Contract
N. 1 GENNAIO 2010 • Anno XXVI
RIVISTA MENSILE
de Le Nuove Leggi Civili Commentate
ISSN 1593-7305
LA NUOVA
GIURISPRUDENZA
CIVILE
COMMENTATA
Estratto:
xxxxxxx xxxxxxxxxxx
I contratti derivati fra normativa e giurisprudenza
I CONTRATTI DERIVATI
FRA NORMATIVA E GIURISPRUDENZA
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Sommario: 1. Introduzione. – 2. I contratti derivati non costituiscono un numero chiuso. – 3. Le parti dei contratti derivati e i meccanismi di ne- goziazione. – 4. La causa dei contratti derivati (finalità di copertura e finalità speculativa). – 5. L’oggetto dei contratti derivati e le diverse tipo- logie di derivati. – 6. I contratti di opzione e i contratti finanziari a termine standardizzati. – 7. Gli swaps. – 8. Cenni ai derivati di credito. – 9. La forma dei contratti derivati.
1. Introduzione. Le controversie fra inve- stitori e intermediari finanziari hanno determi- nato una forte attenzione della dottrina verso una materia (la responsabilità civile delle ban- che in relazione a cattivi investimenti) che, fino a pochi anni fa, poteva considerarsi di nicchia. Non è questa la sede appropriata per occuparsi sistematicamente di tale tematica (1 ).
(1 ) In materia di contenzioso fra investitori e in- termediari finanziari cfr., di recente, il volume di Durante, Intermediari finanziari e tutela dei rispar- miatori, Xxxxxxx, 2009. V. inoltre, a vario titolo esemplificativo: Xxxxxxx, Contratto d’intermedia- zione finanziaria e violazione degli obblighi d’infor- mazione: tra nullità del contratto e responsabilità del- l’intermediario, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 1451 ss.; Xxxx, La legge sul risparmio e la tutela con- trattuale degli investitori, in Contratti, 2006, 927 ss.; Xxxxxxxxx, Regole di condotta e conflitti di interes- se, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 9 ss.; Anto- xxxxx, Frantumazione di regole e rimedi nel rappor- to fra banca e investitore, ivi, 2007, II, 68 ss.; Azzar- ri, Contratti finanziari e categorie civilistiche, in que- sta Rivista, 2009, I, 672 ss.; Bove, Le violazioni delle regole di condotta degli intermediari finanziari al va- glio delle Sezioni unite, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, 143 ss.; Xxxxxxx, La responsabilità contrat- tuale dell’intermediario per violazione del dovere di informazione, in questa Rivista, 2007, I, 1092 ss.; Xxxxxxx, La violazione degli obblighi di comporta- mento degli intermediari finanziari – il contratto di intermediazione davanti ai giudici, fino alla tanto at- tesa (o forse no) pronuncia delle Sezioni Unite della
Corte di cassazione, in Riv. dir. comm., 2008, II, 155 ss.; Xxxxx, Il risparmiatore disinformato tra poteri forti e tutele deboli, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 1431 ss.; Xxxxxx, A proposito della violazione degli obblighi di informazione nel contratto di inve- stimento finanziario dopo l’intervento della Suprema Corte a Sezioni Unite, in Riv. giur. sarda, 2008, 734 ss.; Xxxxxxxx, I confini dell’informazione precon- trattuale e la «storia infinita» dei contratti d’interme- diazione finanziaria, in Riv. dir. comm., 2009, I, 241 ss.; Guernelli, L’intermediazione finanziaria fra tu- tela del mercato, legislazione consumeristica e orien- tamenti giurisprudenziali, in Giur. comm., 2009, I, 360 ss.; Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Violazione degli ob- blighi di condotta e responsabilità degli intermediari finanziari, in Resp. civ. e prev., 2008, 741 ss.; Id., Ob- blighi informativi dell’intermediario finanziario e re- sponsabilità nei confronti dell’investitore, ivi, 2007, 1679 ss.; Id., Xxxxx agli investitori e responsabilità delle autorità di vigilanza e degli intermediari finan- ziari, ivi, 2005, 21 ss.; Xxxxxxx, L’orientamento del Tribunale di Venezia in tema di sanzioni degli ina- dempimenti ai doveri informativi a carico degli inter- mediari finanziari, in questa Rivista, 2008, I, 1280 ss.; Xxxxxxxxxx, La responsabilità degli intermedia- ri nei confronti dell’investitore: il quadro giurispru- denziale, in Giur. comm., 2009, II, 376 ss.; Xxxx- xxxxx, Obbligo informativo nei confronti dell’inve- stitore e precedenti acquisti di titoli a rischio da parte del medesimo, in questa Rivista, 2009, I, 28 ss.; Mo- randi, Violazione delle regole di condotta degli inter- mediari finanziari: rimedi esperibili, in Obbl. e contr., 2009, 47 ss.; Xxxxxxxxxx, Le controversie in materia bancaria e finanziaria, Xxxxx, 2007; Xxxxxxx (a cu- ra di), I soldi degli altri, Xxxxxxx, 2008; Xxxxxxx, Re- centi sviluppi della giurisprudenza di merito sulla tu- tela dell’investitore, in Giur. comm., 2009, II, 137 ss.; Xxxxxxxxxxx, Informazione sull’adeguatezza del- l’operazione finanziaria e dovere di astenersi, in Corr. giur., 2009, 1257 ss.; Id., Operazioni inadeguate e do- veri informativi dell’intermediario finanziario, in Giur. comm., 2009, II, 557 ss.; Xxxxxxx, L’adegua- tezza informativa ed operativa a fronte del rifiuto di fornire informazioni, in Società, 2009, 997 ss.; Sco- gnamiglio, Regole di validità e di comportamento: i principi ed i rimedi, in Eur. e dir. priv., 2008, 599 ss.;
Non si può, però, non rilevare che – all’inter- no della materia «responsabilità civile degli in- termediari finanziari» – gioca un ruolo cre- scente la tematica dei contratti derivati, che è stata oggetto di diversi interventi giurispruden- ziali negli ultimi anni. Le pronunce edite ri- guardano prevalentemente la nozione di ope- ratore qualificato di cui all’art. 31 reg. Consob
n. 11522 del 1998 (2 ). Su questa materia speci- fica sono apparsi ultimamente diversi contri- buti dottrinali (3 ). Con la recentissima sentenza
Xxxxxxxx, Tutela dell’investitore e responsabilità dell’intermediario, in Dir. prat. soc., 2009, fasc. 3, 55 ss.; Xxxxx, I contratti relativi alla gestione di portafo- gli, in Visintini (a cura di), Trattato della responsa- bilità contrattuale, 2, Cedam, 2009, 727 ss.; Signo- relli, Violazione delle norme di comportamento del- l’intermediario finanziario e risoluzione per inadem- pimento, in Società, 2009, 55 ss.; Venturi, L’ade- guatezza delle operazioni di intermediazione finanzia- ria nelle prescrizioni della disciplina speciale e nell’orientamento della Cassazione, in Riv. trim. dir. econ., 2009, II, 11 ss.
(2 ) Il reg. n. 11522 del 1998 è stato abrogato e so- stituito dal reg. n. 16190 del 2007. Fra i contributi che si occupano dei regolamenti Consob attuativi della direttiva MIFID cfr., in particolare, Capri- glione, I «prodotti» di un sistema finanziario evolu- to. Quali regole per le banche?, in Banca, borsa, tit. cred., 2008, I, 20 ss.; Durante, Con il nuovo regola- mento intermediari, regole di condotta «flessibili» per la prestazione dei servizi di investimento, in Giur. merito, 2008, 628 ss.; Xxxxxxx, Il decreto Mifidei re- golamenti attuativi: principali cambiamenti, in Socie- tà, 2008, 12 ss.; Roppo, Sui contratti del mercato fi- nanziario, prima e dopo la MIFID, in Riv. dir. priv., 2008, 493 ss.; Xxxxxxxxxxx, Informazioni e comuni- cazioni pubblicitarie nella nuova disciplina dell’inter- mediazione finanziaria dopo l’attuazione della diretti- va MIFID, in Giur. it., 2008, 775 ss.; Id., La nuova disciplina dei contratti d’investimento dopo l’attua- zione della MIFID, in Xxxxxxxxx, 2008, 173 ss.
