dai pignoramenti mobiliari, immobiliari e presso terzi intrapresi era emersa una situazione di completa incapienza della resistente, sicché egli insisteva nella domanda di rilascio immediato dell’azienda, non senza evidenziare che vi era una pervicace volontà della conduttrice di non adempiere; considerato che si costituiva la resistente, la quale non contestava alcunché in punto fumus boni iuris, ma evidenziava l’assoluta assenza del periculum in mora e la mancanza di qualsiasi pregiudizio imminente ed irreparabile sulla base dei seguenti assunti:
a) l’immobile si trova in ottimo stato manutentivo;
b) l’attività ristorativa continua ed è in piena stagione estiva, con un aumento della clientela e dei guadagni;
c) la RESISTENTE ha assunto numerosi incarichi per la ristorazione di battesimi e compleanni per i mesi estivi; vista la documentazione prodotta; rilevato, in limine litis, quanto alla ammissibilità del ricorso di urgenza, che tra le parti del presente procedimento, non vi è contrasto circa la titolarità del compendio immobiliare, né il possesso dello stesso, ma la ricorrente rivendica il diritto alla restituzione, conseguente alla risoluzione del contratto per inadempimento, verificatasi a seguito della volontà espressa dalla stessa di avvalersi delle clausole risolutive espresse contenute nel contratto, cosicché non vi sono i presupposti per un sequestro, ed è invece ammissibile il ricorso in via di urgenza, in difetto di altri rimedi specifici; in tal senso si pone anche il consolidato orientamento della S.C., secondo il quale, pur potendo essere richiesto il sequestro giudiziario anche rispetto ad un’azione di tipo contrattuale dalla quale possa scaturire una pronuncia di condanna alla restituzione o al rilascio, è pur sempre in defettibilmente presupposta, ai fini della concedibilità di tale tipo di sequestro, nel giudizio di merito una statuizione sulla proprietà o sul possesso, controversi (di recente cfr. Cass. Civ, sent. n. 9692/08); osservato, ancora, che sono stati dedotti mutamenti delle circostanze di fatto rispetto alla tutela di urgenza originariamente azionata; ed invero, vi è stato un notevole incremento dell’esposizione debitoria della affittuaria, risultando palesemente smentita la tesi sostenuta in precedenza che nella stagione estiva a fronte dei maggiori profitti ricavati essa avrebbe fatto fronte al pagamento dei canoni; inoltre, è emersa con chiarezza l’incapienza patrimoniale della resistente; tenuto conto che la ricorrente fonda, in concreto, il ricorso sul pericolo di vedere sfumare, nel tempo necessario per la definizione del giudizio di merito, la garanzia patrimoniale per i canoni maturati; rilevato che può dirsi accertato, in fatto, che:
la resistente non ha pagato i canoni da aprile 2017, salvo l’odierno pagamento di
€ 4.000,00 a mezzo bonifico imputato alla mensilità di marzo, e non ha dato prova di avere un capitale e un patrimonio tali da offrire una tranquillizzante garanzia patrimoniale; il contratto di affitto è stato risolto dal concedente, sicché sussiste il diritto alla restituzione del compendio immobiliare; ritenuto, pertanto, che all’esito della sommaria cognizione compatibile con il procedimento, il ricorso ex art.700 cpc appare fondato, sussistendo sia l’apparenza del diritto in capo alla ricorrente, sia la convincente prospettazione del pericolo nel ritardo, rappresentato dalla dispersione della garanzia
patrimoniale della resistente; la resistente nelle proprie difese sostiene che la misura richiesta sarebbe giustificata solo nel caso in cui il locale fosse chiuso o versasse in stato di abbandono o non fosse oggetto di sufficiente manutenzione, mentre non sussiste laddove siano in discussione pretese di carattere prettamente economico; in linea generale, vale il principio secondo il quale i pregiudizi economici non giustificano di per sé la concessione immediata della cautela e la parte creditrice ha l’onere di allegare e dimostrare l’entità del pregiudizio e le ragioni che ne fanno paventare l’effettività irreparabilità (Trib. Modena sez I 09.07.2003; Trib. Nola sez. II 09.10.2008; Trib. Udine 07.04.2015)”.
