AgOSTO 2009 ANNO 5 - N.41
ANNO 5 - N.41
Periodico di approfondimento, aggiornamento e confronto tematico della
CONTRATTO UNICO E AMMORTIzzATORI SOCIALI
Le riforme che servono ai lavoratori
Se è vero che dalla crisi/recessione se ne può uscire in diversi modi, per uscirne in condizioni socialmente accetta- bili servono riforme incisive a monte e a valle del processo produttivo che determina il modello di sviluppo globale.
Riforme nel campo della finanza, dell’economia e del lavoro.
Fino a quando sarà la finanza sregolata a dettare le con- dizioni dello sviluppo, imponendo modelli d’investimento
strutturati nel suo prevalente interesse, le crisi “violente” come quella che stanno subendo i lavoratori e i risparmiatori di tutto il mondo, saranno inevitabili.
Solo la politica, sospinta dall’opinione pubblica, dai movimenti e dalle agenzie umanitarie, ovvero dalla parteci- pazione dei cittadini, può creare le condizioni dello “sviluppo sostenibile”, al servizio della Persona, dell’equilibrio sociale, dei popoli.
Sommario
Ma volendo circoscrivere il mio ragiona- mento alle cose che più direttamente “compe- tono” al sindacato nel nostro paese, credo che il preoccupante aumento dei disoccupati abbia ulteriormente evidenziato l’urgenza di riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, superando le assurde disparità di trattamento legate alla dimensione aziendale, al settore e alle tipologie contrattuali.
La disoccupazione peraltro è destinata ad aumentare nei prossimi mesi in conseguenza del divario temporale tra l’inizio della ripresa e l’“effetto trascinamento” della recessione, evi-
...continua in seconda pagina
Le riforme che servono ai lavoratori 1
gLI RFID PROSSIMI VENTURI E LA LENTA ESTINzIONE DELLE CASSIERE 3
COIN, RINASCENTE, UPIM: COSA ACCOMUNA QUESTI SOggETTI? 5
VERSO IL RINNOVO DEL C.I.A. DEI SUPERMERCATI PAM E gRUPPO PAM. 6
denziato da una caduta del Prodotto Interno Lordo del 2009 realisticamente stimata al 5%.
La cassa integrazione, variamente denominata, deve proteg- xxxx allo stesso modo tutti i lavoratori, a parità di causale e le politiche attive del lavoro devono essere puntare a distribuire con maggiore equità il lavoro esistente.
Né il governo ha stanziato risorse sufficienti per la “cassa integrazione in deroga”, né ha dimostrato coerenza con la de- fiscalizzazione del lavoro straordinario, che, venendo a costare meno di quello ordinario non induce le aziende a fare qualche assunzione in più, ma, al contrario, ad abusarne per non as- sumere, con relativi rischi sulla salute/sicurezza dei lavoratori.
In tutta Europa il lavoro straordinario costa mediamente un 20% in più e lo stesso Governo Xxxxxxx in Francia non ha modificato la legge delle 35 ore.
E sono maturi i tempi anche per considerare seriamente la proposta del “contratto unico” avanzata dagli economisti (che si pongono il problema della giustizia sociale) Xxxx Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxxx, basata sullo scambio tra l’“assumere sempre a tempo indeterminato tutti i lavoratori” (fatta salva la stagionalità strutturale), a fronte di un periodo di tempo (la proposta è 3 anni) a protezione progressiva, durante il quale l’azienda può risolvere il rapporto di lavoro come avviene nel periodo di prova ma con l’aggiunta di indennità di fine rapporto proporzionali all’anzianità maturata nell’arco del triennio.
Per chi, come noi, ha difeso e intende continuare a difende- re con determinazione le ragioni del rispetto della dignità della persona, contenute nell’impossibilità di licenziare senza “giusta causa” o “giustificato motivo oggettivo”, di cui all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, questa proposta è dura da digerire.
Ma dobbiamo considerare la differenza tra il momento in cui si tenta di impedire che un dato fenomeno si verifichi, e quello in cui il fenomeno temuto si è verificato e che l’Istat stima, nel 2008, in 4 milioni di lavoratori precari, pagati il 25-30% in meno rispetto agli altri.
E non è più tollerabile che il 70% delle assunzioni avvenga con contratti a termine.