(3 ) Cfr., senza pretesa di esaustività, Xxxxx, De- rivati OTC e incomprensibile svalutazione dell’auto- certificazione del legale rappresentante della società acquirente, in Corr. merito, 2008, 1261 ss.; Xxxxxx, La nozione di operatore qualificato per l’investitore persona giuridica, in Giur. it., 2008, 2241 ss.; Xxxxx, L’attestazione della qualità di operatore qualificato nelle operazioni in strumenti derivati fra banche e so- cietà non quotate, ibidem, 1167 ss.; Salatino, Con- tratti di swap. Dall’«operatore qualificato» al «cliente professionale»: il tramonto delle dichiarazione «auto-
n. 12138 del 2009 per la prima volta la Corte di cassazione ha preso posizione in merito (4 ).
Meno trattati in giurisprudenza e in dottrina sono invece altri profili della materia dei con- tratti derivati, tematiche che si intendono ap- profondire in questo articolo (5 ). In particolare si cercherà di evidenziare quali sono le princi- pali tipologie di contratti derivati esistenti sul mercato e d’individuare le loro funzioni. Ci si occuperà di alcune questioni che sono giunte all’attenzione della giurisprudenza negli ultimi anni. Non si tratterà invece, come accennato, della tematica dell’operatore qualificato. Allo stesso modo non ci si occuperà dei profili di diritto internazionale privato e di diritto este- ro. I contratti derivati possono contenere una scelta di legge in favore di una normativa stra- niera. Nella prassi finanziaria è in particolare piuttosto diffuso l’assoggettamento dei con- tratti al diritto inglese oppure a quello statuni- tense. In questo articolo ci limiteremo però a esaminare la sola disciplina italiana dei contrat- ti derivati.
referenziali», in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, 201 ss.; Xxxxxxxxxxx, I contratti derivati e il regolamen- to Consob n. 11522 del 1998, in Giur. merito, 2009, 1516 ss.; Id., Xxxxxxxxx derivati e dichiarazione del rappresentante legale, in Corr. merito, 2008, 41 ss.; Id., Contratto di swap e nozione di operatore qualifi- cato, in Contratti, 2007, 1093 ss.; Sesta, La dichiara- zione di operatore qualificato ex art. 31 reg. Consob
n. 11522/1998 tra obblighi dell’intermediario finan- ziario ed autoresponsabilità del dichiarante, in Corr. giur., 2008, 1751 ss.; Xxxxxxxxx, La dichiarazione
«autoreferenziale» di essere operatore qualificato e l’onere di verifica in capo all’intermediario destinata- rio, in questa Rivista, 2007, I, 812 ss.
(4 ) Cass., 26.5.2009, n. 12138, in Danno e resp., 2009, 1067, con nota di Xxxxxxxxxxx.
(5 ) In materia di contratti derivati cfr. in partico- lare Xxxxxxxxx, Considerazioni sparse in tema di strumenti finanziari derivati creati da banche, in Ban- ca, borsa, tit. cred., 2004, II, 204 ss.; Xxxxxxxxxxx, I
«prodotti» derivati: strumenti per la copertura dei ri- schi o per nuove forme di speculazione finanziaria?, ivi, 1995, I, 359 ss.; De Iuliis, Principi di diritto del mercato finanziario, Utet, 2008, 91 ss.; Piras, Con- tratti derivati: principali problematiche al vaglio della giurisprudenza, in Resp. civ. e prev., 2008, 2219 ss.; Sirotti Gaudenzi (a cura di), Derivati e swap. Re- sponsabilità civile e penale, Maggioli, 2009.
2. I contratti derivati non costitui- scono un numero chiuso. La legge italiana definisce i «valori mobiliari» (art. 1, comma 1o bis, t.u.f.) e definisce anche gli «strumenti fi- nanziari» (art. 1, comma 2o, t.u.f.), categoria più ampia nella quale rientrano i valori mobi- liari (6 ).
Non si rinviene invece, nella nostra legge, una definizione di contratto derivato. Il t.u.f. non dà la definizione di contratto derivato, ma si limita a elencare determinati contratti (art. 1, comma 2o, t.u.f.) che – per le loro caratteristi- che – vengono qualificati come «derivati» (art. 1, comma 3o, t.u.f.).
Questa scelta, anche se criticabile dal punto di vista della certezza del diritto (in quanto connotata da indeterminatezza), è in realtà so- stanzialmente apprezzabile se si riflette sul fat- to che i contratti derivati vengono creati dalla prassi finanziaria e solo in un secondo momen- to vengono «recepiti» dall’ordinamento. La previsione di una definizione legislativa rigida di contratto derivato sarebbe inevitabilmente destinata a scontrarsi con le veloci evoluzioni dell’ingegneria finanziaria e a doversi conside- rare superata nel giro di pochi anni. Se si osser- vano gli sviluppi del recente passato, si rileva come sia aumentato non di poco il numero di contratti derivati creati dalla prassi finanziaria. I bisogni dei mercati si sono evoluti e gli opera- tori hanno creato nuovi strumenti per far fron- te a tali esigenze.
Al riguardo si tenga presente che i contratti derivati, come elencati attualmente nell’art. 1, comma 2o, t.u.f., non costituiscono un numero chiuso. Il t.u.f. contiene difatti una delega al Ministro dell’economia e delle finanze per l’identificazione di nuovi potenziali contratti derivati: «il Ministro dell’economia e delle fi- nanze, con il regolamento di cui all’articolo 18, comma 5o, individua: a) gli altri contratti deri- vati di cui al comma 2o, lettera g), aventi le ca- ratteristiche di altri strumenti finanziari deriva- ti, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a rego-
lari richiami di margine; b) gli altri contratti de- rivati di cui al comma 2o, lettera j), aventi le ca- ratteristiche di altri strumenti finanziari deriva- ti, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, com- pensati ed eseguiti attraverso stanze di com- pensazione riconosciute o soggetti a regolari ri- chiami di margine». In questo modo il sistema si caratterizza per la sua flessibilità: i nuovi con- tratti derivati, creati dall’ingegneria finanziaria, possono essere recepiti nell’ordinamento senza necessità di una previsione legislativa ma solo sulla base di un regolamento ministeriale.
3. Le parti dei contratti derivati e i meccanismi di negoziazione. I contratti de- rivati sono anzitutto dei «contratti» come tutti gli altri contratti. Essi devono dunque soddi- sfare i requisiti che il codice civile richiede per i contratti in generale: «1) l’accordo delle parti;
2) la causa; 3) l’oggetto; 4) la forma, quando ri- sulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità» (art. 1325 cod. civ.). Nel prosieguo, nei limiti del possibile, si seguirà questo schema (accordo delle parti, causa, oggetto e forma) nell’esaminare la materia dei contratti derivati. Con riferimento alle parti del contratto deri- vato, si deve tenere presente che esse non ne- cessariamente coincidono con le parti del con- tratto sottostante. Può così, ad esempio, capi- tare che la società Alfa concluda un contratto di finanziamento con la banca Beta e che – suc- cessivamente – la stessa società Alfa si rivolga alla banca Gamma per concludere un contrat- to derivato che le offra garanzia di copertura nei confronti dell’eccessivo indebitamento ge-
nerato dal contratto di finanziamento.