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Questo principio merita, tuttavia, ulteriori specificazioni; si è, infatti, sostenuto, in modo condivisibile, in giurisprudenza che: “la tutela atipica può essere invocata anche per i diritti a contenuto patrimoniale, a finzione non meramente patrimoniale, in quanto volti a garantire al titolare il soddisfacimento dei bisogni primari di rilevanza costituzionale, ovvero per diritti a contenuto e funzione esclusivamente patrimoniale e, quindi, per diritti di credito e per rapporti meramente obbligatori; in tale ultima ipotesi, al fine di non snaturare i caratteri propri del rimedio cautelare d’urgenza, il requisito del periculum in mora va apprezzato con particolare rigore, avendo riguardo alla qualità ed alla posizione del titolare del diritto minacciato ed alla natura e portata dei beni e degli interessi strumentalmente connessi con quello azionato con ricorso d’urgenza” (Tribunale di Novara 24.08.2014); dai documenti allegati al ricorso e in prima udienza si ricava che la RESISTENTE è soggetto del tutto insolvente ed il suo patrimonio è insufficiente a garantire i crediti della ricorrente; lo stato di incapienza è comprovato dall’esito dei molteplici pignoramenti mobiliari e immobiliari effettuati dal concedente e dei quali si dà di seguito conto; con pignoramento mobiliare eseguito l’8.6.2017 presso l’abitazione della RESISTENTE, l’Ufficiale Giudiziario pignorava beni mobili per l’importo di € 1.560,00; per quanto concerne il patrimonio immobiliare, la RESISTENTE è titolare della sola quota di ½ del diritto di proprietà su un immobile sito in YYYY, via ZZZZZ, gravato da due ipoteche, l’una volontaria iscritta il 4.10.2007 per l’importo di € 600.000,00, l’altra giudiziale derivante da decreto ingiuntivo iscritta il 15.10.2010 per l’importo di € 157.000; inoltre, la ricorrente ha promosso un pignoramento presso terzi nei confronti di Banca XYZ e XWK spa, i quali hanno reso dichiarazioni negative; sono stati eseguiti
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pignoramenti mobiliari presso il locale adibito a ristorante: in data 1.7.2017 è stato pignorato denaro contante per complessivi € 3.575,00, in data 7 luglio 2017 per complessivi € 380,00 (in tale circostanza la RESISTENTE ha dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di aver poco prima pagato per cassa dei fornitori), di € 760,00 in data 15 luglio 2017 (in tale circostanza la ricorrente ha dichiarato all’Ufficiale Giudiziario di aver poco prima corrisposto € 2.322,00 a XXXXX); peraltro, il rinvenimento, in occasione del primo pignoramento, di un incasso molto più consistente rispetto agli altri due successivi avvalora la tesi del ricorrente in ordine alla pervicace volontà dell’affittuaria di occultare le proprie sostanze onde non adempiere al proprio debito; la stessa ricorrente ha esposto un cartello nel locale nel quale pubblicizza il malfunzionamento del servizio bancomat e invita gli avventori ad effettuare pagamenti in contanti; a voler accedere ad una valutazione alternativa, gli esigui incassi rinvenuti depongono per una scarsa redditività del locale e per una gestione non efficiente dell’azienda; conclusivamente, è pacifico che l’affittuaria non ha più corrisposto alcunché da marzo 2017 e conseguentemente la morosità si incrementa di mese in mese, tenuto conto anche delle penali, ed attualmente è superiore ad € 60.000,00, a fronte di una detenzione da parte dell’affittuaria senza titolo, a seguito della risoluzione a gennaio del contratti di affitto di azienda; ritento che sussista l’irreparabilità del pregiudizio, a fronte del conclamato e notevole scarto tra il beneficio che il ricorrente può conseguire dalla tutela immediata assicurata dal presente procedimento e quello derivante dal ricorso ai rimedi ordinari, in ragione della particolare situazione economica della resistente, di totale incapienza, dell’ammontare del debito e della sua ingravescenza; considerato opportuno provvedere sulle spese, attesa la mera eventualità del
merito, a seguito della novella processuale;
non vi è luogo a provvedere alla richiesta cancellazione delle espressioni offensive e sconveniente, in quanto funzionali all’esercizio del diritto di difesa
P . Q . M .
In accoglimento della richiesta, prospettata ex art.700 cpc.
-ordina a RESISTENTE la restituzione immediata alla titolare RICORRENTE del ramo di azienda oggetto del contratto di affitto di azienda di data 23.04.2014, destinato
all’esercizio commerciale corrente in YYYY, XXXXXX n. ZZ, libero da persone e cose non facenti parte del compendio aziendale;
-condanna la resistente a rifondere alla ricorrente le spese del procedimento, che liquida, in difetto di nota spese, equitativamente in € 5.000,00 per compenso, € 258,00 per anticipazioni, oltre spese generali al 15%, iva se dovuta e cpa.
Si comunichi.
Venezia 21.07.2017 Il Giudice
Dott.ssa Xxxxxx Xxxxxxxxx
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