Stiamo parlando di milioni di Persone che, lavorando e producendo come le altre e talvolta di più -per evidente sog- gezione psicologica-, hanno non solo retribuzioni inferiori, ma anche protezione previdenziale e sanitaria irrisoria, diritti individuali e sindacali praticamente inesistenti.
È necessaria una strategia di ricomposizione del mondo del lavoro, rispetto alla quale la proposta del “contratto unico” può rappresentare uno sbocco a somma positiva, nella misura in cui viene fatta propria dalle tre confederazioni.
Come UILTuCS possiamo dare il nostro contributo, cominciando a studiarla, appro-
fondirla, contestualizzarla, come deve fare una organizzazione di scopo come la nostra che si lascia ispirare da presupposti culturali e sociali basati sull’equità e la giustizia sociale.
Senza questi punti di riferi-
mento l’azione sindacale, pur meritoria, è costretta ad inseguire e farsi imbrigliare da quelle forze e da quelle mentalità che, dopo aver prodotto disastri e talvolta crimini, continuano a pretendere di fare al contempo il medico e l’ammalato, come se nulla fosse successo).
Il sindacato ha il dovere di leggere e interpretare la “realtà” assumendosi la responsabilità di puntare su alcune riforme come quelle indicate, anche se non facilmente perseguibili, evitando di assecondare la cantilena di un riformismo indistinto ad uso e consumo di qualsiasi nuovismo, anche di carattere regressivo.
L’etica della responsabilità ha senso se, lungi dal tramutarsi in atteggiamento rinunciatario, mira a raggiungere obiettivi concreti e progressivi, a favore soprattutto delle fasce più deboli che non hanno forza e rappresentanza diretta.
In questa direzione va a mio parere la proposta del “con- tratto unico” di Xxxx Xxxxx e Xxxxxx Xxxxxxxxx, con la stessa aliquota contributiva del 33% che tra l’altro farebbe giustizia dell’assurda discriminazione previdenziale a danno delle lavo- ratrici e dei lavoratori che ne hanno maggiore bisogno, in vista di una futura quiescenza destinata a bordeggiare o addirittura a coincidere con la povertà, se non si prendono provvedimenti in tempo utile per evitare una simile evenienza, ancor più penosa se considerata nella prospettiva di un aumento certo della durata media della vita.
È arrivato il momento di parlarne con serietà e impegno se davvero vogliamo riportare il mondo del lavoro sotto un unico ombrello protettivo come è giusto che sia, anche per qualificare la flessibilità necessaria/inevitabile che deve tendere a dare risposte organizzative, di servizio e presidio -in equili- brio con i tempi delle città e dei contesti sociali-, non certo a creare un popolo di lavoratori/persone di serie b, come nei fatti, purtroppo, si è verificato, compromettendo l’esistenza e il futuro di intere generazioni.
Un conto è fare la gavetta quando si entra nel mondo del lavoro, dopo l’agognato titolo di studio, altra cosa è subire discriminazioni ingiuste, in virtù di una interpretazione abusiva e abusata della flessibilità che, in ultima analisi, lede la dignità della persona.
Di fronte a determinati fenomeni non si deve tentennare o interpretare in maniera sbagliata la necessità di equilibrio e buon senso.
Equilibrio e buonsenso sono virtù e servono sempre. Ma di fronte a determinate situazioni, pur nella consapevolezza delle difficoltà politiche ed economiche, serve convinzione e determinazione.
Troppi contratti di lavoro “non regolari” impediscono, a milioni di lavoratori, “una vita regolare”. Questo è il problema principale che pesa sulle nostre coscienze e, in quota parte, sulle nostre responsabilità.
Questo è il terreno delle riforme.
Xxxxxxxx Xxxxx
TECNOLOgIE, PROFESSIONALITÀ, OCCUPAzIONE.
Gli RFID prossimi venturi e la lenta estinzione
delle cassiere
Ricordate la cassiera che si trovava nei supermercati fino alla seconda metà degli anni 80? Era una signora che costruiva la sua professionalità sulla velocità nel battere su un tastierino numerico i prezzi di ogni prodotto che il cliente le poggiava sul nastro trasportatore della cassa, nel memorizzare decine di prezzi fissi di alcuni generi di consumo che generalmente non venivano prezzati (acque minerali, latte, bustine di aromi freschi, ecc) Ed il rifornitore di banchi dello stesso supermer- cato? Era quel signore che, nel tempo sviluppava la capacità di valutare al volo, per ogni singolo prodotto, l’esatto numero di colli da ordinare per una precisa gestione degli ordini per i rifornimenti e che, armato dei timbratori o delle etichettatrici “METO”, rapidamente “prezzava” tutta la merce che poneva in vendita sugli scaffali delle “sue” corsie.