Parti di un contratto derivato possono essere sia intermediari finanziari sia privati (7 ).
Il tema delle «parti» dei contratti derivati de- ve essere affrontato congiuntamente alla tema- tica dei mercati sui quali essi possono essere negoziati.
I contratti derivati possono essere negoziati nei mercati regolamentati oppure al di fuori di essi (ossia, con espressione inglese, over the
(6 ) Per un’analisi di queste categorie cfr. Ranca- ti, Gli strumenti finanziari, gli strumenti finanziari derivati ed i valori mobiliari, in La MiFID in Italia,a cura di Zitiello, 2009, 31 ss.
(7 ) Cfr. Xxxxx, La rinegoziazione dei contratti derivati: brevi note sulle problematiche civilistiche e fallimentari, in Dir. fall., 2005, I, 355.
counter). I contratti finanziari a termine stan- dardizzati e i contratti di opzione sono nego- ziati nei mercati regolamentati; in questo senso dispone l’art. 4.7.1 del regolamento di Borsa Italiana s.p.a. (8 ), secondo cui «nel mercato de- gli strumenti derivati possono essere negoziati contratti futures e contratti di opzione aventi come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici» (9 ). Gli swaps sono invece negoziati fuori dai mercati regolamentati.
La negoziazione nei mercati regolamentati offre maggiore tutela alle parti. Vi è, ad esem- pio, trasparenza sulle caratteristiche e sulle quotazioni degli strumenti trattati. La negozia- zione nei mercati regolamentati presuppone un’alta uniformità dei contenuti negoziali. Tanto è vero che, in forza di legge, il regola- mento del mercato deve determinare – fra le altre cose – «i tipi di contratti ammessi alle ne- goziazioni, nonché i criteri per la determina- zione dei quantitativi minimi negoziabili» (art. 62, comma 2o, lett. d), t.u.f.). In occasione della conclusione dei contratti di opzione e dei con- tratti finanziari a termine standardizzati non vi sono in sostanza margini di trattativa fra le par- ti, salvo che per alcuni contenuti negoziali mi- nimi come la scadenza e il prezzo. Nel nostro sistema sussiste, dunque, uniformità per i con- tratti di opzione e per i contratti finanziari a termine standardizzati, che sono negoziati nei mercati regolamentati. Le posizioni trattate in questi mercati sono simili e, pertanto, più facil- mente liquidabili. L’assenza di un mercato ren- de invece gli swaps difficilmente cedibili. Nella prassi l’impresa che si trova vincolata a un con- tratto di swap che si sta evolvendo in senso ne- gativo non ha, di fatto, altro strumento a dispo- sizione che quello di rinegoziare il contratto, non potendolo cedere.
Con riferimento alle parti dei contratti deri-
(8 ) Regolamento dei mercati organizzati e gestiti da Borsa Italiana s.p.a. del 22.6.2009, in www.bor- xxxxxxxxxx.xx.
(9 ) Si tratta del «mercato degli strumenti deriva- ti» o «IDEM» ossia «il mercato di borsa in cui si ne- goziano contratti futures e contratti di opzione aven- ti come attività sottostante strumenti finanziari, tassi di interesse, valute, merci e relativi indici» (art. 1.3 del regolamento di Borsa Italiana).
vati, è utile segnalare che la giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi del caso in cui il contratto è stato concluso da un soggetto che non risultava essere autorizzato come interme- diario (c.d. «intermediario abusivo»). Secondo la Corte di cassazione è affetto da nullità asso- luta il contratto di swap stipulato da un inter- mediario abusivo, atteso l’interesse dell’ordina- mento a rimuovere detto contratto per le tur- bative che la conservazione di esso è destinata a creare nel sistema finanziario generale (10 ).
4. La causa dei contratti derivati (fi- nalità di copertura e finalità speculati- va). La finalità principale dei contratti derivati è quella di garantire chi li sottoscrive contro certi rischi. Sotto questo profilo i contratti de- rivati svolgono una funzione simile a quella dei contratti assicurativi. Alla finalità di copertura ci si riferisce usualmente con l’espressione in- glese di «hedging».
Il caso del rischio valutario consente di com- prendere bene la funzione di copertura svolta dai contratti derivati. Si immagini che un esportatore italiano abbia concordato di essere pagato in valuta straniera. Si tratterà della valu- ta del luogo di esportazione oppure di una va- luta internazionalmente diffusa (ad esempio il dollaro americano). La valuta straniera è però soggetta a oscillazioni di valore rispetto all’eu- ro. Il pagamento delle merci esportate di solito non avviene immediatamente, ma a distanza di un certo lasso di tempo dalla fornitura (ad esempio 30 oppure 60 giorni). Decorso tale pe- riodo può darsi che la valuta straniera si sia svalutata rispetto all’euro, con l’effetto che la controprestazione che l’esportatore italiano ri- ceve (= il pagamento del prezzo della merce) è inferiore a quella che si attendeva originaria- mente. In situazioni particolari il danno conse- guente al rischio di cambio può diventare par- ticolarmente gravoso. Per evitare tale pericolo può essere concluso un contratto derivato avente a oggetto le valute. Il contratto è strut- turato in modo tale che nel caso la valuta stra- niera perda di valore, tale perdita non ricada (o, comunque, si rifletta meno) sull’esportato-
(10 ) Cass., 7.3.2001, n. 3272, in Mass. Giust. civ., 2001.
re. La controparte del contratto derivato assu- me l’obbligo di tenerlo indenne (in tutto o in parte) rispetto agli effetti della svalutazione. Xxxx spiegato con un esempio come il contrat- to derivato possa svolgere una funzione assicu- rativa o di copertura.
Un ragionamento analogo può essere fatto con riferimento ad altri parametri variabili co- me i tassi d’interesse. Se un contratto di finan- ziamento viene concluso da un imprenditore prevedendo un tasso variabile e il tasso – con il passare del tempo – si alza in misura considere- vole, il finanziamento contratto può risultare particolarmente oneroso. Ciò è esattamente quanto è avvenuto per numerose piccole e me- die imprese italiane negli ultimi anni. Le socie- tà hanno cercato, mediante la conclusione di contratti di swaps, di eliminare (o quantomeno ridurre) le conseguenze negative derivanti da tassi variabili alti. Anche in questo caso il con- tratto derivato ha funzione di copertura. I con- tratti derivati relazionati a tassi d’interesse ser- vono peraltro non solo alle imprese, ma anche alle banche, le quali – grazie alla loro conclu- sione – si premuniscono contro il rischio oppo- sto. Può cioè capitare che, a fronte di un finan- ziamento a tasso variabile, il tasso divenga par- ticolarmente basso e ciò renda poco lucrativo il mutuo concesso dall’intermediario. Con il con- tratto derivato si prevede non solo la soglia massima del tasso, sopra la quale è la banca a dover versare una somma all’imprenditore, ma anche la soglia minima, sotto la quale spetta al- l’imprenditore versare una somma alla banca. L’intermediario può così realizzare l’obiettivo di mantenere sempre ragionevolmente lucrati- vo il finanziamento che ha concesso.
Ai fini del ragionamento che si sta svolgendo è comunque qui sufficiente sottolineare che i contratti derivati perseguono, di norma, una fi- nalità di riduzione del rischio. Questo obietti- vo è meritevole di tutela secondo l’ordinamen- to giuridico. Si tratta, del resto, della finalità propria del contratto di assicurazione, contrat- to tipico previsto nel nostro ordinamento (11 ).
(11 ) «L’assicurazione è il contratto col quale l’as- sicuratore, verso il pagamento di un premio, si ob- bliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a
In forza del principio di autonomia contrat- tuale «le parti possono anche concludere con- tratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico» (art. 1322, comma 2o, cod. civ.).
