LA RINEGOZIAZIONE DEI CONTRATTI DI DURATA E IL RUOLO DEL GIUDICE: CONSIDERAZIONI A MARGINE DELL’ART. 10, COMMA 2, D.L. N. 118/2021
LA RINEGOZIAZIONE DEI CONTRATTI DI DURATA E IL RUOLO DEL GIUDICE: CONSIDERAZIONI A MARGINE DELL’ART. 10, COMMA 2, D.L. N. 118/2021
Xxxxx Xxxxxxxxxx
Professore associato
nell’Università di Trento
SOMMARIO: 1. L’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021 e la sua contestualizzazione: la composizione negoziata della crisi – 2. La collocazione dell’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021 nel dibattito italiano e non solo sulla rinegoziazione – 3. L’obbligo di rinegoziazione dei contratti di durata nella composizione negoziata: le previsioni del CCII.
1. – Le riflessioni contenute nel presente lavoro sono il frutto di intervento, programmato in occasione dell’inaugurazione del XIX anno del corso di Dottorato in Studi Giuridici Comparati ed Europei, presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, a margine delle relazioni tenute da X. Xxxxxxxxx e M. Barcellona, dedicate alla prospettiva rimediale e alla interpretazione funzionale del diritto1.
Nelle battute finali della sua relazione, il Professor Xxxxxxxxx ricorda come in virtù delle caratteristiche del diritto privato europeo, che mira ad armonizzare il diritto dei Paesi membri rispetto ad obiettivi specifici di regolazione del mercato in chiave concorrenziale, il rimedio di diritto europeo rilevi “per una spiccata tendenza ad aggirare la fattispecie domestica, mutandone la dinamica effettuale (il recesso di pentimento, la nullità relativa delle clausole abusive, le nullità di protezione), oppure introducendo dei correttivi esterni alla fattispecie (le inibitorie o il risarcimento dei danni), senza peraltro alterarne la struttura” 2. A questo proposito, si è fatto l’esempio della disciplina europea della vendita di beni al consumo che, lungi dal riscrivere l’intera normativa del contratto, si è limitata ad introdurre un apparato
1 Il convegno si è tenuto il 6 aprile 2022, presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento.
2 Disponibile ivi:
xxxxx://xxxxxxxxxxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxx/000000/xxxxxxxxxxx varimediale-disalvatoremazzamuto.pdf
rimediale che impone al venditore di adottare adeguati servizi post- vendita.
Le sollecitazioni provenienti dalla relazione del Professor Xxxxxxxxx, che sotto più angolature ha rimarcato la centralità dell’apparato rimediale, mi hanno indotto a riflettere su una novità normativa, che ha fatto capolino nel nostro ordinamento, introducendo un rimedio nuovo, che si muove in una direzione simile a quella del rimedio di diritto europeo che è stata ricordata, sebbene la sua introduzione in Italia non sia stata espressamente sollecitata da alcuna normativa europea di settore.
L’ambito di riferimento è quello della crisi di impresa (interessato dalla Direttiva UE n. 1023/2019, d’ora in poi anche Direttiva Insolvency); il rimedio è quello della rinegoziazione dei contratti, affidato al potere del giudice3. La norma che l’ha previsto è l’art. 10, comma 2, d.l. 24 agosto 2021 n. 118, convertito in l. 21 ottobre 2021 n. 1474, che ha legittimato la rinegoziazione per mano del giudice nell’ambito dei contratti di durata di cui sia parte un’impresa in crisi, quando la prestazione da questa dovuta sia divenuta eccessivamente onerosa per ragioni legate alla pandemia SARS-CoV-2, senza che (e questo a mio avviso è significativo) sia pendente alcuna procedura concorsuale.
Per meglio comprendere la portata di questa novità rimediale, appare opportuno contestualizzare le ragioni del suo ingresso nel sistema. Nonostante la sua collocazione temporale, il decreto-legge, che contiene quella norma, non è (tanto o soltanto) espressione della volontà dello Stato di attutire con misure emergenziali le conseguenze determinate dalle sopravvenienze della pandemia sui contratti pendenti; né deve trarre in inganno il fatto che l’intervento iussu iudicis nel campo della rinegoziazione equitativa delle condizioni di un contratto di durata sia concesso quando una delle parti contrattuali sia costituita da un’impresa in crisi. Benché la nozione di “crisi”, impiegata dal legislatore, sia quella tecnica che si ritrova nella legge fallimentare, il potere di rinegoziazione che il giudice è chiamato ad esercitare si esprime in un contesto estraneo a quello di una procedura concorsuale, la cui apertura, come noto, altera il potere di un’impresa di disporre, in
3 Senza che peraltro la Direttiva richiamata lo imponesse, come osserva X. XXXXXXX, La composizione negoziata della crisi: il ruolo del giudice, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 4 febbraio 2022.
4 Poiché, in fase di conversione in legge, la numerazione delle norme è rimasta inalterata, per comodità espositiva si farà riferimento nel testo al d.l. n. 118/2021.
tutto o in parte, del proprio patrimonio, e talvolta legittima il ricorso al giudice chiamato ad incidere sulla sorte di un contratto.
Pur collocandosi nel periodo dell’emergenza sanitaria, il d.l. n. 118/2021 ha un contenuto e un obiettivo ben più ampi e articolati rispetto a quelli dei decreti legge che si sono succeduti in quel periodo. Xxxx ha rappresentato il primo tassello del lavoro compiuto dalla commissione nominata dal Ministro di Giustizia, nell’aprile del 2021, al fine di valutare l’opportunità di modificare il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza5 (nella versione restituita dal d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, la cui entrata in vigore, ripetutamente posticipata a causa dell’emergenza sanitaria, era fissata per il 1° settembre 2021) ovvero di disporne un ulteriore rinvio.
Con il d.l. n. 118/2021 il Governo ha optato per la seconda soluzione, complice senz’altro la necessità di adeguare il CCII alla Direttiva UE 1023/2019 sui quadri di ristrutturazione preventiva, da attuarsi entro il 17 luglio 2022. V’era la consapevolezza che se il CCII fosse entrato in vigore nel settembre 2021, di lì a pochi mesi sarebbe stato necessario provvedere alla sua modifica. Ed era probabilmente un prezzo troppo alto da far sopportare al mercato e agli operatori, in ragione della complessità normativa che caratterizzava il Codice della crisi già nella sua originaria versione.