L’avvento del “barcode” e dei lettori scanner, hanno profon- damente trasformato la professionalità di questi due lavoratori, impoverendola e rendendo largamente ininfluenti quelle che oggi definiremmo “skills” individuali che costituivano il valore dell’esperienza e dell’anzianità professionale.
La cassiera, nell’era del codice a barre, non deve più memo- rizzare nessun prezzo, non digita più nulla, al di fuori del denaro che il cliente consegna per pagare (quando paga col contante) ed il rifornitore non “prezza” più alcun prodotto ed anche la funzione di gestione del rifornimento è fortemente a rischio di assorbimento da parte di un sistema informativo che riesce sempre di più ad incorporare le abilità umane che costituivano il valore aggiunto del patrimonio umano dell’impresa.
Nell’epoca dei prodotti prezzati e delle casse senza scanner (e a volte anche senza nastro trasportatore...) i codici a barre convivevano con gli esseri umani come strani simboli di un futuro incomprensibile nei suoi effetti a venire...
All’inizio erano pochi i prodotti che riportavano questi strani riquadri rigati e l’idea che un raggio di luce li potesse “leggere” e definirne un
prezzo sullo scontri- no, apparteneva a quello strano uni- verso del “chissà quando, qui in ita- lia...” che appari- va così lontano ed improbabile.
Poi è arrivato.
Oggi è il nostro presente e fra non
molto potrebbe essere il nostro passato.
Un nuovo barcode sta per prepararci una ulteriore evoluzione.
Si chiama RFID, è una sigla che racchiude i termini “Radio Frequency Identification”: il significato è quello di un insieme di tecnologie che permette l’identificazione di un oggetto attraverso il veicolo della trasmissione radio ed è destinata a mandare in pensione l’attuale codice a barre o comunque a relegarlo, nel tempo, in una dimensione molto marginale.
La sua data di nascita potrebbe essere identificata con la pubblicazione da parte del ricercatore di origini svedesi Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, nel 1948 di “Communication by Means of Reflected Power” con il quale illustrava la possibilità di ottenere un sistema di trasmissione di informazioni in cui il trasmettitore fosse alimentato dalle onde radio ricevute. Un sistema, pensate, che trae ispirazione da una tecnica usata dalla RAF britannica, durante la seconda guerra mondiale, per distinguere nella notte, tra i segnali radar, gli aerei propri (di ritorno dalle missioni) dagli aerei nemici che giungevano in attacco.
In questi sessant’anni di evoluzione la tecnica si è sviluppata ed ha già prodotto numerose applicazioni concrete: dai comuni sistemi antitaccheggio che utilizzano le semplicissime etichette EAS (quelle rigide e vistose che accompagnano normalmente i capi di abbigliamento, ma anche quelle adesive più discrete e meno visibili che troviamo applicate all’interno delle confezioni di altri prodotti) che fanno ogni tanto allarmare le barriere magnetiche all’uscita dei negozi, all’ormai sempre più diffuso sistema di pagamento dei pedaggi autostradali “Telepass”, per non parlare dei sistemi di controllo, rilevazione e tracciatura integrati nei processi industriali, fino ad arrivare ai sistemi di identificazione degli animali attraverso l’inserimento sottocute di piccolissimi tag (delle dimensioni di un grano di sale) in gra- do di accumulare e di rendere disponibili tutte le informazioni anagrafiche e veterinarie necessarie ad identificare l’animale, la sua storia, i dati del proprietario, ecc...
Le differenze con il codice a barre sono notevoli.
Il codice a barre è uno strumento limitato pas- sivo ed inerte: il numero di informazioni che può contenere è definito e statico, una volta stampata l’informazione non può essere in nessun modo aggiornata e per ottenerla occorre orientare il barcode verso il lettore laser, oppure viceversa,
e ciò rende necessaria la presenza di una per- sona che faciliti e controlli la lettura.
L’etichetta RFID è un dispositivo di- namico e, tendenzialmente, indipendente dalla presenza di persone che ne facilitino
la lettura.