I contratti derivati non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare. La dottrina ha cercato di avvicinare i contratti derivati a qualcuno dei contratti tipici previsti nel nostro ordinamento (12 ). Si è fatto riferimento talvolta al contratto di assicurazione. Il rischio però, in questo caso, è corso solo dall’assicurato. Nel- l’ipotesi invece dei contratti derivati il rischio incombe su entrambi i contraenti. Inoltre, mentre nel contratto di assicurazione è deter- minato chi debba effettuare la prestazione in conseguenza dell’evento dedotto in contratto (sempre l’assicuratore), nei contratti derivati la prestazione può essere a carico dell’una oppu- re dell’altra parte (a seconda dell’andamento del parametro sottostante). Un altro tentativo effettuato dalla dottrina è quello di avvicinare il contratto derivato al contratto di permuta (13 ). Complessivamente si può però affermare che i contratti derivati presentano caratteristi- che tali per cui non possono essere immediata- mente ricondotti ai tipi contrattuali sopra men- zionati o ad altri tipi contrattuali.
Stante il loro carattere di atipicità, i contratti derivati possono essere accettati dall’ordina- mento solo se sono meritevoli di tutela. Il fatto che essi perseguano un obiettivo di riduzione dei rischi fa affermare la loro meritevolezza di tutela. In questo senso si è espresso, ad esem- pio, il Tribunale di Lanciano, il quale ha affer- mato che il contratto di interest rate swap, sot- toscritto da un imprenditore in relazione a un
pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana» (art. 1882 cod. civ.).
(12 ) Per l’individuazione dei possibili contratti ti- pici cui ricondurre i contratti derivati cfr. Xxxxxxx, In tema di interest rate swap, in Giur. comm., 2007, II, 140 ss.
(13 ) «La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro» (art. 1552 cod. civ.).
mutuo a tassi variabili da questi stipulato, è ne- gozio dotato di una funzione assicurativa che impedisce di ritenerlo privo di causa (14 ).
Il punto è che i contratti derivati non sempre vengono conclusi con finalità di riduzione del rischio; talvolta essi vengono conclusi con fina- lità speculative. Ciò avviene in particolare quando non vi è un previo indebitamento sot- tostante rispetto al quale assicurarsi, ma solo l’obiettivo di speculare sulle variazioni dei tassi d’interesse. In altre parole alcune volte i con- tratti derivati vengono utilizzati non per ridur- re un rischio, ma per crearlo (e, se possibile, per approfittarne). In questi casi esisterebbero i margini per affermare che il negozio persegue una causa non meritevole di tutela. Al riguardo la sentenza del Tribunale di Lanciano appena menzionata è illuminante: essa afferma che se un contratto di interest rate swap è stipulato a mero scopo speculativo, al di fuori di una fun- zione assicurativa legata all’attività imprendito- riale, risulta assimilabile alla scommessa. La si- militudine con la scommessa deriva dal fatto che la banca, senza previo indebitamento sot- tostante di un’impresa e senza necessità di por- re in essere l’operazione, «punta» una certa somma sperando che i tassi si muovano in una determinata direzione: se l’andamento auspica- to del mercato si realizza, essa lucra un «guada- gno». La situazione è diversa dal caso di un contratto derivato con finalità di copertura, dove il risultato che si persegue non è tanto quello di conseguire un guadagno, ma di evita- re una perdita (assicurandosi contro un ri- schio).
La distinzione fra le finalità (di copertura oppure speculative) perseguibili con la conclu- sione di contratti derivati trovava un riscontro normativo nell’ormai abrogato reg. n. 11522 del 1998. Qui si prevedeva, ad esempio, che – nel caso di gestione di portafogli – il contratto con gli investitori dovesse, «con riguardo agli strumenti finanziari derivati, indicare se detti strumenti possono essere utilizzati per finalità diverse da quella di copertura dei rischi con- nessi alle posizioni detenute in gestione» (art. 37, comma 1o, lett. c), reg. n. 11522 del 1998).
(14 ) Trib. Lanciano, 6.12.2005, in Giur. comm., 2007, II, 131 ss., con nota di Xxxxxxx.
Il guadagno o la perdita che può derivare da un contratto derivato è potenzialmente molto elevato (15 ). La giurisprudenza degli ultimi an- ni mostra che gli oneri derivanti dalla conclu- sione di contratti derivati sono stati, in alcuni casi, talmente gravosi da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza dell’impresa interessata. Anche perché bisogna considerare che sono proprio società già indebitate a fare ricorso ai contratti derivati. Il regolatore secondario è consapevole dell’elevato livello di rischio insito nella conclusione di contratti derivati e, in un’ottica di tutela dell’investitore, imponeva all’intermediario dei doveri informativi in me- rito all’andamento di tali contratti: «gli inter- mediari autorizzati informano prontamente e per iscritto l’investitore appena le operazioni in strumenti derivati e in warrant da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura ab- biano generato una perdita, effettiva o poten- ziale, pari o superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista e garanzia per l’esecuzione delle operazioni. Il valore di riferimento di tali mezzi si ridetermina in occa- sione della comunicazione all’investitore della perdita, nonché in caso di versamenti o prelie-
vi. Il nuovo valore di riferimento è prontamen- te comunicato all’investitore. In caso di versa- menti o prelievi è comunque comunicato all’in- vestitore il risultato fino ad allora conseguito» (art. 28, comma 3o, reg. n. 11522 del 1998). Si- milmente, in vigenza del reg. n. 11522 del 1998, il contratto con l’investitore doveva «in- dicare e disciplinare, nei rapporti di negozia- zione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per l’esecuzione delle operazioni aventi ad og- getto strumenti finanziari derivati e warrant»
(15 ) Correttamente la Consob osservava che «gli strumenti finanziari derivati sono caratterizzati da una rischiosità molto elevata il cui apprezzamento da parte dell’investitore è ostacolato dalla loro com- plessità» (in questo senso l’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998). L’allegato continuava specificando che «è quindi necessario che l’investitore concluda un’operazione avente ad oggetto tali strumenti solo dopo averne compreso la natura e il grado di espo- sizione al rischio che essa comporta».
(art. 30, comma 2o, lett. e), reg. n. 11522 del 1998).
Nella prassi è frequente che i contratti deri- vati contengano la clausola di esclusione della risoluzione per eccessiva onerosità. Come è no- to, «nei contratti a esecuzione continuata o pe- riodica, ovvero a esecuzione differita, se la pre- stazione di una delle parti è divenuta eccessiva- mente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’artico- lo 1458» (art. 1467, comma 1o, cod. civ.). I contratti derivati sono contratti a esecuzione differita e, nel tempo che trascorre fra la loro conclusione e la loro esecuzione, possono veri- ficarsi eventi che rendono la prestazione di uno dei contraenti decisamente onerosa. La parte tenuta alla prestazione potrebbe dunque, teori- camente, eccepire l’eccessiva onerosità.
Bisogna però considerare che lo stesso codi- ce civile prevede che «la risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto» (art. 1467, comma 2o, cod. civ.). Inoltre «le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contratti aleatori per loro natura o per volontà delle parti» (art. 1469 cod. civ.).
La clausola con cui, nei contratti derivati, si esclude la risoluzione per eccessiva onerosità serve ad affermare che la variabilità delle pre- stazioni dei contraenti rientra nella normale alea del contratto (art. 1467, comma 2o, cod. civ.) oppure, se si vuole, a determinare per vo- lontà delle parti il carattere aleatorio del con- tratto (art. 1469 cod. civ.). I contraenti accetta- no che uno di essi possa essere chiamato a una prestazione particolarmente onerosa e rinun- ciano così a chiedere la risoluzione del contrat- to per eccessiva onerosità. Secondo la già men- zionata sentenza del Tribunale di Lanciano, al contratto di interest rate swap non è applicabile l’istituto della risoluzione per eccessiva onero- sità sopravvenuta, stante la natura aleatoria di tale contratto.