Tuttavia, lo scopo del d.l. n. 118/2021 non si è ridotto solo a questo, perché – e in questo riposa l’originalità dell’intervento normativo – traendo spunto dalla Direttiva Insolvency si è voluto affiancare un nuovo strumento, a quelli già disciplinati dalla legge fallimentare. Lungi dall’introdurre una nuova procedura concorsuale, si è inteso istituzionalizzare la fase delle trattative che normalmente precedono la scelta dell’imprenditore di accedere ad uno strumento di regolazione della crisi (il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione dei debiti, quali procedure di regolazione della crisi che la legge fall. prevedeva).
L’idea era quella di agevolare l’impresa (in stato di crisi o di insolvenza reversibile) nell’avviare e sviluppare le trattative con i propri creditori per ristrutturare i propri debiti, evitando però che questo dovesse necessariamente avvenire tramite l’accesso ad una procedura concorsuale. Questa, invece, era la modalità alla quale spesso i debitori ricorrevano, complice l’introduzione, con d.l. 22 giugno 2021, n. 83, convertito con l. 7 agosto 2012, n. 134, della cd.
5 D’ora in poi, anche per comodità, CCII.
domanda di concordato cd. in bianco ex art. 161, comma 6, l.fall.: l’impresa in crisi sceglieva di accedere ad un concordato preventivo, anche senza il deposito immediato di una proposta o un piano, per godere fin da subito della protezione del patrimonio (inibendo ai creditori l’esercizio delle azioni esecutive e cautelari sul proprio patrimonio, nel tempo necessario allo svolgimento delle trattative), e cominciare solo allora a trattare con i propri creditori, ma al prezzo di una compressione dell’autonomia gestoria dell’impresa, vedendosi esclusa la possibilità di pagare i debiti pregressi e di compiere atti di straordinaria amministrazione.
La composizione negoziata della crisi nasce proprio con l’intento di evitare questa evenienza, con l’obiettivo di regolamentare quella fase in cui l’impresa in crisi tratta con i propri creditori, senza costringerla ad accedere subito ad una procedura concorsuale: è un percorso immaginato per capire se vi sia lo spazio per una ristrutturazione aziendale senza ricorrere ad una procedura concorsuale di regolazione della crisi (quale che essa sia) o, se quel margine non vi sia, per accedervi, ma allora in modo più consapevole6. Ciò spiega perché la composizione negoziata della crisi non costituisca affatto una procedura concorsuale: l’imprenditore che sceglie di intraprenderla non subisce alcuno spossessamento, nemmeno in forma attenuata, non v’è alcun organo “della procedura”, non v’è un ordine di distribuzione delle somme da seguire; soprattutto, non v’è l’obbligo di coinvolgere tutti i crediti. Al contrario, si è osservato, la selettività rappresenta una delle caratteristiche che connotano la composizione negoziata della crisi7.
6 I. XXXXX, X. XXXXXXX, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in Le nuove misure di regolazione della crisi d’impresa, in Diritto della crisi, Speciale. Le nuove misure di regolazione della crisi di impresa, 2021, 7; X. XXXXXXXXX, La «miniriforma» del 2021: rinvio (parziale) del CCII, composizione negoziata e concordato semplificato, in Dir. fall., 2021, I, 919 ss.; X. XXXXXXX, Composizione negoziata e nuove misure per la crisi di impresa, Milano 2022, 26; X. XXXXXXXX, La crisi di impresa nell’era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in xxx.xxxxxx.xx, 8 settembre 2021, 2; X. XXXXXXX, Il D.L. «Xxxxx» ovvero la lezione (positiva) del covid, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 25 giugno 2021, 3;
A. CARRATTA, Misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, in xxx.xxxxxx.xx, 18 maggio 2022.
7 I. XXXXX, X. XXXXXXX, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), cit., 7.
Il tratto qualificante di questo percorso sta nel fatto che le trattative, che l’imprenditore intavola con i propri creditori, non si svolgono alla presenza del giudice. Xxxxxxxxx, è l’esperto che, in questa fase, riveste un ruolo chiave: una figura professionale, i cui tratti sono delineati dal d.l. n. 118/2021 e la cui nomina, non a caso, non compete al giudice, quanto piuttosto alla Camera di Commercio competente in ciò sollecitata dall’imprenditore, che l’apertura della composizione negoziata. L’esperto è chiamato ad assistere le parti (non solo l’imprenditore), a controllare l’attività dell’imprenditore (senza peraltro ingerirsi nella gestione dell’impresa) e a favorire la conclusione di una trattativa8.
La composizione è un percorso che il legislatore ha costruito in una logica di pesi e contrappesi: l’imprenditore è libero di gestire e amministrare il proprio patrimonio, senza subire alcuna forma di spossessamento; può compiere atti straordinaria amministrazione e può pagare, benché l’esperto – che ne deve essere informato – sia tenuto ad iscrivere il proprio dissenso nel registro delle impresa, ogniqualvolta l’atto non sia coerente con le trattative che si svolgono o comporti un pregiudizio agli interessi dei creditori. Con norma tutt’altro che programmatica, il d.l. n. 118/2021 stabilisce durante le trattative le parti si comportano secondo buona fede e correttezza: all’imprenditore è chiesto di rappresentare la propria situazione all’esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati, in modo trasparente e di gestire e amministrare l'impresa senza pregiudizio ingiustificato all’interesse dei creditori. A costoro, invece, è richiesta una partecipazione alle trattative in modo attivo e informato, rispettando l’obbligo di riservatezza e dando riscontro alle richieste e alle proposte, in modo tempestivo ed informato.
È in questo contesto, schiettamente negoziale, che il d.l. n. 118/2021
ha immaginato l’intervento del giudice in fase di rinegoziazione dei contratti di durata. Si tratta di uno dei pochi momenti in cui il giudice fa ingresso nella composizione negoziata, di là dall’ipotesi in cui il debitore intenda ottenere la conferma di misure protettive del patrimonio, di cui il debitore abbia inteso avvalersi sin dall’inizio del
8 Sul ruolo e i compiti dell’esperto, si v. A. GUIDOTTO, La figura dell’esperto e la conduzione delle trattative nella composizione negoziata della crisi, in Il fall., 2022, 1527 ss.; X. XXXXXXXXXX, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, ivi, 2022, 1561 ss.; ma anche i contributi pubblicati a più mani in (a cura di X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX), Il ruolo dell’esperto nella composizione negoziata per la crisi di impresa, Torino, 2022.
percorso, o chiede la concessione di provvedimenti cautelari necessari a portare a termine le trattative9.
Quanto alla rinegoziazione, il comma 2 di quella norma prevede che, in presenza di contratti di durata, quando la prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, in ragione della Pandemia (il richiamo è per tabulas), l’esperto debba invitare le parti a rideterminare il contenuto delle clausole contrattuali. Se la negoziazione tra le parti non riesce, sarà il giudice, su domanda del debitore, a rideterminare equamente il contenuto le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuità aziendale. Aggiunge, poi, la norma – dal cui raggio applicativo sono esclusi i contratti di lavoro dipendente – che il tribunale, in caso di accoglimento della domanda, assicura l’equilibrio tra le prestazioni, anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo.