Il prodotto marcato con un dispositivo RFID, può aggiornare il tipo di informazioni che contiene.
Se puntualmente aggiornata l’etichetta, è possibile ad esem- pio sapere da una confezione di burro, il tipo di lavorazione, la data di produzione, il luogo di produzione, la data di arrivo al magazzino centrale, la data di arrivo al luogo di vendita, i diversi soggetti che lo hanno trattato nella filiera dalla produ- zione alla vendita.
E questo tipo di informazioni, insieme ad un numero seriale univoco per ogni marcatore RFID, distingue ogni singolo panetto di burro dagli altri, apparentemente identici, della stessa marca, dello stesso tipo, dello stesso peso e dal medesimo involucro.
Il codice a barre non opera alcuna distinzione: identifica unicamente la nazione del marchio, il marchio, il prodotto (ma non la singola confezione) e, per i prodotti venduti a peso variabile, il prezzo o il peso stesso. Due confezioni dello stesso identico prodotto e dello stesso identico peso, sono, dalle informazioni fornite dal codice a barre, indistinguibili.
Ma la caratteristica che, probabilmente, più influirà sul personale del mondo della distribuzione commerciale, è la totale indipendenza dal supporto umano per la lettura delle informazioni.
La capacità dell’etichetta RFID di trasmettere informazioni indipendentemente dalla prossimità del lettore e dal posiziona- mento rispetto ad esso, sembrerebbe risolvere in modo totale una necessità strutturale del servizio di vendita, sino ad oggi presidiata dal personale: la registrazione dei prodotti venduti.
Anche nelle formule “fai da te”, che da qualche anno sono apparse nelle catene della grande distribuzione (Auchan, Bennet, Coop, Finiper, SMA, ecc) e che affidano al cliente la registrazione della merce per velocizzare la sua attesa per il pagamento e l’uscita dal negozio, la presenza della cassiera è ancora normalmente prevista: sia per effettuare la funzione di controllo sull’operato del cliente che per la necessaria assistenza nelle possibili e non rare occasioni in cui il cliente incontra difficoltà con le procedure di registrazione affidate alla lettura scanner del “barcode”.
Quando la tecnologia basata su RFID sarà a regime e i dispositivi avranno raggiunto i perfezionamenti necessari, il processo di registrazione sarà un atto totalmente gestibile dall’impiantistica e dall’elettronica di controllo: il cliente non dovrà fare assolutamente nulla se non posizionare per qualche secondo il carrello o il cestino della spesa nella zona di lettura ed attendere lo scontrino dell’avvenuto pagamento e non avrà quindi bisogno né di assistenza e, non correndo il rischio di essere autore di possibili errori, nemmeno di
controllo (almeno non nella dimensione attualmente necessaria).
Siamo molto lonta- ni da quel giorno?
I tempi, come sem-
pre in questi casi, sono storici ma non infiniti.
Già dal 2004 si parla di sperimen- tazioni sull’introduzione di sistemi di re- gistrazione tramite RFID in alcune catene della grande distribuzione (citiamo, tra gli
altri, il progetto ‘Store of the future’ alla Metro in Germania e lo studio condotto dall’Università dell’Arkansas in 24 punti vendita di Wal-Mart).
Sul piano tecnologico, lo stato dell’arte presenta, attual- mente, già il livello necessario per una diffusione di partenza: le etichette sono ormai disponibili nelle versioni più diverse, i gate e le colonne di lettura sono già utilizzati anche per altre funzioni (controllo degli accessi) in molti ambienti di lavoro e di pubblico, sono già disponibili gli stessi carrelli già attrezzati con terminale di rilevazione RID dotato di touchscreen, ecc.
Anche dal punto di vista della normativa di supporto, già dal luglio 2007, con il Decreto ministeriale dell’allora Ministro delle Comunicazioni Xxxxx Xxxxxxxxx, sono state completa- mente liberalizzate le radio frequenze per i dispositivi “RFID” («...la banda di frequenze 865-868 MHz può essere impiegata, su base di non interferenza e senza diritto a protezione, ad uso collettivo da apparati a corto raggio per le apparecchiature di identificazione a radiofrequenza (RFID)...»).