In questo contesto si pone anche il problema della possibile eccezione di gioco o scommessa cui potrebbero essere esposti i contratti deriva- ti. Quando la finalità di un derivato non è di copertura, uno dei contraenti potrebbe – in ipotesi – opporsi alla richiesta dell’altro di pa-
gare il differenziale affermando che il contratto rappresenta una scommessa che non dà diritto ad azione. Si può al riguardo parlare di «scom- messa» in quanto l’importo dovuto da una del- le parti all’altra, all’esito della vicenda, non è determinabile in anticipo, dipendendo dall’an- damento del sottostante.
L’eccezione di gioco o scommessa verrebbe però, alla luce del diritto vigente, rigettata. Biso- gna difatti tenere presente quanto prevede l’art. 23, comma 5o, t.u.f.: «nell’ambito della presta- zione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli ana- loghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5o, lettera a), non si applica l’art. 1933 del codice civile». L’art. 1933 cod. civ., dettato in materia di gioco e scommessa, stabilisce che «non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti».
Al legislatore è parso opportuno distinguere fra il gioco in sé, che non attribuisce azione in giudizio, e i contratti derivati, che danno inve- ce tutela processuale. L’eccezione di gioco pre- vista dall’art. 1933 cod. civ. si giustifica con il fatto che il gioco non svolge una funzione eco- nomica degna di tutela. Nel caso dei contratti derivati è invece sempre ricostruibile una fun- zione economica degna di tutela.
Sulla materia è intervenuta molto recente- mente la Corte di cassazione, la quale ha affer- mato che l’attività degli intermediari finanziari non è assimilabile all’attività di una casa da gio- co autorizzata per l’esistenza di dettagliate di- sposizioni normative che impongono all’inter- mediario di comportarsi con diligenza, corret- tezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati (16 ).
5. L’oggetto dei contratti derivati e le diverse tipologie di derivati. I contratti derivati si caratterizzano per il fatto che la loro esecuzione è differita rispetto al momento del- la loro conclusione.
L’espressione «derivato» sta a indicare che le prestazioni cui sono tenuti i contraenti non so- no determinate fin dall’inizio, ma sono variabi-
(16 ) Cass., 17.2.2009, n. 3773, in Xxxxx e resp., 2009, 503 ss., con nota di Xxxxxxxxxxx.
li e potranno essere determinate solo in un mo- mento futuro. Più nello specifico le future pre- stazioni delle parti dipendono, «derivano» ap- punto, dalla variazione di valore di certe attivi- tà sottostanti (di natura finanziaria oppure rea- le) oppure dal verificarsi di un determinato evento.
Le parti non hanno controllo sulla variazione di valore delle attività sottostanti, valore che si può muovere in una direzione oppure in quella opposta. In questa incertezza sta il carattere aleatorio del contratto. Si tratta di una aleato- rietà particolarmente forte poiché dall’anda- mento del sottostante dipende non solo l’am- montare della prestazione, ma addirittura chi sia tenuto a effettuarla. Sul punto è utile riba- dire che sussiste una differenza rispetto al con- tratto di assicurazione, in cui l’evento dedotto in contratto è sì futuro e incerto, ma il soggetto tenuto alla prestazione è certo (si tratta sempre dell’assicuratore).
Secondo la giurisprudenza l’alea deve essere bilaterale. Recentemente il Tribunale di Brin- disi ha affermato che il contratto aleatorio uni- laterale nel quale l’alea, quale elemento atti- nente alla causa del contratto, è tutta concen- trata nella sfera giuridica del risparmiatore non è meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 cod. civ.), in quanto l’ordi- namento non può ammettere la validità di con- tratti atipici che, lungi dal prevedere semplici modalità di differenziazione dei diversi profili di rischio, trasferisca piuttosto in capo a una sola parte l’alea derivante dal contratto, attri- buendo invece alla controparte profili certi quanto alla redditività futura del proprio inve- stimento (17 ).
L’attività o l’evento da cui dipende l’ammon- tare della prestazione di una delle parti viene comunemente denominato «sottostante». Il va- lore del contratto derivato è legato al sottostan- te mediante formule matematiche più o meno complesse. Queste formule consentono di de- terminare quale parte sia tenuta alla prestazio- ne nei confronti dell’altra, prestazione che co- stituisce il pagamento finale dovuto («pay-off»), e a quanto ammonti tale prestazione.
(17 ) Trib. Brindisi, 8.7.2008, in Giur. merito, 2008, 3113 ss., con nota di Xxxxxxxxxxx.
Passando all’esame del diritto positivo vigen- te, la legge stabilisce che per «strumenti finan- ziari derivati» si intendono «gli strumenti fi- nanziari previsti dal comma 2o, lettere d) (18 ), e) (19 ), f) (20 ), g) (21 ), h) (22 ), i) (23 )e j) (24 ), non-
(18 ) Art. 1, comma 2o, lett. d), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti».
(19 ) Art. 1, comma 2o, lett. e), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal mo- do a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimen- to o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto».
(20 ) Art. 1, comma 2o, lett. f), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap” e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilate- rale di negoziazione».
(21 ) Art. 1, comma 2o, lett. g), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, contratti a termine (“forward”)e altri contratti derivati connessi a merci il cui regola- mento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le carat- teristiche di altri strumenti finanziari derivati, consi- derando, tra l’altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini».
(22 ) Art. 1, comma 2o, lett. h), t.u.f.: «strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito».
(23 ) Art. 1, comma 2o, lett. i), t.u.f.: «contratti fi- nanziari differenziali».
(24 ) Art. 1, comma 2o, lett. j), t.u.f.: «contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, contratti a termine sui tassi d’in- teresse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche uffi- ciali, il cui regolamento avviene attraverso il paga-
ché gli strumenti finanziari previsti dal comma 1o bis, lettera d) (25 )» (art. 1, comma 3o, t.u.f.). Le principali figure di contratto derivato so- no dunque i contratti di opzione, i contratti fi- nanziari a termine standardizzati e gli swaps.
Passiamo a esaminare in maggior dettaglio queste figure.
6. I contratti di opzione e i contratti finanziari a termine standardizzati. At- tesa l’assenza di definizioni legislative, è utile – ai fini della comprensione delle caratteristiche essenziali dei contratti di opzione e dei contrat- ti finanziari a termine standardizzati – fare rife- rimento al già citato regolamento di Borsa Ita- liana.
Iniziamo questo breve esame spendendo al- cune parole sulle opzioni.
Secondo l’art. 4.7.1 del regolamento di Borsa Italiana per contratto di opzione si intende uno strumento finanziario «con il quale una delle parti, dietro pagamento di un corrispettivo (premio), acquista la facoltà di acquistare (op- zione call) o di vendere (opzione put), alla o en- tro la data di scadenza (26 ), un certo quantitati- vo dell’attività sottostante a un prezzo presta-
mento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclu- sione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadem- pimento o ad altro evento che determina la risolu- zione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, di- versi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari deriva- ti, considerando, tra l’altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti at- traverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini».
(25 ) Art. 1, comma 1o bis, lett. d), t.u.f.: «qualsia- si altro titolo che comporta un regolamento in con- tanti determinato con riferimento ai valori mobilia- ri indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misu- re».
(26 ) L’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998 chia- riva che «a seguito dell’acquisto di un’opzione, l’in- vestitore può mantenere la posizione fino a scadenza o effettuare un’operazione di segno inverso, oppure, per le opzioni di tipo “americano”, esercitarla prima della scadenza».
bilito (prezzo di esercizio). La liquidazione del contratto può altresì avvenire mediante lo scambio di una somma di denaro determinata, per le opzioni call, come differenza tra il prez- zo di liquidazione dell’attività sottostante e il prezzo di esercizio, ovvero, per le opzioni put, come differenza tra il prezzo di esercizio e il prezzo di liquidazione dell’attività sottostante, il giorno in cui la facoltàè esercitata o alla sca- denza».