2. – La previsione dell’art. 10, comma 2, non può passare (né in effetti è passata) inosservata, perché immette nel settore dei contratti (sia pur dei soli contratti di impresa, di cui sia parte un soggetto in crisi) un rimedio inedito: quello della rideterminazione equitativa del
999 Su questi profili, si v. X. XXXXXXXXX, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in xxx.xxxxxx.xx, 24 dicembre 2021; G. XXXX, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata di cui al D.L. n. 118/2021, in Dir. fall., 2022, 282; A. CARRATTA, Misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, ivi, 18 maggio 2022; se si v. X. XXXXXXXXXX, Il procedimento di conferma, revoca o modifica delle misure protettive e di concessione delle misure cautelari, nella composizione negoziata della crisi, in Riv. dir. proc., 2022, 635 ss.; EAD., Composizione negoziata della crisi e misure protettive: presupposti, conseguenze ed effetti della loro selettività sulle azioni esecutive individuali, in Il fall., 2022, 1091 ss.
Oltre alla conferma delle misure protettive, e/o al rilascio di provvedimenti cautelari, vanno ricordati i poteri di autorizzazione che il tribunale può esercitare se sollecitato dal debitore (art. 10, comma 1, d.l. n. 118/2021). Ancora una volta, però non si tratta di un nulla osta senza il quale gli atti in questione non acquistano efficacia. Al contrario, si ricorre al giudice quando si intenda accedere, per così dire, ad un beneficio: è il caso (i) dei finanziamenti, che se autorizzati dal tribunale, possono ambire al crisma della prededucibilità (il che significa: se la composizione negoziata dovesse fallire, con conseguente apertura di una liquidazione giudiziale, colui che avrà erogato credito potrà essere soddisfatto in prededuzione) e (ii) della cessione d’azienda che, se autorizzata, libera il cessionario dal vincolo di solidarietà con il cedente, quanto al pagamento dei debiti pregressi.
contenuto negoziale da parte del giudice. La novità si apprezza nel fatto che, in presenza di ipotesi di eccessiva onerosità sopravvenuta, il nostro sistema contempla soltanto il rimedio della risoluzione e, solo se proposto, la parte contro cui è stata domandata la risoluzione può evitarla, offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto10. È ciò che prevede l’art. 1467, comma 3, c.c., che certo non prospetta una soluzione del tutto adeguata al problema delle sopravvenienze, perché la revisione del contratto a prestazioni divenute inique è permessa alla parte che avrebbe meno interesse al riequilibrio.
Certo, nella disciplina civilistica di alcuni contratti di durata di cui sia parte un’impresa, non manca una (sia pur timida) apertura alla rinegoziazione, in caso di sopravvenienze: è quanto si stabilisce in tema di appalto, là dove si prescrive alle parti di rivedere in corrispettivo dovuto, in luogo della risoluzione del contratto, in caso di sopraggiunta onerosità della prestazione o di difficoltà di esecuzione, dovute all’aumento delle materie prime (art. 1664 c.c.)11.
È in questa direzione che si muove l’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021, con il quale, per la prima volta, si introduce nel sistema italiano un dovere di rinegoziazione del contenuto del contratto. Un dovere, questo, declinato nei termini di un’obbligazione non di mezzi ma di risultato: tant’è vero che, in caso di fallimento della rinegoziazione, condotta anche tramite l’ausilio dell’esperto, il debitore potrebbe sollecitare un intervento manutentivo del contratto, ad opera del giudice12.
10 La letteratura civilistica in argomento è molto vasta. Per tutti, si rinvia a
X. XXXXX, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, 1992; X. XXXXXXXXX, L’eccessiva onerosità nei contratti, Milano, 1995; X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996; X. XXXXXXXX, L’adeguamento del contratto nel diritto italiano, in AA.VV., Inadempimento, adattamento, arbitrato, Milano, 1992, 304 ss.; M. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale. Equità e buona fede tra codice civile e diritto europeo, Torino, 2006, ma già ID., Appunti a proposito di obbligo di rinegoziazione e gestione della sopravvenienza, in Eur. dir. priv., 2003, 480 ss.; X. XXXXXXX, Sopravvenienze perturbative e rinegoziazione del contratto, in Eur. Dir. priv., 2007, 1095 ss .
11 Un rimedio, quello introdotto dall’art. 1664 c.c., che si conforma ad un
modello conservativo di gestione del rischio che privilegia le ragioni dell’efficiente allocazione delle risorse. Così X. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., 232 (cui appartengono i corsivi).
12 Su cui si v. X. XXXXXXX, X. XXXXX, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata della crisi (e viceversa), cit., 14 ss.; X. XXXXX, Appunti
Il rimedio giudiziale introdotto è tanto prorompente quanto più si considera che, nemmeno quando l’impresa in crisi abbia chiesto l’apertura di una procedura concorsuale, è attribuito al giudice un potere così ampio: nell’ambito di un concordato preventivo, l’art. 169- bis l.fall. e, oggi, l’art. 97 CCII legittimano il debitore concordatario a chiedere al giudice di sospendere temporaneamente il contratto o ad esercitare un diritto potestativo di scioglimento del contratto, previo pagamento di un indennizzo al contraente in bonis, quando la prosecuzione di quel contratto non è coerente con le previsioni del piano di concordato né è funzionale alla sua esecuzione13. Nessun potere di rinegoziazione in capo al giudice concorsuale è mai stato concesso rispetto alle clausole di un contratto la cui permanenza fosse funzionale alla continuità di impresa: e ciò perfino nel CCII, che ha costruito una disciplina concorsuale fortemente orientata al going concern.
È quanto, invece, il d.l. n. 118/2021 riconosce al giudice, in
pendenza di una composizione negoziata, in un contesto, quindi, in cui
l’imprenditore è oltretutto in bonis.