Ciò che sembra realmente frenare ancora il processo di introduzione di questa tecnologia è la lentezza con la quale i produttori di beni di consumo stanno operando la scelta di marcare i propri prodotti con i tag rfid. Ciò è probabilmente dovuto ad aspetti economici, poiché, anche se il costo dell’ap- plicazione delle etichette RFID è crollato verticalmente rispetto ai costi iniziali (oggi dovremmo essere già sotto i dieci centesimi di euro), il rapporto con i costi della marcatura con codice a barre (sostanzialmente nulli), deprime (quando non li dissuade del tutto) gli impulsi innovativi dei produttori.
Ed è chiaro che l’introduzione, nei punti di vendita al dettaglio, di investimenti in tecnologia di rilevazione e registrazione, per avere un senso compiuto, deve garantire l’applicabilità dell’innovazione sull’intero assortimento dei prodotti in vendita.
Ma i costi dell’applicazione delle etichette RFID (come sempre avviene in questi campi) proseguiranno la loro discesa fino ad arrivare ad un valore così basso da essere considerato accettabile da chiunque e da sprigionare l’omologazione gene- rale al nuovo standard. A quel punto, e non dovrebbe mancare molto, assisteremo alla nuova lenta ma inesorabile metamor- fosi dei nostri punti vendita che cominceranno ad applicare il nuovo modello tecnologico cone le conseguenti modifiche sulla vita lavorativa delle persone che ci dovranno convivere.
Ritorniamo allora alla nostra cassiera che negli anni ottanta digitava abilmente i prezzi sulla tastiera della propria cassa e che, negli ultimi due decenni, è passata a posizionare ogni singola confezione acquistata dal cliente verso il lettore
ottico in modo da poter scansionare il codice a barre, per domandarci che cosa potrà mai
fare quando non sarà necessario fare nemmeno questo, perché l’intero carrello sarà, in pochi secondi, interamente “letto” da potenti e sofisticati pannelli
in grado di fornire istantaneamente il conto dell’intera spesa.
Rimarrebbe la funzione di incasso.
Anche se è facile prevedere che, al pari della merce in uscita, i lettori di etichette RFID saranno in grado anche di leggere lo smart-tag di un documento di pagamento (le carte di credito RFID, per esempio... una volta risolti gli attuali problemi di protezione dalle facili clonazioni a distanza) e far assomigliare la procedura di pagamento della spesa settimanale alla proce- dura di uscita da un casello autostradale telepass... in fondo la tecnologia di fondo è la stessa.
Rimarranno quei clienti (probabilmente pochi ed in co- stante diminuzione) che vorranno ancora pagare la loro spesa in moneta contante e, per loro, è possibile che la funzione di incasso venga ancora presidiata dalla romantica figura della cassiera, con cui poter scambiare quattro chiacchiere sull’au- mento dei prezzi della spesa.
Ma saranno poche eccezioni. Per le altre cassiere? Quale futuro professionale le attende? C’è un’alternativa allo scenario dell’estinzione?
Per alcune formule commerciali, probabilmente no. In quelle catene dove il servizio è già attualmente ridotto al mi- nimo essenziale (come gli hard discount), dove le stesse casse sembrano essere studiate per spingere il cliente rapidamente verso l’uscita del negozio, l’avvento del nuovo standard tec- nologico produrrà quasi sicuramente la scomparsa sostanziale della posizione professionale attualmente collocata al termine del processo di vendita, con una conseguente riduzione degli
organici.
Per quelle formule di vendita che sono più attente ed inte- ressate a fornire un servizio orientato ai bisogni della clientela, la trasformazione potrebbe produrre anche figure professionali di assistenza agli acquisti, in grado di accogliere la migrazione, almeno in parte, delle professionalità provenienti dalle funzioni di registrazione ed incasso.
L’attuale situazione di bonaccia sull’itinerario di diffusione di questa tecnologia, non ci faccia dormire sonni troppo tran- quilli, quando il vento riprenderà a soffiare ed i cambiamenti cominceranno a rendersi visibili, la difesa delle lavoratrici inte- ressate diventerà emergenza se non saremo riusciti a progettare azioni di tutela preventiva.
Quali ad esempio?
Non c’è bisogno di molta fantasia: quando le competenze professionali possedute diventano meno richieste, occorre ac- quisirne delle altre e per favorire ciò possiamo solo rivendicare un diritto.
Quello alla formazione professionale.
Non attendiamo l’ultimo momento, cominciamo a con- trattarlo oggi.
Cominciamo ad inserirlo nelle piattaforme dei nostri CCNL.