Diverse sono le finalità perseguite da parte di chi acquista la facoltà e da parte di chi la ce- de. Chi acquista la facoltà (buyer) paga un pre- mio (e dunque sopporta una perdita sicura, nel senso del valore del premio); dall’altro lato si riserva la facoltà di acquistare o di vendere i ti- toli e, in questo modo, di trarre un profitto po- tenziale (27 ). Chi cede la facoltà (seller) riceve, invece, un premio (e dunque ottiene un seppur minimo guadagno sicuro); dall’altro lato si im- pegna a vendere o ad acquistare i titoli e, in questo modo, a subire una perdita potenziale (28 ). In altre parole chi acquista un’opzione ac- quista il diritto di tenere sotto controllo l’anda- mento del titolo di riferimento e, a seconda delle condizioni di mercato, di esercitare op- pure di non esercitare l’opzione.
I contratti di opzione si distinguono in call option e in put option. La call option è un’op- zione ad acquistare, mentre la put option è un’opzione a vendere. Nel caso, ad esempio, di una call option, se il beneficiario della opzione non è soddisfatto dell’andamento del titolo sottostante, non esercita l’opzione e non ha ne- cessità di acquistarlo. Nel caso invece in cui
(27 ) L’allegato n. 3 al reg. n. 11522 del 1998 indi- cava che «l’acquisto di un’opzione è un investimen- to altamente volatile ed è molto elevata la probabili- tà che l’opzione giunga a scadenza senza alcun valo- re. In tal caso, l’investitore avrà perso l’intera som- ma utilizzata per l’acquisto del premio più le com- missioni».
(28 ) L’allegato n. 3 al reg. Consob n. 11522 del 1998 specificava che «la vendita di un’opzione com- porta in generale l’assunzione di un rischio molto più elevato di quello relativo al suo acquisto. Infatti, anche se il premio ricevuto per l’opzione venduta è fisso, le perdite che possono prodursi in capo al ven- ditore dell’opzione possono essere potenzialmente illimitate».
l’andamento sia stato di suo gradimento, eser- cita l’opzione e acquista il titolo. Lo stesso ra- gionamento vale, inversamente, nel caso di put option. Qui il beneficiario acquista la facoltà di vendere i titoli. Il beneficiario osserva l’anda- mento e, alla scadenza, può esercitare l’opzio- ne (e vendere i titoli) oppure rinunciare all’op- zione (e tenersi i titoli).
In giurisprudenza è stato affermato che la violazione, da parte del venditore di un’opzio- ne put, dell’obbligo di fornire le informazioni essenziali relative al contratto rende del tutto indeterminata la prestazione oggetto del con- tratto medesimo e ne determina la nullità per contrasto con le norme imperative di cui agli artt. 1346 e 1418 cod. civ. (29 ). Nel caso di spe- cie mancava qualsiasi documento negoziale at- testante il tipo e la quantità della merce sotto- stante. Inoltre mancava qualsiasi riferimento al prezzo base della merce e al prezzo di opzione. L’opzione è uno dei pochi contratti derivati per cui si rinviene un minimo di disciplina nel codice civile. Il riferimento è all’art. 1331 cod. civ., dove si prevede che «quando le parti con- vengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall’articolo 1329» (art. 1331, comma 1o, cod. civ.). Si tratta, in essenza, della descrizione dello schema-base dell’opzione quale contratto derivato, in cui uno dei con- traenti rimane vincolato alla propria dichiara- zione (si obbliga irrevocabilmente a acquistare o a vendere), mentre l’altro ha la facoltà di ac-
cettarla (30 ).
(29 ) Trib. Brindisi, 29.12.2004, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, 355 ss., con nota di Xxxxxxx.
(30 ) Simili ai contratti di opzione sono i covered warrants. Si tratta di titoli liberamente negoziabili sui mercati regolamentati e rappresentativi di opzio- ni. Il compratore ha la facoltà (non l’obbligo) di comprare (call) o di vendere (put) una determinata attività sottostante, a un prezzo e a una scadenza prefissati. Per avvalersi di questa facoltà, il compra- tore del warrant paga un premio. Secondo la giuri- sprudenza di merito che si è pronunciata sul punto (Trib. Xxxxxx, 00.0.0000, in Contratti, 2006, 113 ss., con nota di Gaeta), i covered warrants costitui- scono strumenti derivati.
Altra importante categoria di contratti deri- vati sono i contratti finanziari a termine stan- dardizzati (o «futures»). Abbiamo visto come il t.u.f., all’art. 1, comma 2o, lett. d), e), f), g)e j), si limiti a indicarne il nome in italiano («con- tratti finanziari a termine standardizzati») e in inglese («futures»), ma non ne dia una defini- zione.
Di maggiore aiuto è l’art. 4.7.1 del regola- mento di Borsa Italiana: per contratto futures si intende uno strumento finanziario «con il quale le parti si impegnano a scambiarsi alla scadenza un certo quantitativo dell’attività sottostante a un prezzo prestabilito. La liquidazione a sca- denza del contratto può altresì avvenire me- diante lo scambio di una somma di denaro de- terminata come differenza tra il prezzo di con- clusione del contratto e il suo prezzo di liquida- zione». Il contratto a termine si differenzia dal contratto di opzione in quanto nel primo vi è l’obbligo di addivenire allo scambio alla sca- denza, mentre nel secondo vi è la mera facoltà in capo al soggetto che ha acquistato l’opzione.
7. Gli swaps. Un’altra importante categoria di contratti derivati è costituita dagli swaps.
Non solo il t.u.f., ma nemmeno il regolamen- to di Borsa Italiana, contiene una definizione di «contratto di swap». Ciò non deve sorpren- dere in quanto si tratta di contratti che non vengono negoziati sui mercati regolamentati e il regolamento di Borsa Italiana concerne ap- punto i mercati regolamentati.
Nel caso degli swaps si tratta, fra l’altro, del- l’unico caso in cui lo stesso legislatore del t.u.f. preferisce non tradurre in italiano l’espressione inglese di «swap» («scambio»). Ai contratti di opzione, ai contratti finanziari a termine stan- dardizzati e agli swaps, che sono contratti tipici del mercato finanziario, ci si riferisce comune- mente usando la terminologia inglese: options, futures e swaps. Il legislatore italiano cerca pe- rò, a ragione, di evitare di usare termini stra- nieri, se appena possibile. Mentre ciò avviene per i «contratti di opzione» (cfr. ad esempio l’art. 1, comma 2o, lett. d), t.u.f.), avviene solo in parte per i «contratti finanziari a termine» che il legislatore indica nel testo di legge anche con l’espressione inglese di «futures». Nel caso degli swaps la legge italiana usa esclusivamente la terminologia inglese.
La Corte di cassazione ha avuto più occasio- ni di definire il contratto di swap. In una sen- tenza del 2005, ad esempio, il contratto di swap è stato definito come quel contratto aleatorio con cui le parti si obbligano reciprocamente al- l’esecuzione, l’una nei confronti dell’altra, alla scadenza di un termine prestabilito di una pre- stazione pecuniaria il cui ammontare è deter- minato da un evento incerto (31 ). In una sen- tenza del 2001 il contratto di swap è stato defi- nito come quel contratto in cui due parti con- vengono di scambiarsi, in una o più date pre- fissate, somme di danaro calcolate applicando due diversi parametri (in termini di tassi d’inte- resse o di cambio) a un identico ammontare di riferimento, con il pagamento alla scadenza concordata di un importo di base netto, in for- za di compensazione (32 ).