In questo senso, dunque, si può dire che l’art. 10, comma 2, d.l. n.118/2021 si inserisce appieno nel dibattito che da tempo interessa gli interpreti e che è sfociato qualche anno fa in una proposta di legge. Ci si riferisce al d.d.l. n.1151, presentato nel 2019 che, nel delegare il governo alla riforma del codice civile, prevede all’art. 1 lett. i), che in caso di prestazioni divenute eccessivamente onerose per cause
sull’autonomia privata e sulla rinegoziazione nel d.l. 118/2021, in Diritto della crisi. Speciale, cit., 172 ss.; X. XXXXXXX, Il D.L. “Xxxxx” ovvero la lezione (positiva) del Covid, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 25 agosto 2021; X. XXXXXXX, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi di impresa, in Il fall., 2022, 10 ss.;
X. XXXXX, Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali, ibid., 2021, 1548 ss.; X. XXXXXXX, Interferenze tra diritto della crisi e dell’insolvenza e diritto dei contratti, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 28 gennaio 2022; ID., Autonomia negoziale e “giustizia del contatto” in tempo di pandemia, in Quest. e giustizia, 2 marzo 2022; X. XXXXXXX, La composizione negoziata della crisi e dell’insolvenza del debitore, in I Contratti, 2022, 5 ss.; S. MANSOLDO, Trasferimento d’azienda e rinegoziazione dei contratti, in (diretto da X. XXXXXX, X. XXXXXXX e coordinato da
X. XXXXXXXXXXXX) La crisi di impresa e le nuove misure di risanamento, Bologna, 2022, 188 ss.; X. XXXXXXX, (Imprenditore) Inadimplenti (ma non ancora viable) est adimplendum?, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, 12 novembre 2021; V. DI XXXXXXX, Pandemia, imprese e contratti di durata, cit., 689 ss.
13 X. XXXXX, Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali, cit., 2021, 1558.
eccezionali e imprevedibili, le parti possono pretenderne la rinegoziazione secondo buona fede, o, in caso di mancato accordo, chiedere in giudizio l’adeguamento delle condizioni contrattuali, in modo che sia ripristinata la proposizione tra le prestazioni originariamente convenute dalle parti medesime14. Si tratta – lo si ripete
– di un disegno di legge, che si pone in linea con quanto già prevedono altri sistemi giuridici, vicini anche topograficamente al nostro15. L’art. 1195 Code civil francese, riformato nel 2016, prescrive che qualora si verifichi un mutamento imprevedibile delle circostanze, avute presenti al tempo della conclusione del contratto, tali da rendere l’esecuzione eccessivamente onerosa per la parte che non aveva assunto il relativo rischio, questa può chiedere la rinegoziazione alla controparte. In mancanza di accordo ragionevole, il giudice può, ad istanza di parte, revisionare il contratto o porvi fine. Norma, dunque, di carattere generale, sganciata da ogni riferimento alla natura imprenditoriale della parte contrattuale, alla tipologia contrattuale, e soprattutto destinata a trovare applicazione anche al di fuori di una situazione di crisi16.
Una previsione (solo in parte) analoga a quella francese è
contenuta nel § 313 BGB xxxxxxx00 e nella stessa direzione si muovono
14 xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxx/XXX/XXXXxxxxx/XXX/00000000.xxx. Per un commento al disegno di legge, X. XXXXXXX, Il rinegoziare delle parti e i poteri del giudice, in Jus civile, 2019, 397 ss.
15 In arg. anche per un’analisi comparata, si v. X. XXXXXXX, Dalla risoluzione all'adeguamento del contratto. Appunti sul progetto di riforma del codice civile in tema di sopravvenienze, in Foro it., V, 2020, 102 ss.
16 Per un commento alla normativa francese, V. DI XXXXXXXX, Rinegoziazione e adeguamento del contratto: a margine dell'introduzione dell'imprévision nel code civil francese, in Nuova giur. civ., 2018, 392; nonché TUCCARI, Prime considerazioni sulla «révision pour imprévision», in Persona e mercato, 2018, 1130.
17 Benché in Germania, non sia affatto certo che questa norma, pur obbligando le parti a rinegoziare, legittimi l’intervento del giudice, volto ad incidere sul contenuto del contratto, ove l’autonomia negoziale non raggiunga il risultato di una modifica. Si x. xxx xx xxxxxxxxxx xxxxxxxx xxx § 000 XXX, X. XXXXXXXX, La codificazione tedesca della Störung der Geschäftsgrundlage, in (a cura di) X. XXXX, La riforma dello Schuldrecht tedesco: un modello per il futuro diritto europeo delle obbligazioni e dei contratti? (atti del convegno di Padova 7-8 marzo 2003), Padova, 2004, 10. In arg. anche X. XXXXXXX, Xxxxxx e prassi della rinegoziazione al tempo della crisi, in Giust. civ., 2014, 825 ss. testo (e nt. spec. 33-34).
anche alcune iniziate di soft law. Il riferimento è qui ai Principi Unidroit (Principles of International Commercial Law), che al ricorrere di circostanze suscettibili di alterare l'equilibrio del rapporto contrattuale (c.d. hardship), riconoscono alla parte svantaggiata il diritto di domandare al giudice la rinegoziazione del contratto, nell’ottica del ripristino dell'originario equilibrio18. Vengono, poi, in rilievo i c.d. XXXX (Principles of European Contract Law), che contemplano, oltre all’obbligo di rinegoziare, anche il potere del giudice di condannare al risarcimento del danno la parte che rifiuti di farlo o lo faccia in spregio della correttezza e buona fede19.
L’introduzione dell’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021 ha certamente risentito degli stimoli provenienti da altri ordinamenti; è altrettanto innegabile che, nella costruzione della norma, il legislatore d’urgenza abbia tenuto conto anche degli esiti del dibattito apertosi tra gli interpreti nel periodo pandemico, prendendo posizione anche rispetto a quei tentativi, non solo giurisprudenziali ma anche dottrinali, di incardinare sulla buona fede contrattuale integrativa il fondamento di un obbligo di rinegoziazione del contratto20. Spicca tra tutti, la
18
xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxxxxx0000/xxxxxxxx es2016-e.pdf (principle 6.2.3).
19xxxxx://xxx.xxxxx-xxx.xxx/000000/_/xxxx/#xxxx_000 (si v. in particolare il Principle 6:111), sui quali M. BARCELLONA, Clausole generali e giustizia contrattuale, cit., 238.