Xxxxxx Xxx Xxxxx
gRANDE DISTRIBUzIONE ORgANIzzATA
Coin, Rinascente, Upim: Cosa accomuna questi
soggetti?
Eh si, le voci corrono ancora una volta insistenti. Il Gruppo Coin starebbe per acquistare UPIM!
Le indiscrezioni che si susseguono da qualche mese hanno preso nuovamente corpo e sostanza dopo un articolo apparso sul “IL SOLE 24 ORE” del 29 luglio scorso.
Il gruppo Coin dimostra di essere in ottima salute e di potersi permettere, dopo l’acquisizione di 60 punti vendita della società Mela Blu, anche il più impegnativo acquisto di UPIM: in questo caso si tratterebbe di 140 punti vendita e 250 negozi in franchising e 500 milioni di fatturato.
Con l’acquisizione di Xxxxxxx il gruppo Coin aveva scom- messo sul format OVSIndustry che, nel gruppo, è quello che offre le performance migliori, soprattutto in tempo di crisi.
Un idea vincente dato che le performance migliori delle filiali OVS si è generato proprio nelle ex Mela Blu convertite. Tutte le UPIM trasformate in OVS allora? ? probabile che la dimensione che acquisirebbe il Gruppo Coin sullo scenario internazionale sarebbe tale dover pensare a diversificare gli investimenti e preoccuparsi della concorrenza diretta di grup- pi come quelli a marchio Zara e H&M. Senza dimenticare
l’appeal del marchio UPIM sicuramente più forte di Xxxx Xxx (ma la vicenda Standa Commerciale dovrebbe far riflettere)
Meno bene l’andamento del format COIN che, come Rinascente del resto, sua diretta concorrente, soffre in questo periodo la contrazione delle vendite di beni e di capi di abbi- gliamento non proprio a buon mercato.
Rinascente del resto è tutta focalizzata sulla costruzione delle flag ship ovvero di negozi che hanno l’ambizione di concorrere con grandi magazzini continentali (El Corte Ingles, Marks&Spencers e Gallerie Lafayette): lo dimostra il recente impegno ad investire nella ristrutturazione di un intero piano del punto vendita Rinascente Duomo (pubblicizzato con un imbarazzante immagine, a detta dei più, di una donna seduta su uno sgabello a gambe divaricate con la scritta “nuova aper- tura”) e il rifacimento recente di alcuni altri piani del negozio: per gli azionisti del gruppo Rinascente/UPIM srl, gli stessi del Gruppo Rinascente cioè il fondo Investitori Associati ( Deutsche Bank, Pirelli RE e Xxxxxxxx Xxxxxxxx), potrebbe essere strategica la vendita proprio in questo momento. Si co- glierebbe così l’onda lunga dei discreti risultati ottenuti dagli storici punti vendita (al 30 settembre del 2007 Upim aveva
realizzato vendite nette per 489,5 milioni di euro contro i 445,1 milioni dell’ esercizio precedente) e si focalizzerebbe il businness nella direzione voluta, prendendo così una boccata di ossigeno anche dalla pressione insistente delle banche sul gruppo.
Dal punto di vista sindacale c’è da chiedersi come verranno trattati i dipendenti di UPIM: nel caso Xxxx Xxx infatti la so- cietà acquistata non aveva contrattazione di secondo livello ed un accordo sindacale ha previsto l’applicazione dell’accordo di gruppo Coin nella parte normativa esclusa la parte economica. Nel caso di UPIM invece esiste una importante contrattazione di secondo livello.
Si dovrà pertanto fare un balzo indietro nel tempo quando il Gruppo Coin acquistò Standa commerciale con i noti pro- blemi di armonizzazione delle due contrattazioni.
Intanto si pone anche il problema della contrattazione di secondo livello per il Gruppo Coin fermo ormai dal lontano 2002. Se l’azienda non è in perdita ed anzi può permettersi acquisizioni così impegnative, cosa blocca l’attivazione di un tavolo di contrattazione aziendale?
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
CONTRATTAzIONE DI SECONDO LIVELLO
Verso il rinnovo del C.I.A. dei supermercati Pam
e Gruppo Pam.
A Marzo 2009 la catena dei Supermercati Xxx ha co- municato la disdetta del CIA, scaduto nel 2005 e prorogato nel Maggio dello stesso anno. Tale accordo prevedeva però una clausola di ultrattività che ne prorogava la validità sino al momento che non si fosse firmato un successivo accordo.