Si è già accennato che, mentre i contratti di opzione e i contratti finanziari a termine stan- dardizzati sono negoziati nei mercati regola- mentati, i contratti di swap vengono negoziati al di fuori di tali mercati. La negoziazione over the counter può risultare problematica dal pun- to di vista dell’investitore. La situazione di pe- ricolo in cui si trova il sottoscrittore dello swap era ben evidenziata nell’allegato 3 al reg. Con- sob n. 11522 del 1998, ove si chiariva che «per le operazioni effettuate fuori dai mercati orga- nizzati può risultare difficoltoso o impossibile liquidare una posizione o apprezzarne il valore effettivo e valutare l’effettiva esposizione al ri- schio».
I contratti di swap possono essere oggetto di trattative particolari fra le parti, anche se – nel- la prassi – è quasi sempre l’intermediario che ne pre-determina il contenuto essenziale. Alcu- ne volte, soprattutto quando le imprese inte- ressate si trovano in una situazione di grave in- debitamento, i margini per negoziare i contrat- ti di swap sono minimi. Esistono modelli stan- dardizzati di contratto che sono poi adattati di volta in volta. Nella prassi gli swaps non pre- sentano comunque lo stesso alto livello di stan- dardizzazione dei contratti di opzione e dei contratti finanziari a termine (non a caso, que-
sti ultimi, definiti dallo stesso t.u.f. come «stan- dardizzati»): per i contratti di opzione e per i contratti finanziari a termine, la standardizza- zione è necessaria al fine di consentirne la ne- goziazione nei mercati regolamentati.
I contratti di swap sono contratti di scambio che possono avere a oggetto diversi beni. Og- getti tipici dei contratti di swap sono le merci (commodity swap), i tassi d’interesse (interest rate swap) e le valute (currency swap).
I contratti di swap prevedono due distinte modalità di calcolo rispetto a una certa som- ma-base (detta «nozionale»). Ciascuna modali- tà di calcolo si fonda su parametri diversi e dà risultati diversi. Effettuati i calcoli all’esito del periodo pattuito, una delle due parti si trova a debito nei confronti dell’altra ed è tenuta a pa- gare la differenza dovuta.
Di grande rilievo pratico sono i contratti di swap su tassi d’interesse, che sono all’origine di buona parte del contenzioso in materia di deri- vati che sta affollando le aule di giustizia negli ultimi anni (33 ). La loro funzione è il trasferi- mento del rischio connesso alla variabilità dei tassi d’interesse. Gli swaps su tassi d’interesse consentono, a certe condizioni, di «trasforma- re» il tasso da variabile a fisso. Sullo stesso no- zionale (che è, generalmente, il valore dell’inte- ro finanziamento sottostante; ma può esserne anche solo una parte) si calcolano i due diversi tassi d’interesse. Una parte si impegna a pagare secondo una certa modalità di calcolo (a tasso fisso), mentre l’altra si impegna a pagare secon- do un’altra modalità di calcolo (a tasso variabi- le).
Alla fine del periodo concordato una delle due parti, quella che risulta a debito, è tenuta a pagare all’altra la differenza fra gli importi ri- sultanti dall’applicazione dei due distinti tassi d’interesse. È difatti comune nella contrattuali- stica la clausola di compensazione («netting»), per effetto della quale va pagata solo la diffe- renza fra gli importi risultanti dalle due diverse modalità di calcolo. Al termine del rapporto contrattuale si verifica una compensazione e solo la differenza è oggetto di pagamento. La clausola di netting può peraltro operare solo
(31 ) Cass., 19.5.2005, n. 10598, in Mass. Giust.
civ., 2005.
(32 ) Cass., 6.4.2001, n. 5114, ivi, 2001.
(33 ) In materia di contratti derivati su tassi d’inte- resse cfr. Xxxxxxx, op. cit., 134 ss.
quando le scadenze delle due posizioni (calco- lo sulla base del tasso variabile e calcolo sulla base del tasso fisso) coincidono.
Per comprendere meglio il meccanismo di funzionamento di un contratto derivato su tas- si d’interesse si prenda come esempio una som- ma nozionale oggetto del finanziamento pari a
100.000 euro e si preveda lo scambio finale, dopo un anno, del risultato dei flussi di cassa fra un tasso fisso (al 5%) e un tasso variabile. Se il tasso variabile risulta essere del 6%, i ri- sultati dei due calcoli sono rispettivamente
5.000 e 6.000 euro. Il soggetto che si è impe- gnato in questo senso verserà all’altro la diffe- renza di 1.000 euro. Si verifica compensazione per cui non è necessario che una parte versi al- l’altra 5.000 euro e, contestualmente, la secon- da versi alla prima 6.000 euro; basta versare la differenza.
Si noti che non tutto il finanziamento sotto- stante è necessariamente oggetto del contratto di swap. Il contratto derivato può essere con- cluso anche per una parte sola del finanzia- mento (34 ). In questi casi il nozionale del deri- vato è inferiore all’importo del debito. Gene- ralmente l’interesse dell’impresa è quello di co- prire tutto il rischio sottostante, ma possono esservi delle ipotesi in cui il derivato opera solo in riferimento a una parte del debito.
A dire il vero non è nemmeno necessario che ci sia un legame diretto fra un contratto di fi- nanziamento e il contratto di swap. Ciò che il contratto di swap cerca di fronteggiare è il ri- schio dovuto agli interessi da corrispondere. Fonte di questo obbligo di corrispondere gli interessi non è necessariamente un unico con- tratto, ma possono essere più rapporti contrat- tuali, anche di natura diversa fra loro. Il vero punto di riferimento del contratto di swap non è dunque uno specifico contratto, ma la situa- zione di indebitamento in cui si trova la società interessata (35 ).
Negli ultimi anni un numero elevato di pic- xxxx e medie società ha sottoscritto dei contrat-
ti derivati con intermediari finanziari, contratti tesi a ridurre i rischi connessi alla variabilità dei tassi d’interesse. Nella prassi questi con- tratti vengono non raramente presentati dalle banche come aventi funzione assicurativa. Essi vengono proposti dall’intermediario addirittu- ra contestualmente alla conclusione del con- tratto principale di finanziamento. In alcuni casi il contratto derivato viene peraltro conclu- so in un momento successivo e, segnatamente, quando la società si accorge dell’eccessivo one- re finanziario e chiede alla banca una soluzione che sia in grado di ridurre tale onere.
Il contratto di interest rate swap prevede ge- neralmente che se i tassi d’interesse superano una certa soglia, allora la banca pagherà una somma alla società per ristorarla dell’eccessivo carico finanziario dovuto al sottostante con- tratto di finanziamento. Viceversa il contratto prevede che se i tassi d’interesse scenderanno sotto una certa soglia, allora sarà l’impresa a dovere versare una somma all’intermediario.
Nella prassi succede frequentemente che i contratti derivati vengano ristrutturati. La so- cietà, avvertendo l’onere finanziario eccessivo del primo contratto concluso, chiede all’inter- mediario di porre termine anticipatamente al rapporto contrattuale. Questa scelta è tuttavia onerosa per l’impresa, in quanto comporta il pagamento del differenziale che si è nel frat- tempo accumulato (la perdita non è più solo potenziale, ma diventa reale), oltre che di una penale. Le parti dunque, generalmente, con- cordano solo di modificare le condizioni del contratto derivato. Gli intermediari struttura- no il secondo contratto in modo che esso com- prenda le passività che erano state accumulate con il primo. La ristrutturazione del contratto non sempre porta benefici alla società.
Un’altra categoria di swap che ha un signifi- cativo rilievo pratico è quella avente a oggetto valute (36 ). La Corte di cassazione ha definito il contratto di domestic currency swap come il contratto aleatorio con il quale due parti si ob-
(34 ) Cfr. Cass., 2.3.2009, n. 5022, in www.deiure-
.xxxxxxx.xx, in per un caso in cui il contratto di swap aveva ad oggetto l’85% del finanziamento sottostan- te.
