LE 5 REGOLE DEL PATTO DI PROVA
PATTO DI PROVA - SCHEDA DIDATTICA 14.10.20
LE 5 REGOLE DEL PATTO DI PROVA
1. Compatibilità. Il patto di prova può trovare applicazione nell’ambito di qualsiasi rapporto di lavoro (contratto a termine, part time, somministrazione di lavoro, apprendistato).
2. Forma scritta a pena di nullità. L’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto (art. 2096, co.1, c.c.). La forma scritta, necessaria per il patto di assunzione in prova, è richiesta ad substantiam, nel senso che la sua mancanza determina la nullità del patto stesso. Ne consegue che il patto (nullo) è considerato come non apposto al contratto di lavoro (con l’automatica ed immediata conversione dell’assunzione in definitiva sin dall’inizio del rapporto).
3. Contestualità. La stipulazione scritta del patto di prova deve essere contestuale alla costituzione del rapporto di lavoro (Cass. n. 11597/1999). In caso di non contestualità della sottoscrizione, la stessa deve avvenire prima dell’esecuzione del contratto (Cass. n. 21758/2010; Cass. n. 11122/2002), pena la nullità del patto, da cui consegue che il rapporto di lavoro assume immediatamente carattere definitivo. Patto di esplorazione: la Cassazione (n. 8463/2007 - lavoratrice che, rispondendo ad un annuncio di giornale per la ricerca di una segretaria, era stata sottoposta per alcuni giorni ad una prova (pattuita oralmente) con adibizione ad attività di videoscrittura -) ha ammesso il patto di esplorazione anteriore alla stipula del patto di prova e del contratto di lavoro. Cioè è consentito l’inserimento in azienda per svolgere un’attività esplorativa dell’ambiente di lavoro, senza che ciò costituisca rapporto di lavoro e, quindi, con piena libertà di estromissione del lavoratore.
4. Causa del patto di prova e obbligatorietà bilaterale dell’esperimento. La causa (scopo) del patto di prova consiste nello sperimentare la reciproca convenienza alla instaurazione del rapporto di lavoro (Cass. ord. n. 18268/2018). Pertanto, durante il periodo di prova l’imprenditore ed il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova (art. 2096, co. 2, c. c.).
5. Contenuto del patto. Il patto di prova deve contenere, a pena di nullità, la specifica indicazione delle mansioni assegnate al lavoratore (Cass. n. 21698/2006).
RIPETIZIONE DELLA PROVA
In ordine alla funzione del periodo di prova, la giurisprudenza ha affermato i seguenti principi:
il patto di prova può essere apposto anche nel caso in cui siano intercorsi fra le stesse parti precedenti rapporti di lavoro, purché risulti ancora funzionale allo scopo di consentire alle parti di valutare, all’esito di un periodo adeguato di esperimento, la reciproca convenienza del nuovo rapporto di lavoro (Cass. n. 22809/2019, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, annotata da X. XXXXXXXX, Ripetizione del patto di prova; Cass. n. 18268/2018, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, annotata da M.N. XXXXXXX, Periodo di prova e personalità del lavoratore);
per converso, l’apposizione del patto di prova al contratto di lavoro è illegittima quando non sia funzionale alla sperimentazione della reciproca convenienza al contratto, per essere questa già intervenuta con esito positivo in un precedente rapporto di lavoro tra le parti aventi ad oggetto le medesime mansioni. Pertanto, deve ritenersi nullo il patto di prova apposto ad un contratto a tempo indeterminato preceduto da altro contratto, con annesso patto di prova superato, ed avente ad oggetto lo svolgimento di compiti sostanzialmente identici a quelli oggetto del secondo contratto (Cass. n. 6633/2020, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, annotata da X. XXXXXX, Patto di prova in più contratti per identiche mansioni). E, qualora il secondo patto di prova sia apposto illecitamente e, quindi, sia considerato nullo, il contratto di lavoro si trasforma in un contratto definitivo (senza prova), al quale, in caso di recesso, troveranno applicazione le tutele previste della disciplina “ordinaria” sui licenziamenti (Cass. n. 17921/2016) e, quindi:
• per i “vecchi” assunti; la tutela assicurata dall’art. 8, L. n. 604/66 e dall’art. 18, L. n. 300/70;
• per i “nuovi” assunti, invece, la disciplina prevista dal D.LGS. n. 23/2015.
DURATA
La durata della prova, di norma, è stabilita dai contratti collettivi (nei quali si stabilisce, ad es. se
la malattia erode o meno il tempo della prova). In mancanza di contratti collettivi, la prova è regolamentata dal contratto individuale.
DURATA MASSIMA: la durata massima è fissata indirettamente dalla legge in 6 mesi per tutti i lavoratori (secondo l’art. 10, L. n. 604/66); sicché l’assunzione diviene definitiva, in ogni caso, quando sono decorsi 6 mesi dall’inizio del rapporto di lavoro. I contratti collettivi anche aziendali (c.d. contratti di prossimità) hanno, però, il potere di derogare, anche con efficacia generale, la legge per specifiche materie, tra cui le modalità di assunzione e, dunque, la durata massima della prova (art. 8, D.L. n.
138/2011, conv. in L. n. 148/2011).