20 In questa sede, sarebbe impossibile dar conto dei numerosi contributi dedicati al problema e alle possibili soluzioni in tema di sopravvenienze contrattuali da coronavirus. Tra i molti, X.X. XXXXXXXX, Il problema della rinegoziazione (ai tempi del Coronavirus), in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 4 giugno 2020;
X. XXXXXXXX, Xxxxxx e iniziative unilaterali nella negoziazione del contratto, in Contratti, 2020, 485 ss.; G. A. XXXXXXXXX, Il Covid-19 e gli equilibri contrattuali dei rapporti di durata tra inadeguatezza delle regole tradizionali e ruolo delle “clausole generali”, ivi, 2020, 433 ss.; A. XXXXXX, Riflessioni sugli effetti dello stato di emergenza da Coronavirus nell’esecuzione dei contratti, in Contratto e Impresa, 2020, 1192 ss.;
A. XXXXXXX, Una proposta di contratti d’impresa al tempo del Coronavirus, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 29 aprile 2020; X. XXXXXXXX, Pandemia, attività d’impresa e solidarietà, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2020, 1153 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, Il governo delle sopravvenienze contrattuali e la pandemia COVID-19, in Corr. giur., 2020, 581 ss.; V. DI XXXXXXX, Pandemia, imprese e contratti di durata, in Orizz. Dir. comm., 2020, 689 ss.; X. XXXXXXX, CoViD-19 e sopravvenienze contrattuali: un’occasione per riflettere sulla disciplina generale, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 80 ss.; G. ALPA, Note in margine agli effetti della pandemia sui contratti di durata, ibid., 2020, 57 ss.;
Relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, datata 8 luglio 202021. Essa – proprio valorizzando il ruolo della buona fede nell’esecuzione del contratto – ha ipotizzato, ancorché cautamente, di far leva sul rimedio previsto dall’art. 2932 c.c., per l’ipotesi in cui una parte si rifiuti di rideterminare il contenuto delle clausole contrattuali22. Si è così giunti a ritenere ammissibile una pronuncia che tenga luogo di un assetto contrattuale non raggiunto dall’autonomia privata: una sentenza costitutiva rinegoziante, come è stata criticamente definita23.
G. SICCHIERO, L’equità correttiva, in Contratto e impresa, 2021, 1174 ss.; X. XXXXXXXXXX, Le attuali sopravvenienze contrattuali tra diritto vigente e diritto vivente, in Jus civile, 2021, 3 ss.; X. XXXXXXXX, Il covid-19 e l’esecuzione del contratto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 1 ss.; X. XXXXXX, Sopravvenienze perturbative e rinegoziazione dei contratti di impresa, in (a cura di) X. XXXXXXXXX, Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d. l. 118/2021. Liber amicorum Xxxxxxx Xxxxx, Bologna, 2021,1067 ss.; X. XXXXXXXXX, Emergenza Covid-19: un anno dopo, in I contratti, 2022, 145 ss.; X. XXXXXX, La modifica dei contratti tra emergenza Covid e buona fede, in (a cura di) X. XXXXXXXX F. DI XXXXXX, X. XXXXXXX, Composizione negoziata della crisi e concordato semplificato. Quaderni della Scuola Superiore della magistratura, di imminente pubblicazione, 177 ss.
21 Si tratta della Relazione 8 luglio 2020, n. 56, relativa alle “Novità
normative sostanziali del diritto ‘emergenziale’ anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx- resources/resources/cms/documents/Relazione_Tematica_Civile_056- 2020.pdf.
22 Nella relazione richiamata (pag. 80), infatti, si ipotizzava un intervento del giudice, in virtù di un richiamo analogico dell’art. 2932 c.c., solo qualora “dal regolamento negoziale dovessero emergere i termini in cui le parti hanno inteso ripartire il rischio derivante dal contratto, fornendo al giudice (anche in chiave ermeneutica) i criteri atti a stabilire l’equilibrio negoziale”, tanto da far emergere – come è stato scritto – più che un’ipotesi di accordo delle parti sull’oggetto del contratto, una “bozza” di accordo virtuale già chiaramente raggiunto. Uno spazio di intervento giudiziale che lo stesso A. di quella relazione, anche in un contributo di poco successivo, ha definito angusto, a chiarire, in altri termini, un ricorso cauto e circoscritto all’applicazione analogica dell’art. 2932 c.c. X. XXXXXX, Considerazioni sistematiche sulla rinegoziazione dei contratti di impresa, in (a cura di) X. XXXXXXXXX, Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d. l. 118/2021. Liber amicorum Xxxxxxx Xxxxx, Bologna, 2021, 1083. In termini perplessi si v. X. XXXXXXXXX, Sopravvenienze contrattuali e composizione negoziata, in Dir. fall., 2022, 610.
23 A. XXXXXXXXX, Novità sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid. Contro il paternalismo giudiziario a spese della autonomia delle parti, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 7 ottobre 2020.
Con la previsione dell’art. 10, comma 2, il legislatore dell’emergenza non è certo giunto a tanto. Nonostante la portata irrompente della norma in un sistema che, a fronte di una sopravvenienza perturbativa dell’equilibrio contrattuale, legittimava il solo rimedio giudiziale della risoluzione in capo alla parte non inadempiente – ammettere che il legislatore abbia voluto riconoscere, con una norma-pilota, l’esercizio della giurisdizione per clausole generali sarebbe affermazione frettolosa e affrettata24. Mi pare che militi verso un’opposta conclusione non tanto e non solo il fatto che l’art. 10, comma 2, d.l. n. 118/2021 costituisca una norma settoriale ed emergenziale (posto che la sopravvenienza è legata alla Pandemia), quanto (e soprattutto) il modo con il quale quella norma è stata confezionata.
Già da tempo si osservava che, nel contesto dei contratti
commerciali, la scelta se e come conservare il contratto non possa che spettare all’imprenditore: è difficile immaginare che il giudice, cui sia richiesto in thesi di ricostruire un nuovo equilibrio tra le prestazioni disponga delle informazioni (relative al contesto e alle condizioni delle parti) e delle competenze (conoscenza del settore di mercato, andamento domanda-offerta, sviluppi tecnologici) necessarie per poter decidere25. Si è osservato che permettere al giudice di incidere sul contenuto di un contratto, solo invocando le clausole generali di xxxxxx e buona fede, e di farlo, oltretutto, in un settore come quello dei contratti di impresa, probabilmente rischia di produrre risultati che vanno al di là anche delle aspettative del contraente, che abbia proposto domanda26.
24 In questo senso, anche X. XXXXXXX, (Imprenditore) Inadimplenti, cit., 6; X. XXXXXXX, La composizione negoziata della crisi, cit., 10; O. XXXXXXXX, Sopravvenienze da svilimento della controprestazione alla luce della crisi da pandemia, in xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xx- content/uploads/2022/05/Cagnasso_Sopravvenienze-da-svilimento-della- controprestazione-alla-luce-della-crisi-da-pandemia.pdf, relazione tenuta al XIII Convegno annuale dell’Associazione italiana dei Professori Universitari di diritto commerciale “Orizzonti del diritto commerciale; X. XXXXX, Appunti sull’autonomia privata, cit., 174.
25 X. XXXXXXXXX, X. RISTORI, I contratti commerciali di durata, Milano, 2016,
72.
26 Così, quasi letteralmente, X. XXXXXXX, Il valore della solidarietà
nell’approccio e nella gestione della crisi d’impresa, in Il fall., 2022, 10; ma già I. XXXXX, Crisi d’impresa e crisi del contratto al tempo dell’emergenza sanitaria, tra autonomia negoziale e intervento del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 370; v.