(35 ) Xxxxxxx, op. cit., 139.
(36 ) In materia di contratti di swap su valute cfr. Cossu, Domestic current swap e disciplina applica- bile ai contratti su strumenti finanziari. Brevi note sul collegamento negoziale, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, II, 168 ss.
bligano, l’una all’altra, a corrispondere alla sca- denza di un termine, convenzionalmente stabi- lito, una somma di danaro (in valuta nazionale) quale differenza fra il valore (espresso in euro) di una somma di valuta estera al tempo della conclusione del contratto e il valore della me- desima valuta estera al momento della scaden- za del termine stabilito (37 ).
Di nuovo un esempio consente di comprende- re meglio la fattispecie di cui ci stiamo occupan- do. L’esportatore italiano che accetta di essere pagato in una valuta straniera è soggetto al ri- schio di cambio. Fra il momento della consegna delle merci e il momento del pagamento trascor- re di norma un certo lasso di tempo. Durante questo periodo la valuta straniera può perdere di valore, con l’effetto che l’esportatore subirebbe una perdita. Si supponga che l’esportatore pat- tuisca di essere pagato con 1.000.000 di dollari a 60 giorni e che, al cambio iniziale, tale somma corrisponda a 800.000 euro (1 dollaro = 0,80 eu- ro). Se nel giro di 60 giorni il dollaro perde il 10% del suo valore (scendendo a 1 dollaro = 0,72 euro), l’esportatore che viene pagato in dol- lari – e poi li cambia in euro – riceve solo 720.000 euro, perdendo 80.000 euro. Con un apposito contratto di swap, l’esportatore può garantirsi nel senso che – in caso di perdita di valore della valuta di riferimento – la banca gli rimborserà ta- le perdita di valore.
8. Cenni ai derivati di credito. È poi utile accennare al fatto che, negli ultimi anni, hanno assunto sempre maggiore importanza i contratti derivati che trasferiscono il rischio di credito (c.d. «derivati di credito») (38 ).
Il presupposto di questi contratti derivati è l’esistenza di un debitore che presenta un certo rischio di credito. A questo soggetto ci si riferi- sce con l’espressione inglese di «reference enti- ty». Il rischio di credito misura la (maggiore o minore) capacità del debitore di far fronte alle obbligazioni assunte. Il pericolo principale è,
(37 ) Cass., 19.5.2005, n. 10598, cit.
(38 ) Sui contratti derivati con funzione di trasferi- mento del rischio di credito cfr. Tarolli, Trasferi- mento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in Giur. comm., 2008, I, 1169 ss.
ovviamente, quello che il debitore divenga in- solvente.
L’evento di credito (credit event) rilevante ai fini dei contratti derivati di credito consiste ti- picamente nell’insolvenza in senso tecnico del debitore. Può tuttavia trattarsi anche di eventi meno drammatici e può consistere in un sem- plice peggioramento della situazione finanzia- ria del debitore. Tipicamente il debitore ha emesso titoli di debito che, in conseguenza di un peggioramento della sua situazione, vengo- no ora reputati meno sicuri di quanto lo fosse- ro prima.
Al fine di coprirsi contro il rischio d’insol- venza del debitore può essere stipulato un contratto derivato relazionato al rapporto di credito, che può prendere la forma di «credit default option» oppure di «credit default swap». La «credit default option» presenta i vantaggi di una opzione (39 ). Verso il paga- mento di un premio è possibile assicurarsi contro il rischio di credito del debitore sotto- stante. Il credit default swap è caratterizzato dal fatto che un certo soggetto (protection sel- ler) assume su di sé il rischio di dover corri- spondere a un altro soggetto (protection buyer) una determinata somma al verificarsi di un evento di credito che colpisce un terzo soggetto (il debitore).
9. La forma dei contratti derivati. Si accennava sopra al fatto che i contratti derivati, essendo contratti come tutti gli altri, devono presentare i requisiti richiesti dal codice civile per i contratti in generale.
Fra tali requisiti rientra anche «la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità» (art. 1325, n. 4, cod. civ.).
Vi è allora da chiedersi se, per i contratti de- rivati, la legge richieda l’osservanza di una de- terminata forma.
Con riferimento alla forma dei contratti deri- vati, la disposizione di riferimento è l’art. 23, comma 1o, frase 1a, t.u.f., secondo cui «i con- tratti relativi alla prestazione dei servizi di inve- stimento, escluso il servizio di cui all’articolo 1,
(39 ) Su questo tipo di contratto derivato cfr. Xxxxx, Credit default option, in Contratti, 2006, 823 ss.
comma 5o, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori so- no redatti per iscritto e un esemplare è conse- gnato ai clienti» (40 ).
La forma scritta è posta principalmente nel- l’interesse della controparte dell’intermediario. Il cliente della banca deve poter riflettere ade- guatamente sul significato dell’operazione che compie. Nel caso, poi, dei contratti derivati, vi è una necessità maggiore di attenta riflessione prima della conclusione del contratto, attesa la loro pericolosità.
Il requisito della forma scritta non vale però per tutti i clienti. «La Consob, sentita la Banca d’Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma» (art. 23, comma 1o, frase 2a, t.u.f.). In sede attuativa si è stabilito che «gli interme- diari forniscono a clienti al dettaglio i propri servizi di investimento, diversi dalla consulen- za in materia di investimenti, sulla base di un apposito contratto scritto; una copia di tale
contratto è consegnata al cliente» (art. 37, comma 1o, reg. Consob n. 16190 del 2007). Il requisito della forma scritta vale dunque per i clienti al dettaglio. La ragione di questa diffe- renziazione sta nelle differenti esigenze di tute- la delle diverse categorie d’investitori.
Un conto è poi il contratto-quadro e un con- to sono le operazioni esecutive del contratto- quadro. Per le operazioni esecutive non è ri- chiesta la forma scritta ad substantiam. L’art. 37, comma 2o, lett. c), reg. Consob n. 16190 del 2007 prevede che il contratto, fra le altre cose, «indica le modalità attraverso cui il clien- te può impartire ordini e istruzioni». Gli ordini dunque possono essere impartiti anche in for- ma diversa da quella scritta, non volendo il re- golatore che l’operatività sia eccessivamente rallentata a causa della necessità di soddisfare pesanti requisiti formali.
Infine si noti che la nullità per difetto di for- ma è una nullità relativa che può essere fatta valere solo dal cliente: «nei xxxx xxxxxxxx xxx xxxxx 0x x 0x xx xxxxxxx xxx essere fatta valere solo dal cliente» (art. 23, comma 3o, t.u.f.).
(40 ) Sulla materia della forma dei contratti d’in- termediazione finanziaria cfr. Xxxxxxxx, Disciplina dell’intermediazione finanziaria e xxxxxxx xxxxx xxxxxx xx xxxxxxxx (xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx-xxxxxx): una ratio decidendi e troppi obiter dicta, in Giur. merito, 2007, 59 ss.; Pontiroli-Duvia, Il formalismo nei contratti dell’intermediazione finanziaria ed il recepi- mento della MiFID, in Giur. comm., 2008, I, 151 ss.; Xxxxxxxxxxx, L’art. 23 T.U.F. e la sottoscrizione del contratto-quadro, in Giur. it., 2009, 1682 ss.; Id., Contratto di negoziazione, forma convenzionale e nullità per inosservanza di forma, in Contratti, 2007, 778 ss.; Id., La nullità del contratto di gestione di portafogli di investimento per difetto di forma, ivi, 2006, 966 ss.; Id., La nullità del contratto per inosser- vanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. merito, 2006, 737 ss.