DURATA MINIMA (PATTO DI STABILITA’): ai sensi dell’art. 2096 c.c., le parti possono prevedere una durata minima del periodo di prova (c.d. patto di stabilità), prima della quale non è consentito esercitare la facoltà di recesso. In tale specifico caso, il recesso è consentito solo per giusta causa.
MODIFICA DELLA DURATA:. secondo la giurisprudenza, il periodo di prova può essere modificato dal contratto individuale a due condizioni:
• si può sempre ridurre la durata del periodo di prova prevista dal contratto collettivo (in quanto ciò è più favorevole al lavoratore);
• si può allungare, prorogandola, la durata del periodo di prova prevista dal contratto collettivo di categoria (ad es. qualora il prolungamento sia giustificato dalla particolare complessità delle mansioni affidate al lavoratore) purché nel rispetto del limite di 6 mesi di cui all’art. 10 della L. n. 604/66 e dei limiti previsti dalla contrattazione collettiva.
CALCOLO DEI GIORNI DI PROVA
Le modalità di computo del periodo di prova sono di regola indicate dalla contrattazione collettiva che, nel fissare la durata della prova (a mesi o a giorni), specifica anche se si tratta di giorni di effettivo lavoro o di calendario. Nell’ipotesi in cui nel contratto collettivo non sia specificato nulla e si faccia genericamente riferimento ad un periodo fissato in mesi: secondo un primo orientamento giurisprudenziale si computano ai fini della prova anche i giorni di sospensione della prestazione lavorativa (Cass. n. 14518/2013; Cass. n. 14538/1999); invece un diverso indirizzo (maggioritario), ritiene che si calcolino solo i giorni di lavoro effettivo e, quindi, che il periodo di prova sia sospeso al verificarsi di circostanze imprevedibili al momento della stipulazione del patto (tra cui malattia ed infortunio) (Cass. n. 25482/2014).
DIRITTI ED OBBLIGHI DELLE PARTI
Durante il periodo di prova, i diritti e gli obblighi delle parti sono quelli propri di ogni rapporto di lavoro subordinato. Il lavoratore deve perciò osservare il dovere di obbedienza, diligenza e fedeltà.
Parita’. Per il lavoratore in prova vige il principio della parificazione economica e normativa
rispetto al lavoratore (comparabile) assunto in via definitiva.
Di conseguenza, durante il periodo di prova, al lavoratore spetta:
a) il trattamento di fine rapporto (TFR);
b) le ferie retribuite;
c) le quote di mensilità differite (es. tredicesima ed eventuale quattordicesima);
d) il decorso dell’anzianità di servizio;
e) l’effetto sospensivo della malattia (Cass. n. 21698/2006).
SCADENZA DEL PERIODO DI PROVA
• Definitività dell’assunzione. Scaduto il periodo di prova, qualora entrambe le parti ne ritengano favorevole l’esito, l’assunzione diviene definitiva ed il periodo prestato si computa nell’anzianità di servizio del lavoratore (art. 2096, co.4, c.c.).
• Conversione automatica x comportamento concludente. Lo svolgimento di attività lavorativa dopo la scadenza del periodo di prova comporta l’automatica conversione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Basterà che la prestazione venga svolta, anche solo per un breve periodo, oltre la scadenza della prova,
perché il rapporto si consideri consolidato e il periodo prestato in pendenza dell’esperimento si computi ai fini dell’anzianità di servizio. Nessuna comunicazione: se il rapporto continua, il datore di lavoro non è tenuto a comunicare al lavoratore il superamento della prova.
RECESSO
Recesso lecito per entrambe le parti: durante il periodo di prova, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, anche in forma orale e senza obbligo di preavviso (salvo diversa previsione del contratto individuale) (art. 2096, co. 3, c.c.).
Recesso illecito per entrambe le parti e patto di stabilita’ (con durata minima garantita): se le parti hanno previsto una durata minima garantita del periodo di prova, il recesso può essere esercitato solo dopo la scadenza di detto termine oppure per giustacausa.
Recesso illecito del lavoratore: il lavoratore può essere tenuto al risarcimento del danno, qualora receda dal patto di prova, con violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, senza dare esecuzione al patto di prova per un periodo adeguato.
Recesso illecito del datore di lavoro. La libertà di recesso del datore di lavoro incontra alcuni significativi limiti elaborati dalla giurisprudenza.
In particolare, il recesso del datore di lavoro è ritenuto illegittimo quando:
A. la prova sia stata effettivamente superata dal lavoratore in modo positivo;
B. il lavoratore non sia stato posto in grado di sostenere la prova. Tale circostanza si verifica quando il lavoratore sia stato in concreto adibito allo svolgimento di mansioni diverse rispetto a quelle indicate all’atto dell’assunzione (Cass. n. 31159/2018, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, annotata da X. XXXXXXX, Patto di prova e mansioni estranee al rapporto di lavoro);
C. il licenziamento del lavoratore in prova sia riconducibile ad un motivo illecito determinante (ad es. una ragione discriminatoria). In tal caso, per ottenere l’annullamento del recesso, spetta al lavoratore dimostrare il motivo illecito.
Negli ultimi due casi (B, C), secondo un indirizzo della giurisprudenza, il lavoratore potrà: a) concludere il periodo di prova; b) ottenere il pagamento della retribuzione per il periodo residuo (Cass. n. 23231/2010); c) conseguire il risarcimento dei danni.
F.B.