Il motivo ufficiale della decisione dell’Azienda è stata re- lativo al sistema di compensi variabili, ritenuti non adatti alle esigenze della catena e perciò passibili di modifica.
Il 24 Giugno 2009 a Bologna si è riunito così il Coordi- namento Nazionale che ha varato la Piattaforma Definitiva per il rinnovo del Cia. Tale piattaforma è nata sotto un otti- mo auspicio in quanto è stata approvata dai lavoratori con il 97,7 % dei voti favorevoli, nessun astenuto ed una minima percentuale di astenuti.
Nella piattaforma i temi toccati sono stati tanti, frutto della discussione all’interno dei luoghi di lavoro.
In maniera schematica gli argomenti sono stati:
Relazioni sindacali, punto imprescindibile di ogni Cia e fondamentale per mantenere una fotografia aggiornata della situazione aziendale;
Organizzazione del lavo- ro, per li-
mitare i disagi dei nastri orari e tutelare la qualità della vita dei lavoratori;
Part-time, con la gestione delle clausole flessibili ed elasti- che, in maniera che ciò non sia uno strumento unidirezionale dall’azienda ai lavoratori;
Lavoro domenicale, tema assai spinoso e che vuole man- tenere la gestione che fino ad oggi è stata tutelata all’interno dell’Azienda e che vuole sottolineare la volontarietà dei lavo- ratori;
Salario, perciò sistema incentivante. I lavoratori hanno espresso l’esigenza di basare tale sistema anche su un sistema di qualità e soddisfazione del cliente;
Salute e Sicurezza, sottolineando l’importanza di tale tema e per incentivare l’attenzione sia dell’Azienda sia dei lavora- tori, essendo questa una battaglia da combattere in maniera collaborativa;
Esternalizzazione ed appalti, cercando di definire un pro- tocollo di tutela e controllo di tale esercizio;
Sviluppo, garantendo ai lavoratori di avere la piena con- sapevolezza dei progetti di crescita del gruppo per affrontarli
creativamente insieme.
Alla luce di quanto scritto ed alla luce degli incontri, che si susseguono tra Sindacato ed Azienda, la discussione prosegui-
rà alla ricerca di una soluzione che risponda effettiva- mente alle esigenze
dei lavoratori.
Xxxx Xxxxxx
LE TABELLE DI AREA SINDACALE
L’Indennità di Mobilità
MOBILITA’
Rientrano nella normativa della mobilità le aziende ammesse alla CIGS1 con esclusione delle aziende edili, delle imprese radiotelevisive private e funzionalmente collegate al settore dei giornali periodici e dell’emittenza privata, delle imprese appaltatrici di servizi di pulizia del terziario.
Requisiti in capo all’azienda
Almeno 12 mesi di anzianità aziendale di cui 6 di effettivo lavoro prestato presso l’azienda o presso società dello stesso gruppo purché destinatarie della normativa sulla mobilità, il rapporto di lavoro deve essere a carattere continuativo e comunque non a termine, in trasferimento d’azienda si considera l’anzianità convenzionale; è considerato lavoro effettivo utile al raggiungimento del limite dei sei mesi anche: ferie, festività, infortuni, congedi parentali per gravidanza e puerperio (obbligatoria e facoltativa).
Requisiti in capo ai lavoratori
Indennità | |
Dal 1° al 12° mese | 100 % dell’indennità CIGS1 |
Dal 13° in poi | 80 % dell’indennità CIGS1 |
Durata | |
Lavoratori con meno di 40 anni di età | 12 mesi |
Lavoratori con età compresa tra 40 e 50 anni | 24 mesi |
Lavoratori con più di 50 anni di età | 36 mesi |
Massimali (INPS circ. n. 11 27.1.12009)
Retribuzione complessiva di mensilità aggiuntive | Massimale lordo | Massimale netto |
Fino a Euro 1.917,48 | Euro 886,31 | Euro 834,55 |
Superiore a Euro 1.917,48 | Euro 1.065,26 | Euro1.003,05 |
Note : 1 vedi Le Tabelle di area Sindacale n° 28 Maggio 2008
a cura di Xxxxx Xxxxxxxxx
TEMI PLANETARI
Il clima ed il G8.
Si è da poco concluso il G8 dove i “Grandi della Terra” hanno affrontato tra i tanti temi, la questione del clima.