Né, del resto, una siffatta soluzione sarebbe seriamente coltivabile sul piano processuale. Da un lato, vi osterebbe il numerus clausus dei rimedi costitutivi (art. 2908 c.c.)27; dall’altro lato, quand’anche si volesse invocare – come si è provato a fare28 – il ricorso in via analogica dell’art. 2932 c.c. (che di per sé è ammessa se si ritiene che le pronunce costitutive rispondono ad un principio di tipicità) non v’è chi non veda come un conto è legittimare il promissario acquirente ad ottenere dal giudice una pronuncia che tenga luogo degli effetti del definitivo non concluso, dunque di un programma negoziale che è già stato definito autonomamente dalle parti; altro conto sarebbe legittimare il giudice alla redazione di un programma negoziale, perché in questo modo gli si consentirebbe di incidere dall’interno sul contratto29.
anche X. XXXXXXX, Interferenze tra diritto della crisi e dell’insolvenza e diritto dei
contratti, cit., 9.
27 Sulla tipicità delle azioni costitutive, per tutti, X. XXXXXXX, Spiegazioni di diritto processuale civile, I, Torino, 2019, 31; A. CERINO XXXXXX, La domanda giudiziale e il suo contenuto, in E. ALLORIO (diretto da), Commentario del codice di procedura civile, II, Torino, 1980,146; ma v. di recente, per una diversa soluzione,
A. XXXXXXXX, Dell’ammissibilità di azioni costitutive a fondamento negoziale, in Scritti in memoria di Xxxxxx Xxxxxxxx, Napoli, 2020, 47 ss., secondo cui l’autonomia privata potrebbe istituire dei casi di azione costitutiva e non sarebbe dunque da prendere alla lettera quel requisito di tipicità che pur compare nell’art. 2908 c.c.
cit.
28 Il richiamo è alla Relazione dell’Ufficio del Massimario, 8 luglio 2020,
29 Il che a rigore – lo osserva, per assurdo, I. XXXXX, Xxxxx d’impresa, cit., 373
– varrebbe ad ammettere che il giudice possa sindacare i profili di congruità e di opportunità, nella scelta compiuta dal datore di lavoro di licenziare un soggetto per giustificato motivo oggettivo, o riscrivere una delibera assembleare, che sia stata impugnata ex art. 2378 c.c.
Diverso sarebbe lavorare sull’integrazione del contratto e immaginare una realizzazione della rinegoziazione all’interno del processo, come in dottrina si è cercato di sostenere, presupponendo che, a fronte di una domanda di risoluzione proposta dalla parte non inadempiente, l’altra proponga in via di eccezione una modificazione equa delle condizioni originariamente proposte e il giudice, invocando l’art. 1467 comma 3, c.c. faccia propria quella proposta, forzando un poco (ma forse non troppo) il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (così A. XXXXXXXXX, Tre stili di esercizio della giurisdizione civile di fronte alla Pandemia (con postilla sulla determinazione “cautelare” dei canoni di locazione), in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xxx, 17 febbraio 2021). Si finirebbe in questo modo per raggiungere risultati non lontani da quelli della “pronuncia costitutiva rinegoziante”, di cui alla relazione del massimario, ma quel risultato
Sono considerazioni che il legislatore del d.l. n. 118/2021 aveva ben presenti, così come aveva ben chiaro che – proprio nel periodo della Pandemia – si era assistito ad un proliferare eterodosso del ricorso cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c., spesso mostrando di confondere l’atipicità del contenuto del provvedimento con l’ampiezza del potere di intervento negoziale30.
Mi riferisco a quella generale tendenza (alla quale da tempo si assiste) di ricorrere al provvedimento d’urgenza dal contenuto innominato come nuova fucina di situazioni giuridiche soggettive: dove si rinviene un interesse di fatto (nella forma di un’aspettativa ad una certa attività pubblica o privata) sono stati individuati (ora d’improvviso ora nel corso del tempo) gli estremi di un diritto soggettivo31. Per quanto innominato possa essere il contenuto di un provvedimento d’urgenza, esiste pur sempre il limite dettato dall’impossibilità di ricorrervi per ottenere un effetto che le parti non possono conseguire in sede di merito32. Il che, de jure condito, quanto all’ammissibilità di un giudicato costitutivo di rideterminazione equitativa del contratto, non è predicabile.
sarebbe ancorato a presupposti più ortodossi e a condizioni ben precise (la proposizione da parte della parte non inadempiente di una domanda di risoluzione per inadempimento).
30 Con queste parole, I. XXXXX, X. XXXXXXX, La transizione dal codice della crisi, cit. 15. Si v. nel senso criticato nel testo, Trib. Roma, 16 dicembre 2020, Dejure; Trib. Roma, 27 agosto 2020, in Giur. it., 2020, 2439, con nota di X. XXXXX, Contratto, rinegoziazione, adeguamento – emergenza covid e revisione del contratto; Trib. Lecce, 24 giugno 2021, in I contratti, 2022, 51, con nota di X. XXXXXX XXXXXXXXXX, X. MATERASSI, Rinegiozazione del contratto di locazione commerciale a causa del Covid-19: è applicazione del principio di buona fede (ma in senso contrario, Trib. Roma, 15 gennaio 2021, in Dejure). Sul punto, anche A. PISA, Pandemia, locazioni commerciali e giustizia contrattuale: l’incerta avanzata dell’obbligo legale di rinegoziare, in Resp. civ. prev., 2021, 1295 ss.
31 Quasi con queste parole, A. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Provvedimenti d’urgenza, in (a cura di X. XXXXXXXXX), Commentario del Codice di procedura civile, Bologna, 2016, 400; X. XXXXXXX, Tutela innominata d’urgenza e discrezionalità del giudice (brevi note a margine di un recente volume su “i provvedimenti d’urgenza), in Giust. proc. civ., 2016, 939 I. XXXXX, voce Provvedimenti d’urgenza, in Enc. Giur. Sole 24ore, XII, Bergamo, 2007, 489.
32 Lo rammenta, proprio in critica a qualche pronuncia giurisprudenziale, che in via d’urgenza ha rideterminato il canone di locazione (Trib. Roma, 16 dicembre 2020), A. XXXXXXXXX, Tre stili di esercizio della giurisdizione, cit.