L’accordo che è stato siglato è fondato sul principio della collaborazione tra i paesi industrializzati ed i paesi in via di sviluppo. Questo per dare pari dignità e pari responsabilità a tutti i Paesi e per confermare che la tutela dell’ambiente e del clima è una priorità comune, che tutti i paesi devono esprimere con pari forza e pari impegno.
Xxxxxxxx che ha però trovato grosse critiche da parte di Giappone e Cina, che ritengono che i paesi emergenti non debbano essere vincolati dalla questione dell’inquinamento. Sottolineamo che questi due paesi sono in maniera massiccia impegnati a livello economico ed industriale ad investire proprio in quei paesi in via di sviluppo quali l’Africa e l’India, perciò potremmo anche pensare che i loro dubbi siano dettati da preoccupazioni egoistiche e personali.
La necessità di armonizzare le esigenze dei Paesi industria-
Anno 5° - X.xx 41 - Agosto 2009 - periodicità mensile
Direttore Responsabile: Xxxxx Xxxxxx
Direzione Editoriale: Xxxxxx Xxx Xxxxx
Impaginazione : Xxxxxx Xxx Xxxxx
Illustrazioni: Asso srl
In Redazione: Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxx Xxxxx
Gli articoli di questo numero sono di: Xxxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx, Xxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx.
La tiratura di questo numero è di: 10.000 copie
Pubblicazione Registrata con il numero 852 del 16/11/2005 presso il Registro Stampe del Tribunale di Milano
Per contributi e suggerimenti scrivete a: “Area Sindacale”
Xxx Xxxxxxx, 0
00000 Xxxxxx
e-mail: xxxx@xxxxxxxxxxxxxxxx.xx tel. 00-0000000
Editrice: Asso srl
Xxx Xxxxxxx, 0 - 00000 Xxxxxx
lizzati con quelli in via di sviluppo è un obiettivo oggi difficile perché i paesi che si stanno industrializzando non ritengono giusto che sia loro imposto il rispetto di stretti parametri sulle emissioni dei gas, ritenendolo un ostacolo economico e questionando sul perché lo sviluppo degli altri paesi ha potuto invece essere libero da tutte queste limitazioni.
Gli altri Paesi si sono arricchiti grazie allo spreco delle risorse naturali ed energetiche, perché loro no!?!
Ciò è indubbiamente il risultato dello scarso interesse che la tutela del clima suscita tra la popolazione mondiale.
Si sta perdendo la possibilità ad uno “sviluppo verde” e sostenibile.
Questo perché l’idea di investire economicamente in altre strade meno drammatiche per il globo sembra un’oscenità, ancor di più in un momento di crisi economica come questo.
Inoltre l’accordo siglato all’Aquila si è dimostrato anche di scarso coraggio. Si è deciso di contenere a 2 gradi il riscalda- mento del globo e di ridurre tra il 50 e 80 per cento l’emissione di gas, entro il 2050.
In merito a ciò, il summit è stato anticipato da una lettera aperta, indirizzata ai Ministri e ai Presidenti degli Stati del G8 e al MEF (Major Economies Forum). Lettera firmata dai più importanti scienziati e climatologi mondiali. La loro richiesta è stata quella di ridurre le emissioni di Co2 del 70% entro il 2020. Data ritenuta di confine tra la possibilità del recuperare al danno e del non ritorno.
La data che i “Grandi della Terra” si sono ipotizzati per ridurre le emissioni è emblematica. Il 2050 è una data futura, difficilmente controllabile e soprattutto se non si realizzerà l’obiettivo sarà difficile trovare i responsabili del fallimento e pertanto sembra una data immagine ma poco pratica. Si è lontani ad imprimere quella svolta verde e sostenibile.
Sarebbe stato ben più utile affrontare la questione dei cambiamenti climatici insieme al tema della crisi economica mondiale. Crisi che avrebbe potuto potenzialmente incentivare al cambiamento.
Possiamo solo sperare che a Settembre, durante il vertice dell’assemblea di Governo dei Capi organizzato dall’Onu , i capi di Stato e di Governo si diano delle concrete e reali mete raggiungibili entro brevi tempi.
Xxxxxxxxx Xxxxxx
Redazionale
Questo mese, edizione ridotta anche nel redazionale e quindi...
...Buona Lettura e Buone Ferie!
la Redazione