Queste preoccupazioni spiegano, a mio avviso, la cautela adottata dal d.l. n. 118/2021, nell’attribuzione del potere di rinegoziazione in capo al giudice33. Il che emerge, sul piano sostanziale, dalla lettura dei circoscritti presupposti su cui si fonda la previsione dell’art. 10, comma, 2: l’operatività della previsione normativa nei soli contratti di durata, se è vero come è vero che la composizione negoziata dovrebbe servire a garantire la continuità di impresa; una ben circoscritta individuazione della sopravvenienza di fatto (legata alla pandemia); una rinegoziazione concessa per un tempo strettamente necessario, priva di qualsiasi effetto novativo sul contratto, cui si accompagna un indennizzo alla controparte. La prudenza del d.l. n. 118/2021 trova, a mio avviso, conferma anche nelle scelte processuali compiute dal legislatore che ha optato per un rito che non è quello cautelare: il provvedimento è concesso nelle forme del rito camerale (art. 737 ss. c.p.c.), volutamente limitato da un punto di vista temporale, le cui sorti sono sganciate dalla proposizione, anche a rime invertite, di una domanda di merito, come invece sarebbe accaduto se si fosse immaginato l’intervento del giudice ex art. 700 c.p.c.
3. – L’art. 10, comma 2, è norma che non ha trovato riscontro nella prassi. Non si registrano allo stato pronunce rinegozianti che su di essa si fondi, verosimilmente in ragione della specifica individuazione di una specifica figura di sopravvenienza. La mancanza di materiale giurisprudenziale rappresenta un’occasione mancata per riflettere sul modo con il quale la giurisprudenza avrebbe potuto declinare i limiti temporali della rideterminazione, individuare le modalità dell’equo indennizzo, stabilire se e fino a che punto la rinegoziazione fosse strumentale alla continuità di impresa.
Il 17 luglio 2022 è entrato in vigore il CCII: il titolo II contempla anche la composizione negoziata, confermandone il ruolo di segmento negoziale che precede una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza. La disciplina che si legge negli artt. 12-25 septies CCII diverge solo marginalmente da quella contenuta nel d.l. n. 118/2021, ad eccezione proprio della norma dedicata alla rinegoziazione dei contratti.
L’art. 17 CCII conferma il potere dell’esperto di invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad
33 In ciò raccogliendo alcune intuizioni e proposte avanzate da A. GENTILI,
Una proposta sui contratti di impresa al tempo del coronavirus, cit.
esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Si amplia in questo modo l’ambito oggettivo della sopravvenienza, non più limitata alla pandemia SARS-CoV-2. Si specifica che le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto negoziale, adeguando le prestazioni alle mutate condizioni. Viene meno però il potere della parte, in caso di fallimento delle trattative, di ricorrere al giudice per ottenere una pronuncia che ridetermini il contenuto delle clausole contrattuali. Ciò che resta e viene codificato è l’obbligo per le parti di rinegoziazione, sul quale per la verità la dottrina civilistica da tempo è concorde. Viene meno invece l’individuazione del rimedio.
Ora che un meccanismo di rinegoziazione coattiva non c’è più (impregiudicato quello legato alla Pandemia che ancora continuerà ad operare); ora che la rinegoziazione del contratto torna ad essere per le parti un’obbligazione di mezzi e non di risultato, vien fatto di chiedersi se – qualora essa non dia frutti – il rimedio, a fronte di una sopravvenienza in fatto, possa essere solo di tipo risolutivo34. La risposta, a mio avviso, non è così tranchant.
Tutto il sistema di regolazione della crisi e dell’insolvenza, quale uscito dal CCII, poggia sul valore della solidarietà, e sui doveri di correttezza e buona fede in capo alle parti: doveri che vengono codificati, tra i principi generali, e che ricorrono in capo al debitore tanto quanto in capo ai creditori, nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza35. Lo stabilisce l’art. 4, comma 1, CCII, che al comma 4 precisa – per quanto qui rileva – che i creditori hanno il dovere di collaborare con il debitore e con l’esperto anche nell’ambito della composizione negoziata, come poi ribadisce l’art. 16, comma 6, CCII. Si tratta, a mio avviso, di una previsione di rilievo
34 Che è prospettiva a molti parsa inadeguata, anche in un contesto come quello della composizione negoziata, la cui finalità è ricercare un accordo on i creditori al fine di garantire la continuità aziendale. Da ultimo, X. XXXXXX, Contratti pendenti e procedimenti per la soluzione negoziata della crisi, in (a cura di)
X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXX, Contratti pendenti e crisi d’impresa, Pisa, 2022, spec. 86.
35 X. XXXXXXX, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, cit., spec. 10 ss.; ID., Introduzione ai principi generali e alle definizioni del codice della crisi, ivi, 2022, 1173; X. XXXXX, Clausole generali e diritto concorsuale, ivi, 2022, 885 ss.
perché se si ritiene, come credo, che essa abbia un valore precettivo36 e non solo programmatico, allora è necessario individuare quali reazioni l’ordinamento preveda per il caso della loro violazione37. Ed è qui che viene in gioco (beninteso: sotto una veste diversa da quella eterodossa spesso rivestita negli ultimi tempi) il ricorso al provvedimento cautelare di carattere innominato. Si tratta di un rimedio che trova spazio nell’ambito della composizione negoziata della crisi. Secondo l’art. 19 CCII (che in ciò si limita a riprodurre l’art. 7 d.l. n. 118/2021), il debitore che acceda alla composizione negoziata della crisi può domandare al giudice competente la concessione di provvedimenti cautelari necessari a condurre a termine le trattative: pertanto (anche) a preservare il going concern, visto che è al risanamento dell’impresa che la composizione negoziata tende. Provvedimenti, dunque, atipici, come lo sono quelli previsti dall’art. 700 c.p.c., destinati ad operare in via residuale, là dove la finalità perseguita non sia garantita dall’operare delle misure protettive del patrimonio.
Se va negato che ai provvedimenti cautelari possa ricorrersi per
ottenere in via d’urgenza un effetto che, nemmeno in sede di merito de jure condito sarebbe conseguibile, non è per converso da escludere il rimedio cautelare atipico quanto meno per costringere il creditore che senza motivo si rifiuti di sedere al tavolo delle trattative: una misura provvisoria, insomma, che condanni il creditore ad un facere che, pur essendo infungibile, è comunque riconosciuto dal sistema, che oggi codifica l'obbligo di rinegoziare di secondo buona fede (art. 16, comma 6, CCII, come anticipato): un’obbligazione di mezzi, insomma, non di risultato38. Si tratterà di una misura cautelare la cui effettività potrà giocarsi tramite la condanna al pagamento di una penalità di mora ex art. 614-bis c.p.c., per ogni giorno di ritardo nell’adempimento39. Quella
36 In argomento, anche per riferimenti, v. X. XXXXXXX, Ruolo dei creditori nella composizione negoziata della crisi, in Fall., 2022, 1277 s.
37 Ancora, X. XXXXXXX, Introduzione ai principi generali e alle definizioni del codice della crisi, cit., 1178.
38 In termini diversi, sembra invece esprimersi, se ben si comprende, X. XXXXXXXXX, Sopravvenienze contrattuali e composizione negoziata, cit., 601.
39 Tema, quello della coercibilità indiretta, indagata anche dalla civilistica italiana. Ci si limita qui a richiamare alcuni dei tanti scritti di X. XXXXXXXXX, L’attuazione degli obblighi di fare, Napoli, 1978; ID., Dell’esecuzione forzata (art. 2910-2933), in (a cura di G. DE NOVA), Commentario del codice civile e dei codici collegati Scialoja Branca, Bologna, 2020, ID., La coercizione indiretta, in Europa e diritto privato, 2021, 465.
del giudice sarà un’indagine molto delicata, non solo e non tanto per la quantificazione della penalità di mora, ma anche per la determinazione della durata della misura coercitiva (requisito oggi introdotto dal nuovo art. 614-bis c.p.c., come modificato dal d. lgs. 149/202240 ed in ogni caso imprescindibile nel contesto della composizione negoziata, che è essa stessa un percorso a tempo): certo, quali saranno i risultati che, in concreto, quella condanna in via d’urgenza a negoziare comporterà sulla concreta rideterminazione delle clausole contrattuali, saranno solo le parti a poterlo determinare, trattandosi – lo si ribadisce di un’obbligazione di mezzi e non di risultato.
Sull’ammissibilità di una pena di mora che accompagni il ricorso ex art. 700 c.p.c., quando l’obbligo di facere del resistente ha carattere infungibile, Trib. Grosseto, 23 aprile 2020, in Dejure; Trib. Roma, 7 aprile 2017, ivi; Trib. Cosenza, 20 luglio 2016, in xxx.xxxxxx.xx, che ha disposto una penalità di mora, dopo aver condannato in via d’urgenza alla cancellazione di una illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi; Trib. Bari 16 luglio 2016, in Giur. it. 2017, 839; Trib. Genova, 28 ottobre 2015, in Foro it., 2016, I, 1053; Trib. Reggio Xxxxxx 15 aprile 2015, in Giur. it., 2015, 2382, con nota di G. FRUS, La coercibilità indiretta della misura cautelare ed i rimedi a disposizione di chi la subisce. In dottrina, X. MERLIN, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l’attuazione degli obblighi infungibili nella L. 69/2009, in Riv. dir. proc., 2009, 1547; X. XXXXXXX-X. XXXXX, Sub art. 614-bis, in (diretto da) X. XXXXXXX, Codice di procedura civile commentato, Milano, 2018, 1332 ss.; X. XXXXXXXXX, L’attuazione forzata indiretta dei comandi cautelari ex art. 614-bis c.p.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 1479; X. XXXXXXXXX, L’esecuzione indiretta ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c.: confini e problemi, in Giur. it., 2014, 736; S. VINCRE, Le misure coercitive ex art. 614 bis c.p.c. dopo la Riforma del 2015, in Riv. dir. proc., 2017, 377 ss.; V. J. X’XXXXX, Xxxx’applicabilità dell’art. 614 bis c.p.c. ai provvedimenti cautelari, ivi, 2014, 718; A. XXXXXXX, L’attuazione degli obblighi infungibili, Milano, 2014, 122; A. CARRATTA, Le novità in materia di misure coercitive per le obbligazioni di fare infungibile e di non fare, in Rass. Forense, 2009, 727. In senso favorevole all’applicazione dell’art. 614-bis
c.p.c. come novellato dal d.lgs. 149/2022 ai provvedimenti cautelari, cfr. P.
Cardinale, L’esecuzione indiretta, in X. XXXXXXX (a cura di), La riforma del processo civile, l. 26 novembre 2021 n. 206 e d.leg. 10 ottobre 2022 n. 149 e 151, Piacenza,
2023, 529.
40 S. VINCRE, Le nuove norme sul processo esecutivo e sull’esecuzione indiretta, di prossima pubblicazione in Riv. dir. proc., 2022, § 10, consultato per gentilezza dell’A.
THE RENEGOTIATION OF LONG-TERM CONTRACTS AND THE ROLE OF THE JUDGE: ART. 10(2) OF LEGISLATIVE DECREE NO. 118/2021
L'articolo affronta un tema che è tornato alla ribalta nel periodo della pandemia: il potere del giudice di adattare il contratto, al fine di distribuire tra le parti in modo giusto ed equo le perdite e i guadagni derivanti dal cambiamento delle circostanze. L'attenzione si concentra volutamente su una recente norma di legge in materia di diritto societario e fallimentare a favore di un imprenditore che si trovi in difficoltà finanziarie. Questa norma è contenuta nel decreto legge n. 118/2021 che ha introdotto in Italia la composizione negoziata, con l'obiettivo di regolare le trattative che normalmente precedono un quadro di ristrutturazione preventivo. In questo contesto, si consente al tribunale, su istanza del debitore, di adeguare il contratto, subordinandolo al rispetto di una serie di presupposti, tra cui la pandemia di Codiv-19, come motivo di eccessiva onerosità della prestazione. Lo scopo dell’art. 10, comma 2, è garantire la continuità aziendale dell'impresa in difficoltà. L'autore analizza tale norma e si chiede se e attraverso quali rimedi processuali, nel contesto della crisi, sia possibile - quando la sopravvenienza è di diversa natura - costringere la controparte a rinegoziare il contratto. L'autore analizza tale norma e si chiede se e attraverso quali rimedi processuali, nel contesto della crisi, sia possibile – quando la sopravvenienza è di diversa natura – costringere la controparte a rinegoziare il contratto.
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The paper deals with a topic that has come back to the fore in the pandemic period: the power of the court to adapt the contract with the aim to distribute between the parties the losses and gains resulting from changed circumstances, in a fair and equitable manner. The focus here is deliberately on a recent rule of law, related to corporate and bankruptcy law, in favour of an entrepreneur in financial difficulty. This rule is set out in Decree-Law No. 118/2021, which introduced the so-called ‘composizione negoziata' in Italy, with the aim of regulating the negotiations that normally precede a preventive restructuring framework. With the aim to safeguard the going concern of the debtor in financial difficulty, the new rule allows the court, at the debtor's request, to adapt the contract, making it subject to compliance with several prerequisites, including the Codiv-19 pandemic as a reason for excessive onerousness of performance. The author analyses this rule and asks whether there are any procedural remedies that would allow the debtor in financial difficulty – when
the contingency is of a different nature – to force the counterparty to renegotiate the contract.